La Città n. 85 settembre 2016

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La Città

LA CITTÀ • Numero Ottantacinque • settembre 2016 • Registrazione presso il Tribunale di Pordenone, n. 493 del 22-11-2002 • Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCI PORDENONE • Copia in omaggio Direttore responsabile: Flavio Mariuzzo • Editore: Associazione La Voce • Sede: Pordenone, Viale Trieste, 15 • Telefono: 0434-240000 • e-mail: info@lacitta.pordenone.it • Sito web: www.lacitta.pordenone.it

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Dal 14 al 18 settembre si rinnova l'appuntamento con il festival Pordenonelegge

IL VILLAGGIO OLIMPICO DELLA LETTERATURA Nomi celebri della cultura e autori di nicchia. Straordinarie opportunità per riflettere sui problemi del mondo ma anche su se stessi. Centinaia di incontri in ogni angolo del centro storico e oltre quaranta anteprime nazionali. Menù a tema dei ristoratori e tante iniziative che coinvolgono il commercio. Una vera e propria festa con un'atmosfera magica

IL MIO FESTIVAL

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Enrico Galiano: 11 incontri da (non) perdere

L'INTERVENTO

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Sergio Bolzonello: "La cultura diffusa ci indica la strada"

INTERVISTA

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Alessandro Ciriani: "La mia idea di città? Efficiente, bella e sicura"

pordenonelegge festa del libro con gli autori 14 – 18 settembre 2016

EDITORIALE

E venne il gatto che uccise il Pokémon Ormai nessuno si lamenta più dell’offerta troppo ricca di Pordenonelegge. Dopo 17 anni si è capito che uno dei punti di forza del festival è proprio la formula. Che costringe a operare delle scelte. Impossibile girovagare a caso come gli stralunati cacciatori di Pokémon, che fuori dalle isole pedonali rischiano di farsi investire. Bisogna prendere il programma, studiarlo, elaborare un personale itinerario sulla base delle proprie inclinazioni. In mezzo ci può stare anche l’happy hour con lo spritzzetto o la cenetta sfiziosa. Si tratta pur sempre di una festa. Ma è fuor di dubbio che in questi 17 anni il festival abbia contribuito a formare uno spettatore consapevole, organizzato e composto. Il livello di maturazione e di eccellenza raggiunto dalla

foto di FERDI TERRAZZANI (I servizi da pagina 2 a pagina 7)

manifestazione, secondo noi, è molto ben rappresentato dal suo pubblico, che oggi può considerarsi uno dei punti di forza della rassegna stessa. La qualità del cartellone e dell’organizzazione è sotto gli occhi di tutti e non ha bisogno di essere ulteriormente sottolineata. Come afferma il presidente della Fondazione Pordenonelegge.it, Giovanni Pavan, nell’intervento che pubblichiamo all’interno, il brand della festa del libro costituisce oggi un fiore all’occhiello della città e delle sue capacità, perché certe best practice non nascono per caso. Spesso in passato ci si è interrogati sul percorso di crescita futura di questo evento. A nostro avviso, la questione va depennata dall’ordine del giorno. Pordenonelegge va

bene così com’è. Punto. Inutile impiccare un festival che funziona alla condanna della crescita come si fa per i bilanci aziendali. Mille spettatori in più o in meno non devono determinare il successo o l’insuccesso di un’edizione. Fa bene la direzione artistica a tenere la barra puntata sulla qualità senza fare sconti o concessioni a mode e tendenze. L’obiettivo non deve essere quello di portare sempre più pubblico, anche perché i contenitori e in generale la possibilità di accoglienza presentano dei limiti (Pordenonelegge non può diventare l’adunata degli alpini). L’obiettivo deve essere piuttosto la continuità della qualità e la fidelizzazione del pubblico. E quindi ci siamo. Flavio Mariuzzo


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Pordenonelegge è molto più di un semplice cartellone di incontri con gli autori: è una città in festa IL PUNTO

UNA FESTA CHE SI ESPANDE IN OGNI ANGOLO DEL CENTRO

di GIOVANNI PAVAN (*)

ph. Romor

Oggi pordenonelegge è un La XVII edizione di porbrand. Facendo rientrare in denonelegge è ormai alle questa definizione quel che porte. Forse non erano in nel mondo del molti, nel marketing e 2000, a della comuniimmaginare cazione ormai che questo si intende sarebbe dicome “un inventato uno sieme di aspetdei festival ti emotivi” più imporche un brand tanti a livelappunto riesce lo nazionale a suscitare nel e internaziopubblico. Pornale. Foto Fedri Terrazzani denonelegge E non solo oggi è sinonimo di qualità un festival. in ambito letterario, di proIn tanti avevano avuto mozione della cultura, di anche da ridire sul nome ospitalità, di capacità orgascelto, così lungo, così evocativo di un mondo che nizzativa, di professionalità, di accoglienza… E potrei sembrava più legato alla giurisprudenza che a quello continuare. Un percorso che negli anni ha saputo della lettura. E poi quel .it, dare giusto equilibro a un che seppur perfettamente fisico dove cervello, gambe “alla moda” in quegli anni e cuore hanno lavorato per sembrava voler anteporre consolidarne la curiosità, la ancora di più la tecnologia forza e la passione. E dove alla carta. Per non parlare non si è mai dimenticata infine del giallo e nero la volontà di fare qualcosa scelti per il logo, così poco nell’interesse di tutti, con eleganti e troppo simili a un grandissimo lavoro di quelli che erano i colori dell’azienda più importante squadra e di relazioni. È un impegno che sappiadel territorio di quel temmo di dover mantenere nel po. tempo e per il quale non A distanza di diciassette solo la Fondazione Pordeanni pordenonelegge può nonelegge.it sta lavorando. raccontare una storia che oltre ad avere nel festival di È un impegno di un terrisettembre il suo fiore all’oc- torio, di una comunità, delchiello, può vantare corsi di le sue istituzioni, dei suoi cittadini, della sua gente. scrittura creativa, percorsi Un impegno di tutti noi letterari, pubblicazioni per continuare a far crescere editoriali, concorsi, collail brand pordenonelegge. borazioni con altri festival, partecipazione a progetti (*Presidente Fondazione europei, eventi e molto alPordenonelegge.it) tro ancora.

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È tutto il centro città a essere coinvolto con iniziative nei negozi, nelle vetrine, nei ristoranti e nei bar. Da non perdere il filone vini e sapori organizzato in collaborazione con l’Ersa e le ben 15 mostre, tra cui la prima in Italia di book art

Da sinistra, Alberto Garlini, Valentina Gasparet, Giovanni Pavan, Gian Mario Villalta e Michela Zin (foto Cozzarin)

di VALENTINA GASPARET

È una città speciale quella che accoglie gli autori e i libri… È una città in festa, che indossa il suo vestito più elegante, il suo sorriso più luminoso. È una città che si illumina, diventa protagonista, viva e gioiosa, curata e accogliente. Ed è per tutto questo che Pordenone entra fatalmente nel cuore dei tanti che arrivano qui, anche da molto lontano, per partecipare al festival. pordenonelegge è una grande festa: la festa dei libri, degli autori, dei lettori, ma è da sempre anche una grande festa della città, che si spande nelle vie del centro, nei palazzi, in tutte le sedi del centro storico che ospitano gli eventi, ma anche nei locali, tra i tavolini dei bar e dei ristoranti, nelle vetrine dei negozi. E proprio gli esercizi commerciali ospitano gradevoli e informali momenti di incontro con gli autori: una piccola sezione di eventi chiamata “Esercizi… di lettura” che, anche per la XVII edizione di pordenonelegge vuole sostenere il progetto La Biblioteca di Sara, dedicato alla grande amica e collaboratrice di pordenonelegge, Sara Moranduzzo. Questi i locali, i temi, gli autori: Être Concept Store, ospita A tutto stile, con Irene Colzi e Paola Dalle Molle; Gelateria Montereale, Dai Magredi al Noncello con Alessandra Santin, Sergio Vaccher, Stefano Tubaro e Stefano Fabian; Il Mercato di Campagna Amica, La tifosa di “Messi“, con Francesco Zarzana e Flavio Mariuzzo; Alà e Pepì, Favole turbo, laboratorio creativo con Daniele Bergesio e Alessandro Pedarra; Atmosfere Grace, Angeli e profumi…, con Azzurra Gianotto, Erica Gaiotti e Andrea Maggi; Complemento oggetto, I muri del tempo. La pittura di Nicola Nannini, con Roberto Cresti e Nicola Nannini; L’altrametà, 101 piccole rivoluzioni, con Paolo Cacciari e Alessandra Gabelli; Caffè Letterario Pordenone, Portami con te. Quattro racconti di amicizia e libertà, con Stefania Scateni. Dal taglio informale e molto piacevole, con un filo conduttore legato ai sapori e ai vini, sono anche gli appuntamenti realizzati in collaborazione con ERSA, Agenzia Regionale per lo sviluppo rurale, nelle sale di Palazzo Klefisch, dove, tra gli altri, scopriremo Le birre e i birrifici del Friuli Venezia Giulia, con Joe Lasie e Rocco Menna, e i Vini macerati con Mauro Nalato; e

di vini ci parlerà anche Walter Filiputti, con il suo nuovo libro, La storia moderna del vino italiano; Stefano Caffarri, Direttore delle Iniziative Speciali del Cucchiaio d’Argento, ci porterà Chicchi di riso. 99 ricette per tutti i gusti, e il vulcanico chef fiorentino Fabio Picchi, intervistato da Gabriele Giuga, ci racconterà le ricette che salvano l’anima, raccolte nel suo libro Papale Papale. Gli appuntamenti saranno accompagnati da speciali degustazioni, così come speciale sarà lo showcooking, con i prodotti della tradizione del Cibario del Friuli Venezia Giulia, curato dagli Chef Andrea Canton del ristorante “La Primula” e Andrea Spina del Ristorante “Al Gallo”. Ma la città, in occasione di pordenonelegge, apre al pubblico anche i suoi spazi espositivi: ben 15 le mostre in programma, che attraversano gallerie, musei e palazzi della città. Innanzitutto “Book Art”, di cui pordenonelegge proporrà la prima mostra in Italia: non si tratta dell’ennesima mostra di “Libri d’artista”, ma di un settore emergente dell’arte contemporanea, opere di artisti che utilizzano libri o pagine di libri, per creare le loro opere visivo-scultoree. L’esposizione, che si apre sabato 10 settembre negli Spazi espositivi della Provincia di Pordenone, è realizzata dall’Associazione Culturale GrabGroup Upgrading Cultures. In mostra una quarantina di opere originali di artisti italiani e stranieri contemporanei e una sezione storica con opere di Marinetti, Depero, Munari. Tra le altre mostre in programma, va ricordata “Lunalano notturno”, l’esposizione antologica dell’artista pordenonese Claudio Guerra alla Galleria d’Arte moderna e contemporanea “Armando Pizzinato” (dove fino al 2 ottobre è allestita la retrospettiva dedicata al maestro dell'informale Luigi Boille, il cui catalogo verrà presentato giovedì 15 settembre alle 18). la piccola ma preziosa mostra “Nicola Nannini. I muri del tempo”, curata da Roberto Cresti e ospitata dalla Galleria Hippocratica; e, al primo piano della Biblioteca civica, la mostra di illustrazioni Giochi, Aria, Luce. Il mondo di Giulia Orecchia, curata da Fondazione Štěpan Zavřel di Sarmede. Il programma completo, gli autori, gli eventi, i temi, nel sito www.pordenonelegge.it Foto Fedri Terrazzani

Un brand sinonimo di qualità


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Il punto su letteratura e attualità con il direttore artistico Gian Mario Villalta, da 15 anni alla regia del festival

DA SHAKESPEARE AI MIGRANTI, UN TUFFO NEL LIBRO DELL’UMANITÀ “Latino lingua morta? Direi di no. Anzi, ci permette di percepire la continuità dell’esperienza umana in una realtà oggi così disgregata come la nostra, che pare consumare tutto in un istante” foto di FERDI TERRAZZANI

“Lingua morta il latino? Non ne sarei così sicuro”. Inizia con questa affermazione lapidaria la nostra chiacchierata con il professor Gian Mario Villalta, direttore artistico di Pordenonelegge, che così continua a difesa di una delle tradizionali “bestie nere” di molti studenti liceali, il “latinorum”. “È una lingua che non si parla in televisione e non si usa comunemente nei tweet, questo è vero, ma ciò significa forse che non offre la possibilità di un dialogo? Direi di no. Anzi, questo dialogo è tanto più profondo perché ci permette di percepire, anche se non siamo specialisti, la ricchezza, la profondità della storia, la continuità dell’esperienza umana in una realtà oggi così disgregata come la nostra, che pare consumare tutto in un istante. Non posso dilungarmi, ma posso assicurare che la questione non è quella di destreggiarsi con l’ablativo assoluto o la consecutio temporum (per quanto assai interessanti), quanto piuttosto di chiederci, ancora una volta, chi siamo e chi vogliamo essere. Piero Dorfles regalerà una lezione su Shakespeare nel quarto centenario della morte: cosa rende immortale questo autore? Come ci si accosta a questo gigante, da cosa si parte? Come sempre, cercando di smantellare i luoghi comu-

ni, basati sulla conoscenza approssimata e sul sentito dire. Leggere davvero un’opera, dall’inizio alla fine. Ascoltare dei brani tradotti e interpretati con passione (a questo proposito, ci sarà Patrizia Cavalli al Convento di san Francesco alle 18.30 di venerdì). Oppure, come nel caso di Dorfles, affidarsi a un profondo conoscitore che ha anche il dono di affascinare l’ascoltatore. Ognuna di queste esperienze potrà fare luce

Francesco De Gregori ospite atteso a Pordenone

sul miracolo dell’immortalità dell’autore: ha sondato i lati più profondi e bui dell’animo umano senza scordarsi che la vita stessa è effimera e, a volte, spiritosa. Partendo dai 500 anni dell’Orlando Furioso: perché studiare i classici oggi? Perché li conoscono bene tutti quelli che scrivono le serie che tutti vedono e così si può diventare spettatori più competenti. E poi perché fissano forme simboliche e comunicative in cui prende forma un aspetto dell’antropologia umana riconoscibile e tramandabile. All’uscita dell’Orlando Furioso, per esempio, il libro non fu certo recepito come un classico. Il tempo ha riconosciuto in quell’opera la celebrazione della libertà narrativa e dell’ironia che la narrazione può inventare, a proteggerci dall’insensatezza degli eventi. Quali sono i dieci testi fondamentali che non devono mancare in un bagaglio cul-

turale minimo? Questa domanda è una condanna al rispondere un po’ così: Vecchio e Nuovo Testamento, Iliade, Odissea, Edipo Re, Antigone, Fedra, Simposio, Sofista, Poetica, Retorica, Metafisica… (Ops! Sono già dodici). Tre autori stranieri da non perdere a Pordenonelegge e perché. Cristoph Ransmayer: stile inconfondibile, sguardo profondo, grande respiro. Mogol: finalmente potremo chiedergli che cosa c’è da sapere di un campo di grano. Ian Manook: impariamo come si prepara una marmotta per pasteggiare alla mongola. Da sempre Pordenonelegge cerca di raccontare il mondo in cui viviamo: cosa ci dice del problema epocale dei migranti? Dice molto, in molte lingue, anche in Italiano. Perché oggi restano migranti anche quelli che un tempo si definivano emigrati, per esempio. Questo nessuno l’ha notato? Perché quella di migrante è diventata una categoria dell’esistenza e della politica per una moltitudine di persone, non solo per la mobilità dei corpi, ma per la necessaria dislocazione quotidiana delle menti e per la grave distopia dei desideri che è sotto gli occhi di tutti. L’altro grande motivo di preoccupazione è il terrorismo: si trova nel programma una chiave di lettura di questo fenomeno? Tra le molte forme di terrorismo che abbiamo conosciuto, la cronaca ci impone negli ultimi mesi qualcosa che ancora non è facile da decifrare, per le molte e diverse motivazioni che arrivano all’analisi. L’adesione ideologica, il disagio sociale e la malattia mentale a volte si presentano come indecidibili. Meglio, per il momento, studiare la società, le culture, le religioni, come abbiamo preferito fare, pro-

ponendo molti appuntamenti orientati in questo senso. Il giallo-nero di Pordenonelegge richiama esplicitamente i colori dello storico marchio Rex della Zanussi: che legame c’è, se esiste, tra queste due realtà? C’è stato un tempo in cui la città ha fatto della Zanussi un simbolo (o viceversa). Questo tempo è passato. I colori vengono a pordenonelegge attraverso vari passaggi (tra i quali il riferimento alla Zanussi come simbolo). E chissà che questo status di rappresentanza simbolica non sia già passato a pordenonelegge? In cosa, secondo lei, por-

denonelegge può ancora migliorare? Una sfida, un progetto per il futuro. Migliorare si può sempre. E pordenonelegge può migliorare moltissimo. E di nuove sfide e progetti per il futuro ne proponiamo almeno tre all’anno, nella speranza che qualcuno se ne accorga. Perché non le faccio una domanda sulla poesia? Perché immagino che sembri di sentire un po’ un disco rotto (si diceva una volta): la poesia è importante, promuoviamo la poesia, a Pordenone la poesia è una realtà viva e partecipata. Però è tutto vero. F.M.

