Il Referendum sui piccioni

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Il Referendum sui piccioni FRANCESCO SMELZO


Il Referendum
 sui piccioni In un paesino di montagna c’era una fontana in mezzo alla piazza principale. Questa fontana era sormontata da un monumento a Filippo dalle Braghe Larghe, un capitano di ventura del ‘500 nativo di quei posti. Dopo attenti studi storici emerse che Filippo dalle Braghe Larghe era stato in realtà un fior di malandrino, rendendosi autore all’epoca di diverse razzie, stupri e stragi d’innocenti che manco Erode ai tempi in cui era in forma. Fu così che il sindaco proposte di eliminare la statua del Braghe Larghe con una dedicata a Evelino Tuttamore, un poeta lirico dell’800 che aveva reso lustro al paese con la celebre raccolta “Fiori secchi nel vaso”.

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Da subito fu aspra la discussione tra i vari partiti in consiglio comunale, i sostenitori del Braghe Larghe portavano l’illustre opinione di numerosi studiosi che confutavano le malefatte del condottiero e che al contrario asserivano che il poeta Tuttamore era tutt’altro che quello stinco di santo che si diceva che fosse; pare addirittura che la moglie fosse scomparsa in circostanze poco chiare e che il poeta fosse stato assolto nel processo solo grazie alla sua fama. Si decise quindi di indire un referendum per decidere se mantenere o sostituire il monumento sopra la fontana. Per far le cose per bene si stabilì di pubblicare, affisse alla porta del comune, le tesi dell’uno e dell’altro partito. L’affissione avvenne il giovedì successivo, giorno di mercato, quando molti cittadini affollavano la piazza per acquistare i prodotti che i contadini, venuti dalle campagne, e i pastori, scesi dalla montagna, mettevano in vendita. Il messo comunale, incaricato dell’operazione si alzò di buon ora, quando la piazza era ancora deserta, e affisse due lunghi manifesti, che riportavano le tesi contrapposte, alle due ante del portone del comune. Poco dopo arrivarono Poldo il pastore e Tito il contadino, per vendere i loro prodotti al mercato. I due notarono subito quegli enormi fogli scritti fitti fitti sormontati dalla scritta, in grande, “Referendum sulla proposta 2


di cambiare il monumento sopra la fontana del paeseâ€? e si avvicinarono incuriositi. La scritta grande la leggevano bene era sul resto che avevano parecchie difficoltĂ ; ma i due non si vedevano di buon occhio perchĂŠ tra contadini e pastori non era mai corso buon sangue. Poldo tuttavia non voleva ammettere di non aver capito una cippa nel foglio che gli stava davanti, soprattutto davanti a Tito e faceva vista di annuire vigorosamente col capo leggendo il manifesto. Al suo pari Tito non voleva che Poldo capisse che anche lui non aveva capito una mazza di quanto scritto nel foglio che gli stava di fronte e pure lui prese allora ad annuire con decisione. A quel punto Poldo, vedendo che Tito annuiva alle tesi esposte nel foglio di destra si convinse che quelle scritte sul foglio di sinistra che stavano davanti a lui fossero quelle giuste. Allo stesso modo accadde per Tito che, vedendo Poldo annuire, trasse la ferma conclusione che le tesi del foglio a sinistra fossero assolutamente sbagliate mentre quelle del foglio di destra (il suo) vere come il Vangelo. Il mercato iniziò e la gente cominciava ad arrivare in piazza, mentre si era sparsa la voce che nella porta del comune erano affissi due fogli. Due donne che stavano scegliendo rape e spinaci sul banco di Tito ne stavano appunto parlando: 3


