Antropos in the world settembre 2017

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European Journalism - GNS Press Ass.tion - The ECJ promotes publishing, publication and communication- P. Inter.nal

LE PROBLEMATICHE DELL’INFANZIA

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MALTRATTATA ( parte V )

ANNO XIII N.RO 7 Settembre 2017

Pag. 1. Pag. psicologica 2. Il ruggito del leone 3. L’angolo del cuore 4. La comunicazione 5. Campania felix 6. Aulos 7. Veritàè nascoste 8. Aforismi 9. L’autore del mese 10. La donna nella stiria 11. Il minore maltrattato 12. Ptremio di Poesia 13. Debito pubblico 14. Giuseppe Fummo 15. Cilentani ultracent.ri 16. Salerno Longobard.um 17. Pagina medica 18. Hans Kung 19. Stracassone 20. Ad usum Delphini 21. Oca ed Anatra 22. Paura dei Carabinieri? 23. Lorella Zanardi 24. Storia della musica 25. Demograf ia 26. Duonnu Pantu 27. La favola della settim. 28. Foto da ricordare 29. I Lampadé 30. Il Museo Diocesano 31. Catullo a Napoli 32. Regimen sanitatis 33. Il mio maestro 35. Joe March 36. Articoli di Andraous 37. Redazioni e riferimenti

La violenza economica, infine, è una forma di maltrattamento molto usata, quando il padre abusante vuol esercitare un controllo abissale sulla moglie e il resto della famiglia. Ciò accade quando il marito non permette alla moglie di lavorare, la tiene all’oscuro delle entrate e delle uscite familiari, e controlla anche le minime spese, creando in famiglia un clima di ristrettezze o in povertà, anche se dispongono risorse economiche sufficienti ad una vita decente. Violenza economica è anche quando, nel caso di separazione, il coniuge economicamente più forte non paga l’assegno di mantenimento per i figli. I Servizi che da anni si occupano della prevenzione e tutela alle donne vittime di violenza, hanno potuto rilevare che in ogni singolo caso, a più livelli è stata rilevata violenzeconomica, ma raramente viene dalla donna riconosciuta, dichiarata e denunciata. Spesso la violenza economica viene accettata dalla società come un delitto minore, senza pensare che sminuendo il fenomeno si spingono le vittime ad arretrare nel loro cammino verso l’uscita dalla violenza. Paradossalmente, la dipendenza economica dal partner è dichiarata come causa principale per cui le donne non si separano, o non osano denunciare l’uomo per abusi e violenze. La violenza economica affiora in forma di sfruttamento della forza lavoro, di divieto di svolgere attività lavorativa fuori casa, di negazione di accesso al reddito comune, di privazione della indipendenza economica e di accumulo di debiti. La donna perde autostima e indipendenza. Viene isolata, non può più permettersi nulla, la sua esistenza è legata alla casa, viene derubata della sua libertà. E’ evidente che quanto sopra apre un universo d’amarezza profonda, che vive di una violenza e di uno squallore inusitati. Una serie infinita di giorni tristi e senza senso inducono ad una lenta agonia dello spirito, spegnendo, ad ogni passo, ogni entusiasmo per la vita.

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1. LE PROBLEMATICHE DELL’INFANZIA MALTRATTATA –child abuse, saggio breve di Franco Pastore - A.I.T.W. Edizioni – Febbraio 2016 - Ebook cod. GGKEY:BZSUHT15QFF E 2. B.Lowenthal, Riconoscere e aiutare i bambini vittime di maltrattamento e abuso, in <<Difficoltà di apprendimento>>, vol. 4, n. 2, 1998.

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Antropos in the world

MINNITI: IL RUGGITO DEL CONIGLIO

Dove eravamo rimasti? Ah, si... Ai migranti che erano una risorsa e che stavano lavorando per noi: per fare i lavori che gli italiani non vogliono più fare e per pagare le nostre pensioni. Poi, fra luglio ed agosto, è arrivato il contrordine: basta con le barzellette, la situazione sta precipitando e occorre tranquillizzare gli italiani, prima che Salvini prenda il 90% dei voti. E così, dal cilindro del prestigiatore che muove i fili dell’invasione programmata dell’Italia è stato tirato fuori un coniglio, anzi un’intera famiglia di conigli: il rigore (rido!), una benevola tiratina d’orecchi alle ONG (non il sequestro delle navi che svolgono il servizio taxi dalla Libia), gli accordi con il cosiddetto governo libico per ridurre (non per fermare) gli sbarchi, i chiacchiericci di Bruxelles per avere i complimenti dell’Unione Europea per la “linea ferma” tenuta dall’Italia. Come a dire, che le barzellette sono state sostituite da una sceneggiata.Il risultato, però, è sempre lo stesso: l’invasione continua, e il governo italiano non vuole fermarla, vuole soltanto usare un po’ di vasellina. Per la bisogna, c’era già l’uomo giusto al posto giusto: Marco Minniti, già comunista, poi dalemiano di ferro, lesto a montare sul carro di Renzi prima di essere rottamato e – ci scommetto – pronto a cercarsi un angolino in qualche altra confraternita per l’imminente stagione post-renziana. Minniti è comunque una persona intelligente: fiuta l’aria che tira (come la fiuta Grillo), capisce che la complicità col disegno immigrazionista di Soros non incanta più nessuno, comprende che alle prossime elezioni gli italiani massacreranno i partiti dello Ius Soli e dell’accoglienza. E, così, veste i panni di Dracone e fa il duro. Il primo segnale lo dà con un regolamento cui le ONG devono sottostare: vietato fare carinerie agli scafisti andando a prendersi i migranti a poche bracciate dal bagnasciuga, ma obbligo di aspettare al limite delle acque territoriali ed accettare la presenza di poliziotti a bordo. Poi c’è la lunga teoria dei suoi viaggi all’estero, da Bruxelles a Tripoli, fino al grande deserto che separa l’Africa araba dall’Africa nera. La parola d’ordine – mutata dalle genialate del Vispo Tereso – è “aiutiamoli a casa loro”. Un altro bluff di pura marca renziana, un altro sfoggio di parole in libertà. Perché gli aiuti “a casa oro” possano incidere realmente sul tessuto economico-sociale dell’Africa Centrale occorrerebbe non meno di mezzo secolo.

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Un tempo più che sufficiente perché gli africani passino dal miliardo di oggi ai due miliardi previsti dalle statistiche demografiche per l’immediato futuro; e perché la loro migrazione – pilotata dai “filantropi” che vogliono distruggere l’identità dei popoli europei – ci sommerga completamente. Ma lasciamo stare le previsioni demografiche globali, e torniamo allo scenario casereccio di questa (torrida) estate italiana dell’anno 2017. Dunque, nel costruire pezzo per pezzo la sua immagine di “uomo forte”, ecco che a un certo punto il duro calabrese si trova indirettamente a gestire lo spinoso caso di un grande caseggiato di proprietà privata (appartiene a un fondo pensioni) che da molti anni è stato illegalmente sottratto ai legittimi proprietari ed “occupato” da una nutrita colonia di “rifugiati”. Si tratta di un edificio noto come palazzo Curtatone, vicino a Piazza Indipendenza, in pieno centro storico di Roma. Quintali di denunce non erano stati sufficienti ai legittimi proprietari – siamo nella patria del diritto! – per ottenere il ripristino dei loro diritti oltre che della normale legalità. L’immobile era stato, di fatto, lasciato nella disponibilità di certi “movimenti per la casa” che agivano con grande disinvoltura, disponendo del caseggiato come se fosse di loro proprietà; fino al punto di “affittare” a terzi interi appartamenti, o anche singoli posti letto per una o più notti. Una parte dell’immobile, poi, era destinata a “uffici” di organizzazioni malavitose che gestivano attività criminali: spaccio, ricettazione, prostituzione e, soprattutto, tratta di esseri umani. In sostanza, era un “santuario” dell’illegalità. Lo sapevano tutti, ma le denunce dei derubati e le rimostranze degli abitanti del quartiere erano state regolarmente ignorate. Come anche una dettagliata interro-gazione parlamentare dell’onorevole Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), che invitava il Ministro degli Interni del tempo – il mitico Angelino dalla proverbiale coerenza – a battere un colpo. In verità, a seguito dell’intercettazione di alcune telefonate fra gli scafisti libici e i loro complici a Roma, nel 2016 la Guardia di Finanza aveva arrestato 12 eritrei proprio in quello stabile, ma la cosa non aveva avuto un seguito. C’era stata anche una circospetta e circoscritta visita delle forze dell’ordine, ma – a quanto pare – qualcuno aveva provveduto a preavvertire gli occupanti, onde consentire di mettere in ordine qualche stanza da f are ispezionare. ( Continua a pagina 5)


Antropos in the world L’ANGOLO DEL CUORE

Da “ Respiri di vento ”

Silloge di Franco Pastore (978-88-567-8247-9– Editrice Albatros- Filo – Roma ISBN 978-88-567-8247-9

SOLITUDINE

Το ήλιο τou ὄρθρου

Spuntano le stelle nel cielo di primavera, ma la mia anima è come spiaggia di sera. Con la mia ombra, bisognoso d’amore, ho voglia di tenerezza, nella terra del cuore.

NOTTI DI LUNA

Της σελήνης νυκταἱ

VIVERE DI SOGNI

Quando giunge la notte, sotto il fremito delle stelle, m’aggrappo ai sogni ed alle cose belle.

Tῶν ὀνειρῶν βιῶναι

Nelle crepe dei massi palpitano scaglie di mare, mentre, ghiotti d’azzurro, volano i gabbiani.

la brezza mi porta l’odore del mare, nascosto nel petto mi palpita il cuore.

Tra prodigi di sole, sussurrano le onde sulla sabbia scura, lo sguardo fruga, ma il cuore ... non teme la paura.

Come lacrime di vita, ch’il tempo tradisce per via, solo i sogni restano a farci compagnia.

Corre la mente al profumo dei gerani, che sentirò più tardi, nel languire del giorno.

MOMENTO ‘H χρόνου στιγμή Come un vecchio rimorso, l’ansia scende nel cuore e, nel silenzio che muore, agita ciò ch’è trascorso.

Ora, di luce sono adorno e finché non si fa avara, voglio vivere di sogni e non di realtà, ch’è così amara.

Le stelle si spengono in cielo e dietro una nube che imbruna incerta s’occulta la luna.