Ogni volta che stampiamo un libro sappiate che l’abbiamo anche ripiantato. Stampare è il nostro lavoro e la carta è la nostra risorsa più preziosa: per questo abbiamo scelto di impegnarci a favore dell’ambiente ottenendo la certificazione FSC, il sistema di gestione forestale responsabile. Per continuare a offrire un servizio all’altezza delle vostre esigenze nel rispetto della natura e delle generazioni future.

tipo grafia sartor


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Per un fine settimana la città diventa crocevia del mondo: molti e importanti gli autori di altri paesi

foto di FERDI TERRAZZANI

PASSA LO STRANIERO Fino a ieri rappresentavano e davano voce a società semisconosciute. Oggi il mondo globalizzato si è rimpicciolito e tutto è diventato famigliare. Scrittori turchi, ucraini, sauditi, iraniani raccontano storie che sembrano accadute nel nostro cortile di ALBERTO GARLINI

Pordenonelegge arriva alla sua diciassettesima edizione, con un festival che in un certo senso è una summa degli intenti che ha avuto fin dall’inizio. Innanzitutto, secondo il modello anglosassone, l’autore è al centro dell’incontro, con il suo libro, la sua storia, la sua esperienza. Il festival vuole mettere lettori e autori in contatto senza filtri, o con il minimo di filtri che servono a guidare il discorso. Basta scorrere il programma per cogliere come libri e autori siano immediatamente disponibili, non confusi in astratti discorsi, o presi di sbieco attraverso ammiccamenti all’attualità. In secondo luogo: l’idea di creare uno spazio libero in cui tutte le narrazioni, i pensieri, le parole possano trovare posto, nella contraddizione, nello sviluppo dialettico, in una sorta di arena dove non esiste una verità precostituita ma

esiste piuttosto una ricerca faticosa di posizioni e scelte sofferte che possano essere agibili nella vita di ogni giorno. E ancora, come terza aspirazione, l’idea di creare un affresco della nostra epoca, di stare dentro ai problemi, ai flussi del pensiero, alle paure e ai sogni del mondo che abbiamo intorno, scoprendo ciò che è nuovo, ciò che può svilupparsi, ciò che delinea la realtà intorno a noi. In questo senso ci saranno incontri assolutamente straordinari, a partire dallo scrittore dissidente turco Burhan Sönmez, che in dialogo con Marco Ansaldo, ci parlerà della realtà delle Turchia contemporanea, che rimane per noi un mistero difficile da risolvere: la geopolitica si trasformerà quindi in narrazione, l’esperienza personale in condivisione di qualcosa di profondo e che ci tocca tutti. Altro nome che ci avvicinerà alla complessità politica e ci farà conoscere da vicino una situazione incandescente, sarà lo scrittore ucraino Serhij Zadan, che in un libro effervescente e on the road ci racconta, tra sogno e realtà, il suo paese, oggi al centro di una pesante crisi internazionale. Di straordinario rilievo anche gli incontri con la scrittrice israeliana Zeruya Shalev, che racconta di una donna che a distanza di vent’anni dall’attacco terroristico di cui è stata vittima, sente riaffiorare il dolore delle vecchie ferite e, contemporaneamente, si rifà vivo un vecchio amore che tanto l’aveva fatta soffrire. E della scrittrice saudita Raja Alem che, con la sua costante preoccupazione per la precisione nella descrizione di persone e cose, ci fa rivivere la società tradizionale de La Mecca

dell’inizio del XX secolo. Di grande intensità anche l’incontro con Kader Abdolah, nato in Iran nel 1954, perseguitato dal regime dello scià e poi da quello di Khomeini e rifugiato politico in Olanda, è diventato uno dei più importanti scrittori di questo Paese. E ancora l’incontro con Rosemary Nyirumbe, religiosa ugandese, ha dedicato tutta la sua vita ad aiutare le ragazze vittime delle violenze del Lord’s Resistance Army (LRA), la milizia guidata da Joseph R. Kony che da anni semina terrore nel nord Uganda. E per ultimo cito Gerard Russell che ha scritto un libro che ci porta dentro le religioni sconosciute del medio oriente: si pensa a quell’area spesso in forma monolitica, ma invece racchiude tesori religiosi che durano da secoli. Insomma pordenonelegge ci costringerà come sempre a fare un viaggio dentro realtà lontane, a scoprire mondi spesso sconosciuti, a cogliere le emergenze politiche e religiose della nostra epoca, consapevoli che non esiste una ricetta univoca di convivenza, ma che il sapere aiuta sempre alla comprensione, all’immedesimazione e quindi all’empatia. Il mondo è sempre più piccolo, qualcosa che succede in Arabia o Ucraina ci tocca come se succedesse nel cortile di casa nostra. Il mondo fuori dai nostri confini ci condiziona e dobbiamo conoscerlo per apprezzarlo o anche semplicemente per scegliere correttamente. Pordenonelegge sarà il centro dove si intersecheranno parole e discorsi all’apparenza lontani, ma in realtà vicini e quasi famigliari.

IL MIO FESTIVAL: ENRICO GALIANO

11 cose da non andare a vedere a Porden Il bello di Pordenonelegge è anche il suo brutto: l’imbarazzo della scelta. Pordenonelegge è un po’ come per un bambino entrare in un immenso negozio di giocattoli con la facoltà di potersi prendere tutto quello che si vuole, ma con la regola di avere un numero limitato di giocattoli da portare a casa. Ora, siccome la mia paura più grande a Pordenonelegge è sempre la stessa, ovvero di non riuscire a entrare agli incontri che mi interessano di più per la troppa presenza di pubblico, farò una cosa: vi consiglierò che cosa non andare a vedere (così ci sarà più spazio per me!). #1 L’incontro Nient’altro che la verità: pfff, che rottura che dev’essere andare a vedere Gian Carlo Caselli, uno dei più importanti magistrati antimafia e antiterrorismo della storia italiana. Non avrà sicuramente nulla d’interessante da raccontare! Assolutamente da evitare!

#2 Sulla via del sole e ritorno, con Mauro Corona e Omar Pedrini: ma sì, Mauro Corona ormai è sempre quello, alla fine quando parla non dice mai niente di intelligente; cosa vuoi che aggiunga poi la presenza di Omar Pedrini, una delle menti più importanti del rock italiano anni novanta! Non andateci! #3 L’opera immortale di Shakespeare, presentato da Piero Dorfles. Bah, una gran barba questo Bardo, non mi risulta abbia scritto nulla di rilevante. Se in più lo racconta Piero Dorfles, uno che sono più i libri che ha letto che gli spaghetti che ho mangiato io (e ne ho mangiati tanti), non credo possa saltar fuori nulla di avvincente; #4 Irvine Welsh e Un artista del coltello. Chi è questo? Irvin cosa? Ah sì, quel tizio che ha scritto Trainspotting. Vabbè, non è stato mica un libro importante, no?


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Il mio festival: Tullio Avoledo. Lo scrittore pordenonese ha appena pubblicato un nuovo romanzo

NON PERDERÒL’INCONTRO CON IL FILOSOFO SLOVENO SLAVOJ ŽIŽEK, TEORICO DELLA NUOVA LOTTA DI CLASSE TRA GLI ELETTI E GLI ESCLUSI DELLA GLOBALIZZAZIONE di TULLIO AVOLEDO

Credo che mai come quest’anno Pordenonelegge sia un’occasione importante, cinque giorni da segnare con un colore allegro su un calendario del 2016 contrassegnato da troppi segni neri. Saranno giorni d’incontri tra persone di culture, lingue e religioni diverse, con idee spesso in contrasto tra loro ma disposte a mettersi in gioco nel confronto. Nessuno può negare che viviamo un momento terribile della nostra storia, e che non è facile staccarsi per qualche giorno dalla tristezza di questi tempi per fare festa. Ma ne abbiamo passati altri, di momenti così, se non anche peggiori. Momenti difficili che abbiamo superato non con la violenza ma con la forza delle idee e il confronto. Viviamo in un’epoca in cui sempre più persone pensano che l’unica risposta ai mali del nostro tempo sia isolarsi dietro dei muri, ignorando che questo è già di per sé un male, una carcerazione autoinflitta. Non è pensabile comportarsi come i protagonisti del Decamerone, che per sfuggire alla Peste Nera si chiudono in una villa di campagna, o come i convivati che si barricano in un castello nel racconto di Edgar Allan Poe La maschera della Morte Rossa. Non esiste più un dentro e un fuori. Le frontiere stanno crollando. La sentenza di morte dei confini geografici l’abbiamo udita qualche mese fa, in un servizio televisivo, dalle labbra tremanti di una ragazza africana appena scampata a un naufragio di profughi. “La Terra è di tutti” ha detto, con lo sguardo fiero e sicuro. Ci piaccia o meno, è un’affermazione difficile da contestare. Pordenonelegge, anche quest’anno, offre molte valide occasioni di confrontarsi con temi di drammatica attualità come, appunto, lo sradicamento dal proprio paese e i conflitti fra religioni, ma anche sull’etica e sull’economia: argomenti importanti se vogliamo capire – e possibilmente risolvere – i problemi di questo difficile inizio di millennio. Leggere, ascoltare, aprire la mente, informarsi, sono attività necessarie, oggi più che mai. Il bello di Pordenonelegge è che, accanto agli incontri con autori di prima grandezza o sulla cresta dell’onda, propone approfondimenti, vere e proprie “chicche”, che sarebbe un peccato perdersi. Consiglio, a gusto mio, un evento su tutti: il gradito ritorno a Pordenone di Haim Baharier, che parlerà del misterioso Monsieur Chouchani, una figura mitica (e forse magica) della cultura ebraica del secondo dopoguerra.

Così come vi inviterei a non perdere l’incontro con l’austriaco Christoph Ransmayr, autore dotato di una capacità evocativa straordinaria, che presenta il suo nuovo, potente libro Atlante di un uomo irrequieto. Personalmente lo ritengo uno dei più grandi scrittori del nostro tempo. Come grandissimi sono Colm Toibin, Irvine Welsh e il filosofo Slavoj Žižek, le cui recenti prese di posizione sulla gestione da parte dell’Europa del fenomeno dell’immigrazione hanno sollevato discussioni dai toni molto accesi. Dato che mi piace prendere posizione, dico subito che concordo con la sua interpretazione del momento storico che viviamo, e cercherò quindi di assistere al suo incontro. Non sempre è facile, entrare a tutti gli eventi a cui si vorrebbe partecipare. Mi piacerebbe non perdermi gli incontri con lo scrittore turco Burhan Sönmez e con Corrado Augias, perché entrambi presenteranno a Pordenone libri che parlano di Istanbul, una città che è all’origine anche del mio nuovo romanzo Chiedi alla luce, che presenterò in chiusura di festival (se non siete troppo stanchi e se la cosa vi va, possiamo vederci domenica alle 19, allo Spazio BCC Fvg). L’importante è non farsi sangue cattivo se non si riesce a vedere tutto e tutti (sarebbe comunque impossibile). Se non ce la fate a partecipare a un incontro, ricordatevi che il meglio di sé gli autori lo danno, di solito, in quello che scrivono. Quindi potete sempre incontrarli in libreria, durante tutto l’anno. A proposito di autori, trovo bello che il primissimo evento di Pordenonelegge 2016, alle 9 di mattina di mercoledì 14 settembre, sia la scuola di scrittura per ragazzi, su progetto del Liceo Leopardi-Majorana. Sarebbe fantastico se il festival producesse nuovi scrittori, oltre che nuovi lettori. Chiudo con un grazie a chi, non solo in questi cinque giorni di settembre, ma per tutto l’anno, lavora alla macchina del festival, che è il risultato di uno sforzo organizzativo ed economico del quale la nostra città e la nostra provincia non possono che essere fieri: il miglior esempio di come la forza di volontà, una seria programmazione e un costante impegno consentano di raggiungere grandi risultati. Buon festival a tutti.

SOTTO LA LENTE

Chiedi alla luce, il nuovo libro di Avoledo Chiedi alla luce (Marsilio editore) è il nuovo romanzo di Tullio Avoledo, presentato in anteprima nazionale al Festivaletteratura di Mantova il 10 settembre. Gabriel, il protagonista, è un uomo ricco, un architetto famoso. Il suo vagare per l’Europa sembra improvvisato, casuale, addirittura involontario; ma forse è guidato da un destino, da un’antica sapienza, da una volontà divina – o da un amore perduto. Come sempre nei romanzi di Tullio Avoledo, anche in Chiedi alla luce tutti i mondi inventati sono terribilmente reali. TULLIO AVOLEDO, nato a Valvasone in Friuli nel 1957, vive e lavora a Pordenone. Ha pubblicato: L’elenco telefonico di Atlantide (Sironi 2003), Mare di Bering (Sironi 2003), Lo stato dell’unione (Sironi 2005), Tre sono le cose misteriose (Einaudi 2005), Breve storia di lunghi tradimenti (Einaudi 2007), La ragazza di Vajont (Einaudi 2008), L’ultimo giorno felice (Edizioni Ambiente 2008), L’anno dei dodici inverni (Einaudi 2009), Un buon posto per morire (Einaudi 2011). I suoi ultimi due romanzi – Le radici del cielo (Multiplayer.it 2011) e La crociata dei bambini (Multiplayer.it 2014) – sono ambientati nel Metro 2033 Universe inventato da Dmitrij Gluchovskij. Tradotti sinora in cinque lingue hanno riscosso un grande successo internazionale.

