Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Agosto 2024

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R A S S E G N A S T A M P A

AGOSTO 2024

Fondazione Dolomiti Dolomites Dolomiten Dolomitis

OVERTOURISM E GESTIONE DEI FLUSSI

Il T | 1 agosto 2024

p. 33

L’Adige | 4 agosto 2024

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Alto Adige Sempre più gente sulle Dolomiti anche solo per un selfie: 4 mila persone al giorno al lago di Carezza

Lo chiamano turismo «mordi e fuggi» e un'inchiesta in Alto Adige ne fotografa i contorni. Significa che nell'arco della giornata ti fai un selfie al lago di Carezza poi vai a passo Sella e lì scatti un'altra foto e magari chiudi la giornata al Seceda con le Odle a fare da sfondo. Oppure ti scegli la chiesetta di San Giovanni a Ranui in Val di Funes e punti dopo un paio d'ore di viaggio allo spettacolo del lago di Braies. In auto, bus o con automezzi a noleggio, magari con conducente. Spesso sono stranieri. Poche notti in albergo, magari con un tour da Venezia a Vienna. Giri che piacciono molto soprattutto agli asiatici, ma non solo. Vuoi mettere le Dolomiti: sono un palcoscenico naturale secondo a nessuno nel mondo. Non serve neanche più la pubblicità del luogo: ci pensano i social ed anche il fatto che l'area dolomitica ha il marchio Unesco. Così hai il paradosso che da un lato - dal 2009 - queste splendide montagne sono patrimonio dell'umanità e vanno tutelate e dall'altro proprio la scelta di riconoscerne l'eccezionale interesse ha portato ad una sorta di marketing gratuito verso ogni parte del globo. Giapponesi, cinesi, sudcoreani, ma anche britannici, europei dell'Est e americani non sfuggono all'attrazione di farsi un selfie con il Latemar sullo sfondo o il Sass Rigais per citarne solo alcuni.Numeri? Prendi Carezza. In questi anni hanno fatto in modo di convogliare i turisti che arrivano in auto o in bus nell'unico parcheggio. Non c'è quasi speranza: se si vuole parcheggiare in zona bisogna entrare nel parking. Altrimenti si deve proseguire per circa un chilometro fino al mega-parcheggio del Paolina per trovare un posto all'automezzo. Massi e tronchi messi a lato della strada a valle ed a monte del lago, impediscono di lasciare l'automezzo a lato della statale. Un notevole business per chi gestisce il parking attaccato al mitico «Karersee». Un migliaio di ingressi al giorno - ma se fosse grande il doppio, avrebbe comunque clientela - con almeno 4 mila persone giornaliere in questa finalmente calda estate che fanno il giro dello specchio d'acqua o si fermano soltanto sulla piattaforma per una fotografia di rito. Cambio di zona. Il selfie vuoi fartelo a rotazione con le Odle, il Sella o il Sassolungo. Allora prendi gli impianti di risalita e vai al Seceda, punto panoramico più bello della Gardena. Ci salgono 4 mila persone al giorno. Non è certo una fatica da montanari arrivarci così. Obiettivo? Fare e farsi una foto. Spesso poco importa della natura. L'importante è immortalare sé stessi ed i propri cari. E poi via, verso un'altra

meta. Qualche volta e neanche poco, con abbigliamenti non consoni all'altitudine. Braies insegna che se non poni un freno agli arrivi, non si finisce più. Il bello è che non dappertutto è così. Il sovraffollamento turistico (overtourism) è impattante, ma come ci sono zone di montagna con più turisti che piante, ve ne sono altre dove vige lo spopolamento e l'abbandono. Le piattaforme social che favoriscono la caccia all'immagine perfetta partecipano al turismo «mordi e fuggi». Che fare contro questa tendenza? «Certo, si può capire che tutti vogliano farsi una foto con le Dolomiti sullo sfondo, magari arrivando direttamente in auto, ma in certe situazioni bisognerebbe porre un freno ai numeri esorbitanti», spiega Carlo Alberto Zanella (Cai Alto Adige). È una questione di rispetto per la montagna. «E di educazione, per lasciarla possibilmente intatta ai nostri figli», ancora Zanella. Quest'ultimo ricorda quando l'associazione alpinistica chiese al comune di Selva Gardena di sanzionare il parcheggio selvaggio a Passo Sella. «Ci risposero che non avevano personale per farlo», così Zanella. E gli ambientalisti? «Per anni in passato si è voluto realizzare hotspot turistici in tutta la provincia da Ötzi a Trauttmansdorff e così adesso abbiamo questo turismo mordi e fuggi che si aggiunge agli hotspot. Fermiamo questo processo per mantenere un equilibrio con l'ambiente soprattutto in alcuni posti», chiude Hanspeter Staffler, direttore della Federazione ambientalisti Alto Adige.

Alto Adige | 4 agosto 2024

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Boom del turismo "mordi e fuggi"

maurizio dallago

Bolzano

Lo chiamano turismo «mordi e fuggi». Ovvero nell'arco della giornata ti fai un selfie al lago di Carezza poi vai a passo Sella e lì scatti un'altra foto e magari chiudi la giornata al Seceda con le Odle a fare da sfondo. Oppure ti scegli la chiesetta di San Giovanni a Ranui in Val di Funes e punti dopo un paio d'ore di viaggio allo spettacolo del lago di Braies. In auto, bus o con automezzi a noleggio, magari con conducente. Spesso sono stranieri. Poche notti qui in albergo, magari con un tour che ti porta da Venezia a Vienna passando per Salisburgo. Giri che piacciono molto soprattutto agli asiatici, ma non solo. Vuoi mettere le Dolomiti: sono un palcoscenico naturale secondo a nessuno nel mondo. Non serve neanche più la pubblicità del luogo: ci pensano i social ed anche il fatto che l'area dolomitica ha il marchio Unesco. Così hai il paradosso che da un lato - dal 2009 - queste splendide montagne sono patrimonio dell'umanità e vanno tutelate e dall'altro proprio la scelta di riconoscerne l'eccezionale interesse ha portato ad una sorta di marketing gratuito verso ogni parte del globo. Giapponesi, cinesi, sudcoreani, ma anche britannici, europei dell'Est e americani non sfuggono all'attrazione di farsi un selfie con il Latemar sullo sfondo o il Sass Rigais per citarne solo alcuni.Numeri? Prendi Carezza. In questi anni hanno fatto in modo di convogliare i turisti che arrivano in auto o in bus nell'unico parcheggio. Non c'è quasi speranza: se si vuole parcheggiare in zona bisogna entrare nel parking. Altrimenti si deve proseguire per circa un chilometro fino al mega-parcheggio del Paolina per trovare un posto all'automezzo. Massi e tronchi messi a lato della strada a valle ed a monte del lago, impediscono di lasciare l'automezzo a lato della statale. Un notevole business per chi gestisce il parking attaccato al mitico «Karersee». Un migliaio di ingressi al giorno - ma se fosse grande il doppio, avrebbe comunque clientela - con almeno 4 mila persone giornaliere in questa finalmente calda estate che fanno il giro dello specchio d'acqua o si fermano soltanto sulla piattaforma per una fotografia di rito. Cambio di zona. Il selfie vuoi fartelo a rotazione con le Odle, il Sella o il Sassolungo. Allora prendi gli impianti di risalita e vai al Seceda, punto panoramico più bello della Gardena. Ci salgono 4 mila persone al giorno. Non è certo una fatica da montanari arrivarci così. Obiettivo? Fare e farsi una foto. Spesso poco importa della natura. L'importante è immortalare sé stessi ed i propri cari. E poi via, verso un'altra meta. Qualche volta e neanche poco, con abbigliamenti non consoni all'altitudine. Braies insegna che se non poni un freno agli arrivi, non si finisce più. Il bello è che non dappertutto è così. Il sovraffollamento turistico (overtourism) è impattante, ma come ci sono zone di montagna con più turisti che piante, ve ne sono altre dove vige lo spopolamento e l'abbandono. Le piattaforme social che favoriscono la caccia all'immagine perfetta partecipano al turismo «mordi e fuggi». Che fare contro questa tendenza? «Certo, si può capire che tutti vogliano farsi una foto con le Dolomiti sullo sfondo, magari arrivando direttamente in auto, ma in certe situazioni bisognerebbe porre un freno ai numeri esorbitanti», spiega Carlo Alberto Zanella (Cai Alto Adige). È una questione di rispetto per la montagna. «E di educazione, per lasciarla possibilmente intatta ai nostri figli», ancora Zanella. Quest'ultimo ricorda quando l'associazione alpinistica chiese al comune di Selva Gardena di sanzionare il parcheggio selvaggio a Passo Sella. «Ci risposero che non avevano personale per farlo», così Zanella. E gli ambientalisti? «Facciamo un passo indietro: per anni in passato si è voluto realizzare hotspot turistici in tutta la provincia da Ötzi a Trauttmansdorff e così adesso abbiamo questo turismo mordi e fuggi che si aggiunge agli hotspot. Fermiamo questo processo per mantenere un equilibrio con l'ambiente soprattutto in alcuni posti», chiude Hanspeter Staffler, direttore della Federazione ambientalisti Alto Adige.

Alto Adige | 8 agosto 2024

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Carezza, il lago preso d'assalto «L'ho scoperto su Instagram»

maddalena ansaloni

lago di carezza

Coreani, spagnoli, francesi, giapponesi, germanici e pullman dal centro Italia che entrano direttamente nel parcheggio davanti al sentiero. Un normale giorno, feriale per giunta, al lago di Carezza: stupendo quanto piccolo angolo di paradiso nel cuore delle Dolomiti. Da anni preso d'assalto dal turismo di massa. Nella guida Tripadvisor delle principali attrazioni da vedere in regione, il lago di re Laurino è trionfalmente al primo posto con quasi 2mila recensioni. Su Instagram, sotto #lagodicarezza ci sono 122mila post. Chi conosce un minimo il funzionamento dei social lo sa bene: basta digitare una volta su internet "Dolomiti: cosa vedere" perché l'algoritmo travolga ogni nostro profilo di video e foto mozzafiato dei luoghi più suggestivi. Lo specchio d'acqua su cui si riflette il Latemar, non può che conquistare chiunque lo veda, anche in foto. Peccato che dal vivo si debba sgomitare. Il parcheggio principale conta una media di 1.500 ingressi al giorno, senza prendere in considerazione gli altri due più in cima, chi arriva a piedi da Obereggen o dalla val di Fassa, e chi, turisti internazionali soprattutto, si muove con i mezzi pubblici. «L'impressione è che i social decidano tutto», spiega il sindaco di Nova Levante, Markus Dejori, «Negli ultimi anni il turismo è cambiato molto. Economicamente la stagione va molto bene, ma bisogna mantenere il controllo della situazione e non è sempre facile. Da un paio di anni, aumentando il prezzo del parcheggio, siamo riusciti a ridurre di molto il numero di chi si fermava solo per fare la foto. Adesso i visitatori rimangono qualche ora, sparpagliandosi per i sentieri intorno. Questo è uno degli obiettivi: che il lago diventi parte di un itinerario più grande». Non quindi il mordi e fuggi di una sosta "instagrammabile". L'arrivo al lagoPartendo con la corriera delle 9 da Bolzano la situazione è ancora abbastanza calma. Un buon 99% dei passeggeri a bordo scenderà alla fermata "Karersee", e non serve domandarlo per capirlo. Appena appare il lago dopo il tornante, tutti si incollano al finestrino e la vista ripaga subito i cinquanta minuti di viaggio. Arrivati a destinazione, ogni cosa è organizzata al dettaglio: per accedere al lago si deve attraversare un tunnel sotto strada, dove ci sono i bagni pubblici. Sopra, di fianco al parcheggio ci sono bar, un ristorante e il negozio di souvenir. L'effetto è un po' Gardaland, ma nessuno sembra lamentarsi, anzi. «L'oggetto più venduto? Sicuramente la calamita. Subito dopo le t-shirt, ma devono avere la scritta grande "Dolomiti"», spiega Artur Erschbaumer, titolare del negozietto che affaccia sulla strada. Lavora di fronte al lago da cinquant'anni, ed è uno dei pochi commercianti che ha assistito da vicino alla trasformazione. «Il lago era conosciuto già al tempo, c'era il Grand Hotel e venivano soprattutto svizzeri con la moto. Poi sono arrivati i tedeschi e pian piano gli italiani. Adesso ci sono visitatori da tutto il mondo: asiatici soprattutto, non solo dal Giappone ma da un paio d'anni anche da Cina e Corea. Poi americani, spagnoli... Quest'anno manca il cliente tedesco, tra alluvione e crisi si vede che sono più in difficoltà. Per il resto si capisce il ruolo di internet, che ha attirato i turisti internazionali». Il parcheggioCi spostiamo al punto ristoro, che accoglie i visitatori mattinieri con i primi caffè. Per il giovane cameriere Talha Aslam è solo la calma prima della tempesta. «Verso pranzo la situazione diventa caotica, non solo per noi, ma soprattutto per il parcheggio. Gli autobus a metà mattina sono pieni, i posti di sosta si riempiono tutti e le macchinette ogni tanto si bloccano. Anche per noi che dobbiamo venire a lavorare è dura». Sulla provenienza dei turisti descrive il quadro già sentito: «Asiatici certo, ma quest'anno anche tantissimi spagnoli. Poi ci sono francesi e israeliani». Anche sul traino dei social, da ventenne, si trova d'accordo. «Queste foto», spiega Aslam indicando le immagini appese nel punto ristoro, «sono molto famose in rete: il Latemar, il lago, i colori accesi e il paesaggio. È ovvio che molti vengano per farsi uno scatto da pubblicare, sono anche vestiti bene», sorride. Nel frattempo la tanto temuta metà mattina è arrivata. La prova del nove per l'organizzazione. Sulla strada un ausiliare del traffico sposta avanti e indietro la barriera con la scritta "completo". Appena la fila del parcheggio, da circa trecento posti, arriva a toccare la strada provinciale le macchine devono proseguire in su, verso il Paolina. E basterebbe un veicolo per bloccare la circolazione di entrambe le direzioni. Clacson e lamentele stonano, purtroppo, nel paesaggio boschivo. Ma è il prezzo da pagare nelle ore di punta dell'alta stagione. «Il parcheggio più su conta un'altra quarantina di posti, e anche quello arriva a riempirsi», spiega il sindaco Dejori, «L'ultima alternativa sono i posti alla base degli impianti». Riguardo alla coda, sottolinea quanto la situazione sia nettamente migliorata. «Siamo passati dalla ora e mezza degli anni scorsi a pochi minuti di attesa. Questo aggiungendo personale e indirizzando le auto agli altri parcheggi. Nei casi di difficoltà l'ausiliare può richiedere l'aiuto della polizia municipale, che viene qui a gestire il traffico». I visitatoriLasciando il caos del parcheggio alle 11, si attraversa il tunnel ed eccolo lì, finalmente, lo specchio d'acqua circondato dagli abeti. Le ferite lasciate dalla tempesta Vaia sono ancora visibili, e la siccità negli ultimi anni ha prosciugato parte dell'acqua. Qualche turista è un po' deluso, ma la maggior parte riesce ad apprezzare la bellezza. «Quest'anno sembra stare meglio il lago, per fortuna», raccontano i membri della famiglia Valentini. Marchigiani che ormai sono habitué delle Dolomiti, in cui trascorrono le vacanze da diversi anni. «L'anno scorso vederlo quasi senza acqua ci ha spaventati molto. Adesso è rinato e intorno è tutto verde», racconta la mamma Sabrina. La passerella di legno, il punto selfie, è come previsto affollatissima. Bastoni e treppiedi sollevano i telefoni, e di lato c'è chi aspetta il proprio turno, come davanti alla Gioconda del Louvre. Ad alternarsi sul parapetto ci sono gruppi e famiglie da ogni parte del mondo. Rappresentatissima è la Corea del Sud, dove Choi KwangHee e la sua famiglia sono di ritorno già domani. Da Seoul arrivano anche Juyeon Oh e Sungjun Park: giovanissimi, raccontano di avere visto il lago su Instagram. Per la bengalese Fatema Ali, in vacanza con la numerosa famiglia da Milano, dove lavora da qualche anno, è la prima volta in Alto Adige. «Abbiamo cercato online i posti da vedere, e per ora non stiamo rimanendo delusi», sorride. Poi ci sono gli scout da Roma, che hanno camminato chilometri per raggiungere il lago, seguendo le amate vecchie mappe.Selfie fatti, il cellulare va in tasca: al lago di Carezza c'è pochissimo campo. I visitatori si incamminano tra i sentieri, affidandosi ai cartelli. I bimbi afferrano i bastoni, imitando viandanti visti chissà dove e anche il turismo "social" va in cerca del silenzio.

Alto Adige | 8 agosto 2024

p. 16

Corriere del Veneto | 9 agosto 2024

p. 2, edizione Treviso – Belluno

Montagna assediata dai turisti La Regione apre al numero chiuso Al via la sperimentazione ai Serrai di Sottoguda. Caner: «Il futuro va in questa direzione»

Silvia Madiotto

VENEZIA

La strada tracciata dal Trentino Alto Adige, il numero chiuso per il turismo in montagna, piace. O meglio, piacerebbe. Oggi, immaginare di mettere limitazioni di qualche tipo non è fattibile, ma in futuro potrebbe essere una svolta obbligata. Dopotutto l’overtourism non tocca solo Venezia e Verona. Il lago di Sorapis, le Tre Cime di Lavaredo, anche il lago artificiale di Mosigo dove è stata girata la fiction «A un passo dal cielo», sono a rischio durante l’estate: mete molto «instagrammabili», come dicono gli influencer, e la folla si accalca, ma il territorio ne guadagna poco. Non sono ancora arrivate al punto di dover mettere transenne, biglietti o prenotazioni, ma l’eventualità non è scartata. E così, senza accelerare, anche il Veneto si interroga sui «numeri chiusi».

Ma che «numeri aperti» ci sono ora? Nel 2023, anno d’oro per il turismo veneto, la montagna ha registrato 4,5 milioni di presenze, +13% rispetto al 2022. Numeri diversi da quelli del mare, con quasi 26 milioni di presenze, e i 24 delle città d’arte. Ma in montagna è soprattutto il periodo fra luglio e agosto a evidenziare problemi di gestione.