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Antropos in the world

LA COMUNICAZIONE COME ABILITA’FONDAMENTALE A CURA DI FRANCO PASTORE

E’ un alterato stato di coscienza a rallentare le onde ce-rebrali, una sorta di induzione, che ci apre e ci rende particolarmente ricettivi durante un film romantico al cinema, o ascoltando le note di una vecchia canzone. Hai mai acquistato qualcosa di inutile, ma che hai sentito di dover “possedere”, solo per uno spot o per seguire il consiglio buttato là da un amico? In tutti questi casi, eri in trance: stavi vivendo uno stato ipnotico. Resta da capire chi o cosa abbia indotto queste trance ipnotiche, e quanto ne fossi consapevole. L’Ipnosi Conversazionale è una forma leggera di Ipnosi Indiretta che inizia con la creazione del famoso rapporto evidenziato dalla Programmazione Neurolinguistica. Semplificando, creare rapporto significa creare un rapporto umano basato sulla somiglianza: - fisiologica (respiro, ritmi verbali, postura, battito delle ciglia), - lessicale (aggettivi, avverbi, sostantivi e verbi utilizzati), - ideologica, presentando le nostre idee in modo “ovattato”, cercando, nei limiti del possibile, di non urtare palesemente i valori e le convinzioni del nostro interlocutore. Ognuno ha confini diversi per il proprio Sé, così come ognuno di noi è molto di più di ciò che pensa di essere e sa molto di più di ciò che pensa di sapere”. L’ipnosi è una terapia antica e moderna, le sue origini si ritrovano nel Papiro Ebers risalente al periodo dell’Antico Egitto. A seguito di lunghe evoluzioni, l’ipnosi è oggi uno strumento moderno di grande efficacia sperimentale. Essa si utilizza: - Per la crescita della persona; - per assumere maggiore controllo su di sé, tanto controllo da ridurre la percezione del dolore; - per tornare indietro nel tempo e superare problemi psicologici: ansia, fobie, ossessioni, bulimia, anoressia, depressione, attacchi di panico, dipendenze patologiche e molti altri problemi. - per superare l’ansia pre-operatoria, la paura del dentista ed altro; - per suggestionarci positivamente (obiettivo è chiamato in modi diversi dalle varie teorie ull’ipnosi: rinforzo dell’Io, creare un cuscino mentale positivo e altro. Il pensiero positivo è fondamentale per la nostra performance,tramite l’ipnosi possiamo infatti aumentare la nostra percezione di autoefficacia, ovvero, la percezione di essere in grado di mettere in atto le azioni necessarie per raggiungere un determinato obiettivo. Le tecniche principali di approccio all‟ipnosi si differenziano in dirette ed indirette.

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- PARTE SECONDA -

Le suggestioni dirette fanno appello alla mente conscia e producono un comportamento rapportato alla capacità dell’interlocutore. Purtroppo la mente conscia non è in grado di assecondare volontariamente le suggestioni psicologiche e per questo motivo non si può raggiungere volontariamente il cambiamento di un comportamento, ma bisogna dare origine a questo processo a livello involontario. Le forme di suggestione indiretta sono ap-procci che facilitano questo processo a livello inconscio. Non dicono al paziente cosa deve fare, ma facilitano il si-stema di risposte che il paziente può dare autonomamente senza compiere uno sforzo cosciente. Questa suggestione si traduce non in ciò che viene detto dal terapeuta, ma ciò che il paziente fa con quello che gli viene detto. Esaminiamo ora alcune tecniche indirette e dirette. Nelle ipnosi indirette, l’approccio di disseminazione: consiste nel pronunciare all’interno di una frase una parola che favorisca le associazioni del paziente in una determinata direzione, per esempio disseminare parole e concetti che suggeriscono benessere, utilizzando le strutture di riferimento del paziente così da portarlo ad un maggiore rilassamento senza indurre esplicitamente la trance.  Truismo che utilizza processi ideodinamici: è una semplice constatazione di fatto su un comportamento che il paziente conosce molto bene e che non può negare. Anche questa è una tecnica che favorisce le associazioni, se per esempio si parla di una sensazione nota al paziente, egli sarà portato involontariamente a ricordare e sperimentare quella sensazione.  Truismo che utilizza il tempo: è un’affermazione riguardo le sensazioni che il paziente proverà che non definisce esattamente il momento in cui verranno percepite. In questo modo si lascia al paziente tutto il tempo che gli è necessario affinché le associazioni mentali lo portino a sperimentare la sensazione descritta. ( Continua)


Antropos in the world MINNITI … CONTINUA

DA PAG.2

Di ciò l’onorevole Rampelli ha esplicitamente accusato l’impareggiabile Angelino. Sia stato come si a stato, comunque, il furbo Minniti avrà probabil mente pensato che questo poteva essere il caso clamoroso che mostrasse a tutti la differenza tra il suo polso di ferro e il polso di ricotta del predecessore. Ed avrà dato anche per questo il suo assenso ad una salutare azione di sgombro, che evident emente prevedeva che la polizia inter venisse come si inter viene in casi del genere, cioè con la for za. Natural mente, il f ior fiore degli occupanti si è asserragliat o nel caseggiato ed ha “opposto resistenza” bombardando i poli ziotti con ogni oggett o a disposizione, a comi nciare da una folta dotazione di bombole di gas. Ora,lascio all’intelligenza di chi legge valutare l’effetto devastante di una bombola di gas lanciata dai balconi sui corpi di chi sta sotto. Ebbene, di fronte a questa situazione, un funzionario di poli zia ha gridato ai suoi uomi ni che, se qualcuno avesse lanciato bombole, i poli ziotti avrebbero dovuto “s paccar gli un braccio”. La qual cosa – sia detto per inciso – è il “mini mo sindacale”,atteso che il lancio di bombole dall’alto è a tutti gli effetti un tentato omicidio.

Apriti cielo... Ber gogliani e boldriniani sono insorti come un sol uomo, accusando la polizia di aver agito con “inaudita violenza”. E non solo, ma anche contestando – siamo all’incredibile – la tutela giuridica del diritto di propriet à a fronte di un incodificato “diritto umanitario”. E, a questo punto, che cosa ha fatto l’uomo tutto d’un pezzo?Ha convocato una bella conferenza stampa, ed ha diffidato i prefetti dal procedere ad altri sgombri, a meno che i sindaci non offrano “soluzioni alternative” per ospitare i profughi . Di ri mandarli a casa loro - naturalmente - neanche parlarne. Questo è l’uomo forte del governo. Fi guriamoci gli altri. Michele RALLO

“Infanzia maltrattata adolescenza e vecchiaia, le problematiche” di Franco Pastore A.I.T.W. Edizioni – Ebook GKEY:B53CCC79QJG – presso le Biblioteche Universitarie di Cagliari, di Modena, di Lucca, di Padova, di Pavia, di Roma, di Napoli.

Nel progetto globale di miglioramento della qualità della vita, il bilancio del secolo trascorso non lascia alcuna eredità positiva. Nell’ultimo secolo, si sono concentrate le maggiori aspettative per l’uomo, come nello stesso secolo si è assistito alle più paradossali contraddizioni: un mondo attuale diviso tra regioni geografiche che “spingono”, demograficamente annichilite dal sottosviluppo, ed altre che “indietreggiano”, frenate da uno sviluppo ingovernabile e da una discriminante opulenza. Tra l’altro, l’attacco all’umanità di virus micidiali, è quasi un messaggio di morte attesa, che viene dai prioni. Questa è l’anticipatio all’aurora del III millennio: alla manifesta arroganza dell’uomo che, nel decodificare il genoma, promette a se stesso l’immortalità, si contrappone la natura, con i suoi ineffabili servo-meccanismi di controllo, che frena questa spinta “onnipotente”. Occorre, allora, dare spazio all’umiltà dell’uomo di scienza, con i suoi dubbi, nel rispetto del metodo scientifico, non disgiunto dai principi etici, che attengono alla missione millenaria della natura e dell’uomo Quell’uomo, nel nostro caso, non più adulto che deve ambire nel suo progetto esisten-ziale a mantenere un corpo e una mente efficienti, obiettivo che diviene pertanto il primo scopo della medi-cina del terzo millennio. Una medicina nella quale la parola prevenzione sia priorità assoluta, in tutti gli stadi della vita: dall’infanzia all’adolescenza, dall’età adulta, alla terza e quarta età. E’ questa strategia preventiva, nelle sue diverse articolazioni, che appare invece trascurata nel nostro operare sanitario attuale, rivolto quasi sempre alla cura e alla riabilitazione. Avv. Dott. Grimaldi Raffaele

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Antropos in the world

Αὐλός

Musica e canti nella Grecia antica

© by Franco Pastore - Antropos in the world Salerno 2017 ISBN GGKEY:ZWAHC78XB99 – SECONDA PARTE

Un altro strumento dell'antica Grecia fu la cetra, utilizzato, generalmente, per accompagnare i racconti delle leggende degli dei e degli eroi. La cetra, chiamata anche lira, era ritenuta sacra al culto di Apollo, dio della bellezza simboleggiava una diversa idea della musica, molto più razionale della musica associata al dio Diòniso. La lira consisteva in un cassa di risonanza dalle cui estremità salivano due bracci collegati ad un giogo. Tra la cassa e il giogo erano tese le corde: dapprima 4, poi 7 ed anche in numero maggiore. La lira veniva suonata pizzicando le corde con un plettro d'avorio e ve erano di quattro varietà: la forminx degli aedi, la pectis lidia, una piccola arpa, e la grande magadis, una grande arpa. L'επιγονιον era una specie di arpa con quaranta corde, utilizzata dagli antichi Greci. Essa è stata ricreata grazie alla collaborazione di decine di studiosi che lavorano al progetto europeo Dante, che si occupa di creare reti informatiche per ricercatori e scienziati. Il gruppo non ha ricostruito lo strumento, ma il suo suono, utilizzando le antiche fonti storiche che descrivono lo strumento: testi lasciati dallo ______________ Apollo,,il Dio della poesia è il capo delle Muse, viene anche descritto ome un provetto arciere in grado di infliggere, con la sua arma, rribili pestilenze ai popoli che lo contrariavano. In quanto protettore ella città e del tempio di Delfi, Apollo è anche venerato come io oracolare, capace di svelare, tramite la sacerdotessa detta Pizia, il turo agli esseri umani. Anche per questo, era adorato nell'antichità ome uno degli Dèi più importanti del Dodekatheon.

**Secondo Detienne, Dioniso è il dio straniero per eccellenza, poiché

proveniva dalla Tracia. Le ricerche più recenti, in effetti, hanno messo in rilievo l'esistenza di elementi comuni nel culto greco di Dioniso e nei culti della Tracia, con possibilità di rapporti reciproci, uniti forse a influssi dall'Asia Minore (già autori antichi, come Euripide, sostenevano l'origine frigia di Dioniso, che presenta forti affinità col dio Sabazio). Questa tesi ben si accorda al fatto che diversi elementi attestano l'antichità del culto di Dioniso in terra greca: in particolare la presenza del nome sulle tavolette micenee in lineare B, il carattere orgiastico dei culti della vegetazione della religione minoica, nonché la credenza, diffusa a Creta, che il toro rappresenti una forma di epifania divina.

Apollo, il Dio della poesia, è il capo delle Muse

scrittore Ateneo, una descrizione di Vincenzo Galilei, liutaio e musicista del XVI secolo, padre di Galileo, immagini ritrovate su antichi vasi, che hanno re-stituito la forma dello strumento, la cassa armo-monica e l'attaccatura delle corde. Vi è un mito che mostra la superiorità che conquistò, per i greci, la poesia accompagnata dalla cetra. Si tratta del mito di Atena, dea della sapienza, la quale gettò via l'aulos perché la costringeva a contorcere il viso per suonare, scegliendo la cetra. Vi è, quindi, quest'idea della superiorità della musica razionale rispetto a quel la irrazionale.Vengono riconosciute entrambe le dimensioni e associate, una ad Apollo*,e l'altra a Dioniso**. Altri strumenti erano la siringa, o flauto del dio Pan, formata da 7 canne disposte una vicina all'altra e di altezza digradante, la salpinx, strumento simile alla tromba. Tra gli strumenti a percussione si ricordano i tamburi, i cimbali, gli attuali piatti, i sistri e i crotali.