14 > 18 Settembre 2016 Festa del libro con gli autori

nonelegge (così ci sarà più spazio per me!) #5 Clara Sanchez e Lo stupore di una notte di luce. Non so voi, ma a me non incuriosisce per nulla questa scrittrice che sforna bestseller alla stessa velocità con cui mia nonna sfornava lasagne la domenica. Poi scrive anche storie banali, ambientate nel presente ma che si intrecciano con le atrocità della Shoah. Via! #6 Michelangelo. Io sono fuoco, lezione di Costantino D’Orazio. L’Italia, che ha circa tre quarti del patrimonio artistico mondiale, vuoi che non sappia già tutto sui suoi artisti?? Del tutto superfluo quindi andare a sentire le storie su uno degli artisti più geniali della storia dell’umanità, Michelangelo Buonarroti; #7 Stessa cosa dicasi per il latino: è la lingua da cui deriva l’italiano, vuoi che non tutti conoscano le magie nascoste dietro le parole coniate dai nostri antenati? Quindi, mi raccomando, non passate neanche vicino a Viva il latino. Storia e bellezze di una lingua inutile di Nicola Gardini; #8 Un filosofo veramente noioso e per nulla imprevedibile è Slavoj Žižek: alla larga quindi da More alienation, please! perché sicuramente non sarà in grado di dare una bella

scossa di terremoto ai vostri pensieri e alla vostra visione del mondo; #9 Fossi in voi eviterei anche di perder tempo con Davide Toffolo e la sua Graphic novel is dead: del resto, il musicista e fumettista è spesso banale nelle sue performance. E poi è di Pordenone e sappiamo tutti che a Pordenone non nasce mai nessuno di particolarmente creativo; #10 Ah, sì, c’è anche Francesco De Gregori a Pordenonelegge, con l’incontro Passo d’uomo. Quello forse è un pochino interessante, ma è a ora di cena, quindi mi raccomando sabato alle 20:30 andate a cercarvi un buon ristorante, che durante quei giorni offrono menù strepitosi! #11 Infine, domenica sera, c’è anche un certo Giulio Rapetti, con Il mio mestiere è vivere la vita. Già il nome non vi dice niente vero? Ecco, infatti non è nessuno di così significativo nel panorama musicale e direi anche letterario del Novecento italiano. Quindi anche lì, anzi soprattutto lì, non ci andate!

Atmosfere Grace Profumeria

Il linguaggio segreto del profumo

Sabato 17 Settembre 2016

ore 17:30

Incontro con Azzurra Giannotto e Erica Gaiotti Presenta Andrea Maggi

Enrico Galiano Via Brusafiera , 2 Pordenone - Tel. 0434 28299


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Settembre 2016 L’INTERVENTO

Tropeano: “Dal 2017 eventi nei quartieri prima del clou di settembre in centro” Pordenonelegge affronta felicemente la boa della17° edizione con i migliori auspici e soprattutto con un gatto nero benaugurante a fianco che ne rappresenta il simbolo – già adottato da migliaia di fans - per l’edizione 2016. L’evento conferma il proprio ruolo tra i più importanti progetti culturali italiani e lucida il colore giallo dei suoi loghi pronto a contaminare la città. Il Festival dei libri e degli autori tuttavia, quasi un giovanotto, è a un passo dalla maturità e come spesso accade, il pensiero va al suo futuro. “Pordenonelegge rappresenta un evento importante per la vita culturale di questa città e di tutta la regione”. Questo è quanto ha dichiarato con forza e in diverse occasioni l’assessore alla Cultura, Pietro Tropeano. “Gli aspetti positivi di quest’iniziativa sono numerosi - prosegue - compreso il fatto di essere cresciuto in un ambiente, quello dell’editoria e degli autori, non facile e soprattutto circondato in questi ultimi anni da una forte concorrenza”. Per questa ragione, l’assessore punta sulla “contaminazione”, un termine che vuole essere leit motiv del nuovo corso rispetto alla cultura, e che potrebbe contagiare anche la manifestazione legata ai libri. La proposta infatti riguarda la possibilità che alcune iniziative - nelle prossime edizioni - siano organizzate nei quartieri

uscendo dal centro e dai luoghi simbolo coinvolgendo un pubblico diverso e forse meno abituato a questo genere di appuntamenti (un progetto già tra l’altro, avviato in questi anni con diverse iniziative ad esempio, come Pordenonescrive). “La mia proposta è che possano essere realizzati degli eventi con il marchio di Pordenonelegge nei quartieri della città, prima del clou della manifestazione di settembre e che si dilati il periodo della manifestazione prolungando i suoi effetti positivi. Certo, l’idea non è semplice da realizzare senza un consistente anticipo, ma auspichiamo che nelle prossime edizioni, questa proposta possa concretizzarsi. Vorremmo poi che Pordenonelegge diventasse un marchio per coinvolgere anche altre realtà, associazioni che hanno qualità da esprimere ma che non hanno la stessa forza e visibilità”. Infine, una considerazione sui finanziamenti. Piena collaborazione da parte del Comune come confermato dai contributi subito garantiti nonostante i tempi siano difficili. “Stiamo pensando all’idea di promuovere il brand Pordenonelegge in modo da attirare l’attenzione di grandi sponsor privati che possano puntare sul festival dando un respiro alla necessità di contributi”. A questo punto, il 2017 è pronto a tingersi di giallo.

L’intervento del Vicepresidente della Regione Friuli Venezia Giulia

PORDENONELEGGE, COME LETTURA DEI NOSTRI PERCORSI INDIVIDUALI E COLLETTIVI di SERGIO BOLZONELLO (*)

Il rapporto annuale della Fondazione Symbola, dedicato all’incidenza del comparto culturale sull’economia del territorio, colloca Pordenone ai primi posti a livello nazionale. Pordenone sposa così gli obiettivi dell’Agenda Europea per la cultura del 2007, riconoscendo la cultura non solo come fattore essenziale di crescita, solidarietà, sicurezza e presenza internazionale, ma anche il suo valore intrinseco ed economico. Un risultato non casuale, ma atteso perché frutto di un decennale percorso di scelte ed azioni, indirizzate a sostenere e sviluppare il vasto tessuto di realtà culturali che oramai caratterizza il nostro territorio. E’ importante sottolineare, per comprendere appieno il valore di questo riconoscimento, che l’analisi della Fondazione Symbola non si riferisce solo alla cultura intesa in senso stretto, ma si estende anche all’ambito delle imprese creative, ovvero le realtà che operano in un contesto culturalmente sviluppato, e al comparto turistico. Vi è inoltre un'altra implicazione che merita di essere evidenziata, ovvero il riconoscimento indiretto alla qualità della vita che caratterizza la città di Pordenone, dimostrando così l’inconsistenza di molte catastrofiche visioni che animavano la scorsa campagna elettorale. Si tratta questo di un aspetto non secondario, ma strategico per il nostro futuro; infatti l’attrattività di un territorio e la sua associata crescita demografica è possibile solo se viene costruita un’offerta di servizi, tra cui culturali, indirizzata a tutti coloro che intendono trasferirsi in città.

E’ fondamentale ora rendere questo importante traguardo un nuovo punto di partenza, per un progetto finalizzato a proiettare Pordenone nel futuro. La cultura, intesa anche nelle sue declinazioni economiche, formative e di ricerca, deve divenire lo scheletro di un ragionamento complessivo sull’identità di questa città e non solo. La “cultura” è, quindi, una chance per costruire azioni di integrazione fra welfare, educazione, formazione, tessuto produttivo, territorio, ricerca e sostenibilità. Concetti questi di cui si parla da molto tempo, che ancora non trovano un’attuazione complessiva, ma solo parziale. Continuare a lavorare, con ancora maggior forza ed entusiasmo per avere un “territorio della conoscenza” è la sfida. Ma per rendere questo realtà, servono azioni politiche forti, di lungimiranza, che esulino dal mantenimento di equilibri esistenti o da logiche di consenso a breve termine. Un tale progetto è un’azione di coesione complessiva, dove l’equilibrio tra grandi e piccole (inteso come numeri, non come qualità) realtà culturali deve essere reale, dove il mondo dell’istruzione ed il sistema dei saperi devono avere una vera interlocuzione con le categorie economiche. Dove si capisca che quando parliamo di Pordenonelegge, o di un’altra delle nostre meravigliose manifestazioni, parliamo prima di tutto della lettura di un territorio, sia esso pordenonese, regionale, nazionale, globale. Buon Pordenonelegge a tutti. (* Vicepresidente Regione Friuli Venezia Giulia)

SOTTO LA LENTE

Paola Dalle Molle

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ALADURA, SPECCHI PER “RIFLETTERE” IL MONDO D’OGGI (N.Na.) – Dopo otto anni di onorato servizio, 156 incontri complessivi con circa 21 mila presenze, alla nona edizione “Aladura” – la rassegna di incontri promossa dall’omonima associazione presieduta da Stefano Bortolus – cambia formula: il programma di 12 incontri (che diventano 24 perché ogni incontro viene replicato per le scuole) sarà suddiviso in tre blocchi; un blocco sarà dedicato ad approfondimenti musicali; le serate non saranno più nell’Auditorium Don Bosco ma in quello della Regione (in via Roma). Come sempre da alcuni anni “Aladura” inizierà nell’ambito di pordenonelegge.it.: il titolo generale sarà Specchi e sulla parola si può giocare: gli specchi “riflettono” (gli argomenti certamente riflettono e si Francesca Corrao confrontano) ma in questo caso “fanno riflettere”. Si inizia con Islam, politica e religione: ne parlerà Francesca Corrao (ordinaria di Lingua e cultura araba presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università LUISS Guido Carli), mercoledì 14 settembre (ore 20.30) nell’Auditorium della Regione (replica giovedì 15 settembre, ore 9.30, Sala Consiliare Provincia, per le scuole). Giovedì 15 (ore 20.30) nel Convento San Francesco, Il caos geopolitico incontro con Dario Fabbri (della rivista italiana di geopolitica Limes) con replica la

mattina successiva per le scuole, Spazio Itas. «Queste due conferenze costituiscono il primo blocco del programma, dedicato all’Islam – dice Bortolus –. Quattro incontri saranno poi costruiti su testi letterari, romanzi di formazione legati ai giovani; il terzo blocco, invece, prende in considerazione tre figure particolari dell’Antico Testamento: personaggi scelti da Dio, ma che hanno fallito nella loro missione. L’ultimo blocco sarà dedicato alla “colonna sonora” (23 e 24 settembre), alla danza (2 e 3 dicembre) e alla musica sacra (3 e 4 marzo) e sarà a cura del fisarmonicista Gianni Fassetta, che suonerà assieme ad altri musicisti». Il blocco letterario prenderà in considerazione Il signore degli anelli con Paolo Gulisano (7 e 8 ottobre), Il Piccolo Principe con Stefano Giannatempo (21 e 22 ottobre), Pinocchio con Paola Giovetti (4 e 5 novembre), Il brutto anatroccolo con Stefano Levi Della Torre (18 e 19 novembre). L’ultimo blocco sulle figure bibliche inizierà con Saul, il re mancato con Paolo Ricca (13 e 14 gennaio), e proseguirà con Giona, il profeta ribelle con Benedetto Carucci Viterbi (1 e 2 febbraio) e con Davide, fedeltà ed errori con Jean Louis Ska. Tutti i relatori sono personalità di primo piano del mondo culturale, accademico, religioso italiano e specialisti nelle loro materie.


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La presidente dell’Irse, Laura Zuzzi, racconta il legame tra Giulio Regeni e lo scrittore spagnolo

JAVIER CERCAS: “REGENI VITTIMA DELL’IRRAZIONALITÀ DEL POTERE” Il Premio FriulAdria 2016 commenta così la morte del giovane friulano che aveva partecipato al concorso Europa e Giovani dell’Irse con un elaborato su I soldati di Salamina e Anatomia di un istante, i due best seller del celebre autore di PAOLA DALLE MOLLE

Lo scrittore spagnolo Javier Cercas riceverà quest’anno il Premio FriulAdria La storia in un romanzo, nato in collaborazione fra Pordenonelegge con il festival èStoria e il premio giornalistico Marco Lucchetta, promosso da FriulAdria Crédit Agricole. Il noto scrittore spagnolo tra l’altro è legato a un giovane speciale, Giulio Regeni con una storia che non tutti conoscono. A renderlo noto, Laura Zuzzi, presidente dell’Irse. Come ha conosciuto Giulio Regeni? “Giulio ci aveva mandato da Cambridge per tre anni consecutivi, alcuni suoi elaborati per partecipare al concorso annuale dell’IRSE “Europa e Giovani”. Già nel 2012 aveva scelto una traccia sulla primavera araba, nel 2013 la traccia su “Ricerca di verità” dedicata a Javier Cercas e, la più recente, nel 2014, “Libertà e disuguaglianze” che prendeva spunto da una frase di Papa Francesco. Nei giorni terribili della scomparsa di Giulio, quando cominciavano i più vari depistaggi che lo presentavano o come un ricco ragazzo sprovveduto cui magari rubare un orologio di marca o come un facinoroso manifestante, la mamma Paola, leonessa coraggiosa, ha subito rivendicato la sua figura di giovane studioso e ha citato con orgoglio anche i premi dell’IRSE”. Come è nato l’intervento diretto dello scrittore spagnolo? “In quei giorni alcuni giornalisti della stampa nazionale e Rai ci hanno richiesto i testi premiati. In quello del 2013 che aveva per tema “Ricerca di verità”, si richiedeva di analizzare

uno o più libri di Javier Cercas, in quell’anno protagonista di Dedica a Pordenone. Giulio non aveva vinto il primo premio del Comune (assegnato a un giovane filosofo, Elio Verzegnassi di Verona per una interessantissima analisi dal taglio letterariofilosofico, ma la commissione IRSE aveva voluto dare un “piccolo” premio - 200 euro - anche alla sua tesina, con questa motivazione: “Prende le mosse da due romanzi, Soldados de Salamina e Anatomìa de un Instante, per mettere in luce il tentativo dello scrittore spagnolo di elaborare una memoria collettiva basata su valori comuni; necessaria per consentire alle istituzioni democratiche di lavorare nella Spagna contemporanea, indipendentemente dalle appartenenze politiche”. Il Corriere della sera ne ha pubblicato uno stralcio e il 7 febbraio lo scrittore spagnolo interveniva così in prima pagina: “Con la morte di Giulio Regeni siamo di fronte all’orrore assoluto e al trionfo della barbarie. Nella sua tesi il giovane ricercatore italiano ucciso al Cairo scriveva che la «complessa evoluzione delle vicende storiche spagnole» raccontata nei miei romanzi «è in parte vincolata dall’irrazionalità dell’animo umano». Condivido quest’idea, ma aggiungo che tutto ciò non è vero solo nel mio Paese. È universale. Io parlo di Spagna per parlare degli uomini. Quando arriva alla politica, questa irrazionalità uccide. Quando il potere diventa irrazionale, si scatenano dinamiche terribili. È evidente che Giulio sia rimasto vittima anche di tutto questo. Difendiamo i giovani

eroi come Giulio Regeni, che offrono la vita per descrivere l’orrore”. E ancora “…Bisogna essere molto coraggiosi per fare quello che questo ragazzo ha fatto. Il mio posto è scrivere, ma ammiro moltissimo i giovani che mettono in pericolo la loro vita per offrire una loro testimonianza. Ci raccontano quando gli stati diventano criminali e calpestano il concetto di civiltà. Giulio è un eroe come altri insieme con lui. Credo che dobbiamo fare molto per difendere questi giovani, i giovani dell’impegno”. E ancora “… Bisogna lottare contro il terrorismo ma anche contro i governi che si macchiano di crimini inaccettabili. Ripetere che non sono tollerabili mezzi terribili per arginare il terrorismo. Ripeterlo e ripeterlo. Per evitare che la vita, come in questo caso, divenga un danno collaterale” (dall’intervista raccolta da Paolo Lepri). Nell’atrio della Casa dello Studente Zanussi continua ad essere ben in vista “Verità per Giulio Regeni”… “La ricerca di verità e giustizia di Giulio continua. Per quanto gli è accaduto e per quanto sta accadendo in Egitto e non solo. Continueremo, insieme speriamo a molti altri, ad averlo nella mente sempre: per ri-motivarci di continuo in tutto quello che facciamo, anche qui a Pordenone nella nostra Casa, per contribuire anche noi a formare giovani aperti al mondo, pronti a combattere vecchie e nuove forme di ingiustizia. Come ad esempio il prossimo Stage Internazionale di settembre Curiosi del Territorio 2016”.

