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NOTIZIE DAI RIFUGI

Nemela: «Lavorare assieme agli altri territori consente alle popolazioni di montagna di uscire da una certa marginalità».Ma la serata di Valdobbiadene ha vissuto anche (e soprattutto) di suggestioni, dal primo bacio della storia dell'arte, nella Cappella degli Scrovegni, evocato dall'assessore Colasio, alla più prosaica Villa Carlotta sul lago di Como, ricordato da Montedoro come la più recente «bellezza» vista di persona. E di bellezza s'intende Mara Nemela, dal privilegiato osservatorio sulle Dolomiti. È il sito, fra i tre sul palco, che da più tempo gode del marchio Unesco; cos'ha insegnato finora questa esperienza? «Che la bellezza passa per il filtro della conoscenza dei luoghi e l'importanza scientifica» risponde Nemela, «il paesaggio non è una cartolina ma un'entità da proteggere con un incessante lavoro delle popolazioni, che devono trasmetterne la vera essenza. Essere patrimonio Unesco vuol dire svelare bellezza ma soprattutto rendere il proprio territorio riconoscibile anche per le popolazioni locali. La cura dei luoghi è un cardine per le Dolomiti e per qualsiasi altro sito». --a.d.p.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 4 Luglio 2021

p. 19

Stenta a decollare l'estate del VII Alpini «Pochi escursionisti»

Fabrizio Ruffini BELLUNO Rinnovato e attivissimo, ma ancora con troppi pochi visitatori. Stenta a decollare la stagione al rifugio VII Alpini di proprietà del Cai di Belluno: i sentieri sono ancora poco battuti dagli escursionisti, per lo più italiani, e molto raramente si incontra qualcuno interessato a fermarsi per la notte. «Parliamo di un fondamentale presidio territoriale ai piedi della Schiara, una zona che sarebbe estremamente selvaggia senza la presenza e la passione dei gestori del VII Alpini», commentano dal Cai, «dobbiamo essere tutti vicini a questo luogo, terminando qui una bella passeggiata e sostenendolo al meglio per la stagione».A gestire il rifugio ci sono Lara Forcellini e il suo staff, che negli ultimi mesi hanno visto trasformarsi l'edificio, con gli importanti ammodernamenti portati dal Cai di Belluno grazie al contributo dell'Ente Parco. Da poche settimane, infatti, sono stati sostituiti tutti gli infissi con modelli di uguale colore, ma tenuta ben maggiore, in modo da migliorare il confort degli ospiti; inoltre sono stati ripensati anche gli spazi interni del rifugio, con lo spostamento del bancone e una miglior disposizione dei servizi, in modo da far sentire subito a casa anche l'escursionista che per la prima volta si trovi a varcare la soglia in cerca di riparo o di un pasto caldo.«Purtroppo però, per il momento non c'è ancora un gran movimento su sentieri e ferrate», spiega Forcellini, «chi è abituato ad andare in montagna si porta il pranzo da casa, ma soprattutto ce ne sono pochissimi che si fermano a dormire, cosa che per noi rappresenta il grosso del lavoro».Il rifugio può ospitare oltre cinquanta persone, ma le camerate al momento sono semi-deserte e il problema non sembra proprio essere il Covid: «L'idea che ci siamo fatti», continua la titolare, «è che la gente preferisca sempre di più i posti comodi da raggiungere. Il VII Alpini è il premio per chi fa la fatica di arrivare fin quassù ed evidentemente ci sono sempre meno persone disposte ad affrontare questo tipo di escursioni».La speranza, però, è sempre l'ultima a morire. Il rifugio quest'anno ha aperto leggermente in anticipo rispetto all'anno scorso, che comunque aveva fatto registrare un'ottima affluenza, anche se distribuita quasi esclusivamente nei weekend: «In passato l'80% dei nostri clienti era straniero, che per il momento si vedono ancora raramente. Le previsioni che facciamo è che si possa vivere qualcosa di simile anche quest'anno, magari da metà luglio in poi, anche se con numeri più ridotti», conclude Forcellini, «se andrà meglio sarò ben contenta di essere smentita». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 4 Luglio 2021