L’Alto Adige è il primo caso europeo di numero chiuso di posti letto, con un tetto provinciale; poi c’è il modello del lago di Braies, su prenotazione e con pagamento del parcheggio anticipato. «Il futuro del turismo va in questa direzione ma prima di qualsiasi intervento è necessario fare studi, analisi e trovare servizi alternativi – afferma l’assessore regionale al turismo Federico Caner -. Il numero chiuso è la fine di un percorso, non l’inizio, ma in determinate situazioni ci arriveremo. In particolare per il mese di agosto quando flussi troppo intensi rischiano di avere l’effetto contrario, ovvero di allontanare i visitatori». La questione principale è quella dei passi, sottolinea Caner: c’è già una discussione in corso con l’assessore alle infrastrutture De Berti,Trento e Bolzano. Ma c’è anche una sperimentazione in corso. «I numeri crescono, la nostra regione è attrattiva, e una gestione dei flussi può essere auspicabile - dice Caner -. Non per forza con dei ticket. Pensiamo ai Serrai di Sottoguda, appena riaperti. Hanno il vantaggio di avere un ingresso e un’uscita, facili da monitorare. Oggi è prevista la prenotazione, e l’idea è di mantenerla anche al termine del cantiere oggi aperto». «Magari avessimo il problema di overtourism – frena il presidente della Provincia di Belluno Roberto Padrin -, per avere introiti, indotto e garantire i servizi per i residenti. Il tema sarà affrontato nel momento in cui dovessero esserci flussi eccessivi, che mettono a rischio la conservazione dei siti o la sicurezza dei visitatori. Nella consapevolezza che in montagna è difficile se non impossibile imporre il numero chiuso. Le nostre montagne non hanno ancora subito l’assalto che si vede altrove: è un punto di forza e vogliamo rimanga così». «Non vedo l’ora di poter sperimentare il numero chiuso – afferma il senatore Luca De Carlo, presidente della commissione turismo – significherebbe avere tanti turisti da poterselo permettere. Ora non è possibile, ma in alcuni siti potrebbe diventare un’esigenza».

Ma cosa ne pensa chi lavora nel turismo? «Nella nostra provincia ci sono luoghi iper-sfruttati, in periodi limitati dell’anno dovremo iniziare a regolamentare i flussi – ragiona Walter De Cassan, presidente degli albergatori bellunesi –. Ma facciamolo senza fretta, riunendo attorno a un tavolo tutte le categorie. Pensando, soprattutto, a promuovere località e siti meno noti». Meno «aperturista» è

Stefano Pirro, presidente degli albergatori cortinesi: «Il problema del numero chiuso al momento non ci riguarda, ma non credo che misure troppo rigide potrebbero fare bene alla nostra montagna. E imporre limiti sarebbe davvero difficile».

Chiude con una riflessione Valentina Colleselli, direttrice della Fondazione Dmo Dolomiti Bellunesi: «L’overtourism mette in evidenza alcune criticità dal punto di vista della congestione dei flussi, in zone circoscritte come Cortina, le Tre cime, i laghi di Coldai, Sorapis e Misurina. La nostra provincia ha destinazioni molto conosciute e altre meno, che però hanno un’offerta molto interessante. Vietare non è mai una buona scelta: siamo destinazioni accoglienti, i divieti non ci appartengono. Piuttosto, possiamo proporre soluzioni ed esperienze alternative, di qualità, comunicando “nuove rotte”. È anche un tema di sostenibilità ambientale».

L’Adige | 10 agosto 2024 p. 6

In coda sul Seceda Folla e costi alle stelle «Ma ne vale la pena» maddalena ansaloni seceda Fuggire dal caldo alla ricerca dei luoghi più belli delle "nostre" Dolomiti. Farlo, in agosto, significa dover fare i conti con gli effetti del turismo di massa. Il percorso maps da Bolzano ad Ortisei è una costante linea rossa. Due ore per arrivare a destinazione. Nel traffico si distinguono ovviamente tante targhe con la "D", ma non mancano auto e camper dalla Gran Bretagna, Francia, Spagna... Arrivati in paese la situazione non migliora: la salita verso la base della funivia del Seceda è una coda costante. Un cartello con la scritta "completo" (Sono le 10.30 di mattina di un venerdì) consiglia di non avvicinarsi nemmeno al parcheggio, ma a questo punto tanto vale fare un tentativo. Nulla: tutti rimandati indietro. L'altro garage in centro: "completo". Un incubo. Qualche posto ancora libero c'è alla base della funivia Mont Sëuc, verso l'Alpe di Siusi, per raggiungerlo attraversiamo, in compagnia della carovana di turisti, per la terza volta le strade del paese. Arrivati all'ingresso della funivia per il Seceda ci imbattiamo in visitatori che non sembrerebbero diretti a 2.500 metri di quota: sneakers, camicie e cellulari tenuti al collo dalla cordicella perché siano a portata di "scatto". I cartelli consigliano un abbigliamento consono, ma perché sforzarsi, se la funivia porta esattamente nel punto panoramico? Una foto e via, verso il rifugio a mangiare la famosa "pizza gardenese". Il costo degli impianti«135 euro? Ci deve essere un errore... Abbiamo chiesto tre biglietti», protesta un turista brandendo il bancomat. La ragazza in cassa, con il sorriso di chi lavora a contatto con il pubblico sette giorni su sette, indica il listino prezzi: 45 euro andata e ritorno. A testa. «Ammazza...», sbuffa l'uomo avvicinando la tessera. «C'è uno sconto residenti?», la giovane scuote la testa. «Mia madre ha 90 anni... Niente "ridotto senior"?», no-no. Chiunque ci prova, ma anche i cani pagano un simbolico ticket. Questi i prezzi per raggiungere con gli impianti il monte, patrimonio Unesco e tra i luoghi più belli al mondo.Alternative? Per chi non vuole spendere, c'è sempre il percorso a piedi con i suoi 840 metri di dislivello. Quello che qualche anno fa avrebbero fatto Bruno e Loretta Rivenotto, amanti della montagna da Pordenone. «Adesso l'età si fa sentire», sorridono, «e preferiamo la funivia... Anche se i costi sono più alti quest'anno. Fuggiamo dal caldo di agosto, e il Seceda non delude mai». Il montePochi minuti di salita e si arriva in cima. Alla vista del paesaggio mozzafiato la cabina è invasa dal silenzio. Non ci sono parole per descriverne la bellezza, solo il "wooow" sussurrato da un bambino aggrappato allo zaino del papà. Se da una parte c'è un gusto amaro nel raggiungere la vetta senza sforzo, dall'altra forse è giusto che tale meraviglia possa essere vista da chiunque. Le due migliori amiche Fei e Lin, da Hong Kong, sognavano da tempo di vedere " le Dolomites". Ad attirarle qualche video di blogger Instagram. Parlando con loro scopriamo che, con grande aiuto dei social, il Seceda è finito tra le tappe immancabili dei viaggi in Italia dall'Asia. Nel loro itinerario, segnato a mano su un diario di viaggio, la val Gardena e le Dolomiti sono una tappa intermedia tra Verona e Venezia. Poi proseguiranno a sud, passando per Liguria, Toscana, fino a Roma, dove le aspetta il volo di ritorno per la Cina. Anche per Sophia e Wei Chung il desiderio di vedere il monte è arrivato da i social.«Sicuramente l'online traina tanti turisti che fino a qualche anno fa non sarebbero arrivati qui in cima», spiega Matteo Pietra. Montanaro, lui e la compagna Clara Magnani preferiscono sudarsi il paesaggio, raggiungendolo con una sana camminata. «Ci si gode la bellezza, ma non è un luogo adatto a chi ama la montagna», prosegue Pietra - un nome e un destino -Non c'è il silenzio e la tranquillità della vetta, è più un'attrazione turistica... Che comunque vale la pena vedere». Nel mentre, tra i famosi cocuzzoli rocciosi, assistiamo a scene di ogni tipo. Chi si scatta il selfie bloccando il sentiero, già di per sé parecchio trafficato. Chi, sprezzante del pericolo, si arrampica nei luoghi più esposti in cerca dello scatto migliore. Chi si trucca, chi è vestito alla moda. Il tutto in una Babele di lingue, con turisti da ogni angolo del mondo. Il rifugioNel frattempo si avvicina l'ora di pranzo e la folla di visitatori fa dietro front: verso i tanti rifugi sparsi per gli alpeggi. Per una qualsiasi coppia in gita, dopo i 90 euro di funivia, si avvicina la seconda spesa più consistente della giornata. Venti euro per le lasagne, venticinque per le tagliatelle con i finferli. Venti euro lo Spiegelei, ventotto per le costine. La pizza dai sedici euro in su e diciotto euro per il Kaiserschmarren. Prezzi un po' alti, che non sembrano scoraggiare i visitatori. A decine riempiono i tavoli per godersi un pranzo con vista. «Certo che i prezzi sono saliti, come da tutte le parti», spiega Massimo Comploj, di uno dei rifugi, «Ma c'è una gran fetta di visitatori a cui la cosa non tocca. Abbiamo milkshake da quindici euro che tra gli asiatici vanno tantissimo. E qui sul Seceda non è nemmeno caro come da altre parti. Gli impianti costano, ma anche il traghetto per la Sardegna, ad esempio... Funziona così nei luoghi che attraggono tanti turisti. Bisogna comunque pensare che il 30% del nostro fatturato va nella merce. I dipendenti qui prendono tutti intorno ai 3mila euro. Il lavapiatti 2.500. È la paga giusta per lavorare dieci ore al giorno con solo due riposi al mese». Il ritornoPresa al volo la funivia, scendiamo di nuovo a valle. Una breve passeggiata e raggiungiamo il garage sotterraneo alla base dell'Alpe di Siusi. Lì una nuova stangata: 20 euro per una sosta di nemmeno quattro ore. Al ritorno il traffico è molto più scorrevole, e ci si può godere il

paesaggio della val Gardena senza folla di turisti, ancora sparpagliata sui monti. «Quest'anno i numeri sono davvero alti», spiega il sindaco di Ortisei Tobia Moroder, «I social ci danno una pubblicità enorme, e come in tutte le cose ci sono due lati della medaglia. Numeri che prima resistevano qualche settimana, adesso si vedono in tutta la stagione. La questione più delicata rimane tutelare i locali. Il turismo porta grande rialzo dei prezzi, traffico e altri disagi che chi non lavora nel settore subisce e basta. L'obiettivo è tenere conto delle loro esigenze».

Corriere delle Alpi | 8 agosto 2024

p. 16

Dolomiti Bellunesi, parte il lancio del brand belluno

Il brand Dolomiti Bellunesi in 232 autogrill e in aeroporto. È una campagna promozionale massiccia quella lanciata ieri dalla Fondazione Dolomiti Bellunesi che ha chiuso un accordo strategico con il Circuito Autostrade per l'Italia per i mesi di agosto e di ottobre. L'iniziativa mira a valorizzare e promuovere il brand Dolomiti Bellunesi e l'unicità del suo territorio attraverso la presenza su tutta la rete autostradale italiana del video Hero della campagna #fuoridailuoghicomuni adattato ai 15'' della durata dello spot. Il Network di Autostrade per l'Italia comprende 17 tratte autostradali, 232 aree di servizio a copertura nazionale e una rete di 3.200 km di autostrade che attraversano 51 Province e 14 Regioni. La campagna coinvolgerà un totale di 538 punti digitali: 411 Indoor TV, 105 Totem digitali e 22 Ledwall, con un totale di 228 passaggi giornalieri dello spot e un'audience giornaliera stimata di circa 1,7 milioni di spettatori. I viaggiatori in autostrada in Italia sono 41 milioni ogni anno. Di questi, 17, 2 milioni, quindi il 42%, viaggiano in autostrada almeno una volta al mese e questo target è quello a cui la Fondazione DMO Dolomiti Bellunesi punta con questa campagna: un utente evoluto, concentrato nella fascia di età più dinamica e propensa al consumo. «La collaborazione con il Circuito Autostrade per l'Italia rappresenta una straordinaria opportunità per la nostra Fondazione», ha dichiarato Emanuela de Zanna, presidente della Fondazione DMO. «È la prima di una serie di azioni di promozione a livello nazionale e internazionale che stiamo portando avanti. Siamo entusiasti di poter mostrare la bellezza delle Dolomiti Bellunesi a un pubblico così vasto e diversificato, e siamo certi che questa iniziativa contribuirà significativamente al far conoscere il brand Dolomiti Bellunesi e i suoi luoghi». «Abbiamo individuato due momenti di promozione con agosto e ottobre per due azioni differenti», ha precisato Elisa Calcamuggi, responsabile marketing e comunicazione DMO. «Il numero di viaggiatori ad agosto premetterà al brand di farsi conoscere e porterà un'idea di fresco nel caldo del traffico autostradale, mentre lo spot di 15'' del mese di ottobre sarà dedicato alla promozione della stagione invernale».

A questa azione si aggiunge la presenza del video Hero da 50'' della campagna #fuoridailuoghicomuni nello stand Vela situato all'interno dell'area partenze dell'Aeroporto di Venezia. Un'altra occasione importante di promozione e visibilità internazionale per le Dolomiti Bellunesi considerando che ogni anno transitano in quell'area dell'aeroporto circa 5 milioni di passeggeri.

Corriere delle Alpi | 8 agosto 2024

p. 20

L’Adige | 11 agosto 2024

p. 3

L’Adige | 11 agosto 2024

p. 3

Corriere delle Alpi | 12 agosto 2024 p. 13, segue dalla prima

Assalto quotidiano ai passi dolomitici «Ora un pedaggio per l'accesso»

Francesco Dal Mas Colle Santa Lucia

Un pedaggio per accedere al Passo di Giau, per porre un freno al fenomeno overtourism, ossia al sovraffollamento turistico. Ora si fa sul serio, dice il sindaco Frena.

In questi giorni i passi dolomitici sono tutti presi d'assalto. Ma il Giau è il fuoriclasse. Subito dopo si piazza il Pordoi. «Già dalle sei di questa mattina» protesta il sindaco di Colle Santa Lucia, Paolo Frena, «quasi tutti i parcheggi erano esauriti, soprattutto per la presenza notturna dei camper, nonostante fra l'altro il divieto alla sosta».

Frena si riferisce ovviamente al passo Giau dove, sempre ieri, nella tarda mattinata, non si trovava un posto nemmeno lungo il ciglio della strada tra Fedare e il Passo.

«È evidente che in presenza di un disordine come questo, l'amministrazione non può che concludere il suo progetto di pedaggio». Un po' come a Venezia, dunque. «Un provvedimento così drastico non ci piace, tantomeno ci può far piacere il disordine che in quota registriamo quasi ogni giorno in questo periodo» continua Frena «Realizzeremo delle aree a valle e ci metteremo d'accordo con Veneto Strade per introdurre quanto prima una misura che possa contenere nei limiti della decenza questo assalto».

In attesa del collegamento a fune tra Fedare e Colle Santa Lucia (che poi proseguirà per il Fertazza e, quindi, con il sistema Civetta), il Comune si accorderà per un trasporto navetta dai parcheggi al Passo. In ogni caso il Comune provvederà ad organizzare delle soste in quota, investendo un contributo di 450 mila euro, in modo da evitare da subito il parcheggio selvaggio. «La situazione è diventata insopportabile» ammette anche l'assessore Maurizio Troi «non fosse altro per le tante forme di disagio provocate dai presunti furbi che occupano le aree di sosta di notte. Non solo fanno arrabbiare i turisti che arrivano e non trovano posto, per cui se ne devono andare; non solo i fornitori e gli operatori dei servizi pubblici che non sanno dove sostare, ma anche i ristoratori del valico che si trovano cumuli di rifiuti da dover asportare». Non sarebbe più semplice attivare dei controlli da parte delle forze dell'ordine? «Un piccolo Comune come il nostro» fa presente Troi «può avvalersi soltanto di un vigile preso a prestito da Livinallongo. Questo Comune, però, ha solo due agenti della Polizia locale, ai quali competerebbe la vigilanza su ben 5 passi: Pordoi, Campolongo, Val Parola, Falzarego e Giau». «Speriamo di poter contare» integra il sindaco Frena «sul contributo degli altri Corpi di polizia, in base ad un accordo con la Prefettura».

Per il raduno all'alba sul Giau, avvenuto di recente, era previsto l'arrivo di 150 motociclisti. Nella notte ne sono arrivati a centinaia. Quelli che hanno attraversato la Val Zoldana si sono sentiti i rimbrotti del sindaco Camillo De Pellegrin. Il quale afferma che «non potendo usare i velox, ci si può solo immaginare che cosa accade. Il nostro vigile gira tutto il fine settimana. Siamo arrivati ad augurarci il grande flusso di traffico automobilistico proprio per scongiurare l'assalto delle moto».

Il passo Pordoi

Ieri mattina, sul far del mezzogiorno, anche il passo Pordoi non aveva una sosta libera. Sul lato Canazei si trovavano auto parcheggiate sul ciglio della strada fino a due chilometri. Sul lato di Arabba, analoga occupazione, limitata però ad un chilometro e mezzo. «Gli automobilisti, per arrivare quassù, hanno fatto un'ora di coda», testimonia Osvaldo Finazzer, che sul Pordoi gestisce due alberghi, «Quassù siamo anche fortunati perché di posti macchina ne abbiamo qualche centinaio e non sono a pagamento (se non una parte) come su altri valichi. Però non ci sono servizi sostitutivi efficienti da valle».

Il passo Falzarego

Il passo Falzarego è stato per tutta la giornata di ieri come un grande parcheggio. Il passo Tre Croci ha registrato il quotidiano pressing degli escursionisti al lago Sorapis. Le aree di sosta autorizzata si limitano a qualche decina di posti, ma le macchine ferme a lati della strada raggiungono anche distanze chilometriche.

Capitolo a parte per l'accesso ai parcheggi alle Tre Cime di Lavaredo. Sono settimane che la coda all'ingresso della strada si materializza già alle sette del mattino. Passa un'ora e non si entra più, bisogna attendere almeno le 13, se non le 14. Ed ecco che sui social sono comparse le prime organizzazioni di escursioni ai rifugi a partire dal primo pomeriggio, anziché da poco dopo l'alba. «Il turista deve rendersi conto che c'è un limite alla frequentazione di luoghi così iconici» afferma l'assessore al turismo di Auronzo, Roberto Pais Bianco, «Noi non intendiamo andare oltre questo limite e non metteremo in conto nessun altro sistema di trasporto in quota. Anzi, dovremmo riorganizzare quello che c'è».

