12-LUG-2020 Estratto da pag. 11
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12-LUG-2020 Estratto da pag. 15
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Corriere del Veneto Domenica 12 Luglio 2020
VE
Venezia&Mestre venezia@corriereveneto.it
NUMERI UTILI CentroStorico MalmoccoAlberoni Pellestrina
0412385648 0412385668 0412385653
Burano MuraroS.Erasmo CavallinoTreporti Ca’Savio
0412385659 0412385661 0412385678
MestreeMarghera FavaroVeneto MarconQuarto d’Altino
0412385631 0412385639 0412385642
FARMACIE AllaFama Internazionale Politosrl
0415224239 0415260117 041/5224015
Dell'Orso 01412960470 0415341310 AllaBissuola 041915330 Asseggiano ComunaleAllaStazione 041929439
Laguna isolata dal mare Per la prima volta venerdì mattina la laguna di Venezia è stata isolata dal mare con il sollevamento di tutte e 78 le paratoie del Mose. L’operazione è finita alle 12.25 e si è creato un dislivello di 30 centimetri
«Authority del Mose costi a carico del governo» Nascerà entro fine anno
Martella: opera dello Stato. Il nodo dei dipendenti Cvn trasferiti «Il Mose è un’opera statale e sarà lo Stato a gestirla e mettere i soldi. La nuova struttura avrà rappresentanti degli enti locali nel comitato di gestione, ma sarà vigilata dal ministero delle Infrastrutture». Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Andrea Martella previene le polemiche di un anno fa, quando nel decreto «Sblocca cantieri» in fase di redazione (il governo era quello gialloverde e il ministro ancora Danilo Toninelli) spuntò un emendamento del Mit che istituiva l’agenzia pubblica sulle dighe e però prevedeva che Regione (con 15 milioni), Comune e Città metropolitana (con 10 ciascuno) contribuissero anche finanziariamente alla gestione e manutenzione del Mose: non si capì se la somma fosse annuale o una tantum, ma quel testo venne subito affossato dalle polemiche del
VENEZIA
Nel mondo
200
i lavoratori attuali di Consorzio Venezia Nuova, Thetis e Comar
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le navi commerciali rimaste fuori durante il test del Mose
sindaco Luigi Brugnaro e del governatore Luca Zaia. Ora, nel giorno della «prima volta» della chiusura dell’intero Mose, il premier Giuseppe Conte ha annunciato che nella fase di conversione del decreto «Semplificazioni» entrerà un emendamento che istituirà questa «struttura», guidata da un direttore generale nominato con un Dpcm su proposta del Mit, il quale avrà al suo fianco un board con i rappresentanti dei ministeri coinvolti (Infrastrutture e Ambiente in primis) e dei tre enti locali; ci sarà poi anche un comitato consultivo di cui faranno parte altri sindaci dei Comuni di gronda e l’Autorità di sistema portuale e la Capitaneria, che ovviamente sono direttamente coinvolti dall’impatto delle chiusure del Mose sull’attività portuale: basti pensare che venerdì, nel corso delle operazioni di
chiusura, dopo il passaggio del primo convoglio di navi in ingresso alla bocca di porto di Malamocco, ce ne sono state 4 rimaste fuori in attesa. Questo nuovo soggetto si dovrà occupare del Mose e della laguna. Funzioni che furono dello storico Magistrato alle Acque, che – abolito da Matteo Renzi all’indomani degli scandali del 2014, in realtà solo da un punto di vista nominale visto che il «nuovo» Provveditorato è rimasto a Palazzo X Savi a Rialto con le stesse persone – verrà ripristinato e sarà una sorta di braccio operativo della struttura. Qui confluiranno funzionari, tecnici e operai che in questi anni si sono occupati della salvaguardia di Venezia: sia quelli provenienti dalla «galassia» del Consorzio Venezia Nuova (oltre al Cvn, anche Thetis e Comar), che però sono tanti (oltre duecento) e
La vicenda ● Il premier Giuseppe Conte ha annunciato che nel decreto Semplificazioni ci sarà anche una struttura che si occuperà di gestione e manutenzione del Mose ● Sarà guidata da un direttore e ci sarà un comitato di gestione con gli enti locali: Regione, Comune e Città metropolitana. Coinvolti anche Porto e Capitaneria
hanno il problema del passaggio da un soggetto privato a uno pubblico; sia quelli del Provveditorato, che verrebbe così sgravato dalle questioni lagunari e si occuperebbe di tutto il resto. Nel 2015 era stato proprio Martella a proporre l’emendamento per trasferire le competenze dell’ex Magistrato alla Città metropolitana, idea rilanciata da Zaia l’altro ieri, ma lui stesso ammette che oggi è cambiato tutto con l ’a t t i v a z i o n e d e l M o s e : un’opera che non può essere messa nelle mani della sola Ca’ Corner o di Ca’ Farsetti. La struttura sorgerà in tempi rapidi. Il decreto Semplificazioni è già stato approvato dal Consiglio dei ministri e arriverà in aula dopo il 18 luglio. La parte sul Mose, che a differenza dei vari punti del decreto attuale non è ovviamente a costo zero, sarà inserita con un emendamento del governo in fase di conversione, che dovrebbe avvenire a metà settembre. A quel punto, forse già per fine anno, l’ente inizierà a muovere i primi passi e contestualmente si chiuderà la storia in chiaroscuro del Consorzio Venezia Nuova, che verrà messo in liquidazione: una procedura che avrà anche un valore simbolico e durerà mesi, se non anni. A. Zo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Il video di saluto degli ingegneri I dubbi dei giornali stranieri
I colleghi: una pietra miliare. La Faz ricorda inchieste e ritardi
VENEZIA «Milestone», «pietra miliare», dice più di qualcuno. Gli ingegneri inglesi, olandesi e americani che fanno parte di I-Storm, network che include tutti i professionisti che lavorano a sistemi di barriere anti-maree in tutto il mondo, hanno salutato con entusiasmo la prima prova generale del Mose: erano stati tutti invitati, ma le restrizioni anti-Covid li hanno costretti a rimanere a casa. Hanno però deciso di realizzare un breve video trasmesso venerdì nei minuti di attesa prima del sollevamento nell’area delle autorità, sotto un tendone all’isola artificiale del Lido. «Cari amici italiani, congratulazioni per il vostro primo test di chiusura integrale dice Marc Walraven, olandese, dirigente dell’ufficio ministeriale che si occupa della ge-
Il network ● I-Storm è un network che include tutti i professionisti che si occupano in tutto il mondo di sistemi di barriere antimaree ● Oltre al Mose ci sono i referendi delle dighe olandesi e di quelle sul Tamigi
stione delle risorse idriche e responsabile di alcune delle dighe del paese – e per aver raggiunto la fase di operatività di questa eccezionale struttura. Nei prossimi mesi ci piacerebbe condividere le lezioni apprese. Nel frattempo, rallegratevi, godetevi il successo e ci incontreremo più avanti». «Ci siamo conosciuti nel 2006 e ho letteralmente visto emergere i vostri progetti dal mare - rammenta Andy Batchelor, manager delle operazioni di difesa delle maree del Tamigi per l’agenzia ambientale britannica - Un fantastico successo. Abbiamo imparato così tanto insieme. Continuiamo a farlo». Gli intoppi non sono un dramma, sottolinea la direttrice della barriera sul fiume Schelda, l’olandese Willy Dekker: «Ricordate che la strada verso il successo passa
sempre per gli errori». Infine John Winkelman, ingegnere dell’agenzia federale americana del Dipartimento della Difesa che si occupa di progetti di difesa delle coste: «Congratulazioni per quello che siamo sicuri sarà un test riuscito - aveva anticipato senza nascondersi dietro a troppa scaramanzia - Io e il mio collega Tom Smith non vediamo l’ora di assistere di persona al pros-
Il videowall Sul monitor le immagini di tutte le bocche di porto con le paratoie sollevate nel test di venerdì mattina
simo test». La stampa internazionale ha invece raccontato l’evento di venerdì in maniera un po’ meno entusiasta: «Come se un prete avesse asperso di acqua santa ed esclamato: “Invoco la benedizione di Dio”, un’enorme barriera gialla è mersa dalle acque. E il sollievo è affiorato dalle autorità presenti», ha scritto sul britannico Times Tom Kington, alludendo alla benedizione data dal parroco di Treporti don Alessandro Panzanato prima del test. E Matthias Rüb sulla tedesca Frankfurter Allgemein Zeitung ricorda la gestazione socialista dell’opera, le inchieste, il continuo spostamento in avanti del fine lavori mai e i dubbi degli ambientalisti. Mo. Zi. © RIPRODUZIONE RISERVATA
● Verso il voto Stellon lascia i democratici Le prime liste pronte VENEZIA Un gruppo consiliare attraversato da contrarietà e scontri e un partito cittadino «che si è dimostrato non maturo, non in grado di presentare una linea politica chiara, sempre più staccato dalla base e dai cittadini». È l’impietoso ritratto di cinque anni da capogruppo Pd nella Municipalità di Venezia e da segretario del circolo di Murano di Riccardo Stellon, che ha rassegnato le dimissioni dal Pd e dal capogruppo. Lo ha fatta con una lettera aperta al segretario cittadino Giorgio Dodi. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la scelta del partito di indicare il segretario come candidato alla presidenza della Municipalità di Venezia, mentre quattro circoli veneziani avevano votato Massimiliano Smerghetto. «Il Pd dimostra ka sua scollatura dalla base – accusa Stellon affidandosi per scegliere il candidato presidente, non ad un processo democratico, ma ad una tattica politica dominata decisioni prese nelle chiuse stanze». Stoccata finale, l’accusa al Pd di non aver tenuto una chiara linea di opposizione a Brugnaro: «Le moltissime segnalazioni di comportamenti a volte allineati alle posizioni del sindaco piuttosto che del partito, non hanno avuto nessuna azione decisa da parte della segreteria». Stellon lascia i dem per la lista Tutta la Città insieme del presidente uscente e candidato indipendente Giovanni Andrea Martini. Dopo Martini è tempo di presentazioni per altre liste. Domani alle 11.30 sulla terrazza del Blind spot della Hybrid tower l’avvocato separatista Marco Sitran presenta la sua Lista civica. Alla stessa ora sul ponte della Campana presentazione di «Per Mestre e Venezia - Ecologia e Solidarietà» di Michele Boato. Alle 12.30 all’Officina del Gusto Psi, Italia Viva e Più Europa illustrano simbolo e nomi i «Venezia è tua». (mo.zi.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere del Veneto Domenica 12 Luglio 2020
PD
Rovigo
NUMERI UTILI
Municipio Questura Prefettura
04252061 0425202518 0425428511
rovigo@corriereveneto.it
VigiliUrbani Carabinieri Polstrada Servizioveterinario
0425204611 042529381 0425426611 3495836327
CroceRossa Capitaneriadiporto Acquedotto Ulss18
Maxi-debitopiscine,Avezzù: «Nontemopossibiliinchieste»
Il sindaco Edoardo Gaffeo annuncia che si cercheranno i colpevoli di un possibile danno erariale per le casse del Comune, ma nessuno degli ex primi cittadini sembra preoccupato. Si va verso la chiusura della lunga vicenda del Polo natatorio in viale Porta Po, costruito con un «project financing» che ha fatto ricadere un debito multi-milionario sulle spalle di Palazzo Nodari a causa del fallimento della società che lo gestiva, «Veneto Nuoto». Dopo anni di tentennamenti e retromarce, il Comune capoluogo potrebbe chiudere la partita in autunno pagando tra 4 ed i 5 milioni di euro. Il tutto se il Tribunale di Bologna accetterà la proposta di concordato preventivo. E poi — ha detto venerdì Gaffeo — sarà la Corte dei Conti a indagare per capire se si poteva chiudere prima e meglio, per il Comune, la vicenda. Una mazzata per le casse pubbliche su cui l’attuale primo cittadino, che ha ereditato
la partita, vuole fare chiarezza. La vicenda inizia nel 2006 con alla guida del capoluogo Paolo Avezzù che oggi rigetta qualsiasi responsabilità. È Avezzù a decidere di chiudere l’ex piscina di Rovigo in viale Porta Adige e di ingrandire quella in viale Porta Po, costruendo la nuova struttura ora sotto accusa. «Il vero danno era non fare la nuova piscina — dichiara Avezzù — Quella in viale Porta Adige era impossibile da sistemare». I lavori vengono finanziati con un «project financing» con «Veneto Nuoto» che s’impegnava ad accendere il mutuo e avviare i lavori in cambio della gestione del Polo natatorio e della cessione del terreno su cui si trovava la vecchia piscina. «Il project financing fu suggerito dai tecnici — sottolinea Avezzù — Nessuno lo ha messo in discussione nemmeno dopo». Nel 2018 «Veneto Nuoto» fallisce, facendo scattare una clausola di salvaguardia che sposta il mutuo della società con Unipol (poi assorbita da
Bper, la Banca popolare dell’Emilia Romagna) sul Comune. Un fardello da oltre 6 milioni di euro tra la rimanenza del prestito e le rate non pagate. «Nel 2013 fu fatta una commissione d’inchiesta, i cui risultati sono stati mandati alla Procura ed alla Corte dei Conti. Nessuno ha mai ritenuto di procedere verso di me. Il vero danno è arrivato dopo la stipula del project financing, quando il Comune ha consegnato a “Veneto Nuoto” l’area su cui sorgeva la vecchia piscina in ritardo rispetto al previsto. Questo ha aperto una causa tra Comune e privati, che ha portato al fallimento di Veneto Nuoto». Una vicenda nota come «Lodo Baldetti», sviluppatasi tra le amministrazioni di centrosinistra di Fausto Merchiori e di centrodestra di Bruno Piva in cui Palazzo Nodari ha perso dovendo pagare 1,4 milioni di euro. Avezzù rigetta qualsiasi responsabilità per quanto accaduto. Quando «Veneto Nuoto» va
in bancarotta la tegola cade però in testa al sindaco leghista Massimo Bergamin, allora alleato con la lista civica di Avezzù. Bergamin aveva trovato sul tavolo un accordo con Unipol per 3,6 milioni di euro, ereditato dal commissario prefettizio Claudio Ventrice. Se l’accordo fosse stato firmato Rovigo si sarebbe liberata dal dover pagare oggi, ma il sindaco leghista non lo fece. Capire le ragioni è difficile. Sfiduciato nel febbraio 2019, da allora Bergamin è scomparso. L’ex primo cittadino si è reso impossibile da rintracciare. Il telefono squilla a vuoto, i messaggi restano senza risposta. Eppure oggi, con la richiesta di nuovi accertamenti, le trattative da lui portate avanti potrebbero essere essenziali per comprendere quali e quante responsabilità ci siano per il «buco» milionario. Marco Baroncini (ha collaborato Antonio Andreotti
Maestri elementari senza laurea o concorso Serve una nuova legge
N Nel mirino Bergamin, penultimo primo cittadino, aveva rifiutato vantaggiosa transazione
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Regionali,lalistacivicadelcandidatopresidentedicentrosinistra «Sento forti forze locali che faticano ad emergere — ha detto Lorenzoni — Dobbiamo spingerle promuovendo unità». Per il Polesine, Lorenzoni ha affermato che «bisogna scommettere sulle sue poten-
Bardelle in campo La consigliera uscente, ex M5S, presenta la lista «Veneto Ecologia Solidarietà»
Madonna di Bassantina, quercia ko
zialità, come l’agricoltura e il turismo». I nomi che comporranno la lista polesana: D’Achille, Enrico Bonato (di Adria), Sara Quaglia (di Badia Polesine) ed Enrica Munaro (di Lendinara). Il quinto nome sarà presto definito. Sul fronte Pd, tra i candidati consiglieri, confermato l’uscente Graziano Azzalin, il vicepresidente dell’Accademia dei Concordi Diego Crivellari, l’assessore al Sociale di Porto Viro Marialaura Tessarin, Gessica Ferrari del coordinamen-
Contendenti in provincia Arturo Lorenzoni (secondo da sinistra) e alcuni suoi candidati polesani (da sinistra): Sara Quaglia, Aldo D’Achille ed Enrico Bonato (Biasioli)
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di Luigi Migliorini
Lorenzoni, partenza dal Polesine Con lui in lizza il sindaco D’Achille ROVIGO Arturo Lorenzoni in Polesine per lanciare il guanto di sfida al favorito Luca Zaia alle prossime elezioni regionali. Presentata ieri al CenSer «Il Veneto che Vogliamo», la lista civica che correrà nel centrosinistra con Lorenzoni candidato governatore. Un’occasione per richiamare all’unità e all’ascolto del territorio. Con lui i sindaci Edoardo Gaffeo del capoluogo, Omar Barbierato di Adria e Aldo D’Achille di San Bellino.
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I segreti di Pulcinella
Gaffeo evoca un’indagine della Corte dei Conti dopo la chiusura del concordato Ma l’ex sindaco che avviò l’operazione: «Tutto regolare e già verificato nel 2013» ROVIGO
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to Pd di Adria e Lorenzo Murciano di Fiesso Umbertiano. Sempre ieri presentata a Venezia la lista «Veneto Ecologia Solidarietà», lanciata dalla consigliera regionale polesana Patrizia Bartelle (ex M5S, poi passata durante la legislatura al movimento «Italia in Comune»). M. B.
ei giorni scorsi una delegazione veneta ha partecipato a Roma alla manifestazione di protesta contro la probabile mancata immissione in ruolo di circa tremila maestri solo nel Veneto ed oltre cento in Polesine. Dopo molti anni di insegnamento, i maestri elementari che non hanno una laurea o non abbiano partecipato alle apposite sezioni di abilitazione o ai concorsi, non saranno inseriti nella graduatoria ad esaurimento, utilizzata per l’assunzione in ruolo e non comprende gli insegnanti della cosidetta III fascia che rimangono «precari». Ciò sulla base di una recente sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (27/02/2019 n. 4). Tale pronuncia ha ritenuto che il possesso del solo diploma magistrale non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo, specificando che il decreto legge n. 87/2018 non ha affatto riconosciuto valore abilitante «ex se» al diploma magistrale, ma anzi ha ribadito la necessità di superare un concorso per accedere ai posti di insegnamento. L’Adunanza plenaria precisa che non si può non evidenziare che vi è un conflitto tra diverse categorie di docenti precari, con interessi confliggenti tra loro: da un lato, quelli titolari del solo diploma magistrale; dall’altro quelli che, oltre al diploma, hanno superato un concorso o un esame abilitante o, comunque, conseguito la laurea in Scienze della formazione. L’Adunanza ha concluso: «Consentire ai primi l’accesso alle succitate graduatorie significa penalizzare i secondi: l’impatto sociale non è quindi, unilaterale, ma è bilaterale nel senso che è destinato a verificarsi qualsiasi sia la soluzione che si accolga. Non avrebbe senso allora conservare gli effetti nel tempo di una interpretazione errata (quella sul valore abilitante “ex se” del diploma magistrale)». Mi pare che tali argomentazioni siano convincenti, anche se capisco sotto il profilo umano i tanti insegnanti che corrono il rischio di restare precari od addirittura di trovarsi disoccupati. La soluzione che possa cercare di contemplare le diverse esigenze non può che dipendere da una nuova legge che ridisciplini la materia. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Con Finocchiaro e Bisio
Il bollettino dell’Usl
Alto Polesine: allagamenti, Virus, in crescita gli isolati Il Teatro Sociale ora riparte grandine e alberi abbattuti dopo i rientri dall’estero ma al CenSer: due spettacoli ROVIGO Si è fatta sentire soprattutto in Alto Polesine l’attesa ondata di maltempo che ieri pomeriggio verso le 18 si è abbattuta sulla provincia, proseguendo per circa mezz’ora. Su paesi come Giacciano con Baruchella e Salara è caduta anche un po’ di grandine (nella foto), oltre a vento e pioggia battente. Nella frazione a Occhiobello di Santa Maria Maddalena le via Lama e Berlinguer si sono allagate. Tra i molti alberi colpiti da vento e acqua in tutto il Polesine anche la quercia monumentale della Madonna di Bassantina a Ficarolo, che ha quasi 200 anni di vita e che è stata danneggiata in modo forse irreparabile dal maltempo. Tutte le squadre dei vigili del fuoco sono dovute uscire, un po’ in tutta la pro-
vincia, per mettere in sicurezza i tronchi caduti sulle strade. Antonio Andreotti © RIPRODUZIONE RISERVATA
ROVIGO Polesine quasi «Covid-free». Altro giorno senza contagi da coronavirus in Polesine, secondo il bollettino sanitario diramato dall’Uls 5. Resta una sola persona positiva, un ospite della struttura residenziale extraospedaliera, la «Casa Sacra Famiglia» di Fratta Polesine. Da inizio epidemia in totale 452 i residenti in Polesine riscontrati positivi al virus. I tamponi eseguiti da inizio emergenza sanitaria, in Polesine, sono 51.076. Le persone sottoposte a tampone sono state invece 23.136, ormai ben oltre un polesano su dieci. Aumenta ancora, rispetto al dato di ieri fermo a 77, il numero
delle persone che si autosegnalano di ritorno da viaggi all’estero. Secondo i dati di ieri 94 le persone che arrivano in provincia dopo essersi recati, principalmente per lavoro, all’estero. Una elevata percentuale di questi utenti in Polesine sono badanti, segnalate dalle famiglie degli anziani assistiti. In base all’ordinanza del presidente della giunta regionale del Veneto dello scorso 6 luglio e in vigore dal 7, vige l’obbligo dell’isolamento fiduciario per 14 giorni per i soggetti in ingresso o rientro in Veneto da Paesi extraeuropei. Natascia Celeghin
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ROVIGO Il Teatro Sociale riparte
dalla prosa. Si torna sul palco, quello però dell’area spettacoli del CenSer- Rovigo Fiere in viale Porta Adige. «Siamo felici e orgogliosi di comunicarvi — scrive l’assessorato alla Cultura del Comune capoluogo — che siamo pronti alla ripresa delle attività culturali, nel rispetto delle normative sanitarie». Questi i nuovi spettacoli, entrambi alle 21.30: «Bestia che sei» con Angela Finocchiaro il 25 luglio (in sostituzione di «BodyTraffic» del 19 marzo scorso), un reading a due voci di Stefano Benni con anche Daniele Trambusti; «Ma tu sei felice?» con Claudio Bisio e Gigio Alberti, l’1 agosto (in sostituzione de «I fratelli Karamazov» del 27 marzo).
