2 minute read

Le tre vie dello sviluppo pag

LE TRE VIE DELLO SVILUPPO

Mercati privati, Esg, fintech: Giorgio Gobbi, direttore della Sede di Milano della Banca d’Italia analizza i grandi trend che cambiano i paradigmi di business nel mondo bancario e della consulenza

Advertisement

Alessio Trappolini

“S

> Giorgio Gobbi

Direttore della sede di Milano di Banca d’Italia enza rischi non c’è crescita, ma è necessario saperli valutare e gestire con metriche e strumenti adeguati alla loro natura”. A dirlo è Giorgio Gobbi, direttore della Sede di Milano di Banca d’Italia, in una conversazione con FocusRisparmio in cui analizza i grandi trend dell’industria bancaria e della consulenza.

Mercati privati, Esg, fintech: qual è il filo rosso che lega questi tre pilastri sui quali l’industria del risparmio gestito sta costruendo la sua offerta? Quali sono rischi e opportunità?

Per valutare gli investimenti in attività non quotate e/o sostenibili sono necessarie metodologie e metriche ampiamente condivise e riconosciute a livello internazionale. Un grosso ostacolo è costituito dalla disponibilità di dati: se per un’attività quotata è facile risalire ai prezzi di venti o trent’anni prima, non è altrettanto semplice per uno strumento non scambiato in Borsa. Accademia, analisti, autorità e standard setter stanno sviluppando nuove classificazioni e metriche di misurazione delle caratteristiche Esg degli strumenti finanziari. Siamo in una fase di transizione, necessaria ma ricca di opportunità.

Una via che le società del risparmio gestito stanno iniziando a percorrere.

Sui tre temi c’è un mercato potenzialmente molto vasto e gli attori si muovono per garantire efficienza, equilibrio e trasparenza agli investitori finali. Occorre però mantenere elevata

Guardando al lungo periodo le cose cambiano: a chi si rivolgeranno i clienti che oggi hanno 20 o 30 anni?

l’attenzione sui rischi. L’investimento in strumenti non negoziati sui mercati regolamentati non è per tutti. Il motivo? I rischi sono elevati e difficili da valutare. La sfida principale per gli operatori che offrono fondi composti da strumenti finanziari non quotati è quella di creare prodotti appetibili per il mercato istituzionale che in Italia dispone di ampie risorse. Gli investitori istituzionali, con alcuni operatori professionali come i family office, hanno le competenze per valutare questi rischi e gestiscono portafogli di dimensioni sufficienti a consentire un’adeguata diversificazione.

Veniamo al fintech: il mondo degli intermediari tradizionali è pronto ad accogliere le nuove iniziative?

Oggi il rapporto banche-risparmiatori è ancora solido. I patrimoni sono concentrati nelle fasce di età più elevate e gli investitori attribuiscono valore alla relazione personale con la rete distributiva. Il passaggio generazionale è un processo graduale. Guardando al lungo periodo le cose cambiano: a chi si rivolgeranno i clienti che oggi hanno 20 o 30 anni? Il fintech è una risposta a questa domanda. La questione più delicata è se il fenomeno di disintermediazione che ne potrà derivare porrà rischi per il sistema in termini di stabilità finanziaria e tutela dei risparmiatori. Molto dipenderà dalla capacità degli intermediari tradizionali di adeguarsi rapidamente al passo dello sviluppo tecnologico.

È per questo che nasce il polo fintech di Banca d’Italia? Con quali obiettivi?

L’Hub di Banca d’Italia nasce con l’obiettivo di agevolare la transizione digitale dell’industria finanziaria italiana affinché i benefici dell’innovazione siano ampiamente fruibili dai cittadini mantenendo presidi e tutele sia per i risparmiatori consumatori sia per la stabilità del sistema.

This article is from: