Filippo la gazza

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Storie dello Stagno

Filippo la Gazza FRANCESCO SMELZO


C’era, presso lo stagno, un bel maschio di gazza dalle penne nere e lucenti di nome Filippo. In previsione di trovar moglie e metter su una bella nidiata Filippo pensò di fare il nido sui rami di un vecchio rovere. Aveva iniziato raccogliendo i rametti secchi dal prato e impastarli con il fango del torrente. Rametto dopo rametto aveva costruito un bel nido, grande come un cesto da frutta. «Hai finito quel nido?» - gli chiedevano i conigli quando planava sul prato a prendere qualche stecco. «Ancora no… quasi.» - rispondeva lui. «Quanto ti manca a finire il nido?» - gli chiedevano anche le papere, quando si recava a raccogliere un po’ di fango dalla riva. «Ancora un po’… è quasi finito, ma vorrei farlo ancora più grande» - diceva Filippo. Ma questi viaggi non finivano mai. Filippo non era contento del nido, gli pareva sempre troppo piccolo o troppo basso o troppo… o poco… sì insomma, c’era sempre qualcosa da migliorare. Ad un certo punto il nido era divenuto talmente grande da occupare buona parte della chioma del vecchio rovere. La gazza decise allora che sì… poteva andare.

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Si mise quindi a percorrere il nido in lungo e in largo pensando: “con una dimora come questa non mi mancheranno certo le pretendenti! Ci potrebbero stare comodamente venti nidiate!” Però ad un tratto si fermò a riflettere - “certo che… il pavimento così ruvido… con questi rametti sporgenti… i piedi dei pulcini si potrebbero ferire.” Fu così che pensò di ricoprire il pavimento del nido con quei sassi piatti e lisci che si trovano sul greto del fiume, vicino allo stagno. E ricominciarono i viaggi dal nido al fiume e dal fiume al nido. «Hai finito con quel nido?» - gli chiedevano i tassi che alla sera andavano a fare il bagno nel fiume. «Ancora no… quasi.» - rispondeva lui. «Quanto ti manca a finire il nido?» - gli chiedevano anche i castori che costruivano la diga. «Ancora un po’… è quasi finito, ma vorrei farlo ancora più accogliente» - diceva Filippo. Finalmente, molti e molti viaggi dopo, il pavimento del nido era tutto coperto di sassi piatti e levigati, incastrati così bene l’uno con l’altro che sembravano un mosaico. Filippo, tutto contento, percorreva avanti e indietro il suo magnifico nido, soddisfatto della sua opera. Camminando pensava: “Un nido così non si è mai visto a memoria di gazza! Le femmine faranno la fila per venire a 2


stabilirsi qui. Non è escluso che possa prendere in moglie la più bella gazza dello stagno.” Però ad un tratto si fermò a riflettere – “certo che… le pareti del nido sono proprio brutte così, spoglie e disadorne… alle femmine non piaceranno per niente.” E allora si disse che c’era una sola cosa da fare: ricoprire le pareti del nido con il gesso bianco che si trovava alla collina. Questa volta i viaggi furono ancor più lunghi visto che la collina si trovava parecchio lontano dallo stagno. Per di più il viaggio non era privo di rischi: nel bosco vicino alla collina viveva infatti un gruppo di volpi che non aspettava altro che una bella gazza per pranzo. Ed infatti, un paio di volte Filippo andò vicino a finire in pancia a una volpe. A salvarlo fu solo il fatto che il pelo rosso delle volpi spiccava con evidenza sul bianco del gesso e quindi, all’ultimo momento, con la coda dell’occhio poteva scorgere il pericolo e levarsi in volo. Nel frattempo la primavera, appena iniziata quando Filippo aveva cominciato a costruire il suo nido, era ormai in pieno fulgore e già le giornate cominciavano a farsi più calde. I ciliegi e i mandorli erano pieni di fiori e c’era un gran fermento tra tutti gli uccelli dello stagno che formavano le coppie che avrebbero dato vita alle nuove nidiate. 3


Dovunque si potevano udire i canti e ammirare i balli dei corteggiamenti delle tante specie di volatili. E così era anche tra le gazze; i maschi avevano già da un pezzo terminato i loro nidi e sui rami fioriti ingaggiavano gare per mostrare alle femmine le loro doti. Piano piano ogni maschio di gazza trovava la sua compagna alla quale orgoglioso mostrava il nido che presto si riempiva delle grida stridule dei pulcini che reclamavano il pasto. Filippo neanche si accorse di quanto accadeva, dopo tanti viaggi finalmente era riuscito a ricoprire col gesso tutte le pareti del nido ed ora poteva ammirare la sua opera in tutto il suo splendore. Nondimeno continuò ancora per parecchio tempo a completare il nido con decorazioni che lui riteneva essenziali. Alla fine, esausto per quell’opera, ritenne che finalmente si poteva considerare terminata. “Bene” – pensò Filippo – “ a questo punto cosa rimane da fare? Ah, certo! Quasi dimenticavo… trovare una compagna, naturalmente!” Si lisciò allora le sue penne lucenti, si mise davanti al suo bellissimo nido ed iniziò il canto per richiamare le femmine. Cantava cantava, ma nessuna femmina dava segno di vita.

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Passò così alcuni giorni a cantare sul ramo, ma sempre senza successo. Gli animali che avevano nidi e tane intorno al vecchio rovere non ne potevano più di tale baccano, tanto più che la primavera era ormai passata da un pezzo ed era rimasta solo quella gazza a starnazzare impedendo i pisolini pomeridiani. In una riunione per decidere il da farsi fu scelto allora il gufo come rappresentante di tutti per andare a far smettere quella gazza. Il gufo andò da Filippo e gli disse: «Si può sapere cos’hai da cantare tutto il santo giorno?» «Oh bella! Come cos’ho? Non hai mai sentito il canto di corteggiamento di una gazza?» - rispose lui. «Certo che l’ho sentito! Ma non in piena estate! Non c’è femmina di gazza che non abbia ormai da un pezzo trovato il suo compagno e non abbia la sua bella nidiata!» A queste parole Filippo ammutolì. Con grande sollievo per i suoi vicini.

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