Corriere delle Alpi | 13 agosto 2024

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«Folla nei Passi Oltre al pedaggio è necessario il numero chiuso»

LIVINALLONGO

Per evitare che le Dolomiti si trasformino in un otto volante di turisti tra i vari passi è meglio introdurre il pedaggio o promuovere un severo contingentamento, magari con la prenotazione? Tiene insomma banco l'assalto dei turisti ai valichi, con le auto parcheggiate dove capita, con i sentieri ingolfati. Da qui l'intenzione del sindaco di Colle Santa Lucia, Paolo Frena, di introdurre il pedaggio ai valichi, partendo dal Passo di Giau, per cercare di frenare l'assalto.

le opinioni

Michela Lezuo, con albergo lungo le prime rampe del Pordoi e presidente del Consorzio di promozione turistica di Arabba, ha un'altra proposta: «Il pedaggio non risolve alla radice il problema del vero e proprio assalto di turisti che stanno trasformando le nostre Dolomiti in un grande luna-park. Lo constatiamo a Misurina, con le code verso le Tre Cime di Lavaredo. Se vogliamo conservare le Dolomiti per le generazioni future, non possiamo che essere drastici e quindi contingentare gli ingressi. È una misura ormai irreversibile. Se ne rendono conto anche i colleghi dei passi dolomitici che nel passato hanno protestato contro l'ipotesi del numero chiuso o, se vogliamo,

Il tema, peraltro, si ripropone non solo per il Pordoi e il Giau, ma anche per il Falzarego e, nelle province vicine, il Sella, il Gardena, il Campolongo.

il turismo da selfie

«Questo turismo da selfie» dice la presidente Lezuo, «non ci porta niente; la stragrande maggioranza di questi visitatori non si ferma nemmeno una notte. Anzi, qualcuno di loro forse sì: bivaccando nei parcheggi, installando perfino tende e piccole cucine da campo. Immaginarsi il lordume che trovano i nostri operatori ecologici». Sul Pordoi piuttosto che sugli altri valichi si arriva in giornata – appunto per un selfie – dal lago di Garda, magari anche da Venezia o dalle spiagge, e dall'altra parte, dalle più remote valli tirolesi. «Questi turisti sono al limite disposti a pagare anche un pedaggio. Ma a noi ciò che serve – per conservare il nostro patrimonio anzitutto naturalistico – sono le presenze stabili, non mordi e fuggi, quelle cioè che hanno rispetto per l'ambiente, lo approcciano con calma, lontano da ogni abuso, da ogni manomissione».

le corse organizzate

Per paradosso, l'unico beneficio del grande traffico è che in questi giorni si sono spente le corse di auto e moto che hanno terremotato le notti, oltre che i giorni di primavera e di inizio estate. Corse organizzate con tanto di staffette in apertura e in conclusione per allertare i concorrenti se mai dovessero presentarsi pattuglie di vigilanza.

Francesco Dal Mas

Corriere della Sera | 13 agosto 2024

p. 21, segue dalla prima – edizione Nazionale

Barriere e divieti contro i (troppi) turisti

Le mosse dei sindaci dalle Dolomiti alla Sardegna. Santanchè: «È voglia d’Italia» di Carlotta Lombardo

Milioni di visitatori concentrati in pochi luoghi. Sempre gli stessi. Hotel, b&b e ristoranti pieni. Attese infinite ai musei, ai traghetti, ai terminal degli aeroporti. Persino sulle spiagge. È la «piaga» dell’overtourism. Ore di coda sulle Tre Cime di Lavaredo: «È sempre peggio». E gli amministratori cercano le contromisure: dal numero chiuso alle barriere anti-invasione. Hai voglia a parlare di destagionalizzazione e di vacanze intelligenti. Nella settimana di Ferragosto, quella delle ferie italiane, l’overtourism, croce e delizia del nostro Belpaese, è una «piaga» scontata. Milioni di visitatori concentrati in pochi luoghi, sempre gli stessi. Hotel, b&b e ristoranti pieni (e più cari). Attese infinite ai musei, ai traghetti, persino sulle spiagge. E in montagna? Su certi passi sembra di essere più in autostrada che tra le Dolomiti. Ieri, per salire alle Tre Cime di Lavaredo, alle 7 del mattino si era già formata un’ora di coda. I commenti, su Facebook, non si sono fatti attendere: «Allucinante! Questa non è più montagna, è sfruttamento del territorio». «Basterebbe una semplice prenotazione sul web a numero chiuso». «Quest’anno a fare la fila sono anche i pullman mentre l’anno scorso potevano passare per primi spiega Christian Tschurtschenthaler, del comprensorio Tre Cime . E poi, tutti si fermano al passo Paterno. Se continuassero scoprirebbero che molti rifugi sono vuoti». A fare la parte del leone, in Italia, sono i turisti stranieri: 14% in più rispetto al 2023. «Questo non è overtourism, ma voglia di Italia e il comparto è traino del Pil ha dichiarato la ministra del Turismo Daniela Santanchè nel commentare i dati Fipe-Confcommercio di ieri . E, con quasi 12 miliardi di euro spesi per i pasti fuori casa, l’enogastronomia è un driver identitario del nostro turismo».

La ministra Santanchè

Non è overtourism ma amore per l’Italia. Con 12 miliardi l’enogastrono-mia è driver del turismo

Non siamo ai livelli di Barcellona dove, qualche giorno fa, gli abitanti hanno annaffiato i turisti con pistole ad acqua, ma il sovraffollamento turistico fa paura. Venezia, capitale mondiale dell’overtourism (ha un rapporto di 73,8 turisti per abitante), dopo aver applicato, prima al mondo, la celebre tassa d’ingresso di 5 euro ai turisti giornalieri portando nelle casse del Comune quasi 2,2 milioni (ma una flessione di turisti quasi nulla), ora tenta la carta dei «piccoli gruppi». Dal 1° agosto ogni guida turistica può averne uno di non

11 programmato». È trascorso ormai qualche anno da quando l'istituto Eurac di Bolzano ha presentato alle province di Bolzano stesso e di Trento, oltre che alla regione Veneto, un pacchetto di proposte per l'accesso sostenibile ai passi che prevedevano anche l'introduzione delle Ztl, ossia le zone a traffico limitato. «Non comprendiamo perché» insiste la presidente Lezuo «questa intuizione sia rimasta nel cassetto dopo che il monitoraggio del traffico verso i passi sta dando da anni esiti insostenibili». Il sindaco di Livinallongo Oscar Nagler, e il vicesindaco Gabriele Delmonego hanno affrontato il problema degli eccessi di traffico sui passi con i loro colleghi di Colle Santa Lucia, convenendo che è urgente non fare ulteriori analisi, ma arrivare a delle conclusioni operative. «È devastante il disordine comportato dal traffico di auto, motociclette, pullman, camper, roulotte, furgoni, biciclette che in questi giorni salgono e scendono in continuità lungo i nostri passi», convengono «Il problema lo conosciamo da troppo tempo. Se ne va dell'immagine delle nostre Dolomiti. Non possiamo permettercelo ulteriormente. Comprendiamo quindi chi insiste per il pedaggio, anche perché questo disordine comporta spese improponibili per l'ente locale; si pensi solo alla raccolta dei rifiuti. Piuttosto che il pedaggio è però preferibile, probabilmente, una qualche forma di numero programmato o, appunto, di aree a traffico limitato. Cioè si sale ai passi solo nella misura in cui ci sono stalli disponibili. Meglio ancora, dunque, la prenotazione». Il sindaco e il suo vice di Livinallongo si premureranno, subito dopo Ferragosto, di contattare le autorità provinciali di Bolzano per riprendere il tavolo sulle misure da adottare per la prossima stagione.

oltre 25 persone. E Firenze? Alla soglia dei tre milioni e mezzo di visitatori vuole contingentare gli affitti brevi. Lo fa anche il sindaco di Meta (Napoli): la sua guerra alle strutture extralberghiere passa attraverso la limitazione al 10% delle abitazioni del suo Comune alle locazioni turistiche.

C’è poi chi ha raddoppiato la tassa di sbarco (Capri); imposto la circolazione a targhe alterne (Costiera Amalfitana); limitato l’accesso alle spiagge libere (Napoli), aumentato quelle a numero chiuso (dalla Pelosa a Stintino a Cala Brandinchi e Lu Impostu a San Teodoro, in Sardegna e, novità, la piccola baia di Portonovo a Riviera del Conero, nelle Marche). Sull’Alta Via del Sale (Cuneo) due semafori regolano il senso unico alternato evitando i rallentamenti «da selfie». In Liguria, ha finalmente riaperto la via dell’Amore, il sentiero simbolo delle Cinque Terre nel mondo chiuso da 12 anni. L’accesso è a pagamento e su prenotazione: 400 persone all’ora e solo da Riomaggiore a Manarola. «La parte più difficile dice Augusto Sartori, assessore al Turismo della Liguria ora è creare la consapevolezza di un nuovo turismo sostenibile».

Corriere delle Alpi | 14 agosto 2024

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Turismo dei selfie

Le code sui sentieri

Alessandro Michielli /cortina

Come è cambiato il turismo d'alta quota al tempo dei social? La digitalizzazione ha completamente rivoluzionato il modo di vivere la montagna: se un tempo esistevano solo alpinisti attrezzati, abituati ad affrontare percorsi e ferrate per vivere quel puro senso di libertà che solo la natura sa dare, oggi la priorità pare essere altro.

Le foto postate su Instagram o i video caricati su Tik Tok, oggi valgono più del percorso, degli incontri, della soddisfazione per aver raggiunto la cima. Questa tendenza, che può essere raccontata da diversi punti di vista, ha inevitabilmente cambiato il turismo d'alta quota, implementando sicuramente i passaggi e le presenze nei luoghi simbolo delle Dolomiti, ma con tanti risvolti negativi.

Caso Sorapiss

L'esempio più iconico è il lago del Sorapiss, un bacino d'acqua color turchese, incastonato a duemila metri di altitudine tra le Dolomiti patrimonio dell'Unesco. Ogni giorno sono migliaia le persone che prendono d'assalto il sentiero che da Tre Croci porta al rifugio Vandelli, nei pressi del lago. Ma se un tempo erano alpinisti amanti della montagna a percorrere le vie che portavano alla meta, non banale da raggiungere, oggi la maggior parte sono turisti il cui unico scopo è fare uno scatto da posare sui social in riva al famoso bacino alpino incantato.

«Il turismo di montagna, e in particolare nella zona del lago Sorapiss, è cambiato tantissimo», afferma Emilio Pais Bianco, da venticinque anni gestore del rifugio Vandelli, «nel bene e nel male. La gente viene e guarda il lago solo per farsi un selfie, senza conoscere oppure informarsi sulle difficoltà del sentiero. Non guardano le ferrate, non guardano le cime, pensano solo al lago. Chi pubblica sui social, carica le foto e i video, scrivendo che si tratta di un'escursione adatta a tutti. Di conseguenza, molte persone non sono equipaggiate, si mettono in cammino con sandali o con scarpe non adatte, rischiando così di farsi male, cosa che avviene ogni giorno. È sbagliatissimo, in montagna si può passare dal sole alla tempesta in un attimo. Quindi i turisti si trovano impreparati ed il Suem è costretto a fare numerosi interventi: l'elicottero lo abbiamo qui quasi due volte al giorno». addio ai veri alpinisti

«Tutta questa gente», continua Pais Bianco, «ha allontanato i veri amanti della montagna. Abbiamo perso una bella clientela di gente appassionata, sia del luogo che da fuori, che veniva qui per farsi la ferrata o il giro seguendo i vari percorsi. Dicono che c'è troppo caos ed hanno ragione: anche noi fatichiamo, abbiamo una struttura piccola, non riusciamo a servire tutta questa ondata di gente che pretende molto».

Spazzatura e campeggio abusivo

«Un altro problema è la spazzatura che lasciano un pò dappertutto», continua il gestore del Vandelli. «Poi ci sono i padroni dei cani, io li ammiro: rimuovo gli escrementi del cane e li mettono nel sacchetto, peccato che poi li lasciano lungo il sentiero. Basterebbe portare il cane un attimo fuori dalla via. Noi riusciamo a pulire attorno al rifugio e al lago, ma lungo il percorso è impossibile. Abbiamo le guardie delle Regole che presidiano la zona, se non sono qui, li trovi lungo il percorso o in basso. Poi ci sono anche i carabinieri e la polizia una volta a settimana, ma non bastano. Anche il lago si sporca sempre, quest'anno un po' meno: devo dire che i giovanissimi, sia stranieri che italiani, sono abbastanza educati».

«Qualcuno di loro, però, prova a fare il campeggio abusivo, anche se è vietato», continua, «ma non troppi per fortuna, visto che ci sono i cartelli. Ci chiedono spesso se è possibile farlo lo stesso e noi rispondiamo gentilmente che non si può». abuso dell'acqua

Un altro tema sollevato da Emilio Pais Bianco è il problema dell'acqua.

«C'è un discorso delicato, che è quello dell'acqua», dice Pais Bianco, «Noi abbiamo una sorgente a valle e tramite un sistema idraulico pompiamo l'acqua in rifugio. Ma se fino a cinque anni fa usavamo la media di 15 mila litri di acqua al giorno, oggi vengono utilizzati circa 45 mila litri al giorno, soprattutto a causa dell'utilizzo del bagno».

Il nuovo turismo parla straniero

«Vengono qui da tutto il mondo», dice Pais Bianco. «Sono tanti americani, australiani, orientali e spagnoli. Quest'anno, invece, mancano tutti i tedeschi, sono calati dell'80%, dicono che sono in crisi. Io ho lavorato vent'anni con loro: sono metodici e rispettosi. La gente dell'Est, invece, è meno rispettosa».

Soccorso Alpino

Sul tema interviene anche Alex Barattin, delegato provinciale del Soccorso alpino : «Il fatto che il nuovo turismo di montagna abbia allontanato i veri alpinisti è un dato oggettivo», dice. «Il rifugio non viene più visto come punto di partenza per grandi salite, ma come punto di arrivo per molti. I turisti devo essere più attenzionati, la montagna non è scontata. C'è poca preparazione di chi vuole raggiungere quel posto, leggono le informazioni in rete tramite social, ma il gesto tecnico fatto da professionista è ben diverso da uno che non ha cognizione di causa. Consiglio di seguire le indicazioni che si trovano sui siti istituzionali, tipo quello del Cai, delle Guide alpine e del Soccorso alpino, informazioni essenziali che si devono sapere».

Corriere delle Alpi | 14 agosto 2024

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Lorenzi: «Se serve farò un'ordinanza» Le Regole a confronto con la questura focus cortina

Il caso del drone che ha bloccato per qualche minuto il decollo dell'elicottero del Suem dall'elisuperficie del rifugio Vandelli ha mosso non poco l'opinione pubblic a Sulla questione è intervenuto il sindaco di Cortina, Gianluca Lorenzi: « Se serve una mia ordinanza per migliorare la situazione la posso fare anche domani» , afferma il sindaco Lorenzi.« Ma sarebbe secondaria rispetto a quella che è una legge nazional e. Ci sono infatti normative dell'Enac, Ente nazionale per l'aviazione civile, che parlano chiaro in merito a questo tipo di situazioni. Per utilizzare un certo tipo di droni serve un'autorizzazione, che è subordinata ad un patentino. Durante il corso ti informano su cosa puoi fare e cosa non puoi fare. La normativaEnac impedisce già a certi droni di volare in queste situazioni».

«Il problema di fondo è l'educazione», continua Lorenzi. «Questa gente pesa di poter fare quello che vuole: volare sopra la testa della gente con i droni, soprattutto quelli superiori ai 250 grammi, è pericolosissimo. Bisogna sanzionare e requisire questi mezzi, senò la montagna rischia di diventare una giungla».

Ieri mattina il presidente delle Regole, Stefano Gaspari , si è recato dal vice questore di Cortina, Luigi Petrillo, per mettere in evidenza che casi come quelli del Vandelli sono estremamente pericolosi e che quindi bisogna intervenire. Gaspari, inoltre, ha consegnato al dirigente una fotografia delle zone che possono essere sorvolate in base ad una cartina consegnata dall'Enac : «Attenzione, qui c'è un problema di sicurezza», afferma Stefano Gaspari. «Non si può andare avanti così. La zona deve essere controllata e ci deve essere la possibilità di fare delle multe. Basti pensare a quello che è successo Marcel Hirscher, il campione austriaco sfiorato da un drone precipitato al suolo durante la gara in Trentino, le persone rischiano di farsi male veramente. Il Vandelli si trova in una zona di protezione speciale, fa parte della rete Natura 2000, quindi noi non possiamo fare multe, perché siamo fuori dal Parco, ma cerchiamo di presidiare comunque la zona». «Qui la situazione sta diventando impossibile», continua, «se un mezzo come Falco rimane a terra a causa di un drone, può essere un problema non solo per la persona appena soccorsa, ma anche per quella che dovranno andare a prendere dopo. Le pale, se vengono colpite anche solo da un cappello, devo essere subito regolate in officina».

Ad agosto, le missioni di elisoccorso sono aumentate quasi del 50% rispetto a pari periodo dello scorso anno: «Da 56 interventi tra l'1 e 12 agosto 2023, siamo passati agli 83 del 2024», afferma Giuseppe Dal Ben, commissario dell'Ulss 1 Dolomiti. «Negli ultimi giorni (10, 11 e 12 agosto) abbiamo registrato 10 o più missioni. Il picco è stato toccato l'11 agosto con dodici missioni complessive nella giornata e con la particolarità di avere 4 elicotteri in missione contemporaneamente.

«A supporto dello sforzo organizzativo e della professionalità dei soccorritori», continua Dal Ben. «Serve sicuramente il rispetto per la persona in cura e per le operazioni di soccorso da parte di chi assiste all'evento: fondamentale, in strada come in cielo, non intralciare i soccorsi. Falco è fatto di mezzi ma soprattutto di persone che mettono la loro competenza al servizio della comunità per salvare altre persone in difficoltà, che sono il nostro primo pensiero»

Alto Adige | 20 agosto 2024

p. 30

Tre Cime, code e proteste “Turisti bloccati nel traffico”

Corriere delle Alpi | 20 agosto 2024

p. 5, segue dalla prima

“Limiti all’overtourism”

Gli elicotteri hanno volato senza sosta nella settimana ferragostana, dimostrando la necessità, per le Dolomiti, di avere a disposizione sempre due velivoli. Il commissario dell'Ulss 1 Dal Ben chiederà alla Regione Falco 2 anche per l'inverno. E il presidente Zaia è pronto ad accogliere la richiesta. Come lo è a valutare il contingentamento dei turisti nelle aree più delicate (come il Sorapiss), attraverso un sistema di prenotazione via app. Forzin / PAGina 5

A caccia del fresco in quota, di panorami che riempiono gli occhi e l'anima, di camminate all'aria aperta e pulita ma anche, sempre più, di momenti da instagrammare, perché nel 2024 è un fattore che non si può tralasciare. La montagna è stata presa d'assalto dai turisti quest'estate. E il boom di presenze ha portato con sé un incremento degli interventi di soccorso.