SOTTO LA LENTE

“Genitori attenti! Contro la tecnodipendenza vegliate sul sonno dei figli” Lo psichiatra Luigi Gallimberti, autore del libro “C’era una volta un bambino”, spiegherà a Pordenonelegge come ridurre i potenziali danni delle nuove tecnologie al cervello degli adolescenti Passare da un sito all’altro, chattare in continuazione e bivaccare sui socialnetwork rischia di provocare modificazioni importanti dell’umore e dei comportamenti. L’uso sregolato della rete spesso avviato quasi in “automatico” cioè, senza usare la parte cosciente del cervello, espone quest’ultimo a una serie di pericoli e danni che possono essere maggiori quanto più giovane è il “navigatore”. Questo spiega Luigi Gallimberti, psichiatra di formazione psicoanalitica e tossicologo medico, fondatore dell’associazione “Genitori Attenti!” (www.genitoriattenti. com) ora presieduta da Sonia Chindamo, autore del libro “C’era una volta un bambino. Le basi neuroscientifiche del buon senso” (Book Editore) in calendario a Pordenonelegge giovedì 15 settembre, alle 18.30, nello Spazio Bcc Fvg. Il libro è giunto secondo al concorso promosso dall’Associazione nazionale librai e Cnr come migliore libro di divulgazione scientifica. “C’era una volta un bambino…” sarà presentato con il sostegno di Fimp, pediatri di famiglia della provincia di Pordenone e Ascom, con la partecipazione per la Fimp di Flavia Ceschin, fra i promotori dell’incontro formativo dedicato ai pediatri che si svolgerà nella stessa giornata alla Casa dello Studente dal titolo: “Mille e una notte: l’importanza del sonno nel bambino”, realizzato con il sostegno della Regione Fvg. L’importanza del sonno è messa in evidenza nel volume insieme con altri importanti fattori neurofisiologici. I bambini e gli adolescenti devono dormire le giuste ore di sonno poiché le sue funzioni sono indispensabili per un loro corretto sviluppo.

Fino a poco tempo fa infatti, chi si occupava di Internet dipendenza si concentrava sui comportamenti psicologici trascurando che alla base di tutto, vi sono cambiamenti funzionali e anatomici della struttura del cervello. “Come tutti sanno, il cervello può essere considerato un enorme gomitolo di fili elettrici attraverso i quali ogni secondo viaggiano milioni di informazioni, grazie alla presenza di numerose sostanze chimiche chiamate neurotrasmettitori. Se sostituiamo le sostanze chimiche naturali con altre molto simili, ma assai più potenti - come le droghe - l’informazione è distorta o si interrompe del tutto. Lo stesso può accadere anche con uso esagerato di Internet che, per sua natura, non agirà sui neurotrasmettitori ma direttamente sulla velocità dell’informazione mandando in corto circuito alcune parti del cervello. La persona più clicca più ha voglia di cliccare, più chatta più ha voglia di chattare, più linka più ha voglia di linkare. E solo lo sfinimento lo indurrà a fermarsi”. Per ridurre i potenziali danni che le nuove tecnologie possono infliggere nei cervelli degli adolescenti, partendo delle più recenti acquisizioni neuroscientifiche, Gallimberti si rivolge soprattutto ai loro genitori e a quanti si trovano ad avere responsabilità educative, suggerendo di attenersi ad alcune semplici regole di buon senso la cui validità e solidità sono confermate proprio dalle neuroscienze, una di queste è fare dormire un numero adeguato di ore i bambini e adolescenti. P.D.M.

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L’INTERVISTA

Il neo sindaco di Pordenone Alessandro Ciriani spiega la visione e le priorità della nuova amministrazione EDITORIALE

Alessandro Pordenone pu

Inizia l’era di Alessandro, il “Bolzonello” del centrodestra Da quindic’anni, sulla scena politica pordenonese, il gigante Bolzonello fa ombra a tutti. Nell’area di centrosinistra è un autentico Gulliver. La sua figura riempie tutti gli spazi. I suoi silenzi fanno rumore, come nella recente campagna elettorale. Il problema è (per il centrodestra locale) che un amministratore così autorevole, carismatico e di estrazione liberale ha sempre attratto molte simpatie anche sulla sponda moderata. Ne sa qualcosa il buon Giuseppe Pedicini, che per ben due volte ha dovuto mestamente raccogliere la palla in rete alle elezioni comunali. Dare dell’uomo di sinistra a Bolzonello è come dare del friulano a un pordenonese: bisogna capire cosa si intende. Ciriani l’ha capito. E ha lavorato per anni in questa direzione, sventolando la bandiera dell’impegno civico davanti all’elettorato centrista e strizzando l’occhio, all’occorrenza, allo zoccolo duro degli amici di destra. Alla fine ha stravinto. Ed è un bene per la città che la vittoria di una parte sull’altra sia stata così netta e chiara. Ora il Bolzonello di centrodestra a Pordenone è lui, o almeno ci sono le premesse perché lo diventi, con tutto il carico di responsabilità che deriva da questa investitura. L’interessato ne è consapevole. L’abbiamo appurato con l’intervista che pubblichiamo qui a fianco. Quello che si percepisce è una grande voglia di fare, al momento un po’ frustrata a causa delle pastoie burocratiche della macchina amministrativa. Ma le idee ci sono, l’integrità pure, la squadra di giunta è formata da persone che lavorano senza guardare l’orologio. Starà a loro gestire la voglia di cambiamento senza strafare, incanalando le risorse (umane ed economiche) con intelligenza e buonsenso. Una cosa ci sentiamo di consigliare, a tutti, destra, sinistra, centro, sopra e sotto: smettetela di battibeccare sui social e sulla stampa. La campagna elettorale è finita. Le questioni ora vanno affrontate e discusse nelle sedi opportune e non necessariamente in favore di telecamera. A volte è necessario trovare una sintesi prima di esternare. I post umorali su Facebook o i comunicati con le dichiarazioni al vetriolo inviati alle redazioni generano solo confusione e alla lunga producono nausea e disinteresse nell’opinione pubblica. Chiudiamola qui.

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MENO TASSE A CHI ABBELLISCE IL CENTRO

“Nessuno mette in dubbio che si debbano ospitare i profughi per motivi umanitari, ma se non si rispettano le quote prestabilite il sistema dell’accoglienza va in tilt. Il governo deve fare di più per riconoscere e rimpatriare i clandestini”

“Stiamo studiando delle agevolazioni fiscali per chi migliora l’offerta e rende più attrattiva Pordenone. Chi mette a disposizione un immobile a un prezzo calmierato o un negozio, chi abbellisce una facciata o mette dei tavolini fuori beneficerà di uno sconto fiscale molto vantaggioso”

di FLAVIO MARIUZZO

L’ufficio è sempre quello di Pedrotti e, prima ancora, di Bolzonello. Ma l’aria è cambiata. Il nuovo inquilino che ne ha preso possesso dal mese di giugno ha giurato agli elettori che Pordenone “può” essere diversa. Poche manfrine, quindi, e subito al lavoro. Con la squadra degli assessori riuniti in “conclave” a tappe forzate per provare a scardinare i blocchi burocratici che ingessano la città. È questo l’Alessandro Ciriani che abbiamo incontrato in Municipio e al quale abbiamo chiesto di raccontarci cosa succederà d’ora in poi. Sindaco, un commento a caldo sui primi due mesi di amministrazione. La città ha enormi potenzialità che fino a oggi sono rimaste parzialmente inespresse. Purtroppo la burocrazia è un freno per l’attività amministrativa. Siamo entrati in carica a fine giugno e ci troviamo a settembre senza un bilancio previsionale approvato. Significa che noi in questo momento stiamo chiudendo la partita dei predecessori e non possiamo ancora dedicarci al nostro programma. Però sono fiducioso. Cosa l’ha guidata nella costruzione della squadra di giunta? La squadra è stata costruita sulla base delle necessità inserite nel programma elettorale. Operatività, esperienza e conoscenza sono state le linee guida della scelta degli assessori. Ogni giorno qui piovono problemi di natura tecnica. Se non sei preparato ad affrontarli ti travolgono. Anche l’acquisto di una tribunetta per il Bottecchia può diventare un problema insormontabile se non sai come

destreggiarti nella burocrazia asfissiante che ci circonda. Invece di un giorno rischi di impiegarci un mese. Come vi state muovendo? Stiamo facendo riunioni serrate quotidiane per chiudere il bilancio e sbloccare l’azione amministrativa. Scherzando tra noi diciamo che ci chiudiamo in conclave. In assenza di un bilancio approvato l’ente non può acquistare neanche una corona di fiori per una cerimonia pubblica. Appena arrivati è subito scattata un’emergenza: i profughi. È così. Peraltro è l’unico aspetto sul quale io e Daniela Giust avevamo una visione comune: quella di dire che i sindaci non hanno la possibilità di arginare il problema ma hanno semmai la possibilità di collaborare con le istituzioni deputate a gestirlo. Il problema è a livello nazionale: oggi anche chi è clandestino non viene rimpatriato. Quello che possiamo ragionevolmente fare attraverso una collaborazione tra prefetture ed enti locali è garantire un minimo di accoglienza, ma stabilendo delle quote. In questo momento la questione dei profughi è un problema di alcuni comuni, non di tutti. Pordenone dovrebbe accoglierne 800, ci troviamo con 1.200, più quelli che girano senza sapere chi sono. Perciò il sistema di accoglienza va in crisi, perché non ci sono posti per tutti. Ma continuano ad arrivare e ne arriveranno ancora. Si dice che nei parchi non devono dormire, ma dove li mettiamo? Appunto, dove li mettiamo? Bisogna che il governo provveda a far

rispettare la legge, vale a dire accertare se un profugo è realmente tale e quindi per motivi umanitari vada ospitato, oppure se debba essere rimpatriato. Il paradosso è che più si accoglie più si incentivano gli arrivi. Evidentemente la qualità del servizio che diamo nel Pordenonese è nota attraverso i social e rende più attrattiva la nostra città rispetto ad altre. Quali problemi genera tutto ciò? Solamente l’adeguamento dell’ex caserma Monti per 70 posti è costato 540 mila euro. Il sistema costa parecchio: 35 euro a profugo al giorno moltiplicato per un migliaio di persone impatta in misura non indifferente sul nostro welfare. D’altra parte si registra una crescente intolleranza tra profughi e immigrati di prima e seconda generazione. Il rischio di un aumento della tensione sociale esiste. Per questo dico che il governo dovrebbe stabilire una quota tassativa di profughi da non superare. L’ha detto anche Serracchiani: basta profughi in Friuli Venezia Giulia. Non regge il sistema di accoglienza. Noi chiediamo responsabilità alle cooperative perché tengano impegnate queste persone, così da evitare la presenza di gruppi che stazionano in centro città senza far niente. E quando arriverà l’inverno sarà ancora peggio. Con la Regione i rapporti come sono? Vogliamo consolidare il rapporto. Perché di fatto è l’ente che ha i cordoni della borsa e ha la regia dell’architettura istituzionale. Con una popolazione che sta invecchiando e con una forte presenza di immigrati il welfare diventerà un capitolo di spesa sempre più importante. Inoltre,


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Dagli immigrati alle Uti, dall’Interporto alla cultura, dalle piazze al commercio: l’agenda dei prossimi anni

suona la carica unta sull’orgoglio L’ESPERTO DI MARKETING TERRITORIALE

“Creeremo una figura commerciale deputata alla valorizzazione del brand locale con la mission di trovare nuovi investitori. Sarà uno sviluppatore capace di attrarre risorse private per gli eventi culturali e permettere all’ente di liberare risorse per il mondo dell’associazionismo locale”

Pordenone è una città che rivendica per sé il ruolo di capoluogo, un ruolo che le nuove Uti rischiano di distruggere: gli altri comuni messi insieme contano più della città. Le Uti non le vanno giù, eh? Le Uti sono un’autentica sciagura e una diminutio dello status di capoluogo. Saremo ostaggio delle amministrazioni più piccole. È impensabile che la nostra città riceva meno trasferimenti di Zoppola o San Quirino sulla base del parametro della superficie. Bisogna tener conto che a Pordenone sono incardinati dei servizi di valenza extracomunale. Quali sono le altre faglie? In ambito sanitario abbiamo istituito una commissione tecnica per vigilare che oltre al contenitore dell’ospedale siano presenti i contenuti, ovvero la qualità dell’offer-

L’OPPORTUNITÀ DELL’INTERPORTO

“L’Interporto ha ricevuto contributi ingenti per completare le opere e ora deve decollare. Entro la fine di settembre tavolo con alcune grandi aziende per prospettare l’offerta in termini di logistica integrata e la funzione di retroporto rispetto a Trieste. Obiettivo creare lavoro e muovere l’economia”

ta sanitaria. Siamo consapevoli infatti della sempre più pressante concorrenza di strutture delle province limitrofe che puntano a conquistare il nostro mercato di pazienti. In generale, temiamo lo spostamento degli equilibri verso Udine e Trieste. Ci sono tante partite aperte da giocare insieme: dalla Camera di Commercio alla Fiera, dall’Ospedale al Consorzio Universitario. Entro fine settembre incontreremo il vicepresidente Bolzonello e porremo una serie di questioni tecniche su viabilità, Uti, scuola, ecc. sulle quali chiederemo delle risposte tecniche. È stato già definito Patto per la città: il senso è quello di lavorare insieme per risolvere dei problemi concreti. Come vede la sua città fra cinque anni? Mi piacerebbe riuscire a rivitalizzare il commercio e a trovare il giusto mix di cultura, commercio e urbanistica. Le no-

stre piazze sono senz’anima: piazza della Motta, piazza Risorgimento e piazza XX Settembre devono tornare a essere il cuore pulsante della vita cittadina. Questo significa qualità culturale costante e diffusa. Auspico una grande riqualificazione del centro, con un trasporto pubblico efficiente e moderno, esercizi commerciali competitivi e iniziative in grado di richiamare persone.