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Antropos in the world

IL CASO REGENI: “LE VERITA’ NASCOSTE” Il caso Regeni ha unito l’Italia: malgrado certe note sto-nate in tema – incredibile! – di “nazi-fascismo”, tutti i settori dell’opinione pubblica si sono trovati accomunati dall’orrore per il barbaro assassinio del giovane ricercatore italiano in Egitto. Personalmente, credo che la tortura – oltre ad essere il retaggio della peggiore barbarie – non abbia oggi neanche la giustificazione della “ragion di Stato”. Mi spiego: una volta si diceva che, si, la tortura era una cosa ignobile, ma che era giustificabile il sottoporre un singolo individuo ai tormenti se ciò serviva a tutelare il bene della collettività (sicurezza dello Stato, necessità di prevenire attentati, eccetera). Oggi non esiste più neanche questa attenuante, stante l’esistenza di droghe (i vari “sieri della verità”) che cancellano ogni resistenza e inducono il soggetto interrogato a rivelare anche il segreto più gelosamente protetto. Ne consegue che il ricorso alla tortura truculenta è soltanto una manifestazione della crudeltà individuale di soggetti psichicamente deviati. Chiusa la parentesi “tecnica”, va detto che il caso Regeni non mi sembra soltanto la semplice storiella che è stata ammannita all’opinione pubblica italiana: uno studente che fa troppe domande in uno Stato di polizia, che viene scambiato per una spia e perciò torturato e ucciso, mentre il suo Paese “non si accontenta delle verità ufficiali” e incalza l’Egitto fin quasi all’interruzione di ogni rapporto. Sarò forse eccessivamente sospettoso, ma – fin dall’inizio – nel caso Regeni ho visto almeno tre elementi assai strani. Primo: il ritrovamento del corpo. Se i responsabili fossero stati veramente i servizi egiziani, il cadavere sarebbe stato fatto sparire, onde evitare ulteriori complicazioni. In quel modo, invece, si aveva l’impressione che il cadavere fosse stato fatto ritrovare a bella posta, proprio per causare ulteriori complicazioni. Secondo: il silenzio imbarazzato delle autorità egiziane. Se il giovane italiano fosse stato vittima di un eccesso di zelo – diciamo così – di uno o più feroci spioni, i responsabili sarebbero stati “scaricati” con eleganza; o, magari, avrebbero opposto resistenza e sarebbero periti nel tentativo di sottrarsi alla cattura. Terzo: l’atteggiamento fermo tenuto dal governo Renzi, fino alla sostanziale interruzione del ricco interscambio commerciale italo-egiziano. Mi si perdoni, ma non credo che lo stesso governo che ha mansuetamente sopportato le angherie indiane per il caso dei Marò (vedi “Social” del 10 giugno) abbia avuto improvvisamente uno scatto d’orgoglio per difendere la memoria di un giovane ricercatore universitario.

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Si ha quasi l’impressione che “qualcuno” abbia consigliato a Renzi di andare “fino in fondo”. Quali potrebbero essere stati i motivi dell’ipotetico consiglio? Lo vedremo più avanti. Tutto ciò premesso, quale è dunque la mia teoria? Vediamo, innanzitutto, come inizia la vicenda. Giulio Regeni, a conclusione di un brillante corso di studi, segue un dottorato di ricerca all’Università di Cambridge. La tutor inglese gli assegna una tesi sui sindacati egiziani e lo manda a prepararla sul campo, in Egitto, dandogli come riferimento e punto di appoggio l’American University del Cairo (in passato accusata di essere un paravento per lo spionaggio USA in Egitto). Regeni inizia un’attività di studio invero non eccessivamente misteriosa, fatta principalmente di interviste e di compilazione di schede. A un certo punto, il 25 gennaio scorso, scompare. Il suo cadavere viene rinvenuto una settimana più tardi, con segni evidenti di torture bestiali. In Italia gli organi d’informazione sposano in pieno una ricostruzione “politicamente corretta”: il regime egiziano è una dittatura militare, polizia e servizi segreti vi hanno mano libera, quindi è probabile che Giulio Regeni sia stato sottoposto a sevizie per fargli rivelare i suoi contatti e quindi eliminato. Tutti d’accordo nel sostenere questa teoria, e tutti d’accordo nel chiedere la linea dura contro l’Egitto.In realtà – come accennavo all’inizio – è lecito pensare che a rapire, torturare e assassinare Regeni siano stati soggetti diversi da quelli frettolosamente indicati in Italia. Soggetti il cui scopo era di mettere in difficoltà il governo egiziano, se non anche – aggiungo – di pregiudicare i forti rapporti economici italo-egiziani. L’Italia, infatti, era fino a ieri il primo partner commerciale europeo dell’Egitto; il secondo a livello mondiale, dopo gli Stati Uniti. Adesso, poiché il Cairo non è in grado di fornire quella verità che forse non conosce (o che conosce e non può provare), il nostro governo si appresta a rinunziare spontaneamente al ruolo privilegiato che l’Italia ricopriva in Egitto. E chi si candida a prendere il nostro posto? Indovinate un po’: inglesi e francesi, naturalmente con la benedizione americana. (Continua a pag.15)


Antropos in the world DALLA REDAZIONE DI SAN VALENTINO TORIO, il giornalista Dott.Vincenzo Soriente

A PROPOSITO DI VECCHIAIA: AFORISMI

16) (La senilità) arriva improvvisamente, come la neve: Un mattino, al risveglio, ci si accorge che è tutto bianco (Jules Renard), 17) La vecchiaia non è così male se considerate le alternative. (Maurice Chevalier). 18) Si può nascere vecchi, come si può morire giovani.( Jean Cocteau). 19) Un vecchio che muore è una biblioteca che brucia.(Proverbio africano). 20) Non mi dispiace invecchiare. E’ un privilegio negato a molti.(Anonimo) 21) In gioventù le giornate sono brevi e gli anni sono lunghi; nella vecchiaia gli anni sono brevi e le giornate sono lunghe.(Nikita Panin Ivanovich) 22) Un uomo è vecchio solo quando i rimpianti, in lui, superano i sogni.(John Barrymore) 23) Un uomo non è vecchio finché è alla ricerca di qualcosa.(Jean Rostand) 24) I vecchi amano dare buoni consigli, per consolarsi di non essere più in grado di dare cattivi esempi. (François La Rochefoucauld) 25) Mai perdere di vista il fatto che i vecchi hanno bisogno di poco ma di quel poco hanno tanto bisogno (Margaret Willour) 26) Età avanzata. Momento della vita in cui si chiude un occhio sui vizi che ci si possono ancora concedere e si scagliano fulmini su quelli che non si è più in grado di commettere. (Ambrose Bierce) 27) Il privilegio di diventare vecchi, significa che non si è morti giovani. (Kim Basinger) 28) La donna non è vecchia finché ispira dell'amore. (Alphonse Karr) 29) Dio è grande perché ci fa nascere. Ma non è meno grande perché ci fa morire. (Roberto Gervaso) 30) Temo troppo la morte per amare la vita. (Roberto Gervaso) 31) Invecchiando si perdono molte cose che, prima, ignoravamo di avere.(Carlo Gragnani) 32) La gioventù è un errore; l’età matura una lotta; la vecchiaia un rimpianto.(Benjamin Disraeli) 33) Saper invecchiare è il capolavoro della sapienza, e uno dei più difficili capitoli della grande arte di vivere.(Henri Amiel) 34) “Io avanzo verso l’inverno a forza di primavere” scriveva il principe Charles De Ligne. Questo è il segreto di una vecchiaia felice.(Etienne de Blois) 35) E’ triste invecchiare, ma bello a maturare. (Brigitte Bardot) 36) Non si cessa di ridere diventando vecchi; si diventa vecchi quando si cessa di ridere.(Anonimo)

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Quando la grazia è unita con le rughe, è adorabile. C’è un’alba indicibile in una vecchiaia felice.(Victor Hugo) Le malattie, in vecchiaia, non sono incidenti di percorso. Sono il percorso. (Carlo Gragnani) La speranza è la religione del giovane; la religione la speranza del vecchio. (Nicolae Petrescu Redi) La risposta alla vecchiaia è quello di tenere la mente occupata e di andare avanti con la propria vita come se fosse interminabile. Ho sempre ammirato Cechov che costruiva una nuova casa mentre stava morendo di tubercolosi. (Leon Edel) Se sei in buone condizioni, la vecchiaia può essere il periodo più bello della tua vita: è solo allora che sei consapevole di quanto sia tutto straordinario.(Alice Herz Sommer) I giovani hanno la memoria corta, e hanno gli occhi per guardare soltanto a levante; e a ponente non ci guardano altro che i vecchi, quelli che hanno visto tramontare il sole tante volte. (Giovanni Verga) Sono abbastanza vecchio per vedere quanto poco ho fatto in tanto tempo, e quanto devo ancora fare in così poco tempo. (Sheila KayeSmith) Gioventù: si vive per fare qualcosa. Vecchiaia: si fa qualcosa perché si è ancora in vita. (Carlo Gragnani) Vecchiaia: è quel momento della vita in cui si chiude un occhio sui vizi che ci si può ancora concedere e si scagliano fulmini su quelli che non si è più in grado di commettere. (Ambrose Bierce) La vecchiaia nuoce gravemente alla salute. (Pino Caruso) Giovani, si è ricchi di ciò che si è; vecchi, si è ricchi di ciò che si ha.(Roger Judrin) La tragedia della vecchiaia consiste non nel fatto di essere vecchi, ma nel fatto di sentirsi ancora giovani.(Oscar Wilde) Capisci che stai invecchiando quando le candeline costano più della torta.(Bob Hope) Amare una persona, è accettare di invecchiare insieme a lui.(Albert Camus) Nessuno è tanto vecchio da non credere di poter vivere ancora un anno. (Cicerone) A. c. di Vincenzo Soriente


Antropos in the world

L’AUTORE DEL MESE:

Antropos

Dalla Καλαβρία

la parola Italia

Copyright © by Franco Pastore - Luglio 2017 Una realizzazione A. I. T. W. - GGKEY:ZF1JOT1DBLE

Nelle Biblioteche universitarie di Napoli, Pavia e nella biblioteca provinciale di Salerno

Franco Pastore Dalla Καλαβρία la parola Italia

A.I.T.W. EDIZIONI Collana Saggi

tempo il nome fu esteso a tutta la parte meridionale del Paese. Nel secolo III, dopo le vittorie riportate dai romani contro i Sanniti e contro Pirro, il nome di Italia si estese fino al Magra e al Rubicone. Nel 49 avanti Cristo, quando anche alla Gallia Cisalpina furono concessi i diritti di cittadinanza romana, anche le regioni settentrionali della penisola presero il nome di Italia. Ed infine, il 27 dopo Cristo, con la riforma amministrativa di Augusto, (5) si chiamò Italia tutto il territorio che andava dalla Sicilia ad ovest del fiume Varo (presso Nizza) e ad est del fiume Arsa, in Istria.

