8 minute read
Dentro lo Studio Giovanni Gastel
DENTRO LO STUDIO
Giovanni Gastel
Advertisement
Fotografie di Antonella Bozzini, Daniela Damiano e Ottavio Maledusi
Dovremmo imparare che i Luoghi e gli Oggetti hanno un proprio significato, come le Parole; e possiamo leggerli come fossero in un libro. In denominazione provvisoria, Luoghi della Fotografia è un progetto rivolto alla documentazione e certificazione di un momento storico particolare: quello di un cambiamento repentino nei modi della Fotografia introdotto da esuberanti nuove modalità di lavoro professionale. Non una trasformazione lineare, ma una metamorfosi completa, che abbandona ciò che è stato, per proiettarsi verso ciò che è, sarà e dovrà essere. Primo paragrafo di questa Storia, lo Studio milanese di Giovanni Gastel
Quando e per quanto identifichiamo “minimalista” lo Studio di Giovanni Gastel, a Milano, in via Tortona, epicentro della moda, ci nascondiamo dietro una possibile interpretazione altrui. In effetti, ragionando in termini di Studio, andrebbero separati gli spazi propri dello svolgimento della professione fotografica da quelli infrastrutturali di gestione e/o partecipazione individuale. Plausibilmente, è “minimalista” la sala di posa, in vasta area a “L”, scomposta tra ripresa fotografica in quanto tale e sua gestione, attualmente digitale e a computer (doppia pagina precedente e su questa doppia pagina); altrettanto plausibilmente, non lo è l’elegante complemento (pagina accanto, in basso).
di Antonio Bordoni
Efficace, in una interpretazione che qualcuno potrebbe anche definire “minimalista”, lo Studio di Giovanni Gastel si basa soprattutto sulle esperienze professionali originarie del celebre e celebrato fotografo di moda e ritratto. Nei suoi primi anni di lavoro, svolto per autorevoli e prestigiose testate che hanno definito quella stagione, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta del Novecento, ha agito in sale di posa redazionali e a noleggio senza fronzoli aggiunti, nelle quali la rapidità di esecuzione -condizione indispensabile- si abbina(va) alla qualità della comunicazione visiva. In conseguenza, quella impostazione nativa si è ripetuta in una organizzazione lavorativa mirata e circoscritta alla massima (e unica) concentrazione operativa. Se vogliamo considerarla anche così, tanta e tale razionalità di spazi è indicazione di qualcosa di moderno e attuale, che interpreta il presente senza vincoli antichi; ovverosia, senza quelle tante (troppe?) artificiosità che hanno caratterizzato gli studi fotografici in epoche precedenti, quando e dove la necessità di poter affrontare qualsivoglia impegno professionale, senza alcuna soluzione di continuità, generò strutture imponenti in tutti i sensi. Così che, per confronto (ma non certo contrapposizione), questa di Giovanni Gastel si propone e offre come sala di posa asciutta e finalizzata, indirizzata alla creazione di personalità temporanee, utili e necessarie allo svolgimento di qualsivoglia elaborato fotografico da e in studio: in via Tortona, a Milano, epicentro della moda e della mondanità di legittimo corollario.
Quindi, per completare un pensiero appena espresso, non va ignorato che questo Studio è stato concepito dopo quelle imposizioni remote, che prevedevano configurazioni e organizzazioni aggravate da infrastrutture possenti, che dalla sala di posa si allungavano a fondi continui in gesso (limbo), a camere oscure per il trattamento del bianconero (da negativi fino al grande formato 13x18cm!), a volte a camere oscure colore, quantomeno per i processi invertibili Kodak Ektachrome E-3 e Kodak Ektachrome E-4 (e precedenti).
Di fatto, e per mille motivi, la struttura di Giovanni Gastel si offre e propone come ponte da-a. Dal presente... (continua a pag 41)
TRENTATRÉ ANNI FA
Il primo incontro professionale tra Giovanni Gastel e Maurizio Rebuzzini, direttore di FOTOgraphia, è avvenuto nella primavera 1987, per un’intervista da pubblicare sul numero di esordio del mensile PRO, pubblicato dall’Editrice Reflex, di Roma: maggio 1987.
Il colloquio è avvenuto nel cortile interno degli studi del gruppo editoriale Edimoda, di Milano, con il quale il fotografo collaborava già da anni. Addirittura, il numero di ottobre 1985 del bimestrale Mondo Uomo, fu illustrato completamente con fotografie di Giovanni Gastel.
Già affermato fotografo, Giovanni Gastel aveva trentuno anni; Maurizio Rebuzzini, cinque di più, trentasei.
In estratto.
L’anno scorso sei apparso in una curiosa pubblicità testimonianza: come eri e cosa sei oggi.
«L’hanno capito in pochi, forse quelli che dovevano capirlo. Comunque, era un gioco; mi ha divertito, e un poco di narcisismo c’è sempre. Poi, c’erano anche tante fantasie. È soltanto vero che sono figlio di questa Milano, di tutto quello che qui è successo, di sbagliato o meno, a cui ho partecipato, o che ho soltanto osservato.
«Oggi, lavoro con un ritmo elevato, e non riesco più a crearmi nuove riserve. Per questo, continuo a utilizzare sensazioni, pensieri, emozioni e visioni della mia gioventù e delle esperienze del passato».