per Pordenone? Il manifatturiero resta la spina dorsale della nostra economia. Una struttura che mi sta molto a cuore è quella dell’Interporto, che malgrado gli sforzi fatti attualmente vivacchia. Secondo me può creare lavoro, ricchezza e impresa. Ha ricevuto contributi ingenti per completare le opere e ora deve decollare. Entro la fine di settembre convocherò un tavolo con alcune grandi aziende che operano in Friuli Venezia Giulia e in Veneto per prospettare l’offerta dell’Interporto in termini di logistica integrata e di retroporto rispetto a Trieste. È un obiettivo su cui punterò tantissimo. Come pensa di affrontare il cronico problema del reperimento delle risorse per finanziare la cultura e il sociale? Una cosa che faremo è quella di creare una figura professionale del Comune deputata alla valorizzazione del brand locale. Una figura con la mission di rafforzare i rapporti esistenti con le categorie economiche e gli sponsor. E soprattutto che vada a caccia di nuovi investitori. Un commerciale, insomma, con il ruolo di sviluppatore, capace di attrarre risorse private per gli eventi culturali e permettere all’ente di liberare risorse per il mondo dell’associazionismo locale. Nelle altre città anche il sistema dei parcheggi origina degli introiti pubblicitari. Possiamo farlo anche noi. Presto faremo un bando per individuare la persona migliore per questo ruolo, che vorremmo avesse esperienza e conoscenza del territorio. Nella nostra visione tale figura dovrebbe alimentare tutto il sistema, evitando così che ogni settore o iniziativa si doti di un procacciatore con costi insostenibili. Però il mondo imprenditoriale locale resta “freddo”, non trova? Gli imprenditori locali hanno cambiato atteggiamento a causa della crisi. Prima erano generosi. L’ho sperimentato alla presidenza della Provincia. Organizzare una manifestazione non era mai un problema. Poi il mondo è cambiato, il paradigma è cambiato. Si respira un clima di incertezza e sfiducia. Il ruolo del Comune è quello di riuscire a coinvolgere di nuovo le aziende locali proponendo dei progetti credibili e di ampio respiro. Stiamo lavorando in questa direzione e sono certo che il sostegno degli imprenditori non mancherà. Difficile che un’impresa ci venga dietro se gli proponiamo di finanziare ogni anno una festa, se invece offriamo di abbinare il proprio nome a un piano di digitalizzazione di una scuola magari la motivazione è diversa.

In che modo pensa di arrivare a questo? Per esempio, stiamo studiando delle agevolazioni fiscali per chi migliora l’offerta e rende più attrattiva Pordenone. Chi mette a disposizione un immobile a un prezzo calmierato o un negozio, chi abbellisce una facciata o mette dei tavolini fuori beneficerà di uno sconto fiscale molto vantaggioso. Il manifatturiero è ancora strategico

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CRONACHE

Settembre 2016 CRONACHE

Conciliazione lavoro-vita privata, Pordenone maglia rosa Nel pordenonese una squadra di enti decisi a creare una rete di servizi e buone prassi per favorire la genitorialità e la carriera delle donne Quando si parla di conciliazione dei tempi fra vita privata e lavorativa, non ci sono dubbi: stiamo parlando di donne. Per il mondo femminile si tratta di uno dei nodi irrisolti, legato alla possibilità di trovare, e poi mantenere senza discriminazioni e ostacoli, un’occupazione lavorativa mettendo al mondo dei figli. Un diritto, in realtà, un’impresa complicata. Nel frattempo, le donne continuano a incastrare i diversi impegni legati ai figli, alla famiglia, al lavoro e perché no, alla carriera. Potremmo Chiara Cristini chiamarlo groviglio, ma la legge europea ha preferito un termine più elegante come “conciliazione” che esprime in effetti, il raggiungimento di un giusto bilanciamento. Come dovrebbe essere e come il più delle volte non è. Passi avanti tuttavia, non mancano. A questo proposito, Pordenone si propone come prototipo. Due anni fa infatti, questa città ha siglato un accordo di collaborazione territoriale per la promozione della conciliazione famiglia-lavoro del mercato del lavoro cercando di trasformare quello che viene comunemente definito un problema in opportunità di innovazione e sviluppo locale. Punto di partenza, la proposta della consigliera di parità di Pordenone, Chiara Cristini che ha riunito intorno a un tavolo di “conciliazione” oltre che la Provincia anche Confindustria, Confartigianato, Confcooperative, Legacoop, Confcommercio, Cgil, Cisl e Uil e Camera di Commercio. Insomma una squadra di enti decisi a creare una rete “strategica” di servizi e buone prassi rivolte a favorire la conciliazione dei tempi vita-lavoro. Alla base, l’analisi di genere dei principali indicatori del mercato del lavoro locale che hanno evidenziato come la crisi avviata nel 2008, abbia avuto un differente impatto per uomini e donne sia per partecipazione che occupabilità. Inoltre, particolarmente utili sono stati i dati relativi alle dimissioni delle lavoratrici madri forniti dalla direzione territoriale del lavoro che hanno evidenziato come

nell’arco di un quadriennio (2010-13) siano state oltre 300 le dimissioni convalidate di neo madri, motivate prevalentemente dalla difficoltà di conciliare i tempi lavoro-famiglia, dall’impossibilità di fruire di forme di orario parziale o flessibile, dalla mancanza di familiari cui affidare i figli, dal costo elevato dei servizi alternativi. Da un punto di vista operativo, punto di forza dell’accordo consiste nella possibilità per tutti i firmatari di proporre incontri tematici e di approfondimento tecnico in cui coinvolgere le proprie reti di riferimento - utenti, iscritti, associati, altri stakeholder - avviando così un processo di attivazione, scambio, condivisione che coinvolge tutti i potenziali attori del territorio. “La difficoltà di conciliare rimane - spiega Chiara Cristini - come dimostrano i dati relativi alle dimissioni delle neomadri, ma riguardano anche chi ha familiari anziani o non autosufficienti. Il tavolo di conciliazione si riunisce periodicamente e si impegna a individuare possibili strategie per favorire l’adozione di misure di conciliazione da parte delle imprese, coinvolgendo tutte le parti sociali con la prospettiva di creare sinergie con tutti gli attori-chiave che possono favorire il cambiamento. Abbiamo cominciato ad esempio, con i commercialisti e coinvolgeremo i consulenti del lavoro per ragionare insieme sui costi del welfare aziendale e sulla fattibilità per le piccole imprese. Ci rivolgeremo anche a Comuni e UTI per capire quali possano essere le opportunità esistenti o eventualmente da sviluppare insieme, magari cercando i finanziamenti necessari. Per questi obiettivi, la Regione rimane un interlocutore-chiave, perché le tematiche che tocchiamo interessano sicuramente l’occupazione femminile, ma coinvolgono anche le opportunità per le imprese locali di fare innovazione organizzativa e sociale, anche con reti d’impresa”. Paola Dalle Molle

AMARA PIACE

Sulle tracce dei tesori enogastronomici della provincia di Pordenone

La Città

di MARA DEL PUPPO

Orange wine, il vino come la natura vorrebbe che fosse Straordinaria occasione a Pordenonelegge di ascoltare Damijan Podversic, vignaiolo visionario tra i più celebri interpreti dei vini macerati oggi sulla cresta dell’onda E anche quest’anno pordenonelegge.it è tornato, programma ricco, per tutti i gusti e… per tutti i palati; perché sono previsti anche interessanti incontri sul mondo del food e del vino. E come per la letteratura, dove non mancano autori in auge, anche sul fronte enogastronomico c’è un focus su alcuni prodotti sulla cresta dell’onda, come i vini macerati. Sabato alle 16.30 a Palazzo Klefisch Mauro Nalato intervisterà uno dei suoi più celebri interpreti: Damijan Podversic. Per i non appassionati del genere, facciamo però un passo indietro, cosa sono i vini macerati? Prima di tutto, non sono un modo alternativo di produrre vini bianchi, ma sono una tipologia del tutto a sé. Gli anglosassoni li hanno ribattezzati orange wine proprio per distinguerli da bianchi, rossi e rosé. Sono prodotti a partire da uve bianche attraverso la macerazione prolungata: il mosto in fermentazione rimane a lungo in contatto con le bucce dei chicchi, traendo da esse i tannini e il colore arancione dorato con tendenze all’ambra. Tanto che in alcuni paesi, in particolare la Georgia, i vini orange vengono denominati ambrati. A seconda della varietà dell’uva, ma soprattutto per scelte individuali, i produttori optano per periodi di macerazione cha vanno da qualche giorno a diversi mesi, caratteristica questa dei vini prodotti nelle anfore di argilla Georgiane. Per i vignaioli si tratta di una filosofia derivante da una scelta di vita. Inizia con il lavoro nel vigneto per la coltivazione di uve sane che attraverso la fermentazione naturale, non refrigerata e senza l’aggiunta di lieviti selettivi, generano vini di grande consistenza e carattere. Dopo l’affinamento in botti di legno vengono imbottigliati senza essere filtrati. Le bottiglie vengono conservate verticalmente in modo che il vino chiarifichi con la deposizione per caduta delle

particelle organiche. In alcuni casi viene prodotto seguendo le fasi lunari. La percezione dei sapori è ampia, complessa. Va dall’intensità tannica con gli aromi primari dell’uva alla frutta matura e secca con note erbacee e fragranti. Proprio queste caratteristiche hanno permesso ai vini macerati di avere un notevole seguito sul mercato, la struttura e la complessità li hanno resi protagonisti di abbinamenti originali, in grado di ispirare molti chef del panorama mondiale. Gli interpreti più noti di questa corrente si trovano tra Collio e Carso, il più famoso è senza dubbio Josko Gravner, citato da Podversic come un maestro. Ma veniamo ora a Damijan Podversic. Tutti ne parlano come un vignaiolo contadino che ama e vive la terra, la vigna, con rispetto e devozione. Il ritmo della natura determina i suoi tempi, dettati dalle fasi lunari. Leggo in un’intervista che Damijan ha indirizzato il figlio sedicenne verso il Liceo classico, perché «per fare il contadino bisogna studiare filosofia». Poi l’enologia la studi e la eserciti nei vigneti. Un visionario dunque, che oggi realizza alcuni tra i migliori vini della categoria orange: non solo la nota Ribolla ma anche il Kaplaja, un vino da meditazione ottenuto dall’unione di chardonnay, friulano e malvasia istriana. Personalmente ritengo che gli orange wine meritino tutto il successo che stanno riscuotendo. Se pensiamo che la struttura e l’eleganza di questi prodotti nascono dalla volontà di conoscere e voler rispettare i ritmi della natura, allora forse è chiaro per tutti che a pordenonelegge non poteva che esserci un produttore di questa corrente. Uno che il vino non lo fa con la chimica ma con la cultura.

IL LANTERNINO

CLASS ACTION, illusorio scivolo della giustizia il negozio ideale per la vostra casa

quelle riguardanti il collocamento di titoli La “class action” (o azione collettiva) azionari di alcune banche popolari, che hanno è un procedimento giudiziario di tucolpito in modo sensibile anche il nostro territela dei diritti dei consumatori e degli torio o, a livello ancora più vasto, i ricorsi dei utenti - da tempo in auge negli USA e titolari di pensioni non rivalutate da una legge introdotto nel nostro ordinamento nel (c.d.“legge Fornero”) poi annullata dalla Corte 2010 - che consente a ciascuno di agire, Costituzionale. anche mediante associazioni o comitati, Ma cosa in effetti viene offerto a chi raccoglie per l’accertamento della responsabilità di NINO SCAINI questi confortanti, per non dire accattivanti, e la conseguente condanna al risarciproclami? mento danni nei confronti di una impresa produttrice Poco o nulla di concreto e di diverso da quello che si o fornitrice cui si addebita una pratica commerciale potrebbe ottenere, con una consulenza preliminare di scorretta. un legale o di un’associazione di consumatori o di voOltre che dalla possibilità di potersi giovare di un iter lontariato. semplificato e del sostegno delle associazioni di categoBasti pensare che, in cinque anni dalla sua introduzione ria, l’utilità dello strumento consiste soprattutto nella ripartizione degli oneri gestionali e legali tra più sogget- in Italia, l’unica azione collettiva che ha avuto successo è quella promossa dall’Unione Nazionale Consumatori ti, che rende il suo costo particolarmente esiguo. contro un “tour operator” che aveva fatto alloggiare un Del tutto normale e comprensibile, dunque, che in gruppo di turisti in un cantiere anziché nel lussuoso molte tra le più importanti e animate controversie che resort promesso. coinvolgono diverse categorie di consumatori tale strumento venga prospettato e rappresentato come una sor- Molte sono infatti le cause che rendono la class action ta di rimedio miracoloso con cui ottenere una soluzione un’arma illusoria più ancora che velleitaria. Innanzi tutto - diversamente che nella legislazione amerapida, efficace e pressoché gratuita. Cito in particolare


La Città

OPINIONI

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LETTURE

L’ISIS, una sfida per la nostra educazione?

Letture ad alta voce per i più giovani Il piacere di leggere

di GIORGIO TONOLO

Anche a Pordenone, come in ogni altra località d’Italia o d’Europa, si stanno vivendo con preoccupazione e interrogativi gli attentati dell’Isis, che si susseguono senza prevedibilità di tempi e di luoghi. Warum? “Perché?”, diceva una scritta tedesca posta accanto ai fiori sull’asfalto insanguinato, dopo l’attentato al Fast Food di Monaco di Baviera. “Perché?”, si domanda il cittadino comune, colpito da uno stillicidio di attentati? “Alla fine della lotta vinceremo noi”, vogliono rassicurarci i capi di stato europei. Ma come vinceremo? E perché questa lotta condotta in prevalenza da giovani attratti dalla forza della religione islamica? Le risposte della politica sono in affanno rispetto a un fenomeno che vede un’Europa divisa su politiche, valori e stili di vita. Per comprenderlo non bastano i tentativi di spiegazione a gesti di soggetti patologici o di giovani fanatizzati all’ultima ora. Al fondo dell’ostilità verso la nostra cultura c’è una convinzione diffusa nella galassia dell’Islam: l’Europa e l’Occidente sono in irrimediabile degrado, come dichiarano i documenti abbandonati dall’Isis in fuga da Sirte. Pertanto la civiltà islamica è certa che, nonostante le sue diversificazioni interne, è destinata a conquistare il mondo occidentale. E la legge coranica, che include unitariamente dimensioni religiose, sociali e politiche, potrà estendersi là dove leggi e valori sono in palese dissolvimento. Ne sono particolarmente persuasi i giovani islamici. Soprattutto quando hanno visto e sperimentato le forme di evasione, di consumismo e di fatue euforie di tanti nostri stili di vita. Non integrati, insoddisfatti e ribelli, diventano facile preda di una folgorazione religiosa integralista. All’idea di aggregarsi a poteri vincenti, con la convinzione di un destino sociale glorioso e di una ricompensa oltre la morte, sono galvanizzati dalla missione della cultura islamica universale. Per questo pensano un dovere distruggere un mondo corrotto, nelle sue espressioni più tipiche: un giornalismo dalla satira blasfema, persone e luoghi di spettacoli frivoli, punti di distribuzione di prodotti consumistici e rappresentanti di un sacro, il cristianesimo, considerato una religione fuorviante. Dovremo abituarci a convivere con tutto questo, come ci viene diffusamente consigliato? In realtà non siamo ancora in grado di prevedere l’esito di questo incontro epocale di culture, che non sarà certamente un fenomeno transitorio.

