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STRUTTURE OBSOLETE IN ALTA QUOTA
Investitori russi sul Giau: «70 camere e una piscina»
COLLE SANTA LUCIA Settanta camere, due ristoranti, una piscina interna e una esterna, un parcheggio sotterraneo, cento addetti, trecentosessantacinque giorni di apertura all'anno. Questi i numeri che descrivono sinteticamente il piano di recupero dell'ex albergo Enrosadira del passo Giau che prevederebbe la nascita di un hotel 5 stelle luxury. A monte, un investimento da 20 milioni di euro da parte di una società russa e 24.500 metri cubi di volume distribuiti fra tre edifici con due piani fuori terra e tutto il resto sotto. A presentare lo studio di fattibilità alla popolazione, sabato sera nell'ex scuola del paese, gli architetti che fanno capo allo studio di fama internazionale Milan Ingegneria che da due anni sta approntando tutte le verifiche del caso per dar vita a un progetto che rispetti al massimo il delicato contesto ambientale e paesaggistico.
LA PRESENTAZIONE
«Il promotore dell'iniziativa - ha spiegato l'architetto Benedetta Abbottoni - nei suoi giri tra le amate Dolomiti si è innamorato di passo Giau. E nel vedere l'ex albergo Enrosadira nel pesante degrado in cui si trova ha iniziato a cullare il sogno di ristrutturarlo. Ha così commissionato uno studio di mercato, sulla base di domanda e offerta, per comprendere quale struttura ricettiva mancasse in zona: ne è uscito un hotel 5 stelle luxory che non andrebbe a sovrapporsi alle forme di ospitalità esistenti. I ruderi esistenti, dopo anni di abbandono, risultano irrecuperabili e va quindi prevista una nuova struttura organica con la realtà circostante. Resterebbe aperta tutto l'anno e darebbe da lavorare in maniera continuativa a un centinaio di persone tra ristorazione, pulizie, giardinaggio, manutenzione. Inevitabili, al contempo, le ricadute positive sull'indotto. Non sarà un'isola con vita a sé: al contrario avrà costanti legami con Colle. Ad esempio, pensavamo di attivare un bus navetta elettrico che faccia la spola tra il Giau e il paese più volte al giorno. La gestione sarà affidata a una delle società più importanti al mondo nell'ospitalità di questo livello».
L'ITER
A ripercorrere le prove di rinascita dell'ex Enrosadira è stato l'architetto Pollazzon: «Questo edificio dei primi anni 70 con 16 camere è chiuso da molti anni. Dopo un tentativo di valorizzazione da parte di una società non andato però a buon fine, dal 2010 è completamente abbandonato. E prima vari atti vandalici, poi Vaia e ora di recente le copiose nevicate hanno contribuito a renderlo definitivamente degradato e pericoloso. L'idea è di dar vita, su tre quote diverse, ad altrettanti blocchi in pietra, espressione delle formazioni rocciose tipiche della morfologia dell'area, caratterizzata da massi erratici dell'era post glaciale. A valle sono previsti i corpi che ospiteranno le camere mentre più a nord quello dei servizi. Personalmente ritengo questa iniziativa molto importante per il territorio perché potrà diventare un polo attrattore e trainante per la crescita di Colle e dintorni». «Si tratta di un progetto - ha aggiunto l'ingegner Maurizio Milan, titolare dell'omonimo studio nonché docente universitario - che riserva il massimo riguardo all'ambiente circostante nonché alla cultura locale. Rispetto al terreno ci alzeremo di due piani, circa 6 metri. Molto si svilupperà nel sottosuolo, come ad esempio il parcheggio o i locali di servizio. Stiamo pensando, tra le altre cose, all'interramento della linea elettrica. Inoltre, faremo ricorso a fonti energetiche naturali. Siamo in fase di fattibilità, da elaborare assieme, aprendoci a un confronto con Amministrazione e comunità. Inoltre va ricordato che la Soprintendenza, a tutela del paesaggio, avrà sempre e comunque l'ultima parola».