p. 19

Il nuovo bivacco Sperti pronto a volare fino alla Pala Belluna

BELLUNO È pronto a volare in vetta il nuovissimo bivacco Sperti, appena consegnato alla sezione Cai di Belluno dalla ditta Bortoluzzi di Alpago.La sostituzione della vecchia struttura con una più moderna e sicura avverrà nei prossimi giorni, grazie all'utilizzo dell'elicottero, sancendo così l'ultimo atto di un lungo lavoro portato avanti dal club alpino nell'ultimo anno per migliorare lo stato di uno dei suoi gioielli storici. Il rifugio d'emergenza, posizionato sullo zoccolo della Pala Belluna della Schiara, è da sempre tra i più amati dagli scalatori dolomitici, grazie alla vista spettacolare che offre, e attendeva da tempo un restyling che ne migliorasse la tenuta termica e la sicurezza. «Il

vecchio bivacco era messo in condizioni precarie oramai da tempo ed era venuto il momento di sostituirlo», spiegano dal Cai, «quello nuovo è completamente coibentato e costruito con materiali migliori. Pensiamo alla finestra in doppio vetro e al legno utilizzato per rivestirne l'interno».Nel frattempo, la vecchia struttura è già stata smontata e portata a valle nei giorni scorsi, ma questo non vuol dire che verrà gettato, anzi, si avranno presto novità di quella vecchia casetta di metallo rossa che è stata testimone di tante imprese di alpinisti da tutto il mondo e che ha sicuramente salvato tantissime vite proteggendo dal freddo e dal maltempo chi in passato si è fatto sorprendere in quota. --f.r.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 6 Luglio 2021

p. 15

Una partenza soft per l'estate dei rifugi «Ma con il bel tempo facciamo il pienone»

Francesco Dal Mas BELLUNO Rifugi al rallentatore. Causa il meteo, in prima istanza, e la neve sulle Alte Vie. L'ultimo weekend l'ha testimoniato. Dai 2 mila metri in su, la giornata di sabato prometteva il tutto esaurito per la domenica. Invece, ecco la delusione. «I meteo commerciali, troppo improvvisati, sono la nostra rovina», protesta Carlo Budel dai 3180 metri della Capanna Punta Penia. «Domenica abbiamo ricevuto la tormenta di neve, ma nel tardo pomeriggio; durante la giornata si poteva salire. Invece non si è visto quasi nessuno. I veri escursionisti, per non dire degli alpinisti, dovrebbero consultare solo le previsioni Arpav di Arabba».Ai piedi del Pelmo, sopra la Val Fiorentina, in comune di Selva di Cadore, Mario Fiorentini coordina i gestori di una quarantina di rifugi del Veneto dal suo "Città di Fiume". «Arrivi e presenze sono decisamente al di sotto delle aspettative», ammette. «Ritenevamo che il boom dell'estate scorsa si ripetesse già in giugno. Non è così per i rifugi alpini, vanno bene solo quelli di prima fascia, più vicini alla pianura». Fiorentini è comunque convinto che già nelle prossime settimane il trend possa riequilibrarsi. «L'importante è che il tempo si stabilizzi. O meglio che diventino meno ballerine le previsioni meteo», aggiunge. Fiorentini confida che «quasi quasi c'era più gente, con la neve, lo scorso febbraio, quando il Veneto si è posizionato in giallo prima del nuovo lokdown».«Sì, di gente ce n'è di meno dell'anno scorso, ma solo perché alle nostre quote, lungo l'Alta Via n.2, c'è ancora molta neve e per attraversare i canaloni, fino alle Pale di San Martino, ci sono dei tratti con le funi che solo da qualche giorno stanno riemergendo», testimonia, al rifugio Volpi sul Mulaz, sopra Falcade, Sebastiano Zagonel, che lo gestisce con la moglie Beatrice. «Certo, incidono le previsioni meteo, che spesso sono improprie, ma quando il tempo è bello, come sabato e quest'oggi (ieri per chi legge, ndr) noi facciamo davvero il pieno. C'è tanta voglia di salire in montagna e quest'anno abbiamo notato con soddisfazione anche una gioventù performante, tra l'altro attrezzata». Gli stranieri? Tedeschi, austriaci, olandesi; ancora nessun inglese, qualche americano, ma non come le altre estati.Alle Tre Cime la situazione è diversa. Ci sono anche francesi, spagnoli, cecoslovacchi, oltre ai tedeschi. E non solo escursionisti, ma anche scalatori, che si cimentano sulla Trinità. «Sì, siamo soddisfatti di questa ripartenza», ammette Enrica Vecellio, del rifugio Lavaredo, «ma fino al 30 giugno, a causa della strada inaccessibile, abbiamo lamentato perdite ben superiori al 50%». In questi giorni il lago Sorapis non potrebbe essere più turchino, mentre dall'alto lo osserva il ghiacciaio che si è rigenerato con le abbondanti nevicate dell'inverno e della primavera. «Non ci lamentiamo, stiamo vivendo giornate fotocopia di quelle di un anno fa. A mezzogiorno, s'intende, perché i pernotti ancora sono pochi, dal momento che la neve non permette le grandi traversate», informano i gestori Emilio Pais e la moglie. «Come l'estate scorsa siamo raggiunti da tanti giovani, che però troviamo più educati. Il risultato è che la sera di rifiuti, intorno al lago, ne raccogliamo, ma meno di un anno fa». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 6 Luglio 2021