La parola Italia è stato oggetto di indagini da parte di linguisti e di storici e non sempre ci si trova di fronte ad etimologie in senso stretto. Molto spesso vengono ipotizzate considerazioni, estranee alla ricostruzione linguistica del nome, che, nel tempo, hanno formato un ricco cor-pus di soluzioni[1] e, tra queste, si impone il riferimento ai Vituli. Infatti con il nome di Italói, i greci designavano i Vituli (o Viteli), una popolazione che abitava nella punta estrema della nostra penisola, la regione a sud dell’odierna Catanzaro, i quali a _______________ doravano il simulacro di un vitello (vitulus, in 1. Alberto Manco, Italia. Disegno storico-linguistico, 2009, Napoli, latino). Il nome significherebbe quindi “abitanti L'Orientale, ISBN 978-88-95044-62-0. 2. http://www.focus.it/cultura/storia/quale e l’origine del nome italia della terra dei vitelli”. [2] 3. D’altro canto, Apollodoro (2, 5) scrive che italòs nella lingua dei Ergo, il nome inizialmente indicava solo la “Tirreni”, intende genericamente italici, significa toro: sarebbero perciò il popolo dei Vituli. Gli fa eco Varrone (De agri cultura, II), affermando parte posta nell'estremo meridione della Penisola, che “l’Italia è detta così dai buoi”. la Calabria ed in particolare a quell'estrema parte 4. 1) Il nome Calabria viene da Calabrī, da confrontare con i Γαλάβριοι (Galábrioi) della Penisola balcanica (dalla quale forse deriva anche della Calabria che giace a sud dei golfi di Santa l'etnico Calabri). L’origine sembra essere una radice preromana *calEufèmia e di Squillace, tra Vibo Valenzia e Reggio /cala- o *calabra-/galabra-, che compare anche in calaverna e calabrosa, nonché in calabria, nome comune della per-nice di monte (Lagopus Calabria (3). muta), che significherebbe "roccia", "concrezione calcarea o ghiacciata" Fino all’inizio del V secolo avanti Cristo, con 5. 2) Il 27 dopo Cristo Caesar Octavianus Augustus estese il nome Italia a ovest fino al fiume Varo (presso Nizza) e a est fino al fiume Arsa, in Italia si indicò solo la Calabria(4), in un secondo Istria. -9-


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LA DONNA NELLA STORIA

LA PRIMA DONNA PREMIO NOBEL Nel gennaio del 1932, all'età di undici anni, Rosalind Franklin entrò a metà dell'anno alla St Paul, una scuola diurna nella zona occidentale di Londra composta da due istituti, uno maschile e uno femminile, nota per il suo rigore accademico, eccellente per una ragazza competitiva ma non adatta per le ragazze timide e modeste come lei. Problemi con gli insegnanti, passione per la scienza, lo sport, i lavori da cucito e angoscia per i voti: lo schema del collegio risultò identico anche alla St Paul. Ma il suo pessimismo era infondato: vinse una borsa di studio della Senior Foundation, come era accaduto con la Junior, e la mantenne per tutto il tempo che trascorse alla St Paul. Vinse anche il premio di latino nel 1936. Dopo aver ottenuto il diploma di istruzione primaria, iniziò a frequentare la scuola superiore, dove poté concentrarsi sulle discipline che più la interessavano: chimica, fisica e matematica, pura e applicata. A sedici anni aveva infatti le idee già molto chiare tanto che si può presumere si fosse già resa conto di ciò che Albert Einstein aveva faticosamente imparato a proprie spese: la scienza solleva in maniera distaccata, e senza lagne e mugugni, dalla valle di lacrime alle sfere della pace. tante ascesa al potere in Germania di Adolf Hitler. Gli ultimi suoi anni di scuola furono turbati dall'ascesa al potere in Europa di Hitler, che ebbe delle conseguenze anche su Londra. Dopo l'annessione dell'Austria nel marzo 1938, quando i nazionalsocialisti austriaci sollecitarono l'invasione dei tedeschi nel loro paese, il rivolo dei rifugiati ebrei in Inghilterra si trasformò in un fiume in piena. In quell'occasione, fu testimone della comunione di intenti fra i suoi genitori che si gettarono nell'opera di assistenza ai rifugiati. In questo clima, si rese conto di essere stanca della scuola e che sarebbe valsa la pena di sostenere gli esami di ammissione in fisica e chimica. Entrò a 18 anni al Newnham college di Cambridge. Così, mentre il 30 settembre 1938 l'Inghilterra e la Germania hitleriana stipulavano il patto di Monaco e si cominciavano a scavare le prime trincee e a costruire i primi rifugi antiaerei, Rosalind lasciava Londra per Cambridge, una cittadina universitaria chiusa nel suo mondo, meno influenzata dalle vicende politiche. La reputazione di cui Cambridge godeva sottopose Rosalind a uno studio intenso e le permise di accogliere con entusiasmo gli stimoli dell'ambiente universitario. Dopo essersi unita alla società matematica degli archimediani, ebbe modo di ascoltare i più grandi nomi della scienza. ( Continua) - 10 -

Nacque nel luglio 1920 a Londra e si laureò in chimica all'università di Cambridge. Subito dopo si dedicò allo studio della struttura della graffite e di altri composti del carbonio. Al King's college di Londra diede inizio allo studio delle molecole mediante una nuova tecnica nota come cristallografia a raggi X, grazie a questa con Wilkins riuscì a ricavare alcune immagini della struttura del DNA che in seguito ad analisi molto complesse capì essere ad elica.I suoi dati non ancora pubblicati vennero visionati nel corso di un convegno anche da Watson e Crick che li usarono per ultimare la corretta e dettagliata descrizione della struttura del DNA che valse loro il premio Nobel nel 1953.La sua carriera fu stroncata dalla morte precoce per cancro avvenuta nel 1958. Rosalind Franklin nacque in un'Inghilterra edoardiana che, suddivisa in classi, collocava la gerarchia dei Franklin nella ricca borghesia composta da editori e banchieri. Secondogenita e unica figlia femmina a fronte di altri tre figli maschi di Ellis e Muriel Waley Franklin, Rosalind era parte di una famiglia, i Franklin, provenienti da una stirpe di studiosi e di capi ebrei, rappresentavano l'archetipo dell'ebreo integrato. Il padre Ellis lavorava alla Keyser, la banca di cui il nonno di Rosalind era uno dei soci anziani, e mandava avanti un'attività di beneficenza al Working Men's College. La madre Muriel, seguendo il marito nelle sue iniziative e nei frequenti viaggi per il mondo, gestiva gli affari di casa. La sua infanzia trascorse in modo ben organizzato tra la scuola, il parco, gli animali da compagnia, le festività, le giornate di attività fisica e i fine settimana in campagna nella casa del nonno. Nel 1929 tutto cambiò: stava per arrivare un nuovo fratellino e Rosalind fu mandata in collegio all'età di nove anni, poiché si ritenne che l'aria salutare del Canale della Manica le avrebbe giovato. La scuola che Ellis e Muriel scelsero si trovava a Bexhill, sulla costa del Sussex, una zona piena di alberghi, collegi e campi da golf, nella convinzione che la costa potesse offrire un ambiente più sano del fumo e delle ciminiere di Londra alla loro figlia maggiore, la quale non si abbandonò alle emozioni e si impegnò nel lavoro intellettuale e manuale in cui mostrò grande abilità di coordinazione. Fu nella Lindores School for Young Ladies che Rosalind Franklin si appassionò alla geometria, alla geografia, agli sport, ma soprattutto alla scienza, materia nella quale si forzava di essere la migliore della classe. Gli ultimi anni della sua carriera scolastica furono segnati dalla concomi-.


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IL MINORE MALTRATTATO: IL RUOLO DELL’ASSISTENTE SOCIALE di Angela D’Ambrosi

(III parte)

A.I.T.W. Ed. – Salerno - ISBN. GGKEY:GBFUXL6A6GA –Diffusion on line over Google play

1.1

Definizioni e tipologie di abuso E’ dagli anni ’60 a seguito di un’indagine con-dotta in America, che si inizia a parlare in manie-ra approfondita, compiuta e scientifica, di “abuso e incuria verso l’infanzia” e che comprende l’in-tero quadro dei maltrattamenti in danno dell’in-fanzia: dalle lesioni personali ai maltrattamenti psicologici, agli abusi sessuali. Ed è anche dagli stessi anni che in Italia cominciano le ricerche su tale fenomeno. Numerose sono le definizioni di abuso che sono state elaborate dai saperi sociali, psicologici e medici. Il Consultation on child abuse and Prevention dell’Organizzazione Mondiale della Sanita’ del 1999 enuncia che devono intendersi per abuso e maltrattamento all’infanzia « tutte le forme di cattiva salute fisica ed emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo svilup-po o per la sua dignita’, nell’ambito di una rela-zione caratterizzata da responsabilita’, fiducia e potere ». Le definizioni riportate sia quelle del IV Colloquio Criminologico di Strasburgo del Consiglio di Europa, sia quelle dell’OMS non differenziano, e occorre sottolineare, giustamente, l’abuso o il maltrattamento fisico da quello morale, ma accomunano le due categorie cosi’ significando che qualunque abuso, concretizzato,costituisce un danno, quasi sempre permanente e irreversibile, alla personalita’ del bambino in evo-luzione che, invece abbisogna di protezione co-stante e referenti sicuri per una crescita armoni-ca. Una prima e generale classificazione delle forme di abuso puo’ essere cosi’ schematicamente operata: L’ Abuso fisico, che comprende tutte le lesioni inflitte attraverso forze eccessive o forzando un bambino ad affrontare un’attivita’ pericolosa. L’Abuso emozionale-psicologico consiste in com portamenti attivi o omissivi come coercizione, umi--

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liazione o comportamento di pesante distacco da parte di un adulto, che interferisce con il normale sviluppo psicologico o sociale del bambino. L’abuso psicologico include: atti di rifiuto, terrorismo psicologico, isolamento, sfruttamento, allontanamento del bambino dal contesto psicologico. Il bambino viene cosi’ denigrato, umiliato e sottoposto a sevizie psicologiche. La patologia della somministrazione delle cure, o trascuratezza: riguarda quelle condizioni in cui i genitori o le persone legalmente responsabili del bambino non provvedono adeguatamente ai suoi bisogni, fisici e psichici, in rapporto al momento evolutivo e all’eta’. La patologia delle cure comprende tre categorie cliniche: l’incuria: si realizza quando le cure sono carenti e si manifesta con ripercussioni sullo stato di salute, con segni fisici e comportamentali; la discuria: si realizza quando le cure vengono fornite ma in modo distorto; l’ipercuria: si realizza quando le cure sono somministrate in eccesso. L’Abuso sessuale: che si manifesta con l’esposizione del bambino a atti sessuali attraverso pratiche manifeste o mascherate. Le prime tre forme di abuso rientrano nella categoria dei maltrattamenti. (Continua)