Ai possessori dei biglietti per «BodyTraffic» e «Fratelli Karamazov» o di un abbonamento per la stagione di prosa/danza 2019 l’assessorato alla Cultura chiede agli interessati ad assistere ai nuovi spettacoli di comunicare la presenza entro il 25 luglio telefonando al botteghino del Teatro Sociale (042525614) oppure inviando una email ad entrambi i gli indirizzi teatrosociale@comune.rovigo.it e teatrosociale.botteghino@comune.rovigo.it. Per chi lo desiderasse è possibile recarsi personalmente al botteghino del Teatro Sociale, aperto dal 15 luglio, dal lunedì al sabato dalle 9.30 alle 13 e dalle 16 alle 19.30. Na. Cel. © RIPRODUZIONE RISERVATA
TREVISO
Corriere del Veneto Domenica 12 Luglio 2020
«Visiteaglianziani,norme troppodure:Zaiaintervenga» Una lettera al presidente della Regione Luca Zaia e all’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin per chiedere regole meno rigide negli accessi alle residenze per anziani del Veneto. A scriverla un trevigiano che, tramite l’avvocato Francesco Bonifacio, ha voluto manifestare le difficoltà che i familiari di anziani e persone disabili ricoverati nelle case di riposo del Veneto, stanno riscontrando nella fase post emergenza Covid-19. «La Regione ha varato un’ordinanza che ha dettato una serie di regole, applicate però in modo diverso dalle Rsa – spiega Bonifacio -. E per tutte prevale un eccesso di cautela che rischia di privare le persone dei loro affetti più cari in un momento così difficile della lor vita. Costrette in una sorta di carcere senza aver commesso alcun reato». A chiedere al legale di intervenire, un suo cliente che ha, da molti anni, un fratello disabile ospite in una Rsa nel Veneziano: «Una struttura d’eccellenza dove si trova benissimo – precisa -. Purtroppo però come gli altri familiari, sta riscontrando grosse difficoltà a causa delle rigide regole che gli consentono di stare con il fratello solo mezz’ora la settimana e a una distanza di due metri». Colpa, secondo l’uomo,
dell’interpretazione che la Rsa ha dato dell’ordinanza regionale numero 61 del 22 giugno scorso. «Ospite e familiare devono stare a una distanza di due metri, indossando guanti, mascherina e visiera – spiega -. E nel caso del mio assistito è un grosso problema. Il fratello non parla e comunica con i gesti, cosa impossibile in queste condizioni». Un prontuario di regole che, secondo l’uomo, avrebbe originato anche veri e propri paradossi: «I familiari devono stare a distanza, mentre gli operatori che comunque lasciano la struttura per tornare nelle proprie case, no –
Case di riposo Lettera dei familiari per le norme troppo rigide
Sanità
Covid e «caso Kosovo»: tamponi negativi sulla famiglia. Ma è quarantena preventiva TREVISO Sono tutti negativi i tamponi fatti dall’Usl 2 ai passeggeri del pulmino fra Kosovo e Treviso e ai loro contatti: una mamma e tre bambini e la famiglia della cognata della prima badante rientrata con il Covid. Tutti sono stati messi comunque in quarantena per due settimane, come prevede il protocollo per gli ingressi dall’estero. Ieri i sono stati registrati 27 nuovi isolamenti
Il processo
«Zen sparò per legittima difesa. Il risarcimento chiesto è troppo elevato» VEDELAGO «Siamo sorpresi da una richiesta di risarcimento così elevata. Considerate le modalità in cui è avvenuta la morte di Manuel Major. Che saranno chiarite solo durante il processo». A parlare l’avvocato Daniele Panico, difensore di Massimo Zen, la 48enne guardia giurata della Battistolli, accusata di omicidio volontario per aver sparato al 37enne giostraio la notte del 22 aprile 2017 a Barcon di Vedelago. Qualche gior-
il processo, con le nostre indagini difensive e i risultati delle perizie balistiche e di ricostruzione della dinamica dell’evento, realizzate dal nostro consulente chimico forense Oscar Ghizzoni, ex comandante dei Ris di Parma»». A carico di Zen accuse pesantissime. Il pubblico ministero Gabriella Cama che ne ha chiesto il processo con l’accusa di omicidio volontario, ha escluso la legittima difesa. Zen, è accusato di aver sparato con la sua Glock 9
Difesa L’avvocato Daniele Panico, di fronte al tribunale, avvocato della difesa nel processo Zen
Parte Civile Fabio Crea, avvocato della parte civile, rappresenta la famiglia di Major al processo Zen
no fa si è aperto il processo davanti al gup Piera De Stefani e i familiari di Major, rappresentanti dall’avvocato Fabio Crea, si sono costituiti parte civile chiedendo un risarcimento danni di circa 800 mila euro. E chiedendo la citazione come responsabile civile del gruppo Battistolli. Una richiesta danni ritenuta dalla difesa troppo elevata: «Si tende a dimenticare che Zen ha sparato per difendersi da una banda di ladri in fuga. Come se questo delitto fosse maturato in un contesto diverso. Ma le cose da chiarire sono ancora molte e lo faremo durante
millimetri, al 37enne giostraio che, dopo una notte di assalti ai bancomat, era in fuga con i complici Claudio ed Euclide Major e Jody Garbin, a bordo di una Bmw 520 rubata. Il 48enne padovano, aveva sentito dalla radio che era in corso l’inseguimento dei carabinieri, e per questo aveva messo la sua auto di servizio di traverso sulla strada per bloccare la fuga alla banda. Esplodendo alcuni colpi di pistola, uno dei quali aveva raggiunto alla testa Major, morto alcuni giorni dopo. M.Cit. © RIPRODUZIONE RISERVATA
domiciliari (273 in totale), che comprendono anche famiglie congolesi dell’area Castellana partecipanti a un matrimonio a Castelfranco e Cittadella. L’Usl 2 continua a invitare chi torna da fuori confine a fare il tampone: «Ci rivolgiamo a tutti, anche ai lavoratori irregolari – dice il dg Francesco Benazzi -. È una questione di salute pubblica, dobbiamo isolare per evitare i rischi». (s.ma.)
Attenzione Sono sotto osservazione i rientri da fuori
TV
Arriva da Verona
Polizia amministrativa, Capozzo nuova dirigente
Lettera dei familiari dei pazienti delle rsa: «Eccessi di cautela e paradossi» TREVISO
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spiega -. Così come gli ospiti che restano in struttura solo di giorno. E che sono sì separati dai residenziali, ma seguiti dagli stessi operatori». Il legale sottolinea, poi, un altro problema, rappresentato da visite specialistiche e controlli: «E’ previsto che ad accompagnare gli ospiti siano i familiari. E ci si chiede se, al rientro, l’ospite debba finire in quarantena senza visite dei parenti. Se così fosse c’è il rischio che i famigliari sospendano i controlli». Proprio per chiedere di risolvere questi problemi l’avvocato Bonifacio per conto del cliente ha scritto al presidente Zaia e all’assessore Lanzarin. «Considerato il miglioramento della situazione epidemiologica e la riapertura di molte attività che comportano anche assembramenti – conclude l’avvocato Bonifacio -, anche le Rsa dovrebbero aumentare i contatti tra pazienti e i loro familiari, facendoli stare vicini e consentendo di portarli a fare una passeggiata. Invece si continua a gestire la presenza del parente come una minaccia per la salute degli ospiti. Chiediamo alla Regione di intervenire per ridare una qualità di vita dignitosa agli ospiti». Milvana Citter © RIPRODUZIONE RISERVATA
TREVISO (m.cit.) Nuova dirigente per la sezione di polizia amministrativa e sociale della questura di Treviso. Si tratta della dottoressa Anna Capozzo. Entrata in Polizia nel 1990, è stata assegnata alla squadra mobile di Verona dove ha seguito l’importante «Operazione Arena» che aveva portato a 600 arresti per traffico di sostanze stupefacenti. In seguito Capozzo ha diretto la squadra volanti della questura di Vicenza, per poi tornare a Verona prima all’ufficio amministrazione, poi all’ufficio di gabinetto, quindi per un periodo come dirigente della polizia di frontiera all’aeroporto Catullo e per ultimo come dirigente della divisione anticrimine. Incarico con il quale ha approfondito la tematica della violenza sulle donne organizzando diversi convegni.
L’incidente
Auto si rovescia: 3 feriti E c’è un bimbo di 6 anni TREVISO C’è anche un bimbo di 6 anni tra i feriti di un incidente si è verificato intorno alle 18 di ieri, lungo la Noalese a Treviso. Per cause in corso di accertamento due auto si sono scontrate all’altezza della concessionaria Marazzato Motors. Una delle due, a causa dell’impatto, si è rovesciata finendo ruote all’aria. All’interno c’erano tre persone, un 39enne, il bambino di 6 anni, entrambi originari del Senegal e una 46enne tutti residenti a Quero Vas, in provincia di Belluno. Soccorsi dai sanitari del Suem 118 i tre sono stati trasferiti al Pronto soccorso dell’ospedale Ca’ Foncello. Fortunatamente nessuno ha riportato gravi ferite. Sul posto i vigili del fuoco che hanno messo in sicurezza la strada.
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la ricostruzione
I cantieri post Vaia faticano a ripartire mancano ditte e forestali, causa Covid Bottacin: «Sorgono nuovi problemi tutti i giorni». Dalle ceppaie rimaste sul terreno, ai parassiti, ai nuovi focolai del virus Francesco Dal Mas / BELLUNO
Piove a Malga Cherz, sopra Arabba. I forestali sloveni hanno approfittato per tornare a casa, garantiti dal corridoio sanitario che permette loro di rientrare senza tamponi e, soprattutto, senza quarantena. I LAVORATORI STRANIERI
«Per fortuna che ci sono loro – sospira il sindaco Leandro Grones, sotto la pioggia -. Avremmo bisogno di altre 4 o 5 ditte per i cantieri di bonifica da aprire solo qui ad Arabba. Ma non si trovano boscaioli». C’è di peggio, confida il sindaco. «Il mercato del legname si è fermato, i nostri tronchi non prendono più la via delle falegnamerie austriache, ma finiscono in Cina, ad un valore, quindi, più basso». E ancora: restano sui versanti molti più volumi di quelli previsti l’anno scorso. E i mercanti forestali preferiscono, in ogni caso, prelevare gli alberi schiantati sotto la neve del novembre 2019. Soltanto ad Arabba ci sono, di questi 1200 metri cubi disponibili. «Per fortuna che l’anno scorso siamo riusciti a ripulire i versanti di Andraz, Cernodei, Larzonei, con ditte superattrezzate e quindi rapide nella lavorazione, altrimenti – afferma Grones – il prossimo anno ci dovremmo far carico di una grossa spesa: integrare il costo della bonifica, perché il prezzo del legname sarà tale da non compensare i prelievi». I SOPRALLUOGHI
In questi giorni l’assessore regionale alla protezione civile, Gianpaolo Bottacin, sta moltiplicando le ricognizione sul territorio e conferma che matura ogni giorno di più una problematicità molto grave, sia per i cantieri forestali, che per quelli della sistemazione idraulica del territorio. Sono ben 1466 i siti lavorativi avviati dal Commissario per la tempesta Vaia Luca Zaia. Per 389.390.000 euro rappresentano la mole di lavoro messa in campo tra il 2019 e il 2020. E per il 2021? Sono previsti – risponde Bottacin – altri oltre 200 milioni di euro. L’assessore si concede subito un pizzico di polemica. «Intanto va sottolineato che tutti questi fondi sono stati assegnati immediatamente dopo Vaja dal governo gialloverde al commissario Zaia, cosa che non era assolutamente scontata. Lo dico alla
Cantieri post Covid in Cadore, sopralluogo dell’altro ieri dell’assessore Bottacin. In alto a destra un cantiere boschivo a Livinallongo
luce di molte emergenze che non hanno avuto il necessario ristoro da parte dello Stato. Come per esempio l’evento che nel 2015 costò la vita a 3 persone a San Vito di Cadore o quello che nel 2014 costò la vita di 4 persone a Refrontolo. Immediatamente ci siamo messi all’opera per definire, sentendo i sindaci, un piano di opere colossale».
Grones (Livinallongo): «Avremmo bisogno di altre 4 o cinque ditte per la zona di Arabba» I primi cantieri sono partiti nel 2019 ma altri nel 2020, soprattutto quelli che necessitavano di progettazioni più lunghe o che erano meno prioritari. Per determinare la priorità delle opere si è seguita una logica legata al rischio, per cui prima ci si è preoccupati degli aspetti idraulici e geologici. Così come per gli aspetti legati al rischio valanghe si è volutamente scelto di lasciare gli alberi schiantati nei siti fi-
no al momento in cui fossero contestualmente partiti i lavori per l’installazione di barriere paravalanghe, dopo la complessa progettazione. Ciò in virtù del fatto che gli alberi a terra, fino a un metro di neve fungono essi stessi da barriera paravalanghe. I PROBLEMI
Ma in una programmazione così complessa, che vede in campo tutte le unità operative della regione, Genio Civile, Servizi Forestali, Venetostrade, Venetoacque, Avepa, oltre a comuni e province, è facile intuire – precisa Bottacin – che ogni giorno è costellato da problemi che si sommano uno all’altro e che obbligano a trovare soluzioni celeri in un contesto complesso sia dal punto di vista intrinseco che da quello normativo. I problemi sono molteplici. Si pensi ad esempio agli alberi abbattuti, col rischio connesso al proliferare di parassiti che possono mettere ko anche le foreste sane. Il bostrico è in agguato. Si temeva che portasse l’assalto nel secondo anno degli alberi a terra, distruggendoli e rendendoli
irraccoglibili. «Non è ancora successo, se non parzialmente» assicura Grones, che ha compiuto specifiche ricognizioni. «Però gli esperti raccomandano la massima vigilanza. Ed anche la massima rapidità nella raccolta». La grande paura è che il bostrico attacchi, dopo la pianta schiantata, quella ancora in piedi. In ogni caso – av-
La gestione dei lavoratori stranieri non è semplice per le nuove positività verte Bottacin – c’è la difficoltà di raggiungere certi siti; questo lo si sapeva, ma il problema è aggravato dalle mancate bonifiche dei boschi accessibili, perché non si trovano imprese. Non meno grave è la difficoltà data dalla presenza delle ceppaie. L’assessore ritiene ancora che non sia necessario il loro bombardamento, perché ci sono macchinari che in pochi minuti le frantumano. Ma chi li mette a disposizione? Torna il nodo
delle imprese. «Il coronavirus in prima battuta ha bloccato tutti i cantieri – ricorda l’assessore -. Poi, una volta ripresi, c’era il problema dell’accoglienza e della ristorazione delle maestranze, risolto con le ordinanze del presidente Zaia». Ma ecco che si è presentato un altro nodo. Gran parte delle imprese forestali era d’oltre confine; la gestione dei flussi di persone da e per paesi che possono essere fonte di contagio o che hanno previsto forme di lockdown si è presentata immediatamente, tra maggio e giugno la matassa ha cominciato a dipanarsi, ma i più recenti focolai l’hanno di nuovo aggrovigliata. «Questo, oltre alla scarsa appetibilità del legname a terra da più di un anno o difficilmente raggiungibile, non facilita le cose, ma anche su questi fronti stiamo lavorando per cercare di trovare delle soluzioni» assicura Bottacin. Per le aziende venete che hanno dipendenti che devono spostarsi all’estero è stata definita una procedura secondo cui quando un dipendente
rientra viene sottoposto a due tamponi a distanza di una settimana a titolo gratuito. «Adesso stiamo cercando di affrontare anche la problematica delle ditte straniere, ma questo è complicato anche dal fatto che magari in alcuni paesi è prevista la quarantena per chi rientra e questo tende a dissuadere alcune imprese estere dal lavorare
Il legname è ora molto meno appetibile e spesso anche difficile da raggiungere da noi. Ciò, in alcuni casi specifici in cui non esistono aziende italiane in grado di affrontare determinati lavori potrebbe rappresentare un problema. Ma – aggiunge l’assessore – bisogna prendere atto che comunque i cantieri attivi sono centinaia in tutta la provincia e questo credo sia un bel segnale sia per le nostre imprese che per i cittadini che a cantieri terminati avranno una situazione di rischio ben minore». —
REGIONE
DOMENICA 12 LUGLIO 2020 CORRIERE DELLE ALPI
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Il Bellunese vince la sfida le dolomiti in televisione
Il lago di Mosigo con l’inconfondibile e maestoso profilo del Monte Antelao. Nelle foto piccole lo chalet che si affaccia sul lago e la Croda Marcora
La fiction Rai ha traslocato al lago di Mosigo. Il sindaco: «Sì al turismo ma senza esagerare» Anche Cibiana e Comelico pronti a ospitare il set. «Ma dicano che non siamo in Alto Adige»
Ciak, si gira “Un passo dal cielo” San Vito di Cadore batte Braies LA STORIA Francesco Dal Mas
l lago di Mosigo è artificiale come quello della Val Senales. È stato costruito nel 1929, bonificando una palude. Ma “Lux Vide”, la produzione di “Un passo dal cielo”, la fortunata fiction di Raiuno da 5 milioni di spettatori, l’ha preferito a quello proposto da Idm, la società di marketing territoriale della Provincia di Bolzano, come alternativa alla location di cinque edizioni, il lago di Braies. E la Val Boite, con il sindaco Franco De Bon di San Vito di Cadore, ha aperto le braccia. In questi giorni si comincia a girare; sul set almeno 80 tra protagonisti, comparse, personale di servizio, con punte fino a 120, in qualche caso addirittura 200. Anche Mosigo ieri mattina era imbronciato come il cielo; non vi si specchiavano la Croda Marcora e l’Antelao, un quadro di stupefacente bellezza. Daniele Liotti, Enrico Ianniello, Pilar Fogliatti e gli altri attori vi ritroveranno lo stesso spettacolo che offriva Braies. Con una caserma dei Forestali che assomiglia a quella lasciata a malincuore; ne ha preso le sembianze il piano terra dello chalet. È bastato che l’indiscrezione superasse i confini di San
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Gli attori Daniele Liotti ed Enrico Ianniello a Malga Maraia, vicino ad Auronzo
Vito e in municipio erano già arrivate le prime richieste di poter celebrare il proprio matrimonio in riva a quelle acque. «Ben vengano i turisti, ne abbiamo proprio bisogno, ma senza esagerare» sospira il sindaco. Sa bene, infatti, il motivo per cui la troupe ha dovuto lasciare Braies e la Val Pusteria. Gli uffici provinciali Parchi, specificatamente, “Natura, paesaggio e sviluppo” di Bolzano, hanno ne-
gato il setting pusterese, proponendo il lago di Vernago, in Val Senales. Il motivo? Troppa gente a Braies. Anche fermando le auto qualche chilometro più sotto. Tanto che da venerdì si sale fino a 5 mila presenze al giorno, non di più (e chiamalo “numero chiuso”). Un turismo mordi-e-fuggi, di nessun beneficio, protestavano gli amministratori della valle. A malincuore, dunque,
“Lux Vide” si è trovata costretta a cambiare. Già l’anno scorso, peraltro, aveva girato alcune scene al lago di Misurina, all’Istituto Pio XII, al lago D’Antorno, alle malghe Rin Bianco e Maraia. «Benissimo, speriamo che ritornino quest’estate, ma – avverte la tenace sindaco di Auronzo, Tatiana Pais Becher – senza raccontare bugie». Bugie? «Sì, l’altr’anno hanno collocato i nostri siti in Alto Adige ed
hanno pure cambiato i nomi di malghe e alberghi». «È quanto mi sono raccomandato anch’io» fa sapere il primo cittadino di San Vito. «Non ci sono assolutamente problemi» rassicurano dalla produzione, che, peraltro, ha già promosso due casting a Ponte nelle Alpi e a Valle di Cadore. «Il cineturismo è determinante nella promozione di un territorio ed è proprio per questo motivo – interviene Giuliano Vantaggi, direttore della società “Dmo” che promuove l’accoglienza ai piedi delle Dolomiti per l’intera provincia di Belluno e che ieri era sul set di “Donnaventura” – che chiediamo rispettosamente alla produzione e in particolare alla sceneggiatura e alla regia di introdurre i nomi dei paesi che verranno ripresi nei dialoghi fra i protagonisti. Come è accaduto per la serie girata a Braies e dintorni». Alla sceneggiatura è piaciuto molto, oltre al lago, il borgo di Serdes, al di là del fiume Boite. Nel contesto di Cortina si sono innamorati delle Cinque Torri. A Cibiana, il paese dei murales, gireranno nelle vecchie miniere di Vallinferna. Altre scene a Vodo, a Misurina e nei dintorni (Malga Maraia e Monte Piana), in Comelico. In grande spolvero, dunque, le Dolomiti bellunesi. Ma la promozione dipende, come è accaduto anche in Alto Adige, da quanto garantiscono come supporto gli enti locali. Il Comune di San Vito ha messo a disposizione uomini e mezzi. La Dmo si sta premurando di assicurare una puntuale visibilità alle location. La Regione? Luigi Bacialli e Jacopo Chessa, presidente e direttore della Fondazione Veneto Film Commission stanno provvedendo alla sistemazione logistica. E i soldi? «Il 30 giugno abbiamo chiuso un bando di 5 milioni per le pro-
duzioni cinematografiche – informa l’assessore regionale alla cultura, Cristiano Corazzari -. Sappiamo che ha partecipato anche “Lux Vide”. Fra qualche settimana sapremo chi ha vinto. La classifica terrà conto anche della capacità promozionale dell’opera». Non è da escludere che per trattenere un’opportunità come questa si aggiunga, in futuro, dell’altro. È vero, infatti, che la Dmo è stata contattata da Rai e Mediaset per accogliere nel Bellunese altre due fiction. «Grazie alle Dolomiti Unesco, questo sembra proprio il momento magico delle Terre alte così ben conservate» conclude Vantaggi.— © RIPRODUZIONE RISERVATA
il programma
Dribbling ai curiosi domani la troupe alle Cinque Torri Il primo ciak non sarà al lago Mosnigo, come fino a ieri era previsto. Per evitare infatti gli assembramenti di curiosi, annunciati via social, la troupe salirà molto probabilmente alle Cinque Torri, uno dei balconi più panoramici delle Dolomiti, in faccia alle Tofane. Top secret, in ogni caso, le location. Quando si girerà in riva al lago Mosnigo, ci sarà un’ordinanza del comune di San Vito che vieterà l’accesso ai parcheggi, proprio per impedire l’eventuale affollamento. Negli ultimi giorni, alla sola indiscrezione che “Un passo dal cielo” si sarebbe trasferito dal lago di Braies a San Vito di Cadore, la cittadina è stata visitata sul web dal 49% in più di turisti virtuali. Domani, in comune a San Vito, sarà pianificato l’intero programma delle riprese.