p. 15

Lunelli e Berti senza telefono Il Torrani aprirà a metà mese

COMELICO SUPERIORE Quando non c'è la neve a impedire l'accesso ai rifugi, come nel caso del Torrani, sopra il Civetta, che aprirà solo a metà mese, c'è il telefono a creare difficoltà enormi di gestione. Il rifugio Lunelli, in fondo alla Valgrande, e il rifugio Berti, che lo sta a guardare da sotto il passo della Sentinella, sono privi di telefono fisso dallo scorso maggio. Prima hanno provato a sollecitare la Telecom per porre rimedio al disservizio, poi i gestori si sono rivolti ai carabinieri. «Ma la Telecom», protesta Bruno Martini, gestore del Berti, «non si è fatta ancora sentire. Eppure, noi siamo nel pieno della stagione».Da tener presente che la copertura col telefono mobile è solo parziale su quell'anfiteatro circondato da alte vette. Il Berti ha aperto solo dal primo luglio; escursionisti e alpinisti, però,

si sono fatti vedere numerosi, anche dall'estero. «Non ci lamentiamo affatto», afferma Martini -, però non riusciamo a raccogliere le prenotazioni». Importante la novità introdotta dal comune di Comelico Superiore, questo fine settimana: di sabato e domenica i parcheggi del Lunelli sono inaccessibili, però funziona una comoda navetta dalla piazza di Padola e dal parcheggio all'ingresso della Valgrande. Il servizio, nel mese di agosto, sarà quotidiano, per cui al Lunelli non si potrà sostare durante tutta la settimana. Quanto alla neve, questa impedisce ancora di percorrere lo storico itinerario della "Strada degli alpini", se non per una parte. Difficoltà di accesso anche ad altre ferrate. Sul Civetta rimarrà chiuso ancora per due settimane il rifugio Torrani. «Lassù c'è troppa neve», testimonia il gestore, Venturino De Bona, «aprirò verso il 15 luglio. Prima è assolutamente pericoloso avventurarsi, c'è ancora della roccia ghiacciata». Di solito il Torrani apriva nei primissimi giorni di luglio. Quanto mai breve, dunque, la stagione dell'accoglienza ai 3000 metri della Civetta. --Fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 7 Luglio 2021

