Il luccio feroce

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Storie dello Stagno

Il Luccio feroce FRANCESCO SMELZO


Nello stagno viveva un grosso e feroce luccio, il terrore dei pesci e degli altri animali acquatici. Il luccio non si vedeva spesso. Se ne stava in agguato, nascosto sotto il canneto, quasi tutto il tempo. Alcune volte però l’acqua esplodeva all’improvviso, segno di un suo attacco ai danni di qualche malcapitata carpa o di qualche papera. In queste occasioni tutto lo stagno si ricordava improvvisamente dell’esistenza del luccio e gli animali scappavano da tutte le parti come impazziti. Poi, dopo il momento iniziale di paura, tutti gli animali, a poco a poco, si calmavano. Dapprima ognuno dedicava un pensiero alla vittima : “era una papera tanto educata…”, “povera carpa, morire così giovane…”. Poi alcuni pensavano: “e dire che poteva toccare a me! Se solo fossi passato di lì…”. Infine, sempre a poco a poco, lo spavento passava; ognuno tornava alle sue faccende e tutti si dimenticavano nuovamente del luccio. Luccio che intanto, dopo il pasto tanto atteso, si ritirava lentamente nel canneto, in fondo allo stagno, per fare un pisolino. Fin1


ché non avrebbe sentito nuovamente i morsi della fame e si sarebbe messo ancora in agguato, attendendo la prossima preda. Non lontano dallo stagno c’era una fattoria degli uomini. Questi vivevano coltivando grano sulle colline. Allo stagno si vedevano di rado, a volte passavano di lì vicino con il carro per prendere qualche grappolo d’uva selvatica, ma per la maggior parte nel tempo se ne stavano a lavorare nei loro campi. Quell’anno però il raccolto fu molto scarso per le forti grandinate che avevano fatto strage delle spighe. Molti uccelli ne erano contenti perché trovavano per terra il loro pasto bell’e pronto, ma gli uomini della fattoria parevano non essere dello stesso avviso. Un tasso che era passato di là raccontava che la femmina degli uomini, piangendo, diceva che non avrebbe avuto cibo per sfamare i suoi piccoli e che avrebbero dovuto andare in città in cerca di lavoro se non avessero trovato un modo di sbarcare il lunario. Poco più tardi anche una volpe, che ogni tanto faceva un giretto per tenere d’occhio le galline della fattoria, riferì che gli uomini stavano preparando strani bastoni con un filo attaccato. Il giorno dopo queste voci trovarono conferma, quando gli animali videro arrivare un contadino allo stagno con questi strani bastoni. L’uomo si mise seduto all’ombra della vecchia quercia, prese uno di questi bastoni dalla cui estremità pendeva un filo che quasi non si vedeva, attaccò al filo un pezzo di ferro ricurvo e vi infilò 2


un pezzo di carne di maiale. Quindi gettò il filo nello stagno e si mise pazientemente ad aspettare. Il contadino pareva non avesse attenzione che per quel suo bastone che fissava continuamente. Gli animali dello stagno invece osservavano lui, al sicuro nei loro nascondigli, cercando di capire che intenzioni avesse perché, come si sa, degli uomini non c’è mai da fidarsi. Sotto lo stagno invece la vita continuava come sempre. Branchi di piccole alborelle guizzavano qua e là inseguite dai persici. Le carpe e le tinche brucavano pigramente il fondo in cerca di cibo. Quello era un periodo magro per il luccio. Il giorno prima aveva tentato due attacchi: uno a danno di una grossa carpa che però era troppo vecchia e furba per non accorgersi del movimento delle canne e si era dileguata in un lampo; l’altro a una papera che stava nuotando vicino alle canne che si era levata in volo poco prima che il luccio riuscisse a ghermirla. Il luccio sentiva il suo stomaco brontolare - “bisogna trovare al più presto qualcosa da mettere sotto i denti” – pensava, quando, all’improvviso, le sue fini narici percepirono un odorino delizioso. Si mosse quindi verso la sorgente di tale profumo, guidato dal suo naso e si trovò davanti un bel pezzo di carne che penzolava a mezz’acqua. Con la fame che si ritrovava non stette a farsi troppe domande sul perché e il percome un pezzo di maiale era finito

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proprio lì e, con un colpo di coda, si avventò sull’esca del contadino. Gli animali videro allora una scena insolita: il contadino attaccato al suo bastone tutto piegato che sembrava animato improvvisamente di vita propria. Alla fine però la faccenda fu chiara, quando scoprirono che, attaccato al ferro ricurvo all’estremità del filo c’era proprio il feroce luccio che stava cercando di scappare tornando nel suo canneto. Ma l’uomo era più forte di lui, dopo una lunga lotta riuscì a trarlo fuori dallo stagno e adesso il feroce luccio giaceva sulla sponda boccheggiante. Il contadino, tutto felice e contento, prese il luccio, lo caricò sul carro, insieme ai sui bastoni, e si rimise in cammino verso la fattoria. Quando fu andato via tutti gli animali uscirono dalle loro tane. Non potevano credere ai loro occhi: il feroce luccio non c’era più. Finalmente erano liberi. L’intero stagno pareva in festa. I pesci facevano salti gioiosi fuori dall’acqua, le papere si divertivano a passare vicino al canneto gridando - «Luccio feroce ora sei tu che dovrai finire nella pancia di qualcun altro!» Poi. Lentamente, come sempre, la vita allo stagno tornò alla tranquilla normalità, ognuno tornò alle sue faccende e tutti si dimenticarono del luccio. 4


Passarono però alcuni giorni quando, all’improvviso l’acqua dello stagno esplose all’improvviso e una papera che stava nuotando vicino al canneto sparì nel nulla. Gli animali scapparono da tutte le parti in preda al panico, poi, a poco a poco, si calmarono. Dapprima ognuno dedicò un pensiero alla vittima : “era una papera tanto gentile…”. Poi alcuni pensarono: “e dire che poteva toccare a me!”. Infine, ognuno tornò alle sue faccende e tutti si dimenticarono che nello stagno c’era un nuovo luccio.

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