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PRIMO PIANO
DOMENICA 12 LUGLIO 2020 CORRIERE DELLE ALPI
Coronavirus: il rischio sanitario l’assessore lanzarin
La pandemia crea nuove povertà: aiuti per 5 milioni VENEZIA
L’attività in un reparto di rianimazione: nel corso dell’emergenza la sanità del Veneto ha raddoppiato i posti letto delle terapie intensive e ora questa dotazione diventerà strutturale
Stato d’emergenza prorogato Zaia: pronto piano d’autunno Il governatore del Veneto teme il propagarsi dei nuovi focolai alimentati dall’estero e ordina di rafforzare le misure di contrasto in vista di una recrudescenza a ottobre Filippo Tosatto / VENEZIA
«Sul fronte Covid stiamo ultimando il piano di sanità pubblica per l’autunno-inverno, lo presenteremo entro luglio, speriamo non ce ne sia bisogno ma il virus, purtroppo, circola ancora e la minaccia maggiore arriva dai focolai esteri». Pur evitando commenti, di sorta, Luca Zaia non pare affatto sorpreso della proroga al 31 dicembre dello stato d’emergenza voluta dal premier Giuseppe Conte e accompagnata dalle proteste del centrodestra che la giudica una forzatura costituzionale utile a blindare il governo altrimenti ostaggio dei contrasti tra 5 Stelle, renziani e Pd. I POTERI DEL SOGGETTO AUTTUATORE
Sul versante veneto, il primo effetto del decreto (in vota-
zione martedì alla Camera) sarà quello di confermare il presidente della Regione nel ruolo di “soggetto” attuatore degli interventi urgenti di Protezione civile, circostanza che gli consentirà di rimodulare i provvedimenti in materia di contrasto ai persistenti focolai di infezione virale e rimodulazione del sistema sanitario. A riguardo, le linee guida dell’azione prossima ventura trapelano dall’ordinanza regionale del 9 luglio che reitera le misure di prevenzione in vigore: «Pur a fronte di una situazione complessivamente positiva», si legge «è necessario mantenere elevata la resilienza dei servizi territoriali, continuare a rafforzare la consapevolezza e la compliance della popolazione, realizzare la ricerca attiva ed accertamento diagnostico di
potenziali casi, l’isolamento dei casi confermati, la quarantena dei loro contatti stretti. Queste azioni sono fondamentali per controllare la trasmissione ed eventualmente identificare rapidamente e fronteggiare recrudescenze epidemiche».
Una dozzina di nuovi casi sul territorio regionale: riguardano quasi esclusivamente cittadini giunti dell’Est africani e asiatici
LE LINEE GUIDA DI MANTOAN E RUSSO
Decriptata dal lessico burocratico, l’allusione corre alla necessità di agire su più versanti. Nell’immediato, con la “stretta” su isolamento domiciliare dei positivi al test e ricovero dei malati (chi esce di casa riceverà multe salate, chi rifiuta le cura verrà denunciato) abbinata alla quarantena per quanti provengano da Paesi e a rischio - esclusi cioè dai 36 aderenti all’Unione europea e alla Convenzione di Schengen - che diventa doppio tampone caute-
La Regione si affiderà ai tamponi di massa In campo anche i nuovi “infermieri di famiglia” e i medici di base-sentinella lare in presenza di viaggi di lavoro limitati a 120 ore. In prospettiva, con il programma post-estivo messo a punto dal direttore della sanità, Domenico Mantoan, d’intesa con il capo del dipartimen-
to prevenzione, Francesco Russo; prevede l’intensificazione dello screening nella previsione della contemporanea stagione influenzale; la definitiva strutturazione logistica delle terapie intensive frettolosamente raddoppiate durante l’emergenza; il rafforzamento del personale ospedaliero (bandi per l’assunzione di 800 unità annunciati a settembre); l’introduzione di nuove figure professionali quali “l’infermiere di famiglia” chiamate a consolidare la rete di medicina sul territorio; il ruolo di sentinella affidato ai medici di base. Sullo sfondo, ma neanche tanto, lo spauracchio del virus d’importazione. GLI ISOLAMENTI IN RAPIDA CRESCITA
Nelle ultime ventiquattr’ore, la sanità del Veneto ha censito una dozzina di nuovi casi (sono 19.379 dall’inizio della pandemia) in maggioranza riguardanti cittadini stranieri mentre aumentano sensibilmente le persone poste in isolamento (+74, ora sono 1.298); certo l’andamento dei ricoveri e delle degenze in rianimazione è rassicurante ma la diffusione globale del Covid - a cominciare dai violenti focolai balcanici che inestono le vicine Croazia e Slovenia - vieta di abbassare la guardia. — © RIPRODUZIONE RISERVATA
La Regione Veneto indice due bandi rivolti al mondo della volontariato per mobilitare la rete della solidarietà di fronte ai nuovi bisogni sociali creati dalla pandemia. L’avviso pubblico si rivolge alle 2500 organizzazioni di volontariato e alle oltre 1500 associazioni di promozione sociale presenti nel territorio, invitandole a presentare iniziative e progetti che saranno sostenuti da contributi pubblici fino al 70-80% della spesa sostenuta. «Anche il mondo del volontariato è stato investito dall’emergenza sanitaria, economica e sociale causata dalla pandemia. Molte iniziative e progetti si sono arrestati, ma la rete della solidarietà non si è mai fermata», commenta l’assessore alla sanità e al sociale Manuela Lanzarin «la Regione ha deciso pertanto di investire quasi 5 milioni di euro per sostenere quanti svolgono attività di interesse generale. Da un lato organizzazioni ed enti di promozione sociale stanno affrontando maggiori costi generati dalle misure di contenimento del contagio e dall’altro sono impegnati nella riconversione di attività e servizi in funzione dei nuovi bisogni che questa crisi sta evidenziando: penso ai minori e alle povertà educative, agli anziani soli, alle famiglie più fragili, ai senza fissa dimora, alle reti di consegna di generi alimentari, beni essenziali e medicinali, al trasporto e alla cura di persone malate o con disabilità, alle situazioni di isolamento involontario che questa situazione emergenziale sta creando e alle risposte di vicinato e di prima assistenza domiciliare offerte dal volontariato, sia in modo spontaneo sia organizzato». —
Informati subito: la tua filiale di zona ti aspetta. BELLUNO - alista@agenti.manzoni.it
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Rovigo
Domenica 12 Luglio 2020 www.gazzettino.it
IN CORSA Sa sinistra, Enrica Muraro, Arturo Lorenzoni, Aldo D’Achille ed Enrico Bonato. A destra, il sindaco di Rovigo Edoardo Gaffeo
POLITICA Un progetto basato sull’esperienza in campo amministrativo, sul ascolto e condivisione. È l’essenza del programma de Il Veneto che Vogliamo (Vcv), il movimento con il quale Arturo Lorenzoni sfida Luca Zaia, niente affatto spaventato dai sondaggi che sembrano regalare al “Doge” un consenso mai visto prima. Dall’assemblea regionale di ieri a Rovigo Lorenzoni ha esortato a mettersi a disposizione della gente, a portare le istanze al centro della campagna elettorale, «sogni e preoccupazioni che servano a costruire un’alternativa vera al centrodestra, secondo uno schema diverso da quello del “vecchio” centrosinistra». ROVIGO
(Foto Studio Sandri)
A Rovigo Lorenzoni suona le trombe dell’assalto alla poltrona di Luca Zaia Ascolto, condivisione ed esperienza: la ricetta `Gaffeo, Barbierato e D’Achille: i primi cittadini illustrata all’assemblea di Veneto che Vogliamo come sponsor della corsa per le elezioni regionali `
un anno fa non aveva alcun sfidante oltre alla sua lista personale. Questo complesso puzzle politico non intimorisce Lorenzoni, che invece accoglie a braccia aperte l’alleato Pd, nonostante in qualche comune questi due soggetti non vadano proprio d’accordo: «Con i democratici non esiste alcun problema, perché il tema che aggrega questa compagine su scala regionale è la visione collettiva degli stessi valori assicura il candidato governatore - Tutte le ruggini su scala locale, quando allarghiamo lo sguardo, vengono messe in secondo
“SPONSOR” LOCALI Per stimolare il consenso popolare, Lorenzoni si è rivolto a tre sponsor che in Polesine hanno una grande visibilità e che guidano tre comuni: il sindaco di Rovigo Edoardo Gaffeo e i colleghi di Adria Omar Barbierato e di San Bellino Aldo D’Achille. Tre “civici” che hanno conquistato la carica con tre stili differenti: il primo guida il capoluogo con una maggioranza composta da liste civiche e dal Pd, proprio come punta a fare Lorenzoni a Venezia; il secondo, invece, il Pd ce l’ha in opposizione; D’Achille, infine, con i Dem ha sempre avuto un buon rapporto, ma non ne ha mai fatto parte e alle elezioni di
IL NODO DEI RAPPORTI TRA I “CIVICI” E IL PD AL CENTRO DELLE DISCUSSIONI: «ABBIAMO GLI STESSI VALORI, NON CI SONO PROBLEMI»
piano e rimane ciò che ci unisce: un comune sistema di valori».
RIGENERAZIONI URBANE Ieri mattina al Censer a tirare la volata è stato Gaffeo, creando un ideale parallelismo tra la sua esperienza elettorale del 2019 e quella del VcV: «Il luogo in cui troviamo era un zuccherificio, anni fa è stato trasformato in un centro fieristico. È un luogo che è stato rigenerato e si è evoluto, perché adesso ospita anche l’università e laboratori - ha detto il sindaco di Rovigo - Questo e l’esempio che di ciò che vogliamo fare per il Veneto: usiamo l’intelligenza per proporre un modello diverso alle future generazioni rispetto a quello in cui noi viviamo. Noi qui a Rovigo stiamo cercando di farlo, ci avevano definito un’armata Brancaleone, invece abbiamo riconquistato il Comune dopo dieci anni con un centrosinistra compatto». Barbierato ha spiegato che
la forza del VcV starà nelle persone: «Da oggi, ognuno di noi qui dentro si deve sentire impegnato a dare le gambe a questo progetto, che non finirà con le elezioni ma continuerà per avere una rete in cui siamo tutti protagonisti». D’Achille, che voci interne dicono sarà il candidato di punta per la lista polesana, ha aggiunto che «il VcV ha la forza e l’energia data da impegno e coesione, da un metodo abbinato alla visione e al coinvolgimento, per questo può cambiare la realtà». Infine il candidato presidente spiega quali sono i tre princìpi cardine della sua politica: ambiente, infrastrutture e valorizzazione del territorio. «C’è una parte del territorio che si sente periferico, dobbiamo invece dagli maggiore spazio, puntando anche su un’agricoltura di qualità e ad un turismo lento in cui c’è tanto da sfruttare», ha detto Lorenzoni. Alberto Lucchin © RIPRODUZIONE RISERVATA
Il sindaco di San Bellino chiamato a tirare la volata LE CANDIDATURE ROVIGO Arturo Lorenzoni un po-
ker in mano ce l’ha, ma gli manca ancora una quinta carta per concludere la sua mossa. Non ha una cinquina pronta da schierare nella sua lista. Ieri pomeriggio dal padiglione A del Censer l’assemblea regionale de Il Veneto che Vogliamo ha lanciato ai suoi iscritti l’opportunità di presentarsi ufficialmente per le candidature a consiglieri regionali, ma sono solo quattro le persone certe che il comitato provinciale polesano ha finora individuato: Aldo D’Achille, Enrico Bonato, Sara Quaglia ed Enrica Muraro.
I PRIMI NOMI
Il primo è il sindaco di San Bellino, lusingato da mesi dallo stesso Lorenzoni, che nel suo curriculum vanta diversi premi conquistato nell’ambito del suo primo mandato amministrativo, ottenuto per i progetti portati a termine nel piccolo comune altopolesano. Il secondo è il giovane “deus ex machina” dei civici di Adria, consigliere di maggioranza con Impegno per il Bene Comune. Sara Quaglia, consigliere comunale di Badia Polesine, in quota ad Art.1, è stata candidata in passato alle Regionali del 2015 con L’Altro Veneto e alle politiche del 2018 con Liberi e Uguali. Enrica Muraro, di Lendinara, operatrice sociosanitaria, non ha mai avuto ruoli politici di spicco. Come detto, però, manca
un candidato.
no polesano, per cui bisognerà capire quale strategia adotteranno per evitare di pestarsi i piedi alla ricerca di voti da qui al 20 settembre. Un terzo nome di alto livello rischia di inasprire l’ambiente civico e, di conseguenza, di essere controproducente nel tentativo di mandare un proprio rappresentante a palazzo Balbi. La legge regionale, recentemente modificata, ha limitato a due i consiglieri assegnati al Polesine e lo scenario attuale suggerisce che il centrodestra possa persino mandare due suoi rappresentanti nell’emiciclo veneziano, escludendo di fatto il centrosinistra.
CANDIDATURA MANCANTE Qui bisognerà vedere quali sono le dinamiche interne tra i vari movimenti civici e partiti di sinistra che per queste Regionali 2020 si sono inseriti in Veneto che Vogliamo. D’Achille e Bonato sono senza dubbio i due candidati di maggior peso nel listi-
È IL NOME DI SPICCO DEI CANDIDATI CHE TENTERANNO DI ENTRARE IN CONSIGLIO REGIONALE CON I “CIVICI”
CANDIDATO CONSIGLIERE Aldo D’Achille, sindaco di San Bellino
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I SONDAGGI Lorenzoni non si dà affatto
per vinto, nonostante i sondaggi non gli sorridano: «Dobbiamo aspettare il momento delle elezioni perché senza è difficile che cittadini del Veneto possano pesare le proposte sul tavolo - afferma il (per poco ancora) vicesindaco di Padova - Quando conosceranno bene i contenuti della proposta e le persone, credo che la partita sia tutt’altro che chiusa. Quanto ai sondaggi, sono abituato a vedere che anche a pochi giorni dal voto le percentuali sono diverse da quello che poi scaturisce dalle urne, per cui non mi spaventa partire con dei risultati modesti perché le persone sanno valorizzare il peso delle proposte». A.Luc. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
Domenica 12 Luglio 2020 www.gazzettino.it
Azienda ospedaliera, smantellate le tende Hanno accolto oltre 18 mila persone `Donato: «C’è stato un grande impegno nei giorni più difficili dell’emergenza di medici, infermieri e Protezione civile» `
SANITÀ Sono state smantellate ieri le dodici tende di pre-triage all’Azienda ospedaliera di Padova. Hanno accolto oltre 18 mila persone nei giorni più difficili dell’emergenza Coronavirus, diventando un punto di riferimento
IL BILANCIO PADOVA Hanno accolto oltre 18mila persone nei giorni più difficili dell’emergenza Coronavirus, diventando un punto di riferimento per tutti coloro che sospettavano di essere stati contagiati e avevano bisogno di sottoporsi al tampone orofaringeo. Sono state smantellate ieri le dodici tende di pre-triage all’Azienda ospedaliera di Padova, installate dai volontari della Protezione civile lo scorso 24 febbraio nell’area parcheggio di via San Massimo. «Il ruolo delle tende di pre-triage è stato strategico — spiega Daniele Donato, direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera —. Abbiamo intercettato molti positivi al virus, che sono stati messi in isolamento domiciliare o, nei casi più complessi, ricoverati. Dietro c’è stato un grande impegno di medici, infermieri e volontari della Protezione Civile. La speranza è di non dover più averne bisogno. Per questo rinnovo l’invito a tutti i cittadini, anche durante l’estate è necessario non abbassare la guardia. È necessario indossare la mascherina, rispettare il distanziamento sociale e mantenere l’igiene delle mani». Già da metà maggio il servizio di diagnosi per Covid è stato spostato all’ingresso posteriore di Malattie infettive. Le richieste gior-
naliere dall’inizio dell’emergenza a oggi in via Giustiniani sono scese da cinquecento a un centinaio al giorno. Rimangono attivi anche due container pre-triage davanti al Pronto soccorso.
SCHIAVONIA Attualmente all’ospedale di Schiavonia da un paio di settimane sono state smontate le dodici tende e ne rimane solo una da-
Per Confagricoltura l’assemblea annuale nell’ex zona rossa L’INCONTRO Padova Si svolgerà domani alle 18 a Villa Sceriman, a Vo’, l’assemblea annuale di Confagricoltura Padova, all’ombra di un vigneto per garantire la massima sicurezza in termini di distanziamento previsto dalle norme anti contagio. La scelta di riunirsi nella villa sui Colli Euganei è stata motivata dal fatto che si trova nel Comune simbolo della pandemia e l’azienda vitivinicola della famiglia Soranzo, proprietaria della villa, è stata tra le realtà più colpite dalle misure restrittive adottate fin dai primi giorni dell’emergenza per limitare la diffusione del virus.
APPUNTAMENTO DOMANI A VILLA SCERIMAN ALL’OMBRA DI UN VIGNETO PER GARANTIRE LA MASSIMA SICUREZZA DEI PARTECIPANTI
Le conseguenze della pandemia a livello economico saranno il tema dell’assemblea e della relazione presentata dal presidente Michele Barbetta (nella foto), che darà alcuni dati sulla recessione in corso e sulla situazione dei comparti agricoli. Agriturismi e cantine sono stati i due comparti legati al turismo e alla ristorazione di qualità che hanno patito le conseguenze più pensanti del lockdown, ma le difficoltà ci sono state anche per i settori del florovivaismo e della manutenzione del verde e poi per gli allevamenti di suini, delle vacche da latte, degli ovini e dei conigli e anche degli allevamenti ittici.
SITUAZIONE In questo momento la situazione per alcuni settori è in ripresa, sia pur lenta, ma per altri si è ancora in attesa che il mercato ritrovi un equilibrio. Il presidente Michele Barbetta farà anche una panoramica anche sull’andamento del 2019, contrassegnato anche da gravi danni alle colture da cimice asiatica, parassita degli ortaggi e degli alberi da frutta.
ASSESSORE
vanti al Pronto Soccorso. Un’altra struttura è ancora attiva al nosocomio di Cittadella. A Piove di Sacco invece tutte e due le tende allestite sono in dimissione. Ieri ha assistito alla rimozione delle tende in Azienda ospedaliera il vicepresidente della Provincia di Padova, Vincenzo Gottardo. «Nei momenti più duri dell’emergenza Covid in queste 12 tende di primo soccorso all’Ospedale di Pa-
dova – dichiara Gottardo - montate dalla Protezione Civile della Provincia, entravano tanti e tanti pazienti ogni giorno. Tra queste tende ho visto sofferenza, preoccupazione e lacrime di paura. Oggi finalmente inizia lo smantellamento. Dopo mesi intensi di lavoro sul territorio per dare supporto ai Comuni, ai cittadini e agli ospedali, oggi i nostri volontari di Protezione civile sono impegnati in una missione che ci fa avvicinare alla normalità. Un segnale positivo che dimostra che l’emergenza sta rientrando anche se dobbiamo mantenere alta l’attenzione. Grazie ancora ai nostri volontari sempre presenti con il cuore». Il primo intervento dei volontari è stato effettuato presso l’ospedale di Schiavonia con l’installazione di 12 tende della Regione del Veneto. Poi sono state installate le 12 tende di fronte al Reparto Infettivi dell’ospedale di Padova ed una al Pronto soccorso. Altre quattro a Camposampiero, tre a Cittadella, due a Piove di Sacco, una all’ospedale Sant’Antonio, all’Istituto oncologico Veneto, alla Direzione prevenzione dell’ospedale di Padova all’Rsa di Merlara. In totale la Protezione Civile ha montato 40 tende. Intanto il contagio in provincia di Padova non si ferma. L’ultimo report emesso da Azienda Zero mostra quattro nuovi casi nelle ultime 24 ore. Tra questi c’è anche un uomo di origini nigeriane di 36 anni, residente nel padovano. I positivi sono 70, tre in più mentre i negativizzati sono 3.600, uno in più. Sono in isolamento domiciliare 118 padovani, altre 23 persone sono entrate in quarantena ieri. I ricoveri di pazienti positivi sono tutti all’Azienda ospedaliera. Sette persone sono degenti a Malattie infettive, due in più rispetto al report di venerdì sera. Un paziente grave rimane ancora sotto osservazione in Terapia intensiva. Si tratta dell’imprenditore agricolo 58enne di Santa Margherita d’Adige, località di Borgo Veneto, trovato positivo al virus la scorsa settimana. Elisa Fais © RIPRODUZIONE RISERVATA
Ospite dell’assemblea di Confagricoltura sarà l’assessore regionale all’agricoltura Giuseppe Pan, che spiegherà quali sono le misure regionali messe in atto per sostenere le aziende per far fronte alle conseguenze della pandemia e quali progetti ci sono in serbo per il futuro.