p. 15, edizione Belluno

Dolomiti, serve un cambio di rotta

«Ogni anno cerchiamo di tenere vivo lo spirito di Dolomiti senza Confini, lo scorso anno abbiamo potuto fare solo un evento a distanza usando Facebook. Quest'anno torniamo in presenza anche se non in rifugio, ma a fondo valle»: Bepi Monti, gestore del rifugio Carducci, uno dei pochi raggiungibili solo a piedi, spiega così l'appuntamento di sabato a Dosoledo di Comelico Superiore quando alle 18 nella sala polifunzionale della locale scuole elementare sarà protagonista ancora una volta la montagna con le tematiche che tanto gli stanno a cuore. Ripensare i confini della montagna e l'approccio etico allo sfruttamento delle sue risorse, questo il tema dell'incontro che nella conduzione è stato affidato a Luca Calvi, traduttore e storico dell'alpinismo dolomitico, che dialogherà con don Luigi Ciotti, religioso ed attivista per i diritti umani e contro le mafie, fondatore del Gruppo Abele e di Libera.

A VALLE

Per avere ospite don Ciotti Monti ha deciso di non fare l'incontro in quota, «c'è ancora troppa neve a nord, arrivare in rifugio è molto impegnativo», assicura; di fatto il progetto Dolomiti senza Confini ha colpito il fondatore di Libera. In Comelico perchè da ben 48 anni è gemellato con l'austriaca Kartitsch, ogni anno per celebrare la pace, le delegazioni delle due municipalità transfrontaliere salgono alla croce sul monte Cavallino a portare un fiore. Sabato con don Ciotti dialogheranno Fausto De Stefani, alpinista himalayano ed attivista per la cooperazione con le realtà economicamente o socialmente ai margini; Lucio Cavazzoni, presidente di Good Land, esperto di etica, economia ed ecologia dell'alimentazione; Alessandra Buzzo, presidente della Cooperativa Sociale Cadore; Daniel Rogger, guida alpina di Sesto Pusteria autore del volume Dolomiti senza confini. L'alta via ferrata dolomitica che annulla i confini, edizioni Versante Sud; Gianandrea Mencini, scrittore, autore del libro Pascoli di carta. Le mani sulla montagna, edito da Kellermann. Mencini ha svolto un'indagine alla scoperta di alcune contraddizioni e problematicità che accomunano la gran parte del settore montano italiano. In seguito ad una riforma del 2003 della Politica agricola comunitaria, i sostegni dedicati a questo comparto hanno infatti subito un cambiamento di rotta, consentendo a molti di accedere ai fondi europei senza rispettare quello che dovrebbe implicitamente essere l'obiettivo finale, ovvero la salvaguardia ambientale. Ciò che emerge dall'analisi di Mencini è un sistema consolidato e capillare di frodi legate al mondo dei pascoli montani, che interessa l'intero territorio nazionale. Dove non c'è il coinvolgimento della criminalità mafiosa in senso stretto, si ravvisa una diffusa mafiosità dei comportamenti scrive nella prefazione don Luigi Ciotti. A Bepi Monti Fabbro, ideatore e creatore del progetto Dolomiti senza Confini il compito di trarre le conclusioni. Giuditta Bolzonello © riproduzione riservata

Corriere delle Alpi | 9 luglio 2021

p. 20

Anche il Vazzoler ha seri problemi «Danni alla linea, Telecom non interviene» Rifugi, segnali di fumo per comunicare «Telefoni fuori uso»

Il caso Francesco Dal Mas «I rifugi sono o no un presidio di sicurezza, un avamposto dei soccorsi?». Se lo chiede Doris Corrazza, della Val di Zoldo, che ha in gestione uno dei più frequentati rifugi dolomitici, il Vazzoler. Ancora non può contare sul telefono fisso. Luca de Zordo, Gestore del Coldai, ha dovuto tirarsi da sé il filo sostitutivo di quello interrotto in più punti dal maltempo. Bruno Martini, dal Berti in Comelico ha chiamato perfino le Forze dell'Ordine perché la Telecom ripristinasse il servizio. Ancora niente. E la stagione si è già avviata.L'anno scorso anche il Torrani, a 3 mila metri del Civetta, è rimasto privo di linea fissa, eppure questo è davvero un "nido d'aquila", dove il collegamento è indispensabile. La signora Corrazza le ha provate proprio tutte perché chi di dovere sostituisse il filo danneggiato dalle

