Il Ragno Giocondo

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Storie dello Stagno

Il Ragno Giocondo FRANCESCO SMELZO


Tra gli insetti dello stagno i più abili erano senz’altro i ragni. Con le loro zampette tessevano, tra i rami degli alberi, argentee ragnatele che, tra le cose costruite dagli animali, avevano le forme più belle che si potessero ammirare. Al mattino poi, nelle giornate più fresche, la rugiada faceva splendere quei ricami, facendo quasi dimenticare la loro natura di strumenti di morte. Non se lo dimenticavano però gli altri insetti: mosche, api e farfalle che giravano al largo dalle fronde degli alberi per non incappare in queste trappole. Anche se, naturalmente, di tanto in tanto, un’ape in ritardo con la consegna del nettare in cerca di una scorciatoia per l’alveare o una mosca accecata dal sole o ancora una farfalla distratta, incappava in queste trappole e diventava premio per la pazienza del ragno che tanto aveva aspettato il suo pasto. Così almeno si svolgeva l’esistenza della maggior parte dei ragni. Ma ce n’era uno, il ragno Giocondo, che non era capace di tesser tele. Beh, dobbiamo dire che d’impegno ce ne metteva tanto! Ogni mattina, sperando fosse la volta buona, si attaccava a un ramo e cominciava a filare la seta.

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Quello che ne veniva fuori però era un groviglio informe, il più delle volte con lui stesso in mezzo che si dibatteva furiosamente per venirne fuori. Ben presto ragno Giocondo era diventato l’involontaria attrazione degli altri insetti, che si divertivano un mondo a vederlo penzolare dal suo ramo preda della sua stessa rete. Le più fastidiose spettatrici di Giocondo erano le belle farfalle multicolori che si prendevano gioco di lui dicendo alle loro compagne : «Venite, venite pure! Su questo ramo che non c’è pericolo, qui c’è il ragno Giocondo, al massimo rischierete di morire dal ridere!» Gli altri ragni non vedevano di buon occhio quel pasticcione, raramente gli rivolgevano la parola e, quando lo facevano era per rimproverarlo: «sei la vergogna della nostra razza! Se continui così tutti noi diverremo a causa tua lo zimbello dello stagno!» Il povero Giocondo cosa poteva farci? Non era nato per fare l’architetto di ragnatele e ben se ne accorgeva dal rumore della sua pancia perennemente vuota. Se non fosse perché ogni tanto trovava qualche insetto morto di vecchiaia sarebbe stato bello che stecchito. Ma purtroppo gli insetti raramente morivano di vecchiaia, e quelli che lo facevano, avevano ancor più raramente il buon gusto di farlo in luoghi dove Giocondo potesse trovarli.

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Un giorno in cui Giocondo, come al solito, penzolava dal ramo aggrovigliato nella sua stessa tela accadde però un fatto strano. Attorno a lui, c’era il solito gruppo di farfalle che lo schernivano quando… Zac! Sparisce una farfalla dopo l’altra. Stupito, Giocondo, riuscito nel frattempo a trarsi fuori dal groviglio, capì la causa di queste misteriose sparizioni. Una rondine, avendo avvistato quel bel gruppo di farfalle vi si era precipitata in mezzo facendone strage. «Ehi amica!» - disse il ragno alla rondine - «Se oggi hai trovato un pasto così abbondante è merito mio eh? Quelle farfalle erano lì grazie a me.» «Quel che è giusto è giusto» - esclamò la rondine e lasciò cadere vicino a Giocondo tre farfalle morte. Il ragno poté finalmente sfamarsi dopo tanta carestia. Non si mangiò però tutte le farfalle: pensando che presto la fame sarebbe tornata, ne nascose due in un buco del tronco dell’albero. La storia si ripeté il giorno dopo. Anche allora le farfalle si erano riunite intorno al ragno penzolante dal ramo nella sua buffa posizione e anche allora la rondine, che nel frattempo aveva chiamato anche una sua amica, fece incetta di farfalle lasciando, lei e la sua amica, questa volta sei farfalle al ragno. E fu così anche per ogni giorno successivo. 3


Tutti i giorni Giocondo metteva in scena il suo circo e tutti i giorni venivano sempre più farfalle e sempre più rondini. Il ragno a questo punto aveva accumulato un bel numero di farfalle nel buco del tronco. Gli altri ragni tuttavia lo guardavano ancora con disappunto: “bel modo era quello di guadagnarsi il pasto!” Una notte però sullo stagno si abbatté una violenta tempesta, con grandine e acqua a catinelle. Le tele dei ragni, tese tra i rami furono tutte distrutte da pioggia e vento. Grande disperazione si diffuse tra i ragni: per ricostruire le ragnatele ci sarebbero voluti molti giorni e nel frattempo come si sarebbero procurati il cibo? Fu allora che tra i ragni, riuniti in consiglio, qualcuno si ricordò di Giocondo e del suo buco pieno di farfalle. Senza stare a farsi troppe domande sulla provenienza di quel cibo una delegazione si presentò allora da Giocondo. «Carissimo amico!» - esordì il capo della delegazione dei ragni «Solo la tua generosità potrà salvare la nostra comunità in questo triste frangente.» “Carissimo?” – pensava Giocondo – “Generosità?” «Siamo sicuri che vorrai condividere con noi, colpiti da tale disgrazia, qualche briciola del tuo cibo.» - continuò il capo. 4


“Condividere? …qualche briciola? …per loro?” «Non per noi, ma per i piccoli ragnetti» - disse quasi piagnucolando il capo. “Ah… se è per i ragnetti…” Per farla breve in quattro e quattr’otto schiere di ragni formarono una catena per andare ad approvvigionarsi al buco di Giocondo e di farfalle dopo poco non ne rimase neanche una. Dopo qualche giorno le ragnatele furono ricostruite, i ragni poterono ricominciare a cacciare e a mangiare, e Giocondo… beh, Giocondo per tutti loro era tornato ad essere “quel buffone” che disonorava la categoria. “Mah! Per fortuna le farfalle hanno vita breve” – pensava il ragno Giocondo mentre costruiva nuovamente la sua goffa tela procurando di avvilupparsi ben bene con il filo per parere più buffo – “in questo modo ci saranno sempre nuove farfalle che verranno a vedere lo spettacolo e le rondini le cacceranno lasciando il loro obolo.” E così, pensando alla breve vita delle farfalle e a quella della gratitudine si rimise a penzolare dal ramo aspettando altre farfalle e altre rondini.

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