GLI INTERVENTI
«Ciò che vorremmo - ha sottolineato il sindaco di Colle Santa Lucia, Paolo Frena - è che questo progetto, che va a inserirsi in un ecosistema fragile e delicato, sia all'insegna di equilibrio, sostenibilità e armonia. Rispettoso dei nostri aspetti antropologici. Non vorremmo mai, tanto per capirci, forme di speculazione che Colle negli anni 80 ha purtroppo conosciuto molto bene. Tanto più in previsione delle Olimpiadi». «Colle - ha sottolineato l'assessore Maurizio Troi - ha necessità di migliorare la qualità del proprio turismo e con essa la rete dei servizi che ne potrà nascere». Tra il pubblico condivisa la bontà del progetto, per le ricadute positive che ne avrebbe per la comunità e il territorio in termini turistici e commerciali. Ma non sono mancate perplessità, come ad esempio l'impatto dei 24.500 metri cubi previsti rispetto agli attuali 4mila. E poi delle richieste: «L'edificio, una volta realizzato, deve restare albergo e non deve diventare residence con appartamenti». Da parte dei progettisti la rassicurazione che «l'accordo di programma con il Comune sarà chiaro e ben definito».
Corriere delle Alpi | 14 Marzo 2021
p. 18
Cemento in alta quota e strutture obsolete Mappati tutti i ruderi
Francesco Dal Mas CORTINA Non sono soltanto quelli del ghiacciaio della Marmolada i siti obsoleti delle Dolomiti. Lo Iuav di Venezia ne ha certificati, per conto della Fondazione Dolomiti Unesco, ben di più, una cinquantina soltanto sulla montagna bellunese: dai resti delle vecchie sciovie alle case cantoniere, dalle teleferiche al alberghi e ristoranti abbandonati, da ponti non più in uso a cave di pietra dismesse. La certificazione è stata fatta dal Dipartimento di culture del progetto dell'Università Iuav di Venezia (responsabile scientifica Viviana Ferrario, assegnista Chiara Quaglia). «Non appena disporremo della nuova direzione», tiene a far sapere Mario Tonina, presidente della Fondazione, «riprenderemo in mano questo capitolo e formuleremo delle ipotesi di intervento da suggerire agli enti locali e ai privati che hanno in carico questi beni. In taluni casi si tratta di una bonifica, in altri di una possibile rigenerazione, come è avvenuto per l'albergo al passo Tre Croci e la casa cantoniera di Cortina».In ogni caso, la Fondazione ha tutta l'intenzione di proseguire, approfondendolo, il lavoro di ricerca. La Fondazione Dolomiti Unesco ha infatti condotto, su specifica richiesta dello Iucn, l'Unione internazionale per la conservazione della natura, l'attività legata alla «catalogazione delle strutture obsolete», in quanto disvalori da rimuovere per conservare i valori universali del Whs, World heritage sites.L'esito è stato sottoposto ai valutatori dell'Unesco a Parigi, che l'hanno trovato di estremo interesse. La ricognizione, peraltro, è avvenuta anche all'esterno dell'area strettamente Unesco.La mappa dei siti obsoleti non è ancora completa, ma già richiede la mobilitazione degli enti proprietari - pubblici e privati - per la rimozione o la riqualificazione.A chiunque frequenta le Dolomiti verranno subito in mente diversi esempi di strutture obsolete: attrezzature per l'escursionismo abbandonate, baracche, infrastrutture e impianti in disuso e, in generale, tutti quegli elementi che per qualche motivo "stonano" nel contesto in cui si trovano. Tuttavia, quando si tenta di dare una definizione univoca di obsolescenza, il tema si rivela complesso: con quali criteri si può definire obsoleto un oggetto presente nel territorio? «Fin dai primi anni Duemila, la rimozione delle "strutture obsolete" è stata una delle strategie messe in atto per proteggere le aree naturali e I paesaggi di valore eccezionale sulle Alpi», ricorda la professoressa Ferrario. «La complessità e la non univocità del concetto rendono l'obsolescenza un interessante oggetto di ricerca nel campo degli studi geografici che fanno riferimento ai processi di abbandono e di riterritorializzazione, in particolare nelle aree montane. Il caso delle strutture obsolete nelle Dolomiti offre l'opportunità per riflettere sulla complessità del paesaggio, sulle