Gli elicotteri hanno volato senza sosta nelle giornate clou della settimana ferragostana, dimostrando la necessità, per le Dolomiti, di avere a disposizione sempre due velivoli. Il commissario dell'Ulss 1 Giuseppe Dal Ben chiederà alla Regione Falco 2 anche per l'inverno. E il presidente Zaia è pronto ad accogliere la richiesta. Come lo è a valutare il contingentamento dei turisti nelle aree più delicate (come il lago di Sorapiss), attraverso un sistema di prenotazione via app. Presidente, il commissario dell'Ulss 1 Dolomiti chiederà alla Regione di avere il secondo elicottero in servizio nel Bellunese anche per l'inverno. Cosa ne pensa?

«Il dottor Dal Ben gode della mia totale e incondizionata stima. L'ho voluto io commissario per la provincia di Belluno. Dal Ben sta facendo fare un salto di qualità a questa Ulss, che è la Ulss delle Olimpiadi. E se Dal Bene pone questa richiesta del secondo elicottero, è giusto accoglierla: significa che è necessario».

E del resto la Regione ha investito molto sull'elisoccorso.

«Abbiamo quattro basi Hems, a Verona, Padova, Treviso e Pieve di Cadore. A Pieve è nata la prima sperimentazione sul volo di soccorso, va ricordato. E la sua crescita deriva anche dalla stretta sinergia che si è costruita e rafforzata con il Soccorso alpino». Soccorsi e soccorritori. Viene in mente un momento molto doloroso della storia dell'elisoccorso nel Bellunese: la tragedia di Falco nel 2009.

«Il 22 agosto saranno quindici anni da quel tragico giorno. Che è doveroso ricordare perché è una ferita che rimane aperta, una tragedia indelebile. I soccorritori spesso mettono a repentaglio le loro vite per andare a salvare gli escursionisti in montagna. Io sono per salvare tutti, ci mancherebbe. Ma i dati del 2023 ci dicono che delle 1.219 persone tratte in salvo, 532 erano illese. E il 21% erano persone non attrezzate per l'escursione che stavano facendo, che stavano affrontando un percorso non adatto alle loro capacità. Non

è possibile andare a soccorrere gente che va sui sentieri con le infradito, questa cosa mi indigna e mi fa veramente arrabbiare perché i soccorritori mettono a repentaglio le loro vite nelle missioni. Nel 2024 sono già stati salvati 63 escursionisti che si erano persi. Persi. Si salvi chiunque, ma se quando i soccorsi arrivano ti trovano con calzature non adatte, o in un percorso non alla tua portata, è giusto che paghi, e non poco».

Il boom di interventi di soccorso deriva anche dai numeri delle persone che, sempre più, scelgono la montagna per le vacanze. L'overtourism è un bene o un male per la montagna?

«Sicuramente mette sotto pressione molte località turistiche, dove la componente ambientale è particolarmente delicata. Ma va fatta una premessa: i turisti sono un patrimonio per i nostri territori. Non sono un problema, sono una risorsa. La prima industria, in Veneto, è il turismo. Ma è altrettanto vero che le Dolomiti sono un contesto particolare, delicato, sono un Patrimonio dell'Umanità che va preservato. Quindi i turisti devono comportarsi bene: portare a casa i rifiuti, non fare il bagno nei laghi dove è vietato, come al Sorapiss, tenere i cani al guinzaglio. E se i numeri sono fuori controllo, allora è giusto contingentare gli accessi a certi luoghi».

In quale modo?

«Usando le nuove tecnologie, come le app. Ti prenoti e accedi. Non sei prenotato e vai lo stesso? Prendi la multa. Anche alla Cappella Sistina i numeri sono contingentati, perché non al Sorapiss?».

È favorevole anche ai parcheggi a pagamento?

«Un Patrimonio dell'Umanità è di tutti, quindi meno si fa pagare e meglio è. Ma se si contingentano i numeri, credo che anche il problema dei parcheggi sarà meno pressante. Non c'è una visione poliziesca, beninteso, bisogna fare un percorso, capire con i tecnici quante persone può sopportare un determinato luogo».

Parliamo di inverno. Il prossimo sarà la prova del nove in vista delle Olimpiadi. Come vi state preparando?

«Il dottor Dal Ben è stato messo all'Ulss Dolomiti proprio per questo. È uno dei più grandi professionisti che abbiamo e sono certo saprà approntare un piano tecnico che risponda a tutte le esigenze che ci saranno. Stiamo lavorando anche per l'ospedale di Cortina, arriveremo all'obiettivo. Dobbiamo essere orgogliosi di come si sta lavorando, delle Olimpiadi che porteranno lustro e benefici al nostro territorio: 2 miliardi di euro di investimenti, quando mai li avremmo avuti senza i Giochi? Anche sulla sanità. Le Olimpiadi saranno un grande spot anche per raccontare la nostra sanità veneta».

Come sta procedendo il lavoro sul Nue 112, il Numero Unico per le emergenze?

«Procede, spero sia pronto per le Olimpiadi. Parliamo di 6 milioni di euro di investimento, due centrali regionali. Noi abbiamo il know how importante del 118 a livello regionale, integrarlo con il 112 non è una passeggiata. Ma ci stiamo lavorando».

Dopo Parigi che Olimpiadi si aspetta in Veneto?

«Voglio sottolineare l'importanza che questo evento avrà per i nostri giovani. Saranno i nostri ragazzi i veri protagonisti di questo rilancio, con nuove opportunità di lavoro, formazione e crescita in un contesto che guarda al futuro con innovazione e sostenibilità. La montagna diventerà un laboratorio di sviluppo dove i giovani potranno mettere in campo le loro energie e idee, contribuendo a costruire un futuro migliore per tutte le nostre "terre alte"».

Saranno 70 anni dal '56. Dai giochi di Cortina.

«Quei Giochi hanno segnato un'epoca, mettendo la nostra regione sotto i riflettori internazionali e mostrando al mondo la bellezza e l'eccellenza del Veneto. L'eredità di Cortina 1956 sarà fonte di ispirazione, ma guardiamo avanti con l'obiettivo di fare ancora meglio, sfruttando le lezioni del passato per costruire un futuro di innovazione, sviluppo sostenibile e crescita economica».

Corriere del Veneto | 20 agosto 2024

p. 11, edizione Treviso – Belluno

Tre Cime prese d’assalto dai turisti: settemila al giorno «Tanti gli stranieri»

Ugo Cennamo

BELLUNO

Nei giorni caldi, non solo in termini di gradi centigradi ma anche per afflusso turistico, alle Tre Cime di Lavaredo si sono contate quotidianamente settemila e più presenze, quasi il doppio rispetto alla media giornaliere estiva di 4mila persone che è comunque un numero impressionante trattandosi di montagna, di sentieri e di rifugi. «Non è una novità - spiega Roberto Pais, assessore al Turismo del comune di Auronzo nel cui territorio si trova una tra le mete più gettonate dell’arco alpino - perché i posti auto sono 800 e quando il parcheggio è pieno la strada chiude». Va però aggiunta la quota dei camperisti, in grande aumento anno dopo anno, e quanti si servono del mezzo pubblico.

«Fortunatamente - continua Pais - una volta giunti ai rifugi Auronzo, Lavaredo o Locatelli, che si trovano alla base delle cime, partono una serie di sentieri e vi è un po’ di dispersione, ma l’affollamento è comunque evidente e importante». Grandi numeri, alimentati anche da tour giornalieri in partenza da Venezia, che non aiutano per ovvie ragioni a garantire quella qualità che, secondo quanto osservano gli economisti, diventerebbe più redditizia e sostenibile. D’altronde il Veneto è campione di presenze, ma solo dodicesimo per quanto riguarda la spesa media sostenuta dal singolo turista.

Aumentano gli stranieri, tanti anche ad Auronzo, sempre più numerosi a Cortina dove in questa terza decade si registra un’impennata imprevista degli arrivi. «Peccato che gli italiani - rileva Stefano Pirro, presidente degli albergatori ampezzani - si riducano a prenotare all’ultimo minuto, senza contare che le vacanze non si prolungano mai più di sette giorni». Prevale il mordi e fuggi, anche se il viaggio per arrivare non è così agevole e almeno un pernottamento è di solito la norma. Quest’anno la stagione ha avuto i mesi di giugno e

luglio condizionati dal maltempo, ma ugualmente il bilancio è considerato positivo da Roberta Alverà, vicesindaca di Cortina. «Aumenta il flusso degli stranieri - spiega - anche grazie agli investimenti per promuovere Cortina in Paesi come Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti. Cortina è entrata nell’immaginario collettivo, una meta desiderata a livello internazionale. Sport, paesaggio da favola e mondanità la rendono unica nel suo genere, ma anche eventi di grande richiamo servono a mantenere alta l’asticella e proprio su questi contiamo per allungare la stagione fino a ottobre, quasi a congiungerci con la stagione invernale che inizia a fine novembre».

Tra gli obiettivi futuri , quello di puntare sulla qualità dei servizi offerti ai turisti e non solo sui grandi numeri.

L’Adige | 21 agosto 2024

p. 14

L’Adige | 22 agosto 2024

p. 13, segue dalla prima

Quando il turismo può soffocare le valli

Il termine, apparso timidamente qualche estate fa, è ormai un argomento estremamente attuale. "Overtourism", ovvero quel fenomeno per cui i turisti, soprattutto in alcuni periodi dell'anno, sono francamente troppi e mettono a rischio le località che li ospitano. A livello nazionale, la ministra del Turismo Daniela Santanché ha dichiarato che «parlare di troppo turismo è una bestemmia», ma nelle nostre valli e nei nostri laghi si è in molti casi raggiunta una situazione limite. Sono diversi i disagi creati dall'overtourism, e colpiscono residenti e ospiti, in una catena poco virtuosa di eventi. Prima di tutto c'è il traffico: ore in coda per fare pochi chilometri, gas di scarico, difficoltà a parcheggiare. Poi c'è il tema delle risorse: approvvigionamenti, acqua, energia, devono essere tarati per presenze che sono decine di volte il numero di residenti. Anche lo smaltimento dei rifiuti è un disastro: difficile differenziare quando la massa di visitatori frequenta una zona per pochi giorni, ha abitudini diverse e spesso anche sensibilità diverse. Infine il rumore: chi arriva dalle città e visita le nostre montagne e i laghi in cerca di pace e tranquillità, non sempre riesce a trovarle.La buona notizia è che chi si occupa i turismo ha compreso questo problema e ha messo in atto strumenti che hanno tutte le potenzialità per funzionare. La brutta notizia è che serve l'impegno di tutti, e questo ancora troppo spesso manca. Un esempio semplice semplice: chi va a mangiare in un punto di ristoro spesso chiede l'acqua minerale in bottiglia di plastica, mentre l'acqua del rubinetto è molto più buona. Ma perché si riducano i rifiuti ci deve essere da entrambe le parti, cliente e ristoratore, la volontà di pensare al bene comune.Val di Fassa. La valle sta lentamente tornando a respirare dopo l'assalto di agosto. Da Ora a Canazei, tre ore per fare 60 chilometri in auto, code perfino per andare in bagno nei rifugi, la val di Fassa è una delle mete più ricercate dai turisti «È una valle lunga, con tanti paesi e tanta offerta: inevitabile che ci sia un grande afflusso - spiega il direttore dell'Apt Nicolò Weiss - ma da alcuni anni ci stiamo dando da fare per mitigare i disagi. Per esempio con la Fassa Guest card si possono utilizzare gratuitamente i bus, che partono ogni 15 minuti e che a volte di mattina non bastano. Oltre ai mezzi di Trentino trasporti abbiamo implementato a spese nostre quelli per Passo S. Pellegrino e Carezza». Il problema traffico è molto presente, visto che «in media un turista percorre 40 km al giorno in inverno e 80 km al giorno in estate». E a chi rimarca che anche i bus comunque fanno la coda, il direttore dell'Apt fa presente che «un bus sostituisce una trentina di automobili».Prosegue Weiss: «Con Trentino Marketing, ed i Comuni, da un paio d'anni stiamo cercando di spalmare le presenze anche su settembre e ottobre: è il tempo per il benessere, i rifugi hanno prolungato l'apertura e anche alcuni impianti restano aperti fino al 10 ottobre, così come i nostri uffici che sono operativi 7 giorni su 7». L'idea dunque è di allungare la stagione «con alcuni alberghi che restano aperti tutto l'anno». Conclude Weiss: «Il Trentino sta iniziando a muoversi: bisogna pensare a cosa è meglio per la valle tra

10, 15 anni, e se alcuni discorsi fino a qualche anno erano tabù, ora si ha la consapevolezza che certe decisioni sono necessarie, dobbiamo dare alternative per garantire aria pura e tranquillità. Anche per coerenza, per esempio, non sponsorizziamo più eventi con auto e moto in quota».Lago di Garda - Destagionalizzazione e mobilità alternativa sono le due direttrici seguite anche sul Garda. «Si sa che agosto per gli italiani è il mese delle vacanze - precisa il presidente dell'Apt Silvio Rigatti - ma da anni premiamo chi organizza eventi in bassa stagione. Quest'anno a luglio e agosto registriamo un numero inferiore di arrivi, mantenendo le presenze. Questo significa meno persone per più giorni». Prosegue Rigatti: «La politica turistica di Apt e dei Comuni è di avvantaggiare, con card e sconti, i residenti e chi non usa le auto. I sistemi "bus&go" (viaggi di più persone) e "auto stop" (si lasciano le chiavi dell'auto in albergo dopo l'arrivo) stanno avendo molto successo, come i parcheggi di attestamento e il noleggio di biciclette».Campiglio - Lo scorso inverno si era ipotizzato di introdurre il numero chiuso per andare a sciare, proprio per evitare il sovraffollamento eccessivo. «Alla fine - spiega Bruno Felicetti, General Manager Funivie Madonna di Campiglio - c'erano troppi ostacoli burocratici e non abbiamo introdotto questa misura. Abbiamo invece deciso di aprire gli impianti un'ora prima così da diluire i flussi, ed i picchi massimi di afflusso sono stati ridotti del 30%».Riprende Felicetti: «In estate è diverso, ci sono molte altre attività, portate avanti su fasce orarie più ampie e anche con Apt abbiamo cercato di promuovere le destinazioni delle valli laterali. Quanto al traffico, in alcuni momenti l'attraversamento di Pinzolo è caotico, ma molti prediligono andare a piedi e l'utilizzo delle navette aiuta molto. Quest'anno Vallesinella e il percorso delle Malghette erano molto ben organizzati». Laghi - Chi cerca il fresco va alla ricerca dei laghi, e mai come in questa estate 2024 sono stati presi d'assalto i tanti specchi d'acqua vicini alla città oppure in montagna. Tanto che per la prima volta si è arrivati a contingentare l'arrivo delle automobili a Molveno, con l'obbligo di prenotazione almeno per il parcheggio Ischia. Il modello, anche se ha sollevato alcuni malumori, sta permettendo ai visitatori di non perdere troppo tempo cercando uno stallo libero. L'ipotesi è di allargare questa modalità anche agli altri parcheggi.Anche a Tovel gli arrivi sono contingentati, ma non è possibile prenotare: dal primo luglio al 31 agosto e per i fine settimana di settembre si accede ai parcheggi solo con il biglietto che si acquista a Tuenno. Si potrà poi raggiungere il lago con la navetta che parte dal parcheggio. B.G.

Gazzettino | 22 agosto 2024

p. 9, edizione Belluno

Boom di turisti sull’Alta Via 2 Rifugi pieni

“Ma il meteo…”

p. 2-3

“Necessari controlli contro l’overtourism. Anche nelle Dolomiti”

Corriere delle Alpi | 24 agosto 2024 p. 24

Corriere delle Alpi | 25 agosto 2024 p. 17

Alto Adige | 26 agosto 2024

p. 12

Corriere delle Alpi | 26 agosto 2024

p. 15, segue dalla prima

Corriere delle Alpi | 26 agosto 2024 p. 15

L’Adige | 27 agosto 2024 p. 38

Corriere delle Alpi | 27 agosto 2024

p. 15, segue dalla prima

Corriere delle Alpi | 27 agosto 2024

p. 15

L’Adige | 28 agosto 2024

p. 9, segue dalla prima

Il T | 28 agosto 2024

p. 3, segue dalla prima

Il T | 28 agosto 2024

p. 9

Alto Adige | 28 agosto 2024

p. 18

Corriere delle Alpi | 28 agosto 2024

p. 16-17, segue dalla prima

L’Adige | 30 agosto 2024
p. 13
Alto Adige | 30 agosto 2024
p. 18

Corriere delle Alpi | 30 agosto 2024

p. 16

Unesco premia l'estate

Francesco Dal Mas / BELLUNO

Il turista straniero preferisce le Dolomiti d'estate. L'anno scorso, infatti, gli arrivi sono stati 362.491 da giugno a ottobre, con il mese di luglio a produrne ben 107 mila. Gli italiani, nello stesso periodo, sono risultati 505.331 (113 mila in agosto). Gli stranieri superano gli italiani in giugno, in luglio, li doppiano in settembre e li sopravanzano pure in ottobre. Pare che questo trend si ripeta anche quest'estate, stando almeno ai dati (regionali) di giugno. Anzi, è una tendenza che si estende a tutto il primo semestre 2024. «Se gli italiani sono in leggero calo rispetto all'anno precedente, gli stranieri stanno apprezzando sempre più tutte le tipologie di vacanza», fa notare l'assessore regionale al turismo, Federico Caner. «In Veneto si evidenzia, in particolare, l'importante contributo apportato da Usa, Francia, Polonia e Cina (nonostante le presenze di cinesi siano ancora solo la metà rispetto al primo semestre del 2019 prepandemico).

Sulle piste da sci E l'inverno? Tra dicembre 2022 e aprile 2023 gli stranieri sono stati 147 mila, contro 227 mila italiani che primeggiano in tutti i mesi (chi viene dall'estero preferisce febbraio). E nell'ultimo inverno? Da dicembre ad aprile, 213.224 arrivi di italiani con 791.018 presenze; 156.968 arrivi di stranieri con 711.460 presenze. E una sorpresa, fra le altre: aprile ha visto l'ospite straniero superare in numero quello italiano, sia per arrivi che per presenze. Così pure in maggio, quando addirittura si sono registrate 118.924 presenze straniere contro le 93.018 italiane. Una forbice allargatasi ulteriormente in giugno, con 111.183 giornate garantite dal turista straniero contro le 81.355 di quello italiano.

I numeri parlano

Nei mesi estivi, da quando vantiamo le Dolomiti Unesco, gli arrivi di ospiti d'oltre confine triplicano rispetto alla stagione invernale, mentre l'italiano in 15 anni si è limitato a raddoppiare. Consideriamo, a questo punto, le presenze che ai fini turistici fanno ancora più testo. Gli stranieri ne hanno garantite 421.165 nei mesi invernali, quindi si sono fermati circa 3 giorni. Gli italiani? La loro quota è stata di 816.840 presenze, quindi tre e mezza a testa. Gli italiani primeggiano tra Natale e Capodanno, gli stranieri nelle settimane bianche. Non ci sono dubbi, quindi, sul fatto che il riconoscimento delle Dolomiti Unesco ha incentivato la domanda.

