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Sono Novanta

Pubblicato da Contrasto Books in occasione dei novant’anni dell’autore (10 ottobre 1930-2020), con introduzione di Ferdinando Scianna, Gianni Berengo Gardin. In parole povere è un’autobiografia con immagini raccolta dalla figlia Susanna. Racconto di una vita interamente dedicata alla fotografia con passione, rigore e dedizione, sempre fedele alla sua Leica: «Se si è veramente fotografi, si scatta sempre, anche senza rullino, anche senza macchina»

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Gianni Berengo Gardin. In parole povere; Autobiografia con immagini raccolta da Susanna Berengo Gardin; in dodici capitoli tematici (da Nato sul mare a Questo tempo. Tributi, “vere fotografie” e passioni); introduzione di Ferdinando Scianna (Lettera di Ferdinando Scianna al suo amico Gianni Berengo Gardin); conversazione con Roberto Koch (L’artigiano del racconto. Conversazione sulle fotografie fatte e su quelle da fare tra Gianni Berengo Gardin e Roberto Koch); Contrasto Books, 2020; 78 illustrazioni; 208 pagine 16x22,4cm; 22,90 euro.

La prima monografia storicizzata a Gianni Berengo Gardin è Venise des saisons, con testi di Giorgio Bassani, Mario Soldati (e Giuliano Manzutto); La Guilde du Livre, Losanna, 1965; 112 pagine 22,5x28,5cm, cartonato.

Edizione fuori commercio di diecimila copie numerate; edizione francese per il commercio (Editions Clairefontaine, Losanna, 1965); edizione tedesca Venedig, Stadt auf 118 Inseln (Josef Keller Verlag, Starnberg, 1965).

di Maurizio Rebuzzini

Da segnare in agenda, in quell’agenda (magari virtuale) sulla quale ognuno di noi annota i passaggi fondamentali della Vita, non necessariamente della propria. Da segnare in agenda che il dieci ottobre, Gianni Berengo Gardin, una delle figure che hanno illuminato il secondo Novecento della Fotografia Italiana, compie novant’anni... meta ragguardevole. Di questi novanta, almeno settanta (!) sono stati trascorsi e vissuti con la Fotografia, con una macchina fotografica tra le mani. Hai detto poco!

Per l’occasione, Contrasto Books ha pubblicato un volume a dir poco prezioso. Raccolto e realizzato dalla figlia Susanna, che cura e gestisce il suo imponente archivio fotografico, In Parole povere. Un’autobiografia con immagini di Gianni Berengo Gardin è una intesa narrazione in prima persona, introdotta da una Lettera all’amico Gianni, scritta da Ferdinando Scianna, e conclusa con una conversazione sulle fotografie realizzate, e quelle ancora da creare, tra Gianni Berengo Gardin e Roberto Koch.

Da e con Ferdinando Scianna: «Carissimo Giuanin, / Ti scrivo una lettera. Una specie di risposta al tuo libro di ricordi autobiografici dettato a Susanna. In effetti, l’ho letto come una lunga lettera indirizzata a me, soltanto a me. Tanto può il senso geloso dell’amicizia. / Adesso che l’ho finito, so che non è vero, che questo libro farà la delizia dei tantissimi che amano le tue fotografie e attraverso la ricchezza umana di quelle fotografie hanno imparato a conoscerti e amarti anche come persona».

In effetti, nessuno è imprescindibile dalla propria attività, per quanto sia più vero l’archetipo che afferma che ognuno fa quello che è, piuttosto dello stereotipo che vorrebbe che ciascuno sia quello che fa. E qui, e ora, occorre una precisazione d’obbligo.

Anche in Fotografia, per quanto ci riguarda soprattutto in Fotografia, è obbligatoria la consapevolezza del rapporto che allaccia tra loro la conoscenza e la pratica, il sapere e il fare. A fronte della nostra esperienza, personalmente, siamo convinti che la conoscenza dipenda dalla pratica, cioè dalla produzione e dalla propria attività professionale.

Oggigiorno, non possiamo ignorare che l’attività produttiva dell’Uomo sia l’attività pratica fondamentale, che determina anche ogni altra forma di attività. La conoscenza umana dipende soprattutto dall’attività produttiva materia-

le: attraverso questa, ciascuno riesce a comprendere grado a grado i fenomeni, le proprietà e le leggi della Natura, come pure i propri rapporti con la Natura e la Realtà; inoltre, attraverso l’attività produttiva, a poco a poco, ognuno raggiunge i diversi livelli di comprensione di certi rapporti reciproci fra gli Uomini. Tutte queste conoscenze non possono essere acquisite al di fuori dell’attività produttiva. Nella società, nel corso della propria attività professionale, ogni persona collabora con altri, entra in determinati rapporti di produzione con il prossimo e s’impegna nell’attività produttiva per risolvere i problemi della vita materiale. A tutti gli effetti, questa è la principale fonte di sviluppo della conoscenza umana, ed è logico ritenere che la conoscenza individuale evolva passo a passo, dagli stadi più bassi ai più alti, cioè dal superficiale al profondo, dall’unilaterale al multilaterale.

