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LE PROBLEMATICHE DELL’INFANZIA
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MALTRATTATA (III)
ANNO XIII N.RO 3 Marzo - Aprile 2017
Pag. 1. Pag. psicologica 2. La scissione del CD 3. L’angolo del cuore 4. ESCALATION 5. Renato Nicodemo 6. Fabul a Atellana 7. Mater Dei – Conc. 8. Prevert 9. L’autore del mese 10. Ada Byron 12. Impero Ottomano 13. Lo Stato non ci ama 14. Invasione migratoria 15. Nino Martoglio 16. Paremiologia e pubbl. 17. Le malattie dell’inver. 18. Spinoza 19. Racconti di vita 20. Stracassone 21. Carne di Pollo 22. Ballerine contro Trunp 24. Storia della musica 25. Politica e nazione 26. Duonnu Pantu 27. La favola della settim. 28. Foto da ricordare 29. ‘O stagnaro 30. Il Museo Diocesano 31. Catullo a Napoli 32. Regimen sanitatis 33. Follie Giuffridiane 35. Isabella Archer 36. Redazioni e riferimenti
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L’abuso sessuale Sempre secondo la definizione del Consiglio d’Europa, si parla di abuso sessuale, “quando il minore è coinvolto da parte dei familiari in atti sessuali, che presuppongono violenza o ai quali non può acconsentire con consapevolezza”. Secondo Kempe, l’abuso sessuale è “il coinvolgimento di bambini e adolescenti, soggetti immaturi e dipendenti, in attività sessuali che essi non comprendono ancora completamente, alle quali non sono in grado di acconsentire con totale consapevolezza o che sono tali da violare tabù vigenti nella società circa i rapporti familiari”1. Con questo termine dobbiamo considerare tutti gli atti che sono volti alla eccitazione e alla gratificazione sessuale dell’adulto, compresi quelli che avvengono senza contatto fisico tra adulto e bambino, e indipendentemente dall’uso o meno di forza fisica. Ed è per questo motivo che nella definizione di abuso sessuale bisogna includere anche l’esibizionismo, le proposte oscene, i discorsi pornografici, il mostrare al minore materiale pornografico, fotografarlo a scopo di pornografia e tutti quegli atti in cui si utilizzano i bambini a scopo sessuale. L’abuso si distingue in: a. intra-familiare,cioè effettuato da membri della famiglia nucleare ed allargata; b. extra-familiare, quando è attuato da persone conosciute dal minore, come i vicini di casa o conoscenti; c. istituzionale, se fatto da coloro ai quali il minore stato affidato per ragioni di cura e di educazione. L’abuso sessuale, molto spesso, non viene attuato con violenza, ma la violenza sta proprio negli atti compiuti, con un approccio cauto, anche se non meno determinato,che proseguono attraverso minacce e manipolazioni psicoemotive. L’abuso viene attuato sfruttando la disparità di potere e di autorità e la dipendenza materiale e affettiva del bambino dall’adulto ed è mantenuto utilizzando lo stato di confusione, disperazione, paura e vergogna. Per questo il bambino non è in grado di dare un consenso libero e informato su ciò che sta accadendo, anche se non è completamente all’oscuro del significato sessuale degli atti compiuti dall’adulto. L’abuso sessuale intra-familiare, in particolare, quello perpetrato dal padre, frequentemente si associa a maltrattamento fisico della vittima, di altri figli e della madre. E’ stato rilevato che questi padri, molto spesso, all’esterno,appaiono normali e affettuosi. E questa apparente normalità comporta che molte volte, gli adulti, in particolare alcuni operatori, non credano al bambino, indicandolo come bugiardo e mitomane . Gli effetti sono gravissimi: dalla mancata adozione di misure di protezione, alla archiviazione dei casi, senza aver fatto i dovuti accertamenti ed infine alla minimizzazione degli effetti a breve e a lungo termine. (Continua) 1. LE PROBLEMATICHE DELL’INFANZIA MALTRATTATA –child abuse, saggio breve di Franco Pastore A.I.T.W. Edizioni – Febbraio 2016 - Ebook cod. GGKEY:BZSUHT15QFF E
2. R.S. Kempe-C.H.Kempe, Le violenze sul bambino, Sovera Multimedia, 1989.
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Antropos in the world
LA SCISSIONE DEL PD: SI, NO, FORSE… Riflessioni sulla sinistra più a destra del mondo
Potrebbe sembrare un titolo provocatorio. Soprattutto considerata la matrice destrorsa di chi scrive. Ma così non è, dal momento che il sottoscritto si considera seguace della destra più a sinistra del mondo. Ricordo una frase di Almirante: «Se parliamo di Dio, Patria e Famiglia, non c’è nessuno più a destra di noi. Se parliamo di Stato Sociale, non c’è nessuno più a sinistra di noi.» Ma lasciamo stare “quella” destra, e torniamo a “questa” sinistra, di cui oggi (scrivo queste note domenica mattina) si deciderà il destino. E – sia detto per inciso – insieme al destino del PD si deciderà il destino del sistema elettorale italiano: se si dovrà rimanere ancorati al sistema anglosassone dei grandi contenitori fungibili (centro-destra e centro-sinistra, repubblicani e democratici, conservatori e laburisti, eccetera); o se, invece, si dovrà prendere atto dell’anima pluralista (e proporzionalista) della democrazia italiana, muovendosi in direzione di aggregazioni omogenee e non di insalate miste, a sinistra come a destra. Succeda quel che succeda, comunque, una cosa è certa: in quello che è il contenitore della pseudo-sinistra ufficiale, si è ormai raggiunto il limite massimo di sopportazione verso le politiche di estrema destra economica che hanno raggiunto l’acme con il Vispo Tereso: dall’abolizione dell’articolo 18 alle “tutele crescenti” del Jobs Act, dalla “buona scuola” alla gestione familistica delle crisi bancarie, dalla prosecuzione della funesta pratica delle privatizzazioni alle leggi elettorali liberticide, fino a quella assurda riforma costituzionale (strabocciata dagli elettori) che recepiva i “consigli” della J.P.Morgan e delle banche d’affari americane. Certo, una parte non secondaria nell’esasperare la situazione l’ha anche avuta la presunzione, la prepotenza, la supponenza, l’arroganza, il padreternismo del ragazzo. È chiaro ed evidente che il Renzi ha gestito tutta la vicenda all’insegna del suo “Io” smisurato, da “Enrico stai sereno” in poi: le riforme scritte nel presupposto di essere sempre lui a vincere le elezioni, la promessa di lasciare tutto se fosse stato sconfitto al referendum, l’incredibile “abbiamo scherzato”, ed infine la pretesa di imporre la sua leadership al PD attraverso un congresso-lampo “cotto e mangiato”, anche a rischio di portare quel partito al tracollo elettorale. Tutto questo ha di sicuro inciso sul redde rationem in atto. Ma – mi ripeto – a determinare la svolta drammatica di questi giorni è stato un altro fattore: la pre-
sa di coscienza che il partito erede del PCI persegue oggi una linea politico-economica che è oggettivamente di destra, di estrema destra. E non mi riferisco certo alla destra politica, quella che Almirante esaltava nella tutela dello Stato Sociale. Mi riferisco all’altra destra, alla destra economica, quella dei Rotschild e di Wall Street, quella della BCE e del Fondo Monetario Internazionale, quella del debito pubblico e della speculazione finanziaria, quella della globalizzazione e delle privatizzazioni, quella delle pensioni “contributive” e dell’addio al posto fisso, quella della riduzione della spesa pubblica e del massacro sociale. Orbene, è a questa destra bieca, retrograda, antipopolare che la sinistra italiana si è sottomessa e allineata. Ma – attenzione – questo è un processo che è iniziato ben prima di Matteo Renzi. Il ragazzotto toscano è soltanto il tragico punto d’arrivo di una abiura che viene da lontano: almeno dagli anni ’70, quando i “miglioristi” di Giorgio Napolitano teorizzavano la “moderazione salariale” in funzione anti-inflattiva, quando si buttavano al macero decenni di cultura gramsciana e li si sostituiva con l’intellettualismo radical-chic di “Repubblica” e della spocchia scalfariana. Andazzo che aveva una brusca impennata con la caduta del muro di Berlino e la fine dell’Unione Sovietica, quando la classe dirigente del PCI si convinceva dell’ineluttabile trionfo del capitalismo anglosassone e si apprestava a montare sul carro del vincitore. Nel 1991 Achille Occhetto gestiva il congresso che segnava lo scioglimento del PCI e la nascita di un Partito Democratico della Sinistra che avrebbe dovuto «unificare le forze di progresso». Ed eccole le forze di progresso, prodighe di smorfiette e pacche sulle spalle per quella “grande forza democratica” che si apriva alla modernità, alla moderazione e, in una parola, al mercato. I “progressisti” che facevano gli occhi dolci ai comunisti pentiti erano quelli delle ali sinistre di DC e PSI, quelli che, dopo aver tenuto a battesimo la privatizzazione del sistema bancario italiano (con Andreatta nel 1981 e con Amato nel 1990), volevano sbolognarsi adesso anche la grande, preziosa industria pubblica del nostro Paese. Il guru della alienazione dei beni pubblici era un giovane virgulto della loro serre: Romano Prodi, allievo prediletto di Beniamino Andreatta, che sarà il dominus incontrastato delle privatizzazioni nella sua qualità di Presidente dell’IRI (1982-89, poi 1993-94). ( Continua a pagina 11)
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Antropos in the world L’ANGOLO DEL CUORE
“CONTROCORRENTE” “ Silloge di Franco Pastore
(ebook cod. GGKEY:BECCLSTGQT0 E – Stampa SBN IT\ICCU\MO1\0039650
STORMIRE DI MAGGIO Θρόισμα του Μαΐου
Sempre più tardi arriva questa estate! Nella natura è la chiave d’ogni sogno: volare all’infinito per l’universo … librarsi come foglia sopra il vento, sempre più in alto oltre il firmamento.
NOTTI DI LUNA Της σελήνης νυκταἱ
Quando giunge la notte, sotto il fremito delle stelle, m’aggrappo ai sogni ed alle cose belle. la brezza mi porta l’odore del mare, nascosto nel petto mi palpita il cuore.
TRA MILLE PENSIERI Aπό πολλές σκέψεις
Mentre siedo in frantumi, la mia anima inquieta, tra mille pensieri s’agita, ansima, arretra, lotta, ricorda, s’adira, comprende, ripiega, s’arrende, poi... tace. Resta, alla fine, disperato, un bisogno di pace.
Come lacrime di vita, ch’il tempo tradisce per via, solo i sogni restano a farci compagnia.
SOLITUDINE
Το ήλιο τou ὄρθρου
Spuntano le stelle nel cielo di primavera, ma la mia anima è come spiaggia di sera. Con la mia ombra, bisognoso d’amore, ho voglia di tenerezza, nella terra del cuore. -3-
Antropos in the world
ESCALATION
Epilogo
(V PARTE)
DI FRANCO PASTORE - DA LE STELLE DELLA STORIA © 2006 Ed. Antropos in the world - ISBN IT\ICCU\MO1\0035683
Dal 31 maggio al 23 giugno‚ il Lancillotti interroga suor Virginia‚ al Bocchetto‚ Paolo Arrisone (per la seconda volta e con la tortura della corda), ed il portinaio con la moglie. Quattro mesi dopo la sentenza: Virginia viene condotta in una cella delle convertite di S. Valeria‚ per esservi murata viva per “plurima gravia, et enormia, et atrocissima delicata…”; l’Arrisone viene condannato a tre anni di trireme‚ mentre suor Benedetta‚ suor Candida e suor Silvia‚ vengono condannate anche esse ad essere murate vive‚ nel convento di S. Margherita . Il 25 settembre 1622, dopo 14 anni di segregazione, suor Virginia espresse il suo pentimento e potè uscire dalla cella dov’era stata murata. Marianna era morta‚ lentamente‚ durante quei quattordici anni di clausura. Ne era uscita una donna diversa‚ afflitta da visioni‚ contrizioni‚ dolori atroci al capo‚ umile‚ prostrata e folle‚ che troverà la pace sospirata con la morte‚ alla età di settantacinque anni. ESCALATION
Era lì il centro della tua vita; ne assaporavi il gusto‚ con la forza dei vent’anni. Una rivincita dei sensi‚ nel godimento che ti stordiva‚ col battito del cuore che ti saliva in gola. Bruciavi offese millenarie‚ dissacrando l’ipocrisia; offrendo il corpo‚ libero da freni‚ a chi prendeva l’anima‚ suggendoti la vita. E non fu fede a fermarti‚ ma follia.
FRANCO PASTORE
Marianna de Leyva Il processo
A.I.T.W. edizioni Collana Poesia monografica
________________ © 2006 by Franco Pastore - Ed. Antropos in the world Da “Le stelle della Storia”- ISBN IT\ICCU\MO1\0035683
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Antropos in the world
RENATO NICODEMO MARIOLOGO:MARIA
La madre di Dio negli obiettivi specifici di apprendimento di Religione cattolica della scuola dell’infanzia e primaria
La Vergine Maria nella Divina Commedia. Aspetti del pensiero teologico di Dante Alighieri: Si sostiene, e con ragione, che la Divina Commedia sia stata ispirata a Dante dall'amore per Beatrice. Eppure, Beatrice non è che uno strumento in mano a Maria, perché se Beatrice si fa mediatrice per il poeta, è Maria e non altri ad intercedere per la salvezza di tutta l'umanità. Nicodemo ricostruisce così i molteplici aspetti del grande tema mariano nel suo snodarsi attraverso le tre cantiche dantesche. Amore che per Dante culmina nei sublimi versi, poetici e insieme teologici, "Vergine Madre, figlia del tuo figlio,/ umile e alta più che creatura,/ termine fisso d'etterno consiglio".
Editore: ViVa Liber - Collana: Lo scrigno , Nr. 1 Data di Pubblicazione: Gennaio '2010 Genere: TEOLOGIA CRISTIANA - Argomento : Maria Vergine - Pagine: 128 - ISBN-10: 8897126006
Ave Maria. Storia e commento: L'Ave Maria, o Salutazione angelica, è un'antifona che, insieme al Padre nostro, la preghiera delle preghiere, è divenuta una delle più frequenti preghiere nella vita cultuale della Chiesa Si recita da soli, nelle case, nelle comunità perché è la preghiera mariana più semplice e più cara: è l'omaggio che la stessa Madonna apprezza di più, come confidò a santa Matilde St Louis from Monfort called it "a heavenly dew that makes fruitful the soul, a chaste and tender kiss that you give to Mary, a Ruby rose that may, a precious Pearl that gives itself" Biblical prayer-Church (VD 253), was written by the holy spirit which harmonized a choir for three voices: the Angel Gabriele, Elizabeth and the Church
Argomenti : Maria Vergine Corano - Pagine: 64 ISBN-10: 888793648X - Data di Pubblicazione: 2003
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Antropos in the world
FABULA ATELLANA a cura di Andropos L’Atellana è un’antica farsa romana caratterizzata da un linguaggio popolare e contadinesco e da maschere fisse. Sorta intorno al quinto secolo a. C. fra le popolazioni osche della Campania, il suo nome trae origini proprio dalla città di Atella. A Roma l'atellana ebbe grande e duraturo successo. Era perciò di breve estensione e di rapido svolgimento. Al tempo di Silla assunse forma letteraria, con testo scritto. L'Atellana decadde rapidamente nel sec. II d. C., quando tornò a prevalere il mimo.
Atella è una città di origine osca, una delle più antiche della Campania e una delle prime ad aver ottenuto la civitas romana. Situata nel territorio a cavallo tra gli attuali Agro aversano ed Agro afragolese, oggi area metropolitana di Napoli, era attraversata dalla via Atellana, che la conduceva a sudovest a Cuma e a nord-est a Capua. Parte del tracciato della via Atellana è conservato oggi, con lo stesso nome, nel tratto che attraversa Frattaminore. Dalla città prende nome l'atellana, una delle forme di spettacolo d'origine locale che influenzano il teatro latino. La comparsa dell’atellana risale all’epoca in cui le genti osche, imitando un genere popolare, misero in atto una farsa rozza e realistica che mescolava l’ironia ad allusioni scherzose, talvolta anche di cattivo gusto. L’ambiente era quello rurale o dei mestieri e degli ambienti più modesti. Questo genere di spettacolo inizialmente aveva luogo nelle carovane che permettevano agli attori di spostarsi di città in città: le compagnie teatrali erano itineranti e viaggiavano su un carro che molto spesso diventava un palco improvvisato su cui esibirsi. Gli attori recitavano seguendo un canovaccio anche se la rappresentazione, per la maggior parte dei casi, si affidava a un’improvvisazione di breve durata dal carattere popolare e far-sesco: una delle sue caratteristiche era proprio quella di non avere un filo logico o una vera storia scritta. L’unica cosa certa erano i personaggi, riconoscibili da maschere fisse:
Dossennus dalla radice etrusca -ennus, il nome è riconducibile al latino dossum, dorsum, “gobba” ; è il gobbo saccente e astuto.