percezioni e i valori attribuiti, in particolare nei casi di paesaggi eccezionali come sono quelli inseriti nella lista del patrimonio mondiale Unesco».Sul piano operativo, questo approccio porta a considerare la presenza di strutture obsolete, aggiunge Ferrario, non solo come un fattore di degrado, ma come un'opportunità per una gestione più efficace e un approccio strategico più coerente. «Basti pensare ad alcuni esempi», dice Ferrario, «quali case cantoniere, impianti sciistici dismessi, manufatti militari, infrastrutture di comunicazione: sono tutti oggetti facenti parte di sistemi che hanno subito negli ultimi decenni accelerate trasformazioni e continuano ad evolversi rapidamente».«Le strutture obsolete», spiega ancora Ferrario, «non rispondono più agli scopi per cui sono state create, ma non hanno ancora subito processi di riappropriazione e riuso: si trovano insomma in uno stato "sospeso", che può, in certi casi, anche diventare un'opportunità».In secondo luogo, le strutture obsolete possono dirci qualcosa sui processi generali di attribuzione di valore e disvalore al paesaggio. «Il termine "obsoleto" contiene una sfumatura di senso negativo, indica qualcosa che è in contrasto con il contesto in cui si trova. I motivi di questo contrasto», sottolinea Ferrario, «possono essere i più vari: il disturbo visivo, il cattivo stato di conservazione, l'abbandono, l'uso di materiali incongrui o addirittura inquinanti. Quanto più consideriamo importanti alcuni valori nel paesaggio (naturalistici, culturali, identitari, storici), tanto più tenderemo ad identificare come obsoleti gli oggetti in contrasto con tali valori. Persone diverse, che abbiano gerarchie di valori diverse, potranno identificare differenti strutture obsolete». --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 14 Marzo 2021
p. 18
La Fondazione dà il buon esempio: nuova sede nell'ex casa cantoniera
il caso La Fondazione Dolomiti Unesco è passata dalle parole ai fatti. La nuova sede è l'ex casa cantoniera di Acquabona. Un segnale di rigenerazione. La ricerca dello Iuav segnala, a Borca in località Villanova, l'ex sciovia, con la presenza di strutture in ferro e cemento, nonché due piste coperte dalla vegetazione. A Cortina viene citato il vecchio ponte sulla strada che sale al Giau. È costruito con pilastri in blocchi di pietra e il corpo del ponte è in parte ricoperto da erba.Lo Iuav ha certificato la presenza sulla Marmolada di ben 7 siti da bonificare. Si tratta dei plinti della vecchia seggiovia Fedaia-Fiacconi, dei ruderi del rifugio Col de Bonus, del ponte divelto a passo Fedaia, degli scalini di cemento a Pian dei Fiacconi, dell'ex rifugio Fedaia, dell'ex capanna Fisici, degli edifici abbandonati di Fedaia. Si aggiunge quanto resta del rifugio Pian dei Fiacconi, danneggiato da una valanga. Un altro ponte segnalato è quello sul Gavone vicino a Caviola, in Valle del Biois. In Val di Gares sono stati trovato i residui dei materiali utilizzati per la partenza di una vecchia teleferica ma i ricercatori hanno fotografato anche i tralicci elettrici dismessi, senza cavi, di una linea elettrica; ben 15 tralicci in un
chilometro. A Taibon è stata "catturata" la Baita, edificio presente ancora nel 1948. A Voltago, ecco la seggiovia Scarpa-Gurekian, sostituita nel 1984.A Forcella de la Grava, in Val di Zoldo, c'è la partenza della teleferica per il rifugio Torrani, lunga 3 chilometri: gli autori dello studio si augurano che con la ristrutturazione del rifugio si sistemi anche questo locale. Altra teleferica in Val Pramper, sempre in Val di Zoldo: la sede di partenza meriterebbe una riqualificazione. A Sovramonte, a Col dei Cavai, resistono i blocchi in cemento della teleferica Dal Piaz. I ruderi della malga Due Navete, a Cesiomaggiore, sono stati ripresi dai ricercatori come un cumulo di macerie. La condotta dell'acquedotto della Val Canzoi merita lo smantellamento, se non è ancora stato fatto. L'ex cava Agnelezze Brendol, sempre a Cesio, meriterebbe anch'essa una ricomposizione. La centralina idroelettrica del Mis, a suo tempo bloccata, dimostra la