L'estate dopo l'Unesco

Nell'anno successivo alla proclamazione delle nostre montagne come Patrimonio dell'Umanità, l'estate degli stranieri conteggiava dalle nostre parti 131.049 arrivi, circa un terzo di quelli del 2023; gli italiani si erano affacciati in 322.562, ben lontani dal mezzo milione, anzi di più, di oggi. E le presenze di 14 anni fa, sempre d'estate? 354.654 per gli stranieri, meno di tre giorni; 2 milioni e 91 mila per gli italiani, quindi una settimana di permanenza in media, dimezzata rispetto al passato per le difficoltà economiche, non certo a causa dell'Unesco.

L'inverno di 14 anni fa

Consideriamo anche l'inverno di 14 anni fa. 100.299 arrivi, un quarto di quelli della stagione 2022/2023, per gli stranieri; gli italiani erano più del doppio, precisamente 248.123. Le presenze, invece, erano state un milione e 252 mila per gli italiani, 493.126 per gli stranieri. Scopriamo, così, che 14 anni addietro le presenze invernali erano superiori di un terzo per gli italiani. Ma superiori erano anche le giornate di soggiorno degli stranieri. Come dire, se possiamo tirare una conclusione, che il riconoscimento Unesco ha rilanciato la montagna d'estate, senz'altro più di quella invernale. E, dunque, l'attesa degli operatori è tutta per l'effetto-olimpiadi. I numeri del 2024

Come è andata nel primo semestre? Beh, gli arrivi degli stranieri hanno superato di gran lunga quelli degli italiani: sono stati complessivamente 234.196, contro 209.171. In 148.918 hanno preferito l'accoglienza alberghiera (133.501 gli italiani). Quanto alle presenze, quelle degli ospiti d'oltre confine sono state 862.289, le italiane 772.175. Sorpresa: si allunga la permanenza, a 3,6 giornate. E va osservato che anche quest'anno lo straniero sembra preferire l'estate: con 74.921 arrivi in giugno e 177.995 presenze (i dati dei mesi successivi ancora non ci sono). Gli italiani, invece, hanno preferito gennaio e febbraio, rispettivamente con 55 mila e 45 mila arrivi e 222 mila e 168 mila presenze. Chi si è avvantaggiato di questi incrementi? «Le strutture alberghiere», fa notare Caner, «vengono sempre più apprezzate (arrivi +1,2%, presenze +0,5%), salvo eccezioni, senza tuttavia superare le cifre pre-pandemiche (il record storico di arrivi e presenze risale al primo semestre 2018). È il comparto extralberghiero a battere tutti i record storici». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 30 agosto 2024 p. 27

Parco e Riserva di caccia parlano chiaro «Destagionalizzare troppo è un errore»

Alessandro Michielli /cortina Destagionalizzazione è un termine utilizzato spesso nell'ultimo periodo. Vuoi per il turismo di massa che assale le Dolomiti, e nello specifico Cortina d'Ampezzo. Vuoi per gli esercenti, che puntano ad allungare la stagione. Ma cosa potrebbe comportare la

trasformazione in alta stagione di periodi dell'anno solitamente "scarichi" o semplicemente tranquilli? Sicuramente andrebbe ad intaccare gli equilibri della fauna locale, ma anche la vita sociale dei residenti. errore destagionalizzazione

«Non bisogna destagionalizzare troppo», afferma Michele Da Pozzo, direttore del Parco Naturale di Cortina . «Allo stesso tempo, non bisogna distribuire il turismo su tutto il territorio. O meglio: se viene fatto in altri paesi, che hanno un livello di turismo basso come certe zone del Cadore, potrebbe essere positivo. Non a Cortina. Per adesso qui abbiamo salvato la sua natura e il Parco è riuscito a sopravvivere, nonostante questo carico turistico, proprio perché nelle fasi biologiche cruciali della fauna e quindi gli accoppiamenti, le nascite e le riproduzioni, il territorio è stato tranquillo. Ma potrebbe cambiare tutto in un attimo».

La politica del Parco delle regole

La politica del Parco delle Regole è chiara: i turisti sono i benvenuti, ma lasciamo spazio alla fauna nei periodi più delicati. «Se Cortina dovesse essere frequentata in tutti i periodi dell'anno», prosegue Da Pozzo, «perderemmo completamente tutto il patrimonio faunistico. E penso che né i turisti, né tanto meno le associazioni venatorie sarebbero contenti di questo. Se la stagione dovesse allungarsi, sarebbe ancora accettabile, ma dovrebbe essere concentrata sugli itinerari principali e prefissati, non in zone attualmente non frequentate. Questa è una politica che il Parco e le Regole seguono da sempre e che ha permesso di salvaguardare gli assetti faunistici».

«Nessuno vuole impedire alle persone di girare liberamente», dice, «ma certamente noi non facciamo nulla per incentivare questo tema. Esistono delle isole biologiche, di tranquillità, di cui la natura ha bisogno, quindi devono rimanere».

I rischi legati al turismo di massa

«Se parliamo di frequentazione pedonale e ciclistica, tutti gli uccelli che nidificano per terra, i galliformi in particolare, soffrono. Se poi parliamo di droni, deltaplani, tute alari, ci mettiamo dentro qualunque volatile. In generale, tutti i mammiferi, compresi gli ungulati, quando vanno in amore, non devono avere persone attorno».

Periodi più delicati per la fauna

«Gli ungulati vanno in amore in autunno», dice Da Pozzo. «I cervi, da metà settembre, iniziano a bramire. A fine ottobre vanno in amore i camosci, a dicembre gli stambecchi. E quasi tutti partoriscono ad aprile o maggio. Il periodo dell'allattamento che segue, poi, è particolarmente delicato. Il turismo, per come è distribuito oggi, può ancora andare bene. Se lo anticipiamo a giugno o lo allunghiamo a ottobre potrebbe essere ancora sostenibile. Andare ad occupare mesi come maggio e novembre, invece, sarebbe pesante, soprattutto in zone dove attualmente non c'è sentieristica».

Normative di salvaguardia

«In Svizzera e in Austria esistono norme per la salvaguardia dei tetraonidi», prosegue. «Limitano l'eliski fino al 21 marzo, ad esempio, non va oltre. Perché da quel momento fino a fine maggio, dovrebbe essere un periodo di riposo biologico. In generale, basterebbe non incentivare il turismo di massa fuori stagione: la pensiamo così noi e anche il Cai. Nessuno arriva in certe zone se non viene incentivato con cartellonistica e informazioni».

La Riserva di Caccia di Cortina

Al direttore Da Pozzo, fa eco il presidente della Riserva di Caccia di Cortina, Bruno Menardi: «Bisogna stare attenti a destagionalizzare, perché se non porta ad un reale alleggerimento della pressione turistica in alta stagione, va a gravare ancora di più sui periodi delicati che riguardano la fauna. Spalmare il turismo nell'arco dell'anno, magari in luoghi del Cadore bellissimi ma poco attraenti da un punto di vista mediatico, va bene. A Cortina, in stagione, abbiamo gente dappertutto. Va bene, siamo una località turistica, ma se mi fai arrivare turisti anche nei periodi più delicati, per la fauna diventa un problema».

«Non è solo una questione naturalistica, ma sociale. Per chi vive a Cortina, l'autunno, come la primavera, è l'unico momento in cui si gode la montagna. Io sono perplesso da queste operazioni di marketing, si parla tanto di territorio ma non si fa niente per tenersi stretti i giovani del posto. Se poi mi porti via anche i tre o quattro mesi all'anno dove ci godiamo la nostra montagna, diventa un problema trattenerli» .

Il Fatto Quotidiano | 29 agosto 2024

https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/08/29/togliamo-il-marchio-unesco-dalle-dolomiti-perche-il-presidente-del-cai-haragione/7672939/

“Togliamo il marchio Unesco dalle Dolomiti”. Perché il presidente del Cai ha ragione

La polemica si infiamma, dopo che ieri il presidente del Cai, Antonio Montani, ha lanciato una provocazione: “Togliamo il marchio del Patrimonio Unesco dalle Dolomiti”. E alla domanda del giornalista de L’Adige: “Secondo lei il marchio del Patrimonio Unesco ha incentivato il turismo?“. “Sì – ha risposto Montani – ha fatto aumentare i flussi, ma il Patrimonio Unesco non è fatto solo per promuovere”.

Il presidente del Cai ha ragione, gli effetti del turismo di massa sono sotto gli occhi di tutti. Val di Fassa, Cadore, Dolomiti di Sesto, Ampezzano… ore di code in macchina per fare pochi chilometri, folla sui sentieri. Una pressione turistica da record che degrada gli ambienti e il senso stesso di andare in montagna. Oggi arriva la replica di Stefano Zannier (presidente Dolomiti Unesco): “Chi arriva perché attratto dai valori universali riconosciuti dall’Unesco è spesso un turista informato e consapevole”. Davvero? E continua Zannier: “Essere nella lista Unesco è uno strumento di tutela”. Eh no, qui Zanier si spinge un po’ troppo in là. E gli va ricordato che l’Unesco non ha alcun potere di vincolo: l’unica leva è la minaccia della revoca, ma su oltre 1200 siti al mondo è stata applicata solo tre volte

(Porto di Liverpool, Dresda, Orice). E se l’Unesco fosse davvero uno “strumento di tutela”, come ha agito per evitare i disastri in vista delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026?

Non nascondiamoci dietro un dito: il riconoscimento del Patrimonio dell’Umanità è come una potente firma-brand che fa gola prima di tutto all’industria del turismo. L’Unesco funziona come le griffe della moda, e il tal patrimonio riconosciuto con la definizione “dell’Umanità” si trasforma in un valore di mercato per chi (non molti) fanno affari d’oro. Così si leggeva in uno dei primi, infelici, comunicati della Fondazione: “Essere titolari del marchio Unesco per le Dolomiti permetterà anche di valorizzare ulteriormente le eccellenze della zona che sono l’ospitalità, l’enogastronomia ed i servizi per il turista”; ‘dimenticando’, tra l’altro, che le Dolomiti rientrano nel patrimonio dell’umanità solo per le rocce della parte apicale. A distanza di 15 anni (26 giugno 2009) dall’ingresso delle Dolomiti nella lista, qual è il bilancio? Davvero le Dolomiti e Venezia ricevono benefici a stare nella lista del patrimonio Mondiale? Non è forse il contrario, che l’Unesco trae gran lustro ad avere questi luoghi tra le sue stelle più luminose?

CRISI CLIMATICA

L’Adige | 2 agosto 2024

p. 14

Corriere delle Alpi | 6 agosto 2024

p. 12

La sabbia del Sahara ha sciolto prima la neve in montagna “Assorbe più calore”

Corriere delle Alpi | 6 agosto 2024

p. 12

Luglio più caldo del normale Gli eventi estremi fanno danni

Belluno

Più caldo del normale, ma con precipitazioni in linea con le medie pluriennali. Luglio, il mese normalmente più rappresentativo dell'estate, quest'anno ha mostrato le sue tipiche caratteristiche, con una decina di giornate soleggiate e stabili, numerosi giorni instabili e 4 giornate di prevalente maltempo (la media sarebbe di una sola giornata di tempo perturbato in luglio). Lo testimonia l'analisi dell'Arpav.

Non sono mancati i fenomeni di forte intensità, come quasi sempre accade in mesi estivi più caldi del consueto. Sono stati complessivamente quattro: il 1° luglio un forte temporale ha innescato la colata detritica sul Passo Duran; il 12 due temporali hanno colpito le Dolomiti prima e le Prealpi poi, anche con forte vento, e c'è stata la colata sul Fadalto (sul Cansiglio sono caduti 99 mm di pioggia in un'ora, di cui 57 mm in mezz'ora, intensità fra le più alte misurate in provincia di Belluno negli ultimi 40 anni); il 28 c'è stata la grandinata a Belluno, Sedico e Sospirolo; il 31 sono state registrate temperature massime fuori norma, con 33.3°C a Santo Stefano, 29.1 a Pescul e 27.4 ad Arabba. caldo

A proposito del caldo. Le temperature medie mensili nelle valli sono risultate 2°C superiori alla norma, con una fase di fresco ad inizio mese e poi quasi sempre su valori più alte delle medie pluriennali. Negli ultimi decenni questo mese di luglio, per quanto riguarda le valli, va classificato come il 4° più caldo, dopo quelli del 2022, 2015 e 1983. Lo scarto dalla norma della temperatura media di Belluno da inizio anno rimane significativo (+1.4°C). piogge

Le precipitazioni totali mensili sono state un po' più copiose del consueto sulle zone centro-meridionali della provincia (+10/+40%), un po' più scarse nell'Ampezzano, in Val d'Ansiei e in Comelico dove è piovuto il 15-25% in meno.

A Col Indes di Tambre sono caduti nel complesso 220 mm di pioggia e addirittura 265 mm in Cansiglio, mentre solo 82 mm a Cortina e 63 mm ad Auronzo. La frequenza delle precipitazioni è stata nella norma sulle Prealpi (11 giorni piovosi) e relativamente bassa sulle Dolomiti (7-11 giorni piovosi, a seconda delle zone, contro una media di 12-13).

il bilancio pluviometrico annuale

Il bilancio pluviometrico da inizio anno mostra ancora esuberi notevoli, con scarti compresi fra il 50 e il 100%. Da inizio anno a Sant'Antonio Tortal è piovuto mediamente il doppio di quanto climatologicamente atteso (1678 mm, a fronte di una media di 849 mm).

A Belluno, in questi primi sette mesi, il 2024 si sta rivelando il secondo più piovoso degli ultimi 40 anni, dopo il 2014.

In tutto, nel mese di luglio si sono avuti 12 giorni soleggiati, 15 instabili e 4 giorni di prevalente maltempo (3 più della norma).

L’Adige | 19 agosto 2024

p. 11

Corriere delle Alpi | 19 agosto 2024

p. 16

Il caldo sta sciogliendo i ghiacciai «Già raggiunto il Glacier loss day»

Francesco Dal Mas / BELLUNO

Anche il ghiacciaio della Marmolada ha raggiunto, anzi superato, il Glacier loss day, "Il giorno della perdita di ghiaccio". Lo ha confermato Mauro Valt, ricercatore dell'Arpav di Arabba, ai microfoni di Rai 1.

Nei giorni scorsi i tecnici dell'Ufficio provinciale idrologia e dighe dell'Agenzia per la Protezione civile della Provincia di Bolzano hanno effettuato i primi sopralluoghi estivi sui ghiacciai dell'Alto Adige per l'elaborazione del consueto bilancio di massa, ovvero la differenza tra l'incremento di massa (accumulo) e le perdite per ablazione (fusione di neve e ghiaccio). «I ghiacciai sono uno specchio del sistema climatico», ricorda il presidente della Provincia Arno Kompatscher, responsabile per la Protezione civile all'interno della giunta provinciale altoatesina. «Da qui al 2050 la metà della massa dei ghiacciai alpini sarà scomparsa e con essa sparirà anche un elemento importante del ciclo dell'acqua, poiché le masse ghiacciate in alta montagna ricoprono la funzione fondamentale di serbatoi idrici naturali».

Succede altrettanto anche sulla Marmolada e su quelle lingue di ghiaccio che sono rimaste sul Civetta, sul Sorapis e sull'Antelao? «Purtroppo sì», risponde Valt. «I ghiacciai delle Dolomiti sono per loro natura piccoli e sensibili alle temperature. È vero, abbiamo avuto i mesi di marzo ed aprile molti nevosi, ma l'ultimo mese è stato molto caldo su tutte le Apli. Sulla cima della Marmolada, dalla prima decade di luglio, le temperature sono state sempre positive (di notte minime anche a +5°). I ghiacciai stanno riducendo la loro dimensione perché da una parte c'è la mancanza di nevicate durante tanti anni e per l'aumento delle temperature estive». Roberto Dinale, direttore dell'Agenzia di Bolzano afferma di aver constato che «la situazione dei ghiacciai è simile in tutte le zone della provincia. E quindi, presumibilmente, delle Dolomiti. Sul ghiacciaio di Malavalle in Val Ridanna, sulla Vedretta Lunga in Val Martello e sulla Vedretta occidentale di Ries a Riva di Tures circa il 50% della superficie glaciale è priva di neve, e anche a quote più elevate le riserve di neve invernale sono modeste. In pratica, i nostri ghiacciai hanno già raggiunto il Glacier loss day (giorno della perdita del ghiacciaio) di quest'anno». Con questo termine si intende il momento in cui la massa nevosa accumulata durante l'inverno si esaurisce e il bilancio annuale inizia ad andare in negativo. Il Glacier Loss Day è pertanto un importante indicatore delle condizioni di un ghiacciaio.

«Le lingue dei ghiacciai hanno registrato una perdita variabile tra il metro e mezzo e i due metri di ghiaccio», riferisce Dinale. «Oltre i 3000 metri di quota c'è ancora un po' di neve stagionale, tuttavia, con lo zero termico al di sopra dei 4000 metri e temperature notturne superiori allo zero, durante il giorno si sciolgono circa 10 centimetri di neve e 5 centimetri di ghiaccio, per cui la situazione è in rapido peggioramento. Il fenomeno è particolare evidente in quelle zone in cui la superficie del ghiacciaio è ricoperta da strati di de triti, polveri sottili o sabbia sahariana e che assorbono ancora più energia rispetto a un ghiacciaio non ricoperto da questi elementi».

Quanto prima si verifica il Glacier loss day, tanto più tempo il ghiacciaio continuerà a perdere volume e quindi massa fino al termine dell'estate. Nel 2022 questo giorno arrivò addirittura un mese e mezzo prima di quest'anno: «Questo dato però», sottolinea Dinale, «non ci deve consolare, poiché anche stavolta a fine settembre registreremo un bilancio di massa chiaramente negativo».

In questi giorni la Marmolada ha registrato un rialzo delle temperature con picchi fino a 14 gradi. Il distacco del seracco è avvenuto il 3 luglio 2022, con la tragedia che ne è conseguita, a una temperatura inferiore di qualche grado. «Quando siamo in ambiente naturale, che sia mare, collina o montagna, ci sono dei rischi. Per noi tecnici è difficile fare delle analogie tra l'evento drammatico della Marmolada con la situazione attuale e per rispetto anche delle vittime non me la sento», ha precisato Valt in tv, «di esprimere un giudizio se c'è analogia».