ricana in cui e previsto il c.d. danno punitivo (che comporta un risarcimento anche del disagio morale, psicologico e fisico dovuto non solo per il fatto contestato ma anche per l’azione che è stato necessario intraprendere) - in Italia possono essere risarciti solo i danni effettivi , cioè il mero rimborso di quanto si è speso. Inoltre la legge (anche qui diversamente da quella americana) non prevede un meccanismo automatico di estensione degli effetti della sentenza ai soggetti che non abbiano formalmente aderito all’azione. Né che l’azione stessa possa essere promossa contro un ente pubblico (non è dunque utilizzabile dalla moltitudine di pensionati “offesi” dalla “Legge Fornero”!) Ma la ragione più importante di questa sua sterilità è costituita dal fatto che già alla prima udienza il giudice adito è tenuto a dichiarare inammissibile l’azione quando non ravvisi l’omogeneità dei diritti individuali tutelabili. Rischio assai realistico e concreto che si correrebbe, per rimanere agli esempi già fatti, nei casi degli acquisti di azioni delle banche in crisi. Dove la disomogeneità riguarda non la diversa entità degli investimenti (una diversa misura del risarcimento non incide infatti sull’omogeneità della situazione di diritto in cui versa il consumatore/utente) bensì dalla

I dubbi toccano la permanenza della nostra identità socioculturale. Più che l’Isis deve preoccuparci la nostra fragilità. A Pordenone e in Europa come vengono vissuti i concetti di libertà, uguaglianza, onestà civile, solidarietà sociale, rispetto della verità, educazione? Non sono punti di riferimento univoci in paesi europei tuttora pervasi da tracce remote di colonialismo, di particolarismi nazionalistici o impostati su modelli di vita individualistici e consumistici. Né offrono esempi sicuri vari dei nostri rappresentanti della politica nazionale, delle amministrazioni locali, dell’economia e della finanza. Guardando al futuro dei nostri figli ci chiediamo quanto saranno in grado di affrontare la sfida di una possibile penetrazione islamica. Perché l’identità in formazione di bambini e adolescenti risentirà dei valori su cui crede e si fonda la nostra società. Dipenderà cioè da noi: persone, famiglie e istituzioni, attraverso l’educazione. Un’educazione che non è semplice trasmissione verbale di principi o di norme di comportamento. È accompagnamento partecipe ai passi dello sviluppo, offrendo direzione, energia e motivazioni all’impegno, perché il gusto di vivere secondo ideali e valori diventi l’apice delle esperienze di crescita. Purtroppo viviamo in contesti fragili sotto il profilo educativo. Ormai esiste una varietà pressoché incontrollabile di fonti di influenza, mentre le istituzioni formative tradizionali, come la famiglia, la scuola e la chiesa hanno diminuito sensibilmente la loro incidenza. Di conseguenza i valori circolanti appaiono frammentati e incoerenti. Urge pensare a un patto sociale per l’educazione. Il cambiamento in meglio è sempre possibile. Partendo dalla consapevolezza dei problemi, può nascere un senso di responsabilità collettiva verso obiettivi condivisi, come quello impellente di salvaguardare la nostra identità culturale e preparare una consegna di civiltà ai nostri figli. L’educazione resta sempre la forma principe di prevenzione: non solo verso alcol, droga, gioco, bullismo, disimpegno ed evasione, ma anche verso un incontro costruttivo con altre culture, compresa quella islamica. Tra noi non mancano sensibilità circolanti su questi temi. Ci auguriamo che si sviluppi un movimento attivo di cittadinanza per l’educazione, che sta sorgendo anche nella nostra Pordenone.

di CLELIA DELPONTE

Quando si parla del piacere di leggere a Pordenone non si può non nominare il progetto “Matilda: mi racconti una storia?”, anche quest’anno al via a settembre con incontri settimanali ogni martedì nello spazio ragazzi della Biblioteca Civica. Daniela Dose, docente di lettere e giornalista, ideatrice di questo progetto che si basa esclusivamente sul volontariato può contare quest’anno sulla collaborazione di Paula Tonel, Monica Ruffati, Adriana Ronchi, Giovanna Gerardi, Rita Rizzon, Nicole Chabod, Eleonora Bomben, Enrico Vignando, Massimiliano Santarossa, Emanuela Dancuta, Luca Pulcini, Giulia Mikel, Roberto Godeassi, Laura D’Andrea, Bianca Neculaes, Laura Pagan e Lucia Tanzi. Il gruppo di volontari cura la lettura di fiabe ad alta voce per bambini dai 0 ai 6 anni e i loro genitori. “La lettura - spiega Dose - crea un profondo coinvolgimento emotivo e sviluppa l’attenzione dei piccoli, ma soprattutto suscita nei genitori il desiderio di raccontare storie ai propri figli e di stare

assieme a loro, consapevoli che la cura genitoriale è, prima di tutto, trasmissione culturale e simbolica”. Con la bella stagione, a giugno, le letture si spostano al Parco di San Valentino. Al progetto Matilda, nato nel 1999, si affianca da 4 anni “Leggiamo insieme” rivolto a ragazzi e ragazze delle superiori, che per esaurire tutte le richieste ricevute si svolgerà al martedì e al giovedì con cadenza mensile nella saletta Teresina Degan sempre in Biblioteca Civica. Collaborano Lorella Tajariol, Giorgia Arena, Serena Privitiera, Annalisa Candido, Fiorenza Poletto, Sara Fabretto, Gianantonio Collaoni e Alessandra Merighi. Le letture, da libri e romanzi con temi di attualità, vengono condotte assieme da adulti e ragazzi, liberamente. Una formula che piace, perché non mette vincoli. Chi vuole può commentare, ma senza obbligo. Tra gli autori prescelti quest’anno troviamo Concita De Gregorio, Ivan Cotroneo, Dino Buzzati e Andrea Maggi. Quest’ultimo, autore de Il sigillo di Polidoro, interverrà di persona all’incontro.

diversità degli obiettivi, delle informazioni e della consapevolezza che hanno portato le parti a concludere le singole operazioni. Non rimane che attendere con fiducia le modifiche che pare il nostro parlamento stia per apportare alla normativa vigente. Nel frattempo è consigliabile che ciascun soggetto sensibile a questi proclami verifichi che essi provengano da soggetti o organismi che effettivamente mirano ad informare ed assistere le vittime di ingiustizie. E che il manifestato intento solidaristico non mascheri interessi assai meno nobili.

30°

(ninoscaini@gmail.com)


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La Città

INCHIESTA

Due diversi laboratori di analisi hanno confermato il problema da noi sollevato nello scorso numero

COSA BEVIAMO? Confermate dalle analisi dei laboratori Leochimica e Acteco la presenza di due metaboliti dell’atrazina, uno dei quali - le cui analisi sono obbligatorie da Gennaio 2016 - al limite di soglia di potabilità. Per Acteco l’acqua dell’acquedotto non è potabile: a sforare è la somma dei metaboliti. Per Leochimica invece lo è poiché i singoli metaboliti sono considerati come principi attivi distinti. Chi ha ragione?

di GIORGIO SIMONETTI

Come accennavo nell’articolo apparso nel precedente numero de “La Città”, la situazione delle acque pordenonesi non è buona. Secondo il “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque” dell’ISPRA, uscito a maggio e scaricabile dal loro sito, diversi punti di raccolta in provincia presentano contaminanti atrazinici al di sopra dei limiti. Preoccupato dall’aver visto comparire il bollino rosso alla voce “Pordenone Acquedotto”, ho voluto verificare di persona facendo analizzare l’acqua del rubinetto della mia cucina, allacciato in zona Pordenone Nord. Purtroppo i risultati hanno confermato i miei timori: come si vede dalle due analisi effettuate da campioni prelevati il 7 Giugno e il 13 Luglio - da due laboratori diversi - due sono i contaminanti riscontrati: la desetil atrazina e la desetil desisopropil atrazina. Sono entrambi metaboliti che derivano dalla degradazione dell’atrazina, erbicida utilizzato in passato e vietato dalla legge dal

1992, prodotto dalla svizzera Syngenta (Novartis). L’atrazina è un alteratore ormonale che nei test di laboratorio è risultato inibire la produzione del testosterone, l’ormone maschile, inducendo la produzione di estrogeni, gli ormoni sessuali femminili. Possiamo dire, citando uno studio del 2011 apparso su “The Journal of steroid biochemistry and Molecular Biology”, che demascolinizza e femminizza le gonadi maschili. Come conseguenza di una sua esposizione nei maschi diminuisce la conta degli spermatozoi e cala la fertilità, e secondo alcuni studi aumentano le malformazioni nei feti, i parti prematuri e la probabilità di contrarre tumori alla prostata e al seno. I valori riscontrati nel campione di Giugno sono 0,06 μg/l (microgrammi/litro) di desetil atrazina e 0,11 μg/l di desetil desisopropil atrazina (con incertezza ± 0,03 μg/l); nel campione di Luglio (di acqua non filtrata) sono stati misurati 0,12 μg/l di desetil atrazina e 0,15 μg/l di desetil desisopropil atrazina (con incertezza rispettivamente di ± 0,04 e ± 0,05 μg/l). La legge dice che per ciascun contaminante non si può superare il limite imposto di 0,10 μg/l: il limite è superato se non si considera l’incertezza di misurazione, il limite non è superato se l’incertezza viene considerata. Si tratta di interpretazione della legge, come mi fa notare il perito Mauro Del Ben di Acteco. E’ questione di interpretazione anche come considerare la somma dei singoli metaboliti del medesimo principio attivo: la legge impone di non superare gli 0,50 μg/l aper la somma di diversi pesticidi - se riscontrati nelle analisi – ma come comportarsi con i diversi metaboliti (cioè prodotti di degradazione) di uno stesso pesticida, come l’atrazina? Il limite è 0,10 μg/l o 0,50 μg/l? Nelle analisi di luglio, Acteco scrive: “Il campione NON PRESENTA i requisiti chimici di potabilità”. Il limite di legge è superato, sommando i relativi metaboliti, poiché il dato è superiore a 0,10 μg/l: il laboratorio applica questo limite cautelativo - per la somma principio attivo + metaboliti - basandosi su un’ordinanza del Ministero Fungo di via San Daniele

della Sanità degli anni ’80, a cui ha fatto seguito una comunicazione della Regione Friuli Venezia Giulia. A parere invece del laboratorio Leochimica il campione analizzato a giugno è conforme e l’acqua risulta potabile, poiché i singoli metaboliti sono considerati come principi attivi distinti, per cui il limite della somma diventa per legge 0,50 μg/l. Chiamasi burocrazia. Come si legge dalle analisi, gli altri pesticidi ricercati sono tutti inferiori al limite minimo di misurazione, e li troviamo indicati con il segno <, “minore di”. Ma da dove viene questo parametro soglia, 0,10 μg/l, e perché è uguale per tutti i pesticidi? Secondo l’ing. Pietro Paris dell’ISPRA l’idea del legislatore, che nel 1988 ha introdotto questo parametro con il DPR. 236, era di escludere qualsiasi presenza di contaminanti nell’acqua destinata al consumo. Non vi era infatti alcuna valutazione di rischio collegata a questo valore: era semplicemente il limite tecnico di misurazione di quegli anni. Come a dire: nulla di rilevabile doveva essere presente nell’acqua destinata al consumo umano. Oggi che le analisi sono più accurate, ecco comparire valori inferiori di sostanze contaminanti. Capiamo dunque che l’interrogarsi sullo 0,11 μg/l ± 0,03 non ha alcun senso: i principi attivi sono presenti e vengono bevuti, questa è la notizia. Tutta l’acqua erogata dall’acquedotto di Pordenone è in questa situazione? Presumibilmente no. A Pordenone sono presenti 2 punti di prelievo, uno in via San Daniele e uno in via Fornace, con diversi pozzi di raccolta. Il punto di via Fornace, che rifornisce il fungo di via Canaletto, pesca l’acqua a 160 mt e a detta dell’ing. Mauro Trevisan - direttore operativo di Hydrogea - non presenta problemi di potabilità. Il mio appartamento è invece allacciato al punto di via San Daniele, che è quello messo peggio. L’acqua contaminata segnalata con il bollino rosso nel rapporto ISPRA - è presa dai pozzi a raggera Fehlmann, a 50 mt, e non subisce alcuna


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INCHIESTA

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L’acquedotto cittadino presenta contaminazione, ma la potabilità dipende dall’interpretazione della legge potabile. Il filtro in questione ha anche il pregio di eliminare completamente il sapore di cloro. In città esistono inoltre anche 4 stazioni di microfiltraggio, dove è possibile rifornirsi ad un costo irrisorio, portandosi le bottiglie da casa. Nel sito del Comune non sono tuttavia riportati i valori per le analisi delle atrazine di queste stazioni. Tuttavia la vera soluzione al problema delle acque pordenonesi, forse si era intuita già 25 anni fa. Negli anni ’90 la Regione aveva pensato di realizzare l’Acquedotto dell’Arzino, un’opera di presa che avrebbe garantito a Pordenone e agli altri comuni limitrofi l’acqua del torrente montano, garantendo un flusso limpido di 1.500 l/s. In seguito alle sollevazioni popolari dovute all’impatto ambientale della briglia, che avrebbe necessariamente diminuito la portata d’acqua del torrente, il progetto venne drasticamente ridimensionato. Venne interessato solo il Comugna, affluente dell’Arzino, che attualmente fornisce circa 150 l/s per soddisfare le esigenze di alcuni comuni della pedemontana come Castelnovo, Sequals, Fanna e Arba. Secondo il dott. Bomben prelevare l’acqua a monte sarebbe la soluzione: chi ci garantisce infatti che i filtri ai carboni attivi blocchino tutti i pesticidi, compreso per esempio l’attuale glifosato, usato anche dalla Gea in città? E chi ci dice che i pozzi di profondità non avranno problemi di contaminazione, nell’arco di qualche decina di anni, visto che gli erbicidi si continuano a buttare? I prodotti fitosanitari tossici possono anche essere completamente messi al bando da un regolamento comunale, come avviene per esempio a Malles in Alto Adige. Oggi esiste anche un’altra idea, figlia dell’Acquedotto dell’Arzino: un grosso stabilimento situato a Montereale che raccolga e filtri l’acqua proveniente dai bacini montani di Barcis e Redona, senza dunque andare ad impattare sui torrenti. Allo stato attuale è l’idea più convincente, ma anche la più costosa. Parliamo di un investimento di 30-40 milioni di euro, che rappresenta però solo 1/5 del costo del nuovo ospedale pordenonese. Problema di debito pubblico, si dirà. E di presa di coscienza della popolazione, dei politici locali, degli ambientalisti e della Regione, sulla priorità di questa opera pubblica per la nostra provincia. Che la “Cittadella della Salute”, a Pordenone, debba partire dall’acqua che beviamo? Chi volesse realizzare - a sue spese - l’analisi delle atrazine per l’acqua domestica proveniente dal punto di raccolta di via Fornace o di via S. Daniele, può contattarmi all’indirizzo giorgio. simonetti@gmail.com, per condividere i suoi risultati con i lettori de “La Città”.