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T RAPPITELLO T AORMINA PREMIO INTERNA Z IONAL E DI POESIA Torna l’appuntamento con la Cerimonia di Premiazione del Premio Internazionale di Poesia “Maria, Madre del Buon Cammino”, Concorso Letterario, organizzato da Massimo Manganaro e Gioacchino Aveni, ormai giunto alla Nona Edizione. Sabato 30 Settembre, difatti, a partire dalle ore 17.30, presso la Parrocchia Sacro Cuore di Gesù – S. Venera di Trappitello Taormina (ME), guidata da Padre Tonino Tricomi, avrà luogo il Galà di consegna dei Premi del Certamen. Durante la Cerimonia, che sarà con-dotta dalla Prof.ssa Angela Maria Vecchio, alla presenza dei Giurati – Enza Conti, giornalista pubblicista, fondatrice e Direttrice Responsabile della Rivista Internazionale di Poesia, Arte e Cultura “Il Convivio”; Salvatore Puglia, stimato poeta il cui nome figura nel “Dizionario Bibliografico e Critico degli Autori ed Artisti Italiani”; Maria Lidia Simone, poetessa e pit-trice, Cavaliere dell’Arte e vincitrice del Leone di San Marco alla Biennale di Venezia, del-l’Oscar d’Oro nelle Canarie e del Nobel Internazionale d’Arte; Teresa Vadalà Fierro, affermata poetessa e autrice di testi teatrali, vincitrice di numerosissimi premi internazionali – e di quanti decideranno di approfittare di questa occasione di arricchimento culturale, saranno premiate le Opere in Versi vincitrici e i loro Autori e a tutti i Poeti partecipanti pre-senti verrà consegnato un Diploma di Parte-cipazione. Cresciuto negli anni, il Premio vanta anche in quest’ultima edizione numeri da record: 323 sono le Liriche giunte all’Organizzazione e partecipanti alle sei Sezioni del Con-corso (Adulti – Poesia in Lingua Italiana a tema religioso, Poesia in Vernacolo Siciliano a tema religioso, Poesia in Lingua Italiana a tema libero, Poesia in Vernacolo Siciliano a tema libero, Immagini e Parole; Juniores – Poe-sia in Lingua Italiana a tema libero) e 215 i Poeti che hanno voluto regalarsi quest’esperienza. Liriche sono giunte da ogni parte d’Italia. Numerosi anche i Componimenti provenienti dall’estero.Tanti sono gli Autori, alcuni provenienti da fuori regione, che hanno garantito la loro presenza al Galà di Consegna dei Premi. Non resta, dunque, che attendere il pomeriggio del 30 Settembre per conoscere i risultati di questo rinomato Certamen, che è proiettato al futuro, dal momento che è già stato reso pubblico il Bando dell’Edizione

del Decennale, un importante traguardo che non può non lusingare e spingere gli organizzatori al raggiungimento di nuovi obiettivi. Il Bando della Decima Edizione del Concorso è consultabile sulla Pagina facebook Premio di Poesia “Maria, Madre del Buon Cammino” – Trappitello Taormina; i Poeti che lo desidereranno potranno approfittare della Serata di Premiazione per consegnare brevi manu i loro elaborati.

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OPINIONI ERETICHEE

PERCHE’ IL DEBITO PUBBLICO CONTINUERA’ SEMPRE A CRESCERE

La notizia è di quelle che tv e giornali “politicamente corretti” hanno relegato tra le brevi: poche parole in chiusura dei telegiornali, o poche ri ghe a mo’ di tappabuchi nelle pagine economiche. A luglio il debito pubblico italiano ha toccato il nuovo record di 2.300 miliardi di euro. Poca cosa: a occhio e croce,5 milioni di miliardi delle vecchie lire. Natural mente, nessun commento del conte Gentiloni, ness un proclama del Vi spo Tereso, come per uno stellare zerovir gola in più del lavoro precario. Ma non è questo che s gomenta. Si comprende benissimo che il governo e il PD (alacremente impegnati a suicidarsi con lo Ius Soli o a raccontare barzellette antifasciste) facciano finta di niente. É uno dei vecchi mezzucci dei politicanti di mezza tacca, quello di i gnorare le notizie scomode. Ma queste non sono semplici notizie scomode. Sono piut tosto la certificazione (di fonte Bankitalia) del fatto che l’economia nazionale del nostro paese si avvii al crollo totale, come la Grecia e peggio della Grecia. Il fatto è, come ho det to e ripetuto (ve di “Social” del 17 gennaio 2014, del 19 settembre 2014, del 24 luglio 2015) che il debito pubblico italiano – e non solo quello italiano – è fisiologicamente destinato a crescere ogni anno,a f are registrare un nuovo record ogni anno, fino al punto – e ci siamo già – da render lo matematicamente inestinguibile. Perché tutto ciò? Non soltanto perché il nostro debito ha raggiunto una di mensione superiore a quella del PIL, cioè di quanto l’intero paese produce nell’arco di un anno (e il debito italiano viaggia già attorno al 140% del PIL). Non soltanto per questo, dicevo. Ma anche perché non può materialmente di minuire, perché i soldi per e stinguerlo non ci sono, e quindi il debito continuerà a generare interessi passivi. O, meglio, i soldi ci s ono, ma del tutto fuori dalla nostra economia, dal nostro paese, dalla nostra portata:li ha chi li crea, cioè le banche, la finanza internazionale, i “merca-

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cati”.Noi – lo Stato italiano– abbiamo rinunciato al diritto-dovere di creare la nostra moneta,pri vati zzando la Banca d’ Italia ed affidandoci adesso alla banca “centrale” (cioè privata) europea. Ne discende che, ove – del tutto teoricamente – potessi mo arr ivare a restituire il de naro che abbiamo ricevuto in prestito (cioè il capitale iniziale), mai e poi mai saremmo i n grado di restituire il debito complessi vo (capitale più interessi), perché tale somma semplicemente non es iste, non è e non potrà mai essere nelle nos tre disponibilità. Non esistono soldi “nostri”, al di là di quelli generati dalle vecchie lire del periodo statalista. Ogni altro centesimo che ser ve al nostro Stato (anche per pagare gli interessi) dobbiamo farcelo pres tare dai “mercati”. È evidente, quindi, che la privati zzazione del sistema di emissi one porta, come logica e sola conseguenza possibile, alla crescita continua del debito pubblico degli Stati (non solo dell’ Italia, natur almente): fino al punt o di consegnare ai “pri vati” – a pochi sceltissimi finanzieri pri vati – tutta l’economi a reale di intere nazioni. È quello che comincia a realizzarsi in Gr ecia: dove, dopo essersi pappate industrie pubbliche e private, i “creditori” hanno preteso la costituzione di un “fondo di garanzia”, dove sono stati o saranno “versati” il Partenone, il Pireo, le isole dell’Egeo e tutto quanto suscettibile di creare ricchezza reale. In Italia siamo un po’ più indietro rispetto alla Grecia: hanno iniziato col prendersi l a nostra industria pubbl ica, poi le nostre più prestigiose aziende private, fino alle squadre di calcio. Non siamo ancora al “fondo di garanzia”, ma già si comincia a parlare di cosa potremmo metterci dentro. In molti – già da tempo – hanno messo gli occhi sulla nostra riserva aurea (la terza al mondo, dopo USA e Ger mania), mentre qualche marpione americano pensa già al Colosseo o all’isola di Capri. tedeschi, invece, rosicano perché molti italiani possiedono la casa in cui abitano, e in più d’ una occasione hanno adombrato la possibilità che il debito pubblico


Antropos in the world dell’ Italia possa esser e “assistito” dalle case dei suoi abitanti. Attenzione. Sono solamente ipotesi, ma è questa la direzione ver so cui marciamo. E – per inciso – il problema non è solo nostro o della Grecia. Gli USA hanno un debito pubblico pari al 120% del PIL, il Giappone è addirittura al 200%. Il cappio della finanza usuraia non vuole soffocare solo noi, ma tutti gli Stati nazionali. È un meccanis mo inar restabile? Assolutamente no. Gli Stat i possono benissi mo riappropriarsi della facoltà di creare le rispettive monete nazionali. Facoltà che nel tempo hanno ceduto allegramente alle banche private.

Gli Stati Uniti lo hanno fatto nel 1913 (Federal Reserve Act ), l’ Italia nel 1990 (Legge Amato).Lasci ando stare l’America (cavoli loro), per noi sarebbe relativamente semplice t rovare un ri medio. Basterebbe abrogare la Legge Amato e ripristinare la precedente nor mati va sugli istituti di credito di diritto pubblico e sulle banche di interesse nazionale. Nor mativa varata nel 1936 (in epoca fascista) e che ha retto benissimo fino al 1990, quando – fateci caso – le cose cominciarono ad andare male in Italia. Decisamente, si stava meglio quando si stava peggio. Ma non ditelo ai fissati dell’antifascismo. Michele RALLO

GIUSEPPE FUMMO SCRITTORE E POETA SALERNITANO Non avevo mai sentito parlare di lui ed incuriosito ne cercai le tracce su internet, ma non trovai nulla. Non era possibile che un microcosmo pregno di cultura, di vita e di operatività scomparisse senza lasciare traccia di sé. Ma la traccia c’era: avevo due suoi libri, che mi accinsi subito a leggere: la silloge VULCANO ed il saggio-romanzo NATI NELLA NEBBIA. Sui testi, pregni di genialità intuitive, non vi erano note biografiche, ergo, la umiltà del poeta mi avrebbe costretto a chiedere di lui: e ciò mi accingerò a fare, non appena potrò incontrare qualcuno della sua famiglia. Comunque, l’avrei conosciuto con piacere il collega Giuseppe, avremmo dicusso di tante cose, ma soprattutto di «… quell’animale umano che, da centinaia di migliaia di anni, annazpa […] per rendere più vistosa la distanza che lo divide dalle altre specie viventi…»(1) FRANCO PASTORE

Ero in piazza con gli amici, quando una gentile signore mi si accostò e mi fece omaggio di due suoi libri. - 14 -

_____________ Giuseppe Fummo, NATI NELLA NEBBIA, Saturnia Editrice Salerno – pag.7


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IL CASO REGENI di M.RALLO – contin.ne da pag. 7 Esattamente come è accaduto in Libia nel 2011. Esattamente come era avvenuto prima in Iran, e come sta avvenendo un po’ in tutta la riva sud del Mediterraneo. Forse sarò un inguaribile complottista, ma il caso Regeni mi sembra quasi l’ultimo capitolo di una guerra non dichiarata per il controllo della produzione petrolifera del Nord Africa e di buona parte del Medio Oriente. Una guerra iniziata con il misterioso assassinio di Enrico Mattei nel lontano 1962, e proseguita per tappe. Ogni volta, all’ammainabandiera dell’ENI in questo o in quel paese arabo, ha fatto immediato riscontro l’arrivo dell’inglese BP e della francese Total, fraternamente unite. In Egitto non è ancora successo.