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Dossennus, dalla radice etrusca -ennus, il nome è riconducibile al latino dossum, dorsum, “gobba” ; è il gobbo saccente e astuto. Ed ancora: Kikirrus, una maschera teriomorfa (ovvero con l’aspetto di un animale) il cui stesso nome richiama il verso del gallo. Maccus, lo sciocco sbeffeggiato, dal greco μακκoàν “fare il cretino” ma anche di origine italica “ uomo dalle grosse mascelle ”; indossava sempre un copricapo bianco di origine siriana probabilmente a causa della sua calvizie. Buccus, da bucca, termine utilizzato per dire “uomo dalla bocca larga“, era il grasso ciarlatano, ghiottone maleducato, il fanfarone che parlava a vanvera; Pappus, da pappos “antenato”, era il vecchio babbeo, rimbambito e avaro.
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Premio nazionale di poesia religiosa
- MATER DEI Rimandato a Maggio 2017 il Premio nazionale di Poesia religiosa MATER DEI, per gravi motivi di salute di due dei promotori della prestigiosa manifestazione: Il concorso prevede : un 1° 2° e 3° premio per gli alunni partecipanti ed un 1° 2° e 3° premio per gli adulti. Inoltre, saranno consegnati attestati di merito ai ai concorrenti che maggiormente si sono distinti, ed un attestato di partecipazione a tutti i candidati. I premi consisteranno in coppe, medaglie, targhe, diplomi, libri e nella pubblicità sulla Rivista di lettere ed arti Antropos in the world. Si concorre con una lirica sulla Vergine Maria, non inferiore a 20 versi e non superiore a 40. In allegato al componimento, va una scheda con nome, cognome, indirizzo e numero di telefono, oltre al titolo dell’elaborato. Per gli alunni, va aggiunto anche il nome della scuola frequentata, della classe ed eventuale e - mail. Il tutto va inviato alla Direzione Antropos in the world- via Posidonia,171/h – 84128 Salerno. Per l’Agro nocerino-sarnese, può essere consegnato alla redazione di Pagani, presso il SS.Corpo di Cristo. Il termine ultimo per la presentazione delle liriche è scaduto il 25 maggio 2016. La cerimonia di premiazione avverrà nella Chiesa Madre della città di Pagani (Sa). I vincitori saranno tempestivamente avvertiti tramite e-mail, o telefono, che avranno cura di indicare nella domanda di partecipazione al premio. La commissione, presieduta dal mariologo Renato Nicodemo, sarà presentata al pubblico nella cerimonia di premiazione. Eventuali chiarimenti possono essere richiesti ai numeri: 3771 711 064 – 3474 345177, o tramite le e-mail francopastore@fastwebnet.it – romapas39@gmail.com.
La Commissione: Dott. don Flaviano Calenda (Parroco della chiesa Madre SS.Corpo di Cristo, redatore capo della redazione di Pagani) Giornalista Pastore Rosa Maria (Direttrice di Antropos in the World) Giornalista Carlo D’Acunzo ( Redattore c. della redazione di Angri) Avv. Vincenzo Soriente ( Redattore c. della redazione di San Valentino Torio) Dott.ssa Rita Occidente ( Direttrice resp. di Dentro Salerno) Dott. Felice Luminello ( Accademico benemerito dell’Acc. N.T.E.) Dott. Renato Nicodemo ( Mariologo e Presidente della Commisione esaminatrice) Dott. Prof. Franco Pastore ( Giornalista, Direttore resp. di Antropos in the world)
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Antropos in the world DALLA REDAZIONE DI SAN VALENTINO TORIO, il giornalista Dott.Vincenzo Soriente
Ricordando Jaques Prevert
La poesia di Prévert è una poesia scritta per essere letta e quindi più parlata che scritta, fatta per entrare a far parte della nostra vita. Ciò che esce con prepotenza è il concetto di amore come unica salvezza del mondo, un amore implorato, sofferto, tradito, ma alla fine sempre ricercato. Una gioia che coincide con la nascita e con la vita, e a sua volta con la primavera le grand bal du printemps e anche con la figura del bambino, la sua semplicità e gioia che si ribella alle istituzioni, come la scuola, quel posto dove "si entra piangendo e si esce ridendo".
Tre fiammiferi accesi Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte Il primo per vederti tutto il viso Il secondo per vederti gli occhi L'ultimo per vedere la tua bocca E tutto il buio per ricordarmi queste cose Mentre ti stringo fra le braccia. Questo amore Questo amore Cosi violento Cosi fragile Cosi tenero Cosi disperato Questo amore Bello come il giorno E cattivo come il tempo Quando il tempo è cattivo Questo amore cosi vero Questo amore cosi bello Cosi felice Cosi gaio E cosi beffardo Tremante di paura come un bambino al buio E cosi sicuro di sé Come un uomo tranquillo nel cuore della notte Questo amore che impauriva gli altri Che li faceva parlare Che li faceva impallidire Questo amore spiato Perché noi lo spiavamo Perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato Perché noi l'abbiamo perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato Questo amore tutto intero Ancora cosi vivo E tutto soleggiato E tuo E mio E stato quel che è stato Questa cosa sempre nuova E che non è mai cambiata
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Vera come una pianta Tremante come un uccello Calda e viva come l'estate Noi possiamo tutti e due Andare e ritornare Noi possiamo dimenticare E quindi riaddormentarci Risvegliarci soffrire invecchiare Addormentarci ancora Sognare la morte Svegliarci sorridere e ridere E ringiovanire Il nostro amore è là Testardo come un asino Vivo come il desiderio Crudele come la memoria Sciocco come i rimpianti Tenero come il ricordo Freddo come il marmo Bello come il giorno Fragile come un bambino Ci guarda sorridendo E ci parla senza dir nulla E io tremante l'ascolto E grido Grido per te Grido per me Ti supplico Per te per me per tutti coloro che si amano E che si sono amati Sì io gli grido Per te per me e per tutti gli altri Che non conosco Fermati là Là dove sei Là dove sei stato altre volte Fermati non muoverti Non andartene Noi che siamo amati Noi ti abbiamo dimenticato Tu non dimenticarci Non avevamo che te sulla terra Non lasciarci diventare gelidi Anche se molto lontano sempre E non importa dove Dacci un segno di vita Molto più tardi ai margini di un bosco Nella foresta della memoria Alzati subito Tendici la mano E salvaci. [ Continua a pag. 11]
Antropos in the world
L’AUTORE DEL MESE:
MACHADO IN NAPOLETANO Dodici carmi del poeta in una contaminatio in napoletana - I parte
Antropos
Copyright © by Franco Pastore - Febbraio 2015 Una realizzazione A. I. T. W. - GGKEY:NFGYY205S21 E
Nelle Biblioteche universitarie di Campobasso, Napoli, padova, Roma - Bibl.Alessandrina, Modena, Pavia e la bibl. prov. di Salerno
ESPLICATIO Nello stesso anno in cui deve fare i conti con il dolore del tragico lutto, viene pubblicato, alla fine del mese di aprile, “Campos de Castilla” che riceve positivi riconoscimenti da Ortega y Gasset, il leader del rinnovamento culturale spagnolo in quegli anni, ma il poeta, confesserà che il successo della raccolta di poesie era ervito ad allontanarlo dal suicidio. Dopo Soledades. Galerìas. Otros poemas, il poeta, pur sempre intimista, cercò di uscire dalla limitazione dell’Io, alla ricerca di un nuovo equilibrio con il mondo esteriore: « Una sorta di sogno da svegli... senza crearci un mondo a parte, in cui godere egoisticamente della contemplazione di noi stessi; non dobbiamo fuggire la vita per forgiarci in una vita migliore, che sia sterile per gli altri… La bellezza non sta nel mistero, ma nel desiderio di penetrarlo». Di qui la scoperta del paesaggio castigliano, che si contrapponeva al forte soggettivismo delle Soledades. Machado crea la sua nuova visione della poesia, in cui fissa il valore dell’autenticità, della vibrazione del reale e la nuova coscienza si accompagna ad una profonda riflessione sulla terra castigliana, ed esonda in un sogno di “rigenerazione etica” della Spagna. Campos de Castilla sarà pubblicato poco prima della morte di Leonor. La perdita condurrà il poeta ad una “nuova” solitudine e ad una crisi poetica. Chiede il trasferimento presso il liceo di Baeza, piccola città andalusa e dove insegnerà fino al 1919, ma fa fatica a scrivere. Allora, si lascia andare ad una ulteriore visione filosofica, attuando una sorta di ripensamento della sua poesia, dove le solitudini andaluse fluiscono in una poetica del silenzio, nata da orpelli purificati del suo sentire. Da Baeza, a Segovia, Machado è uno dei fondatori della Liga de Educacìon Politica Espanola per una rigenerazione nazionale. Nel 1919, infatti, si trasferisce a Segovia, ove continua ad insegnare, a scrivere testi teatrali con Manuel, suo fratello, ed entra in contatto con l’ambiente degli intellettuali della capitale. Nel 1929, conosce la poetessa Pilar de Valderrama, una donna sposata e molto conosciuta nella società madrilena che riesce a coinvolgere il poeta in un rapporto passionale che la guerra civile interromperà. Per il poeta significherà una ulteriore perdita causata dal destino, d’altronde “si vive nel dolore”.
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Machado cerca disperatamente di impegnare tutte le sue forze per appoggiare la causa della repubblica, ma la dittatura di Franco elimina la resistenza repubblicana ed il poeta accusa tutto il peso della sconfitta. Così,nel 1939, ormai gravemente malato, intraprende il viaggio dell’esilio e muore a Collioure in un paesino nel sud della Francia. Ad un intervistatore, oggi,così Machado avrebbe risposto: « Se guardiamo fuori e cerchiamo di penetrare le cose, il nostro mondo esterno perde in solidità, e finisce per dissiparsi, quando arriviamo a credere che non esiste per se stesso, ma per noi. Ma se ci guardiamo dentro, allora tutto sembra venir fuori e ciò che svanisce è il nostro mondo interiore con noi stessi... Ed allora che fare? Sognare il nostro sogno, vivere; solo così potremo operare il miracolo della creazione. Un uomo attento a se stesso e che bada ad ascoltare soffoca l’unica voce che potrebbe sentire: la sua... Poi, pensai che la missione del poeta era inventare nuove poesie dell’eterna umanità, storie animate che, pur essendo sue, vivessero ugualmente per se stesse... Ho percorso molte strade,/e aperto molti sentieri; /cento mari ho traversato/e attraccato in cento rive.... Se io fossi un poeta/ galante canterei/ai vostri occhi un canto così puro / come su bianco marmo l’acqua chiara»: ecco allora i respiri più puri della vita, l’illusione candida e antica, un’ombra sul muro bianco che diventa ricordo, “sogni d’argento” alla finestra, il suono di vecchie campane, antiche muraglie, piazze deserte e labirinti di stradine, bianchi gelsomini ed “edera che si estende sui muri”, acqua di fonte e una notte di stelle e di luna». (Continua) ________________ Bibliografia -Andrea Galgano. "Le solitudini di Antonio Machado", in "Mosaico", Aracne, Roma 2013, pp.377-381. -Antonio Machado, poesie, Proverbios y cantares, introduzione e traduzione a cura di Claudio Rendina, Newton Compton Ed. s.r.l., Roma, prima ed. 1971 -Manuel Tuñón de Lara: Antonio Machado, poeta del pueblo. Madrid, Taurus-Santillana, 1997. -José Antonio Serrano Segura, Sevilla (España) 2000 y siguien-tes
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LA DONNA NELLA STORIA
Augusta Ada Byron Lovelage Ada Lovelace, nata il 10 dicembre 1815, era l'unica figlia legittima del poeta Lord Byron e di sua moglie, Anne Isabella Milbanke (detta "Annabella"). Sia Byron, sia molti suoi conoscenti prevedevano che la piccola sarebbe diventata una bambina prodigio.[6] Le fu dato il nome della sorellastra del padre, Augusta Leigh, ma anche quest'ultimo la chiamava Ada.[7] Il 16 gennaio del 1816 Annabella, per ordine di Byron, lasciò la casa del marito e si trasferì in quella dei suoi genitori a Kirkby Mallory, portando con sé la piccola Ada, che aveva appena un mese di vita.[6] Nonostante la legge inglese desse al padre piena custodia dei figli in caso di separazione, Byron non rivendicò i suoi diritti di paternità.[8] Il 21 aprile Byron firmò l'atto di separazione e, sebbene con riluttanza, lasciò per sempre l'Inghilterra alcuni giorni dopo.[9] Byron non ebbe alcuna relazione con sua figlia e morì nel 1824, quando lei aveva solo 9 anni; per Ada la madre fu la sola figura familiare importante.[10] La piccola era spesso malata, fin dalla prima infanzia: all'età di otto anni soffriva di cefalea, che le procurava problemi alla vista.[7] Nel giugno del 1829, a causa del morbillo, rimase paralizzata e costretta a rimanere a letto per quasi un anno. Solo nel 1831 tornò a camminare con l'aiuto di grucce. Nonostante le malattie, Ada continuò il suo percorso di istruzione:[11] su iniziativa della madre, terrorizzata dall'idea che potesse dedicarsi alla poesia come il padre, all'età di 17 anni fu istruita in matematica e scienze da William Frend, William King e Mary Somerville[12], illustre matematica che aveva tradotto in inglese i lavori di Laplace e aveva scritto dei testi utilizzati all'Università di Cambridge. La Somerville incoraggiò Ada nel proseguire gli studi matematici e tentò inoltre di farle apprendere i principi fondamentali della scienza, ponendoli in una dimensione più vicina alla sfera filosofica e poetica. In seguito ebbe come tutore il celebre matematico e logico Augustus De Morgan, professore all'Università di Londra, che si occupò negli anni successivi di introdurre Ada a studi di livello più avanzato di algebra, logica e analisi, fatto inconsueto per una donna del suo tempo. Dal 1832 l'abilità di Ada cominciò ad emergere[10] ed il suo interesse per la matematica dominò tutta la sua vita anche dopo il matrimonio. Ada era anche dedita alla musica, in particolare amava suonare l'arpa Ada non incontrò mai la sua giovane sorellastra, Allegra Byron, che morì nel 1822 all'età di soli cinque anni.
Aveva comunque contatti con Elizabeth Medora Leigh, figlia della sorellastra del padre.Il 5 giugno 1833, ad un ricevimento tenuto dalla Somerville, Ada ebbe modo di incontrare il matematico Charles Babbabage, all'epoca già autore della macchina differenle. Altre conoscenze di rilievo furono Sir David Brewster, Charles Wheatstone, Charles Dickens e Michael Faraday. Dal 1834 frequentò regolarmente la Corte. Ada ballava talmente bene da incantare molte persone; John Hobhouse, amico di Byron, fu l'unico a non apprezzarla, definendola " una giovane donna grassa, dalla pelle ruvida, ma con qualche caratteristica del padre, come la bocca". Ma, il 24 febbraio 1834, durante una riunione, Ada avvicinò Hobhouse e gli disse chiaramente che non aveva una buona opinione di lui. Questo astio non durò a lungo; più avanti i due divennero, infatti, amici. L'8 luglio 1835 Ada sposò William King-Noel, conte di Lovelace. Il suo titolo, per la maggior parte della sua vita coniugale, fu quello di Contessa di Lovelace. La loro residenza si trovava in una grande tenuta a Ockham Park, presso Ockham, ma la coppia aveva anche un altro possedimento a Torridon, nelle Highlands, e una casa a Londra. Ebbero tre bambini: Byron, nato il 12 maggio 1836, Anne Isabella (chiamata Annabella, nota come Lady Anne Blunt), nata il 22 settembre 1837, e Ralph Gordon, nato il 2 luglio 1839. Dopo la nascita di Annabella, Ada fu colpita da una grave malattia, dalla quale guarì dopo mesi. Ada Lovelace incontrò in molte occasioni con Charles Babbage. Rimase affascinata dall'universalità delle sue idee e, interessatasi al suo lavoro, iniziò a studiare i metodi di calcolo realizzabili con la macchina differenziale e la macchina analitica. Babbage fu colpito dall'intelligenza della Lovelace e dalla sua abilità: la soprannominò l'Incantatrice dei Numeri. Nel 1842 Charles Babbage fu invitato a tenere un seminario sulla sua macchina analitica al secondo Congresso degli scienziati italiani, presso la Università di Torino. Luigi Federico Menabrea, ingegnere italiano e futuro primo ministro del Regno d'Italia, si dedicò successivamente a una descrizione del progetto di Babbage, che pubblicò col titolo Notions sur la machine analytique de Charles Babbage nell'ottobre del 1842 alla Bibliothèque Universelle di Ginevra. (Continua)
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Antropos in the world
Riflessioni sulla sinistra più a destra del mondo – da pag.2 ve r s o l a s o c i a l d e mo c r a t i z z a z i o n e : c a mb i a va a n c o r a n o me , s i t r a s f o r ma va i n D S , D e mo c r a t i c i d i S i n i s t r a , e s i a f f id a v a a l l a g u i d a i l l u m i n a t a d i W a l t e r V e l t r o n i , i l p i ù “ a me r i k a n o ” de i c o m p a gn i , q u e l l o d e l ”Y es we c a n ” ( 1 9 9 8 ) . P o i – t u t t i i n s i e m e ap p a s s i o n a t a m e n t e – D S , M a r g h e r i t a e U l i v o s i s c i o g l i e v a n o e o n f l u i va n o n e l l ’ ul t i ma c r e a t u r a : i l P D , P a r t i t o D e mo c r a t i c o , s t e s s o n o me d e l f r a t el l o ma g gi o r e a me ricano (2007). Il r e s t o è s t o r i a r e c e n t e, f i n o a l l ’ a r r i v o d e l V i s p o T e r e s o ( d i c e m b r e 2 0 1 3 ) e d a i s u o i t r i o nf i . La Si n i st r a , i nt a n t o , è a n d a t a d i s pe r s a . Pr o s s i m a m e n t e – f o r se – s e n e o c c u p e r à “ C h i l ’ h a vi s t o ? ” .