PHOTO ADRIANO PORTOLAN ©

filtrazione con i carboni attivi. Viene solo diluita in un secondo momento con l’acqua pulita prelevata dal pozzo “Protezione Civile”, a 196 mt. Questo pozzo è entrato in funzione dopo l’emergenza atrazina del 1996 e ha una portata di 50 l/s (litri/secondo), contro quella di oltre 200 l/s delle raggere Fehlmann contaminate. Purtroppo il pozzo “Protezione Civile” da solo non basta a soddisfare il fabbisogno della città, per cui continuiamo ad approvvigionarci ai pozzi superficiali. Ma è lecito mescolare acqua contaminata con acqua pulita, per far scendere i valori e farla rientrare nei parametri di soglia? La pratica è vietata per esempio per i reflui di scarico delle attività produttive: non si può diluirli con acqua pulita, per far rientrare i valori entro i limiti. A Pordenone si usa questa pratica in acquedotto. Tutto questo è morale? Il dott. Lucio Bomben, direttore del dipartimento di prevenzione dell’Azienda per l’Assistenza Sanitaria del Friuli occidentale, garantisce che la normativa lo consente ed è una delle prassi comunemente utilizzate per Fungo di via Canaletto far rientrare l’acqua nei parametri di potabilità. Bomben ci tiene a non fare allarmismi: i nostri limiti di legge sono estremamente cautelativi, anche paragonati con quelli di altri paesi. Stiamo parlando quindi di valori bassissimi, e stando ai registri tumori del CRO non è stato possibile riscontrare variazioni epidemiologiche nel tempo, correlandole con i dati di questi contaminanti. La desetil desisopropil atrazina è inoltre un metabolita che si è incominciato a ricercare solo da gennaio 2016: il problema è nuovo anche per Hydrogea e Azienda Sanitaria. Quanti altri principi attivi che non ricerchiamo, sono presenti nell’acqua che beviamo? Le soluzioni. Hydrogea a settembre indagherà un vecchio pozzo della Protezione Civile, che pesca a 393 mt. In passato aveva avuto problemi di contaminazione da ammoniaca e ferro e l’ente gestore vuole ora controllare qual è la situazione. Inoltre c’è anche il progetto di cercare nuove falde in profondità – sotto i 300 mt – in via Fornace. E’ infatti in studio la realizzazione di un pozzo spia per verificare lo stato dell’acqua a quelle profondità. In caso di esito positivo si potrebbe partire con la realizzazione di un nuovo pozzo vero e proprio, utile alla città. Un’altra soluzione potrebbe essere il filtraggio dell’acqua di via S. Daniele con i carboni attivi, come si fa a Roveredo in acquedotto. Servirebbe tuttavia un impianto molto grosso e costoso, nell’ordine di circa un milione di euro, per poter filtrare una portata di 200 l/s. I filtri domestici ai carboni attivi o a osmosi inversa rappresentano una soluzione? Sia il dott. Bomben sia l’ing. Trevisan hanno seri dubbi sulla loro efficacia. Hanno bisogno di una manutenzione periodica e rischiano di avere più rischi che benefici. Sta di fatto che le analisi della mia acqua, realizzate dopo il passaggio attraverso un filtro domestico ai carboni attivi, mostrano un livello di desetil atrazina azzerato, mentre abbattono solo leggermente l’altro metabolita (come mostra la tabella). L’acqua così filtrata risulta per Acteco

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La Città

IL PERSONAGGIO

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Pordenonese, classe 1974, Gianluca Pilot è responsabile della flotta veicoli del circuito di Abu Dhabi

L’UOMO CHE SUSSURRA AI CAVALLI DEL MOTORE Diplomato all’Istituto tecnico di Maranello, prima ha coronato il sogno di diventare un meccanico Ferrari nella stagione d’oro di Schumacher, poi è volato negli Emirati Arabi per lavorare nel circuito avveniristico della capitale di PIERGIORGIO GRIZZO

Fatidiche e profetiche furono, attorno ai vent’anni, le parole del nonno, Giovanni. “Perché hai smesso di fare il meccanico? Era un lavoro vero. Se viene una crisi cosa ti metti a fare?” E fu così che Gianluca Pilot, dopo una breve e fortunata parentesi come venditore di automobili, ritornò sui suoi passi per rituffarsi anima e cuore nella vecchia passione dei motori, che lo aveva spinto

con il patrocinio di

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Ministero dello Sviluppo Economico con il sostegno di

Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Provincia di Pordenone Unione Industriali di Pordenone FriulAdria Crédit Agricole

con la collaborazione di

Centro Culturale Casa A. Zanussi Pordenone Centro Iniziative Culturali Pordenone Circolo Anziani del Lavoro Electrolux Zanussi Comune di Pordenone Electrolux Comune di Udine - Civici Musei Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Fondazione Concordia 7 Ministero dello Sviluppo Economico Università degli Studi di Udine Regione Autonoma

design: r. duse (obliquestudio.it) — photo: m. gardone (massimogardone.it)

mostra promossa da

Comune di Pordenone Electrolux

qualche anno prima a studiare a e diplomarsi all’istituto tecnico “Alfredo Ferrari” di Maranello. Sì, Maranello, il quartier generale, il sancta santorum del più leggendario marchio dell’automobilismo sportivo, la Ferrari, appunto. Gianluca, classe 1974, di Cecchini di Pasiano, ci ha passato anni importanti, proprio nell’ultimo periodo d’oro della scuderia

mostra promossa da

con il patrocinio di

con il sostegno di

Friuli Venezia Giulia Provincia di Pordenone Unione Industriali di Pordenone FriulAdria Crédit Agricole con la collaborazione di

Centro Culturale Casa A. Zanussi Pordenone Centro Iniziative Culturali Pordenone Circolo Anziani del Lavoro Electrolux Zanussi Comune di Udine - Civici Musei Fondazione Concordia 7 Università degli Studi di Udine

del Cavallino. Nove stagioni nel team dei meccanici, prima nella Squadra Test, fino a diventare Capo macchina, vincendo sette titoli mondiali di Formula Uno, lavorando gomito a gomito con Michael Schumacher, Ruben Barrichello, Kimi Raikkonen e Felipe Massa. “Le corse, le macchine, le sfide dei piloti e l’ambiente delle piste che solo immaginavo dalla tv, mi hanno sempre stregato. Mi dicono fosse una passione che avevo fin da bambino, so solo che volevo farne parte e viverle in prima persona – spiega – così dopo le scuole medie ho deciso di iscrivermi a Maranello, con il sogno di diventare un meccanico della Ferrari, che è poi il sogno di almeno il cinquanta per cento degli uomini italiani. Dopo il diploma, però, sono ritornato per qualche anno a Pordenone e ho iniziato a lavorare prima come meccanico e poi commerciale per una concessionaria di automobili. Era la metà degli anni Novanta, l’economia girava e vendere macchine era un lavoro gratificante e redditizio, soprattutto per un ragazzo di vent’anni”. “A quel punto mio nonno è stato determinante, con la sua saggezza, pragmatica ed essenziale. Mi vedeva sempre vestito bene e storceva il naso. Impara l’arte e mettila da parte, soprattutto per i momenti difficili. Questo era quello che intendeva, quando voleva che ritornassi a fare il meccanico”. A vent’anni di distanza i fatti gli hanno dato ragione. Non solo perché la crisi è arrivata, puntuale ed inesorabile, come ciclicamente accade sempre. Ma anche perché quel talentuoso nipote nel mondo dei motori ha fatto strada. “Nel ‘95 sono tornato alla Ferrari, che all’epoca era ancora la vecchia fabbrica con un’atmosfera quasi artigianale, dove si faceva tutto in casa e dove i vecchi meccanici e gli ingegneri avevano un carisma degno dei grandi capomastri del Rinascimento. Ho fatto un colloquio per entrare in Produzione che non mi aveva soddisfatto ma poi il giorno dopo, a sorpresa, sono stato richiamato per il reparto Prototipi”. A rapporto dall’ingegner Corradi, emiliano appassionato ma estremamente elegante, un monumento dell’azienda, responsabile del reparto Esperienza, la soggezione era tanta. “Al termine del colloquio mi guarda negli

Galleria Harry Bertoia Corso Vittorio Emanuele II, 60 informazioni

Ufficio Cultura T +39 0434 392918 / 392915 attivitaculturali@comune.pordenone.it www.comune.pordenone.it/galleriabertoia

occhi e mi chiede: Di dove sei?. Di Pordenone, in Friuli. Assunto!, mi ha risposto, chiudendo il mio dossier. Certamente aiutato dal fatto che li c’era già un altro friulano, Luca Picco, un collega diventato poi un grande amico e riferimento. “Sì perché bisogna dire che noi che veniamo da questa parte del mondo godiamo senza dubbio di una buona fama. Una cosa che ho notato altre volte nella mia carriera, anche all’estero. Noi pordenonesi, e friulani in genere, siamo tenaci. Poco rumorosi, ma determinati. Sappiamo battere il ferro quando è il momento”. Poi dopo gli anni in fabbrica a Maranello, visto che il suo chiodo fisso era comunque il Motosport, Gianluca si è licenziato per lavorare con la Gp Racing di Vicenza, una scuderia con la quale ha partecipato al campionato italiano Prototipi e alla Formula 3000 internazionale. “In quel periodo ho accumulato un’esperienza notevole nel mondo delle corse, che mi è stata poi utilissima al momento del mio ritorno in Ferrari nel 2000”. Ritorno che è prontamente arrivato e che, come detto sopra, gli ha consentito di vivere uno dei periodi più esaltanti per il Cavallino, quello legato alle vittorie di Michael Schumacher. Infine dal 2009 Gianluca è approdato ad Abu Dhabi, per lavorare nel circuito della capitale degli Emirati. Futuribile, avveniristico, quasi una visione. Nel 2009, quando è stato ultimato, ha fatto di colpo diventare obsoleti tutti gli altri impianti. Il tutto dentro Yas Island che comprende una marina, aree residenziali, un parco acquatico, il parco tematico Ferrari, nonché strutture alberghiere e di divertimento. Il Circuito consta di ventuno curve, vi sono cinque grandi aree tribune che tengono fino a 55.000 spettatori comodamente seduti, e ha una caratteristica uscita dai box che passa sotto la pista e un impianto di illuminazione per la gare in notturna. Il Gp di Abu Dhabi ha la caratteristica di iniziare nel tardo pomeriggio, “immergersi” nel tramonto e finire nel buio fra le luci artificiali. Qui, ad Abu Dhabi, in questa città del futuro, che spunta fra mare e deserto come un miraggio, Gianluca si è subito ambientato a meraviglia. Si è occupato Galleria Harry Bertoia Corso Vittorio Emanuele II, 60 informazioni

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prima dei veicoli sportivi, quindi ha seguito il progetto Racing Academy, che consente a tutti di provare l’ebrezza di controllare in pista i cavalli di un’auto da corsa. Oggi è il responsabile dell’intera flotta dei veicoli del Circuito, dalle auto da corsa alle gru. Per dare una idea vi sono 75 auto per le attività racing piu oltre 230 veicoli di supporto. Nel frattempo ha formato con il collega e amico Faisal anche un team all’interno della Driving Academy con piloti locali, che si è già aggiudicato premi importanti, come la vittoria e diversi podi nella Gulf 12 Ore della categoria Gt4 con una Aston Martin (che fra l’altro tutti posso guidare nei corsi della scuola). “Anche nel mondo arabo, sempre sospeso tra tradizione e modernità, il nostro imprinting friulano aiuta. Gli arabi ammirano molto chi sa fare, ma con umiltà e senza spocchia. In tre parole, odiano gli arroganti”. Dalla sua posizione di italiano che ha raggiunto una posizione apicale nel suo settore all’estero può senza dubbio fornire una visione interessante del nostro Paese. “Direi che i giovani italiani sono molto preparati, credo probabilmente più cattivi e affamati di quanto lo era la mia generazione. Sono molte volte sfruttati, non hanno garanzie, ma ci credono e vanno supportati veramente come va premiato chi a loro dà vere possibilità. Le nostre università sono ancora competitive e i nostri ingegneri, dottori, architetti, ricercatori sono tra i migliori al mondo. Come sono speciali tutte le conoscenze e abilità di tantissimi artigiani, che qui diamo per scontate, ma che sono rare da trovare fuori confine. Sono qualità che ci vengono dalla nostra tradizione, dal nostro tessuto sociale che è ancora oggi incredibile e vivace. Quello superato, a mio avviso, è il nostro modello di managment, inteso come supporto alle aziende, che è ancora nelle mani di gente vecchia, come anagrafe e come mentalità. Le piccole medie industrie che erano e sono l’eccellenza Italiana non hanno avuto il supporto necessario per il salto fra il modello degli anni ‘70 e quello moderno. Oggi la capacità dell’imprenditore, del “genio” (e in Italia ne abbiamo di molto bravi) non basta più...Bisogna fare squadra fra e con le istituzioni. Mi auguro e credo che l’Italia debba riprendersi il posto che merita”.


La Città

TEATRO

Settembre 2016

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In pieno svolgimento la campagna abbonamenti alla stagione teatrale 2016-2017 del Verdi di Pordenone

Cronache del bambino anatra Debutta il progetto Gli Imperfetti In prima nazionale il 20 e 21 ottobre lo spettacolo prodotto dal Teatro sui disturbi dell’apprendimento nell’ambito del progetto a sfondo sociale « Gli Imperfetti » sostenuto da Fondazione Crup con il coinvolgimento delle attrici friulane Maria Ariis e Carla Manzon

Mentre è in pieno svolgimento, nel teatro Verdi di Pordenone, la campagna abbonamenti alla Stagione 2016-2017 con “pacchetti” per tutti i gusti che spaziano fra prosa, musica, danza, spettacoli per famiglie (www.comunalegiuseppeverdi. it, tel. 0434 247624, Fb), sta nascendo uno spettacolo, prodotto dal teatro stesso insieme all’associazione Malte, che sottolinea la sensibilità del Comunale ai temi sociali e, insieme, la collaborazione con le realtà del territorio e regionali. Si tratta di “Cronache del bambino anatra”, inserito nel più ampio progetto “Gli Imperfetti”, realizzato con il sostegno della Fondazione Crup e con il coinvolgimento delle attrici friulane Maria Ariis e Carla Manzon. Scritto da Sonia Antinori e diretto da Gigi Dall’Aglio, andrà in scena in prima nazionale il 20 e 21 ottobre, alle 20.45, fuori abbonamento e ruota attorno ai disturbi specifici dell’apprendimento (dsa), ovvero quei disturbi del neurosviluppo che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto di cui in Europa soffrono circa 23 milioni di persone. E solo da qualche anno la nozione di Dsa ha sollevato da un giudizio di valore dei bambini che hanno queste difficoltà! “Il testo dello spettacolo – spiega l’autrice - è nato in seguito a due anni di ricerca sul campo, in cui abbiamo incontrato soggetti direttamente colpiti da disturbi cognitivi, ma anche docenti, genitori, studiosi. Il testo che ne è scaturito è semplice come una fiaba, e come una fiaba ha personaggi immediatamente riconoscibili (una madre, un figlio) e

una struttura classica, in questo caso smontata a rimontata con salti temporali che tratteggiano cinquant’anni di vita. Da quando “il bambino era bambino”, nei favolosi anni Sessanta, fino ai giorni nostri, questa piccola storia d’amore è punteggiata di quegli ordinari strappi, di quelle incomprensioni e quei ritrovamenti, delle cadute e risalite, che riecheggiano nell’intimo di ogni esperienza umana. Mentre il bambino si fa adulto e la madre, sempre più fragile, scivola lentamente via, i ruoli si invertono secondo la crudele organicità del ciclo vitale e l’uomo è costretto a riscoprire l’imperfezione più grave, che bilancia e compensa tutte le altre: il suo essere mortale. La scelta di una retrodatazione di qualche decennio consente di mettere a fuoco il problema all’epoca in cui comunità scientifica e società civile non avevano ancora scoperto la vera natura di tali problemi, contribuendo a comprendere conflittualità e disagi che anche oggi continuano a colpire ambiti come scuola e famiglia, dove non tutti sono ancora preparati a comprendere tali “imperfezioni”. Oltre alla naturale finalità divulgativa il progetto mira con forza a una riflessione più ampia sul rapporto che ogni essere umano ha con le sue imperfezioni e ha l’ambizione di schiudere allo spettatore un momento di arricchimento umano e di conoscenza individuale. La lezione di chi, partendo da uno svantaggio, identificando il problema e sviluppando strumenti adeguati ad affrontarlo, trasforma la rabbia in forza di volontà, ha portata universale.