QUATTRO I CONTAGIATI NELLE ULTIME 24 ORE, MENTRE IERI SONO ENTRATI IN QUARANTENA IN VENTITRÉ
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Primo Piano
Domenica 12 Luglio 2020 www.gazzettino.it
La grande opera dopo il test
IL TEST COMPLETO La fila delle paratoie sollevate: il test di venerdì ha consentito di misurare l’effetto del Mose
I DATI VENEZIA L’effetto Mose? Tutto in un grafico che confronta la marea prevista e quella realmente registrata venerdì a Punta della Salute, tra le 11.30 e le 13. Cioè nell’arco di tempo in cui le settantotto dighe mobili hanno separato per la prima volta nella storia la laguna di Venezia dal mar Adriatico. Che qualcosa fosse effettivamente successo, lo aveva in qualche modo testimoniato anche un gondoliere raccontato l’improvviso “morto d’acqua” mentre stava trasportando due turiste lungo un canale vicino a Santa Maria Formosa. E in effetti una differenza di mare c’è stata.
LE DUE CURVE A mettere nero su bianco i numeri è stato l’ingegner Giovanni Cecconi, fondatore di Wigwam Venezia, il laboratorio per la residenza e la resilienza nella salvaguardia della città d’acqua, in pensione dal Consorzio Venezia Nuova per il quale era responsabile della control room del Mose. Di fronte a una previsione di marea che pian piano dalle 11.30 alle 13 saliva da 16 a 40 centimetri sul mareografo di Punta della Salute, con il Mose sollevato completamente lo stesso riferimento registrava un andamento che dalle 11.30 si discostava in maniera decisa da quanto ipotizzato. Lo strappo più sensibile, attorno alle 13.30 quando la marea ipotizzata si attestava sui 44 centimetri e la rilevazione a Punta della Salute segnava 15 centimetri sul medio mare: una trentina di centimetri in meno di marea in laguna. In pratica l’effetto del Mose. «La certezza che episodi come quello dei 187 centimetri del 12 novembre scorso non si ripeteranno più», commenta l’ingegner Cecconi. O per dirla come il supercommissario dell’opera, Elisabetta Spitz, per dovere di istituzione più prudente, «la prova provata che il Mose funziona ed è già pronto. Noi stiamo lavorando perché Venezia e la sua laguna non siano più nell’emergenza». Sfumature, anche se la sostanza non cambia. (l’intervista integrale a pagina 8 dell’edizione nazionale).
ALTEZZA EFFETTIVA Analizzando il grafico in dettaglio le due curve - quella della previsione di marea e quella dell’effettiva marea presente in laguna - si incrociano solo più avanti, poco prima delle 16.30 per via della riapertura gradua-
Effetto Mose in laguna «Mai più marea a 187» `Le dighe hanno dimostrato di poter attenuare Venerdì durante la prova è stata raggiunta una differenza di 30 centimetri tra mare e laguna sensibilmente il livello, mettendo al riparo la città `
L'effetto Mose sulla laguna 60
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le delle barriere mobili e anche dei vari cicli di scambio di marea tra la laguna e il mare. Per tutta la mattinata e il primo pomeriggio di venerdì quindi, nonostante la diga mobile destinata a salvare Venezia sia stata riabbassata attorno alle 13, i due dati sono rimasti distanti. L’altezza effettiva del livello dell’acqua a Punta della Salute è stato di 21 centimetri alle 12, per poi calare drasticamente a 13 una mezz’ora dopo, risalire a 19
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I RILIEVI E IL GRAFICO ELABORATI DALL’INGEGNER GIOVANNI CECCONI E CONFERMATI DAL CONSORZIO
Porto, da 5 mesi gli operatori attendono risposte sui fanghi PORTO MESTRE La penultima volta che un esponente del Governo ha annunciato la soluzione del problema dello scavo dei fanghi nei canali portuali è stato lo scorso gennaio, sette mesi fa, quando il ministro dell’Ambiente Sergio Costa aveva risposto al parlamentare veneziano Nicola Pellicani spiegando che a febbraio sarebbe sceso in laguna assieme alla collega responsabile dei Trasporti e delle Infrastrutture Paola De Micheli per firmare il famoso Protocollo che deve contenere la nuova classificazione dei sedimenti da dragare in base alla loro maggiore o minore pericolosità. A febbraio non se ne fece nulla e l’altro ieri è toccato al ministro De Micheli annunciare che il decreto è pronto e che si
trova all’interno del decreto legge Semplificazioni nel quale «entrerà, in accordo con il ministro Costa, una norma che definirà il profilo attuale e futuro della gestione, quindi siamo pronti e a settimane entrerà in vigore». Se questa è la volta buona lo dirà solo il tempo. Intanto il ministro De Micheli, arrivato in laguna assieme al premier Conte per assistere alla prova di sollevamento di tutte le paratie del Mose, è stato accolto da una let-
UNA LETTERA HA RICORDATO AL PREMIER L’URGENZA DELLO SCAVO PER L’ECONOMIA
tera degli operatori portuali con la quale gli hanno ricordato che da oltre cinque mesi stano aspettando risposte sia sui fanghi, che stanno interrando il porto che per questo sta subendo decine di milioni di euro di perdite, sia sulle navi da crociera e sulla loro destinazione per evitare che passino per il bacino di San Marco e il canale della Giudecca. «Non una singola risposta - ha scritto a nome di tutti Alessandro Santi, presidente degli agenti marittimi di Venezia e coordinatore della Community degli operatori portuali e marittimi della Laguna -: Non è stato sufficiente che gli imprenditori e i lavoratori portuali scendessero in acqua con decine e decine di barche e riempire in Marittima a Venezia una sala stracolma, per accendere una fiammella di attenzione in seno al Governo».
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nel giro di alcuni minuti e poi mantenersi sostanzialmente stabile fino alle 13.30, quando la marea ha raggiunto i 20 centimetri ed è iniziata a risalire con andatura costante. Le previsioni? Diverse in tutto: dalle 12 alle 14, senza il Mose, la marea sarebbe salita (da previsione) da 20 a 40 centimetri. Dati che sono stati diversi negli orari nei vari luoghi della laguna: ad esempio nella parte della laguna sud, la chiusura in ritardo della diga di Malamocco per una mancata comunicazione ha portato ad un effetto Mose diverso nel tempo. Ciò che però conta è che l’effetto Mose c’è stato, le dighe hanno separato mare e laguna dividendo anche le altezze. E così anche novembre inizia a fare meno paura. Nicola Munaro © RIPRODUZIONE RISERVATA
IL MINISTRO Paola De Micheli, in visita a Venezia con il premier Giuseppe Conte
SALE LA RABBIA: «RISCHIAMO DI CHIUDERE A NULLA FINORA SONO SERVITE LE NOSTRE AZIONI»
Questi cinque mesi hanno fatto crescere la rabbia «in un porto che rischia di chiudere “per impraticabilità del campo” visto che la manutenzione dei canali non viene effettuata da anni e che le navi non riescono più a entrare e ormeggiarsi alle banchine. Un porto che, nonostante tutto, significa ancora 22.000 posti di lavoro, 6,6 miliardi di fatturato, ma anche l’hub principale per il polo industriale del nord est italiano e segnatamente del Veneto». Se si considera, inoltre, che il Protocollo fanghi è solo un pezzo del percorso, perché manca ancora il Piano morfologico della laguna che indicherà dove sistemare i fanghi per ridisegnare canali, barene, velme cancellate dall’erosione, si comprende perché la preoccupazione dei portuali è forte. (e.t.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
XVIII
San Donà
IL VICEPRESIDENTE DELLA REGIONE APPROFONDIRÀ IL TEMA DOPO LE ELEZIONI QUANDO L’AZIENDA ZERO FORNIRÀ ALTRE INDICAZIONI
di Piave
UN NUOVO MODELLO «Forse non è più opportuno pensare a una grande unità, come ad esempio l’Angelo, ma a un polo con più zone»
Domenica 12 Luglio 2020 www.gazzettino.it
mestrecronaca@gazzettino.it
“Taglia snella” per l’Ospedale nuovo `«Il Covid ha dimostrato che è meglio separare i reparti, In occasione del dibattito sulla sanità Gianluca Forcolin ha rilanciato l’idea del presidio sanitario fra Jesolo e San Donà così è più facile circoscrivere e isolare eventuali focolai» `
Due auto si scontrano: contusa pure una bambina
SAN DONÀ «Non più un nuovo ospedale di grandi dimensioni, ma una sorta di Cittadella della salute». È questa l’ipotesi prospettata dal vicepresidente della Regione Gianluca Forcolin a proposito della struttura da costruire tra San Donà e Jesolo, alla luce dei nuovi modelli scientifici e tecnici, che potrebbero essere necessari a causa dell’emergenza. La costruzione dell’ospedale nuovo sembrava accantonata, tanto che il presidente della Regione Luca Zaia, lo scorso anno, aveva ribadito che il progetto non era stato inserito nelle schede regionali. Argomento chiuso? Evidentemente no, perché si è tornati a parlare del nuovo presidio nell’incontro sulla sanità, svoltosi venerdì all’hotel Forte del ’48, promosso dall’associazione Veneto orientale, alla presenza di numerosi esponenti della politica locale e regionale. Nell’occasione Forcolin ha rilanciato e aggiornato il progetto. «Mi sono sentito in questi giorni con Zaia – ha spiegato – è emerso che in base alle nuove misure legate all’emergenza Covid non è più opportuno pensare ad una grande struttura, come quella, ad esempio, dell’ospedale all’Angelo di Mestre: il modello ‘grande ospedale’ potrebbe essere superato. In base alle mutate esigenze la giusta soluzione potrebbe essere un’altra, una struttura più snella, funzionale alle nuove esigenze di sicurezza di pazienti e personale». «In futuro - ha continuato Forcolin - si potrebbe pensare ad una sorta di ‘ospedale diffuso’, suddiviso in più zone. In caso di emergenza, sarebbe più facile circoscrivere e isolare eventuali focolai. Abbiamo capito che una struttura più piccola offre maggiori garanzie rispetto al contenimento di un contagio. Dovendo pensare ad una struttura nuova si deve tener conto di questo scenario».
«MODELLO PIÙ EFFICACE» Secondo il vice di Zaia si po-
MUSILE
IL PROGETTO L’intervento di Gianluca Forcolin all’incontro sulla sanità nel Veneto orientale. In alto l’ospedale dell’Angelo di Mestre.
trà riprendere il dibattito sul progetto nel mese di novembre, «a consuntivo, dopo le elezioni regionali. Con tutta probabilità dovremo attendere l’autunno anche per poter disporre di un modello scientifico-sanitario adeguato. In quel periodo l’Azienda zero potrebbe essere in grado di indicare il modello più efficace». Forcolin ha osservato che è necessario che la richiesta della nuova struttura parta comunque dai Comuni del Sandonatese e dello Jesolano, in particolare sul tema si dovrebbe esprimere la Conferenza dei sindaci sanità, aspetto questo legato alla sostenibilità della struttura e alla possibilità per la Regione di ottenere dei contributi dallo Stato, forte di una richiesta proveniente dal territorio. Davide De Bortoli © RIPRODUZIONE RISERVATA
Francesco Calzavara
«La Conferenza dei sindaci deve mutare atteggiamento» «Il voto del sindaco di San Donà (42mila abitanti) non può valere quanto quello di Teglio Veneto (2.279) all’interno della Conferenza dei sindaci». Lo ha fatto notare il presidente della II Commissione regionale Francesco Calzavara all’incontro sulla sanità del Veneto orientale. In sede di Conferenza, il voto di ogni sindaco ha lo stesso valore, senza guardare al “peso” della popolazione. E la Conferenza è l’ente da cui dovrebbe partire la richiesta per l’ospedale nuovo tra San Donà e Jesolo, procedimento analogo a quello che in passato doveva portare all’ospedale unico, ora accantonato. «Non può
INTERVENTO Francesco Calzavara
funzionare in questo modo – ha notato Calzavara – la conflittualità che abbiamo vissuto in questi anni ci ha tenuto bloccati, e ciò ha fatto
‘comodo’ ad altri territori. Hanno dimostrato che in Veneto orientale si discute senza arrivare mai a condividere realmente un progetto. L’ospedale nuovo è l’occasione per dare l’esempio di un territorio compatto, che si aggrega attorno ad una strategia e a una struttura: può essere l’ospedale in cui tutti si possono identificare; altrimenti tra qualche anno saremo ancora qui a discutere». All’incontro erano presenti i sindaci di San Donà Andrea Cereser e Oscar Cicuto di Teglio, quest’ultimo anche in qualità di vicepresidente della Conferenza di sindaci Sanità. D.Deb.
Con un clic si verifica la sanificazione dei lettini JESOLO Una sanificazione a basso impatto ambientale e soprattutto tracciabile in qualsiasi momento. Si chiama “SanyBeach” il nuovo progetto per la sanificazione di lettini e ombrelloni. Grazie alla collaborazione di due aziende trevigiane, Sgd Group e Minnovi, assieme all’esperienza in arenile di Jesolo Turismo Spa, è nato un accordo per aiutare concretamente il litorale jesolano, soprattutto in questo momento difficile dovuto all’emergenza sanitaria. L’intervento prevede la sanificazione di lettini ed ombrelloni con un prodotto disinfettante a basso impatto ambientale, seguen-
do istruzioni e protocolli messi a disposizione da Sgd Group. Per verificare la trasparenza degli interventi e l’esecuzione della sanificazione, Minnovi ha sviluppato una registrazione delle attività tramite app, consultabile anche dal sito web dedicato per la verifica dei dettagli della disinfezione, accessibile tramite scansione del codice Qr presente sotto l’ombrellone. Sanybeach.com offre la possibilità di conoscere in quali bagni viene eseguito il trattamento di sanificazione, oltre a fornire dettagli ed informazioni utili ai fruitori dei lettini e degli ombrelloni. Il sistema è già operativo negli stabilimenti di Jesolo Turismo, Oro Beach, Green Beach e Platinum Beach (per un totale di cir-
ca 2300 lettini), oltre ad altri stabilimenti sul litorale. «Ringraziamo le due aziende – precisa Alessio Bacchin, presidente di Jesolo Turismo – per averci coinvolto in questo progetto che è in linea con gli standard di assoluta eccellenza della nostre attività. E’ un servizio innovativo, che crea valore per i clienti di Jesolo Turismo e per la città». Giuseppe Babbo
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Incidente in montagna: arriva l’elicottero CEGGIA
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IL SISTEMA SANYBEACH FORNISCE I DETTAGLI DELLE OPERAZIONI MEDIANTE CODICE QR
Spettacolare incidente stradale, fortunatamente senza gravi conseguenze per gli occupanti delle due vetture coinvolte. Tra questi, tre in tutto, anche una bimba di 7 anni, che non ha subìto contusioni, ma solo tanto spavento. Il fatto è avvenuto verso le 8.30 di ieri, all’intersezione tra le vie Millepertiche e Caposile, nel comune di Musile. Coinvolte una Saab ed una Kia. Le persone coinvolte sono rispettivamente da Mogliano Veneto e San Biagio di Callalta. Una vettura arrivava da via Millepertiche e si stava immettendo in via Caposile, da dove sopraggiungeva l’altra. Sembra che la prima non abbia rispettato la precedenza. L’impatto è stato violento, al punto che i primi ad intervenire hanno pensato che le conseguenze potessero essere state molto gravi per chi stava a bordo; e infatti, scattato l’allarme, l’ambulanza del Suem 118 è partita in codice “rosso”. La bambina, come detto, non ha riportato conseguenze fisiche. Le altre due persone sono state portate all’ospedale di San Donà in codice “giallo”. Sottoposte ai controlli del caso, non sono risultate gravi. Sulla dinamica sono in corso accertamenti da parte della Polizia locale di Musile. Sul posto sono intervenuti anche i pompieri sandonatesi. La circolazione sull’arteria è rimasta interrotta per circa un’ora. (F.Cib.)
SOLE E SICUREZZA Il sistema è già operativo in alcuni stabilimenti (nella foto il Platinum Beach), per un totale di circa 2300 lettini.
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Disavventura montana per una donna di Ceggia. l’incidente è avvenuto a Misurina, comune di Auronzo di Cadore (Bl). Venerdì C.P., 52 anni, scendendo dal rifugio Fonda Savio, si è procurata una distorsione a un ginocchio. Sul posto è atterrata l’eliambulanza dell’Aiut Alpin Dolomites di Bolzano che ha portato la ciliense all’ospedale di Belluno. Pronto per eventuale collaborazione anche personale del Sagf. Le condizioni della donna non destano preoccupazione. (F.Cib.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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LA TAPPA DI GOLETTA VERDE Raccolti nella spiaggia di ValleVecchia di Caorle, l’area di Veneto Agricoltura, 20 sacchi di immondizia, polistirolo e plastica grazie a Legambiente
Domenica 12 Luglio 2020 www.gazzettino.it
Lorenzoni, addio a Padova (con veleni) Il candidato del centrosinistra in Regione si dimette da vicesindaco `Dalla nascita di Coalizione civica (2017) alla rottura, con uno sfogo: Un distacco dal Comune che sancisce anche una lontananza politica «Ho pensato sempre al bene della città. Senza vendermi a nessuno» `
tenando l’entusiasmo di molti ragazzi e, da professore universitario di Economia dell’energia, supera la soglia del 20% al primo turno risultando poi decisivo al ballottaggio. Il 25 maggio 2017 Bitonci è sconfitto, Giordani è il nuovo sindaco e lui è il vice. Lo sostengono due civiche: Orizzonti e Coalizione. I primi due anni passano senza grandi scossoni e portando avanti un ambizioso progetto, quello delle nuove linee del tram. Le critiche interne non mancano, dall’uso dei parcheggi alle ciclabili, ma a sinistra buttano tutti acqua sul fuoco: «È normale dialettica civica».
VERSO LE ELEZIONI PADOVA È una fredda serata d’autunno. Alla Fornace Carotta, sede dell’assemblea di Coalizione Civica, la temperatura però è bollente. L’ala sinistra che sostiene la giunta di Padova sta discutendo un importante tema urbanistico e la maggioranza vota contro una proposta del vicesindaco Lorenzoni. «Arturo, questa volta noi non siamo d’accordo con te». Il professore non la prende affatto bene. Si inalbera, chiede spiegazioni, ne nasce un acceso botta e risposta. Al culmine del confronto, un attivista della prima ora sbuffa: «Arturo, ricordati che la fiducia si guadagna a gocce ma si perde a secchi». Per raccontare la crisi del terzo anno tra il professore e il suo popolo arancione bisogna tornare indietro di qualche mese, a quella sera. Il voto contro non è una sfiducia, certo, ma è un segnale. Dopo questa prima crepa ne arrivano altre, fino alle tensioni degli ultimi due mesi e al paradosso degli ultimi giorni: Lorenzoni al comando di tutto il centrosinistra veneto ma, al tempo stesso, sempre più solo a Padova. «È andata così - mormora lui coi suoi fedelissimi - perché io ho pensato solo al bene della città. Senza vendermi a nessuno».
IL PARADOSSO Per chi la guarda da fuori è una storia quasi inspiegabile. «Ma cosa sta succedendo? Perché litigano tra loro? Il nemico non è la Lega?». Domande che si rincorrono da Vicenza a Verona, da Venezia a Treviso. Fino a Rovigo, dove ieri si è tenuta l’assemblea regionale del suo movimento “Il Veneto che vogliamo”. A microfoni accesi si è parlato del programma elettorale, delle sfide future, della necessità di essere uniti e compatti. A microfoni spenti, però, hanno tenuto inevitabilmente banco anche le manovre politiche per la sua successione padovana. Le dimissioni di Lorenzoni sono attese per l’inizio della settimana (forse già domani): l’assessore Micalizzi
LE CREPE
addivenire a condizioni più favorevoli». Il governatore veneto, parlando di sanità, si è poi proiettato al giudizio di parifica del prossimo anno: «Il Covid peserà molto: abbiamo investito, non dico speso, per la salute dei veneti oltre 235 milioni di euro e abbiamo assunto e stabilizzato un migliaio di dipendenti in più. La sanità è una sfida quotidiana e noi cerchiamo di vincerla anche attraverso l’attività che viene svolta dall’Arpav, che finanziamo considerandola una spesa sanitaria, in quanto si occupa di fatto della tutela della salute dei nostri cittadini».
Si arriva così all’autunno 2019 e a quelle prime crepe che poi, nei mesi successivi, si allargheranno sempre più. Quando a febbraio Lorenzoni lancia ufficialmente la sfida a Zaia, Orizzonti mette il cappello alla sua candidatura mentre da Coalizione non arriva un appoggio formale. «La maggior parte di noi lo sostiene, certo, ma al nostro interno c’è anche Rifondazione che invece ha fatto un’altra scelta. Noi siamo una forza composta da tante anime». Si arriva così all’emergenza Covid, con Zaia in diretta quotidiana e Lorenzoni pressato da Coalizione per dimettersi dal municipio. «È tempo di pensare solo alla campagna elettorale». Lui però prende tempo: prima attende di incassare l’appoggio ufficiale del Pd (arriverà a inizio giugno) e poi chiede garanzie sulla sua successione in municipio giocando la partita in prima persona. Una partita tesa, come sempre capita quando in ballo c’è un rimpasto di giunta. Una partita che formalmente si chiuderà solo nei prossimi giorni. Ieri a Rovigo le assessore arancioni di Padova (Benciolini, Gallani, Nalin) hanno posato sorridendo con lo slogan «Tutto un altro futuro con Arturo». Una mano tesa. Perché alla fine, nonostante le tensioni, a Padova lo sanno bene: tra i due litiganti, il rischio è che goda il centrodestra. Gabriele Pipia
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CANDIDATO Arturo Lorenzoni ieri all’assemblea di Rovigo, dove ha incontrato gli amministratori polesani, per lanciare la proposta del centrosinistra per le prossime elezioni regionali e, a destra, con il sindaco di Padova Sergio Giordani: lascerà la poltrona di vicesindaco per dedicarsi alla campagna elettorale
(Pd) è favorito per la carica di vicesindaco mentre il presidente di BusItalia Ragona (Coalizione Civica) è in pole per diventare assessore ad urbanistica e mobilità. Una doppia scelta non gradita a Lorenzoni, che invece ha messo sul tavolo del sindaco altre tre proposte spingendo per un nome di sua fiducia.