Pr o d i a ve va t u t t e l e c ar t e i n r e go l a p e r f ar e c a r r i er a i n u n o s c h i e r ame n t o d e l l a p i ù o r t o d o s s a d e s t r a e c o n o mi c a : a p a r t e i n u me r o s i i n c a r i c hi mi n i s t e r i al i , sa r à c o n s u l e nt e d e l l a Go l d m a n S a c h s ( 1 9 9 0 -9 3 e p o i d o p o i l 1 9 9 7 ) , e f i n a n c o a m i c o d i q u e l lo s t r a m i l i a r d a r i o Ge o r ge s So r o s c h e , c o n u n a t t a c c o s p e c u la t i v o m ir a t o , a v e v a m e s s o i n g i n o c c h i o l a l i r a i t a l i a n a n e l 1 9 9 2 . Q u e l l o s te s s o S o r o s – s i a d e t t o tr a p ar e n t e si – a cu i i l pr o f . Pr o di p r o p i zi e r à p o i u n a l a u r e a h o n o r i s c a u s a d a l l ’ u n i v e r s i t à d i B o l o g n a ( 1 9 9 5) . E b b e n e , e r a p r o p r i o a R o ma n o P r o d i c h e i l P D S ( d i c u i e r a f r a t t an t o d i v e n u t o s e g r e t a r i o M a s s i mo D ’ A l e ma ) s i r i vo l ge va n e l 1 9 9 5 p e r c h i e d e r gl i d i c a p it a n a re l ’ a ll e a n za d i t u tt e l e s i n i s t r e c o n t r o l ’ od i a t o B e r l u s c o n i . N a s c e v a c o s ì l ’ U l i vo ( P D S + M a r gh e r i t a de mo c r i s ti a n a ) c h e a n d a v a a v i n c e r e l e e l e z i o n i d e l 1 9 9 6 . P r o d i d i v e n t a v a P re s i d e n t e d e l C o n s i g l i o , c o n i b r i l l a n t i r i s u l t a t i c h e s i r i c o r d a n o. A m ma l i a t o d a l l a t r a vo l ge n t e e s p e r i e n za p o l i t i c a d e ll ’ Ul i vo , i l PDS f a c e va u n a l t r o p a s s o
P . S . P e r u n a s i n go l a r e c o i n ci d e n za , me n t r e i l P D ma r c i a – f o r s e – ve r s o l a s c i s si o n e , a l l a s ua s i n i s t r a n a s ce u n ’ al t r a f o r ma zi o n e p o l i t i ca , S i n i s t r a It a l i a n a . Si t r at ta d i u n a i n i zi a ti va “ d i n i c c h i a ” , m a c e r t a m e n t e d i u n a i n i z i at i v a s e r i a . N o n c r e d o , i n ve c e , c h e a l t r e p r o p o st e – c o me q u e l l a d i P i s a pi a – a b bi a n o mo l t o d a d i r e a l “ popol o de l l a si ni st r a ” . M.Rallo
RICORDANDO PREVERT - Continua da pag 8 Canzone Che giorno siamo noi Noi siamo tutti i giorni amica mia Noi siamo tutta la vita amore mio Noi ci amiamo e noi viviamo Noi viviamo e noi ci amiamo E noi non sappiamo che cosa è la vita E noi non sappiamo che cosa è il giorno E noi non sappiamo che cosa è l'amore. Era estate Ero nuda tra le sue mani Sotto la gonna alzata Nuda come non mai Il mio giovane corpo era tutto una festa Dalla punta dei miei piedi ai capelli sulla testa Ero come una sorgente Che guidava la bacchetta del rabdomante Noi facevamo il male Il male era fatto bene. I ragazzi che si amano I ragazzi che si amano si baciano in piedi Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito Ma i ragazzi che si amano Non ci sono per nessuno Ed è la loro ombra soltanto Che trema nella notte Stimolando la rabbia dei passanti La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno Essi sono altrove molto più lontano della notte Molto più in alto del giorno Nell'abbagliante splendore del loro primoamore.
___________ Jacques Prévert nasce il 4 febbraio nel 1900, da famiglia borghese. In Bretagna trascorre alcuni anni della sua infanzia; Prévert si dimostra fin dalla più giovane età amante della lettura e dello spettacolo. Nel 1920, il giovane inizia il servizio militare e raggiunge il suo reggimento prima a Lunéville, dove conosce "Roro", un ragazzo di Orléans, e il pittore dadà Yves Tanguy e con essi forma un affiatato trio.
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Antropos in the world UNA PAGINA DI STORIA – RALLO: D O S S I E R T U R C H I A .
V I TA E MO R TE D E LL ’ IM PE RO O TTOM A NO la Turchia (a parte alcuni aspetti della breve parentesi kemalista) è Asia e non Europa; ed ogni progetto per associarla a questa pur traballante Unione Europea è un atto di folle autolesionismo politico.
Se c’è un Paese che ha svolto e svolge un ruolo-chiave nella sequela delle tragiche vicende che negli ultimi anni si susseguono al crocevia fra Europa, Russia e mondo islamico, questo Paese è la Turchia. La Turchia di oggi, beninteso. La Turchia del simildittatore Recep Erdoğan, Presidente della Repubblica e capo dell’AKP, il partito islamico “moderato” che vuole distruggere le fondamenta laiche dello Stato creato da Kemal Atatürk e riportare il Paese indietro di un secolo, all’epoca dell’Impero Ottomano. Corsi e ricorsi storici, diceva Vico. In effetti, mai come nel caso della Turchia gli eventi sembrano ripetersi, quasi come un minaccioso “amarcord” levantino. E non mi riferisco soltanto all’inquietante politica interna di quel Paese, ma anche al suo forsennato attivismo in politica estera, alla sua funzione di “porta” che consente ai guerriglieri jihadisti di giungere in Siria o nel Caucaso russo, al padrinaggio di vari governi islamisti “moderati” postprimavere arabe: in particolare al deposto gabinetto dei Fratelli Musulmani in Egitto, e ad uno dei due governi che attualmente [dicembre 2015] si contendono il potere in Libia. Non è un caso che l’Impero Ottomano abbia da sempre conteso alla Russia il dominio sul Caucaso e sul Mar Nero; così come non è un caso che Siria, Egitto e Libia siano state – fino a cent’anni fa – delle province di quello stesso Impero. Certo, è difficile condensare in poche righe una delle pagine più complesse della storia europea, ma ci proverò; chiedendo fin d’ora scusa per qualche necessaria semplificazione. Dunque, l’Impero Ottomano nasceva nel lontano 1299 nella penisola anatolica, la patria dell’etnìa turca che gli europei chiamavano “Asia Minore”. Nei secoli successivi si espandeva su tutti e tre i Continenti del mondo allora conosciuto (fino all’apogeo, toccato con il regno di Solimano il Magnifico): in Europa acquisiva i territori dell’Impero Bizantino e andava oltre, spingendosi a nord fino alla Ungheria e ad est fino alla Russia meridionale e al Mar Nero; in Asia arrivava alla riva occidentale del Mar Caspio e a sud inglobava
la Mesopotamia e le rive del Mar Rosso, giù giù fino alla Mecca; in Africa, infine, prendeva quasi tutta la parte settentrionale del continente, dallo Egitto all’Algeria. Come tutti gli Imperi, anche l’ottomano aveva necessariamente una caratterizzazione multietnica e multiculturale, ma la sua identità reale era quella del popolo egemone, il turco. Questo, a sua volta, era stato prima soggiogato da un altro popolo, l’arabo, che si era poi ritirato, non senza averlo però colonizzato culturalmente. Due i segni tangibili di tale colonizzazione: la religione musulmana e le forti influenze linguistiche. Fin dai suoi primi anni di vita, così, l’Impero Ottomano veniva gradualmente ad assumere un ruolo internazionale complementare a quello del Califfato arabo degli Abbasidi e, quando questo nel 1517 si sgretolava, ne prendeva il posto. L’imperatore turco – il Sultano – assumeva anche il titolo religioso di Califfo, cioè di “successore di Maometto” alla guida – teoricamente – dell’intero mondo islamico. Naturalmente, la stessa articolazione antropologica dell’Impero obbligava le istituzioni sultanali-califfali ad essere abbastanza tolleranti. Ma si trattava di una tolleranza molto relativa: le specificità etnico-culturali esistevano e non si potevano cancellare, ma avevano piena agibilità solo nella misura in cui non mettessero in pericolo l’identità della società ottomana, che era e restava turca, musulmana e tributaria della cultura araba. Quando nell’Ottocento i popoli sottomessi prendevano gradualmente coscienza della propria identità nazionale, l’Impero iniziava a perdere pezzi, anche perché alcune “grandi potenze” europee si facevano un dovere di soffiare sul fuoco dei separatismi.I primi ad andarsene erano i greci, nel 1830, dopo una lunga e sanguinosa guerra d’indipendenza, che peraltro avrà numerose appendici fino alla vigilia della prima guerra mondiale. Idem per Romania, Serbia e Montenegro nel 1878, mentre Cipro passava “provvisoriamente” al protettorato dell’Inghilterra; la quale, nel 1883, si prendeva anche l’Egitto, sempre “provvisoriamente”. ( Continua a pag 13)
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M.RALLO - VITA E MORTE DELL’IMPERO OTTOMANO – Nel 1908 il vassallo principato di Bulgaria si dichiarava pienamente indipendente, e contemporaneamente l’Austria si annetteva un altro spicchio del dominio balcanico, la Bosnia-Erzegovina. Il tutto, inframmezzato da tre guerre russo-turche (1828-29, 1853-56, 1877-78), da una guerra greco-turca (1897) e da una lunga serie di conflitti civili in Macedonia e a Creta (ma anche nelle isole minori dell’Egeo, in Epiro e in Erzegovina). Frattanto, anche la Francia aveva fatto la sua parte, prendendosi l’Algeria (1830) e la Tunisia (1882). A conclusione della guerra italo-turca (1911-12) pure l’Italia – ultima arrivata nel “concerto” delle grandi potenze – dava il suo contributo alla dissoluzione dell’Impero Ottomano, conquistando Tripolitania e Cirenaica (cioè la Libia) e l’arcipelago egeo del Dodecanneso. Infine, con il riassetto seguìto alle due guerre balcaniche (1912-13), anche l’Albania raggiungeva l’indipendenza; la Grecia si annetteva la Tracia occidentale, la Macedonia meridionale, Creta e quasi tutte le isole minori dell’Egeo; la Serbia inglobava la Macedonia settentrionale, il Sangiaccato (spartito col Montenegro) e il Kosovo. L’Impero Ottomano era, così, quasi completamente espulso dall’Europa, riuscendo a conservare soltanto la Tracia orientale. Neanche il tempo di tirare il fiato che, l’anno seguente, iniziava la prima guerra mondiale. Gli ottomani vi si gettavano a capofitto, ma scegliendo la parte che risulterà poi perdente.
DA PAGINA
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Il conto sarà salatissimo. L’armistizio di Mudros (30 ottobre 1918) stabiliva – fra l’altro – il ritiro della Turchia da tutti i suoi possedimenti extra-anatolici e la completa “liberazione” degli Stretti. La Grecia occupava gran parte della Tracia orientale, fino alla linea di Ciatalgia, a soli 50 chilometri dalla capitale imperiale Costantinopoli (che i turchi chiamavano Istanbul). L’unicum formato da Costantinopoli e dalle rive degli Stretti (compresa l’asiatica) era provvisoriamente occupato dall’Inghilterra, che covava il proposito di installarvisi permanentemente. Quanto ai possedimenti asiatici (quelli africani erano già spariti da tempo), passavano direttamente all’Intesa o – meglio – all’Inghilterra; qualche briciola alla Francia, e niente all’Italia. E non finiva lì, perché i vincitori si ritagliavano ampie “zone d’interessi” nella stessa penisola anatolica, oltre ad incoraggiare la nascita di una Grande Armenia e di un Kurdistan indipendente che avrebbero dovuto (ma non sarà così) espandersi ai confini orientali dell’Anatolia. In sintesi:non solo l’Impero Ottomano era scomparso, ma la stessa Turchia sembrava destinata ad essere cancellata dalla carta geografica. Se ciò non avverrà, lo si dovrà soltanto ad un uomo: il generale Mustafà Kemal Atatürk, padre di una Turchia che egli sognava laica e liberata dalle influenze asiatiche dell’arabismo: l’esatto contrario della Turchia di oggi. M.RALLO _______________________________________
la Turchia (a parte alcuni aspetti della breve parentesi kemalista) è Asia e non Europa; ed ogni progetto per associarla a questa pur traballante Unione Europea è un atto di folle autolesionismo politico.
CHE LO STATO NON CI AMI E’ NOTO A TUTTI, MA LE AMMINISTRAZIONI COMUNALI NEMMENO SCHERZANO CAVA- Trattasi della tassa sui rifiuti 2017. Durante la seduta di Consiglio comunale che si è svolta ieri pomeriggio, infatti, è emersa la notizia che il piano tariffario TARI per l’anno corrente prevede un aumento per l’utenza di circa il 5% rispetto allo scorso anno. L’aumento è dovuto al fatto che, come ha spiegato l’assessore alle Attività Produttive, Adolfo Salsano, si è avuto un incremento delle tariffe per le spese di servizio. Nello specifico, per la frazione secca euro a 155 euro per tonnellata. Per indifferenziata si è passati da 121 euro a 130 euro per tonnellata, mentre per la frazione umida organica la dilatazione di spesa passa da 129. “Tuttavia – ha precisato l’assessore Salsano-
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Siamo riusciti a contenere l’incremento per le utenze; infatti, a fronte dell’aumento percentuale del 7%-8% per l’Ente comunale dovuto ai costi di conferimento, sono stati fatti sforzi enormi per contenere gli aumenti che graveranno sui cittadini”. “C’è da dire, inoltre - ha confidato Salsano al termine dell’assise cittadina - che paghiamo anche lo scotto di una evasione del 35%-40% che, inevitabilmente, va a ricadere anch’essa sugli aumenti”. ( Da Ulisse on line) N.d.D. Come siamo buoni noi Italiani, sopportiamo di tutto! Non ci rimare più nulla, nemmeno la dignità.