nevicate dell'inverno e della primavera. «Dapprima ho chiamato degli operai perché provvedessero a riparare la linea. Sono riusciti a rabberciarla in 4 o 5 punti, poi hanno desistito perché l'ambiente era impervio. Abbiamo quindi chiamato la Telecom. Si sono presi nota ma non li abbiamo più visti. Allora è stato il Cai di Conegliano, che ha la proprietà del rifugio, a sollecitare. Niente da fare. Siamo stati in Comune a Taibon, si sono mobilitati prontamente, ma anche loro non hanno ricevuto un riscontro. Solo di recente, a seguito delle mail in pec che sono state recapitate a Telecom, ci è stato detto che si farà il possibile per una ricognizione in elicottero lungo la linea per scoprire dove è interrotta». E poi? «Speriamo che si intervenga, ma intanto saremo a stagione inoltrata, se non in conclusione della stessa».Per fortuna che al Vazzoler arriva la corrente elettrica che permette ad internet di funzionare, tuttavia a singhiozzo, La signora Doris si è attrezzata col figlio universitario rimasto a casa, nello Zoldano, per raccogliere le prenotazioni e trasmetterle nel tardo pomeriggio alla mamma. «Ho studiato anche il modo di arrangiarmi come ha fatto il collega del rifugio Coldai, che ha tirato il filo a terra, provvisoriamente, per ripristinare il servizio. Ma nel nostro caso», spiega Corrazza, «non sipuò fare perché bisogna superare anche delle voragini ed è pericoloso».Dall'altra parte della montagna dolomitica, sotto le Marmarole, Canzan del Chiggiato ammette che questa è una problematica che si ripete, ad ogni estate, in misura sempre più grave. «Quando ci affidiamo ai fili del telefono, non passa nevicata che non accada qualcosa e purtroppo la Telecom ha tempi d'intervento che non sono compatibili. Ma anche i classici ponti radio stanno diventando inaffidabili. In tanti casi la stessa Telecom ci dice che non ha i pezzi di ricambio. Quindi bisognerà ricorrere alle moderne tecnologie, almeno là dove è possibile».Si ritorna al punto di partenza. Se i rifugi sono dei presidi, gli appelli dei Comuni, del Cai, soprattutto del Soccorso alpino, non possono rimanere disattesi. I rifugisti, in queste condizioni, non si accollano responsabilità di mancate chiamate. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 11 luglio 2021

