Storie dello Stagno
Martino il porcospino FRANCESCO SMELZO
Martino il porcospino era davvero uno strano personaggio tra gli abitanti dello stagno. Viveva continuamente preoccupato che gli potesse succedere una qualche disgrazia. Nelle giornate di sole, in cui spirava il dolce vento dell’Est, scoiattoli, conigli, lepri e perfino i pigri ghiri danzavano felici sui prati macchiati di rosso dei papaveri e di giallo dei tarassachi. Ma Martino il porcospino scrollava la testa e tornava nella sua tana sicura borbottando tra sé e sé - “troppo pericoloso, troppo pericoloso… Ah! A rompersi una gamba con queste danze ci vuole un attimo… e poi? Che ne sarebbe di un porcospino con una gamba rotta? Meglio stare qui nella tana, al sicuro.” Quando proprio doveva uscire, in cerca di cibo, Martino il porcospino cercava di star fuori dalla sua tana il minimo indispensabile e di non dare confidenza a nessuno. Un giorno un piccolo cane bianco, che abitava in chissà quale casolare lì intorno, gli si avvicinò festoso agitando la coda. «Che strano animale che sei…» - gli fece, sempre saltellandogli intorno. «Se non sparisci subito vedrai che ti succede!» - gli fece tra l’impaurito e il minaccioso Martino.
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Ma il cane non lo abbandonava, sempre saltellando e muovendo la coda intorno al porcospino. Martino, pensò : “e se fosse tutto un trucco per mangiarmi? Gli animali con forti denti non sono affidabili, alla prima distrazione sono pronti a divorarti”. Alla fine il porcospino rizzò sulla schiena i suoi aculei e ne sparò uno dritto sul naso del povero cane che, guaendo di dolore, scappò di filato. “Ben ti sta!” - pensò Martino, tutto fiero di aver messo in fuga il fastidioso animale -“non si può essere sicuri di nessuno in questo stagno. Si fa presto a finire in pancia a qualcuno se non si sta in guardia!” In verità Martino aveva proprio il vizio di sparare i suoi aculei a destra e a manca. Molti animali dello stagno ne avevano fatto le spese. Il caratteraccio del porcospino era ormai sulla bocca di tutti. «L’altro giorno mi sono beccata un dardo proprio sulle morbide piume della coda» - diceva l’oca Albina. «Non me ne parlare! Anche a me. Proprio qui nel petto… e solo perché volevo augurargli buongiorno» - gli faceva eco Gino il tacchino - «…che caratteraccio quel porcospino!» Fu così che, in capo a qualche tempo, tutti evitavano Martino. Il quale però non se ne dava pensiero e continuava la sua vita pru2
dente, mettendo il capo fuori dalla sua tana il minimo indispensabile e sparando i suoi aculei su chi pensava lo minacciasse. E passò anche la calda estate allo stagno, lasciando il passo alle fresche giornate d’autunno che colora di rosso le foglie. Martino, come tutti i porcospini, aveva un punto debole: era ghiotto dei dolci grappoli d’uva e in quel mese di ottobre, la vite selvatica che abbracciava la vecchia quercia aveva proprio superato sé stessa, producendo bei grappoloni neri e lucenti, con chicchi che parevano olive in salamoia. Attirato dall’inconfondibile odore dell’uva matura Martino si fece coraggio e andò alla vecchia quercia per sbocconcellare i grappoli maturi. Il problema era che la vite selvatica produceva i grappoli più succosi nei suoi rami più alti, quelli che per primi la mattina venivano baciati dal Sole. E così il porcospino, sempre meno prudente, attirato dall’uva più bella, si arrampicava sempre più in alto. “Guarda che bel grappolo là” - pensava mentre ne stava mangiando un altro e, per raggiungerlo saliva sempre di più. E così via, finché non raggiunse la cima dell’albero. Il caso volle che quella mattina anche il contadino del casolare vicino allo stagno avesse avuto l’idea di far provvista d’uva della vite selvatica. E, sistemata una rete sotto l’albero, si diede a scrollarlo con forza. 3
I grappoli maturi caddero così nella rete e così… anche Martino! Il contadino non si accorse di niente, riversò il contenuto della rete, grappoli e… porcospino, in un grosso secchio, lo mise sul carro e ripartì per il casolare. “Povero me” - rifletteva Martino - “ecco cosa ci si guadagna ad abbandonare la prudenza!” “Adesso chissà quale destino mi aspetta, sicuramente finirò nella padella di questo contadino! Ohi Ohi…” Ma, per fortuna non andò così. Il contadino, che non era un uomo cattivo, quando si accorse che un porcospino era finito nel suo secchio, lo raccolse con una pala e lo lasciò libero. Martino era però ben lontano dalla sua tana e il Sole stava già cominciando a calare. “Sono stato fortunato” - disse tra sé il porcospino - “ma la mia fortuna durerà poco. Come farò, di notte a raggiungere la mia tana? So che la notte si aggirano animali spaventosi, pronti a sbranare chiunque si trovi fuori di casa”. Proprio mentre pensava questo, gli si fece incontro una vecchia conoscenza: il piccolo cane bianco che, tempo addietro, aveva trafitto con un aculeo. Il cane, di buon carattere, sembrava aver già dimenticato l’incidente e disse : «Ehilà chi si rivede, il lanciatore di frecce! Come mai da queste parti?» 4
«Mi sono perso» - ammise timidamente Martino - «ed ho paura a percorrere la strada verso lo stagno di notte» Il buon cane gli fece: «Se vuoi, per stanotte puoi dormire nella stalla con me. C’è della buona paglia e un riparo dal freddo.» Martino si fermò nella stalla quella notte e con il cane divennero presto grandi amici, così che si fermò ancora la notte dopo e quella dopo ancora e… insomma, andò a vivere anche lui nella stalla. Da allora Martino il porcospino non ebbe più paura e visse contento di aver trovato un amico.
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