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INVASIONE MIGRATORIA E MENZOGNE BASTA UN GOMMONE ED UN TELEFONINO La notizia è clamorosa, di quelle che lasciano il segno: quella dei mi granti “salvat i” nel Canale di Sicilia è una menzogna. I migranti sono prelevati a poche mi glia dalle coste libiche (credo una decina), fatti viaggiare per 250 mi glia attraverso il Mediterraneo ( ma ben più ad est del Canale di Sicilia), ed infi ne scodellati negli accoglienti porti siciliani. Per carità, il fatto era già noto. Lo sapevàmo tutti che quella dei mi granti “sal vati” era una pietosa bufala buonista. Ma la noti zi a di cui parlo è ugual mente clamorosa, perché fornisce la prova visi va, documentata, inoppugnabile di fatti finora soltanto sospettati. E, preli minar mente, invito i lettori a controllare di persona. Accedete a Youtube (pos sono farlo tutti, senza obbligo di iscrizione) e digitate “Luca Donadel la verità sui migranti”. Adesso mettetevi comodi e guardat e questo video: dura circa 9 minuti, ma vi ass i curo che non vi annoierete. Alcuni avranno già visto il filmato, parzial mente, su “Striscia la notizia”, ma la visione integrale – vi assicuro – è un’altra cos a. Si apprendono altri fatti, si conoscono alt ri particolari, si sciolgono altri dubbi. Il video documenta – mostrandone le rott e tracciate dai sistemi di rilevamento satellitare – gli spostamenti delle navi i mpegnate nei “salvataggi”. Navi private, proprietà di vari e “Or gani zzazioni Non Governative” (chiss à quali filantropi le finanziano così generosamente?), ma anche navi della nostra Guardia Costiera (come la “Peluso”). Particolare – quest’ultimo – assai significativo: perché se un natante privato è libero di andare a zonzo per i sette mari, una unità delle nostre Forze Ar mate non può decidere liberamente la propria rotta, ma deve necessariamente obbedire agli ordini che le sono impartiti gerarchicamente. Non c’è dubbio, quindi, che l’ordine di andare a prelevare i mi granti fin sotto quasi alle coste libiche, e di tr asportarli a Catania o a Trapani e non nei port i più vicini (quelli della Tunisia, se non si vogliono riportarli in Li bia) è un ordine che viene dal governo italiano. Il video ipoti zza che dietro tutto questo
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fervore itinerante vi s ia l’interesse a favorire certe cooperative che lucrano cifre incredibili sulla cosiddetta accoglienza. Non voglio crederlo, ma non mi sento certo di escluderlo. Quel che mi sento di escludere, però, è che la nostra Marina Militare possa prestarsi a si mili traccheggi . Evidentemente obbedisce ad ordini dall’alto. Il punto, allora, è di verificare per quale moti vo il governo italiano ritiene di f avorire questa invasione mi gratoria che ci costa cifre incredibili (3 miliardi e 300 milioni di euro nel solo 2016) e che ci espone a rischi sociali altissimi per l’i mmediato futuro.Badate: ho detto “favorire”,non “s ubire”, non “sopportare”, non “accettare”. La risposta non può essere che una: per compiacere le forze che vogliono la sovversione delle attuali istituzioni mondiali, fondate sugli Stati nazionali, sulle loro regole, sui loro confini, sui loro “muri”. Sono le stesse for ze che auspicano l’avvento di un “nuovo or dine” mondiale, di un governo unico del potere finanziario che regoli il destino di una mar mellata multietnica e multiculturale di popoli senza più un’identità, senza più un’ani ma. Poi ci sono tutti gli al tri, cui dar conto: da un Papa che detesta il concetto stesso di “nazione”, agli ingenui “anti -razzisti” che stanno mass acrando i ceti italiani meno abbienti per far beneficenza agli stranieri, e forse anche a qualche parte politica specialmente interessata agli aspetti più materiali dell’accoglienza. Ma sono tutti interessi accessori, che fanno corona ai centri del potere finanziari o “mondialista”, responsabili veri di questa tragedia. Una tragedia che incombe s ull’Europa, sulla sua identità, sulla sua cultura, sulla sua economia, sui suoi equilibri sociali, sulla sua sicurezza e sulla sicurezza dei suoi cittadini. Intanto,pur ispirandosi ai medesi mi “valori dell’Europa” (l’accoglienza, l’abbatti mento dei muri e consimili amenità),gli al tri paesi europei stanno cercando di ar gi nare in qualche modo l’invasione. (Continua a pag.15)
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INVASIONE MIGRATORIA da pag.15 I nostri vicini – francesi, svi zzeri, austriaci – hanno di fatto s igillato i confini con l’ Italia; conseguentemente, gli ospiti “in cerca di una vita mi gliore” ( ma anche di alberghi confortevoli, di telefonini, di wi -fi e – scusate la vol garità – di “figa bianca”) restano qui da noi, convinti che la pacchia possa durare in eterno. Non sanno che – una volta finito il periodo della “pri ma accoglienza” – per molt i di loro non c’è che un futuro da raccoglitori di pomodoro agli ordini dei “caporali”. Altri si arrabatteranno come potranno: lavoro nero, concorrenza sleale ai lavoratori italiani, occupazione abusiva di case popol ari, sempre a scapito degli italiani più poveri. Non pochi, infine, sceglieranno il malaffare: in proprio (furti, rapine, borseggi, eccetera) o nelle accoglienti braccia della criminalità or gani zzata. Ad essere ri mpatriati saranno in pochi, pochissi mi, quel tanto sufficiente a gettare fumo negli occhi degli italiani. Un singolo
rimpatrio costa circa 4.000 euro.Senza contare, naturalmente, i costi delle rivolte che scoppierebbero un po’ dappertutto, se ver amente si volessero ri mandare indietro tutti gli irregolari. Poco male, ribattono i buonisti di complemento, perché i costi di accoglienza ce li rimborsa l’Europa. Bugìa, bugìa sfacciata. L’Unione Europea “contribuisce”. Nel 2016 noi abbiamo speso 3,3 miliardi di euro (sot tratti ai bisogni degli italiani), e loro ci hanno mandato 100 milioni. E adesso – sia detto per inciso – ci impongono un’altra “manovr i na” da 3,4 miliardi. Intanto, gli sbarchi (e i costi) si moltiplicano. E non può che esser e così. Gli scafisti sono stati alleggeriti della loro spesa principale, quella per l’acquisto di barcacce bene o male in grado di affrontare le onde del Mediterraneo. Adesso basta un gommone e un telefonino per chiamare la Guardia Costiera non appena si è preso il largo. Al resto pensiamo noi. Con la benedi zione di Papa Ber goglio. M.Rallo
L'AMURI
NINO MARTOGLIO
Mamma, chi veni a diri 'nnamuratu … Vol diri … un omu ca si fa l'amuri E amuri chi vol diri? … E' un gran piccatu é na bugia di l'omu tradituri! Mamma …, 'un è tantu giustu 'ssu dittatu... ca tradimenti non m' ha fattu, Turi! Turiddu?... E chi ti dissi, 'ssu sfurcatu? Mi dissi.. ca pri mia muria d'amuri! Ah, 'stu birbanti!... e tu, chi ci dicisti?... Nenti!... lu taliai ccu l'occhi storti... e poi?... Mi nni trasii tutta affruntata!... Povira figghia mia!... bonu facisti!. E... lu cori ? – Mi batti forti forti !... - Chissu è l’amuri, figghia scialarata ___________ L'AMORE - Mamma, che vuol dire “innamorato” ? - Vuol dire... un uomo che si fa l’amore - E amore che vuol dire ? - E’ un gran peccato; è una bugia di un uomo traditore ! - Mamma..., questa definizione non mi pare molto giusta... che tradiemnti non ne ha fatto Turi ! - Turiddu ? E che ti ha detto, questo furfantone ? - Mi ha detto... che moriva d'amore per me ! - Ah, questo birbante !... E tu, che gli hai detto? - Niente ! L'ho guardato con gli occhi storti... - E poi ?... - Me ne sono rientrata tutta vergognosa !... - Povera figlia mia ! Hai fatto bene !... E... il cuore ? - Mi batte forte forte !... - Questo è l'amore, figlia scellerata !
Nacque a Belpasso, presso Catania, il 3 dic. del.1870 dall’avvocato e giornalista Luigi e dalla maestra elementare Vincenza Zappalà Aradas. Avviatosi a quattordici anni agli studi nautici e compiute quattro navigazioni ( 1886-90 ), conseguì a 19 anni il brevetto di capitano di lungo corso, ma abbandonò la carriera per entrare nella redazione della Gazzetta di Catania,fondata dal padre,prima di dare vita a un proprio giornale, il settimanale satirico-D’Artagnan (il 20 e il 27 apr. 1889 uscirono i soli primi due numeri; pubblicazioni più regolari ripresero dal 3 sett. 1893 e cessarono con l’annata XVI, n. 22 [1° maggio] 1904).Fin dal titolo il giornale si preannunciò battagliero difensore degli oppressi, in particolare dei poveri della Civita, l’animato quartiere del sottoproletariato catanese. Nel corso degli anni di vita del settimanale si susseguirono un centi-naio di querele e una ventina di duelli. Vi furono pubblicati sonetti siciliani sulla «maffia», poi riuniti con il titolo ’O scuru ’o scuru (Catania 1896) e il dramma in otto sonetti ’A tistimunianza (ibid. 1899), entrambi illustrati dal fratello Giovanni. Questi sarebbero confluiti nel volume Centona (ibid. 1899), destinato ad arricchirsi di ulteriori versi in dialetto siciliano – le raccolte Lu fonografu, «sonetti berneschi dialogati», La ’atta e la fimmina, Fimmini beddi, L’omu, Marvi e Marvizzi, il «polimetro satirico bernesco» La triplici allianza, il «bozzetto melodrammatico» Vanni Lupu – nel corso delle tante edizioni che poi videro la luce (ibid. 1907, con prefaz. di L. Capuana; ibid. 1924, con prefaz. di L. Pirandello). ( Dalla TRECCANI)
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PROVERBI E MODI DI DIRE - OVVERO ELEMENTI DI PAREMIOLOGIA 1. Priggiòne e malatie vonno cumpagnia. 2. Bere ll’acqua ‘a matìna è mezza merecina. 3. Nun c’è cane senza uòsso
Implicanze semantiche:
4. ‘A cchiù longa a scurtecà è ‘a còra. Esplicatio: Prigione e malattia necessitano di sostegno e conforto. Bere l’acqua al mattino fa bene al corpo, più di una medicina. Il cane cerca sempre un osso da rosicchiare. La fine di ogni cosa è quella che porta più ansia.
Malatìa: dall’acc. lat.male-habitu-m Uòsso: dal lat. volg. Ossu-m Scurtecà: dal lat.tardo excorticare Sirica Dora Cora: dal lat. cauda-m Matìna: dal latino (horan) matutina-m, con aplologia di Matuta, dea delle prime ore ______
Riflessio: Sono proverbi antichissimi, che ritrovia- Antropologia: Il seme dei proverbi è chiaramente espresso in latino: mo anche nel mondo greco e latino. Êgroto, dum anima est, spes est Fraseologia: Hai buttato l’osso al cane
Progetto Famiglia Network Filiale Angri CENTRO SERVIZI ANGRI via badia n.6 - Per Privati - Assistenza socio sanitaria alla persona H 24. Ass.nza anziani.. Fax 081/946895 - Cel. 335/8065955 - Cel. 334/7317790 - angri@progettofamiglianetwork.it
Finalmente anche nell’Agro Nocerino- Sarnese si ha la possibilità di accedere ad assistenze specializzate, per gli anziani, per i disabili, per tutti i tipi di malattie e per tutte le problematiche: specialisti nelle cure mediche e nel sostegno degli ammalati, son pronti a raggiungere ogni luogo ed ogni abitazione per portare, a chi ne ha bisogno, i benefici della loro competenza. Un grazie a coloro che si sono adoperati nella realizzazione del progetto. Da settembre, l’iniziativa sarà seguita molto dalla direzione di ANTROPOS IN THE WORLD che darà tutte le informazioni che i lettori della rivista vorranno ottenere.
COOPERATIVA SOCIALE « SAN PIO » - Centro di accoglienza VIA SATRIANO 12 - ANGRI ( SA ) – tel. 335 806 5955 – 334 731 7790
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LA PAGINA MEDICA: a cura di Andropos
GLI ALIMENTI DELLA PRIMAVERA
L'arrivo delle temperature miti di aprile favorirà, infatti, la produzione di frutta e verdura di stagione. Ortaggi leggeri e rinfrescanti che, introdotti nelle nostre diete, favoriranno una depurazione naturale del corpo dagli alimenti invernali.
Uno dei vegetali di stagione che servirà meglio a questo scopo è l'asparago, ortaggio ricco di numerose sostanze benefiche tra cui il cromo, un sale minerale che migliora la produzione di insulina e diminuisce i livelli di glucosio nel sangue. Campionessa della buona tavola è anche la bietola in cui è presente la clorofilla, che durante la digestione viene trasformata in sostanze protettive contro malattie tumorali. Tra le verdure consigliate c'è l'indivia, composta per oltre il 90% di acqua e ricca di vitamina C, quindi un'ottima alleata del sistema immunitario. E la frutta? Tanta, fresca e colorata e di stagione è in arrivo sui banchi dei nostri supermercati. Fra queste ci sono le nespole ricche d'acqua e di vitamine, sono ritenute utili per la regolarizzazione delle funzioni intestinali. Infine le ciliegie, che contengono melatonina naturale, una sostanza che favorisce il sonno; e un contenuto equilibrato di sali minerali e vitamine che dona energia all'organismo. Ci sono almeno cinque buoni motivi per scegliere la frutta di stagione: il costo inferiore, una minore presenza di pesticidi; una migliore qualità del prodotto; un gusto più autentico e un basso tasso d'inquinamento della terra.Di questa stagione - frutta e verdura - hanno ottime proprietà detossinanti, drenanti e depurative, oltre a essere una sana fonte di energia per combattere la spossatezza e la sonnolenza tipiche di ogni cambio climatico. Limoni, frutti rossi, cavoli, barbabietole, carciofi e asparagi: ecco le primizie di questi mesi che possono supportarci in un’ottica detox. Oltre a favorire il drenaggio e l’espulsione delle tossine, sono tutti cibi ricchi di vitamine e sostanze fondamentali per la nostra salute, come potassio, calcio e acido folico. I carciofi sono eccellenti depuratori dell’organismo, con un'azione particolare a livello del fegato, grazie alla loro capacità di sostenere il sistema epatico nel lavoro quotidiano di eliminazione delle tossine accumulate da stress,cattiva alimentazione e vita sedentaria.
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stagione del ricambio organico, i carciofi contengono anche buone quantità di calcio, fosforo, magnesio, ferro e potassio. Infine sono dotati di proprietà regolatrici dell’appetito, vantano un effetto diuretico e sono consigliati per risolvere problemi di colesterolo, diabete e ipertensione.
Il limone è un agrume che noi percepiamo acido al gusto ma che trasforma la sua natura all’interno dell’organismo: una volta ingerito, infatti, crea un ambiente basico per i tessuti del nostro corpo, rigenerando le mucose interne. Preziosa fonte di vitamina C, il limone svolge una importante azione sfiammante e favorisce l’eliminazione delle scorie accumulate, soprattutto a carico dell’intestino, favorendo anche il transito intestinale. L’ideale è assumere il succo di limone in acqua tiepida la mattina a digiuno. Per la ricchezza di antiossidanti in esso contenuti, il limone è anche uno degli limenti anticolesterolo per eccellenza.
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I GRANDI PENSATORI: a cura di Andropos
SPINOZA
Di qui la difesa della libertà di pensiero, diritto fondamentale dell'uomo, che lo Stato deve garantire e promuovere; libertà di pensiero che è anche libertà di religione (il potere dello Stato si ferma alle azioni esterne). La dottrina politica di Spinoza svolta nel Tractatus theologicopoliticus si congiunge nella stessa opera al problema della storicità della Bibbia, del valore dei profeti e del rapporto tra filosofia e teologia. In sede di critica storica, S. è uno dei primi a porre in termini di analisi testuale l'esame della Bibbia con il rifiuto di attribuire a Mosè il Pentateuco e con tentativi di nuove attribuzioni e datazioni dei libri del Vecchio Testamento. Quanto ai contenuti dell'insegnamento biblico, essi per S. non presentano verità filosofiche o scientifiche ma semplicemente insegnamenti etico-pratici e richiedono obbedienza, fede; nessun contrasto quindi con la filosofia che svolge il suo discorso su un piano razionale, indirizzandosi alla minoranza degli uomini capaci di acquisire la virtù con l'esercizio della sola ragione. Il 27 luglio 1656 fu data lettura di un testo in ebraico di fronte alla volta della sinagoga dello Houtgracht, il canale di Amsterdam che attraversava il quartiere ebraico: un documento di cherem (bando o scomunica), gravissimo e mai revocato, era assai esplicito e non faceva ricorso ad eufemismi: «Durante la lettura di questa maledizione si sentiva di tanto in tanto cadere la nota lamentosa e protratta di un grande corno; le luci che si vedevano ardere brillanti al principio della cerimonia, vennero spente ad una ad una, a mano a mano che si procedeva, fino a che alla fine si spense anche l'ultima, simboleggiando l'estinzione della vita spirituale dello scomunicato, e l'assemblea rimase completamente al buio.» Secondo studi recenti, tra i quali quello di Steven Nadler, l'eresia principale che portò alla scomunica di Spinoza sarebbe stata il non credere all'immortalità dell'anima mentre Nicola Abbagnano e i principali studiosi di Spinoza individuano la causa dell'inconciliabilità del suo pensiero con l'ebraismo nella sua identificazione di Dio con la natura (Deus, sive Natura: Dio, ovvero la Natura) e nel rifiuto di un Diopersona come quello biblico. Spinoza inoltre asseriva apertamente di ritenere la Bibbia una fonte di insegnamenti morali, ma non della verità; egli rifiutava il concetto di libero arbitrio e applicava la propria visione deterministica anche a Dio (negazione del creazionismo e della libertà di azione del Creatore): l'unica libertà che Dio ha nella visione spinoziana è l'assenza di costrizioni esterne.