sua obsolescenza. Via anche i pali della luce, suggerisce lo studio commissionato dalla Fondazione Dolomiti Unesco.Numerose le case cantoniere abbandonate, almeno una decina; solo alcune, come quella all'ingresso di Cortina, sono state recuperate. Ritornando a Cortina, ecco l'ex stazioncina ferroviaria delle Dolomiti ad Ospitale, abbandonata almeno dal 1964. Lo studio sofferma l'attenzione anche sull'ex casello di Cimabanche, nonché sull'ex deposito militare, Non potevano mancare, in questo elenco, l'impianto seggioviario di Staunies, dismesso nel 2016, e l'hotel Passo Tre Croci. E poi le ex scuderie di Misurina, l'ex sciovia, l'ex cabina elettrica. Lo Iuav scende e in Val d'Oten e trova il ristorante La Pineta. Ad Auronzo lo Iuav punta il dito sul bivacco Fanton, ma in questo caso si è già provveduto, con il meglio della riqualificazione. --fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’Adige | 19 Marzo 2021
p. 32
La Marmolada sarà ripulita dai vecchi ruderi
VAL DI FASSA La Marmolada violata per decenni, tra impianti, costruzioni e voli in elicottero per curiosi servizi fotografici per una linea di costumi da bagno. Operazioni, queste, puntualmente denunciate, anche sulle pagine di questo giornale, dalle associazioni ambientaliste (Mountain Wilderness in prima fila). Il ghiacciao ne ha viste di tutti i colori.Ora però arriva una bella notizia, almeno per quanto riguarda cemento e dintorni.A Trento, in Provincia, la terza commissione commissione ha preso in carico la questione delal rimozione dei ruderi in cemento. Tutto parte dalla petizione promossa alcuni mesi fa da Guido Trevisan, del rifugio Pian dei Fiacconi, con Franco Tessadri, presidente di Mountain Wildernessm che in Provincia hanno portato 4.500 firme accompagnate dalla petizione per chiedere di eliminare i «mostri di cemento». Il documento chiedeva che qualsiasi nuovo impianto a fune, previsto sulla Marmolada, sia vincolato alla pulizia preventiva e alla rimozione dei ruderi. L'argomento è stato affrontato martedì dalla terza commissione.Il vicepresidente nonché assessore all'ambiente Mario Tonina, ha dichiarato che qualunque decisione relativa ad un ipotetico nuovo impianto prevederà la rimozione dei ruderi di cemento presenti.C'è poi tutto il capitolo riguardante la realizzazione di un nuovo impianto risalita. Il 9 ottobre 2019 (data in cui in tutta Italia si celebra il disastro della diga del Vajont) l'azienda Funivie Fedaia Marmolada Srl chiese alla Provincia di Trento la possibilità di modifica della concessione della linea funiviaria esistente allo scopo di costruire una «cabinovia ad ammorsamento automatico sullo stesso tracciato dell'ex impianto». L'operazione però al momento è ferma a livello burocratico: si attende la sottoscrizione dell'accordo con la regione Veneto e i due Comuni.«In caso di accordo - ha dichiarato Tonina - verranno valutati tutti gli aspetti connessi al nuovo impianto, compresi quelli paesaggistici, ponendo a carico del concessionario tutti gli oneri legati alla demolizione dell'attuale e quelli legati ai vecchi manufatti esistenti. Se invece non si arrivasse alla sottoscrizione dell'accordo si provvederà comunque, d'intesa con il Comune di Canazei, ad obbligare l'ultimo concessionario alla pulizia della Marmolada».Tessadri sull'argomento era intervenuto con parole chiarissime: «Questa fase sia di incertezza sul futuro del turismo sia di progressiva modificazione del ghiacciaio o ottobre Tessadri - offre l'occasione per realizzare questa "pulizia" ma anche per ripensare al progetto della nuova funivia. Meglio sarebbe infatti evitare la costruzione di questa nuova infrastruttura che snaturerebbe l'ambiente».La Sat - che ultimamente è oggetto di critiche anche nel mondo ambientalista per la sua posizione morbida sul rilancio commerciale di Malga Lagorai - haproposto l'abbandono di ogni progetto di potenziamento dello sci alpino, per recuperare il ghiacciao: un ritorno alla tutela del territorio a 360 gradi.
Corriere delle Alpi | 19 Marzo 2021
p. 30
Marmolada, il diktat di Trento «Ora la pulizia, poi l'impianto»
ROCCA PIETORE