La pratica professionale è uno dei criteri con i quali raggiungere il senso della Realtà e Verità, ovvero l’autentica Conoscenza e Coscienza del mondo esterno. Nello specifico, riferendoci a Gianni Berengo Gardin, anche questa è una interpretazione della sua longeva Fotografia, che ha definito momenti del secondo Novecento italiano.

Superata questa nostra riflessione, che abbiamo intesa come dovuta, cosa c’è, ancora oggi, da aggiungere a commento della Fotografia di Gianni Berengo Gardin? Sinceramente e probabilmente, poco; certamente, nulla. Soltanto, in conforto, si possono ricordare passaggi significativi della sua sfolgorante parabola fotografica, estesasi nei decenni e decenni.

(dall’alto e da sinistra) Venezia, 1958: con Leica M3 e Leica IIIf. Venezia, 1950: con Kodak Retina IA. Parigi, 1957: con Exakta Varex XV. Wetzlar (Germania), 1955: al corso Leica.

D I E C I OTTOBRE

Sette anni fa, nell’estate Duemilatredici, nelle prestigiose sale milanesi di Palazzo Reale, in piazza del Duomo, è stata allestita l’imponente antologica Gianni Berengo Gardin. Storie di un fotografo, ennesimo consistente omaggio a uno dei più autorevoli autori italiani di tutti i tempi (e l’identificazione geografica è solo anagrafica... il suo valore professionale non è limitato da confini prestabiliti). Con l’occasione, la rassegna è stata promossa con intense affissioni stradali, equamente distribuite nei quartieri.

In quei giorni, l’attento Alberto Dubini, fotografo non professionista, socio dell’autorevole Circolo Fotografico Milanese, uno dei più antichi del cartello aderente alla Federazione Italiana Associazioni Fotografiche (Fiaf), ha percorso la città alla ricerca di queste stesse affissioni. Nel suo consueto spirito flâneur, così vicino e coincidente con tanta fotografia del vero e dal vero dei nostri tempi, ha realizzato una consistente quantità di fotografie... di passaggio urbano. Il soggetto esplicito, oltre che implicito, è sempre l’affissione stradale Gianni Berengo Gardin. Storie di un fotografo, che nelle fotografie di Alberto Dubini si accorda con situazioni cittadine la cui somma di casualità offre un totale di assoluto fascino visivo. Alla fine, ha realizzato un variegato album, che ha omaggiato a GBG il dieci ottobre di compleanno.

Andrea Micheli

In questo senso, è doveroso iniziare con l’autorevole e prestigioso Lucie Award 2008 / Lifetime Achievement, che gli è stato assegnato alla sesta edizione dell’ambìto riconoscimento planetario: immediatamente a seguire Henri Cartier-Bresson (2003), Gordon Parks (2004), William Klein (2005), Willy Ronis (2006 [il fotografo più amato da GBG]) e Elliott Erwitt (2007). [A completamento, ricordiamo che solo un altro italiano ha ricevuto un Lucie Award: Gian Paolo Barbieri, Achievement in Fashion 2018]. In ordine temporale, il Lucie Award 2008 / Lifetime Achievement è stato assegnato a Gianni Berengo Gardin dopo che, nel 1995, gli era già stato riconosciuto il qualificato e autorevole Leica Oskar Barnack Award.

Quindi, va sottolineata la sua consistente bibliografia d’autore, tra titoli a

Gabriella Nessi Parlato Ferdinando Scianna / Magnum Photos

tema e raccolte delle sue opere: conteggiando a partire dalla fantastica folgorazione di Venise des saisons, raffinata monografia pubblicata da La Guilde du Livre, nel 1965, Gianni Berengo Gardin ha illustrato quasi o più di trecento libri.