Terza parte
La pubblicazione del Tractatus theologico-politicus suscitò notevole scandalo negli ambienti ecclesiastici, tanto cattolici quanto protestanti, e da essi si diffuse la cattiva fama di un empio e blasfemo Spinoza. La Chiesa cattolica inserì le sue opere tra i libri proibiti nel marzo del 1679 e confermò la condanna nel 1690. Non si conoscono censure alle opere di Spinoza, forse mai redatte in quanto l'autore era ateo ex professo. Cominciò così a formarsi quel mito di Spinoza ateo che trovò conferma, agli occhi dei suoi detrattori, con la pubblicazione (postuma) della Ethica, la cui prima parte, De Deo, sulla divinità, propone la definizione di Dio come l'unica ed infinita sostanza. Già nel primo periodo dopo la sua morte, la dottrina di Spinoza, interpretata come ateismo e come tale ampiamente condannata, incontrò invece fortuna presso i libertini che diffusero la fama di uno Spinoza ateo virtuoso. In realtà il suo panteismo era espressione di un profondo sentire religioso che rigettava ogni possibile autonomia del mondo rispetto a Dio, concepito perciò come immanente. Spinoza affetto da congeniti disturbi respiratori, aggravati dalla polvere di vetro inalata a lungo nell'intaglio delle lenti morì di tubercolosi , il 21 febbraio 1677 a 44 anni. La sua eredità era così misera che la sorella Rebecca ritenne meno costoso respingerla. Un vero Stato deve essere retto da un monarca assoluto, ma non dispotico. Se infatti lo fosse, priverebbe i cittadini della libertà di parola e quindi in pratica non saprebbe come comportarsi per il bene comune. Inoltre secondo Spinoza l'assolutismo autoritario è la più fittizia forma di governo che ci sia, dal momento che si occupa di limitare con continui sforzi la libertà, che però essendo intrinseca al cittadino, non può mai essere soffocata totalmente: dunque gli sforzi del governo sarebbero allo stesso tempo sistematici,ma vani. Infine, il Trattato teologicopolitico sostiene la necessità per lo stato di garantire ai suoi cittadini libertà di pensiero, di espressione e di religione attraverso una politica di tolleranza di tutte le confessioni e di tutti i credi, senza interferenze in questioni che non riguardino la sicurezza e la pace della società.
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Antropos in the world RACCONTI DI VITA
HO VOGLIA DI VIVERE Sono Francesca Tirico, nata a Iesi (AN) nel 1984 e residente a Roma. Sono una ragazza di 33 anni affetta da una rara e gravissima malattia metabolica, la carenza enzimatica di adenilsuccinatoliasi, metabolismo delle purine. Questa malattia degenerativa, che porta a morte precoce, non mi permette il controllo volontario del corpo, rendendomi non autonoma, per cui riesco a camminare solo se sostenuta e a comunicare digitando con l’aiuto di un facilitatore parole o frasi su una tastiera computerizzata o cartacea. Sono soggetta a crisi convulsive farmacoresistenti, sempre a causa del mio problema metabolico. Dormo male e poco, e soffro di forti mal di testa. La malattia mi fu diagnost icata nel 1992 dal prof. Costantino Salerno, un medico biochimico dell'Università La Sapienza di Roma. Nel 1997 ill suo servizio fu immotivatamente chiuso, la sua ricerca fu bloccata e non potè più fare diagnosi. Quindi, dopo 20 an ni, in Italia, sono rimasta solo io diagnosticata da lui con questa malattia. In Europa risultano circa un centinaio di casi di questa patologia, che è stata scoperta in Belgio, un anno prima della mia nascita, ma anche in questa parte del mondo la ricerca procede a rilento. Nel 1996 il prof Salerno aveva iniziato, con l’approvazione del comitato bioetico, una sperimentazione che funzio nava, ma fu costretto ad interromperla, perchè minacciato dal Direttore Sanitario del Policlinico Umberto I di Roma, se avesse continuato a seguirmi. Dopo tanti anni di lotta, dopo tante lettere scritte a tutte le istituzioni, ai giornali, alla televisione, ai presidenti della Repubblica, Ciampi, Napolitano, dopo una mozione regionale con la giunta Storace, approvata da tutte le forze politiche, persino un ricorso alla magistratura, debbo constatare che tutti hanno
preso in giro me e i miei genitori, promettendo interventi rapidi ed efficaci mai realizzati Dopo tanti anni di lotta, sono sopravvissuta solo con l'aiuto dei miei preziosi genitori e grazie alla loro determinazione. Mia madre mi ha seguita con un progetto sperimentale, approvato dal Ministero della Pubblica Istruzione, dalla scuola elementare fino al liceo, dove mi sono diplomata con ottimi voti. Dopo il liceo mi sono iscritta alla facoltà di Medicina in soprannumero, perché non potrò mai fare il medico e non potrò svolgere nessun altro lavoro, ma mi piace questa facoltà e visto che studio per contrastare gli effetti devastanti della mia malattia, devo studiare materie che mi appassionano. I primi anni ho sostenuto 7 esami con ottimi voti. Dopodichè mi hanno creato problemi anche per gli esami. Io posso essere guarita solo con la terapia genica, approvata il 15 febbraio del1991 dal Comitato Bi oetico Italiano, per salvare la vita di persone affette da patologie genetiche come la mia, ma mai attuata. Tale terapia non solo mi salverebbe la vita, ma mi renderebbe autonoma. Visto che in venti anni nessuno si è più interessato alla mia malattia e che non si parla di attuare la terapia genica, chiedo la riapertura del Servizio Speciale di Enzimologia Clinica diretto dal Prof. Costantino Salerno, perché è l’unico esperto della patologia che mi ha tutelato e che potrebbe, come medico e biochimico, far migliorare la qualità della mia vita, ed io voglio vivere. Digitata da Francesca Tirico e trascritta da I.D. Roma, 28 febbraio 2017
Da © dicembre 2016 By Franco Pastore - Ebook Cod. GGKEY:XA5BZAQSHYY Pubblicazione cartacea - Dicembre 2016 A.I.T.W. editrice Salerno
DE LOGORREA STULTORUM L'intelligente, partecipa garbato e parla solo se viene interpellato, Il saggio, senza prevaricàr nessuno, parla e disserta al momento opportuno.
Presuntuoso e stronzo nel contempo, disserta d’ogni cosa senza nesso, la logica rifugge come il vento e s’avvicina praticamente al fesso.
E’ all’ignorante mitico che corre la favella, tra le parole a fiumi si gira e s’arrovella, ti spara a zero e parla sempre a vanvera, con una voce ora loffa ed ora tanghera.
Gesticola, fa smorfie, ti alza voce e tono, non ama mai confronti, non sputa, né condona. Son tanti che ne incontri in piazza e per la via, che alla fin ti svincoli o fai una pazzia.
Per entrambi il dissertare è arte e usano parole scelte a misura; a discorrere con armonia si parte, scartando maldicenza e vil freddura.
Il fesso, quello poi, non lo ferma nessuno, parla a mitraglia come il dio Nettuno e tanto dice ch’il labbro si vavùglia, caccia la bava ed alla fin farfuglia.
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Antropos in the world
L’UTOPIA EUROPEISTA CONTRO L’EUROPA Forse qualcuno fra i più attenti lettori de “La Risacca” ricorderà due miei articoli del marzo e dell’aprile 2012. Si intitolavano “Europa? Spicciamoci a sotterrarla” il primo, “Europa? facciamone quattro” il secondo, ed illustravano quelle che – a parere del sottoscritto – erano le premesse della inevitabile implosione dell’Unione Europea. La tesi di fondo di quegli scritti era che, se mol-ti erano i motivi di una crisi divenuta ormai patolo-gica, due di essi svettavano su tutti: il primo era (ed è) il tradimento della promessa di ricercare il be-nessere dei popoli dell’Unione, giacché a prevalere è stato il tornaconto della globalizzazione economica e della mondializzazione politica (migrazioni incluse); il secondo era (ed è) la pretesa assurda di mettere insieme paesi con assetti economico-sociali profondamente diversi, addirittura inconciliabili. Oggi la situazione generale è sostanzialmente la stessa, ancorché appesantita dai cinque anni trascorsi all’insegna delle “riforme” e dei “valori” elaborati negli alambicchi dei becchini dell’Europa. Sempre quei medesimi due fattori continuano ad essere i principali motori della crisi – programmata e voluta – dei paesi europei. Tralascio, per il momento, il primo punto (quello di globalizzazione e mondializzazione) e parlo soltanto del secondo, reso di stretta attualità dalla recente proposta della cancelliera Merkel di una falsa “doppia velocità” allo interno dell’Unione. Una Europa a due velocità o meglio – a più velocità, sarebbe in-fatti una scelta ragionevole per superare almeno uno dei fattori di crisi dell’UE. Ma la proposta della padrona dell’euro non è la proposta di un’Europa a due velocità, bensì quella di un’Europa ad una velocità sola, quella tedesca. Spiegherò, in chiusura dell’articolo, il meccanismo dell’artificio in questione, un banale giochetto di parole. Prima, però, vorrei spendere qualche parola circa gli effetti assolutamente positivi di una reale “doppia velocità”. E prendo le mosse dagli articoli che citavo in premessa.
UN PO’ DI STORIA Un po’ di storia, per cominciare. Nel 1992 – quando si firmò l’infame trattato di Maastricht che istituì l’Unione Europea – i paesi membri erano 12:Germania, Francia,Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Inghilterra, Irlanda, Danimarca, Grecia, Spagna e Portogallo. Più i 3 che si aggiunsero nel 1995: Austria, Svezia e Finlandia. Per un totale di 15. Già da allora, dunque, la cosiddetta Unione era tutt’altro che omogenea. Una persona di normale buon senso non poteva non chiedersi come si sarebbero potute armonizzare le economie forti di Germania, Inghilterra e relativi “piccoli fan” con economie meno floride (Italia, Francia
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gna) e con altre decisamente povere (Grecia, Portogallo). Se lo chiedeva – dicevo – ogni persona di normale buon senso, ma non i banchieri e gli illustri cattedratici che fungevano da levatrici nel parto abortivo dell’Unione. Perché? Perché lor signori ben conoscevano ciò che ai comuni mortali era stato rigorosamente celato. E cioè che l’Unione non avrebbe unito un bel nulla; nulla di concreto, intendo. Non le riserve finanziarie, non i debiti pubblici, non le industrie, non i commerci, non i prezzi, non i livelli salariali, non la previdenza,non l’assistenza sanitaria, non la scuola, non alcunché di utile, di pratico, di apprezzabile per la vita quotidiana dei cittadini europei. Se posso banalizzare: in quella cosiddetta Unione gli Stati ricchi sarebbero rimasti ricchi, e gli Stati poveri sarebbero rimasti poveri. Anzi – sarebbe stato facile immaginare – gli Stati ricchi sarebbero diventati più ricchi, e gli Stati poveri sarebbero diventati più poveri. Le uniche cose che la cosiddetta Unione avrebbe unificato sarebbero state le legislazioni dei vari paesi (costrette ad uniformarsi ai supposti “valori” dell’Europa) e le banche. Le banche “centrali”, intendo. Cioè quelle che una volta erano banche nazionali, di Stato, che battevano moneta su disposizione dei governi; e che, già prima della nascita dell’Unione, erano state uniformate, appunto, al modello di banche centrali (cioè private) che battevano moneta in proprio per poi prestarla agli Stati. Differenza di non poco conto. LE BANCHE CENTRALI AL SERVIZIO DEI PRIVATI Era, questo, il modello caro ai “democratici”: la Federal Reserve USA apparteneva a un pull di banchieri privati dal 1913, e la Banca d’Inghilterra era dei Rotschild addirittura dal 1694. Noi eravamo stati tra gli ultimi ad obbedire a questa infame direttiva della finanza internazionale. Infatti, la riforma del sistema bancario attuata in epoca fascista (1936) aveva di fatto nazionalizzato la Banca d’Italia e le principali banche italiane,facendo dell’una e delle altre degli istituti di diritto pubblico, e garantendo così che la attività del settore creditizio rimanesse vincolata all’interesse nazionale ed alla funzione sociale. Tale assetto era stato mantenuto anche in epoca post-fascista, come del resto quelli di altre istituzioni che funzionarono a lungo e bene, prima di venire disarticolate dal vento delle “riforme”: l’INPS, l’IRI, l’IMI, eccetera. Ma nel 1981 – folgorati dall’ asserita superiorità del modello americano – anche noi ci affrettammo ad allinearci agli schemi avanzati dell’ iperliberismo finanziario. (Continua a pagina 23)
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PIATTI TIPICI DEL MEDITERRANEO - A cura di Rosa Maria Pastore
ricette PETTI DI POLLO IN BESCIAMELLA Ingredienti (per 6) • 6 petti di pollo • 30 g di burro • 1 uovo • 1 tazza di besciamella • 3 cucchiai di farina • sale Preparazione Spianare i petti di pollo con il batticarne e forma-re delle piccole cotolettine. Passarle nell’uovo battuto e infarinarle. Mettere il burro in una pirofila e farlo liquefare sul fornello, impedendo alla pirofila il contatto diretto con la fiamma. Disporvi i petti di pollo e farli rosolare da entrambe le parti. Salarli e, quando saranno ben rosolati e coloriti versarvi sopra la besciamella. Mettere in forno per 10 minuti a gratinare e servire.
PETTI DI POLLO AL VINO BIANCO Ingredienti (per 6) • 6 petti di pollo • 80 g di burro • 1 uovo • 1 cucchiaio di olio • pane grattugiato • vino bianco ½ bicchiere e sale
Preparazione Appiattire bene i petti di pollo con il batticarne e ricavarne delle scaloppine. Sbattere l’uovo in un piatto fondo, aggiungere un pizzico di sale, immergervi i petti di pollo e lasciarveli per 15 minuti. Passarli nel pane grattugiato. Friggerli in un tegame dove è stato fatto fondere l’olio e il burro; quando avranno preso un bel colore dorato salarli e versare il vino. Lasciare evaporare e servi-re con contorno a piacere.
POLLO FARCITO AL FORNO Ingredienti • 1 pollo disossato • 300 g di carne di maiale tritata • 100 g di prosciutto crudo • 30 g di funghi secchi • 100 g di provolone • Parmigiano, prezzemolo, rosmarino • Sale • pepe Preparazione Preparare il ripieno mescolando la carne con prosciut-
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to e provolone a dadini, funghi secchi rinvenuti in acqua tiepida e prezzemolo tritati, parmigiano, sale e pepe. Con questo impasto finché il ripieno sarà cotto e il pollo rosolato. POLLO CON I PEPERONI Ingredienti • 1 pollo • 1 kg di peperoni • 1 cipolla • 1 carota • 1 costa di sedano • Vino bianco secco • Olio d’oliva • Peperoncino forte, prezzemolo, basilico, sale Preparazione Tagliare il pollo in pezzi piccolo, spellarli e salarli leggermente. Rosolare nell’olio un trito di cipolla, carota, sedano e peperoncino, appena il fondo è ben dorato unire i pezzi di pollo, salare e stufare a tegame coperto e a fuoco lento per circa mezz’ora mescolando ogni tanto. Bagnare allora con un bicchiere di vino e continuare dolcemente la cottura. Nel frattempo arrostire i peperoni, spellarli , eliminare i semi e tagliarli a striscette. Quando il pollo è ormai quasi cotto, unire i peperoni e far insaporire sempre a fuoco basso con prezzemolo e basilico tritati. POLLO ALLE OLIVE NERE Ingredienti • 1 pollo di un kg circa • 100 g di olive nere • 50 g di burro • 2 cucchiai di olio • 1 bicchiere di vino bianco • Brodo • Pepe e sale • Preparazione
Tagliare il pollo a pezzi a metterlo in una casseruola con olio, burro, pepe e sale. Cuocerlo a fuoco vivo, se necessario aggiungere anche un po’ di brodo. Quando sarà ben dorato e cotto (dopo una ora circa), scolare il suo fondo di cottura in un pentolino; aggiungervi le olive snocciolate e il vino. Far cuocere fino all’evaporazione del vino; coprire con questo intingolo il pollo già messo, caldissimo, nel piatto di portata.