– Lella hai visto che ci son dei fogli lì al Comune? – È vero Nina, lo vedevo stamattina venendo al mercato, ma è una roba scritta fitta, dopo andrò a vedere, ma oggi mi tocca anche fare il minestrone. Ma te non lo sai quel che voglion fare? – Ve lo dico io donne quel che voglion fare – disse Tito – voglion cambiare il monumento sulla fontana! – E perché? – chiesero le donne Tito si trovava in difficoltà perché in realtà del suo foglio aveva capito ben poco e improvvisò: – Perché… Perché… Ci cacano i piccioni! Le due donne - un po’ perplesse a dire il vero che il cambiamento della statua potesse portare all’improvvisa stitichezza dei volatili – si allontanarono per andare a comprare la ricotta. – Oh Lella ma ti sembra giusta a te cambiare la statua perché ci cacano i piccioni? – Mah oddio… N’avranno trovata un’altra più pulita. Certo che forse bisognerebbe leggerli anche noi quei fogli lì al Comune. – Maria santissima – ribatté la Nina – è vero, ma si è fatto così tardi e io devo ancora fare lo sformato. Dicevano queste cose di fronte al banco di Poldo il pastore che, avendo capito che venivano dal banco di Tito e, anche lui improvvisando, disse alle donne: 4


– Macché! Lì c’è scritto che la fontana bisogna tenerla com’è ora, precisa identica. Che su questa di ora i piccioni ci cacano peggio. – Ma ve’ o che questa dei piccioni viene fuori tutta insieme! – disse la Lella – C’avranno fatto pure i loro ragionamenti! – rispose la Nina Le due donne si salutarono e, ognuna, prima di tornare a casa si fermò a parlare della novità con la gente che conoscevano. – Oh Giovanni, ma lo sai che ora hanno inventato una statua che non fa cacare i piccioni e che la voglion mettere proprio sulla fontana? – Oh Marinella, ma lo sai che il sindaco ha messo su una fabbrica di statue e ne vuol vendere una al Comune per metterla sulla fontana che dice che così non ci cacano i piccioni? – Oh Rodolfo, ma lo sai che m’hanno detto? Che dice che i piccioni portano delle malattie e allora vogliono mettere la corrente alla statua così si fulminano tutti. E così di bocca in bocca, per tutto il paese, senza che a nessuno venisse in mente di andare a leggersi i fogli che rimanevano affissi, desolatamente soli, alla porta del Comune. Un altro lettore a dire il vero, a parte Poldo e Tito, c’era stato. Era uno straniero, un falegname che costruiva marionette per far giocare i bambini.

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Si chiamava Gustavo e abitava in un paese piuttosto lontano; era arrivato tardi al mercato per vendere le sue marionette, perché aveva percorso un sentiero parecchio lungo su per i monti. Arrivato in paese era passato per la strada proprio di fronte al Comune e si era fermato, stanco, a riposare sulla scalinata quando aveva notato i fogli appesi e li aveva letti tutti e due attentamente. Una volta ripreso il cammino con tutta la sua merce in spalla e giunto nella piazza del mercato trovò un crocicchio di gente che discuteva animatamente: –… Sì ma allora voi volete che ‘sti piccioni ci coprano di merda tutti… –… No allora ammazziamoli tutti per far piacere al sindaco così lui vende le sue statue… –… Eh ma anche un po’ di igiene ci vuole, sennò i bambini ci vanno a giocare e pigliano le malattie… –… Eh già, ora le pigliano solo con la merda dei piccioni le malattie! Guarda le fogne che ogni volta che piove la buttano merda da tutte le parti! E te pensi a quella dei piccioni! Gustavo, basito, chiese timidamente: – Scusate ma di che state parlando?

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I paesani, quasi con tono di compatimento verso lo straniero gli spiegarono del referendum pro/contro piccioni indetto dal Comune e annunciato dai manifesti affissi al portone municipale. – Ah quelli! – disse Gustavo – Ma quelli parlano di sostituire la statua sopra la fontana e c’è chi è a favore perché Filippo dalle Braghe Larghe è stato un poco di buono, mentre Evelino Tuttamore era una brava persona, mentre gli altri dicono che è invece tutto il contrario. I paesani, sia quelli del partito dei piccioni che i loro nemici, per un momento concordi, scoppiarono allora a ridere a crepapelle. – Ecco. Ora arriva lo straniero che ne sa più di noi sulle fontane del paese! E ripresero tutti a discutere animatamente ignorando completamente il povero Gustavo. Fu così che nel piccolo paesino di montagna si tenne per la prima volta al mondo un referendum sulla merda di piccione.

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