p. 38

Dopo Sekou arriva Seydou: in rifugio l'inclusione raddoppia

LA STORIA Il rifugio Carducci non lascia ma raddoppia, confermandosi "capitale" di accoglienza ad alta quota. Non solo Sekou: da quest'anno al lavoro all'interno della struttura situata in alta val Giralba all'ombra della maestosa Croda dei Toni ci sarà anche Seydou. Amici africani, accomunati da un lungo viaggio che dopo mille peripezie ed altrettante fatiche li ha visti, da Lampedusa, una volta scesi da uno dei tanti barconi della fortuna che quotidianamente solcano il Mediterraneo, raggiungere prima l'Alpago e poi Auronzo. Era l'anno 2017. Insieme hanno vissuto sulla propria pelle di colore stenti e diffidenza. Senza mai arrendersi, credendo in un futuro migliore. Che, per chi sa aspettare, alla fine arriva puntuale. Merito di Bepi Monti e del suo socio Alessio Parrinello che hanno deciso di assumerli entrambi in rifugio, dove si fatica dall'alba al tramonto a 2300 metri d'altezza. Che, per due africani, significa "roba dell'altro mondo" . Sekou prima, Seydou poi. La storia di Sekou Samateh è già nota: gambiano ventenne, ha iniziato a lavorare al Carducci come lavapiatti per scoprire presto di essere bravo nel fare pizza e pane. Reminiscenze di una vecchia passione risalente ai suoi anni in Gambia e messa a frutto ai 2300 metri del Carducci sotto la spinta dell'amico Bepi Monti che ha deciso di dargli una chance dopo averlo conosciuto per le strade di Auronzo, ospite della locale struttura d'accoglienza. Sekou ha fatto strada e adesso sogna un futuro da chef. Nel frattempo ha maturato altre esperienze professionali durante l'inverno, altrove perche il Carducci, con la neve, diventa off limits. Detto di Sekou, quest'anno è stata la volta di Seydou Konate, assunto dal Carducci come lavapiatti.Un'altra "trovata" di Bepi Monti, avallata senza indugi dal giovane socio Alessio.Seydou non parla bene l'italiano, arriva dal Mali ed ha trent'anni, dieci in più di Sekou che fa da traduttore per raccontare la sua storia.«Seydou è arrivato insieme a me, in Italia, nel 2017. Abbiamo viaggiato, seduti uno al fianco dell'altro, su un barcone della speranza. Abbiamo temuto di non farcela ma non abbiamo mai perso le speranze. Seydou è sposato ed ha due figli», racconta ancora Sekou, «ma non vede la sua famiglia da tredici anni. Io da cinque. Ha già lavorato in un bar ad Auronzo e da quest'estate è arrivato quassù a darci una mano. Si è subito ambientato bene. Seydou si trova bene ad Auronzo, gli piace la montagna. Un po' come al sottoscritto. I nostri sogni? I suoi non so, immagino vorrà tornare quanto prima in Mali per riabbracciare la moglie ed i suoi figli. I miei? Anch'io vorrei un giorno tornare in Gambia ma solo per un breve periodo di vacanza. Ora la mia vita è qui in Italia, qui ad Auronzo tra le montagne. Qui sono felice».Dei due parla anche Giuseppe Monti. Dietro la barba bianca e lo sguardo da "montanaro" si cela il buon cuore di chi ha deciso di aprire le porte del suo rifugio non ad uno ma a due migranti.«Seydou nei giorni scorsi ha aiutato me ed Alessio a sistemare un sentiero qui in zona», ha rivelato Bepi, «si muove con disinvoltura, anche sulla neve. Sekou ormai è un veterano, fa su e giù lungo i sentieri della val Giralba ed all'occorrenza si trasforma anche in guida turistica». --gianluca de rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 16 Luglio 2021

p. 12, edizione Belluno

Nuvolau rush finale per aprire a fine mese

CORTINA D'AMPEZZO Il rifugio Nuvolau non è ancora aperto, in cima alla montagna che sovrasta la conca d'Ampezzo e l'Alto Agordino, ma almeno un panino e una bevanda si possono trovare, in un punto di ristoro. «I lavori di straordinaria manutenzione sono in corso, confidiamo che possano terminare alla fine di luglio, al massimo nei primi giorni di agosto, ma intanto siamo quassù e qualche cosa riusciamo a offrire a chi sale: un panino con la salsiccia e qualcosa da bere. Siamo riusciti a organizzare una griglia all'aperto, nelle giornate di buon tempo, in attesa di poter iniziare ad accogliere le persone all'interno», dice Emma Menardi, la giovane ampezzana che ha ottenuto la gestione dello storico rifugio, dalla sezione di Cortina d'Ampezzo del Club alpino italiano, che è proprietaria del Nuvolau, costruito nel 1883. SI LAVORA TUTTO IL GIORNO «Io ormai vivo quassù da oltre un mese continua Emma, 27 anni anche perché è necessario garantire l'alloggio e la mensa agli operai dell'impresa edile che sta realizzando i lavori. Lavorano tutto il giorno, dalle prime luci del mattino sino a sera. Siamo ancora in mezzo al cantiere, non sappiamo quando riusciremo ad aprire il rifugio, speriamo davvero che sia presto». OPERE INIZIATE A GIUGNO I lavori dell'impresa sono iniziati lunedì 14 giugno, quando è stato possibile salire ai 2.575 metri della cima del Nuvolau, liberata dalla neve a mano, con l'intervento dei familiari di Emma e dei volontari del Cai, che hanno anche liberato i locali interni, dove si deve intervenire. Di quest'opera si è parlato nella recente assemblea della sezione. Le pratiche edilizie sono state perfezionate nel corso del 2020. E' stato previsto l'abbattimento di opere realizzate negli anni Settanta, in difformità; le indicazioni della Soprintendenza hanno indotto a demolire un'aggiunta, sull'angolo nord ovest, per la successiva ricostruzione. E' prevista anche la sostituzione dell'attrezzatura della cucina, con un costo di 36mila euro. Nel bilancio di previsione 2021 è stato indicato un costo complessivo di 130mila euro; l'intervento è in parte coperto da contributo del fondo rifugi del Cai centrale, per 70 mila euro. Emma Menardi Diornista, nel soprannome ampezzano di famiglia, ha concorso al bando aperto dal Cai, per la gestione del Nuvolau, assieme a oltre 250 altre domande; è stata scelta a maggioranza, dal consiglio direttivo, per subentrare alla famiglia di Mansueto Siorpaes e Jo Anne Jorowski, che hanno lasciato quel rifugio dopo averlo gestito per 47 anni. A loro è stato consegnato un riconoscimento del Cai, per quanto hanno fatto e per come sono riusciti a rappresentare un simbolo della accoglienza in montagna. Marco Dibona © riproduzione riservata