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Nani e ballerine contro Trump, ma il popolo è con lui
Non passa giorno senza che giornali e televisioni italiane (tv berlusconiane comprese) ci inondino di notizie sensazionali sulla presidenza Trump, rendendoci edotti – in particolare – delle manifestazioni di dissenso circa la sua politica anti-immigrazionista. Veniamo puntualmente informati su tutte le iniziative di chi avversa la nuova presidenza, con posti d’onore riservati alle minoranze etnico-religiose (musulmani in primis), agli avvocati-filantropi che assisterebbero gli immigrati irregolari “gratuitamente” (ma il conto lo pagano le fondazioni miliardarie di Soros e soci), alle dimostrazioni “spontanee” (anche queste organizzate con denari provenienti dagli stessi canali miliardari), agli scontri con la stampa (ma solo con quella di proprietà dei miliardari di cui sopra) e, soprattutto, alle “coraggiose” prese di posizione delle star di Hollywood e della musica pop, sempre più politicamente impegnate ad apparire democratiche, progressiste, aperte, insomma “di sinistra” nel senso che questa etichetta aveva negli anni ’70 del secolo scorso, quando Joan Baez cantava contro la guerra nel Vietnam. Certo, i tempi sono un po’ cambiati da allora, e le star di oggi sono piuttosto rappresentate da una Madonna (nom de plume vicino alla bestemmia) che prometteva sesso orale a chi votasse per la Clinton. Insomma – si direbbe qui da noi – “nani e ballerine”. Con la differenza che quelli americani sono nani e ballerine che trasudano oro (e spesso anche cocaina), adagiati nelle loro mega-ville di Beverly Hills, fasciati da abiti che costano quanto un immigrato clandestino non guadagnerebbe in una mezza dozzina di vite, con le loro vite dorate, con i loro guadagni immorali, con i loro lussi spropositati che sono un insulto alla miseria. Ebbene si – prendiamone atto – non si può essere veramente “di sinistra” se non si è miliardari. Se invece si è salariati o stipendiati o modesti lavoratori autonomi, se si stenta ad arrivare a fine mese, se si hanno due o tre rate di mutuo scadute, se si è perso il posto perché il datore di lavoro ha “delocalizzato” in Messico (o in Tunisia), allora si è populisti, sovranisti, razzisti, se non addirittura fascisti. E, infatti, ecco che nelle manifestazioni contro il Presidente americano cominciano a comparire i cartelli in cui lo si accusa di essere “fascista”: termine ormai diventato l’insulto-tipo utilizzato dai cretini di sinistra, specularmente al “comunista” utilizzato dai cretini di destra. L’obiettivo di tutto questo è chiaro: impedire a Trump di governare, e impedire agli americani di toccare con mano i benefìci della svolta “populista”.
Benfìci, però, che cominciano già a farsi apprezzare. Nel silenzio, naturalmente,di certa stampa “indipendente” (anche di casa nostra),troppo impegnata nel dare conto della ultima inchiesta dei servizi segreti obamiani circa una supposta ingerenza dei servizi russi nella campagna elettorale americana. Nel sottinteso che – senza le asserite ingerenze – la fanciulla del West avrebbe certamente vinto il confronto con quel miliardario degenere che ha osato sfidare i suoi colleghi più al passo coi tempi. I primi benefìci dell’era Trump – dicevo – cominciano comunque a vedersi. Non soltanto la borsa non è crollata, come vaticinato dai catastrofisti della cordata obamianoclintoniana; ma, al contrario, l’indice Dow Jones ha inanellato una serie incredibile di rialzi-record, ben 11. Senza contare che, nel primo mese di presidenza Trump, il debito pubblico USA è sceso di 12 miliardi di dollari, contro i 200 miliardi di aumento fatti registrare nel primo mese della presidenza Obama. Si incominciano a vedere – infine – gli effetti dei primi “ritorni a casa” delle industrie che avevano delocalizzato all’estero: 227.000 posti di lavoro in più nel solo mese di dicembre. Ecco il motivo vero della grancassa mondialista: occorre stornare l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti delle prime misure “populiste” negli Stati Uniti, anche per evitare che altri popoli seguano l’esempio degli americani. Il 2017 è anno di elezioni in mezza Europa (Francia, Olanda, Germania); e se anche gli europei cominceranno a far valere i loro interessi contro quelli della finanza usuraia (globalizzazione economica, immigrazione, distruzione delle tutele sociali, eccetera) il sogno mondialista di cancellare gli Stati sarà finito per sempre. Ma torniamo a Trump ed al suo primo mese di governo, sia pure di un governo costretto ad operare quasi in stato d’assedio. Ebbene, nonostante tutta la cagnara scatenata dai poveri miliardari mondialisti, la maggioranza del popolo americano è favorevole alle iniziative anti-immigrazioniste di Trump, con punte addirittura del 75% per alcuni tra i provvedimenti più discussi. Lo hanno accertato le rilevazioni di vari istituti di sondaggi, non certo teneri – si ricorderà – verso il tycon repubblicano.
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(C o n t i n u a a p a gi n a 2 5 )
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Nani e ballerine contro Trump – continua da pag.22 Stando al sondaggio più autorevole, quello della Reuters/Ipsos, il 66% degli intervistati si è detto favorevole al fatto che il governo debba limitare l’afflusso dei “rifugiati”, contro il 24% di astenuti e solo il 10% di contrari. Secondo l’Harvard-Harris Poll, il 77% degli americani è favorevole, in genere, ad una riforma complessiva del sistema dell’immigrazione, diventato sempre più permissivo nell’epoca Obama. Anche il sondaggio più prudente, quello commissionato dalla rete televisiva NBC (la più ostile a Trump), non può fare a meno di riconoscere che almeno un 50% degli interpellati è favorevole, in particolare, al decreto che vieta l’ingresso negli USA a chi proviene da paesi musulmani considerati (a torto o
a ragione) ricettacolo di terroristi. Il 75% degli americani, infine, è favorevole alle misure di maggiore controllo delle frontiere (HarvardHarris Poll).Che dire? Evidentemente, se i ricchi e famosi sono alfieri del buonismo in salsa miliardaria, i comuni mortali sono sanamente realisti. La Sinistra non l’ha ancora capito, in America come in Europa. I ceti popolari non possono permettersi la filantropia farlocca dei poteri forti. E i “muri” sono invocati soprattutto da chi ha bisogno di protezione. Lo star system, invece, può permettersi di essere (o di fingersi) “accogliente”. Magari con qualche divagazione, alla Madonna. Michele Rallo
POLITICA E NAZIONE – OVVERO IL PENSIERO DELLA GENTE COMUNE
IL DISASTRO DELL’ENTRATA IN EUROPA A quindici anni dall'introduzione dell'euro, l'evoluzione dei prezzi ha influito negativamente sull’andamento del potere di acquisto della moneta. Il calo del potere di acquisto, per effetto dell'inflazione registrata dalla nascita dell'euro ad oggi, è elevato. Questi anni hanno portato a rincari generalizzati in tutti i settori merceologici, nei servizi pubblici come in quelli privati, mentre le buste paghe sono rimaste ferme con esclusione di quelle dei politici italiani,che non perdono occasione per incrementare i loro privilegi ed i loro stipendi. Nel contempo, anche il peso fiscale, in questi ultimi anni di governo della sinistra, è aumentato raggiungendo i massimi storici a livello mondiale. Elettricità, treni, pedaggi autostradali, benzina, farmaci ed altro continuano ad aumentare di anno in anno. Infatti, solo per ricordarne una, la giocata del lotto è stata raddoppiata in una sola notte, passando da 1.000 lire ad un euro. Anche altri organismi hanno profittato della situazione di squilibrio e così sono aumentati i prezzi dei musei, dei giornali, bar e ristoranti, e quant’altro. L'elenco potrebbe proseguire all'infinito. Però, la tragedia vera è rappresentata dal potere di acquisto degli italiani che si è ridotto sensibilmente con conseguente calo dei consumi pro capite. Così mentre lo Stato mantiene fermi gli stipendi e le pensioni, senza controllo sugli aumenti, il go- 23 -
verno tartassa gli italiani anche con il cosidetto "canone RAI" che costava 179 mila lire e che poi è salito a 112 euro. Purtroppo il popolo italiano ha dovuto dovuto constatare sulla propria pelle di essere stato tradito dall'Europa, che prometteva una vita più agevole e servizi trasparenti, in un mercato europeo con prezzi convergenti al ribasso. Anzi qualche politico buontempone, sprovveduto ed incapace, si spinse a dire che “avremmo lavorato meno guadagnando di più”. Con queste false promesse ci costrinse a pagare "una tantum" per l'ingresso in Europa. Così l'Europa ha tradito ed ha disatteso tutte le aspettative fatte intravedere alla nascita della Comunità Europea, che ai cittadini aveva prospettato un futuro di benessere e stabilità. Rischi ed errori nelle politiche economiche e monetarie in atto e regole giuridiche istituzionali sbagliate hanno creato la morte dell'Europa unita, ed oggi, invece di festeggiare gli anniversari farebbe bene a commemorare la sua disfatta. Mario Bottiglieri
Deligere oportet quem velis diligere Bisogna scegliere chi si vuole amare
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STORIA DELLA MUSICA - A cura di Ermanno Pastore
MUSICA LEGGERA-NUOVE TENDENZE XI I PARTE –LA MUSICA PSICHEDELICA La musica psichedelica o acid music copre un vasto insieme di generi musicali influenzati dalla cultura psichedelica, il cui scopo è simulare o intensificare le esperienze psichedeliche dovute all'assunzione di specifiche sostanze allucinogene, quali quali l'LSD, LSA o triptamine come DMT e psilocibina. Come di consueto nell'ambito psichedelico, uno dei temi principali dei brani "acid" è la liberazione dell'Io e l'espansione della coscienza. Emerse durante la metà degli anni 1960 all'interno delle scene musicali folk/blues rock statunitensi e britanniche. I gruppi psichedelici usavano nuovi effetti e tecniche di registrazione, traendo ispirazione dalla musica orientale, come i rāga della musica indiana. Questo stile influenzò molti generi musicali, dando vita a nuovi sottogeneri quali il rock psichedelico (e acid rock), folk psichedelico, pop psichedelico, soul psichedelico. Col passare del tempo, procedendo di pari passo con l'espansione stilistica in ambito progressive, dance, heavy metal ed elettronico, da questo ceppo derivarono nuovi generi, quali neopsichedelia, acid house, trance, new rave. San Francisco dal 1965 divenne la capitale incontrastata della psichedelia influenzata ulteriormente dallo scrittore Ken Kesey, dove nacquero rock band psichedeliche come Jefferson Airplane e Grateful Dead, mentre a Los Angeles nacquero i Doors e i Mothers of Invention. Altre famose band hanno contribuito alla psichedelia come i Pink Floyd, Beatles, Rolling Stones e The Jimi Hendrix Experience. Da qui in poi sono nati moltissimi sotto-generi e generi musicali caratterizzati dall'acid music tra cui l'acid rock, e, con l'avvento della musica elettronica, l'acid jazz. A partire dagli anni 1980, la musica psichedelica viene affiancata al ballo e all'EDM. Essa si presenta con un suono specifico, ottenuto utilizzando strumenti specifici, principalmente drum machine e sintetizzatori Roland nati negli anni ottanta,come il Roland TB-303 per i suoni di basso e il TR-909 e Roland TR808 per le percussioni. Pur essendo strumenti elettronici moderni, questi apparecchi hanno banchi di memoria di diversi suoni o patch, che necessitano di essere programmati manualmente, impostando apposite manopole di controllo. Il suono "acido" e psichedelico è stato ottenuto, inizialmente, dall'impostazione di questi controlli a parametri estremi, utilizzati in tempo reale mentre si era in fase di registrazione. Dunque, con il termine acid, in ambito di musica
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elettronica ci si può riferire specificamente ai suoni "acidi" e stralunati (bleeps) del synth Roland TB-303, o a qualsiasi altro sintetizzatore progettato per emulare il suo suono unico, difatti con il prolificare del genere anche altre case produttrici cercarono di adeguarsi nella produzione di synth dal suono analogo, senza mai riuscirvi completamente. Verso la metà degli anni 1980, a Chicago nasce l'acid house, un genere che condivide dalla psichedelia l'utilizzo della sperimentazione del suono e tendenzialmente anche quello delle droghe, il genere però è a sé stante, evolve in diverse direzioni, fino a crearne un sotto-genere della musica house. La acid house si sviluppa anche nei sobborghi dell'Inghilterra alla fine degli anni 80 e dà origine ad un movimento giovanile e culturale contro tendenza ispirato al suono della prima house, ma che ne condivide solo alcuni aspetti, ovvero l'utilizzo di synth con i quali ricreare bassline dal sound (per l'appunto) "acido" e macchine analogiche per la realizzazione delle basi ritmiche. Dopo l'avvento dell'acid house, la musica acida si è contaminata anche ad altre ritmiche danceelettroniche, è il caso dell'acid techno, dell'acid trance, della goa trance (da cui deriva la moderna psy-trance) e dell'acid breaks. L'acid music contaminata in questo modo non richiede essenzialmente un suono "facile", essendo concentrata maggiormente sulla struttura, una costante che la rende per questo anche meno commerciale, diversamente dall'acid house che, nonostante la presenza di elementi psichedelici, solitamente è di ascolto più facile e più intuitiva al ballo. Tuttavia, a metà degli anni 1990, l'acid entra a contatto con generi innovativi come quelli dello IDM che ne confermano uno stile assestante, non più identificativo in un solo genere, ma sempre più un elemento d'accompagnamento per tanti generi quindi anche flessibile alla melodia.
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Rallo: L’ Utopia europeistaco ntro l’ Europa da pag. 20 Risale a quell’anno, infatti, la svolta storica (o antistorica) impressa dall’allora Ministro del Tesoro, il professor Beniamino Andreatta, peraltro padrino politico del professor Romano Prodi Andreatta mise mano a penna e,con una semplice lettera all’allora governatore della Banca d’Italia – Carlo Azeglio Ciampi – sancì la rinunzia del Tesoro alla guida della Banca d’Italia. Un solo ostacolo rimaneva ancòra sulla strada della consegna ai privati del nostro sistema bancario: la bieca norma fascista (anch’essa risalente alla legge bancaria del 1936) secondo la quale l’azionariato della Banca d’Italia era riservato alle grandi “banche d’interesse nazionale” (Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano, Banco di Roma) ed agli altri istituti di credito di diritto pubblico (Banco di Napoli, Banco di Sicilia, Banco di Sardegna, Banca Nazionale del Lavoro, Monte dei Paschi di Siena, Istituto Bancario San Paolo di Torino, eccetera). A questo obbrobrio non aveva potuto porre rimedio la gioiosa corrispondenza AndreattaCiampi. Si era sancito il divorzio fra lo Stato e Bankitalia, ma questa restava al riparo dai venti delle privatizzazioni, giacché il suo azionariato era riservato a soggetti di diritto pubblico. Occorrevano ben 9 anni per porre rimedio all’imbarazzante appendice del deprecato ventennio. Ma, infine, si trovava l’uomo giusto per seppellire definitivamente il sistema bancario pubblico: era un altro dotto esponente dell’intellighenzia progressista, il professor Giuliano Amato, sopravvissuto alla disarticolazione del PSI craxiano e sempre nel giro della grande politica (oggi è giudice co-stituzionale). Nel 1990 Ercolino-sempre-in-piedi aveva appena lasciato la poltrona di Ministro del Tesoro, non senza aver incardinato la legge del colpo di grazia al sistema bancario pubblico. A presentarla ufficialmente sarà il suo successore Guido Carli (altro ex governatore della Banca d’Italia), ma ciò nonostante nessuno si sognerà mai di mettere in dubbio che la “Legge 30 luglio 1990 n. 218 concernente disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico” fosse un parto del genio poliedrico del socialista più amato dai mercati. Nel linguaggio politico corrente, infatti, tale legge è ancor oggi comunemente indicata come “Legge Amato”. Che cosa stabiliva la Legge Amato? Semplice: che gli istituti di credito di diritto pubblico diventassero società per azioni, cioè soggetti di diritto privato. Semplice come bere un bicchier d’acqua. In linea perfetta – peraltro – con le “direttive” degli organismi europei in ma-teria finanziaria.