Ma – sarà un caso – su-bito dopo il precipitare del caso Regeni, il presidente francese Hollande si è fiondato al Cairo per negoziare ricchi affari con il regime del generale al-Sisi. M ICHELE RALLO

ULTRACENTENARI CILENTANI NUMEROSI PIU’ CHE IN SARDEGNA E PER NUMERO, AL PRIMO POSTO NEL MONDO Il Cilento con circa 196.070 abitanti annoverava 70 ultracentenari fino a dicembre 2006; oggi 63; 30 e piú per ogni 100 mila abitanti, piú del doppio richiesto. Ció vuol dire, a mio modesto parere, che il nostro territorio é sicuramente al primo posto in Italia per ultracentenari. Vanno citate altresí la Sardegna e un territorio ai piedi delle Alpi con alta incidenza di centenari. La prima, da un articolo del 4/2/2013, del direttore della cattedra di biochimica clinica dell´Universitá di Sassari: Luca Deiana, avrebbe 22 ultracentenari ogni 100.000 abitanti. Il doppio rispetto alla media mondiale e addirittura il triplo dei paesi occidentali. “Sono i centenari della Sardegna i piú longevi al mondo, grazie a fattori genetici e di microclima ma anche ad una dieta di lunga vita fatta di tipicitá alimentari locali, dove spicca un uso del vino pari a quasi il doppio della media italiana. Continua il cattedratico: vi sono studi specifici riguardanti il vino sardo, che, stando ai primi risultati ottenuti, conterrebbe una maggiore quantitá di sostanze antiossidanti, ma anche la frutta autoctona che presenta valori tre volte superiori di flavonoidi e polifenoli. Anche i formaggi, secondo la ricerca, presentano bacilli con alta resistenza a PH e probabilmente con evidente attivitá probiotica. Il 93% dei maschi centenari beve vino, mentre il 92% delle donne consumano latticini“. Della seconda localitá da me citata, non é stato possibile individuare con esattezza il territorio di ap partenenza. Come si puó ben constatare, scavalchiamo di molto anche la Sardegna.

Dobbiamo essere orgogliosi di tali risultati e propagandarli a livello nazionale ed anche internazionale, consentitemi; perché sicuramente la dieta mediter-ranea anzi oserei dire (Cilentana), ha dato e dá il suo grandissimo contributo. Infatti qui il fisiologo Ancel Keys compí i suoi studi, precisamente a Pollica e non in altre zone mediterranee, ove la dieta si discosta di molto per le diverse abitudini culinarie. Non lasciamoci rubare ció che é nostro. Al massimo possiamo considerare affini alle nostre abitudini alimentari alcune regioni italiane limitrofe. Alla genuinitá del cibo ed agli effetti positivi dei suoi componenti sull´organismo, si parla di acido ascorbico o vitamina C ed alfa toceferolo o vitamina E, il piú potente antiossidante liposolubile contenuto principalmente nell´olio d´oliva ma lasciamo agli esperti in materia tali conclusioni, dobbiamo aggiungere la tranquillitá di questi luoghi ameni, incastonati nel cuore del parco, che danno la possibilitá di vivere con tranquillitá, lontano dallo stress e dalla vita frenetica delle grandi metropoli. Le generazioni moderne vivono poco e vivono male, proprio perché non riescono a vivere il presente. Hanno la mente nel passato e sono proiettate contemporaneamente verso il futuro. Questa condizione porta sicuramente allo stress e a malattie proprie della societá moderna. Carlo Cammarota

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PROVERBI E MODI DI DIRE - OVVERO ELEMENTI DI PAREMIOLOGIA 1. Chi troppo pecora se fa, o lupe s’a magna. 2. Bere ll’acqua ‘a matìna è mezza merecina. 3. Nun c’è cane senza uòsso

Implicanze semantiche:

4. Quanne ‘a fémmena ‘o cule l’abbàlla, si puttàna

nunn’è diàvele falle. Esplicatio: L’eccessiva bontà viene scambiata per ingenuità e fessaggine. Bere l’acqua al mattino fa bene al corpo, più di una medicina. Il cane cerca sempre un osso da rosicchiare. Le donne che giocano molto con il fondo schiena, o sono viziose, o sono pericolose.

Uòsso: dal lat. volg. Ossu-m Merecìna: popolare,da medicina femmena: dal lat. foemina Sirica Dora Abbàlla: dal tardo latino ad+ballare Puttana: dal latino puteo, puzzare; da cui il fracese antico putain ed il termine di cui sopra. ______

Antropologia: Il seme dei proverbi è chiaramente

espresso in latino:

Riflessio: Sono proverbi antichissimi, che ritrovia- - Haud facile astutus fallit astutum - Non è mo anche nel mondo greco e latino. facile che il furbo inganni il furbo Fraseologia: Fémmine e cràpe tènene ‘a stessa cà pe

SALERNO LONGOBARDORUM A.I.T.W. Edizioni – Ebook GGKEY:8C623K5L6XGE

Siamo di fronte ad un libro quanto mai da sottoporre – del lettore, direttamente interessato alle vicende storiche di un passato che sembra lontano, ma che continua a vivere tutt’ora. Infatti con Benedetto Croce possiamo affermare che se vogliano capire il presente occorre studiare il passato. Il vero punto di forza è senza dubbio la ricostruzione storica del periodo che risulta molto curata fin nei minimi dettagli: i personaggi, sono descritti in modo davvero preciso soprattutto quando l’Autore punta su momenti tragici come il ripudio di Ermengarda da parte di Carlo Magno. Lo stile scrittorio è coinvolgente e consente al lettore di penetrare in quel tipo di vicende storiche dove prevale la forza, la supremazia, i tradimenti, la ferocia verso il nemico e pare proprio che egli ci faccia sentire/gustare «nel respiro dell’universo / il profumo antico del passato». Un passato storico che dovrebbe essere magister vitae e che invece l’uomo in tutto il suo arco esistenziale ha sempre dimenticato finendo per essere «sempre quello della pietra e della fionda» (Quasimodo) e che pose a Tibullo l’atroce interrogativo: «Quis fuit horrendos qui primus protulitenses?/ Quam ferus et vere ferreus ille fuit!./ Tum caedes hominum generi, tum proelia nata,/ Tum brevior dirae mortis aperta via est »2 . In definitiva in questa narrazione viene fuori un tipo di Hi-storia-storia viva, mai del tutto sopita perché sempre rivissuta attra-verso l’interesse e la coscienza critica dello storico.Infine il racconto storico sui Longobardi è arricchito da una scelta ed ordinata documentazione grafica inerente i principali personaggi. Il capitolo sulla Scuola Medica Salernitana ed il Regimen sanitatis Salerni ci mostrano come Franco Pastore abbia avuto la capacità, con un forte potere di sintesi, di saper evidenziare le origini, lo sviluppo, l’importanza, i suoi esponenti principali, che goderono di grande fama nel Medioevo. Per lui questa scuola medica in quanto alle sue origini va fatta risalire in quella scuola filosofica e politica fondata nel VI secolo a.C. a Crotone dal filosofo greco Pitagora. Un’accurata bibliografia arricchisce questa pubblicazione, che riporta sia i testi canonici storici che quelli recenti sui Longobardi e sulla Scuola Medica Salernitana. Tutta la narrazione sia sui Longobardi che sulla Scuola Medica Salernitana fanno trasparire competenza e professionalità, due peculiarità che Franco Pastore ha sempre posseduto sia in ambito storico, ma anche in quello narrativo, poetico, drammaturgico e con qualità inusitate anche quando si cimenta in vernacolo, riuscendo a tradurre le favole esopiche e poi di Fedro, dando ad esse quel-la verve che una versione poetica pastoriana poteva dare! Alberto Mirabella, saggista

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LA PAGINA MEDICA: a cura di Andropos

ALIMENTI DELL’AUTUNNO

IL MELOGRANO Il frutto del melograno è molto ricco di sali minerali e di vitamine; presenta, inoltre, notevoli proprietà antiossidanti. Secondo alcuni recenti studi scientifici, aiuterebbe anche nel controllo del colesterolo. Tutte queste caratteristiche fanno del melograno uno dei più ricchi alimenti dell’autunno che però, forse, troviamo troppo poco frequentemente sulle nostre tavole. IL KIWI Ricchissimo di vitamina C è utile per prevenire il raffreddore e per rinforzare il sistema immunitario. Ha proprietà antiossidanti e aiuta la motilità intestinale. Contiene infine una buona quota di calcio e fosforo. LA MELA La mela è forse il frutto che più si utilizza in autunno e nei mesi invernali. Ottima anche cotta è ideale per la preparazione di gustose torte. Esistono tante varietà diverse ed ognuna presenta le proprie caratteristiche nutritive; in genere, comunque, sono ricche di vitamine C, PP, B1 e B2. Le mele sono il primo frutto che si introduce nell'alimentazione del bambino e sono un'ottima merenda a partire dai 5/6 mesi di età. CARCIOFO Digestivi, ricchi di potassio e di minerali, i carciofi devono la maggior parte delle proprie proprietà alla cinarina, la stessa sostanza alla base del caratteristico sapore amarognolo. L’organo che trae il maggior beneficio dal consumo di questo alimento dell’autunno è il fegato. Il carciofo, infatti, favorisce la secrezione degli acidi biliari oltre che la diuresi. Per ottenere il maggior beneficio, il carciofo andrebbe consumato crudo; con la cottura, infatti, molti degli effetti della cinarina si perdono. ZUCCA Tra gli alimenti dell'autunno la zucca è certamente il più versatile; ci si può preparare un intero menù, dall’antipasto al dolce. La polpa è particolarmente ricca di carotenoidi ed è poverissima di calorie; 100 grammi di zucca contengono solo 17 calorie. È molto leggera e facilmente digeribile e possiede proprietà diuretiche, rinfrescanti e lassative. Non dimentichiamo poi i semi di zucca che una volta tostati e salati sono perfetti come stuzzichini,: contengono fitosterolo,grassi,melene e filolecitina; sono blandi antinfiammatori e aiutano a prevenire le disfunzioni delle vie urinarie. Raccolti da alcune piante della fa-

miglia delle Curcubitaceae, sono noti per le loro proprietà vermifughe. Ricchi di minerali, risultano hanno un'azione benefica contro infiammazioni e cistiti. Scopriamoli meglio. - 17 -

CAVOLO E BROCCOLO Sono tra gli alimenti più comunemente usati per le ricette d’autunno e d’inverno. Sono ricchi di vitamine (A, B1, B2, B9, PP, C), acido folico e minerali, tra cui fosforo, calcio e potassio. Hanno un buon potere antiossidante e, grazie all’elevato contenuto di clorofilla, aiutano l’organismo nella produzione di emoglobina e quindi nella preven-zione delle anemie. Sono poco calorici e hanno un ottimo potere saziante, sono quindi alimenti ottimi per chi vuole stare a dieta. APPROFONDIMENTI: Nutrienti dei semi di zucca - Considerati i “parenti poveri” della famiglia dei semi oleosi, sono in realtà un alimento molto nutriente e contengono principi attivi davvero unici. Sono com-posti da grassi per circa il 50%, da carboidrati per il 24% e per circa il 18% da proteine. Ricchi di minerali come il magnesio, zinco e selenio, i semi di zucca sono anche integratori naturali alimentari di fosforo. Molto elevato anche il contenuto di vitamina E, ma soprattutto di cucurbitina, un prezioso amminoacido dalle proprietà curative e vermifughe conosciute sin dall'antichità. Ne sono ricchi anche i germogli di zucca, facili da coltivare in casa. I semi di zucca sono usati da sempre come rimedio naturale contro i vermi: l'efficace azione vermifuga di questi semi porta al distaccamento dei parassiti dalle pareti intestinali agevolandone l'espulsione. L'assunzione costante di questi semi ha inoltre un'azione benefica sul tono muscolare della vescica: aiuta a prevenire i disturbi legati all'ingrossamento della prostata ed è utile in generale a combattere i disturbi che interessano l'apparato urinario, anche femminile, come infiammazioni e cistite. I semi di zucca sono deliziosi snack da gustare al naturale, ma anche essiccati e successivamente tostati o cotti al forno, senza alcuna aggiunta di sale. Ottimi da sgranocchiare davanti la tv o da servire assieme ad un aperitivo. Nella varietà di semi di zucca cucurbita stiriana i semi sono verdi e hanno un guscio talmente morbido che non hanno bisogno di essere sbucciati.