L’Adige | 24 luglio 2021

p. 30

Il rinnovato Rifugio Boé connesso con banda ultralarga

CANAZEI Tim ha attivato il primo collegamento satellitare a banda ultralarga in alta quota in un rifugio montano. Protagonista di questo record è il Rifugio Boé situato nel comune di Canazei a 2.873 metri d'altitudine, nel versante del Trentino Alto-Adige delle Dolomiti.È la prima volta in Italia che si effettua un collegamento in un rifugio a quasi 3.000 metri in quota attraverso la tecnologia satellitare, realizzato da Tim grazie alla partnership con Eutelsat Communications.Questo nuovo servizio offre la possibilità di navigare con la banda ultralarga sfruttando la capacità del satellite Konnect di Eutelsat riservato a Tim in esclusiva per il territorio italiano, con l'obiettivo di portare la connettività anche nelle zone più remote.L'eccezionalità dell'intervento al Rifugio Boè, effettuato con la collaborazione di Dolomites Network, è dovuta anche alle caratteristiche orografiche del territorio e alla logistica del rifugio situato nel centro del Gruppo montuoso del Sella. Per poter connettere la struttura è stato necessario l'utilizzo di un elicottero, dell'intervento di personale altamente specializzato Tim e del supporto tecnologica del Consorzio Tecnologie Avanzate locale.Il collegamento del rifugio Boè è già pienamente operativo e garantisce una connessione in download di 50 MB, che date le caratteristiche della località, rappresenta un traguardo importante che aumenta la sicurezza delle persone che abitualmente frequentano l'area per escursionismo, attività sportive e turistiche e rappresenta un'opportunità di ulteriore sviluppo per il territorio locale.

Corriere del Trentino | 24 Luglio 2021

p. 3

Pessimismo ad alta quota «Rifugi, sarà il caos»

«prevedo un gran caos». Lorenzo Ognibeni è il gestore del Rifugio Sette Selle, e oltre alla preoccupazione esprima anche un po’ di rabbia: «Dicono tanto che il turismo è il volano dell’economia, ma fanno di tutto per renderci la vita impossibile. Già ci sono le limitazioni dei posti, ora anche la discriminazione del Green Pass». E Ognibeni usa proprio questa parola: «Ma è così, perché chi sceglie di non vaccinarsi non avrà le stesse possibilità di chi si è vaccinato. E in ogni caso, un Rifugio non è un semplice ristorante dove uno può decidere anche di non entrare: questo è un presidio – sottolinea – un posto in cui si accolgono gli escursionisti che non riescono a

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