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UN “ALLARGAMENTO” SUICIDA Ma torniamo all’argomento da cui avevamo preso le mosse, non senza essermi scusato con i lettori per la lunga ma opportuna digressione di carattere bancario. Dunque – dicevo prima – le uniche cose che l’Unione avrebbe unito realmente sarebbero state le leggi e le banche. Per il resto – come sarebbe stato facile immaginare – sarebbe stato il caos. Un caos i cui effetti sarebbero stati amplificati dalla pretesa dei due comparti unitari (legiferazione autoreferenziale e Banca Centrale Europea) di dettare le regole a tutti gli altri settori, cioè al 90 per 100 della quotidianità dei popoli europei: spesa pubblica, redditi privati, tassazione, previdenza, istruzione, sanità, eccetera. Ma questo era ancòra niente. Perché – come se non bastasse l’evidente inconciliabilità di standard di vita e livelli sociali dei primi Statimembri – gli stessi artefici del pasticciaccio iniziale programmavano un maggior danno per l’immediato futuro, un moltiplicatore di caos: era il cosiddetto “allargamento”. Non bastava l’enorme difficoltà di far convivere 12 o 15 sistemi socio-economici così profondamente diversi. Occorreva aggiungere all’utopia iniziale una ulteriore e più demenziale utopia, programmando l’ingresso nell’Unione dei paesi dell’Europa Orientale che erano appena usciti della economia comunista: altre economie, altre società, con livelli ancor più incompatibili rispetto a quelli dei primi Stati-membri. Detto e fatto. Ecco che – in men che non si dica – il previsto allargamento veniva realizzato senza tanti complimenti. Arrivavano, così, due isole ritardatarie (Malta e Cipro) e ben 11 paesi ex-comunisti: Bulgaria, Cechia, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Il totale della grande insalata saliva così a 28 (2007). E non era tutto, perché a tutt’oggi ci sono altri 7 paesi candidati ad entrare nell’Unione Europea, ivi compreso un paese nettamente asiatico come la Turchia.Senza contare l’Ukraina, ufficialmente non candidata e non candidabile, ma che gli ultras euro-obamiani vorrebbero far entrare in ’UE per propiziare una guerra contro la Russia. Siamo alla follìa. E non soltanto per i sognatori di incredibili scenari bellici, ma anche soltanto per alcune elementari considerazioni di carattere economico. Mi spiego meglio: non è umanamente possibile compatibilizzare i sistemi economico-sociali di paesi come il Lussemburgo (89.000 euro di PIL pro-capite) e di paesi come la Romania (PIL di 11.000 euro) o anche soltanto come l’Italia (PIL di 30.000 euro 1 . (Continua a pag.31)
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DONNU PANTU, PIU’ATTUALE CHE MAI Domenico Piro, meglio noto sotto lo pseudonimo di Duonnu Pantu (e non Donnu Pantu), nacque ad Aprigliano da una nobile famiglia il 14 ottobre del 1660. Il padre si chiamava Ludovico, mentre Giuseppe e Ignazio Donato, nati rispettivamente nel 1669 e 1672, erano figli di un fratello della madre, quindi cugini più giovani di Domenico. L’abitazione del Piro, sita nella frazione Santo Stefano Pera, era denominata “casa dei Notari” per la professione esercitata da molti della famiglia. Niente sappiamo della sua vita, all’infuori di qualche notizia da accettare con riserva tramandataci dal Gallucci. Altra notizia certa è l’anno della sua morte avvenuta nel 1696, come risulta dalla epigrafe dettata dal fratello Padre Isidoro Piro, filosofo e sacerdote dell’ordine dei Minimi, lapide custodita nella chiesa di Santo Stefano. Per quanto riguarda la sua educazione nulla o quasi è arrivato fino a noi. Una parte importante della sua breve esistenza certamente ebbero: il fratello Isidoro “eruditissimus”, come lo definisce il Barrio: i fratelli Donato, cugini del Piro; ed il fraterno amico Carlo Cosentini, col quale Pantu era solito trascorrere molte ore durante l’estate ad ispirarsi sotto l’ombra di un gelsomino bianco, posto nei pressi della casa dell’amico “scrivendo versi e traducendo in dialetto apriglianese la Gerusalemme Liberata”. Carlo Cosentini, inoltre, si recava spesso al mercato di Cosenza “per far tesoro delle vere frasi del nostro dialetto, che industremente ed a fatica raccoglievano dalla bocca delle donnicciole”, come dice il Salfi. Sappiamo con certezza che fu sacerdote. Queste sono le uniche notizie certe attendibili sulla vita del Pantu. Nella memoria storica, il personaggio di Duonnu Pantu si ripropone spesso come enigmatico e seducente sia sul piano intellettivo che emotivo per quanto i suoi versi imprimono nel nostro comprendere. Il personaggio, peraltro non facilmente identificabile per le scarse notizie storiche certe, per l’assenza di materiale che ne definisca l’identità storica e culturale, oltre ai dubbi di fondo, rimanda ad un intreccio di sensazioni e di ipotesi concettuali che definiscono e determinano il fenomeno “Pantu” come un mito tramandato da padre in figlio, attraverso una trasmissione orale dei suoi versi, a cui si sono associati aneddoti popolari. Tale processo, alquanto peculiare e decisivo nella raffigurazione del personaggio, ha finito con il circoscrivere la sua scarna biografia e le poche notizie storiche di un colore mitologico che ha racchiuso i contorni del personaggio, trasformandolo a volte in maschera popolare irridente e satirica, altre volte, proprio per la commistione e mescolanza di contrasti nei quali si confondono, non solo il sacro e il profano, “incenso e zolfo”, il bene e il male, il vero e il falso, il chiaro e lo scuro, la sacralità del corpo e la sua negazione,un mito tramandato di generazione in generazione’. Con Duonnu Pantu che il dialetto assume una dignità storica e culturale.
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Nel “Pantu”, o chi per lui, la vigoria linguistica che si esprime con naturalezza nel dialetto calabrese, è plasticità visiva che assume una forza evocativa unica. La Cazzeide è un componimento di ventuno ottave. Pantu paragona il suo secolo (il Seicento), in cui uomini e donne sono dominati dalla
lussuria, con la favolosa età dell'oro, ai tempi di Saturno, quando regnava l'innocenza e l'amore era solo unione spirituale con la persona amata. Il poeta ne dà la colpa alla dea Venere che, offesa più volte da Giunone in collera con lei, punisce le donne in modo che siano prese da forte eccitazione sessuale. Ogni donna è alla ricerca frenetica di un compagno per congiungersi carnalmente: non fa distinzione di età, di grado, di razza, di condizione sociale. L'invadente immoralità non ha più argini: il marito sa che la moglie lo tradisce e fa finta di nulla, fino a portarle l'amante in casa; così come il fratel-lo ride della sorella da lui sorpresa mentre fa all'amore. La Cunneide è un componimento di quarantotto strofe di quattro versi, di cui tre endecasillabi e un quinario che fa rima col primo verso. Pantu afferma che la maggior parte delle persone rincorrono le ricchezze facendone lo scopo principale della loro esistenza, mentre egli si accontenta di vivere alla giornata: una mangiata di castagne bollite, un po' di verdura, una bevuta di vinello da un fiasco lo rendono felice. Poco importa se veste poveri panni e porta ai piedi miseri calzari. Che gli altri si diver-tano pure, mangino a crepapelle, bevano in coppe d'oro e vadano anche fino a Roma. Egli non dà peso a queste cose prefe-rendo spassarsela nella sua Aprigliano. Quello che desidera veramente è fare all'amore. Non importa se con donne brutte o belle, sposate o nubili, vecchie o giovani, alte o basse, magre o grasse e così via. Solo rifiuta il rapporto sessuale - dice il poeta - chi è debole di schiena, chi non ha più buoni lombi. Non è forse vero che è proprio l'organo sessuale femminile a muovere ed a condizionare ogni cosa? Persino gli Dei furono presi da irrefrenabile passione per le donne: Giove nei confronti di Europella, Marte verso Venere, Piritòo per Persèfone. Mumuriale, include sei poesie: Lu mumuriale, la pruvista, tre sonetti chiamati Suniettu e quindi Canzuna. Lu Mumuriale è l'istanza che don Caprone, detenuto nel carcere del vescovato per aver commesso adulterio, presenta all'arcivescovo di Cosenza pregandolo di concedergli la libertà, adducendo a sua discolpa che ebbe sì rapporto sessuale con donna sposata, ma che non riuscì però a compierlo totalmente perché colto sul fatto. Inoltre, egli credeva di fare opera buona.
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LA FAVOL A DEL LA SE TTIMANA
CALIMERO E LE SETTE NANE UNA STORIA ALL’INCONTRARIO Di FRANCO PASTORE Realizzazione pubblicazione in ebook e stampa, per la scuola elementare Disegni del maestro Paolo Liguori - ISBN 9788891133052
Illustrazioni di Paolo Liguori Piansero per tre giorni pur tutti gli animali, al quarto, poi, decisero di fargli i funerali. Quando volle baciarlo sul viso e sulla bocca la principessa,allora,s’accorse della scocca. Togliendo la banana Kalimero si vegliò e con la principessa a lungo si consolò. Si fecero le nozze, fu festa nel reame, ballavan proprio tutti, ridevano le dame.
Vestite da nababbe si posero in cammino a mezzodì del sabato vi giunsero a puntino. Bussarono alla porta, curate e profumate, fu Brontolo ad aprire, a rimaner scioccato. Quello che venne dopo, tramandano con cura, tutte si maritarono ad arte ed a misura: Brontolo prese Brontola, Pisolo Pisolina, Dotto sposò la Dotta, Nannolo Nannolina. Dai sette nani nacquero sette nanette blu, allora eran ventuno, ma oggi è una tribù. Del resto il mondo è piccolo e i nani sono tanti: avunque son finiti, ahimè, tutti i giganti.
Pure il patrigno perfido, infine, fu invitato, ma per l’invidia il misero morì e fu spacciato. Il principe divenne il re d’ un grande regno le nane,in gran consiglio, misero il loro impegno: prima lo specchio infransero, col mago Sacripante, di poi, il vecchio Becero, lo fecero aiutante e nel palazzo vissero in pace e in armonia, è con l’amore fulgido che il vivere è magìa.
La storia ancor continua di falsi re e maghi di gelosie fatali, di delinquenti e draghi che, in ambiti diversi, vivono d’ipocrisia, dite la vostra, subito, ch’io ho detto la mia.
OLTRE LA STORIA Ma ora è d’uopo subito concludere l’istoria morendo, Sacripante, parlò, a sua memoria, d’un’altra storiella, più antica,più intrigante, d’una regina perfida: Grimilde la regnante. Saputo che vivevano al mondo i sette nani, le nane allor cercarono per porvi su le mani. In una casa simile, di lì molto lontana, facendo i minatori, campavano in campana.
Fine
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Rallo: L’UTO PIA EURO PEI STA co nt ro l’Euro pa- TRUM P da pag. 25 In realtà – fuori dalle elucubrazioni cervellotiche – si possono unire solamente realtà omogenee o almeno omogeneizzabili, compatibili o almeno compatibilizzabili. Ecco perché l’ipotesi di una Europa “a più velocità” appare realistica. Assai modestamente e senza alcuna pretesa scientifica il sottoscritto ne aveva accennato nei due articoli cui ho fatto riferimento in premessa, ipotizzando la suddivisione dell’attuale Unione Europea in quattro aree omogenee: una germanica e nordica, una latina e mediterranea, una baltica e mitteleuropea, ed una balcanica. Ma premessa indispensabile per una siffatta soluzione sarebbe la divisione della UE. Ciò che propone la signora Merkel, invece è il mantenimento della unione. Né, almeno, le “due velocità” da lei proposte si riferiscono alle economie dei paesi europei, ma soltanto ai “livelli di integrazione”. Tutto come prima, dunque. Questa assurda Unione disunita dovrebbe restare tale per tutto quanto attiene alla realtà politico-economico-sociale (retribuzioni, pensioni, tasse, sa-
nità, scuole, eccetera),ma potrebbe– bontà sua– dosare le velocità di adesione alla normativa accessoria emanata dalla burocrazia europea. Una concreta estrinsecazione di queste assai strane “due velocità” sarebbe – secondo l’esempio proposto dalla Cancelliera – la libertà dei singoli Stati-membri di adottare o meno una tassa aggiuntiva per finanziare l’accoglienza dei migranti! Per il resto, gli Stati-membri dovrebbero continuare a marciare ad una velocità sola: quella del Quarto Reich o,se preferite, dell’Unione Europea. Tanto, è la stessa cosa. Michele Rallo _____________ 1
D a t i d e l 2 0 0 8 , g l i u l t i m i a t t e n d i b i l i p r i m a d e l p r ecipitare della crisi economica mondiale
UNA VECCHIA FOTO DA
RICORDARE -----ROMA Anni 1970
Carlo Levi Gaetano Rispoli e
Franco Pastore
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IMMAGINI DI UN ALTRO TEMPO
‘O Stagnàro Passava una o due volte all'anno. Arrivava in bicicletta dietro alla quale aveva legato un piccolo carrettino contenente i suoi attrezzi. Era un artigiano capace di fare la stagnatura (ovvero quella particolare operazione mediante la quale la superficie interna dei recipienti di rame, veniva rivestiva di stagno), ma anche riparazioni tipo il rappezzo di buchi, o il livellamento delle ammaccature e sostituzione o riattacco dei manici rotti. La sua attrezzatura consisteva in una mazzuola per togliere le ammaccature, delle forbici per tagliare la lamiera, un martello per battere le superfici e ridurre gli spessori, una incudine fissata su un ceppo di legno che serviva di appoggio per renderla stabile, una lima in ferro, un attrezzo di ferro a forma di fungo che serviva per ribattere, le tenaglie con manici lunghi che servivano per mettere o togliere dal fuoco l’oggetto da riparare, il mantice per dare aria e ravvivare il fuoco, lo stagno in bacchette, carbone, acido muriatico e ovatta. Ispezionava l'oggetto da riparare che poteva essere una pentola, una padella, un calderone, un mestolo ecc.. valutava gli interventi da effettuare, e contrattava il suo compenso con la padrona di casa. Accendeva un fuoco con il carbone e lavorava sempre sottovento per allontanare da se i fumi e i vapori dell’acido e cambiava continuamente la sua posizione a seconda della direzione del vento. Prima di effettuare la stagnatura, eliminava le imperfezioni dell'oggetto da riparare, dovute a cadute durante l’uso, appoggiando il contenitore sull’incudine, battendolo al contrario e rinforzava la chiodatura di tenuta dei manici o la sostituiva con nuovi chiodi sempre in rame, realizzati al momento. Fatto questo, ripuliva la pentola dalle incrostazioni che si erano formate in seguito alla cottura del cibo, mettendo la pentola sul fuoco senza liquidi per portare lo stagno alla temperatura necessaria e farlo fondere con l’aiuto dell’acido muriatico. Una volta asportata la vecchia stagnatura, fondeva il nuovo stagno che rendeva la vecchia pentola come nuova. Questo è quanto ricordo di questo personaggio, serio e bravo nel fare il suo lavoro. Purtroppo gli stagnari, con il passare degli anni sono scomparsi, la grande industria ha messo sul mercato pentole e utensili in acciaio e in altri materiali che non necessitano più di questi interventi.
Perché si stagnano le pentole in rame? Il rame viene utilizzato per cuocere i cibi in quanto è un buon conduttore di calore, ma si stagna per avere la superficie di cottura esente dalle ossidazioni che danno luogo al verderame (solfato di rame) usato in agricoltura come fungicida e per la depurazione dell’acqua, ma che risulta nocivo per l’uomo anche se il rame è presente nel nostro corpo determinandone equilibri funzionali a seconda delle percentuali che vengono a determinarsi. La pulitura avveniva mettendo la pentola sul fuoco senza porvi liquidi dentro per portare lo stagno alla temperatura necessaria e farlo fondere con l’aiuto dell’acido muriatico. Una volta asportata la vecchia stagnatura, si procedeva a quella nuova che al termine del procedimento dava alla pentola o alla padella o al paiolo un volto nuovo più vivo che mai.Lo stagno fonde alla temperatura di 231, 9 °C, ma per effetto del trasferimento del calore all’olio di frittura o ai cibi in cottura resta a temperatura più bassa senza degradarsi. Poi è arrivata la plastica e assieme a nuovi tipi di contenitori la mentalità «usa e getta» del nostro tempo. Gli stagnari hanno perso la loro utilità e sono via via scomparsi.
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Αἲξ οὔπω τέτοκεν, ἔριφος δ' ἐπὶ δώματι παίζει (Zenobio) La capra non ha ancora partorito, e il capretto saltella già per casa Detto per ciò che non è ancora stato fatto, ma di cui si parla già come se lo fosse.
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IL MUSEO DIOCESANO SALERNITANO Di Paolo Liguori Sala VI - Il Seicento – IX parte
Agostino Beltrano (attr.) (Napoli, 1607‒1656), Il viaggio di Rebecca, olio su tela, Salerno, Museo Diocesano
Ignoto, XVII secolo, Agar e Ismaele nella tenda di Abramo (?), olio su tela, Salerno, Museo Diocesano .