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I GRANDI PENSATORI: a cura di Andropos

Hans Küng

Nel 2005 è stato pubblicato in Italia ed in Germania un suo articolo estremamente critico nei confronti di Giovanni Paolo II (Wojtyła, il papa che ha fallito, Corriere della Sera). Secondo Küng: « La «politica estera» [di Giovanni Paolo II] ha preteso da tutto il mondo conversione, riforma, dialogo. Però, in tutta contraddizione, la sua «politica interna» ha puntato alla restaurazione dello status quo ante Concilium, a impedire le riforme, al rifiuto del dialogo intra-ecclesiastico e al dominio assoluto di Roma.". "Questo Pontefice ha più volte dichiarato la sua fedeltà al Concilio, per poi tradirlo nei fatti attraverso la sua «politica interna». I termini conciliari come «aggiornamento, dialogo, collegialità e apertura ecumenica» sono stati sostituiti da parole quali «restaurazione, magistero, obbedienza, riromanizzazione». Il criterio per la nomina dei Vescovi non è affatto lo spirito del Vangelo e l'apertura mentale pastorale, bensì la fedeltà assoluta verso la condotta romana. I sostenitori del Papa tra i vescovi di lingua tedesca come Meisner, Dyba, Haas, Groer e Krenn sono solo gli sbagli più eclatanti di questa politica pastorale devastante, la quale fa pericolosamente scivolare in basso il livello morale e intellettuale dell'episcopato. Un episcopato reso ancor più mediocre, rigido, conservatore e servile, è forse l'ipoteca più pesante di questo lunghissimo Pontificato. » Inoltre, "Giovanni Paolo II predica i diritti degli uomini all'esterno ma li ha negati all'interno, cioè ai vescovi, ai teologi e soprattutto alle donne. Il Vaticano, un tempo nemico convinto dei diritti dell'uomo ma ben disposto oggi a immischiarsi nella politica europea, continua a non poter sottoscrivere la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo del Consiglio d'Europa: troppi canoni del diritto ecclesiastico romano, assolutistico e medioevale, dovrebbero prima essere modificati.". Küng contesta l'elevato numero di canonizzazioni di santi durante il pontificato di Giovanni Paolo II, e soprattutto le beatificazioni e le canonizzazioni di alcuni personaggi (Pio IX, Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell'Opus Dei). Sempre in questo articolo, Küng ritorna sullo stato della teologia nella chiesa cattolica: « Come Pio XII fece perseguitare i più importanti teologi del suo tempo, allo stesso modo si comportano Giovanni Paolo II e il suo Grande Inquisitore Ratzinger con Schillebeeckx, Balasuriya, Boff, Bulányi, Curran, Fox, Drewermann e anche il vescovo di Evreux Gaillot e l'arcivescovo di Seattle Hunthausen. Nella vita pubblica mancano oggi intellettuali e teologi cattolici della

(II parte)

levatura della generazione del Concilio. Questo è il risultato di un clima di sospetto, che circonda i pensatori critici di questo Pontificato. I vescovi si sentono governatori romani invece che servitori del popolo della Chiesa. E troppi teologi scrivono in modo conformista oppure tacciono. » Inoltre Küng affronta un problema molto delicato riguardo al dialogo tra i cattolici e le chiese protestanti ed ortodosse. « [Giovanni Paolo II] elogia spesso e volentieri gli ecumenici, ma al tempo stesso ha pesantemente compromesso i rapporti con le Chiese ortodosse e con quelle riformiste ed evita il riconoscimento dei loro funzionari e dell'eucarestia. Il Papa avrebbe dovuto consentire — come suggerito in molti modi dalle commissioni di studio ecumeniche e come praticato direttamente da tanti parroci — le messe e l'eucarestia nelle Chiese non cattoliche e l'ospitalità eucaristica. Avrebbe anche dovuto ridurre l'eccessivo potere esercitato dalla Chiesa nei confronti delle Chiese dell'Est e delle Chiese riformiste e avrebbe dovuto rinunciare all'insediamento dei Vescovi romano-cattolici nelle zone delle Chiese russe-ortodosse. Avrebbe potuto, ma non ha mai voluto. Ha voluto invece mantenere e ampliare il sistema di potere romano. La politica di potere e di prestigio del Vaticano è stata mascherata da discorsi ecumenici pronunciati dalla finestra di Piazza San Pietro, da gesti vuoti e da una giovialità del Papa e dei suoi cardinali che cela in realtà il desiderio di «sottomissione» della Chiesa dell'Est sotto il primato romano e il «ritorno» dei protestanti alla casa paterna romano-cattolica. » Küng inoltre sostiene che Giovanni Paolo II "ha cercato il dialogo con le religioni del mondo, ma contemporaneamente ha disprezzato le religioni non cristiane definendole «forme deficitarie di fede»". In questo passaggio c'è una critica alla Dichiarazione Dominus Iesus, ispirata dal cardinale Ratzinger. Una delle questioni dibattute in questa dichiarazione è di capitale importanza e riguarda la natura e il rapporto delle religioni. (Continua)

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Da © dicembre 2016 By Franco Pastore - Ebook Cod. GGKEY:XA5BZAQSHYY Pubblicazione cartacea - Dicembre 2016 A.I.T.W. editrice Salerno

SERA DI FINE ESTATE D’ESTATE

Quando tramonta il sole, nella piazza, arriva don Fafèle ‘0 scassatàzze. Lento il bastone e ll’uòcchie arravugliàt, si siede sempe di fianco all’avvocato. Mo’ parle di uno, fuiènne ch’é paròle, cambia suonàta e te parla ‘e n’ate. Se poi so’ femmine con la faccia appesa, con stocco e baccalà, lancia l’offesa. Solo l’Albino ride e non dileggia, non grida mai ed odia la scoreggia; misura le parole nella sera, se sente turco, fa la faccia a pera. La brezza soffia, tra la pelle e i panni siamo seduti a elle sugli scanni, e si discorre con parlare schietto, qualcuno lo allontana la brachetta.

DE FEMINAE DIVERSITATE

Almeno così dice il meschinello, come se avesse ancora il suo fringuello! Contento lui, questo a noi ci basta, evviva li fagioli con la pasta! I giovinetti giocano al pallone tra le badanti e i canuti provoloni; qualcuno viene spinto in carrozzella e tristemente guarda le gonnelle.

La donna è un animale assai diverso dall’uomo, che ora l’ama, ora l’avversa. Segue l’istinto in ogni situazione, alla ricerca costante d’emozione. Non soffre freddo ed ama l’aria aperta, come se avesse addosso una coperta. Un fuoco intimo la tiene in movimento, fornendole energia a piacimento. Se la forza dell’uomo è nei marroni, la donna ti possiede due cervelli: uno sta in testa sotto i suoi occhioni e l’altro, pulsa e vive in fornacella. I suoi pensieri e i sogni, mane e sera, li custodisce e li attiva la vrisèra, detta d’alcuni impropriamente gnocca, da altri, fornacella oppure cocca. Spesso, il pensiero femmineo è vaginale e la logica ha gli umori del canale, ma l’uomo, che non le è da meno, ragiona col pisello a tempo pieno.

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LAVORO: STATISTICHE “AD USUM DELPHINI” Nella Francia del Seicento, al tempo dei Tre Moschettieri, l’istruzione dei figli del Re era affidata a precettori d’alto lignaggio, che per la bisogna si servivano di libri stampati ad hoc, con testi da cui era stata accuratamente tolta ogni parte che contenesse riferimenti a fatti scabrosi che avrebbero potuto turbare l’augusto allievo. Una cura particolare era dedicata al primogenito, destinato alla successione al trono, il Delfino. Lui studiava su libri pensati solo per lui, stampati in copia unica, che recavano l’indicazione “ad usum Delphini”, cioè per l’uso personale del Delfino. Nel tempo, la locuzione è entrata nel linguaggio comune, a indicare un testo utile ad una sola persona – e poi ad una categoria o ad una parte politica – ma comunque censurato, privato accuratamente di ogni riferimento giudicato inopportuno; fino al punto (ma al tempo di D’Artagnan non era così) di stravolgerne il significato. Prendiamo – per esempio – il recente rapporto dell’ISTAT sulla occupazione nel mese di luglio. Nella sua versione originale è una cosa seria, attendibile, ben fatta, come è nella tradizione del nostro istituto di statistica. Poi, però, c’è la versione “ad usum Delphini”: non falsificata, ma censurata, emendata, purgata da ogni elemento che possa turbare la sensibilità del pargolo. Pargolo che – nella fattispecie – è il popolo italiano, cui devono essere taciuti particolari giudicati poco edificanti. Non so chi si sia incaricato dell’intervento censorio. So solamente che la versione ammannita attraverso i media è stata la seguente: balzo in avanti dell’occupazione, tornata ai livelli pre-2008, quando scoppiò l’ultima crisi (non “la crisi”) che diede un altro colpo all’occupazione. Nel dettaglio, questi erano i numeri: a luglio gli occupati sono stati 59.000 in più rispetto a giugno, pari a un incremento percentuale dello 0,3%; nel frattempo, però, è aumentato anche il tasso di disoccupazione, salito all’11,3%, con un incremento dello 0,2%. Naturalmente, i commentatori del minculpop si sono arrampicati sugli specchi per spiegare come, se l’occupazione cresce, cresce anche la disoccupazione. Ma questa è poca cosa, a fronte dei proclami roboanti del governo – Gentiloni e Padoan in testa – grondanti orgoglio e autocompiacimento per gli “straordinari risultati” ottenuti. Su tutti, comunque, ha svettato il solito furbastro toscano, il quale ha rivendicato a merito del Job’s Act il grande balzo in avanti (Mao Tse-tung si starà rivoltando nella tomba), annunziando all’incredula platea dei disoccupati italiani che «abbiamo creato un milione di posti di lavoro». Quasi a voler dare uno scappellotto al povero Gentiloni; un avvertirlo che ogni fatto positivo – ammesso che ci sia – deve essere accreditato all’eredità del grande timoniere (chiedo ancora perdono alla memoria di Mao Tse-tung) e non ascritto all’attivo del suo successore. Naturalmente, a voler prendere per buone le valutazioni entusiaste degli allegri compari, ci sarebbero da osservare tante cose. Per esempio che, in un momento di crescita di tutta l’eurozona, il nostro zero-virgola rappresenta

comunque il fanalino di coda. O, per fare un altro esempio, che anche i pochi nuovi posti di lavoro considerati stabili non lo sono affatto; perché le “tutele crescenti” del Job’s Act hanno di fatto cancellato l’occupazione a tempo indeterminato. O, ancora, che per “posti di lavoro” si intendono anche le assunzioni a tre mesi in un call-center a 400 euro al mese. O, infine, che per “occupati in Italia” si intendono anche gli stranieri che sono venuti a prendere posti di lavoro qui da noi (e a sottrarli agli italiani). Ma tutto ciò rientra nella polemica politica. Sul piano tecnico, invece, a sbugiardare i testi “ad usum Delphini” ci pensa ancora una volta l’ufficio studi della Confartigianato (quello che la stampa chiama “la CGIA di Mestre”). Ebbene, la CGIA ha reso noti i dettagli che gli addetti all’informazione del popolo italiano avevano ritenuto di censurare. Apprendiamo, così, che – a fronte di un ritorno al numero dei posti di lavoro del 2008 – è diminuito di molto il numero delle ore lavorate: meno un miliardo e cento milioni di ore, pari al 5%. La qualcosa comporta che – rispetto all’anno di riferimento – gli occupati hanno lavorato meno, che hanno guadagnato meno, e che le aziende hanno prodotto meno. Inoltre, anche a voler prendere come riferimento il 2008 (anno in cui la nostra socialità era stata massacrata già da lungo tempo) c’è da tener presente – osserva la CGIA – che tutti gli indicatori economici sono in forte diminuzione: il PIL del 6%, i consumi del 3%, il reddito delle famiglie del 7%, e gli investimenti di ben il 24,5%. Altro che le barzellette del Vispo Tereso! Michele RALLO