IL PERCORSO Lorenzoni compare sulla scena politica padovana all’inizio del 2017, conquista subito il sostegno di un’importante area civica sca-
VALZER DELLE NOMINE PER IL RICAMBIO IN MUNICIPIO: E I FAVORITI NON SONO GRADITI ALL’USCENTE ARTURO
Il giudizio di parificazione della Corte dei conti
Zaia: «I soldi all’Arpav? È spesa sanitaria» VENEZIA Via libera della Sezione di Controllo per il Veneto della Corte dei Conti ai bilanci di Palazzo Balbi. Nell’udienza pubblica di venerdì è stato dato il giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione del Veneto per l’esercizio finanziario 2019. Tra gli aspetti gestionali più positivi la procura ha segnalato la costante riduzione del disavanzo di bilancio, tanto da poter prevedere che la Regione possa recuperarlo interamente in un paio di esercizi. Il procuratore Paolo Evangelista ha sollecitato l’estinzione anticipata degli strumenti finanziari Derivati, in quanto eccessivamente
onerosi. Per quanto riguarda la spesa sanitaria è stato messo in discussione il finanziamento ad Arpav. «Con onestà riconosco che abbiamo alcune importanti partite aperte - ha interloquito il governatore Luca Zaia - ma assicuro che stiamo lavorando nella direzione indicata da questa Sezione della Corte dei Conti. Sul tema dei Derivati, stiamo monitorando il mercato per trovare nuovi prodotti finanziari e per rinegoziare questi strumenti. E lo stesso stiamo facendo sui Progetti di Finanza e speriamo che nuovi provvedimenti legislativi nazionali, da noi stessi invocati, ci consentano di
Bartelle con gli ambientalisti Ferrari con i renziani e il Psi
ALL’APERTO La presentazione della lista Veneto Ecologia Solidarietà con Patrizia Bartelle e Michele Boato (al centro). Nella foto piccola Franco Ferrari
Pizzarotti, di cui fa tuttora parte. Ma Lorenzoni perde anche un altro appoggio: quello del consigliere regionale Franco Ferrari, eletto nel 2015 con la lista Alessandra Moretti Presidente e che ora con il suo movimento Civica per il Veneto ha deciso di sostenere, con i renziani di Italia Viva e i socialisti, la senatrice vicentina Daniela Sbrollini. Al netto di possibili altre candidature, il centrosinistra correrà dunque con tre distinti e contrapposti blocchi.
“compatibili” con gli equilibri di connivenza o di calibrata ripartizione». In lista, tra gli altri, il padre storico dell’ambientalismo veneto Michele Boato, Andreina Visconti, Osvaldo Piccolotto, Giancarlo Gazzola, Gianluigi Salvador. Franco Ferrari ha scelto invece la sua Camponogara per confermare lo strappo dal centrosinistra di Lorenzoni e il sostegno alla renziana Sbrollini. La sua “Civica per il Veneto” sarà rappresentata, assieme a Italia Viva e al Psi, in un’unica lista che avrà i simboli di tutte e tre le formazioni politiche. Al.Va.
GLI ANNUNCI VENEZIA Il centrosinistra di Arturo Lorenzoni perde un altro pezzo. Anzi, due. Gli ambientalisti “duri e puri”, quelli per intenderci di Michele Boato, saranno presenti alle prossime elezioni regionali con un proprio candidato presidente: si tratta di Patrizia Bartelle, la consigliera regionale che cinque anni fa era stata eletta con il M5s, da cui era poi polemicamente uscita (disse che il Movimento era un «alleato succube della Lega nel referendum per l’autonomia»). Bartelle ha poi aderito a Italia in Comune del sindaco di Parma Federico
LE SCELTE La candidatura di Patrizia Bartelle, polesana, 59 anni, è stata presentata ieri mattina a Ve-
nezia, davanti al Palazzo della Regione, vicino alla stazione ferroviaria. «Alla luce del sole e in mezzo alle persone», ha sottolineato. La lista si chiama “Veneto Ecologia Solidarietà” ed costituita «dai protagonisti delle lotte per difendere la salute e l’ambiente dall’assalto di cementifi-
L’EX GRILLINA: «LE OPPOSIZIONI? SONO DEBOLI O PERFINO COMPATIBILI CON CHI GOVERNA»
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cazione, contaminazione di acque, aria e suolo, grandi opere inutili, aggressione turistica». E perché non con Lorenzoni? «Fortemente critici rispetto all’operato dei partiti della giunta Zaia, i comitati non si riconoscono nelle forze di opposizione, giudicate deboli o perfino
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Primo Piano
Domenica 12 Luglio 2020 www.gazzettino.it
I kosovari trevigiani: «Covid, troppi contagi facciamo le ferie qui» Il referente della comunità: «Avevamo comprato i biglietti d’aereo per tornare in patria ma abbiamo annullato tutto» `
NO AL RIMPATRIO TREVISO Il Coronavirus fa saltare le ferie in Kosovo. Molte persone che vivono nella Marca ma che sono nate nella zona dei Balcani hanno già deciso che per quest’estate non torneranno in patria. Troppo elevato il rischio di contrarre e diffondere il Covid. Tra loro Bajram Desku, 53 anni, arrivato nel Trevigiano nel 2007 e diventato un riferimento della comunità kosovaro-albanese. «Avevamo già comperato i biglietti dell’aereo per tornare in Kosovo ma poi abbiamo deciso di annullare tutto –racconta–, in questo momento di emergenza sanitaria non ha senso correre dei rischi. Anzi, molti della nostra comunità hanno già rinunciato a passare le ferie nel Paese d’origine. Ci torneremo quando la situazione generale lo consentirà».
I RISCHI
LA CONSEGNA Bajram Desku referente della comunità kosovara consegna al governatore Luca Zaia l’assegno da undicimila euro raccolti per sostenere la lotta alla diffusione del Covid
Sono 200 i cittadini originari del Kosovo che gravitano nella Marca. Ma se si allarga il cerchio si arriva a contare migliaia di persone. Di fatto seguiranno il consiglio di Anna Pupo, direttore del servizio Igiene e sanità dell’Usl. «Vista la situazio-
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ne epidemiologica in alcuni Paesi dell’area balcanica –è stato il suo appello– sarebbe opportuno che quest’anno coloro che sono originari di quelle aree rinunciassero al rientro per non esporre sé stessi, le proprie famiglie e la comunità intera a rischi». Così sarà, almeno in buona misura. E i soldi per chi ha rivisto i piani dopo aver acquistato i biglietti aerei? «Probabilmente sono persi –dice Desku–. In questo momento però quelli da Venezia all’Albania non costano tanto». Sulla decisione ha inevitabilmente inciso quanto si è visto nell’ultima settimana. In poco più di tre giorni nel Trevigiano sono emersi sette contagi legati a persone rientrate dal Kosovo. Tra loro due cognate di 55 e 57 anni arrivate domenica con un pulmino partito dai Balcani che trasportava una ventina di passeggeri, comprese diverse
IN POCHI GIORNI NELLA MARCA SONO EMERSI SETTE CONTAGI DI PERSONE ORIGINARIE DELL’AREA BALCANICA, UNA È INCINTA
badanti. E poi c’è il contagio di un’intera famiglia, a sua volta originaria del Kosovo, residente della zona di Treviso: dopo l’uomo di 67 anni risultato positivo dopo una corsa al Ca’ Foncello per un infarto, è stato evidenziato il contagio anche della moglie 62enne, della nuora incinta e dei nipotini di 8 e 5 anni. «Tornare in Kosovo adesso significa anche –sottolinea Desku– rispettare un periodo di isolamento domiciliare di 14 giorni quando rientra in Italia. Così il gioco non vale la candela. Senza contare che c’è pure il rischio che vengano improvvisamente chiuse le frontiere restando bloccati».
LA DONAZIONE Proprio nei giorni scorsi la comunità imprenditoriale kosovaro-albanese di Treviso ha consegnato al governatore Luca Zaia un assegno da 11mila euro per contribuire alla lotta contro il Coronavirus. «L’Italia ha sempre fatto tanto per la nostra terra d’origine –conclude Desku– e da parte nostra abbiamo voluto provare a ricambiare in un momento così complesso». Anche saltando le ferie nei Balcani. Una scelta niente affatto scontata per chi vive tutto l’anno lontano da casa. Mauro Favaro © RIPRODUZIONE RISERVATA
IL GIORNALE DI VICENZA
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Telefono 0444.396.311 Fax 0444.396.333 | E-mail: cronaca@ilgiornaledivicenza.it
IL COMUNALE IN CRISI. Le regole di distanziamento non consentono di riempire le sale: la giunta ha previsto nell’assestamento di bilancio un contributo di 380 mila euro
Conti e capienza ridotta: teatro in ginocchio Illockdown hacausatoundeficit nelbilanciodellaFondazione chepensa diriaprireanovembre ma potranno entrare 350 persone Nicola Negrin
Se si dovesse scegliere un genere si dovrebbe parlare di uno spettacolo drammatico. «Purtroppo - conferma l’assessore alla cultura Simona Siotto - la situazione è pesante». Sì, perché non bastava il lockdown a mandare in crisi il teatro comunale, adesso anche la ripartenza rischia di mettere in seria difficoltà la Fondazione che da una parte si trova con la volontà di far ripartire l’attività a novembre ma dall’altra deve fare i conti, nel vero senso della parola, con delle regole troppo strette. «Basti pensare - interviene Pier Giacomo Cirella, segretario generale della Fondazione - che ci sono delle differenze enormi tra Regioni. Il governo ha parlato di duecento persone al massimo in una sala chiusa, il Veneto ha stabilito che è sufficiente mantenere il distanziamento, mentre in Puglia è stato dato il via libera a spettacoli al chiuso con mille persone. Noi quanti ne potremmo tenere? Al massimo 350/380 su una sala da 900 posti». La difficoltà si traduce prima di tutto in una questione economica. «Come amministrazione - afferma Siotto abbiamo deciso di erogare un contributo importante che dovrà essere confermato dal Consiglio comunale nei prossimi giorni con l’approvazione dell’assestamento di bilancio». La giunta, nella delibera che dovrà essere esaminata giovedì in aula, ha previsto di stanziare 380 mila eu-
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Abbiamo decisodinon attendereaiuti madiintervenire subito SIMONASIOTTO ASSESSOREALBILANCIO
ro «che - continua l’assessore - comunque non bastano per mantenere l’equilibrio di bilancio della Fondazione, considerato che è stata stimata una chiusura in perdita di 200 mila euro, vista l’impossibilità di riempire la sala». E aggiunge: «La nostra è stata una scelta di responsabilità. Non siamo stati qui a sperare in un aiuto esterno, ma abbiamo voluto dare subito un supporto alle nostre realtà. Certo, se non passa l’assestamento di bilancio, il rischio è che non apra nemmeno la stagione». Cirella non si nasconde: «Ad oggi siamo in profondo rosso. L’obiettivo è cercare di contenere il deficit». Già, ma la missione non è semplice «perché - afferma - non sappiamo ancora se cambieranno le regole da qui a novembre, quando auspichiamo di far ripartire l’attività». I conti sono presto fatti: «Se prendiamo l’attuale decisione del governatore Zaia, allora possiamo considerare di far conto su una capienza di 150/160 persone per quanto riguarda il ridotto e di 350/380, invece, per la sala grande. Si capisce che, sì, possiamo attivarci ma la situazione non è delle migliori. Solo per soddisfare gli abbonati dovrei fare ogni volta almeno cinque serate, il che non è semplice e soprattutto è costoso. È chiaro che cercheremo di organizzare cose piccole, ma di qualità, che permettano di contenere i costi e di andare non dico in pareggio con la vendita dei biglietti, ma almeno di riuscire a mantenere un equilibrio tra quello che spendo e quello che recupero». Tra le difficoltà una nota positiva: «In tanti hanno deciso di rinunciare al rimborso o al voucher per “il nostro bene”. Questo è un segnale di attaccamento e ci fa piacere. Siamo riusciti a “tenere” 40 mila euro». • © RIPRODUZIONERISERVATA
Lascheda IDATI Secondoi numerichesono staticomunicatidalla Fondazionequalche settimanafa,il peso del lockdownsiè fattosentire inmanierapesante inviale Mazzini.Basta adesempio considerarel’attività relativaa poco piùdi un mese.A partiredal 24 febbraio,primo giornodi chiusuraforzatadel teatrocomunaledi Vicenza,fino ad inizio aprile,gli spettacolie gli eventisaltati sonostati unacinquantina (49);sono 579 legiornatelavorative persedel personale del teatro;sonooltre 250 gli artistichehanno dovuto rinunciareadesibirsi, 18.824glispettatori che nonsonoandatia teatro, peruntotale di mancati incassipari a 334.414 euroe perundanno economicochesuperai 500 milaeuro. Da quila decisionedel Comune di correreai ripari conun contributostraordinario di380 mila euro. Ilperiodo dichiusura forzatadel teatrocorrispondealclou dellastagione artistica del comunale,connumerose datedatutto esaurito. E, oltreal dannodei mancati incassi,è anche una ripresasenzacertezze quellachepreoccupa gli organizzatori,vistala precarietàdella situazione.In una lettera apertailpresidentedella Fondazionedel teatro, RobertoDitri,ha ringraziatochiha rinunciatoairimborsiper sostenerel’attività e tutti colorochehanno dato messaggidi solidarietà ancheaidipendenti (compresiquelli dell’indotto).Nella speranzaditornare a fruiredelle «tante opportunitàche spesso abbiamodato per scontate».Larispostada partedeitanti abbonati nonsi èfatta attendere. © RIPRODUZIONERISERVATA
LaFondazione teatrocomunale si trova afarei conticon undeficit di bilancioe conunaripartenza tramille dubbi
LALUNGA LITE. LasocietàPremiercontestavail bandoperla Piarda
IlComune siaggiudica labattagliadel tennis IlConsigliodiStatoharespinto l’ennesimoricorso Il concetto di base è semplice: ricorso respinto, fine della questione. Anche se nella sentenza la formula è decisamente più articolata: “Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile”. E inoltre “condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei resistenti Provincia di Vicenza e Comune di Vicenza, delle spese di lite del giudizio, che liquida in euro 7 mila complessivi per ciascuno di essi, oltre Iva e Cpa se dovute”. Sembra dunque essere davvero arrivata al punto finale la battaglia legale dei campi da tennis della Piarda, al centro di un contenzioso che si trascina da anni tra la Premier sport team da una
IlConsiglio di Statoha respinto ilricorsodellaPremier sport
parte, e Comune e Provincia dall’altra, dopo la pubblicazione, tre anni fa, di un bando pubblico per l’individuazione dei gestori degli impianti. La parola fine pareva in realtà già essere stata messa dal Tar, ma i privati hanno risposto con un ulteriore ri-
corso al Consiglio di Stato. Che un anno fa lo aveva già respinto. A quel punto la società ha presentato però un nuovo ricorso per revocazione, ma la decisione dei giudici è stata la medesima. La vicenda è complessa. Nella primavera del 2017 il Co-
mune pubblicò un bando di concorso per l’assegnazione dell’impianto ex Gil alla Piarda che era stato gestito fino a quel momento dalla società Tennis Palladio ’98, con concessione in scadenza in agosto. Vi furono notevoli proteste, da più parti, per alcune clausole previste nel bando, che venne rimodulato e riproposto in luglio con alcune modifiche. La società Premier sport team ssd presentò ricorso al Tar, e la Provincia, stazione appaltante, congelò il bando. Nel frattempo venne data una proroga alla Tennis Palladio per la prosecuzione dell’attività. A maggio 2019 il Tar diede ragione al Comune, che a quel punto affidò la gestione alla Palladio, vincitrice del bando. La Premier che, va precisato, non aveva partecipato al bando di gara, però, si è rivolta al Consiglio di Stato, ritenendo che il Tar non avesse esaminato correttamente la vicenda. Due i requisiti richiesti dal bando e contestati dalla società: l’aver organizzato negli ultimi 5 anni due tornei Atp e il dover essere affiliati alla Fit. Per il Comune il bando era regolare e non discriminatorio. A.Z. © RIPRODUZIONERISERVATA
CONTROLLI. Nonostanteordinanzee sopralluoghinon cessanoi bivacchi in luoghisensibilidel centro sindallamattina
Riposanudoa Campo Marzo,multato Ilcampano,di68,era ubriaco Siestaanchedavantial Chiericati Giulia Armeni
Nudo alla meta. Che, nel caso di P.A., 68 anni, originario di Ercolano, era una panchina di Campo Marzo. Lì, completamente svestito, l’uomo ha dato spettacolo giovedì mattina, prima che l’intervento della pattuglia antidegrado della polizia locale mettesse fine al siparietto. Ad accorgersi dell’inusuale presenza
sono stati alcuni passanti. Il pensionato, in stato di ubriachezza, come constatato poi dagli agenti, sedeva totalmente senza veli su una delle panchine del parco. Accanto a sé, alcune bottiglie aperte di vino e superalcolici. Proprio al consumo di alcol, che gli avrebbe provocato un caldo insopportabile tanto da costringerlo a spogliarsi, il campano avrebbe dato la colpa del suo comportamento.
Lasituazione ierimattina davantiapalazzo Chiericati. FOTOARMENI
Una spiegazione, resa ai vigili che lo hanno raggiunto intorno alle 11.15, che non è bastata ad evitargli una sanzione per atti contro la pubblica decenza, per ubriachezza e per consumo e detenzione di bevande alcoliche, assieme all’invito a rivestirsi. Ma gli spazi pubblici e l’arredo urbano vengono sfruttati per sieste e pisolini anche dall’altro capo del centro storico: nel prato di fronte a palazzo Chiericati, proprio mentre ieri mattina andava in scena la mobilitazione dei gruppi arcobaleno per i diritti Lgbt a favore del disegno di
legge Zan, c’era infatti chi riposava sull’erba e sulle panchine. Due uomini che, incuranti del viavai di gente, dormivano beatamente al riparo degli alberi. Uno dei due aveva anche steso un telo a terra, togliendosi le scarpe e imbastendo una sorta di cuscino con una sacca. Peccato che il regolamento comunale di polizia urbana proibisca il bivacco in generale in tutte le aree “pubbliche o aperte al pubblico” e che proprio palazzo Chiericati, per quanto nelle aree della scalinata e del sottoportico, sia uno dei luoghi maggiormente attenzionati. Il museo civico è infatti inserito, assieme a ponte San Michele e ai portici di Monte Berico, tra i siti sorvegliati spe-
ciali nell’ordinanza firmata dal sindaco Francesco Rucco e che vieta proprio lo stazionamento e la sosta prolungata e immotivata. Un giro di vite ulteriore rispetto alla normativa già esistente che sarà in vigore fino al 31 dicembre e che prevede multe da 25 a 500 euro. Verbali che hanno già cominciato a fioccare: in un solo giorno, la settimana scorsa, ne sono stati elevati 17 per bivacco, di cui dieci lungo i portici di Monte Berico, due in piazza Matteotti, tre in corso Palladio, uno a Santa Lucia e l’altro in piazzale Bologna. Ieri mattina però, il riposo all’ombra di palazzo Chiericati è andato avanti, indisturbato, a lungo. • © RIPRODUZIONERISERVATA
Cronaca 19
IL GIORNALE DI VICENZA Domenica 12 Luglio 2020
PROTEZIONECIVILE. Invia Muggiala consegnadegli attestatidopole lezionitenutea distanza
Covid, la biosorveglianza eviterànuovilockdown Ilservizioregionalearruola38volontariformati durantelapandemia Bottacin: «Armi affinate, ogni minimo focolaio viene subito aggredito» Laura Pilastro
Nei momenti più duri dell’emergenza, quando i “colleghi” scendevano in campo per la consegna del materiale sanitario agli ospedali, l’assistenza in fase di triage, la distribuzione delle mascherine ai cittadini, loro preparavano il ricambio generazionale. I 38 nuovi volontari appena arruolati dalla protezione civile vicentina hanno tratto dai mesi passati la motivazione definitiva per decidere di dare il proprio contributo. Sono i 29 uomini e le 9 donne - età media 30 anni - che hanno concluso di recente il corso base necessario per entrare a far parte del sistema regionale di protezione civile, un «esercito di pace» che può contare su 20 mila volontari, 2.500 solo nel Vicentino, come ha ricordato ieri mattina l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin, presente alla cerimonia di consegna degli attestati nella sede della protezione civile berica di via Muggia, assieme al consigliere provinciale competente, Massimiliano Dandrea. «Quello appena concluso è un corso che ha caratteristiche uniche - ha esordito il
consigliere - perché si è svolto in un periodo di emergenza sanitaria, che ha costretto per la prima volta a lezioni in modalità e-learning. Ma anche per la giovane età dei partecipanti, una decina sotto i 20 anni, sul cui desiderio di mettersi a disposizione ha probabilmente influito l’emergenza stessa». Di qui, i ringraziamenti, ai quali ha partecipato anche Bottacin: «La protezione civile c’è sempre e, lo dico con orgoglio, fa sempre bella figura per la professionalità e l’umanità con cui opera. Il Veneto ha un numero di volontari quasi uguale a quello della Lombardia, che però ha più abitanti. E non è solo un discorso di quantità, ma di qualità. Durante le fasi più buie del Covid-19, i volontari veneti, che operano a titolo gratuito, hanno donato alla collettività oltre un milione di ore, per un
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L’emergenza haspintoiragazzi amettersi adisposizione Moltigliunder20 MASSIMILIANODANDREA CONSIGLIEREPROVINCIALE
equivalente di 27 milioni di euro». In particolare, nel Vicentino, sono state 15 mila le giornate lavoro, 120 mila le ore dedicate, per 3,3 milioni di euro equivalenti. Risorse umane preziose anche in vista di una eventuale nuova ondata del virus in autunno, cui ci si prepara così: «Abbiamo affinato le armi, in termini di cure, di protezione passiva, ma anche di protezione attiva, col sistema di biosorveglianza che ci permette di aggredire ogni minimo focolaio che si sviluppa e di evitare nuovi lockdown - spiega l’assessore -. Lo vediamo anche in questi giorni: ci sono dei piccoli focolai, che vengono immediatamente isolati». I nuovi volontari, che per regolamento devono essere già iscritti ad un’organizzazione di protezione civile locale, provengono da tutto il Vicentino: da Bassano a Lusiana, da Costabissara a Lonigo. Le stesse organizzazioni di appartenenza sono le più varie, comprendendo i radioamatori di Thiene, il corpo antincendio di Marostica, i volontari cinofili, l’antincendio boschivo di Romano d’Ezzelino. Competenze che arricchiscono il sistema regionale. •
Ilbollettino NESSUNAVITTIMA MAAUMENTANO ICASI POSITIVI Stranierie sempre più giovanisonoi nuovi casi di positivitàriscontrati nell’arcodelle ultime24 oree resinoti dall’Azienda Zero.Sitrattadi unsolo italiano,giovane, di28 anni.E poistranieri:un trentennenigeriano,un 40enneeuna 30enne, entrambidel Camerun, una40enne rumena,un giovane,22 anniappena, delMali,una moldavadi 38,un senegalesedi 23. Questie altripositivi riscontratihanno fatto scattarel’isolamento fiduciarioper74persone intuttoil Veneto. A Vicenzaattualmente sono 42. Lasituazionenegli ospedalidel Veneto è sostanzialmenteinvariata. Restanoricoverati in rianimazionein9di cui3 ancorapositivi (unoè a Vicenza).Neireparti non criticirestanoin141. Nessunanuova vittima.