Nel Duemilaquattordici, l’edizione Contrasto Books dell’enciclopedico casellario Gianni Berengo Gardin. Il libro dei libri, a cura di Bruno Carbone, ne ha censiti più di duecentocinquanta, ai quali si aggiungono altri sei anni di sua Fotografia. In questo imponente volume cartonato, di trecentododici pagine (312) 23,5x28,5cm, la presentazione commentata è introdotta da un acuto testo di Peter Galassi (1951; scrittore, curatore e storico americano dell’arte, a capo del dipartimento fotografico del MoMA / Museum of Modern Art, di New York, dal 1991 al 2011).

Lapidaria una sua annotazione oggettiva, che anticipa considerazioni soggettive di spessore, consistenza e valore: «Non conosco altre figure altrettanto significative nel mondo della fotografia della seconda metà del Novecento il cui lavoro sia così profondamente radicato nei libri fotografici o che ne abbiano realizzati una simile quantità»... e qualità, aggiungiamo di nostro. Ovviamente, come appena anticipato, è doveroso annotare che si tratta di titoli a tema, tessere di un percorso fotografico a dir poco esemplare; le monografie d’autore, che indagano sulla vasta produzione, sono quantitativamente inferiori, e ci mancherebbe altro. Comunque, sono a propria volta numericamente consistenti: loro pure conteggiate in quantità da record assoluto, ben cadenzate nei decenni.

(dall’alto e da sinistra) Massa Carrara, 2009: con Elliott Erwitt. Arles (Francia), 1993: con Willy Ronis. 1988: con Gabriele Basilico e Ferdinando Scianna. Spilimbergo, metà anni Cinquanta: con Bepi Bruno e Paolo Monti. Venezia, 1961: con Man Ray, Fritz Gruber e Ugo Mulas. 1998 (Leica M3 e Leica M6): con Mario Peliti. Milano, 2014: con Ferdinando Scianna e Sebastião Salgado. Senigallia, anni Ottanta: nella camera oscura di Mario Giacomelli.

Milano 2008: con il Lucie Award 2008 / Lifetime Achievement.

A tutto questo, si aggiunge oggi l’attuale In parole povere, che si offre e propone come «Racconto biografico di un protagonista dei nostri anni. I ricordi personali, gli incontri più importanti, i grandi reportage che hanno segnato la sua vita». Le stesse note ufficiali conteggiano anche settantotto fotografie in illustrazione. E qui, e ora, una lode, un encomio e un plauso: Gianni Berengo Gardin ha aperto il cassetto delle istantanee private, per accompagnare le parole con fotografie che accentuano la sua commovente esposizione.

Ancora dalle note ufficiali, che ben sottolineano il contenuto del libro. «Strutturato in dodici capitoli che danno conto della vita del grande maestro della fotografia, dall’infanzia a oggi, In parole povere rintraccia il filo del mestiere di fotografo che è anche una passione e

Da tempo, per conservare documenti di dimensioni proporzionali, qui in redazione, usiamo una scatola da cinquanta fogli di carta sensibile, per stampa bianconero all’ingranditore (oggigiorno, va specificato): Agfa Brovira, gradazione 3 (ai tempi, di contrasto medio).

È un recupero da una stampa che ci regalò una quindicina di anni fa Gianni Berengo Gardin, consegnandocela -per l’appunto- in questa scatola... in ulteriore proprio riutilizzo. Stava nel suo studio da decenni, e non sappiamo che uso ne facesse. Però, oltre le indicazioni sul bordo, che specificano Solco difficile (plausibilmente, identificazione di una serie di copie conservate in archivio), sul fronte, sul coperchio, leggiamo una nota esplicita: «Antonio, ho finito la carta. Ordina la stessa. 10.10.1960, GBG».

Come intuibile, si tratta di una annotazione per un assistente, invitato a approvvigionare la camera oscura. Ed è la data che fa la differenza: dieci ottobre Millenovecentosessanta, il giorno in cui Gianni Berengo Gardin compiva trent’anni.

lo dipana attraverso una vicenda biografica lunga, piena di incontri, viaggi, storie e immagini colte e da cogliere. Piena, soprattutto, di quella sensibilità attenta al reale, alla società, alla gente che da sempre rappresenta il principale bagaglio che appartiene ai fotografi di reportage. Il mondo di Gianni Berengo Gardin è il nostro mondo. [...]

«Racconto di una vita interamente dedicata alla fotografia con passione, rigore e dedizione, sempre fedele alla sua Leica: “Se si è veramente fotografi, si scatta sempre, anche senza rullino, anche senza macchina”. Ecco uno dei punti di forza della vita, della professione e del carattere di Gianni Berengo Gardin, tra i più sensibili, attenti e partecipi fotografi del nostro paese, che ha raccontato in modo unico la realtà italiana degli ultimi decenni». ■ ■

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