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Editoriale

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Alla fine del campionato di calcio, soprattutto le squadre che rischiano la retrocessione in Serie B redigono complesse tabelle di sopravvivenza. Ovvero, entrare in campo per vincere, come da statuto dello sport, può non essere conveniente, perché si rischia di perdere. Quindi, in base a minuziosi calcoli, spesso, è più opportuno tenersi stretto un pareggio, da un punto in classifica, piuttosto di rincorrere i tre punti della vittoria, che potrebbero costare quello zero punti della sconfitta. Curiosamente, il più delle volte, questi conteggi si incrociano con analoghe ambizioni della squadra avversaria, in condizioni di classifica equivalenti.

Da cui, alla luce di un pareggio di opportunità (magari non concordato ufficialmente, ma perseguito ufficiosamente), i quotidiani di sport si trovano a titolare, spesso: «Cronaca di un pareggio annunciato». Questo corrisponde a quella intenzione, non scritta, ma che si ripromette molto giornalismo, che declina titoli in richiamo di espressioni genericamente note al pubblico (quasi). Così che il titolo appena convocato è rievocazione esplicita dal titolo del romanzo Cronaca di una morte annunciata (Crónica de una muerte anunciada), del 1981, del premio Nobel per la Letteratura 1982 Gabriel Garcia Márquez.

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Nel panorama del giornalismo italiano, quantomeno dal punto di vista della capacità di comporre titoli di forte richiamo, spesso declinati così come abbiamo appena considerato, le migliori prime pagine di quotidiano sono quelle del Manifesto e della Gazzetta dello Sport (!). In richiamo retrospettivo, non possiamo non ricordare il fantastico indirizzo satirico dei settimanali Cuore, Tango e Male, di decenni fa, per tanti versi eredi della tradizione francese (soprattutto, da Charlie Hebdo a Hara-Kiri).

Allora: un conto sono i richiami, le declinazioni e i divertissement di condivisione e abbraccio, Un altro sono trascrizioni in forma e dimensione di plagio: senza timore alcuno nell’uso di termini e sostantivi. Lo annotiamo alla luce di una imponente mostra fotografica allestita ad Aosta, dallo scorso ventinove maggio al prossimo dieci ottobre (nel giorno in cui Gianni Berengo Gardin compirà novantuno anni!). Sicuramente, l’allestimento sarà sontuoso nella propria forma e au-

Archivio FOTOgraphia (2)

torevole nei contenuti: lo garantiscono sia il luogo espositivo (forma: Museo archeologico Regionale), sia gli accreditati curatori (contenuto: Elio Grazioli e Walter Guadagnini). Per non parlare, poi e ancora, degli autori selezionati (ancora contenuto), che compongono un effervescente casellario della fotografia italiana contemporanea.

La mostra ad Aosta, si intitola The Families of Man, e non nasconde di riprendere la storica, epocale e iconica The Family of Man, inventata e curata da Edward Steichen all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento, e allestita in prima esposizione al Museum of Modern Art (MoMA), di New York, dal 24 gennaio all’8 maggio 1955, prima di avviare un tour mondiale, allungatosi su otto anni, raggiunto da dieci milioni di visitatori (in Italia, a Torino , nel 1959 [qui, in archivio, abbiamo fotografie di scena di quelle date italiane, ma non serve riprenderle oggi]). Attenzione: la curatela di Edward Steichen non dipese tanto dal suo essere fotografo (magari, anche questo), ma direttore del Dipartimento di Fotografia dello stesso prestigioso museo newyorkese, dal 1947 al 1961. Per la Società dello spettacolo, rileviamo anche che Steichen vinse l’O-

scar, nel 1945, per il suo documentario The Fighting Lady (La donna combattente), girato il precedente 1944. L’originaria The Family of Man si traduce in “La famiglia dell’Uomo”; l’attuale collettiva italiana The Families of Man è plurale: “Le famiglie dell’Uomo”. Ma la differenza è impercettibile ai più: dunque, è sostanziosamente ingannevole. Sia chiaro: personalmente, non giudichiamo, ma osserviamo. Almeno fino a quando si esagera. A nostro intendimento, qui si è esagerato, in due direzioni. Anzitutto, nel riproporre proditoriamente una identificazione storica che avrebbe dovuto rimanere integra e intonsa nell’iconografia della Storia della Fotografia. Quindi, nel ricalcare un progetto che ha avuto senso settant’anni fa, all’indomani della devastazione di una guerra mondiale. Infatti, The Family of Man fu pensata e realizzata come manifesto per la pace e l’uguaglianza, valori fondamentali dell’Umanità visualizzati e sottolineati dalla fotografia In occasione dell’allesti- umanista del dopoguerra. mento permanente del Oggi, i presupposti di allora Musée The Family of Man, non esistono; e la selezione in Lussemburgo, il 24 set- proposta, per quanto autotembre 2013, le poste locali hanno emesso due francobolli simbolici (uno revole, non può certamente rappresentare né la famiglia, né le famiglie dell’Uomo (per quanto, tra singolare e plurale è un ritratto di Edward la differenza sia comunque Steichen), pubblicati an- mastodontica e smisurata). che in foglio souvenir, che Tanto più, l’intersezione tra visualizza sale del museo. i titoli (e non le intenzioni) è In precedenza, il 16 marzo ulteriormente inficiata, se vo2004, lo stesso fotografo gliamo vederla e dirla anche fu celebrato in una serie così, dal recente allestimenfilatelica di due valori de- to del Musée The Family of dicati a personaggi lussemburghesi affermatisi negli Stati Uniti. Oltre Man, in Lussemburgo (Montée du Château, 9712 Clervaux; www.visitluxembourg.com/en/ place/museum/the-family-of-Edward Steichen, Hugo man), dove sono riproposte Gernsback (1884-1967), in- tutte le cinquecentotré fotoventore, scrittore, editore grafie originarie (503), sele(per esempio, di Amazing zionate tra due milioni, realizStories, la prima rivista di zate da duecentosettantatré fantascienza al mondo). fotografi (273), provenienti da sessantotto paesi. Con il patrocinio di Unesco World Documentary Heritage, il museo celebra la personalità di Edward Steichen (1879-1973), lussemburghese di nascita. Eccoci qui. ■ ■

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