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Laconsegna degliattestatinella sala operativaprovinciale di protezione civile. FOTOSERVIZIO COLORFOTO
Lapiù giovanedel gruppo
A5annil’incendioincasa «Misiinsalvomiasorella» Aveva5anniquando reagìalla suaprima emergenza,un incendiotra le mura domestiche.Ricorda ancorail fumoele fiammeequell’istinto chelaportòa metteresubito in salvola sorellinapiù piccoladi unannoeallertare lamamma cheeradilà incucina.Angelica Sartororaha18 anniedèla più giovanetra i volontariappena entratinella grandefamiglia dellaprotezionecivile vicentina.Perlei la solidarietàè un’attitudinecoltivatasin da bambina.Originaria diDueville, digiornostagista inun’azienda
AngelicaSartor, 18anni diautomazioneindustriale,disera studentessasui banchi dell’istitutotecnico industriale Rossi,la ragazzaèunanuova leva delgruppodiprotezione civiledi
Sarcedo,nellecui filaè entrata nonappenadiventata maggiorenne.«Inizialmente volevofareil pompiere, mapoi ho temutochetrasformarela mia passionein lavoroavrebbe finito colmarchiarlainmodo diverso. Quindimisono avvicinataalla protezionecivilegià all’età di16 anni.Per partecipare alle missioni, però,c’eral’obbligo dellamaggiore età.Ho aspettatoeil giorno del miocompleannomi sonoiscritta». Poiil corso basecheinizialmente è statosospeso a causadel lockdowneinfinesi ètenuto con formulaonline. Intanto,la prima missioneèstata archiviata: «Ho partecipatoallo smontaggiodella tensostrutturapersenza fissa dimoraallestitadavanti alteatro Astra.Aiutare gli altri -riflette dopoaver ricevutol’attestato tantosognato- significaaiutare anchese stessi». L.P. © RIPRODUZIONERISERVATA
IL LUTTO. La titolare dell’omonimo bar di via Galilei, che aveva gestito dal 1958 al 2018, si è spenta l’altra notte a 83 anni
AddioaFlavia, lavitadietroalbancone Siè battuta per aprire ladomenica «Sorridentee attentaconi clienti» Marta Benedetti
Bisognava tenere aperto la domenica, che facesse freddo o caldo. L’importante era offrire, soprattutto alle persone sole, un posto in cui stare. Tra una battuta e uno spunciotto, la signora Flavia, che si è spenta nella notte tra venerdì e sabato a 83 anni dopo una vita spesa dietro al banco-
ne del bar che porta ancora il suo nome, aveva un’unica preoccupazione: regalare ai clienti sprazzi di serenità. E così era frequente veder entrare al “Flavia” il muratore, l’imbianchino o il panettiere. Ma anche l’imprenditore e il calciatore ai tempi del Real Vicenza. Flavia Imbrati, originaria di Fimon di Arcugnano, era per tutti “la Flavia”. Gentile, sorridente, positiva.
FlaviaImbrati,qui con ilfiglioe ilmarito,si è spenta a83 anni
La padrona, assieme al marito Giuseppe Comi conosciuto in Piemonte, era lei. Dal lontano 1958 fino al 2018, quando le saracinesche si sono abbassate. Il bar di via Galilei è rimasto com’era. Sempre dei Comi ma in gestione ai Napolitano. Precisa, puntigliosa, attenta. Era così la signora delle memorabili polpette, un’invenzione tutta sua di cui andava fiera. Se n’è andata nella propria casa, circondata dall’affetto dei familiari, i figli Giovanni e Monica, il marito Giuseppe, la nuora Patri-
zia. «Nel 2017 aveva subìto un intervento che ha segnato l’inizio di un periodo molto difficile - ha spiegato il figlio, passato nel 2001 a gestire il locale con la moglie Patrizia e la sorella, ma sempre con la supervisione della mamma e del papà - fortunatamente non ha sofferto». Un anno molto particolare il 2017. Anche Giovanni Comi aveva dovuto affrontare un grave problema di salute. L’attività del bar non era comunque calata, anzi. Al Flavia non si conoscevano pause. A rendere merito all’instancabile lavoro della famiglia Comi arrivò la consacrazione come bar dell’anno nel concorso promosso da Il Giornale di Vicenza. In occasione della pre-
miazione, la signora Flavia aveva gli occhi che brillavano: in quel premio c’erano tanti anni di sacrifici e passione. «Mia mamma amava il suo bar. Viveva lì, più che a casa - racconta Giovanni Comi -. Le piaceva tenere unite le persone, le aiutava economicamente quando poteva. Andava fiera del locale in cui per anni, fino al 2001, ha lavorato assieme a mio padre che tutti chiamavano “Bepi”. Lei, invece, anche in punto di morte, l’ha sempre chiamato Giuseppe. Si è battuta per tenere sempre aperto la domenica, è stata un po’ la mamma di tutti». Il funerale, con orario da definirsi, mercoledì all’abbazia di S. Agostino. • © RIPRODUZIONERISERVATA
16 Cronaca
IL GIORNALE DI VICENZA
Domenica 12 Luglio 2020
LADOPPIA MOBILITAZIONE. Agli angoliopposti delcentro si sonoritrovati imovimenti contrari efavorevolial ddl Zan,disegno normativo indiscussione inparlamento
Omofobia, sfida tra piazze sulla nuova legge ACampo Marzopreghiere eletturedi libriinpiedi conlapresenza anchedipoliticie amministratori AlChiericatii rappresentantidelle istanzeLgbt Giulia Armeni
La sottile linea rossa. Quella che, sotto forma di bavaglio, campeggia sulla locandina del movimento #restiamoliberi. E quella che, ieri mattina, separava Campo Marzo, teatro della protesta dei comitati pro famiglia, da piazza Matteotti, che ha ospitato la manifestazione degli attivisti per i diritti Lgbt di “Da’ voce al rispetto” e #spazzalodio. Una doppia dimostrazione pubblica - statica, con mascherine e distanziamento monitorato dalle forze dell’ordine - incentrata, con opposte motivazioni, sul disegno di legge Zan contro l’omotransfobia. Un concetto letto come “liberticida” dal popolo conservatore riunitosi a Campo Marzo con 200 simpatizzanti, e come “battaglia di civiltà” dai gruppi arcobaleno confluiti, una quarantina di persone, davanti a palazzo Chiericati. Da una parte dunque i cattolici e i sostenitori dei legami tradizionali - in testa Pierluigi Bianchi Cagliesi dei coordinamenti pro vita e Mirco Agerde del movimento mariano di Poleo -, dall’altra i rappresentanti della comunità omosessuale vicentina e i promotori dell’uguaglianza di genere, con Mattia Stella di Europa Verde e Da-
rio Campagnolo di Vicenza pride. Due vedute contrapposte su temi controversi, dal gender alla genitorialità, che non si scontravano così apertamente dalla legge Cirinnà sulle unioni civili, nel 2016. «Ma stiamo scherzando? Con questo ddl Zan vogliono cancellare la famiglia, non potremo più usare neanche le parole padre e madre», si infervorano Giulia Rossi e Lara Mingozzi, pronte a cominciare, alle 11, la veglia di preghiera. Da quel momento, «come chiesto dagli organizzatori in tutte le 100 piazze italiane aderenti», ai partecipanti vie-
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Denuncia sesirifiuta untransgender inunospogliatoio femminile MIRCOAGERDE MOVIMENTOMARIANO DIPOLEO
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Necessario intervenirecontro lediscriminazioni Esiparlaanche dimisoginia MATTIASTELLA EUROPAVERDE
Ildibattito
ne suggerito di non rilasciare interviste. C’è chi prega e chi legge un libro, chi sta in silenzio e chi si ripara dal sole: «Fa caldo, ma facciamo questo sacrificio per dire “no” ad una legge che farebbe rischiare la reclusione o la denuncia a chi rifiuta l’ingresso di un transgender maschio in uno spogliatoio femminile», sintetizza Agerde. In viale Roma fa capolino anche la politica: c’è Vincenzo Forte di Fratelli d’Italia e c’è, in rappresentanza dell’assessore regionale Elena Donazzan, «mia sorella Giovanna», come scrive la stessa Donazzan su Facebook, oltre all’assessore brendolano Matteo Fabris e, per la città, l’assessore al commercio Silvio Giovine. «Sono qui a titolo personale - precisa - ma presumo che l’amministrazione la pensi come me, questa è una proposta di legge animata da furore ideologico e che rischia di aprire a derive liberticide». La replica arriva, in tempo reale, da piazza Matteotti, dove vengono fatti a brandelli, simbolicamente, odio e disuguaglianze: «C’è bisogno di una legge contro le discriminazioni di genere - ribatte Stella - gli ultimi episodi di omotransfobia ce lo dicono, ma questa è anche una legge contro la misoginia». •
ITERTRAVAGLIATO Lapropostadilegge che vedecomerelatore il deputatoPd Alessandro Zanè approdata alla Camera,incommissione giustizia,il 30giugno. Inaspriscelepeneper chi discriminaanchesulla basedel genere.Sitratta diun ddltravagliato, ilcui iterè cominciato nell’ottobre2019e che rappresentauna sintesi tracinquetesti presentati dadiversipartiti, tra cui ForzaItalia. Per Zan, «intervienesuun tema in cuil’Italiaè molto indietro, contrastai crimini d’odio neiconfrontidelle personeomo e transessualima combatte anchelamisoginia». La leggemodifica gliarticoli 604-bise 604-terdel codicepenale,che punisconoi reatiei discorsid’odio relativia nazionalità,etnia, religioneampliandoliai concettidi orientamento sessualee genere.Le femministe,con“Senon oraquando” eArcilesbica, chiedonoperòche “identitàdi genere”venga sostituitocon“identità sessuale”.«Non cancelliamoilfattoche ci sianouomini e donne», diceFrancescaIzzodi “Se nonora quando”. G.AR. © RIPRODUZIONERISERVATA
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Circaduecento lepersonepresentia CampoMarzoper protestarecontro lalegge sull’omotransfobia
DavantialChiericati lamanifestazionedeimovimenti a sostegnodeidirittiLgbt. FOTOSERVIZIO COLORFOTO
ILCASO. Ennesimocolpo discenanell’inchiesta sulquadro sequestratoadue noti vicentini
VanGogh,loStatofalaperizia Se autentico guadagna le tasse IlRiesame stavoltaaccoglie larichiesta dellaprocurae lasciai sigilli Ivano Tolettini
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TE O R
L’ennesimo colpo di scena. Lo Stato decide di fare una consulenza a proprie spese sui colori del quadro “Vincent les Mueles 1888”, incaricando i carabinieri di Roma del Nucleo tutela patrimonio artistico, per capire se si tratta di un van Gogh. E nel caso si stabilisse che davvero i pigmenti sono coevi a quelli del genio del post impressionismo, si aprirebbe una nuova fase nell’attribuzione dell’opera per la quale si battono da trent’anni i proprietari Cipriano Tessarolo e Umberto Ferrigato. «Sebbene siamo nell’ambito di un procedimento penale e avremmo preferito un secondo dissequestro, l’iniziativa del pm ci sta bene perché finalmente si farà chiarezza», afferma l’avvocato Luigi Ravagnan di Venezia, che difende Tessarolo. Dunque, stavolta è il pm a mettere a segno il punto. Nel braccio di ferro tra la procura e i due proprietari, il tribunale del Riesame respinge la domanda di dissequestro. Tuttavia, a differenza di due settimane fa quando i giudici del Riesame accolsero le istanze della difesa e tolsero i sigilli al quadro, prima che gli fossero
di nuovo apposti su ordine dello stesso pm, stavolta il collegio presieduto da Miazzi ritiene che il percorso giuridico della procura sia corretto. In questa circostanza il pm Cristina Carunchio ha mutato strategia ed ha sollecitato un sequestro probatorio, dunque a tempo, per poter fare indagini approfondite sulla paternità del dipinto. E per farlo ha incaricato i carabinieri di Roma di eseguire una consulenza sui pigmenti dell’opera per stabilire se effettivamente sono coevi a quelli usati da van Gogh. Riportiamo al 4 giugno le lancette dell’orologio investigativo, quando il magistrato manda i carabinieri nelle abitazioni di Cipriano Tessarolo, 78 anni, di Schio, e del notaio Umberto Ferrigato, 90 anni, di Vicenza, i proprietari effettivi, ma anche nell’ufficio del commercialista Bruno Ceccon di Schio, che però non è indagato, perché con la sua “C&C Capital” ha comperato il quadro attribuendogli un valore di 4 milioni di euro. L’acquisto, però, si perfezionerà nel momento in cui ci sarà la vendita a terzi e il passaggio di denaro. Il pm Carunchio in base alla documentazione acquisita dai carabinieri e dalla guar-
Ilquadro “VincentlesMueles 1888”attribuito avan Gogh
dia di finanza ipotizza due profili di reato risalenti all’1 ottobre 2019. Cioè che il quadro sia stato detenuto per farne commercio pur essendo un falso e la ricettazione. Ma Tessarolo e Ferrigato (avv. Cesare Dal Maso) spiegano di non averlo mai messo in vendita come un quadro “di” van Gogh bensì “attribuito” al maestro, con la formula “visto e piaciuto”. Come dire, nessuno ha mai detto che è sicuramente (per adesso) un van Gogh. Ma per quale motivo lo Stato decide di impegnarsi in un percorso così complesso? Perché se emergesse dalla consu-
lenza che l’opera è davvero dello stesso periodo di van Gogh, e dunque il museo di Amsterdam potrebbe rivedere il suo giudizio del 1996, con la vendita del quadro lo Stato incasserebbe le imposte. In caso contrario si tratterebbe di una crosta, per quanto molto bella, come ripete chi l’ha vista. «Questa è un’opera che potrebbe valere almeno 80 milioni - conclude Ravagnan - e la nuova impostazione della procura può andarci bene. Teniamo conto che tutto è sempre stato fatto alla luce del sole da parte di Tessarolo e Ferrigato». • © RIPRODUZIONERISERVATA
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REGIONE
DOMENICA 12 LUGLIO 2020 IL MATTINO
verso le elezioni regionali
il veneto che vogliamo
Lista-pigliatutto del presidente e la Lega teme il sorpasso di Fdi
Lorenzoni: «Tre priorità ascoltando i cittadini»
Proiezione del partito: Zaia è al 33% ma solo 4 punti dividono Carroccio e destra Salvini: niente figuracce in Veneto. Ai candidati divieto di propaganda individuale scita della destra meloniana avviata al 12-13% con prospettive di ulteriore crescita. Previsioni, lo ribadiamo, non suffragate da rilevazioni ufficiali dirette, tali però da suscitare allarme ai vertici del Carroccio, con il segretario Matteo Salvini lesto ad avvertire i suoi che l’eventuale smacco d’immagine nella roccaforte veneta risulterebbe a dir poco sgradito. È GIÀ RESSA TRA ASPIRANTI CONSIGLIERI
Luca Zaia, governatore del Veneto, e Matteo Salvini segretario della Lega: occhi puntati sul voto regionale
Filippo Tosatto / VENEZIA
A dispetto della scorpacciata di consensi accreditata dai pronostici, l’armata leghista capitanata da Luca Zaia non dorme sonni tranquilli. A turbarli, è un rischio concreto, quello di un clamoroso sorpasso della lista del Carroccio da parte di Fratelli d’Italia, il principale alleato-rivale della coalizione. L’eventualità nasce da due ordini di circostanze e trapela da una proiezione (ufficiosa) che il partito veneto ha elaborato applicando un algoritmo ai valori medi dei sondaggi disponibili. Punto di partenza è la composizione del tridente che in-
cluderà Lista Zaia, Lega e “cartello” degli amministratori. I RISCHI E LE CHANCES DEL TRIDENTE
La prima, sospinta dal boom di popolarità del governatore, potrebbe conquistare il 33-34% dei voti, confermandosi ampiamente prima forza del Veneto; a farne le spese, in parte almeno, il marchio di partito, inevitabilmente “cannibalizzato” e collocato intorno al 16-17% dei consensi (con outlook stabile) a fronte di una terza gamba, quella di sindaci e assessori, stimata intorno ai tre punti percentuali. Inevitabile l’effetto “travaso” al quale corrisponde una cre-
election day
Nel frattempo, come prevedibile, c’è la corsa degli aspiranti consiglieri a candidarsi nella lista zaiana; a riguardo il Luca-pigliatutto ha precisato che, salvo deroghe, saranno rispettate le collocazioni di partenza del 2015, raccomandando ai seguaci di evitare eccessi di QSPNPUJPO individuale in fase di campagna, pena alimentare una concorrenza ostile in collegi - dall’Alta Padovana alla Marca, dal Vicentino alla provincia di Verona - dove maggiore è l’affollamento. Per riequilibrare le compagini, poi, si punterà ad affiancare ai tradizionali portabandiera della Lega, tra i quali spicca Roberto “bulldog” Marcato, esponenti di peso, capaci di rastrellare preferenze: è il caso del capogruppo Nicola Finco (in precedenza eletto in lista Zaia) o del popolare sindaco di Montebelluna, Marzio Favero.