Cosa pensi della tua fotografia?
«Preferisco i miei still life. Qui mi sembra di avere un linguaggio chiaro e personale. Il mio è stato un modo diverso di svolgerlo: prima non c’era e adesso c’è. Nella moda, nella figura, penso di essere a un ottimo livello; onestamente, però, per quella che è la mia voglia, non ho ancora inventato un modo diverso di fotografare. Un filo diverso, perché non si debbono innescare grandi rivoluzioni, ma cambiamenti sostanziosi. Per fortuna, il mio stile lo individuano gli altri; io lo sto ancora cercando».
Quali sono i momenti che consideri più importanti della tua carriera?
«Sono riconoscente a Christie’s, dove ho imparato a sbrigarmela con la quantità del lavoro. Ma, soprattutto, valgono gli incontri con Carla Ghiglieri e Flavio Lucchini, direttore di Edimoda, per la grande scuola.
«Dove ho veramente imparato a scattare è stato nella redazione di Donna e Mondo Uomo. Ho imparato qui, con una palestra pazzesca di tremila soggetti l’anno: che ti insegnano anche a pensare in fretta e a risolvere in rapidità ogni situazione».
Sei grato a questo lavoro?
«Enormemente! Mi ha offerto anche gioia di vivere. Probabilmente, adesso ho problemi opposti: non potrei più vivere senza questo lavoro».
(continua da pag 36)
In rinforzo e aggiunta, caso non diffuso in Fotografia (ma non tra i soggetti individuati, che vengono svolti e riuniti in questo casellario, che da qui parte), nello Studio di Giovanni Gastel, una libreria di dimensioni imponenti e maestose raduna monografie illustrate che arricchiscono la mente e celebrano il cuore di chi intende accedervi, a partire dallo stesso Giovanni Gastel. Non soltanto libri fotografici, per quanto tanti e tanti sono i titoli di genere, ma anche libri d’arte, cinema, spettacolo, vita, con i quali e attraverso i quali educare la propria coscienza e ispirare, perché no?, il proprio cammino.
Già... in un certo senso -che stiamo per smentire clamorosamente, nella continuazione delle nostre attuali considerazioni-, alla maniera delle sale di posa a noleggio, che devono essere prive di personalità, per accogliere quelle degli allestimenti preordinati. Ma, a completa differenza, questa neutralità di Giovanni Gastel (qui soltanto apparente) è stata base e fonte per una consistente serie di fotografie di alto valore, la cui influenza è destinata ad allungarsi avanti e avanti nel Tempo.
E, poi... l’esistenza quotidiana.
Non possiamo ignorare che la permanenza in Studio sia componente fondante del proprio quotidiano. Così che, al pari di tante altre esperienze coincidenti, la Casa di Giovanni Gastel è questa, più di quella ufficiale di residenza. È qui che svolge attivamente la propria vita. Da cui e per cui, oltre il minimalismo operativo già sottolineato, attorno a sé ha creato quella Wunderkammer (camera delle meraviglie o delle curiosità) composta da elementi fondanti della propria esistenza: tutto ciò che ama, lo ha collocato qui. Messaggi, opere, ricordi e traccie di Vita con le quali distinguersi anche (soprattutto?) nei momenti intimi, nei quali richiudersi in un mondo perfetto -quello nel quale riconoscersi- rappresenta un’oasi di serenità e tranquillità esistenziale.
Tra i molti insegnamenti della Vita, Giovanni Gastel ne persegue uno soprattutto, che gli è stato trasmesso dallo zio Luchino Visconti, regista cinematografico tra i più grandi del nostro paese: non importa cosa tu faccia, ma come lo fai... ovvero, nel modo giusto.
Da qui, anche il suo essere Poeta, con molte pubblicazioni in questo senso, coabitanti con la sua fotografia.
Da qui, il suo essere Fotografo. ■ ■
Visioni di dettaglio nell’ampio locale che Giovanni Gastel utilizza come propria sala di riflessione individuale e accoglimento. Le pareti perimetrali sono occupate da un’ampia libreria di dimensioni imponenti e maestose, nella quale sono ordinate monografie illustrate che arricchiscono la mente e celebrano il cuore di chi intende accedervi, a partire dallo stesso Giovanni Gastel. È questa la Wunderkammer (camera delle meraviglie, o gabinetto delle curiosità) costituita da Oggetti che accompagnano la Vita del celebrato fotografo. I Luoghi e gli Oggetti hanno un proprio significato, come le Parole: possiamo leggerli come fossero in un libro.
(dalla doppia pagina precedente) In uno spazio scomposto e ricomposto su due livelli, passaggi dalle collocazioni infrastrutturali alla sala di posa e alla Wunderkammer, epicentro dello Studio di Giovanni Gastel. Ma anche in senso opposto: dalla Wunderkammer a... In ogni caso, in richiami altri, che riprendono e ripercorrono la cadenza e la tradizione (ormai, antica?) degli studi fotografici del passato, soprattutto remoto, la personalità di questo Studio, con e attraverso il quale avviamo una visione dietrolequinte, è rappresentativa del nostro momento e dell’attualità professionale che da tempo ha tralasciato le onerose strutture fotografiche che dalle origini si sono allungate in avanti, senza modifiche sostanziali nel corso dei decenni. Rivoluzione digitale e dintorni.