Il ricercatore di Arpav è anche un esperto di Permafrost. E la situazione che prospetta per la stazione del Piz Boè, sopra Arabba, non è delle più rassicuranti. «Abbiamo realizzato un foro profondo 30 metri con dei sensori che misurano la temperatura della roccia e i dati degli ultimi 11 anni dimostrano riscaldamento generale della roccia, del detrito, e un assottigliamento di quello strato che rimane sempre gelato anche d'estate. Le conseguenze è che viene a mancare il ghiaccio, quel legame che tiene insieme i detriti rocciosi, le rocce sui pendii più scoscesi».

Valt si sofferma anche sulla neve cosiddetta rossa. «Quelle sabbie provengono dalla Mauritania e dal Mali e sono conseguenze di minimi depressionali sulla Spagna e sulla Francia che coinvolgono questa grande quantità di aria carica di sabbia, pulviscolo atmosferico molto piccolo che può arrivare anche in Germania. L'episodio recente più eclatante è stato verso il 18-20 giugno con grandi piogge e deposito di pulviscolo ma anche nei giorni scorsi è stato registrato un deposito di sabbia sulle Alpi svizzere per cui è un fenomeno ricorrente», conclude.

Corriere delle Alpi | 19 agosto 2024

p. 16

Corriere delle Alpi | 27 agosto 2024

p. 27

COLLEGAMENTO CORTINA – CIVETTA

Corriere del Veneto | 21 agosto 2024

p. 11, edizione Treviso – Belluno

Cortina-Civetta, nuovo studio per l’impatto su habitat e fauna

La Regione si affida a un altro esperto. Gli impiantisti: i tempi sono stretti

Ugo Cennamo BELLUNO

Una delibera regionale del 9 agosto va ad aggiungere un nuovo tassello nell’intricata vicenda dell’ipotizzato collegamento tra l’area sciistica di Cortina e quella del Civetta. Di fatto si affida l’incarico alla società trevigiana Terra di Oderzo, si legge nel testo, di effettuare una «valutazione e caratterizzazione ambientale del corridoio interessato dal progetto di connessione intervalliva Cortina-Civetta». Con una spesa di 13mila euro si intende così arrivare a un quadro esaustivo per giungere a una definizione «degli habitat e delle specie presenti tramite i rilievi di uno specialista fitosociologo e di un faunista». Gli studi sul campo dovranno quindi produrre una «valutazione dell’attuale studio di fattibilità rispetto a potenziali incidenze negative» che, qualora fossero riscontrate, dovranno portare all’elaborazione di «soluzioni e indicazioni progettuali da rispettare» utili a determinare una soluzione alternativa. Il tutto per una verifica preliminare per il successivo conseguimento delle certificazioni Vinca e Via. Si apre quindi una nuova fase che, nonostante la convinzione predominante sia quella di poter arrivare a una soluzione positiva, rallenta i tempi di realizzazione dell’opera e porterà a nuovi incontri sul territorio con i primi cittadini dei Comuni interessati dall’opera e con le società che gestiscono i comprensori del Civetta e di Cortina. «Per me questa è una novità - sottolinea Sergio Pra, presidente di Alleghe Funivie e consigliere del Dolomiti Superski - Ero rimasto a un precedente studio di fattibilità - aggiunge - sulla base del quale erano state elaborate proposte per il collegamento degli impianti previsti per la realizzazione di una pista e di due cabinovie che portano, passando dal Passo Giau, alla partenza della seggiovia diretta al rifugio Averau e da qui alle Cinque Torri. Dal Civetta una nuova pista scenderà verso Selva di Cadore, poi l’impianto procederebbe facendo un angolo e risalirebbe alla sinistra della strada esistente verso il passo Giau per poi collegarsi alla seggiovia esistente». L’opera di fatto è considerata strategica da chi gestisce gli impianti dei due comprensori perché collegherebbe Alleghe direttamente a Cortina, arrivando alla funivia del Faloria sci ai piedi quando sarà ultimato l’ulteriore collegamento Socrepes-Apollonio. Si verrebbe a creare un’area sciistica pari a quella del Sella Ronda offrendo ai possessori di uno skipass del circuito Dolomiti SuperSki un comprensorio completamente nuovo. Le problematiche non sarebbero però solo legate all’ottenimento delle valutazioni ambientali. «I trentatre milioni di euro stanziatisostiene Pra - non sono sufficienti per coprire l’intero collegamento, poi è evidente che i tempi così si allungano e, per quanto ci sia la volontà, credo sia impossibile si riesca a realizzare l’opera entro l’inizio delle Olimpiadi». Concorda sulla centralità dell’opera Marco Zardini, presidente del Consorzio esercenti impianti a Fune di Cortina: «La realizzazione di quest’opera soddisfa un interesse reciproco, collegando due aree che insieme potrebbero rappresentare un nuovo soggetto dalle enormi potenzialità». Chi non ci sta è il fronte ambientalista e Luigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness: «La Regione si ostina a inseguire un modello di sviluppo insensato che non tiene conto delle reali esigenze del territorio: ci opporremo in tutte le sedi per fermare il progetto». Uno stop, ma di altra natura trattandosi di pista esistente, arriva anche dalla Conferenza di servizi della Provincia di Belluno che ha bocciato la richiesta della società Palafavera che chiedeva di realizzare un raccordo in Val di Zoldo tra la piste Duemila e Delle Coste con la stazione di monte della seggiovia Casera dei Zorzi-Cornia. «Visibilità insufficiente» e incrocio pericoloso: si attendono le controdeduzioni sulla base delle osservazioni arrivate da Palazzo Piloni.

NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO

Alto Adige | 1 agosto 2024

p. 30

«Troppi incidenti in montagna. Manca spesso la preparazione»

stefano zanotti

selva gardena

Tra i vari gruppi di soccorso in montagna sia d'inverno che d'estate c'è quello dei carabinieri. Il comando provinciale, durante i mesi estivi, aumenta di dieci unità il gruppo di coloro che eseguono controlli, oltre che sulle strade dolomitiche, anche lungo i sentieri di montagna.Ai tempi della presenza di vari capi di Stato italiani, il Centro Addestramento Alpino dei Carabinieri, in Vallunga nel comune di Selva, si trasformava in un piccolo Quirinale. Ma presidenti della Repubblica a parte, tutte le donne e gli uomini carabinieri, che prestano servizio in montagna, sono passati e hanno trascorso un periodo alla caserma che si trova ai piedi del monte Stevia. Sono

cento ogni anno quelli addestrati e abilitati, in modo altamente professionale, al controllo e al soccorso in quota.Il colonnello Nicola Bianchi è il comandante del Centro Addestramento Alpino Carabinieri. "In un incontro, nei giorni scorsi, abbiamo comunicato consigli utili per vivere la montagna in sicurezza. L'intento - sottolinea Bianchi - è fornire indicazioni importanti prima di affrontare un'attività all'aperto, che può essere una semplice camminata, trekking, via ferrata e roccia. Ad esempio quale sia l'equipaggiamento adatto, l'attrezzatura idonea a seconda dell'attività, cosa non debba mai mancare nello zaino. È poi importante lo studio preventivo e accurato del percorso, verificando l'adeguatezza in base alle proprie capacità tecniche, fisiche e atletiche. Ancora, le condizioni meteorologiche vanno seguite attentamente. Infine, avvalersi di guide è un valore aggiunto"."Prima di trascorrere una giornata in montagna è doveroso informarsi bene sulle previsioni meteo. Tra l'altro - osserva il brigadiere capo Freddi Torresani, istruttore di sci di alpinismo e di montagna - quest'anno le condizioni in alta quota sono più complicate per la presenza abbondante di neve. Affidarsi ad una guida alpina è sicuramente una cosa sensata, in particolare se non si gode di una certa esperienza. In merito all'abbigliamento e all'attrezzatura, calzature adeguate e casco sono d'obbligo per le vie ferrate, giacca vento e maglioncino, qualcosa di sano da mangiare e da bere non dovrebbero poi mancare a nessuno che intende trascorre più ore nella natura, come anche un piccolo kit di pronto soccorso"."Quando aumenta il flusso turistico, l'Arma dei Carabinieri incrementa i controlli mirati sulle strade e sui sentieri per la prevenzione di incidenti e infortuni - ricorda il maresciallo maggiore Gandelino Bucci, comandante della Stazione di Sesto PusteriaSiamo quotidianamente presenti per svolgere servizi straordinari sotto il coordinamento del Commando provinciale di Bolzano sui passi e lungo i sentieri montani. Ci appelliamo sempre al buon senso da parte degli utenti, motociclisti, ciclisti o escursionisti e invitiamo ad adottare sempre comportamenti in base alle condizioni meteorologiche, della strada e del traffico. Per quanto riguarda i sentieri, a volte non vengono adottati accorgimenti che evitano infortuni e incidenti. Il consiglio è sempre lo stesso: informazione preventiva, idoneo abbigliamento e attrezzature adeguata all'attività, in base al contesto che si va ad esplorare e alle proprie condizioni fisiche".

Gazzettino | 10 agosto 2024

p. 2, edizione Belluno

Alto Adige | 13 agosto 2024

p. 18

Droni, i soccorritori lanciano l'allarme «Insidie micidiali per gli elicotteri»

La municipale ha intensificato i controlli

paolo tagliente bolzano

Solo pochi giorni fa, proprio su queste pagine, abbiamo scritto dei malumori dei fotografi locali per la disparità di trattamento tra loro, soggetti a norme severissime, e gli influencer internazionali, a cui viene concesso di eseguire ovunque riprese con i droni senza alcuna autorizzazione. Ma l'assenza di controlli può creare problemi ancora più gravi di quanto possa essere una disparità di trattamento che non garantisce una concorrenza equa. L'utilizzo indiscriminato di droni, infatti, può rappresentare un pericolo per gli elicotteri e per gli uomini e le donne impegnati in operazioni di soccorso in montagna. Il rischio che gli "oggetti volanti", comandati da remoto e senza alcuna autorizzazione, finiscano per mandare in frantumi i finestrini dell'aeromobile o, molto peggio, si infilino tra le pale è sempre altissimo e, purtroppo, sempre più frequente. Proprio ieri, nei pressi del rifugio Vandelli, sulla catena dolomitica del Sorapis, nel territorio di Cortina d'Ampezzo, si è verificato un episodio che ha ancora una volta messo in luce i rischi legati all'uso irresponsabile dei droni. Un drone manovrato da uno sconosciuto, infatti, ha impedito il decollo dell'elicottero dei vigili del fuoco, impegnato in un intervento di recupero di un'escursionista ferita. L'episodio, riportato proprio dal Soccorso Alpino del Veneto, non poteva non sollevare polemiche

e nuove preoccupazioni sulla sicurezza e sull'uso dei droni in aree sensibili. L'esperto del Cnsas Alto Adige«Chi oggi (ieri per chi legge, ndr) stava manovrando quel drone, poco lontano dal rifugio Vandelli, è davvero un incosciente». A parlare è Andrea Cavaliere, coordinatore provinciale del gruppo droni del Soccorso Alpino. «Un elicottero lo si vede chiaramente - continua Cavaliere - e che si tratti di un elicottero di soccorso o altro è evidente che il drone non può rimanere lì perché, nel malaugurato caso finisca nel rotore, l'aeromobile precipita immediatamente». Tanto utili, se pilotati da mani esperte in situazioni di emergenza, quanto pericolosissimi se usati da persone impreparate o ignoranti delle possibile e tragiche conseguenze che il loro comportamento potrebbe avere. «Proprio così - continua Cavaliere - perché si tratta di mezzi in libera vendita e, anche se i regolamenti sono molto severi ed esistono anche zone interdette, è praticamente impossibile, con gli strumenti attuali, riuscire a controllarli tutti. Va detto che dall'inizio di quest'anno, è stata fissata l'obbligatorietà di alcuni sistemi per alcune categorie di droni: non solo questo permette di rintracciarli con un cellulare, ma anche di sapere immediatamente chi li sta pilotando. Sull'altro fronte, va detto che il drone è un mezzo molto efficace nella nostra attività di soccorso. Uno strumento ormai imprescindibile per noi che, in Alto Adige, ne abbiamo in dotazione ben 13. Possiamo contare su droni di poche centinaia di grammi che, durante le calate, compiono sopralluoghi in parete, consentendo di evidenziare subito potenziali criticità e fornire preziose indicazioni a chi si sta calando. Poi - conclude - abbiamo droni più performanti, con sofisticata strumentazione che consente il volo notturno, anche con termocamera, utilizzabili per ricerche o per trasporto di materiale. Molti casi sono stati risolti proprio grazie all'utilizzo di questi strumenti».

Corriere delle Alpi | 13 agosto 2024

p. 18, segue dalla prima

Drone blocca il decollo dell'elisoccorso

belluno

Un cielo di droni nella zona del Sorapis. Uno di questi ieri mattina ha ritardato il volo di Falco che avrebbe dovuto decollare con una scavigliata a bordo, soccorsa nell'area del rifugio Vandelli, a Cortina. Quanto basta perché il Soccorso alpino chieda di applicare multe, e che il presidente Zaia domandi norme più stringenti.

L'elisoccorso era atterrato sulla piazzola del rifugio, su richiesta del gestore che poi ha accompagnato equipe medica e tecnico di elisoccorso vicino al lago del Sorapis: qui infatti attendeva una 51enne di Mantova che si era fatta male nell'escursione e che lamentava un sospetto trauma al piede. La donna è stata medicata e sorretta fino all'imbarco. Ma proprio nel momento in cui Falco avrebbe dovuto alzarsi, al momento di decollare, come già segnalato in altre missioni, sopra l'elicottero stazionava un drone il cui manovratore è rimasto sconosciuto.

Ieri nell'area del Vandelli c'era una folla di escursionisti e, c'era anche una folla di droni in cielo. Non riuscendo a individuare tra la folla il pilota di quello che stazionava in aria sull'elisoccorso, si è dovuto attendere che si allontanasse perché il mezzo potesse decollare per portare l'infortunata in ospedale. L'intervento ieri ha riguardato una ferita con lievi conseguenze: ma in caso contrario sarebbero stati davvero problemi grossi. Senza contare che la situazione in generale rischia di mettere in pericolo la vita dei soccorsi e dei soccorritori: per quanto visibile, un drone in aria nel raggio di volo e delle operazioni di un elicottero può essere vitale, perché può esserci quella volta che non viene visto. Non a caso il Soccorso alpino chiede interventi drastici di chi ha competenza a intervenire: «Vanno multati» dice il presidente regionale Cnsas Rodolfo Selenati. «Ricordiamo quanto possa essere pericolosa la presenza dei droni per i mezzi in volo e che vigono normative ben precise sul loro utilizzo» dice il Cnsas di Belluno. È diventato ormai un «Fenomeno ingovernabile: invito chi di dovere a intervenire, la normativa c'è e basta applicarla» conclude. Anche il governatore veneto Luca Zaia lancia fulmini, bollando l'accaduto come «estremamente grave e assolutamente inaccettabile. Condanno con forza l'irresponsabilità di chi ha manovrato il drone, mettendo a rischio la vita dell'escursionista ferita e intralciando il lavoro delle squadre di soccorso». Zaia, ha espresso tutta la sua preoccupazione per l'incidente, lodando al contempo il lavoro del Suem 118 e del Soccorso Alpino: «Voglio ringraziare il nostro elisoccorso e il personale del Soccorso Alpino per la loro prontezza e professionalità, nonostante le difficoltà create da questo gesto irresponsabile». Dopo aver ricordato i dati Usl dei 353 soccorsi da inizio giugno, dei quali "inaccettabile" che il 21% illesi, Zaia chiede inasprimenti delle norme sui droni: «intervenire sulla normativa vigente per l'utilizzo dei droni a scopo ludico: «Chiedo alle autorità competenti di valutare, se necessario, una revisione delle normative esistenti sull'utilizzo dei droni per scopi ludici , per evitare che simili episodi possano ripetersi». Altri soccorsi nella stessa mattina di ieri. Verso le 9. 40 l'elicottero del Suem è volato sul sentiero sotto il Rifugio Tissi in direzione del Vazzoler, in Civetta: un escursionista di 66 anni di Ferrara che si era fatto male a una caviglia. L'infortunato, che si trovava assieme al figlio, è stato raggiunto dai soccorritori sbarcati in hovering, poi il recupero col verricello. Verso le 11.30 una squadra del Cnsas di Auronzo è intervenuta sopra la borgata di Tarin, dove, camminando con la moglie lungo un sentiero non distante dalla palestra di roccia, un 68enne di Rufina, messo male un piede, facendosi male a un ginocchio. I soccorritori hanno immobilizzato la gamba dell'uomo, poi recuperato con il verricello.

Giornata anche di cadute per i ciclisti: si è iniziato intorno alle 9 al Passo Tre Croci per un turista statunitense di 53 anni con traumi di media gravità. Analoga situazione per una ciclista sfortunata, in zona rifugio Auronzo: soccorsa in elicottero dell'Aiut alpin e trasferita in ospedale a Brunico . Altri due soccorsi nel primo pomeriggio, per due cadute: a Forcella dei Mat (nello Zoldano) e a San Vito di Cadore, entrambe con traumi lievi.

Cristina Contento

Corriere del Veneto | 13 agosto 2024

p. 7, edizione Treviso – Belluno

Sorapis, il drone di un turista ostacola l’elicottero dei soccorsi

Velivoli guidati da remoto

Il proprietario si è «nascosto» tra la folla

L’ira di Zaia: «Atto grave»

Dimitri Canello

BELLUNOAncora un caso di soccorsi sulle montagne bellunesi ritardati a causa di un drone. Era già accaduto più volte dall’inizio dell’estate, è successo di nuovo ieri all’elicottero Falco, atterrato in piazzola al Rifugio Vandelli sul Sorapis, su richiesta del gestore che poi ha accompagnato equipe medica e tecnico di elisoccorso vicino al lago del Sorapis, per una cinquantunenne di Mantova con un sospetto trauma al piede. Purtroppo, al momento di decollare, come già segnalato in altre missioni, sopra l’elicottero stazionava un drone e, non riuscendo a individuare tra la folla il pilota, si è dovuto attendere che si allontanasse. Il tutto è durato alcuni minuti, quanto basta per mandare su tutte le furie i responsabili del Soccorso Alpino e il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, intervenuto ieri con un durissimo comunicato per stigmatizzare l’accaduto: «L’episodio avvenuto questa mattina nei pressi del Rifugio Vandelli sul Sorapis, dove un drone ha impedito il decollo dell’elicottero Falco1 del SUEM 118 – ha tuonato Zaia - è estremamente grave e assolutamente inaccettabile. Condanno con forza l’irresponsabilità di chi ha manovrato il drone, mettendo a rischio la vita dell’escursionista ferita e intralciando il lavoro delle squadre di soccorso». Il Soccorso Alpino, nel ricordare «numerosi episodi verificatisi nelle ultime settimane», spiega che i droni «stanno diventando un grande problema per i soccorsi aerei. Con la possibilità di acquistare liberamente qualsiasi tipo di velivolo, le persone sono spesso inconsapevoli dei problemi, anche gravi, che potrebbero causare in caso di collisione con un altro aeromobile o con un crash sopra un raggruppamento di persone». A proposito della normativa, il Soccorso Alpino ricorda che «ogni tipologia di drone è legata ad una abilitazione specifica, nota spesso come patentino». Tutti i droni, comunque, indipendentemente dal peso, ma con la possibilità di poter filmare, fotografare o registrare suoni e voci, «hanno l’obbligo di essere registrati all’ente di volo, che per l’Italia si fa sul portale di D-Flight, mentre per gli stranieri europei va fatto al proprio ente di volo e per gli extra europei l’obbligo è di farlo all’ente del paese europeo dove si intende volare. Per l’Italia c’è l’obbligo di avere una assicurazione basata sullo specifico rischio». Infine l’appello accorato: «Aiutateci a far diminuire i rischi!».