IL LIBRO

LINO ZANUSSI

In occasione del centenario della Zanussi è stato ristampato il volume di Nico Nanni e Piero Martinuzzi, una bella opportunità per conoscere da vicino l’imprenditore e l’uomo che ha cambiato il corso della storia locale Nella storia recente di Pordenone Lino Zanussi è forse l’unico personaggio che ha segnato un prima e un dopo. La straordinaria accelerazione economica e sociale di cui è stato indiscusso protagonista è al centro del bel libro di Piero Martinuzzi e Nico Nanni (prezioso collaboratore del nostro giornale), ristampato quest’anno dal Comune di Pordenone in occasione del centenario delle Industrie Zanussi/Electrolux. Il volume tratteggia con rara efficacia la vicenda umana e professionale dell’imprenditore che ha cambiato il volto della città. Un capitano d’azienda per certi aspetti romantico, un puro. Un’industriale intelligente, intraprendente, operoso, orgoglioso e umile allo stesso tempo nel quale è possibile riconoscere tutte le qualità comprese per definizione nel ruolo. Erano, peraltro, gli anni della purezza, della serietà, dell’onestà. La scuola era quella del cappotto imprestato con cui De Gasperi si presentò all’incontro con il presidente Truman nel '47.

Gli anni della ricostruzione post bellica, della rinascita attraverso il lavoro. Quel lavoro che i padri costituenti avevano con grande lungimiranza messo al primo posto. Perché il lavoro gratifica, finanzia i progetti di vita, rende felici. Di questo brodo vitale primordiale era profondamente imbevuto Lino Zanussi, che infatti non mancherà mai di indicare nel padre Antonio e nei suoi valori, l’origine di tutta la successiva, travolgente, avventura. La ricerca di Martinuzzi e Nanni ha il pregio di ricostruire la visione e il piglio del Lino imprenditore contestualizzandoli nell’affresco dell’irripetibile stagione del secondo dopoguerra italiano, della quale Pordenone fu un’autentica rivelazione grazie a Zanussi e insieme al gigante Fiat. Viene da chiedersi cosa sarebbe stata questa città senza la sua fabbrica per eccellenza. Impossibile dirlo. Scorrendo le immagini pubblicate in appendice del libro, come quella della folla oceanica e mesta che ha intasato i due corsi del centro storico il giorno del funerale di Lino Zanussi, si percepisce un legame viscerale tra un uomo, la sua azienda, i suoi concittadini e il territorio. Nessuna immagine ci pare sia mai riuscita ad imprimere su una pellicola un così forte smarrimento collettivo come quella foto. Una situazione che evidentemente non era stata mai vissuta prima, neanche durante l’epopea dei cotonifici, i cui capi erano sempre “foresti”, e che probabilmente non si ripeterà più. Un prima e un dopo. F.M.

MOSTRA

Centenario Zanussi/Electrolux

Elettrodomestico in mostra di CLELIA DELPONTE

Com’è cambiata la nostra vita in un solo secolo. Nell’Ottocento il riscaldamento era solo quello delle stufe a legna, l’acqua la si attingeva dal pozzo, a lavare i panni si andava ai lavatoi o al fiume. Oggi, abituati come siamo alle comodità moderne quasi non facciamo caso agli elettrodomestici, o li consideriamo Primo Carnera alla Zanussi. Fine anni solo in virtù delle '50. Foto Archivio Circolo Anziani del loro caratteristiche Lavoro Electrolux Zanussi, Pordenone tecniche/ tecnologiche e della loro efficienza. Li diamo per scontati, indispensabili compagni di vita. Eppure essi portano con sé uno spaccato di storia importante. Soprattutto a Pordenone, dove la fabbrica per eccellenza di elettrodomestici, la Zanussi (ora Electrolux) ha trasformato il tessuto sociale e urbanistico della città. Non solo, l’elettrodomestico è protagonista sostanziale nell’evoluzione economica e sociale italiana, alleggerendo il lavoro domestico tradizionalmente femminile, e contribuendo non poco all’affrancamento della donna da un ruolo in cui è rimasta ingabbiata per secoli. Ecco dunque che una mostra dedicata all’oggetto elettrodomestico – Elettrodomesticità in Galleria Bertoia dal 10 settembre al 22 gennaio 2017, per iniziativa di Comune di Pordenone ed Electrolux - assume una molteplicità di valori e significati, che sicuramente ci farà guardare una lavatrice o un frigorifero con occhi diversi. Aspetto che verrà messo in particolare rilievo è naturalmente l’industrial design, campo in cui Zanussi prima ed Electrolux poi si sono particolarmente distinte, come attestano i numerosi e prestigiosi premi ottenuti in tutti settori, professional compreso. Un connubio questo, tra bellezza (arte) e industria, che ha già avuto un importantissimo testimonial proprio in Harry Bertoia, friulano trapiantato in America, cui è intitolata la Galleria e che caratterizza in modo unico il Made in Italy. L’esposizione ha una impostazione storica mostrando l’evoluzione del disegno, della progettazione e del concetto stesso di elettrometrico nel tempo, ma pone una domanda sul futuro. Un futuro dove la bellezza deve necessariamente coniugarsi con la tecnologia in funzione della sostenibilità.


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Settembre 2016

La Città

APPUNTAMENTI

Dall’1 all’8 ottobre al Teatro Verdi di Pordenone la 35esima edizione delle Giornate del Cinema Muto

Da Greta Garbo a Le mille e una notte Continua il viaggio alle origini del cinema “La donna del mistero” e “Il ladro di Bagdad” eventi di apertura e chiusura sostenuti da Fondazione Crup e FriulAdria La chicca il Disney ritrovato “Africa before Dark”. Maratona di 4 ore con “Monte Cristo” tratto da Dumas. Il nuovo direttore Jay Weissberg: “Il festival è un’occasione per offrire al pubblico una visione nuova del film muti” di NICO NANNI

Da quest’anno le “Giornate del Cinema Muto” (a Pordenone, nel Teatro Comunale, dall’1 all’8 ottobre) hanno un nuovo direttore: Jay Weissberg. Nato a New York, Jay vive da tempo a Roma ed è critico cinematografico della prestigiosa rivista “Variety”. Esperto dei film di oggi, il nuovo direttore è appassionato anche di quelli delle origini. Ama moltissimo le “Giornate”, che frequenta da anni e per le quali in passato ha curato delle sezioni. Che effetto le fa essere al posto di David Robinson, “mitico” direttore delle “Giornate”? Lo scorso anno è stato proprio David a chiedermi di succedergli nell’incarico. Per me e per tutti noi David è un maestro e quindi nella formazione del programma di quest’anno ho seguito sostanzialmente il solco da lui tracciato in questi anni. Perché le “Giornate” di

Pordenone sono importanti e quali sono le sue caratteristiche? Io sono convinto di una cosa soprattutto, che non vi sia uno stacco tra cinema muto e cinema sonoro, nel senso che la continuità nelle tecniche e nei temi è evidente. Dirò di più: non è possibile capire il cinema d’oggi se non si conosce quello di ieri. Il problema è: ma come vediamo oggi i film muti? E qui sta la grande forza di questo festival: le “Giornate” hanno la capacità di offrire al pubblico la possibilità di vedere quei film al meglio dal punto di vista tecnico e sempre accompagnati dalla musica dal vivo. Quando poi quella musica viene da una grande orchestra allora lo spettacolo è assicurato. Un’altra caratteristica consiste nella possibilità non solo di vedere, ma anche di rivedere tanti film, siano essi capolavori o meno: perché a ogni visione cambia il contesto e quindi la

possibilità di capire e godere quel determinato film. Infine è importante avvicinare i giovani al cinema muto proprio per quanto dicevo prima: bisogna conoscere “tutto” il cinema per amarlo e capirlo. Come si presenta il programma di quest’anno? Il programma non è omogeneo, ma ci sono dei fili che collegano le varie sezioni; c’è la possibilità – come dicevo – di rivedere dei film in un contesto diverso. Prendiamo Il ladro di Bagdad: il film è notissimo, ma quanti l’hanno visto al cinema con l’accompagnamento di un’orchestra che esegue la partitura originale del 1924? Altro esempio: prendiamo la retrospettiva sul cinema muto polacco, praticamente sconosciuto anche in Polonia. Esso è sottovalutato, un po’ perché moltissimo è andato perduto a causa delle distruzioni delle guerra, un po’ perché il cinema polacco moderno è così alto che ha fatto dimenticare il passato. Ma il cinema d’oggi è così alto perché alla base c’era una cinematografia molto importante che ci darà un’idea della vita in Polonia negli anni Venti. Tuttavia in un festival anche i “nomi” sono essenziali per un’efficace promozione dell’evento: l’importante è suscitare emozioni. Io credo che si debba attirare nuovo pubblico, che si debba combattere l’idea che il cinema muto sia di nicchia e per specialisti: quando si vede un film muto accompagnato dalla musica si vede uno spettacolo moderno! Ci sarà del cinema muto italiano quest’anno? Sono molto contento dei film italiani in programma,

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La Città

Periodico di informazione e opinione della città di Pordenone Tiratura 7.500 copie

quest’anno abbastanza numerosi, l’anno prossimo lo saranno ancora di più. Vedremo due film considerati perduti e significativi. Uno, ritrovato al Danske Filminstitut di Copenhagen (che compie 75 anni), è L’onore riconquistato del 1913 e ci mostra scene della guerra italo-turca in Libia, immagini assolutamente uniche (si riteneva che fosse un film del 1916 sulla Grande Guerra). L’altro viene dal Museo di Buenos Aires, La donna funesta (1919) di Camillo De Riso dal romanzo “Nana” di Zola, con la “diva” dimenticata Tilde Kassay in una performance decisamente sensuale. Il film si vedrà alle “Giornate” insieme a Nana di Renoir, di sette anni posteriore, incluso nella sezione del Canone rivisitato. Continua poi la sezione su Luca Comerio con i film girati prima della Grande Guerra e ci saranno ben tre film tratti da opere di Shakespeare (per i 400 anni dalla sua morte) tutti con protagonista Francesca Bertini. Infine ci saranno dei film del 1896 girati dai Lumière a Venezia (son 120 anni che Venezia ispira il cinema) e altri successivi sempre sulla Serenissima. Con quali film-evento si apriranno e si chiuderanno le “Giornate”? Si apriranno con Greta Garbo in The Mysterious Lady (La donna misteriosa, 1928), dramma romantico diretto da Fred Niblo in cui la Divina veste i panni di un’affascinante spia russa. Ad accompagnare il film ci sarà l’Orchestra San Marco di Pordenone con il maestro Carl Davis, autore della partitura, che contiene numerose citazioni

dalla Tosca di Puccini, opera molto presente nel film. La serata è realizzata con la collaborazione della Fondazione CRUP. La conclusione sarà affidata invece a The Thief of Bagdad (Il ladro di Bagdad) di Raoul Walsh, con Douglas Fairbanks, con l’accompagnamento – una prima mondiale – ancora dell’Orchestra San Marco, diretta però dal maestro Mark Fitz-Gerald, che ha ricostruito e adattato la partitura originale del 1924 di Mortimer Wilson. L’evento, organizzato con il sostegno di FriulAdria Crédit Agricole, sarà replicato domenica 9 ottobre. Quali altre sezioni ci saranno? Quella principale sarà sullo scenografo (Premio Oscar) William Cameron Menzies, di cui ricorrono i 120 anni dalla nascita, che nel periodo muto lavorò con i più grandi registi. Ci sarà il Canone rivisitato con film di grandi registi; ci saranno le Sinfonie della città, film su varie città:

PUOI RICEVERE IL GIORNALE A CASA TUTTO L’ANNO! intestato a:

ASSOCIAZIONE LA VOCE

EDITRICE: Associazione “La Voce”, Viale Trieste, 15 (1°piano) Pordenone DIRETTORE RESPONSABILE: Flavio Mariuzzo

abbiamo voluto Nizza, quale partecipazione delle “Giornate” ai tragici eventi che l’hanno colpita. Non mancherà la “maratona” quest’anno di “sole” quattro ore con Monte Cristo, tratto dal romanzo di Alexandre Dumas di Henri Fescourt, lo stesso dei “Miserabili” dell’anno scorso. Fra le chicche ricordo il Disney ritrovato Africa Before Dark (1928), con Oswald the Lucky Rabbit restaurato dal Filmmuseum di Vienna, che lo presenta a Pordenone in prima internazionale. Continueranno le iniziative di formazione per i giovani? Certamente! Continuerà il “Collegium” per preparare gli studiosi del cinema di domani: quest’anno ci saranno 12 allievi da tutto il mondo più 16 archivisti dall’Inghilterra; e continueranno i “Masterclass” per la preparazione dei musicisti che desiderano accompagnare i film muti. Non può passare l’idea che i film muti possano essere accompagnati da qualsiasi musica, così da accontentare i gusti dei giovani (magari con musica techno, rock o altro). Va a finire che così si ascolta la musica e le immagini passano in secondo piano. Le Giornate servono proprio a questo: a ridare dignità al cinema delle origini!

- BANCA POPOLARE FRIULADRIA IT39 Z 05336 12500 000040442213 - BCC PORDENONESE IT74 W 08356 12500 000000012922 - FRIULOVEST BANCA IT50 L 08805 65000 000000710695

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO:

Tullio Avoledo, Sergio Bolzonello, Paola Dalle Molle, Mara Del Puppo, Clelia Delponte, Enrico Galiano, Alberto Garlini, Valentina Gasparet, Piergiogio Grizzo, Nico Nanni, Giovanni Pavan,Cristina Savi, Nino Scaini, Giorgio Simonetti, Giorgio Tonolo, Michela Zin

PROGETTO GRAFICO: Francesca Salvalajo FOTO: archivio La Città, Luca D’Agostino, Ferdi Terrazzani, Italo Paties, Euro Rotelli, Angelo Simonella, Gigi Cozzarin IMPIANTI STAMPA: Visual Studio Pordenone STAMPA: Tipografia Sartor PN


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