Non è invece stato ancora identificato l’autore del dipinto esposto con l’indicazione tematica di Agar e Ismaele nella tenda di Abramo (fig. 36), sebbene sembri probabile la possibilità di un riferimento alla cultura artistica di Mattia Preti. Anche Il soggetto raffigurato richiede ulteriori approfondimenti per giungere ad una più precisa definizione. Infatti la rappresentazione del racconto biblico pre-senta alcune discordanze con il testo relativo alle storie del grande patriarca ebraico, aprendosi, piuttosto, ad un possibile confronto con la vicenda biblica di Giuda e Tamar, a cui rimanderebbe il particolare delle vesti della giovane, abbigliata come una prostituta. Nella scheda di inventariazione redatta dalla direzione del Museo, compilata prima dell’intervento di restauro del 1989, è riportata la data 1642 e la sigla AS, individuate dopo un esame a raggi infrarossi. Durante le indagini effettuate in previsione della manutenzione del restauro, non è stata ritrovata traccia alcuna delle suddette iscrizioni. Ancora tematiche veterotestamentarie sono illustrate nelle due tele attribuite ad Agostino Beltrano1, relative al Viaggio di Rebecca (fig. 37) e a Mosé che fa scaturire l’acqua dalla roccia (fig. 38),entrambe provenienti dal lascito Ruggi d’Aragona. - 30 -
In riferimento al primo occorre sottolineare come, la mancata indicazione iconografica nell’inventario del 1870 («Un quadro di un metro e centimetri ottanta per un metro e centimetri venti rappresentante un fatto biblico per lire venti»), abbia indotto ad una lunga incomprensione sul soggetto rappresentato. Interpretato a lungo come Lot si separa da Abramo2,solo di recente è stato correttamente posto in riferimento all’episodio relativo al Viaggio di Rebecca3. _____________
N. SPINOSA, Pittura napoletana… cit., figg. 43‒44. Sul pittore cfr. C. VOLPE, Un dipinto firmato e un’attribuzione per Agostino Beltrano, in «Paragone», 14, 1963, pp. 41‒43; ID., Un’altra opera firmata da Agostino Beltrano, in «Paragone», 25, 1974, pp. 82‒85; M. NOVELLI RADICE, Agostino Beltrano. Uno stanzionesco da riabilitare, in «Paragone», 25, 1974, pp. 67‒82; ID., Pittura napoletana del Seicento. Inediti di Agostino Beltrano e Nunzio Rossi, in «Arte Crisitiana», 72, 1984, pp. 143‒152; L. AMBROSIO, Un altro documento per Agostino Beltrano ed un’altra opera firmata, in Scritti di Storia dell’Arte in onore di Raffaello Causa, a cura di P. Leone de Castris, Napoli 1988, pp. 217‒222; M. FLEISCHER, Agostino Beltrano und Gregorio de Ferrari, in «Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte», 52, 1999(2002), pp. 153‒158; A. DELLA RAGIONE, Agostino Beltrano. Uno stanzionesco falconi ano, Napoli 2010. 2 A. CARUCCI, Il duomo di Salerno e il suo museo, Salerno 1964, p. 60; ID., Un itinerario d’arte, Lancusi 1997, p. 101. Con la stessa indicazione iconografica è segnalato in N. SPINOSA, Pittura napoletana… cit., fig. 44. 3 Scheda di catalogo in A. BRACA, Fra Napoli e Salerno… cit., pp. 136‒137; A. Cucciniello, scheda in M. PICCIAU, op. cit., pp. 104‒105. 1
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Rallo: L’UT OPIA EU ROP EIS TA con tro l ’Euro pa- TR UMP d a pag. 25 In realtà – fuori dalle elucubrazioni cervellotiche – si possono unire solamente realtà omogenee o almeno omogeneizzabili, compatibili o almeno compatibilizzabili. Ecco perché l’ipotesi di una Europa “a più velocità” appare realistica. Assai modestamente e senza alcuna pretesa scientifica il sottoscritto ne aveva accennato nei due articoli cui ho fatto riferimento in premessa, ipotizzando la suddivisione dell’attuale Unione Europea in quattro aree omogenee: una germanica e nordica, una latina e mediterranea, una baltica e mitteleuropea, ed una balcanica. Ma premessa indispensabile per una siffatta soluzione sarebbe la divisione dell’UE. Ciò che propone la signora Merkel, invece è il mantenimento della unione. Né, almeno, le “due velocità” da lei proposte si riferiscono alle economie dei paesi europei, ma soltanto ai “livelli di integrazione”.
Tutto come prima, dunque. Questa assurda Unione disunita dovrebbe restare tale per tutto quanto attiene alla realtà politico-economicosociale (retribuzioni, pensioni, tasse, sanità, scuole, eccetera), ma potrebbe – bontà sua – dosare le velocità di adesione alla normativa accessoria emanata dalla burocrazia europea. Una concreta estrinsecazione di queste assai strane “due velocità” sarebbe – secondo l’esempio proposto dalla Cancelliera – la libertà dei singoli Stati-membri di adottare o meno una tassa aggiuntiva per finanziare l’accoglienza dei migranti! Per il resto, gli Stati-membri dovrebbero continuare a marciare ad una velocità sola: quella del Quarto Reich o, se preferite, dell’Unione Europea. Tanto, è la stessa cosa. _____________ 1
Dati del 2008, gli ultimi attendibili prima del precipitare della crisi economica mondiale
DAMME ‘NU VASE
Da “CATULLO A NAPOLI”di Franco Pastore – Febbr. 2015 – Ediz. A. I. T. W. - GGKEY:28FR507EU9K E ca perpetua notte da dormire./ Dammi mille baci, poi cento, / poi mille altri, poi ancora cento, / poi sempre altri mille, poi cento. / Poi, quando ne avremo fatti molte migliaia, / li mescoleremo, per non sapere, / o perché nessun malvagio possa invidiarli, / sapendo esserci tanti baci.
Vevìmme, core mie magnàmme ammòre che ce ne ‘mbòrta de’ farfugliamiénte? Si parle ‘a ggente Nun nce ‘mpòrta niente: a vita è breve, po’… duòrme eternamente. Damme ‘nu vase, e mille e nati ciénte. E quanne so’ migliaia ‘sti mumènte, l’arravugliàmme ‘ndà nu firmamente, ca nu’ se po’ cunta’, pecché l’mmòre nunn’è malvagità.
. Esplicatio - E’ il canto del trionfo dell’amore tra Catullo e Lesbia, della consapevolezza della fugacità dell’esistenza: se quest’ultima è breve come un giorno, allora conviene non perdere nemmeno un istante di possibile felicità. Constructio - Si noti l’uso dei congiuntivi esortativi (v. 1: “Vivamus [...] atque amemus”) e dell’imperativo (V. 7: “Da mi basia mille”), la scelta di termini tipici del parlato (v. 7: “basia”, l’esclamazione al v. 3) alternati a termini tecnici o specialisti-ci (v. 11: “conturbabimus”; v. 12: “invidere”), il ricorso ad una sintassi piana e costruita prevalentemente per paratassi, in cui è rilevante il ricor-so alla figura retorica dell’anafora.
Carme quinto - Vivamus mea Lesbia, atque amemus,/ rumoresque senum severiorum / omnes unius aestimemus assis! / soles occidere et redire possunt: / nobis cum semel occidit brevis lux, / nox est perpetua una dormienda./ da mi basia mille, deinde centum,/ dein mille altera, dein secunda centum, omoteleuto / deinde usque altera mille, deinde centum. / dein, cum milia multa fecerimus, conturbabimus illa, ne sciamus,/ aut ne quis malus invidere possit,/ cum tantum sciat esse basiorum. Traductio - Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo, / i brontolii dei vecchi troppo seri / valutiamoli tutti un soldo! / I soli posson tramontare e ritornare:/per noi, quando una volta la breve luce tramonti, / c'è un'uni-
Metro: Endecasillabi faleci. Note semantiche - 4 Assis: “asse”; si trattava di una moneta originariamente del valore d’una libbra, ma il cui valore s andò riducendo nel tempo, diven-tando quindi termine popolare per indicare una moneta di poco valore. Catullo sembra essere il primo a usare questa espressione; in Plauto e Terenzio, invece si trovano più frequentemente espressioni come focci, nauci, pensi, nihili. Soles: i “soli” sono una metonimia classica per i dies, . Nox: la “notte” metafora della mors, la “morte”. Da notare l’antitesi tra fine del v. 5 (lux) e l’inizio del v. 6 (nox), segnat da due diversi momenti del giorno e dell’esistenza. Nei vers 4-6 viene espresso il topos così caro ai poeti latini del godere e profittare della breve vita che è concessa all’uomo, lo ritroviamo ad esempio anche in Orazio, nel componimento del Carpe diem (Odi, I, XI). 7Basium, un termine popolare, ebbene, il poeta lo preferisce a osculum. Infine invidere è usato da Catullo nel significato di portare sfortuna.
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Regimen Sanitatis Salernitanum - Caput LXIII e LXIV -
DE SINAPI Et DE VIOLA Est modicum granum siccum calidumque sinapi: dat lacrymas, purgatque caput, tollitque venenum.Crapula discutitur, capitis dolor atque gravedo; purpuream violam dicunt curare caducos.
È il granel piccolo ed alido della senape assai calido: purga il capo, il tosco smove e le lacrime promuove. La viola vince ebrezza e del capo la gravezza, con il mal caduco ancora, la violetta agisce a ogn’ora.
LEVIORA
Una bella signora sui quarantacinque anni entra in un negozietto per grandi, si avvicina al commesso e gli chiede un vibratore. Il commesso la conduce presso una vetrina di esposizione e la invita a scegliere e per discrezione si allontana. La signora osserva uno ad uno gli oggetti esposti e quando ha scelto chiama il commesso: "io avrei scelto" e il commesso: “prego signora mi dica” e lei: "vorrei quello color ocra, quello marrone lassù e quello rosso” ed il commesso: "per quello ocra e quello marrone nessun problema sono nel retro, ma gentile signora l’estintore non è in vendita”. Un carabiniere si arrampica su un albero, passa il suo maresciallo, che lo vede, si avvicina e gli chiede:"e tu che ci fai sopra quell'albero?" e quello risponde: "ho chiesto al maresciallo forestale che tipo di alberi sono questi, e lui mi ha risposto: salici!". Perché la carta igienica che usano i carabinieri è lunga il doppio della nostra? Perchè sulla prima parte ci sono scritte le istruzioni! - 32 -
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FOLLIE “ARTISTICHE” DI GIUFFRIDA FARINA
Solo chi ha il coraggio di affrontare i grandi insuccessi può ottenere grandi successi. _______ Albert Einstein iniziò a parlare a quattro anni, a scrivere a nove. La sua insegnante di latino gli disse: “tu non sarai mai nessuno”. - 33 -
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IL SAPORE DELLA RESPONSABILITA' C’è nell’aria un sapore strano, sapete, no, non potete saperlo, e spero tanto, che non lo scoprirete mai, quel sapore di cui sto parlando. E’ il sapore del sangue mischiato al carburante, del ferro contorto, dell’acciaio bruciato. Un sapore strano appunto, dove marca il territorio l’assenza eterna che diventa presenza costante, il fuori posto, qualcosa che manca all’appello oggi e pure domani. Ci si arrabatta a reperire attenuanti generiche prevalenti alle aggravanti, a osservare poco più in là, qualche metro da noi, dall’altra parte della strada, della via, a casa tua, non certamente nella mia. Guardiamo spesso, sempre più spesso agli altri, lontani, sconosciuti, nel tentativo maldestro di autoassolverci. Ogni volta che ci assale la tragedia, l’inciampo, l’ostacolo duro come pietra che dura, scaraventandoci sulle ginocchia con la testa reclinata in avanti, restiamo disperatamente aggrappati alle nostre medagliette appuntate sul petto, con la convinzione di averla fatta franca ancora una volta, infantilizzati al punto di agognare il primo posto alle olimpiadi delle commiserazioni. Da giorni si susseguono le dicerie sprovviste di orme, le filmografie da due cents, i racconti azzoppati, le balle e le verità contrapposte. Si alternano le offese, gli insulti, le spocchie miserabili di chi sa tutto, di chi sa niente, di chi vorrebbe esser all’altezza di salvare il mondo, mentre questo mondo tra macerie e detriti, lo potrà salvare soltanto un Uomo, il nostro amico dei piani alti, a noi non resta che tentare, ma per davvero, una sorta di ortopedia esistenziale di tutti giorni, dei gesti quotidiani ripetuti, per meglio vedere a un palmo dal nostro naso, dove non intendiamo vedere, figuriamoci se ascoltiamo il cuore. Una trasmissione dietro l’altra, dossier, incontri, confronti, dove ognuno e ciascuno sta ben stravaccato nei salotti buoni, anche in quelli sgangherati, interloquendo forbitamente sul problema mai risolto dell’essere, di morale, di etica, di sistemi complessi, un po’ meno e più comprensibilmente di un adolescente che ha deciso di mollare improvvisamente la sua vita, badate bene, non ho detto gli ormeggi, per quanto un quattordicenne sappia cosa significhi capacità di scelta, responsabilità, dunque la stessa libertà di sentirsi libero dentro. Diatribe manipolanti fino al punto di etichettare una madre senza più la propria carne in grembo, simile a un bicchiere vuoto capovolto, come fosse naturale
imputarle la scomparsa del proprio figlio. Giorni e giorni a giudicare e condannare senza l’ultima volontà di un perdono, dapprima quella donna, poi chi ha mandato le forze dell’ordine, infine definendo la droga apparentemente non sia affatto droga, perché non fa male, anzi fa stare bene, di più, è assai meno pericolosa di una responsabilità venuta meno. Ore e ore spese a contrapporre ideologicamente il diritto alla tutela della vita al dovere di rispettarla quella vita, compito che spetta a ognuno e ciascuno, non solamente delegando allo Stato azioni salvifiche oppure l’eventuale epitaffio. Quando di mezzo c’è un giovane, il suo disagio, il suo malessere, possiamo metterla giù come meglio ci aggrada, affibbiando tutte le colpe ai genitori, stabilendo arbitrariamente che non si tratta di una madre coraggio, che addirittura l’irresponsabilità ha la sua residenza nella dimora di quell’adolescente, non nella sua cameretta. Possiamo tritare la realtà come meglio vogliamo, svuotare della sostanza le parole e le stesse responsabilità degli aggettivi usati come corpi contundenti, rimane quel sapore strano che non ci consente di fare spallucce, di fare finta di niente, di cavarcela additando questo e quello, perché a volte, soprattutto in questo caso, volenti o non volenti, la spiegazione si cela nei dettagli. E quel dettaglio potrebbe esser domiciliato in una domanda che sembra non possedere permesso a mostrarsi: ma davvero c’è qualcuno che è d’accordo a consentire l’uso di sostanze al proprio figlio?
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Vincenzo Andraous Ἄριστον μὲν ὕδωρ. Àriston men hýdōr "L'acqua è comunque la cosa più grande." (Pindaro, Olimpica, I, 1)
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UNA DONNA NELLA LETTERATURA a cura di Andropos
ISABELLA ARCHER Dal romanzo Ritratto di signora di Henry James.
Isabel è la protagonista di Ritratto di signora, classico della letteratura di Henry James, una donna di carattere dotata di particolare bellezza e intelligenza che non esita ad esprimere le proprie opinioni, avendo una gran voglia di forgiare il proprio destino. Il suo personaggio infatti è pieno d’amore incontenibile verso il mondo, animata dalla curiosità, dal desiderio, dalla voglia di conoscenza e di fare esperienze. Durante la storia, però, nonostante la sua forza interiore e la sua purezza d’animo, Isabel diventerà più umana, commettendo errori e conducendo una vita completamente diversa da come si aspettava. Isabel Archer, la protagonista di Ritratto di signra di Henry James, diventata molto ricca grazie all’eredità ricevuta dallo zio Touchett, dopo aver rifiutato due ottimi e ricchi pretendenti (l’industriale americano Caspar Goodwood e l’inglese Lord Warburton) finisce per innamorarsi e sposare l’ambiguo Gilbert Osmond andando così incontro a una vita segnata da solitudine ed infelicità. Come spesso accade nei romanzi di James, mentre ci sono momenti che vengono narrati con minuziosa analiticità, altri vengono invece completamente (e volutamente) taciuti. James non racconta, ad esempio, la scena del fidanzamento con Osmond, che risulterà fatale per Isabel. Per molti lettori rischia di rimanere così non del tutto comprensibile la motivazione profonda che porta una ragazza che respingendo la domanda di matrimonio di Goodwood aveva detto “Amo troppo la mia libertà. Se c’è qualcosa al mondo alla quale io sia attaccata […] è la mia indipendenza personale” a cadere poi tanto ingenuamente nella trappola tesale da Osmond e dalla sua amica madame Merle. Chi non si è invaghito di Isabel Archer, sublime protagonista del romanzo ? Fin da quando entra sulla scena, James per primo la ama di un amore premuroso e devoto quale merita una creatura così vitale, intelligente, luminosa, curiosa del mondo. E purtroppo – come dirà Pietro Citati – “vittima attesa dalla ragnatela del Male”. Lei che desiderava essere libera, imbeversi di vita e di conoscenze, dovrà, invece, tarparsi le ali in un matrimonio sbagliato. Ma pure nella cupezza di quel destino, Isabel irradia luce, è ‘altro’ dalle meschi-
nità, dalle cattiverie più o meno esplicite che la circondano. […] Isabel si avviò lenta all’altro capo della galleria e là rimase volgendogli le spalle incantevoli, lasciandogli campo di ammirare così la sua snella e armoniosa figura, il suo fragile collo bianco mentre chinava la testa, e la densità delle sue trecce scure. Si arrestò davanti a un piccolo quadro come se volesse osservarlo da vicino: c’era qualcosa di così giovane e di così libero nei movimenti della ragazza che la stessa loro armonia sembrava schernirlo involontariamente. Ma gli occhi di lei non vedevano nulla poiché si erano improvvisamente riempiti di lacrime. Quando egli le tornò vicino un momento dopo, le lacrime erano scomparse, ma il viso era pallido e lo sguardo turbato. Si volse a lui: – Quella ragione che non volevo dirvi, ve la dirò se lo desiderate. È che io non voglio sottrarmi al mio destino.
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Ἀγροίκου μὴ καταφρονεῖ ῥήτορος. Non sottovalutare le parole di un contadino
Ἄκαιρος εὔνοι' οὐδὲν ἔχθρας διαφέρει.
Un amore inopportuno non è diverso dall'odio ZENOBIO
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