Nemmeno il presidente della Regione intende prendere alla leggera quanto successo al Rifugio Vandelli: «Ho voluto chiedere un approfondimento sull’attività in corso in queste settimane nelle nostre montagne - spiega - I dati del Soccorso Alpino Veneto e del Suem 118 ci dicono che quest’anno sono stati registrati il 3% di interventi in più rispetto al 2023 e il 12% in più di persone soccorse. Solamente dall’inizio di giugno, gli interventi del Soccorso Alpino sono stati 353. Non è accettabile però apprendere che di queste operazioni di soccorso il 21%, 95 persone soccorse, riguardava persone completamente illese ma bloccate in montagna per incapacità. Inoltre, 63 persone, il 14% del totale, sono state soccorse dall’inizio di giugno per la perdita d’orientamento. La montagna non è un parco divertimenti all’aperto, deve essere affrontata con più rispetto e conoscenza». Secondo Zaia serve intervenire sulla normativa vigente per l’utilizzo dei droni a scopo ludico: «L’utilizzo di droni deve essere sempre ponderato e responsabile – ammoniscesoprattutto in zone di alta frequentazione turistica e dove sono in corso operazioni di soccorso. Chiedo inoltre alle autorità competenti di valutare una revisione delle normative esistenti sull’utilizzo dei droni per scopi ludici, per evitare che simili episodi possano ripetersi. Come Regione Veneto, continueremo a fare tutto il possibile per garantire la sicurezza dei cittadini e dei turisti».

NOTIZIE DAI RIFUGI

Alto Adige | 2 agosto 2024

p. 34

Corriere delle Alpi | 6 agosto 2024

p. 16

I rifugi dichiarano sold out “Turisti all’80% stranieri”

Corre la stagione estiva in alta quota. Nonostante una primavera molto piovosa e il caos dovuto ai tanti cantieri aperti lungo la statale Alemagna, italiani e soprattutto stranieri non rinunciano alle vacanze in montagna. Secondo quanto dichiarato da alcuni rifugisti operanti nel territorio ampezzano e in provincia di Belluno, si registrano numeri sulle presenze in linea rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un turismo a trazione straniera: infatti, fino ad oggi, circa l'80% delle presenze in alta quota parlando un'altra lingua. Coreani, americani, australiani, inglesi, francesi e spagnoli hanno invaso Cortina già nei mesi di giugno e luglio, un periodo storicamente poco avvezzo agli italiani. I proprietari delle seconde case, invece, provenienti in molti casi da Roma, Milano e Bologna, dovrebbero raggiungere la Conca ampezzana nei prossimi giorni. «Rispetto lo scorso anno siamo sulla stessa linea», afferma Beatrice Alverà, gestore del rifugio Croda da Lago. «La sera abbiamo sempre il rifugio al completo. Gli italiani sono pochissimi, se devo dare una percentuale sul dormire siamo al 5%. La maggior parte dei nostri clienti arrivano dall'America, dal Regno Unito e poi ci sono tanti asiatici, in particolare coreani». «Arrivano quasi tutti tramite agenzie», continua Alverà. «Viaggiano soprattutto in gruppi di dieci o quindici persone. Noi abbiamo camerate da sei posti fino ad un massimo di quindici, per un totale di cinquanta posti letto. Quindi siamo attrezzati per questo genere di turismo. Abbiamo lavorato bene tutto il periodo estivo, peccato solo il tempo che non ci ha dato una mano nei weekend, dove spesso arrivano turisti italiani per fare le gite in giornata». «Siamo pieni da un anno», conclude, «I turisti stranieri prenotano con largo anticipo e quando arrivano, anche se il tempo non è dei migliori, non rinunciano a salire in alta quota. La particolarità è questa: giugno, luglio, settembre e ottobre siamo sempre al completo, visto che è periodo di stranieri. Mentre agosto, essendo il mese degli italiani, a volte lascia spazio a qualche prenotazione last minute». Soddisfatti anche i gestori del rifugio Averau: «Siamo contenti e non ci lamentiamo, la gente è tanta», afferma Margot Siorpaes, gestore del Rifugio Averau di Colle Santa Lucia. «Notiamo che il turismo straniero sta cambiando. Ci sono tantissimi coreani, tanti americani, canadesi. Gli italiani arrivano sempre in ritardo, mentre il turista internazionale si organizza con un anno di anticipo. Noi non abbiamo italiani nelle camere solo perché non trovano posto».

«Anche per quanto riguarda l'aspetto culinario, non c'è paragone», continua Siorpaes. «Lo straniero si ferma a mangiare, mentre l'italiano tende ad avere il pranzo al sacco. Se devo dare una percentuale, in generale l'80% dei nostri commensali è straniero, mentre il 20% è italiano. In agosto vediamo crescere il numero di italiani, però tutti gli altri mesi sono stranieri. Siamo perfettamente in linea con lo scorso anno: il tempo non ha aiutato, ma siamo sempre stati pieni. A prescindere dal tempo, lo straniero è rilassato e si sa godere le vacanze in montagna».

Ottima stagione anche per il rifugio Scoiattoli di Cortina: «Noi lavoriamo bene», dice Claudia Lorenzi, gestore del rifugio Scoiattoli in Cinque Torri. «Da quando abbiamo aperto a giugno, c'è sempre stato tanto movimento, con tantissimi stranieri. Questa settimana c'è stato un leggero calo rispetto a luglio, ma è normale, avviene tutti gli anni, la prima settimana di agosto ha sempre un ricambio tra stranieri ed italiani. Noi ci troviamo in zona Cinque Torri, qui c'è tanto passaggio, quindi siamo contenti. Adesso aspettiamo gli italiani delle seconde case, che di solito arrivano dopo il dieci di agosto».

«Per gli ospiti abbiamo diverse camere, grandi e piccole, per un totale di quaranta posti letto. I turisti che si fermano a dormire sono quasi tutti stranieri: americani, australiani, francesi, spagnoli, inglesi e tantissimi coreani. Posso parlare di invasione tra giugno e luglio. Si tratta di una buona clientela, consumano molto, poi ogni persona è fatta a suo modo, tutti hanno le loro particolarità. Noi cerchiamo di fare stare tutti bene».

Soffrono invece le malghe e i rifugi di transito: «Noi abbiamo lavorato meno dello scorso anno», afferma Amedeo Bernardi, gestore di malga Federa. «Non so quale sia il motivo, se il tempo o altro, ma stiamo lavorando meno. Devo dire, però, che il mio è un rifugio di transito. Nonostante il sentiero Gores de Federa abbia portato grande beneficio alla malga, quest'anno abbiamo riscontrato un calo».

Corriere del Veneto | 9 agosto 2024

p. 2, edizione Treviso – Belluno

Rifugi sold out ovunque «Arrivano da tutto il mondo per natura, sport e cucina»

Prenotazioni mesi prima, piene anche le strutture «vip»

BELLUNO

Trascorre qualche giorno in un rifugio di montagna, lontani dal caos e dalle temperature, in questi giorni, particolarmente torride, circondati dalla natura e da paesaggi da cartolina, sembra essere una delle vacanze più gettonate dell’estate in corso. Molte strutture del Bellunese, in questi giorni, sono infatti sold out. Impossibile trovare anche un solo posto letto libero, non solo nelle strutture low cost, le più gettonate dai veterani della montagna, ma anche in quelle che offrono servizi esclusivi, di conseguenza più costose. Un boom di prenotazioni che vede arrivare primi soprattutto gli stranieri. «Negli ultimi anni e, in particolate questa estate - spiega il presidente dell’Agrav (Associazione dei gestori dei rifugi alpini del Veneto) Mario Fiorentini - stiamo registrando un incremento

importante di turisti stranieri: polacchi, americani, inglesi e tanti asiatici. A differenza degli italiani, prenotano con largo anticipo, anche mesi prima, di conseguenza i posti nei rifugi si esauriscono velocemente. Ecco che per il turista italiano che vuole trascorrere una vacanze sulle splendide Dolomiti diventa più difficoltoso trovare, soprattutto, un posto dove dormire».

La prenotazione anche per i Rifugi, a differenza degli alberghi, avviene sopratutto attraverso il sito di ogni singola struttura. «Le piattaforme dove spesso si prenotano le vacanze non sono molto utilizzate dai frequentatori dei rifugi - spiega Fiorentini -, non forniscono infatti una serie di informazioni importanti per l’ospite che ha la necessità di capire bene i servizi che offre il Rifugio». Tra le tante richieste, negli ultimi tempi, sempre più frequente, ad esempio, la possibilità di consumare piatti vegani. «Abbiamo dovuto adeguare la cucina del nostro Rifugio alle nuove esigenze dei clienti - conferma Arianna Ghedina del Rifugio Pomedes a Cortina D’Ampezzo (Belluno) -, le richieste di cibi vegani, anche da parte degli ospiti stranieri, sono infatti aumentate. Abbiamo dovuto insomma aggiungere qualche tocco di modernità alla nostra tradizione». Anche a Cortina le strutture che si trovano lungo i percorsi suggestivi delle Dolomiti , in questi giorni, conferma l’imprenditrice turistica, stanno registrando il tutto esaurito.

Ma chi sono i nuovi frequentatori della montagna? «Fino a qualche anno fa erano perlopiù appassionati e conoscitori, non solo dei percorsi, ma anche dei relativi pericoli che si possono incontrare percorrendo alcuni sentieri - spiega il responsabile veneto dei Rifugi -, ora, invece, si sono aggiunti appassionati di sport all’aria aperta ma non spesso non adeguatamente attrezzati e tantissimi amanti della natura che vogliono raggiungere le vette perché amanti del paesaggio incontaminato» . (r.m)

L’Adige | 19 agosto 2024

p. 11

In quota c’è il pienone di turisti

Ma inizia a scarseggiare l’acqua

Paolo Fisichella

Dopo un inizio stagione in salita a causa della pioggia arriva il "pienone" di agosto anche per i rifugi. Che tuttavia, devono tornare a fare i conti con un problema che si pensava archiviato, per quest'anno: la siccità. In alcune strutture la difficoltà iniziano a farsi sentire. Partendo dalle presenze, si tratta di una ressa tanto attesa quanto sperata dai gestori e che arriverà al suo prevedibile picco, tra visitatori italiani e stranieri, proprio tra la metà e la fine del mese, ovviamente tempo permettendo. «Gente c'è n'è - ha ribadito Roberta Silva, gestrice del rifugio Roda de Vaèl sul Catinaccio e presidente dei rifugi del Trentino - Forse c'è meno passaggio durante il giorno ma sta andando sicuramente meglio rispetto all'inizio stagione in cui abbiamo avuto meno afflusso a causa della pioggia. Ad aiutare ora sopratutto le temperature elevate con un andamento sicuramente positivo». A confermare il buon trend anche Lodovico Vaia, gestore del Rifugio Boè, al centro del gruppo del Sella: «C'è tante gente che gira, questo è certo, anche se il meteo fa un po' da spauracchio per i turisti, ma questo, lo sappiamo, fa parte del nostro mestiere. Ci sono giorni ad esempio in cui scappano tutti via per paura del temporale anche se poi non fa niente, ma è la normalità. Ad inizio stagione invece a causa della pioggia il calo è stato generale». Per un problema risolto però uno nuovo che arriva: «Ad oggi la questione è che questo caldo agosto comincia a farsi sentire con la conseguenza che comincia a scarseggiare l'acqua - continua Vaia - Si sta cominciando insomma ad avere problemi con l'acqua come i colleghi dell'Alto Adige che hanno cominciato a portarne con l'elicottero».Dello stesso avviso anche Duillio Boninsegna, gestore del rifugio Pradidali, nel cuore delle Pale di San Martino: «Il problema è che comincia a scarseggiare l'acqua. Con la neve di primavera abbiamo guadagnato 10-15 giorni ma adesso abbiamo un consumo enorme. Come al solito la settimana di Ferragosto ad ogni modo è sempre "pienone". Quest'estate l'accesso sta andando meglio la sera che durante il giorno. A livello di numeri mi sembra che siamo su quelli dello scorso anno». Tuttavia qualche novità c'è: «Una cosa particolare - conclude Boninsegna - è che abbiamo molti stranieri in agosto rispetto agli scorsi anni dove tendenzialmente c'erano più italiani». A confermare l'andamento positivo ma con i soliti problemi anche Alberto Bighellini, gestore del rifugio Stivo, sull'omonimo monte, celebre terrazza sul lago di Garda: «La presenza è stata tanta soprattutto questa settimana anche se forse un po' meno dello scorso anno. Strana è la presenza per il momento di tanti italiani ma davvero pochi stranieri. Come tutti i rifugi abbiamo i soliti problemi, tra cui la carenza d'acqua. Abbiamo diversi sistemi di accumulo e ad inizio stagione il livello con la pioggia era buono, poi è andata sempre peggio. Tra i problemi minori poi anche le tempeste spesso molto violente che spaccano, ad esempio, le bandiere. Tuttavia portano l'acqua ed è sempre una buona notizia per noi». Tra le problematiche, con l'aumento del turismo, ovviamente anche il già evidenziato fattore sicurezza che come evidenziato negli scorsi mesi colpisce sopratutto gli italiani a causa di carenze di attrezzature adeguate e di consapevolezza dei rischi della montagna. Importante in questo senso una maggiore informazione già a valle come ribadito anche da Giulio Angeli, gestore del rifugio Tuckett e Sella sulle Dolomiti del Brenta: «È una conseguenza dell'aumento dell'afflusso dei turisti, ben più alto di soli dieci o quindici anni fa. Servirebbe - un auspicio ribadito spesso dai professionisti delal montagna - per questo un'informazione più ampia già a partire dal paese».

#VIVEREINRIFUGIO: LA RASSEGNA CULTURALE NEI RIFUGI

Alto Adige | 9 agosto 2024

p. 30

Dolomiti Unesco, filosofo e glaciologo a confronto

Dolomiti

Il 23 agosto è in programma al Rifugio Pian de Fontana nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi un dialogo fra scienza e filosofia, protagonisti il filosofo Paolo Costa e il glaciologo Jacopo Gabrieli (nella foto). Prevista anche una nutrita delegazione altoatesina. è previsto il saluto di benvenuto da parte della rifugista Elena Zamberlan che presenterà il rifugio, la logistica nella gestione dell'acqua, dei rifornimenti in quota e la motivazione che la spinge a vivere ogni estate in questo angolo di Dolomiti. Modera l'incontro Falvio Faoro. La montagna custodisce, protegge e trasmette i valori profondi della natura. Ma a precise condizioni: conoscenza, rispetto, riflessione. Dialogheremo con Jacopo Gabrieli, glaciologo del Cnr e divulgatore scientifico e Paolo Costa, filosofo e autore del libro "L'arte dell'essenziale", sull'unicità e sulla profondità, non sempre avvertite, del nostro rapporto con la montagna. La rassegna, organizzata dalla Fondazione Dolomiti Unesco, vedrà di volta in volta la partecipazione di ospiti speciali, per parlare di come sta cambiando la frequentazione delle Dolomiti, della geologia, degli effetti della crisi climatica sul paesaggio, dell'importanza di un approccio prudente e consapevole alla montagna e, più in generale di cosa significa, oggi, vivere le Dolomiti. La prossima tappa in Alto Adige è il 13 settembre nel parco nazionale Puez Odle con il Geotrekking con giro ad anello del Sass de Putia.

Corriere delle Alpi | 21 agosto 2024

p. 20

NOTIZIE DAI CLUB ALPINI

Alto Adige | 11 agosto 2024

p. 19

Marmolada, prezzi alle stelle “A 3000 metri è giustificato”

Alto Adige | 11 agosto 2024

p. 19

«Vandalismi e incuria nei bivacchi trentini»

TRENTO

Recentemente il mondo della montagna ha registrato episodi di inciviltà in alcuni bivacchi: il Minazio nel Vallon delle Lede, nel Gruppo delle Pale di San Martino del Cai di Padova e all'Eugenio Segalla nel Gruppo dell'Adamello, di proprietà della Sat. Capita che il bivacco sia usato da alpinisti che non hanno la cura di lasciarlo, come il codice etico della montagna prevede: pulito e in ordine. Il problema è ricorrente. Ogni tanto i fruitori dei bivacchi si comportano in modo poco civile, mancando di rispetto ad una struttura aperta a tutti. In Trentino i bivacchi sono 48. Strutture per lo più di lamiera con la classica forma a parallelepipedo essenziali. Il loro utilizzo è libero e gli alpinisti sanno che vanno lasciati puliti e in ordine. Roberto Bertoldi, presidente della commissione Sat rifugi e bivacchi, sottolinea: «Negli ultimi tempi si registrano episodi di un utilizzo non appropriato del bivacco con rifiuti lasciati in loco ed episodi di vandalismo. Al Sief, in cura dalla Sat di Predazzo, nel Gruppo del Latemar, è stata sfondata una porta e hanno trovato sporcizia. Anche al Raffaele Bailoni sulla Marzola abbiamo segnalazioni di un abbandono di immondizie». Succede che il bivacco viene lasciato con la porta aperta e questo non va bene perché in caso di pioggia vento o neve la struttura si danneggia. «Rivolgiamo un appello ai frequentatori della montagna per rispettarla e avere cura dei rifugi» conclude Bertoldi.

