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Guido Harari Volti che esprimono
GUIDO HARARI
Guido Harari è un ritrattista come ce ne sono (e sono stati) pochi. Nella sua applicazione divisa tra l’assolvimento di incarichi e committenze -estese alla moda, indossata da personalità di spicco-, è soprattutto Fotografo, nella maniera e nei modi che ha collaudato e controllato con perizia per anni e anni e anni ancora. Non siamo in presenza di Fotografia che si propone come arte (e da questo territorio dipende), ma di Fotografia che è Arte proprio in quanto... Fotografia
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di Maurizio Rebuzzini
Troppo spesso, e malauguratamente, la Fotografia richiede etichette certe entro i cui confini identificare gli Autori. Purtroppo, e frequentemente, questi riconoscimenti sono di superficie e banalizzazione, non entrano in dettagli sintomatici e sostanziosi, per limitarsi ad approssimazioni di comodo. Così che, nello specifico odierno, l’esuberanza e quantità di ritratti di musicisti ha etichettato il talentuoso Guido Harari (1952) nello specifico di quel mondo. Niente di più vero... ma anche niente di più limitato. Infatti, la profondità delle sue Fotografie oltrepassa la classificazione dei suoi soggetti, molti dei quali sono effettivamente protagonisti della musica contemporanea, senza alcuna soluzione di continuità, per affermarsi in un riconoscimento che supera il “chi”, per stabilire il “perché” (e, poi, magari, anche il “come”).
Vincolare Guido Harari alla musica, entro il cui mondo si è comunque affermato e imposto, fino a elevare l’Autore tra i più capaci in questa particolare interpretazione, significa non tenere in debito conto che è uno dei più convincenti fotografi di ritratto dei nostri tempi, in rilevazione estesa all’intera geografia planetaria. Certo, la sua partecipazione alla musica, a tutta la musica, compone i tratti di un atlante concreto e affascinante come pochi altri possono esserlo. Ma! Ma ciò che fa l’autentica differenza è il suo avvicinamento alle persone (personalità), attraverso il quale ha sempre creato rappresentazioni tanto iconiche da appartenere alla Storia della Fotografia.
Guido Harari è un ritrattista come ce ne sono (e sono stati) pochi. Nella sua applicazione divisa tra l’assolvimento di incarichi e committenze -estese alla moda, indossata da personalità di spicco-, è soprattutto Fotografo, nella maniera e nei modi che ha collaudato e controllato con perizia per anni e anni e anni ancora. Non siamo in presenza di Fotografia che si propone come arte (e da questo territorio dipende), ma di Fotografia che è Arte proprio in quanto... Fotografia [vogliamo pensare lontano? vogliamo richiamare dalla Storia? vogliamo mobilitare un nome, sopra tutti? vogliamo scomodare Nadar? sì, lo vogliamo fare].
E qui, al cospetto della carriera fotografica di Guido Harari, riflettiamo insieme sul senso e valore del ritratto, che dipende anche dal soggetto: non dall’apparenza della sua fisionomia, ma dalla essenza e consistenza della sua personalità, della sua vita. In un certo modo, si tratta di proiettare la propria individualità sul soggetto, che deve essere rivelato in base a una raffigurazione/finzione della quale lui non possiede le chiavi esplicative (le padroneggia soltanto il fotografo). Nella sessione di ritratto, il fotografo e il soggetto hanno proprie preoccupazioni autonome, e aspirazioni distinte. Ognuno dei due vorrebbe controllare appieno la situazione, che comunque è nelle mani del fotografo. Quando Guido Harari è su un set, è lui che governa l’intera sessione secondo sue intenzioni, via via applicate alla personalità del personaggio incontrato fotograficamente.
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Sul set, si muove sulla base di approfondimenti preventivi sul e con il soggetto. Non dirige, ma crea complicità sempre con il soggetto, istigandolo a “spostarsi” dal suo immaginario consolidato per approdare a una nuova lettura di sé, nella quale possa ancora riconoscersi. Guido Harari attiva un processo di “scoperta” di sé da parte del soggetto allineata con una sua altrettanto “scoperta” di nuove intuizioni, di nuova “reattività”. Probabilmente, questo processo non riesce sempre a completarsi, ma è necessario applicarlo.
Nessun ritratto fotografico è a somiglianza del soggetto.
Quando un’emozione viene convertita in Fotografia, non raffigura più un fatto, ma rappresenta ed esprime un’opinione. In Fotografia non c’è imprecisione. Da e con Richard Avedon: «Tutte le fotografie sono rigorose e veritiere, sebbene nessuna racconti la verità».
Da cui, e per cui, ecco il rapporto tra il fotografo e il suo soggetto, consapevolmente in posa, consenzientemente saldo davanti all’obiettivo. Ancora con Richard Avedon: «In una sessione fotografica di ritratto, si comincia con un processo cognitivo, sia per il soggetto sia per me e per noi insieme. Io-fotografo colloco l’apparecchio fotografico, stabilendo la distanza di ripresa, l’inquadratura e la distribuzione degli spazi attorno il volto, o la figura. Mentre preparo i miei strumenti oggettivamente indispensabili, valuto anche le gestualità del soggetto e la sua reazione al mio lavoro. Sono queste sue espressioni che poi indirizzano la mia attenzione».
Alla fine, osservando l’immagine, osservando i ritratti di Guido Harari (anche qualificato e apprezzato critico musicale), ogni spettatore percepisce che quanto è raffigurato nella fotografia è accaduto in modo naturale e che la persona fotografata è in una posa spontanea e veritiera, rappresentativa della sua personalità offerta al pubblico, all’osservatore. In conclusione, non percepisce la presenza del fotografo, ma coglie soltanto l’immagine realizzata.
Nel caso del ritratto, di un soggetto (in sguardo musicale?!), a differenza di quanto accade “dal vivo”, si coglie quanto valorizzato dalla riflessione personale prolungata.
In ambientazione, oppure su fondo neutro, in posa semplice o gestuale, in inquadratura ravvicinata, comprendente solo gli elementi necessari per capire chi si ha di fronte, in composizioni a lungo meditate, Guido Harari dispiega una nozione e lezione di ritratto fotografico senza tempo, pur appartenendo al nostro Tempo, che non si esaurisce nell’effimero, ma si allunga in avanti. E ancora avanti.
E ancora avanti. ■ ■
guidoharari.com
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