ROVIGO
Iniziata ufficialmente ieri a Rovigo la corsa a Palazzo Balbi de “Il Veneto che vogliamo”. Parola d’ordine: ascoltare i cittadini e ricostruire quel legame di comunità che dovrebbe essere forte e sentito anche in ambito regionale. «L’obiettivo deve essere far sentire che comunità può essere anche la Regione, non solo il Comune - ha detto il candidato Arturo Lorenzoni - Le mie tre priorità sono l’am-
civica per il veneto
Ferrari con Sbrollini alleato di Italia Viva e Psi CAMPONOGARA
«Civica per il Veneto affiancherà Italia Viva e il Psi alle prossime elezioni regionali 2020» Ad affermarlo, ieri a Camponogara Franco Ferrari, ideatore della lista nata nel 2018 e consigliere regionale uscente di Civica per il Veneto. Ferrari era stato eletto la scorsa legislatura nella lista “ Alessandra Moretti presidente”. «Civica per il Veneto- dice Ferrari - non è una lista di destra né di sinistra, è
AL.AB. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Manco a dirlo, cresce l’insoffe-
Candidature alla Regione renza verso Fdi. E in molti, noentro il 20 agosto nostante la chance di ripescagSe il Governo confermerà l’Election-day del 20-21 settembre, le liste dei candidati alla Regione dovranno essere presentate entro il 20 agosto. Polemiche sui tempi stretti concessi alle forze politiche minoritarie per la raccolta delle firme, ad oggi gli sfidanti alla presidenza del Veneto sono Luca Zaia (Lega), Arturo Lorenzoni (centrosinistra). Enrico Cappelletti (M5S), Antonio Guadagnini (Partito dei Veneti), Daniela Sbrollini (Italia Viva-Psi).
gio legata all’incompatibilità tra assessori e consiglieri che spalancherà una dozzina di seggi agli esclusi, invocano la corsa solitaria . L’impressione, tuttavia, è che la dinamica nazionale - leggi alleanze di centrodestra in tutte le regioni e i comuni al voto - finirà per prevalere. Fratelli-coltelli, scriveva Antonio Gramsci a proposito di socialisti e comunisti. Cambiano i colori, resta il fuoco amico. — © RIPRODUZIONE RISERVATA
ARRIGO CIPRIANI
Dialogo fra il venditore del giocattolo Mose e il pagatore
M
nata con lo scopo di ascoltare e dialogare con i cittadini e dare soluzioni ai problemi. Dopo attente riflessioni abbiamo scelto questa direzione, affiancando Italia Viva ed il Psi di Nencini per cercare di raggiungere lo sbarramento del 3%». In Civica per il Veneto confluiscono rappresentanti di altri movimenti civici di tutte le province venete. Sosterranno il candidato presidente Daniela Sbrollini.—
LA VOGLIA DI CORSA SOLITARIA
IL COMMENTO
araviglia! Il grande giocattolo Mose si alzò pigro a scrutare le acque. Negli occhi delle autorità presenti si potevano scorgere lampi di soddisfazione, di sollievo, di liberazione. E in qualcuno anche di scampato pericolo. Tra i presenti. Cioè tra quelli che non avevano pagato l’acquisto, si alzarono molti pollici in segno di vittoria. Dal coro degli invitati si coglievano uscire, attutiti dalle mascherine, i gridolini delle dame. Noi che
biente, l’innovazione e l’attenzione al sociale». A dare il via all’intensa giornata del movimento che sostiene la corsa di Arturo Lorenzoni i portavoce Elena Ostanel e Giorgio De Zen: «Abbiamo incontrato una quantità grande ed insperata di veneti attivi e radicati nel territorio, convinti che il futuro non sia scritto e che serva mettersi in gioco». Poi la presentazione del manifesto e della campagna di crowdfunding per sostenere la campagna. —
abbiamo pagato non abbiamo invece potuto essere ammessi a vedere la fuori serie che il venditore stava per consegnarci. La prima impressione era più quella di un rottame che di un ultimo modello. Dietro i parafanghi dipinti di giallo c’era ruggine. Una spia ci aveva detto che i mozzi delle ruote non erano di acciaio, ma di buon ferro. Che i freni non funzionavano sempre era cosa ormai certa. L’acceleratore qualche volta si incastrava per via della molla mal calibrata. La pompa
del carburante si ingolfava per le bolle d’aria. I compressori dell’aria erano spesso esausti. Chiedemmo ogni quanto si dovesse fare il tagliando. Il concessionario ci rispose seccamente: «Naturalmente dopo ogni viaggio!». «Gratuito?» chiedemmo. Ci guardò con aria offesa. Non sopportava le provocazioni. Incuriositi chiedemmo: «Questa cabriolet è per tutti i tempi?» «Cosa volete dire?» «Niente, niente! Volevamo
solo sapere se in caso di pioggia funziona». «Dipende dalla pioggia! Con vento leggero credo di sì. Con vento forte non possiamo ancora dirlo. Questa è una realizzazione unica di altissima ingegneria marina che tutto il mondo ci invidia! Pensate alle difficoltà affrontate per costruire questa opera ciclopica! Possiamo dire con orgoglio che è stata anche realizzata a tempo di record! E a costi ufficiali contenuti! Ma perché poi tutte queste domande? Non
credo sia il momento di perdersi in chiacchiere negative». «Scusi! Non volevamo farla arrabbiare. È solo che quando ci era stata proposta costava come una utilitaria e invece ora, a parte quello che abbiamo sborsato, sembra che per farla funzionare occorrerà mettere ancora mano al borsellino. E di questi tempi, sa, non è che si nuoti nell’oro! Volevamo solo dirle che se dovessimo acquistarla ora non avremmo i soldi per la caparra». «Sapete cosa vi dico? Che
voi siete la parte peggiore del popolo italiano! I mai contenti! Ma se solo poteste pensare, (se avete ancora un pensiero!) alle difficoltà che abbiamo incontrato, ai soldi che abbiamo speso solo per smuovere la burocrazia, ai sacrifici incontrati, alle notti insonni per trovare le risposte alle irragionevoli domande della magistratura. Vi giuro che se dovessi incominciare da capo, piuttosto di rifare il Mose, aprirei un bar. E adesso devo andare per ascoltare quello che hanno da dire le autorità tra le quali posso dirvi ho incontrato solo grandi lodi e consensi». «Ci scusi ancora». — © RIPRODUZIONE RISERVATA
REGIONE
DOMENICA 12 LUGLIO 2020 LA NUOVA
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Incubo mafie a nordest inchiesta camaleonte
Usura, violenza e minacce la ’ndrangheta nel Veneto PADOVA
La Guardia di Finanza e la Direzione distrettuale antimafia stanno monitorando le attività economiche del territorio per prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata
«In Veneto indagine pilota per intercettare la criminalità» Il Procuratore nazionale antimafia, de Raho: «Al setaccio le attività economiche soprattutto quelle più esposte alle infiltrazioni come turismo e commercio» VENEZIA
«Ho parlato direttamente con il Procuratore capo Bruno Cherchi e il generale della Guardia di Finanza Bruno Buratti, che stanno sviluppando un’attività investigativa in tutto il territorio veneto, a partire da Venezia, sulle infiltrazioni mafiose nelle attività economiche». Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho in commissione Antimafia evidenzia il radicamento delle mafie in Veneto e nell’intero Nordest, sottolineando il grande impegno della Direzione distrettuale di Venezia e della Guardia Finanza, che proprio qui stanno sperimentando forme di indagine molto innovative. Molti i temi affrontati nel corso dell’audizione avvenuta a Palazzo San Macuto a Ro-
ma, mercoledì scorso: dai rischi di infiltrazioni mafiose connessi al decreto semplificazione. È stato il deputato Pd Nicola Pellicani, nel corso dell’audizione in commissione, a chiedere al procuratore informazioni sulla presenza delle mafie in Veneto e su come si sta monitorando la situazione in considerazione della crisi seguita al lockdown. «Il Veneto da decenni», ha esordito Pellicani, «è territorio di mafie, com’è stato ormai ampiamente dimostrato dalle molteplici inchieste, e dal maxi processo in corso sui Casalesi di Eraclea e dalle indagini sulla ’ndrangheta a Verona. In questo periodo di crisi, sono centinaia le aziende in difficoltà che rischiano di finire in mano alle mafie. Un rischio in particolare nel settore turistico che sta pagando il prezzo più alto. I più esposti
sono gli alberghi, ma ci sono centinaia di ristoranti, bar, negozi, aziende di trasporto che sono nel mirino della criminalità organizzata. Cosa si sta facendo», ha chiesto il deputato dem, «nel Nordest, in particolare a Venezia per evitare che le mafie facciamo shopping in laguna e lungo tutto il litorale?». Cafiero dei Raho ha dimostrato attenzione per la nostra regione: «In Veneto si sta facendo molto per contrastare il rischio di infiltrazioni delle mafie nel tessuto economico. La Dda e la Guardia di Finanza stanno portando avanti un progetto di monitoraggio e di selezione delle attività economico-finanziarie, finalizzato a prevenire il rischio di presenze mafiose, ’ndranghetiste e camorristiche. Un lavoro che continua dopo la grande operazione di oltre
CAFIERO DE RAHO. IL PROCURATORE NAZIONALE ANTIMAFIA HA PARLATO AI PARLAMENTARI IN COMMISSIONE
Il dem Pellicani: «Le ultime inchieste hanno dimostrato che il nostro territorio fa gola alla criminalità organizzata»
un anno fa che ha sgominato il clan dei Casalesi di Eraclea. Un’indagine che ha confermato la presenza della camorra sul litorale fin dagli anni Novanta». Cafiero de Raho ha sottolineato come Dda e Gdf stiano sviluppando «un enorme lavoro volto a passare ai “raggi X” le attività economiche presenti, individuando quelle che evidenziano maggiormente i rischi di infiltrazioni con particolare riferimento alle modifiche delle titolarità delle quote societarie e agli acquisti di imprese e aziende». «Le mafie», ha ribadito Pellicani, «rappresentano in Veneto un fenomeno soprattutto economico con dimensioni internazionali, perciò è evidente che ci sia molto interesse ad infiltrarsi nel nostro territorio. È fondamentale l’attività di controllo e prevenzione svolta dalla Procura, dalla Guardia di Finanza e da tutte le forze dell’ordine, ma parallelamente serve un lavoro capillare nella società per tenere a distanza la criminalità in un’economia che oggi attraversa un periodo di grave difficoltà, ma si è sviluppata ed è cresciuta nel tempo in modo sano, grazie al grande lavoro svolto dalla comunità veneta». — CARLO MION
R.D.R.
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za da tutt’Italia e folle di avvocati in aula. Mascherine, disinfettante e distanziamento sociale anti-Covid d’obbligo. Tra chi ha scelto il processo in aula – con i suoi tempi lunghi, tra testimonianze e interrogatori – lo stesso Luciano Donadio, ma anche l’ex sindaco di Eraclea Mirco Mestre, che nega qualsiasi relazione o voto di scambio con il gruppo in odor di camorra. Tra gli imputati dell’abbreviato - oltre ai sodali operativi del clan - anche l’ex vicesindaco Giuliano Teso, che a sua volta si difende, come pure è decisa a fare l’avvocata Annamaria Marin, già legale dei Donadio. Si dibatte – e combatte – in aula. —
il maXi Processo in aula bunker
Eraclea e l’ombra della camorra quando imperava il clan Donadio ERACLEA
La lunga ombra dei casalesi su Eraclea e il Veneto orientale. Non da ieri, ma da oltre un decennio: usura a tassi da capogiro, imprese rilevate a suon di minacce e trasformate in cartiere di false fatture, raid punitivi, ma anche favori politici, compravendita di voti in cambio di appalti. Queste le accuse che i pubblici ministeri Federica Baccagli-
ni e Roberto Terzo stanno muovendo in aula al “Clan Donadio”, l’associazione per delinquere di stampo mafioso legata ai casalesi, che secondo la Procura di Venezia ha dettato legge sul litorale del Veneto Orientale, agli ordini di Luciano Donadio. Da settimane, si susseguono e s’incrociano in aula bunker le udienze: quelle davanti alla giudice Michela Rizzo, chiamata a processare i 25 imputa-
ti che hanno chiesto il più celere rito abbreviato (che gli garantirà uno sconto di un terzo della pena, in caso di condanna) e le udienze davanti ai giudici del Tribunale di Venezia presieduto da Stefano Maduzio, per i 45 imputati che hanno invece scelto di difendersi in aula, in un processo “tradizionale”. L’agenda dei giudici è piena fino a dicembre: maxi-udienze con decine di imputati collegati in videoconferen-
La mano dei casalesi sul Veneto Orientale, quella della ’ndrangheta della famiglia Grande Aracri sul Padovano. Questo il quadro delineato dalla Procura antimafia di Venezia ora a giudizio nei Tribunali veneti. Così l’“Inchiesta Camaleonte” coordinata dalla pm Paola Tonini - ha seguito in Veneto le tracce del clan operativo da un ventennio in Emilia Romagna, scoperto dall’indagine “Aemilia”. Per la Procura, qui il capo era Sergio Bolognino, 52enne di Locri residente nel Vicentino a Tezze sul Brenta, uno dei tre fratelli già coinvolti nel processo Aemilia. «Vengo e ti prendo a te, a tua moglie, a tuo figlio... ti squaglio dentro;acido... Non ti preoccupare che ti trovo». Così - tra gli altri - il gruppo teneva in pugno una coppia di imprenditori trevigiani. Ma quando arrivano le botte - «ti svito la testa... stermino la tua famiglia» - le minacce mettono paura e la coppia presenta denuncia: è la svolta delle indagini, sostenute dai racconti del pentito Giuseppe Pino Giglio. Camorra o ’ndrangheta che sia, gli affari in Veneto sono sempre gli stessi: usura, riciclaggio, evasioni, accompagnati da minacce e violenze. 48 gli imputati in queste settimane sotto processo: 14 a giudizio davanti al Tribunale di Padova (ma per sei imprenditori accusati di riciclaggio ora è stata stabilita la competenza territoriale del Tribunale di Venezia e il processo si spaccherà in due), altri 34 che hanno scelto l’ abbreviato, in corso davanti al giudice Luca Marini. In quattro hanno patteggiato. A processo anche imputati di Vigonza, Campagna Lupia, Belluno, Tezze sul Brenta, Venezia: affari, li chiamavano.
R.D.R.
Il bliz contro il clan Donadio nel febbraio 2019 a Eraclea
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PRIMO PIANO
DOMENICA 12 LUGLIO 2020 LA NUOVA
Coronavirus: il rischio sanitario l’assessore lanzarin
La pandemia crea nuove povertà: aiuti per 5 milioni VENEZIA
L’attività in un reparto di rianimazione: nel corso dell’emergenza la sanità del Veneto ha raddoppiato i posti letto delle terapie intensive e ora questa dotazione diventerà strutturale
Stato d’emergenza prorogato Zaia: pronto piano d’autunno Il governatore del Veneto teme il propagarsi dei nuovi focolai alimentati dall’estero e ordina di rafforzare le misure di contrasto in vista di una recrudescenza a ottobre Filippo Tosatto / VENEZIA
«Sul fronte Covid stiamo ultimando il piano di sanità pubblica per l’autunno-inverno, lo presenteremo entro luglio, speriamo non ce ne sia bisogno ma il virus, purtroppo, circola ancora e la minaccia maggiore arriva dai focolai esteri». Pur evitando commenti, di sorta, Luca Zaia non pare affatto sorpreso della proroga al 31 dicembre dello stato d’emergenza voluta dal premier Giuseppe Conte e accompagnata dalle proteste del centrodestra che la giudica una forzatura costituzionale utile a blindare il governo altrimenti ostaggio dei contrasti tra 5 Stelle, renziani e Pd. I POTERI DEL SOGGETTO AUTTUATORE
Sul versante veneto, il primo effetto del decreto (in vota-
zione martedì alla Camera) sarà quello di confermare il presidente della Regione nel ruolo di “soggetto” attuatore degli interventi urgenti di Protezione civile, circostanza che gli consentirà di rimodulare i provvedimenti in materia di contrasto ai persistenti focolai di infezione virale e rimodulazione del sistema sanitario. A riguardo, le linee guida dell’azione prossima ventura trapelano dall’ordinanza regionale del 9 luglio che reitera le misure di prevenzione in vigore: «Pur a fronte di una situazione complessivamente positiva», si legge «è necessario mantenere elevata la resilienza dei servizi territoriali, continuare a rafforzare la consapevolezza e la compliance della popolazione, realizzare la ricerca attiva ed accertamento diagnostico di
potenziali casi, l’isolamento dei casi confermati, la quarantena dei loro contatti stretti. Queste azioni sono fondamentali per controllare la trasmissione ed eventualmente identificare rapidamente e fronteggiare recrudescenze epidemiche».
Una dozzina di nuovi casi sul territorio regionale: riguardano quasi esclusivamente cittadini giunti dell’Est africani e asiatici
LE LINEE GUIDA DI MANTOAN E RUSSO
Decriptata dal lessico burocratico, l’allusione corre alla necessità di agire su più versanti. Nell’immediato, con la “stretta” su isolamento domiciliare dei positivi al test e ricovero dei malati (chi esce di casa riceverà multe salate, chi rifiuta le cura verrà denunciato) abbinata alla quarantena per quanti provengano da Paesi e a rischio - esclusi cioè dai 36 aderenti all’Unione europea e alla Convenzione di Schengen - che diventa doppio tampone caute-
In edicola dal 14 luglio con
La Regione si affiderà ai tamponi di massa In campo anche i nuovi “infermieri di famiglia” e i medici di base-sentinella lare in presenza di viaggi di lavoro limitati a 120 ore. In prospettiva, con il programma post-estivo messo a punto dal direttore della sanità, Domenico Mantoan, d’intesa con il capo del dipartimen-
to prevenzione, Francesco Russo; prevede l’intensificazione dello screening nella previsione della contemporanea stagione influenzale; la definitiva strutturazione logistica delle terapie intensive frettolosamente raddoppiate durante l’emergenza; il rafforzamento del personale ospedaliero (bandi per l’assunzione di 800 unità annunciati a settembre); l’introduzione di nuove figure professionali quali “l’infermiere di famiglia” chiamate a consolidare la rete di medicina sul territorio; il ruolo di sentinella affidato ai medici di base. Sullo sfondo, ma neanche tanto, lo spauracchio del virus d’importazione. GLI ISOLAMENTI IN RAPIDA CRESCITA
Nelle ultime ventiquattr’ore, la sanità del Veneto ha censito una dozzina di nuovi casi (sono 19.379 dall’inizio della pandemia) in maggioranza riguardanti cittadini stranieri mentre aumentano sensibilmente le persone poste in isolamento (+74, ora sono 1.298); certo l’andamento dei ricoveri e delle degenze in rianimazione è rassicurante ma la diffusione globale del Covid - a cominciare dai violenti focolai balcanici che inestono le vicine Croazia e Slovenia - vieta di abbassare la guardia. — © RIPRODUZIONE RISERVATA
La Regione Veneto indice due bandi rivolti al mondo della volontariato per mobilitare la rete della solidarietà di fronte ai nuovi bisogni sociali creati dalla pandemia. L’avviso pubblico si rivolge alle 2500 organizzazioni di volontariato e alle oltre 1500 associazioni di promozione sociale presenti nel territorio, invitandole a presentare iniziative e progetti che saranno sostenuti da contributi pubblici fino al 70-80% della spesa sostenuta. «Anche il mondo del volontariato è stato investito dall’emergenza sanitaria, economica e sociale causata dalla pandemia. Molte iniziative e progetti si sono arrestati, ma la rete della solidarietà non si è mai fermata», commenta l’assessore alla sanità e al sociale Manuela Lanzarin «la Regione ha deciso pertanto di investire quasi 5 milioni di euro per sostenere quanti svolgono attività di interesse generale. Da un lato organizzazioni ed enti di promozione sociale stanno affrontando maggiori costi generati dalle misure di contenimento del contagio e dall’altro sono impegnati nella riconversione di attività e servizi in funzione dei nuovi bisogni che questa crisi sta evidenziando: penso ai minori e alle povertà educative, agli anziani soli, alle famiglie più fragili, ai senza fissa dimora, alle reti di consegna di generi alimentari, beni essenziali e medicinali, al trasporto e alla cura di persone malate o con disabilità, alle situazioni di isolamento involontario che questa situazione emergenziale sta creando e alle risposte di vicinato e di prima assistenza domiciliare offerte dal volontariato, sia in modo spontaneo sia organizzato». —
Cronaca 25
L'ARENA
Domenica 12 Luglio 2020
VERONARACCONTA ¬ Mario Piccinini
«QuivedoimiracolididonCalabria» «Questaèunalungimirantepazziadelsanto»,testimoniailprimoamministratoredelegatodell’ospedaleSacroCuorediNegrar,checilavora daquasimezzosecolo.«Tuttigliutilisonoreinvestitiafavoredeimalati.Appenaentrato,midavanounabirosoloserestituivoquellaesaurita» di STEFANO LORENZETTO
(segue della prima pagina) (...) Solo che la pianta forgiata da Marco Bonamini, uno degli eredi del grande Berto da Cogollo, è capovolta, ha le radici verso il cielo, per inverare la profezia di don Calabria riportata in un libro del 1956: «Le opere degli uomini sono come unapiramide che poggia in terra; quelle di Dio vi appoggiano appena la punta. Noi abbiamo le radici in su». Per tenere in vita un albero così speciale serve un bravo giardiniere. La congregazione calabriana lo ha individuato molto tempo fa in Mario Piccinini. Entrò all’ospedale di Negrar il 17 marzo 1975 come impiegato d’ordine, «allora manco esisteva l’impiegato di concetto», sorride. Non ne è più uscito. Sulla scrivania tiene la copia in scala della statua di don Calabria posta all’ingresso. Ha percorso tutti i gradini della gerarchia interna, fino a diventare direttore del personalenel 1988e direttore amministrativo nel 1991. Da cinque anni è l’amministratore delegato, il primo nella storia di questa Cittadella della Carità che conta 2.200 dipendenti (300 e passa medici e più di 700 infermieri) e che comprende, oltre all’ospedale, la Casa Nogarè per anziani autosufficienti e non autosufficienti; una residenza sanitaria assistenziale e una speciale unità diaccoglienza per glistati vege-
“
Volevofare ilcalciatore.Ebbi proviniconTorino eVerona.Rischiai dimorireacausa diunapartita tativi permanenti; la Casa Fratel Perez per adulti e anziani con problemi psichiatrici e sociali cronici; la Casa del clero per religiosi anziani, malati,incapaci di badare a sé stessi; il Centro per le malattie tropicali infettive e la microbiologia, la cui prima pietra fu posata da Giovanni Paolo II quando nel 1988 venne a Verona per beatificare don Calabria e che oggi in Italia è secondo soltanto allo Spallanzani di Roma. Dev’essere davvero in gamba, Piccinini, perché nei giorni scorsi gli è stato rinnovato il mandato sino alla fine del 2023, quando avrà compiuto 72 anni,dei quali ben 48 saranno trascorsi qui dentro. Né d’altro canto si potrebbe ipotizzare che a gestire un’opera così complessa fosse il presidente, fratel Gedovar Nazzari, brasiliano di São Valentim, nel Rio Grande do Sul. Con 33.388 ricoveri, 21.388 interventi chirurgici e 1 milione e 452.000 prestazioni ambulatoriali registrati l’anno scorso, il Sacro Cuore è per numero di degenze il quinto ospedale del Veneto, dopo quelli di Padova, Verona, Vicenza e Treviso. Equiparatodal 1972 ai nosocomi pubblici, Negrar è una struttura no profit a gestione privata.«Perintenderci, nessuno ci ripiana le eventuali perdi-
te», chiarisce Piccinini. «Non solo: gli utili vengono interamente reinvestiti qui dentro». Il bilancio annuo si aggira sui 200 milioni di euro. In realtà, al Veneto ne costa 150, considerato che il 25 per cento dei ricoveri riguarda malati di altreregioni. Su 18 milioni di utile lordo, al netto di tasse e ammortamenti restano i fondi – 4 milioni nel 2019 – impiegati nell’ampliamento dei servizi e nell’acquistodi attrezzature sanitarie d’avanguardia. Piccinini è nato a Verona, nel quartiere Pindemonte, secondo di tre figli. Il padre Antonio era un ufficiale giudiziario, la madre Veronica Mikulandra un’istriana di Pola. Sposato con Ester Lavarini, che insegnava materie scientifiche all’istituto Pindemonte, padre di Andrea, 35 anni, ingegnere, e Daniela, 32, maturità classica, il manager ospedaliero confessa che da giovane avrebbe volentieri rinunciato alla laurea in Giurisprudenza conseguita all’Università di Modena e al master in Economia sanitaria alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Tor Vergata di Roma pur di diventare un calciatore professionista.
ratezza assoluta fino a 20 metastasi cerebrali in una sola seduta di 10 minuti. C’èqualcos’altroinarrivo?