NOTIZIE DALLE AREE PROTETTE

Alto Adige | 7 agosto 2024

p. 16

Foto coi droni in zone protette «Influencer senza regole»

PORENDEONELEGGE:

PREMIO SPECIALE DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE A MICHIELI

Alto Adige | 2 agosto 2024

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Corriere della Sera | 2 agosto 2024

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Il Premio Dolomiti al geografo Franco Michieli

C’è la vita dell’esploratore. C’è il rapporto tra l’uomo e la natura, quello tra il viaggiatore e la meta. E c’è soprattutto la consapevolezza che l’ambiente in cui viviamo ha dei limiti: va rispettato. Ecco perché, si legge nelle motivazioni, Le vie invisibili. Senza traccia nell’immensità del Nord (Ponte alle Grazie) del geografo Franco Michieli (1962) si aggiudica il Premio Speciale Dolomiti Patrimonio Mondiale Unesco. Lo scrittore sarà premiato il 20 settembre alle 15.30 durante la XXV edizione del festival del libro e della libertà Pordenonelegge (tutte le info su: pordenonelegge.it), nell’Auditorium della Regione. Con le sue esplorazioni, Michieli ha attraversato luoghi selvaggi e inospitali ma mettendo sempre sotto un cono di luce il bisogno di tutelare il patrimonio naturale.

SERRAI DI SOTTOGUDA: PARZIALE RIAPERTURA

Corriere delle Alpi | 1 agosto 2024

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Tornano a splendere i Serrai di Sottoguda

Qui la tecnologia protegge la natura

Marcella Corrà / ROCCA PIETORE

Arrivi ai Serrai di Sottoguda, riaperti ieri dopo sei anni dalla tempesta Vaia, e guardi il ponte di accesso al percorso: ma come farà l'acqua del torrente Pettorina a passarci sotto, in caso di una piena come quella di Vaia del 29 ottobre 2018? Sembra esserci poco spazio tra il torrente e il ponte di legno che collega il borgo di Sottoguda all'infopoint, da cui inizia il percorso. Poi scopri che l'alveo del torrente verrà abbassato (i lavori non sono ancora completati), ma soprattutto che il ponte si solleverà di un metro e mezzo, in caso di piena, grazie a degli argani ora nascosti nelle colonne. Alta tecnologia in un contesto ambientale di rara e aspra bellezza, per garantire la sicurezza e per recuperare in pieno un percorso di due chilometri che il torrente ha scavato nella roccia durante millenni, un canyon tra i più suggestivi e visitati delle Dolomiti.

Da lì in poi, dal ponte vicino all'abitato di Sottoguda (uno dei borghi più belli d'Italia), inizia un viaggio lungo una forra larga dai 5 ai 20 metri, tra pareti verticali alte un centinaio di metri che si possono toccare letteralmente con le mani, regno durante l'inverno di chi ama le scalate sulle cascate di ghiaccio, l'ice climbing. Prima della tempesta Vaia, prima che le acque del torrente portassero via tutto (strada, acquedotto, fognature, illuminazione) scavando una trincea dove prima c'era solo un tranquillo ruscello, il percorso correva a fianco del Pettorina. Adesso è un orrido che si vede dall'alto, che si ammira dalle passerelle in legno di larice che si alternano con i tratti in cemento.

Non si conosce la data esatta della costruzione della strada dei Serrai, ma si presume che corrisponda alla espansione dei trasporti e dei servizi postali, a metà del 1700. Prima un sentiero poi una strada per collegare Sottoguda a Malga Ciapela e quindi al passo Fedaia, porta di collegamento con il Trentino. Fino alla metà degli anni 60 del secolo scorso era l'unica via di comunicazione tra Sottoguda e Malga Ciapela, prima della costruzione della strada provinciale.

Strada molto amata, quella dei Serrai, dai primi studiosi delle Dolomiti e dai primi viaggiatori inglesi e tedeschi in cerca di scenari sconosciuti ed esotici. Ma nei decenni scorsi amata e apprezzata da centinaia di migliaia di turisti, moltissimi stranieri, che percorrevano a piedi, in bicicletta o con il trenino i due chilometri dei Serrai.

Poi arrivò Vaia, la tempesta perfetta, in grado di stravolgere un'intera provincia e che nel territorio di Rocca Pietore si scatenò in maniera furibonda. I Serrai "sparirono": la strada distrutta, i 14 ponticelli spazzati via, la chiesetta di Sant'Antonio tanto cara ai viaggiatori invasa dalla furia delle acque, Sottoguda senz'acqua e fognature (acquedotto ricostruito con uno sforzo incredibile in soli 23 giorni). Ora è giunto il momento di tornare ad ammirare lo spettacolo del canyon, le pareti a picco, il torrente impetuoso ma lontano. E nello stesso tempo ammirare il lavoro realizzato da sette ditte bellunesi che hanno impiegato sei anni per ridare al mon do questo gioiello ambientale.

I numeri li ha illustrati Gianvittore Vaccari, amministratore unico di Veneto Acque, soggetto responsabile della ricostruzione: sei mesi per partire, dodici mesi per i progetti e le prime opere emergenziali, ventiquattro mesi per eseguire i lavori. «I conti non tornano ma bisogna considerare l'inverno, quando non si può lavorare».

Il nuovo percorso dei Serrai è vario: sul terreno, sugli argini, sospeso a sbalzo sule pareti, appoggiato sui muri di sponda. Anche le pavimentazioni sono state studiate per permettere il passaggio di passeggini e carrozzine, comprese quelle dei disabili. E così si passa dalla porta di ingresso a Sottoguda, alle grotte della Prima guerra mondiale, alla grotta naturale dove c'è la statua di una Madonnina, alla nuova area del monumento a Vaia del trevigiano Valentino Moro, in ferro e legno di larice, alla chiesa di Sant'Antonio, alle tante cascate, ai belvedere, alla porta verso Malga Ciapela. In tutto il percorso ci sono solo sei ponti in acciaio, rispetto ai 14 del passato. L'aria fresca scende direttamente dalla Marmolada, si incunea nel canyon e spazza via l'afa di fine luglio, mentre lungo la strada passano i primi visitatori, le autorità convenute per il taglio del nastro, ma anche gli abitanti di Sottoguda e Rocca Pietore e numerosi turisti che sono tornati finalmente a riappropriarsi di uno dei luoghi del cuore più amati delle Dolomiti. Un percorso quello dei Serrai rifatto come avrebbe dovuto essere quando è stato costruito la prima volta: uno scenario naturale restituito alla comunità che ora dovrà agire nel modo giusto per non farlo diventare un luna park, ma luogo dove ammirare le particolarità geologiche e vivere quella vertigine estetica tanto cara ai primi scopritori delle Dolomiti.

Corriere delle Alpi | 1 agosto 2024

p. 2, segue dalla prima

Consegnati al Comune i 20 mila euro raccolti dalla Dolomiti Unesco

Le reazioni

Quando la tempesta Vaia distrusse i Serrai, partì una raccolta di fondi lanciata dalla Fondazione Dolomiti Unesco, con il nome di "Sos Serrai". La cifra raccolta con le donazioni dei cittadini ha superato i 20 mila euro ed è stata consegnata al Comune di Rocca Pietore. «Potrà essere usata», ha detto ieri il presidente della Provincia Roberto Padrin, che è anche vice presidente della Fondazione, «per completare dei lavori di finitura, in particolare alla chiesetta di Sant'Antonio a cui gli abitanti sono legati. È una cifra piccola ma significativa di cosa è stato il movimento di rinascita dopo Vaia».

Al taglio del nastro dei nuovi Serrai di Sottoguda era presente anche il direttore della Fondazione Unesco, Mara Nemela, che si è soffermata sul futuro del territorio. «A noi come comunità resta la responsabilità di operare in maniera cosciente e responsabile». Sull'accesso ai Serrai, sulla futura regolamentazione, Nemela si affida al giudizio delle amministrazioni locali, le uniche che dovranno valutare come agire. «Ci saranno valutazioni tecniche e politiche, a quelle tecniche ci dobbiamo affidare».

I problemi sul tappeto sono diversi, in vista del bando per la gestione dei Serrai che dovrà essere approntato dal Comune: dovrà occuparsi non solo di decidere come accedere al canyon, ma anche come strutturare tutto il complesso tema della manutenzione. Ma quella di ieri è stata prima di tutto una festa, come sottolinea Walter De Cassan, presidente degli albergatori bellunesi: «Un patrimonio meraviglioso è stato recuperato: mi ricordo da bambino quando si passava in macchina da qui per andare a Malga Ciapela, quando guardavo con occhi spalancati queste pareti. Quando nei mesi dopo Vaia vennero presentati i progetti di recupero dei Serrai, io dissi: signori, scegliete il progetto più veloce perché le aziende qui non hanno tempo di aspettare».

Chiudere i Serrai per sei anni ha voluto dire una perdita economica enorme per il settore turistico e alberghiero dell'Alto Agordino, evento quello di Vaia arrivato tra l'altro dopo che Sottoguda era stato inserito nell'elenco dei Borghi più belli d'Italia. Quasi una beffa per una comunità che ha continuato a lavorare e a sperare che i Serrai potessero essere presto riaperti.

Per un mese e mezzo sarà così, anche se solo su prenotazione e per un numero limitato di persone al giorno, 120. «È un cantiere ancora aperto», hanno detto i tecnici. Poi in primavera, finiti gli ultimi lavori, la riapertura a tutti.

Corriere delle Alpi | 1 agosto 2024

p. 2, segue dalla prima

Un tour con il caschetto «Il trenino? Meglio di no»

L'inaugurazione

Luca Zaia arriva all'ingresso dei Serrai di Sottoguda, dove è stato allestito il palco degli interventi ufficiali per la riapertura del sito, e come prima cosa fa spostare le transenne, per dare modo ai turisti e agli agordini di seguire più da vicino la cerimonia. «Una inaugurazione senza il popolo non vale niente», dirà alla fine.

Doveva essere un momento riservato alle autorità e ai media, con discorsi e visita ai nuovi Serrai, in realtà alla fine sono entrati tutti i presenti, caschetto di ordinanza in testa perché quello in definitiva è ancora un cantiere aperto. Ma da oggi e fino al 15 settembre chi vorrà entrare nei Serrai, nella parte già pronta, lo potrà fare grazie a quattro guide adeguatamente istruite, in modo gratuito per ora e su iniziativa delle ditte che stanno ancora lavorando lungo il torrente Pettorina, mentre in primavera, a lavori conclusi, ci sarà una diversa gestione (e un costo), a seconda di cosa deciderà il Comune di Rocca Pietore. «Abbiamo sconsigliato il ritorno del trenino a motore», spiega a margine della cerimonia l'amministratore di Veneto Acque, Gianvittore Vaccari. L'uso di un trenino andrebbe contro la filosofia del restauro paesaggistico che è stato eseguito, su suggerimenti e consigli anche di Cesare Micheletti, della Fondazione Dolomiti Unesco.

È stata quella di ieri una mattinata di ricordi, ma anche di tanti ringraziamenti. I ricordi del 29 ottobre 2018, quando, ha detto l'assessore regionale Bottacin, nel giro di un'ora e mezza ricevette tre messaggi dall'allora sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin. «Il primo: la vedo male. Il secondo: siamo nella m… E il terzo messaggio: mandami l'esercito». «Tutti, in seguito, hanno parlato degli alberi abbattuti, ma quello era l'ultimo problema. Non c'erano più le strade, gli acquedotti, le fognature, i tralicci erano accartocciati, senza luce e telefoni. Qui a Rocca Pietore abbiamo aperto 128 cantieri, quasi tutti finiti, mentre nel Veneto sono stati attivati 2.527 cantieri. Ma il Veneto», ha aggiunto Bottacin, «aveva cominciato a lavorare ben prima del 2018, già nel 2010. La briglia costruita qui sopra a Sottoguda con Vaia è esplosa, ma se non ci fosse stata, ci sarebbero state morte e distruzione in questo paese». Come già accaduto in qualche altra occasione, Bottacin ha rivendicato alla Protezione civile regionale e al suo assessorato le decisioni prese in quei giorni tragici di fine ottobre, attaccando l'ex prefetto di Belluno, Francesco Esposito «considerato da tutti come l'eroe di Vaia per aver fatto chiudere scuole, uffici, fabbriche». Sulle modalità dell'allerta per Vaia e su chi ha preso le decisioni fondamentali per salvare la vita alle persone, ci sono sempre state due versioni molto diverse, quella di Bottacin e quella del prefetto Esposito. Zaia ha messo sul tavolo un po' di numeri: per i Serrai sono stati spesi 13,2 milioni di euro, del «miliardo di euro in tre anni che siamo riuscito ad ottenere». E come? Facendo capire a Roma cosa era avvenuto nel Bellunese. Il presidente ha ricordato le visite di Mattarella, de l presidente del Senato e di quello della Camera, di tanti ministri: «Li ho portati su tutti».

Non c'erano solo i Serrai o intere frazioni di Rocca sommerse dal fango, c'erano 100 mila ettari di bosco distrutti, 3 milioni e mezzo di metri cubi di abeti abbattuti, critiche alla gestione della risorsa legno. Oltre a tutto il resto ricordato da Bottacin. E dunque bravi tutti, la gente di questi paesi, prima di tutto, che si è rimboccata le maniche da subito, le migliaia di volontari, tutte le forze dello Stato, a partire dall'esercito, dai vigili del fuoco, dalla protezione civile.

Ma come sono i nuovi Serrai? Lo ha spiegato Vaccari: «Abbiamo dato al torrente Pettorina la libertà di muoversi nel suo alveo, prima non era così. Abbiamo realizzato un percorso turistico in piena sicurezza idraulica, abbiamo migliorato l'ecologia delle acque, eliminando la vasca imhoff di malga Ciapela e portando via le fognature dal torrente. E abbiamo migliorato anche la viabilità».

DOLOMITI RONDA: IL PROGETTO

Corriere delle Alpi | 21 agosto 2024

p. 12

La Ronda in quota sulle Dolomiti

Visitare gli angoli più belli e desiderati delle Dolomiti, muovendosi a piedi con lo zaino in spalla e utilizzando solo mezzi pubblici per alcuni spostamenti più lunghi; arrivare in quota con gli impianti di risalita e, a sera, soggiornare a fondovalle, in hotel a tre o quattro stelle.

Oggi questo non è più un miraggio, ma un progetto articolato di turismo sostenibile, adatto a tutte le età e a tutte le tasche. Si chiama Dolomites Ronda, il trekking "self guided" su più giorni, una vacanza diversa, a diretto contatto con le vette dolomitiche, promosso da Dolomiti Supersummer, la versione estiva di Dolomiti Superski, ASI-Reisen, portale leader per viaggi attivi e sostenibili in tutto il mondo, le organizzazioni di promozione territoriale IDM Südtirol e Trentino Marketing, nonché alcune valli delle Dolomiti interessate al progetto. «Trascorrere la giornata in quota e pernottare in valle, usufruendo di un'assistenza professionale a 360 gradi», sottolinea Andy Varallo, presidente di Dolomiti Supersummer, «è uno dei trend del momento in ambito escursionistico. L'appassionato di montagna può così concentrarsi sull'ambiente meraviglioso che le nostre montagne offrono in quota, al resto ci pensa l'organizzazione».

Ma come funziona? Si tratta di un giro a tappe delle Dolomiti studiato per combinare il piacere di essere immersi nella natura, seguendo tracciati segnati e godendo di panorami ineguagliabili che sono Patrimonio mondiale Unesco, senza dover però rinunciare alle comodità di un pernottamento in paese, con tutti i comfort a portata di mano. Questo anche perché i rifugi in quota sono pochi e con posti limitati, perciò difficili da prenotare, se non con largo anticipo.

Il primo circuito

È partito da pochi giorni il primo percorso trekking della Dolomites Ronda: 5 tappe giornaliere nelle valli centrali delle Dolomiti, dislocate nelle province di Bolzano (Alpe di Siusi, Alta Badia e Carezza-Val d'Ega) e Trento (Val di Fassa). Poi partirà il giro di Fiemme, che comprende Fiemme, San Martino e San Pellegrino; quindi il giro di Cortina, che comprenderà anche le Tre Cime di Lavaredo. È poi il turista, in base a esperienza, curiosità, abilità, forma fisica e condizioni meteo a decidere giorno per giorno, confidando anche sulla consulenza della guida, quale itinerario affrontare, considerando la lunghezza e le difficoltà tecniche; per chi lo desidera sono previste anche ferrate, sempre al seguito di un esperto qualificato per garantire il massimo della sicurezza. Si va dalla variante facile a quella mediamente impegnativa o a quella a carattere "alpino", che prevede anche passaggi più esposti, più dislivello e, come detto, qualche via ferrata. In ogni caso, il cliente provvede in proprio a portare l'attrezzatura di sicurezza più adatta al tracciato scelto. E i bagagli si trovano in albergo Nel frattempo, l'organizzazione che fa capo ad ASI-Reisen provvede a prenotare gli alberghi scelti dal cliente tra quelli disponibili secondo le partnership avviate, a trasportare i bagagli dall'inizio tappa all'hotel successivo; fornisce tutta la documentazione di viaggio con info, tragitti, dati; mette a disposizione la app dedicata, fruibile anche offline, e naturalmente offre l'assistenza telefonica h24 in caso di necessità.

L'offerta sul sito

L'itinerario "Dolomites Ronda" è acquistabile direttamente dal sito internet www.dolomitesronda.com. ASI-Reisen funge da centro prenotazioni ufficiale: è possibile scegliere lo slot temporale nel quale sono disponibili gli hotel partner (categoria 3 o 4 stelle a scelta) e il numero di partecipanti. Nel prezzo del pacchetto sono inclusi 5 pernottamenti nelle strutture selezionate, 5 colazioni e 5 cene, i trasferimenti secondo il programma di viaggio, il trasporto bagagli da un hotel al successivo, il libro viaggio di ASI, l'utilizzo dell'app dedicata con materiale informativo per il viaggio. È compresa anche la Supersummer Card speciale con un credito di 1.200 punti per l'utilizzo degli impianti di risalita contemplati nel programma di viaggio. Il pacchetto "Dolomites Ronda" è acquistabile a partire da 1.300 euro a persona.

Dolomiti Supersummer

Il progetto nasce anche dalla volontà del Dolomiti Superski di mettere a disposizione dei turisti estivi oltre 140 dei più di 400 impianti di risalita in attività nella stagione invernale. Dal 2014 è nato, infatti, il Dolomiti Supersummer, focalizzato sulle Dolomiti in primavera, estate e autunno, con una vasta offerta di impianti di risalita aperti e a disposizione di chi ama la montagna e vuole avvicinarsi a questo mondo raggiungendo le quote più alte senza faticare eccessivamente, per poi poter fare escursioni attorno alle vette più prestigiose. Dolomiti Supersummer è suddiviso in Dolomiti Bike Galaxy (per gli amanti delle ruote grasse) e Dolomiti Hike Galaxy (il mondo di chi vuole scoprire la montagna a piedi).

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