Non ne parlo, sennò mi copiano. (Ride). Dico solo che abbiamo in corso 300 studi clinici, di cui una trentina sul Covid-19. Il Centro per le malattie tropicali, in origine pensato per curare i missionari, è diventato un’eccellenza italiana. L’allora primario Mario Marsiaj e il suo allievo Zeno Bisoffi, che oggi ne ha preso il posto, erano costretti a sorbirsi 15 reperibilità al mese. Sbaglio o qui, rispetto agli ospedali pubblici, la produttività è maggiore nonostante un minor numerodi dipendenti?
Quello che posso dire è che costiamo alla Regione Veneto un 30-35 per cento in meno, perché nel pubblico c’è molta più burocrazia. Le spese per il personale assorbono circa la metà del nostro bilancio. Dal 1995 riceviamo un rimborso standardin base alla prestazione erogata. Se sforiamo, dobbiamo provvedere di tasca nostra. Non possiamo certo rifiutare l’assistenza a chi la chiede. Quand’anche avessimo esaurito a settembre ilbudget annuale assegnatoci dalla Regione, garantiremmo persino la visita oculistica a chi rinnova la patente. Gli utili servono ad assicurare questa continuità nel servizio.
Erauna promessa delpallone?
Più che altro non potevo, e non potrei, vivere senza il calcio, una passione viscerale, pari al tifo per la Juve. Fino ai 16 anni ho giocato come stopper nella Fiumeter Folgore, poi nel Battaglino San Massimo in prima categoria, che equivaleva alla serie D odierna. Fui sottoposto a provini dal Torino e dal Verona, dove mi esaminò l’allenatore Romano Mattè. Ma, durante una partita a Pizzoletta, ebbi un incidente. Carriera finita. Chegenere d’incidente?
Scontro aereo fra due teste. Usciidall’impatto con la frattura di uno zigomo e del sopraorbitale, che pure è l’osso più duro del corpo umano. Rimasi per tre giorni in fin di vita. Comeentrò alSacroCuore?
La mia sorella maggiore, Annalena, oggi purtroppo defunta, e la zia Lia, maestra nubile che ha 94 anni e abita a Revere, conoscevano don Calabria. Mi presentarono al suo erede spirituale, don Luigi Pedrollo, cui erano molto legate. Andai a trovare il sacerdote nella casa di San Zeno in Monte. Diche parlaste?
Della mia famiglia. Scrisse una lettera al presidente dell’ospedale, fratel Pietro Nogarè, in cui affermava che ero «un ragazzo di buon ceppo». Eraespertonel ramosanitario?
Per nulla. Cellofanavo le copie di Topolino da Pravadelli, in Zai. E prima ero stato scaricatore ai Magazzini generali durante le vacanze estive e studente operaio alla Motta di San Martino Buon Albergo. Dopo lunghe battaglie, avevo convinto i sindacati a lasciarmi lavorare dalle 22 alle 6 tutte le notti, anziché per una sola settimana al mese, così potevo dormire fino alle 13 e passare il pomeriggio sui libri. Lottò per ottenere il turno not-
MarioPiccinini,69anni,accantoallastatuadisanGiovanniCalabria.L’ospedalediNegrarha2.200dipendenti turnochetuttirifiutano?
Già. Parliamo del 1969-1970, autunno caldo, scioperi selvaggi. Arrivava un sindacalista e ordinava: «Basta, smettete!». Bloccava il nastro trasportatore e i biscotti, dentro il forno chearrivava a 350 gradi di temperatura, prendevano fuoco. Vienedallagavetta.
Qui mi è servita tantissimo per capire al volo come la pensa un ausiliario che svuota le padelle e lava i pavimenti. Appena assunto, che compito le affidarono?
Fui mandato all’ufficio economato. Il responsabile era Dante Barbieri, un tipo pignolo. I dipendenti dovevano presentarsi da lui anche per avere una Bic. Il dirigente chiedeva: «E il vuoto?». Chi non presentava la biro esaurita, non poteva riceverne una nuova. Ineconomato chefaceva?
Seguivo gli acquisti e tenevo la contabilità in partita doppia. Ma ho lavorato in tutti gli uffici dell’ospedale. Battevo a macchina le cartelle dell’ufficio accettazione e le denunce all’Inail e all’Inps. Siccome avevo a disposizione una solacarta carbone, le dovevo ribattere per ottenere le tre copie necessarie. Compilavo a mano gli stipendi di medici e infermieri. Tempipioneristici.
Nell’era dei software gestionali, viene da ridere solo a dirlo. Ma allora si lavorava così. Pensi che ero qui anche la notte di Natale e quella di Capodanno per fare i conti, che dovevano quadrare fino al centesimo di lira. Però mi è servito, sa?
“
Ineoassunti non devono essere cattolici,mabravi ConnoilaRegione risparmia il30-35percento Achecosa?
A diventare un maniaco dei dettagli. Secondo me, fanno la differenza. Sono un nemico giurato degli automatismi. Ti portano all’errore. Per essere assunti al Sacro Cuoreoccorredichiararsi cattolici?
No, basta essere bravi. Infatti abbiamo anche medici e infermieri di altre religioni. Però bisogna condividere un principiogenerale: l’attenzioneestrema al malato, e quindi al povero, perché l’assenza di salute è, fratutte, la peggioredelle miserie. Quando facciamo qualcosa, la prima domanda che ci poniamo è: serve all’ammalato? Se serve, la facciamo, a qualunque costo. Non si chiama Cittadella della Carità per caso. Laimmaginò così don Calabria, con una visione profetica che lascia sbalorditi. Il primo manager dell’ospedale fu lui. I primari li assume per chiamata operconcorso?
Entrambe le cose, nel senso che vado a scegliere i migliori ovunque mi vengano segnalati,poi presento una terna di nomi al consiglio di amministrazione e si bandisce un regolare concorso, al quale chiunque abbia i titoli è libero di partecipare. Questo fa sì che il medico sia equiparato, cioè possa in fu-
turo andare a lavorare anche negli ospedali pubblici. Eperun medicogenerico?
Mi faccio consigliare dai primari, che si guardano attorno in cerca di giovani talenti. Quantiposti letto avete?
Sono 549 per i pazienti acuti e 419 nell’area sociale, dove, grazie a Dio, finora non abbiamo avuto né decessi né contagi da coronavirus. Quivi sonotuttele specialità?
Tranne la cardiochirurgia e la neurochirurgia, per scelta della Regione Veneto, che non le concede agli ospedali privati. Ma avete dotazioni d’avanguardiarispetto a quelli pubblici.
Quasi tutte. Sono ottime qui come altrove. Siamo tra i pochi nel Veneto ad avere 2 Pet, e poi 5 risonanze magnetiche, 4 acceleratori lineari, il robot Da Vinci per interventi chirurgici. Abbiamo l’Unity, unico acceleratore lineare integrato con una risonanza magnetica ad alto campo che esista in Italia e nel Sud Europa. Riesce a colpire il tumore con precisione millimetrica ed è in grado di monitorare anche i più minimi movimenti involontari del paziente, come quelli legati alla respirazione, evitando così che vengano colpite le cellule sane. Lo abbiamo già sperimentato con successo nelle neoplasie dei tessuti molli: prostata, pancreas, polmoni. Un investimento oneroso, 9 milioni di euro, ma necessario. Al pari dell’Hyper Arc, anche questo utilizzato nella radioterapia oncologica, che consente di colpire con accu-
Si affida ancora alla divina provvidenza,come donCalabria?
L’ho vista in faccia almeno quattro volte, la divina provvidenza. Negli anni Novanta non riuscivamo a trovare infermieri, eravamo in grande difficoltà a fissare i turni, e all’improvviso cominciarono a presentarsi candidati persino dall’estero. Un fenomeno inspiegabile, che m’impressionò. Fra il 1993 e il 1994 la Regione Veneto voleva tagliarci i posti letto e invece nacque la Casa Nogarè, una Rsa che accoglie 50 anziani. Oggi abbiamo le liste d’attesa per entrarci. Nel 2008 la stessa Regione ci tolse dalla sera alla mattina 20 milioni di euro. Chiamai i dipendenti e dissi loro: se tutti diamo qualcosa, nessuno sarà licenziato.I medicirinunciarono al 30 per cento dello stipendio, il personale paramedico al 10. Una gara di generosità che stupì le stesse autorità politiche e che miconfermò una volta per tutte come questa sia una famiglia. E ora la divina provvidenza ci assiste nella quarta emergenza. Quelladel coronavirus?
Sì. Chiudere l’ospedale per tre mesi, garantendosolole urgenze e le prestazioni oncologiche, ci è costato 15 milioni di euro. Spero di recuperarli. Come e dove, non lo so. Viespandereteulteriormente?
Il piano quinquennale prevede che vengano rifatti il pronto soccorso, l’oncologia, il polo chirurgico e la terapia intensiva. Sempreché non scoppi una pandemia all’anno... Già ora siamo centro di riferimento regionale per la revisione delle protesi di ginocchio e anca, per le patologie della retina,
per l’endometriosi, per la radioterapia oncologica avanzata, per le malattie infettive tropicali, per laproduzione dei radiofarmaci che forniamo a tutti gli ospedali del Veneto occidentale. Il citrobacter che si sospetta abbia ucciso tre neonati a Verona potrebbecolpireanche qui?
Spero proprio di no, ma non si può escludere. Gli ospedali devono fare i conti ogni giorno con i germi ubiquitari e le infezioni. Intanto dobbiamo far nascere i bambini che non possono essere partoriti a Borgo Trento. Nella sola giornata di ieri ne sono venuti alla luce 8, che vanno ad aggiungersi agli 800-1.000 registrati ogni anno. Checompetenzedeveaverel’amministratoredelegatodiunospedale?
Deve conoscere la materia sanitaria. Quindileilegge Lancet?
No, ascolto i medici. Mi considero un finalizzatore delle idee altrui. Èdifficiletrattareconiprimari?
Tutt’altro. La reputo la parte più bella del mio lavoro. A volte riesco ad accontentarli, altre volte no. Ma sanno che da questo ufficio non usciranno mai con un diniego a prescindere. Le è mai capitato di passare dall’altrapartedella barricata?
Come paziente? Più volte.
“
Abbiamo incorso300studi clinici,dicui30 sulCovid-19,che cihafattoperdere 15milionidieuro Vent’anni fa il professor Enrico Barbieri mi sottopose a un’angioplastica. Devo la vita al cardiologo Nicola Guilarte, boliviano. Durante un controllo di routine si accorse che qualcosa non andava. «Meglio se facciamo una scintigrafia miocardica», concluse. Replicai: se non ho niente, come penso, la spedisco a Caltanissetta. Invece avevo l’arteria coronaria discendente di sinistra occlusa al 90 per cento. Che cosa sa della vita di san GiovanniCalabria?
Quello che mi serve per fare il mio mestiere. Lui sosteneva chela primaprovvidenza è avere la testa sul collo. È al corrente del fatto che il vostro fondatore fu sottoposto a quattrosedute di elettroshock?
No, lo apprendo da lei.
Forsec’èunavenadifolliaintutti i santi, visto che insegnano qualcosaanoicosiddettinormali,non crede?
In tutti non so. In don Calabria di sicuro. Solo la sua lungimirantepazzia potevaimmaginare 80 anni fa questa Cittadelladella Caritàdove esistevano solo vigneti a perdita d’occhio e cantine che imbottigliavano Valpolicella. www.stefanolorenzetto.it
38 Provincia
L'ARENA
Domenica 12 Luglio 2020
GARDA- BALDO ILPOST EMERGENZA. L’effetto Covid19 continua afarsi sentire, nel colloquio consindaci eassessori il puntosulle necessità diun territorio che rimanericco di risorse
Lastrana stagionedeituristi vicini Siaccalcanonei weekend earrivano daiterritori limitrofi,illago viveun’estatetra lacrisi permolti lavoratorie lepoche regole dellaritrovata movida
Turistiin spiaggiaaBardolino FOTO PECORA Stefano Caniato
È per davvero il sabato del villaggio sulla riviera degli ex pescatori diventati imprenditori. Prendendo a prestito – immeritatamente - Giacomo Leopardi, l’impaziente attesa dei pendolari italiani è destinata a stemperarsi la domenica, per l’appunto, all’avvicinarsi del lunedì senza i villeggianti stranieri: l’83 per cento prima dell’epidemia. «L’assenza della clientela internazionale ai mercati rionali è emblematica. Quando? Giusto il lunedì», osserva il sindaco di Torri del Benaco Stefano Nicotra. «Durante la settimana il paese è vuoto. Si riempie nel weekend con i visitatori di
Premipensati perglistranieri, mercativuoti, pochiaffari esportellilavoro superindaffarati
provincia. Speriamo che, al più presto, vengano ripristinati i collegamenti con l’estero», sollecita il sindaco di Garda Davide Bendinelli, che è anche parlamentare. «I contatti giornalieri da oltreconfine non corrispondono alle presenze settimanali nel territorio», puntualizza il responsabile dell’ufficio turistico di Peschiera Sebin Pinackatt. Eppure, la lampara del barcaiolo tra i bastioni non è da meno della lucerna del falegname nella bottega di Recanati. «Si lavora, la notte per il dì, comunque», assicura l’assessore al Turismo, sempre di Peschiera, Filippo Gavazzoni, «Siamo patrimonio dell’umanità». Il presidente degli «Amici del Gondolin» Rolando Righetti riaprirà gratuitamente le porte del museo lacustre. L’ingresso costerebbe qualcosa, ma riaccompagnare, finalmente, le scolaresche tra remi, motori e reti fino all’uscita non avrebbe prezzo, poco o tanto che fosse. A giugno, sono mancati i tedeschi; a luglio, mancano gli
Tantituristi perle stradedeicentri gardesani, maspesso solo dallamattina alla serao per pernottamentibrevi
olandesi e i danesi; ad agosto, mancheranno ancora i tedeschi. Agli inglesi, sebbene governati dai monarchi, sembrerà singolare celebrare i matrimoni nei castelli di casa anziché sul Garda. Dovremmo essere in alta stagione, ma il traffico da Peschiera a Malcesine è da avvio di stagione. Salvo - riprendendo il poema - la domenica, quando lombardi, veneti, trentini, emiliano- romagnoli si ammassano sul bagnasciuga. Sono i benvenuti, ovviamente. Meglio, però, se signore, signori ed eventuale figliolanza si distanziassero. Non si sa mai: rintracciare i contagiosi e i contagiati sarebbe complicato. «Militarizzerei le spiagge. Ieri, durante il lockdown, le forze dell’ordine blindavano strade e piazze. Oggi, durante la ripartenza, dove sono? Non pretenderà che impieghi sempre la polizia municipale, contingentata e indaffarata in altre incombenze», commenta Nicotra. «Se tra i visitatori non prevarrà il buonsenso, affiderò la sorveglianza del litorale ad
una società privata», annuncia il sindaco di Brenzone Davide Benedetti. «Abbiamo installato 80 cartelli con il regolamento da rispettare. Ciò nonostante, pattuglio la costa assieme ad altri amministratori», aggiunge il consigliere comunale di Malcesine Christian Chincarini. Gli italiani mangiano un panino, gli stranieri bevono un bicchiere di vino. Solitamente, nei supermercati in prossimità dei campeggi si comprava poco, spesso; in prossimità delle seconde case si comprava molto, ogni tanto; in prossimità degli alberghi ci si scambiava l’arrivederci con i prodotti tipici. Invece, gli incassi di sei mesi con l’epidemia equivalgono ad un mese senza epidemia. Manco intendesse ingraziarsi il patrono dei vacanzieri, Benedetti consegnerà un ex voto - una benemerenza, perdono! - agli stranieri maggiormente presenti, anche se non propriamente degli irriducibili. La convinzione, più terrena che spirituale, anche degli altri sindaci - Luca Sebastiano (Lazise), Lauro Sabai-
ni (Bardolino) e Giuseppe Lombardi (Malcesine) - è che le aziende - qualsiasi attività pratichino - resistano, anche rimettendoci, per mantenere la posizione sul mercato turistico mondiale da rinsaldare l’anno prossimo quando, calcolano - alzando, stavolta, occhi e mani dai libri contabili al cielo - l’epidemia sarà ulteriormente circoscritta, se non addirittura debellata. Non è un caso che sostengano siffatto ragionamento: le popolazioni del Garda sono tra le più benestanti del Veronese. A giugno, spiega Nicotra, «il 90 per cento dei proprietari di Torri del Benaco ha pagato l’acconto della tassa sulle seconde case. Il saldo è previsto a dicembre. A differenza di altri Comuni, non c’è stata la necessità di ritardare le scadenze. L’economia locale è in difficoltà, ma non è compromessa. Il totale dell’Imu ammonta a 6 milioni di euro l’anno». Neppure a farlo apposta, ho trovato il tesoro dei pirati del Garda. Meglio, delle comparse dei
film girati negli anni Sessanta. A proposito di edilizia: a Malcesine, Lombardi ipotizza almeno un centinaio di posti di lavoro, tra diretti e indotto, nei cantieri del 2020 per gli ampliamenti delle abitazioni esistenti concessi dal Piano Casa e nei cantieri del 2021 per le costruzioni ex novo individuate nei Piani degli Interventi con cui sarà attuato, nel suo insieme, il Piano di assetto del territorio, cioè l’ex Piano regolatore. Insomma, non è che sul Garda, una volta liberati dagli arresti domiciliari disposti per cautelarsi dall’epidemia, abbiano rotto il salvadanaio per fare la spesa. «Si sbaglia: è accaduto. Si sono rivolti ai Servizi sociali: 300, a Peschiera; 400, a Lazise; 500, a Bardolino; 500, a Garda; 600, a Torri del Benaco; 150, a Brenzone; 200, a Malcesine», replicano i sindaci, «Le ditte a conduzione familiare, che prevalgono, hanno dimezzato il personale, che è stagionale». Vero è che l’ente Veneto Lavoro, ha conteggiato, nel Ve-
ronese, 17 mila dipendenti in meno tra mancate assunzioni ed effettive riduzioni. Un dato per tutti: «A Bardolino, millecinquecento dei settemila abitanti sono stagionali: anche papà e mamma contemporaneamente. La situazione potrebbe peggiorare in bassa stagione», avverte Sabaini. Intendiamoci, il riferimento temporale è semplicemente dettato dall’abitudine. Chissà, poi, se ci sarà il prolungamento della stagione. «La manodopera dei servizi turistici è specializzata quanto le maestranze in fabbrica», conclude Sebastiano. Quest’ultime, da tempo in cassa integrazione, si rivolgono agli Sportelli Lavoro temendo di perdere lo stipendio se il Governo togliesse il divieto di licenziamento imposto dall’epidemia. Ora, suvvia, è sabato nel villaggio. La felicità sarà irraggiungibile, ma l’accenno di movida è senz’altro incoraggiante. E distoglie, per un momento, il pensiero dal virus. •
BRENZONE. Lagiuntahadeciso diprorogare l’affittodell’ufficiofino al2026e dinon farelavoriad Acquafresca
LosportelloIat non si spostadaPorto Bocciata l’idea di sacrificare postiautovicinoalla spiaggia,ancoravalido ilcontributoregionale L’amministrazione rinnova l’affitto dello Iat fino a marzo 2026. Lo ha deciso la giunta di Brenzone guidata dal sindaco Davide Benedetti. Nelle scorse settimane il primo cittadino aveva replicato alle polemiche conseguenti alla decisione di non realizzare il nuovo ufficio dentro al parcheggio di Assenza, a pochi metri dai campi sportivi e vicino al Circolo velico Acqua-
fresca. I lavori dunque non partiranno nonostante fossero già stati aggiudicati, nel gennaio 2019, alla ditta Edil Sparta Srl di Reggio Emilia. A gennaio 2020, l’ex-vicesindaco e ora consigliere di minoranza Aldo Veronesi aveva tuonato in consiglio contro i ritardi nel fare partire i lavori per il nuovo Iat, con contributo di oltre 68 mila dalla Regione. Veronesi chiedeva che, data l’assenza di volontà ad aprire il cantiere, vi fossero delibere di revoca dell’opera e dell’appalto. Quando l’attuale maggioranza era minoranza, l’allora
capogruppo e oggi sindaco Davide Benedetti aveva detto: «La struttura verrebbe costruita su suolo demaniale. Si toglieranno posti auto dal parcheggio a ridosso degli impianti dell’Acquafresca e della spiaggia più ampia del comune». Questi concetti sono stati ribaditi in una delibera. Benedetti ha spiegato inoltre: «Con una nota del 12 dicembre 2019, la Regione ha concesso la proroga fino al 30 dicembre 2021, per la conclusione e rendicontazione dell’opera per cui sono destinati 68.700 euro di contributo». La spesa totale per l’im-
mobile era di 180 mila euro. «Questa amministrazione non intende procedere con la realizzazione dello Iat ad Acquafresca secondo il progetto dell’architetto Daniele Formaggioni» (incarico vecchia amministrazione). «La volontà del Comune è di sviluppare a fini turisticosportivi il comprensorio di Acquafresca e si ritiene che l’ubicazione di tale manufatto confligga con strutture o lavorazioni future», avevano spiegato dal municipio. Ora la novità: l’ufficio potrebbe non spostarsi dalla propria sede di Porto almeno
fino al 31 marzo 2026 visto che, fino a quella data, il contratto stipulato per la prima volta nel 2002 sarà in vigore. Tra proroghe e rinnovi, il contratto è stato sempre mantenuto in vigore e sono previsti adesso ulteriori sei anni. Ma quanto costa l’affitto dei locali per lo Iat? L’ufficio, che è di proprietà di Anita e Loretta Formaggioni, è stato affittato «al prezzo concordato e invariato di 5 mila 371 euro annui», per un totale di 32 mila 226 euro in sei anni, si legge nel documento della giunta. • G.M.
L’ufficioIat a PortodiBrenzone non viene spostato
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