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IL CIECO E IL PENDOLO Mi par di vedere il giorno Nella perenne aurora senza sole, mi immerge nel mattino coi suoi primi rintocchi di campana. Il buio profondo è solo nell’iullusione amara.[…]1

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Giuseppe fummo, VULCANO – Saturnia editrice Salerno – ottobre 1995


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PIATTI TIPICI DEL MEDITERRANEO - A cura di Rosa Maria Pastore

Le oche impiegate nel-la culinaria si distin-guono in due qualità principali:l’oca piccola e l’oca grossa. Le oche di razza piccola che,soprattutto in Italia,sono le più comuni e le più diffuse, pesano dai 2 ai 3 kg, ma possono essere ingrassate metodicamente fino a raggiungere i 5 kg. Sono apprezzate nella nostra cucina per le carni, magre e tenere, che si prestano alle preparazioni tipiche di tutti i volatili. Le oche di razza grossa hanno un peso che parte dai 5 kg e può arrivare ai 12 kg, mediante speciali tecniche di allevamento. Questo secondo tipo di oca è allevato principalmente in Francia, nella regione di Tolosa e nel bacino della Garonna, e fornisce il famoso “foiegras” impiegato nella preparazione di paté e terrine, specialità indiscusse della cucina d’Oltralpe. La carne di questa qualità di animale, seppure molto gustosa, è usata soprattutto per preparare piatti particolari come il “confit”. L’anitra si distingue in moltissime razze domestiche (quelle selvatiche sono considerate selvaggina);usualmente in commercio si trova l’anitra "italiana” comune, con piumaggio generalmente bianco,con leggere variazioni di colore a seconda che si tratti di quella “vicentina” o “polesana”, “friulana”, “bergamasca” o “piacentina” e può raggiungere i 4 o 5 kg; ab-bastanza diffuse in Italia sono le anatre “mute” o di Berberia che raggiungono in breve tempo proporzioni molto notevoli e si presentano con un piumaggio nero e striature verdi e rosse; la loro carne, talvolta presenta un caratteristico profumo di muschio che deriva da due ghiandole poste soto la groppa e secernenti una sostanza oleosa che può anche renderle immangiabili. Veramente eccellente è l’anitra di Pechino, di taglia piccola e con piume giallastre, e infine notissima è l’anitra di Rouen assai ricercata per la finezza della sua carne, che nel giro di due mesi e mezzo aumenta fino a 2 kg; questi animali devono la loro fama e il gusto particolare della loro carne al metodo usato per

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ucciderli: essi vengono soffocati provocando così un travaso di sangue nelle carni che acqui-stano così un colore scuro e un sapore apprezzato dagli intenditori. Sia per l’oca che per l’anitra è sempre meglio utilizzare animali giovani, per gustare una carne migliore in sapore e in tenerezza. Un’oca non ancora adulta si può riconoscere soprattutto dalla carne rosa e dal grasso bianco quasi trasparente, dalla pelle fine e chiara, dalla fragilità e flessibilità del becco e dal colore giallo vivo delle zampe. Una carne rossastra è indizio di un animale mal nutrito, mentre se è vecchio assume un colore giallastro. Per distinguere la giovane età di un’anitra bisogna osservare che la pelle bianco-giallastra sia sottile e granulosa, che il grasso sia bianco o grigiastro, ma mai giallo, nel qual caso denota una bestia nutrita di farina di pesce o di avanzi di animali, che le zampe siano brillanti e che il becco risulta flessibile alla pressione delle dita. Particolare attenzione bisogna avere quando si acquista solo il fegato grasso: quello d’oca è senza dubbio superiore a quello d’anitra. Ci sono infatti fegati che una volta cotti diventano grigi, altri in cui compaiono filamenti scuri, altri ancora che con il calore fondono, trasformandosi in grasso liquido; per evitare questi inconvenienti, bisogna osservare con cura la parte interna allargando i due lobi del fegato e scartare quello che non ha un bel colore rosato ed è striato da venature nere. La buona qualità di un fegato si può giudicare staccandone un piccolissimo pezzo e sfregandolo delicatamente fra le dita: se resta liscio e untuoso, è idoneo all’acquisto, se invece tende a scio-gliersi, diventando oleoso, non deve assolutamente es-sere comprato. La carne dell’oca offre un apporto notevole di sostanze energetiche per il suo contenuto in grassi; fornisce 378 caloria ogni 100 grammi di carne. La scarsa quantità di acqua in essa contenuta le consente di essere apprezzata come carne di ottima resa. Essa è di difficile digestione perché molto grassa e si rivela quindi controindicata nel caso di ammalati di uricemia, calcoli al fegato, di dolori artritici e di obesità. La carne dell’anitra, rispetto alla precedente, è molto meno grassa; fornisce 121 calorie ogni 100 grammi avendo solo il 3% di lipidi; è ricca di protidi e di vitamina PP. È di difficile digestione ed è sconsigliata agli ammalati di fegato e di gotta. Rosa Maria Pastore


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CHI HA PAURA DEI CARABINIERI? Lo devo alla mia educazione familiare, prima ancora che a quella politica: per me, poliziotti, carabinieri, guardie di finanza, guardie carcerarie e tutti gli altri agenti dell’ordine non sono mai stati “gli sbirri”, ma i rappresentanti dello Stato (con la S maiuscola), i garanti della convivenza civile, i difensori del cittadino contro la violenza dei delinquenti. Ovvero – come diceva Almirante – “i ragazzi in divisa che rischiano la vita per difendere la nostra libertà”. Anche quando – nel Sessantotto o giù di lì – mi vedevo arrivare in casa la Digos per qual-che perquisizione notturna alla ricerca di “prove” di una mia inesistente attività sovversiva... Anche allora – mi piace ricordarlo – non mi apparivano come nemici, ma come dei militari che obbedivano agli ordini, talora anche non condividendoli. Ma – non me ne vogliano i miei tanti amici Poliziotti – una predilezione particolare l’ho sempre avuta per l’Arma, per i Carabinieri. E non soltanto per il loro essere al tempo stesso forza dell’ordine e forza militare, ma per essere essi un Simbolo vivente della nostra Patria, della nostra Storia, come la fanfara dei Bersaglieri, come le Frecce Trico-lori. Sono cose che appartengono alla nostra ani-ma nazionale, alle nostre radici, al nostro essere italiani nel profondo, là dove nessuna “riforma della cittadinanza” potrà mai arrivare. I lettori scuseranno questa mia lunga premessa, scuseranno le tante maiuscole (Patria, Storia, Simboli) che – mi si creda – non sono manifestazioni di esteriorità retorica. Una premessa assai ampia, ma forse necessaria per far capire appieno quanto mi sdegni ogni tentativo di gettare fango sull’Arma, talora per semplice imbecillità, talora per un avvilente calcolo politico. Intendiamoci: i Carabinieri sono uomi-ni come tutti noi, possono sbagliare come tutti noi, hanno al loro interno anche delle “mele marce” come tutti gli organismi collettivi. Lungi da me l’idea che, se un Carabiniere sbaglia, non se ne possa parlar male. Ma ci sono occasioni in cui sembra che l’attacco ai Carabinieri ecceda la critica degli errori dei singoli (se ci sono stati) per diventare quasi un attacco all’Arma, al Simbolo. Vedete – sembra che ci si voglia dire – oramai tutto è fango, non esiste più nulla che si salvi in Italia, neanche i Carabinieri... Spero di essermi sbagliato, ma sono proprio queste le considerazioni che mi sono venute alla mente in questi giorni, quando alcuni ufficiali e militari dell’ Arma sono stati sotto i riflettori per due

fatti di cronaca assolutamente da dimostrare, ammesso che siano dimostrabili: il presunto stupro di Fi-renze, e il presunto depistaggio nella indagine CONSIP. Procediamo con ordine. A pochi giorni dallo stupro bestiale e cattivo di Rimini (quello si dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio), due studentesse americane affermano di esse-re state violentate da due carabinieri che le avevano accompagnate a casa dopo essere intervenuti per sedare una rissa in un night. Gli accusati ammettono di aver avuto un rapporto con le ragazze, che però sarebbero state assolutamente consenzienti. Nulla di fuori dal normale: parti avverse che si rimpallano le responsabilità, accusandosi vicendevolmente. In altre occasioni, i mezzi d’informazione avrebbero sospeso il giudizio, per tornare a parlare della vicenda dopo che le perizie mediche avessero accertato se ci fos-se stata o meno violenza. E invece, no. I due carabinieri sono stati subito additati al pubblico ludibrio da una stampa che – in buona parte – ha accettato come oro colato le accu-se delle due signorine. Quasi che si fosse alla ricerca di una attenuante per l’episodio truculento di Rimini, quasi che si volesse dire: perché prendersela solo con gli immigrati, quando in Italia stuprano un po’ tutti, carabinieri compresi? È stata una gara a chi la sparava più grossa, fino ad ipotizzare che le “violenze” fossero avvenute con la minaccia delle armi; anzi – assicurava un telegiornale – a provarlo ci sarebbe stato addirittura un video girato di nascosto con un telefonino. Poi, dopo aver ottenuto il risultato di intossicare l’opinione pubblica, un improvviso black out. Non sono riuscito a comprendere il motivo di questo repentino silenzio: forse – ma è solamente una mia ipotesi – nel frattempo le perizie mediche avranno dimostrato che non c’è stata alcuna violenza. Personalmente, comunque, sono portato a credere più a due nostri carabinieri che non a due studentesse americane. Continua a pagina 34

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POLITICA E NAZIONE – OVVERO IL PENSIERO DELLA GENTE COMUNE

LORELLA ZANARDO:VIOLENZA E RETICENZA Lorella Zanardo è una nota giornalista che si occupa anche di comunicazione e nel suo blog sul sito del giornale " il fatto quotidiano" ha accusato apertamente i suoi colleghi di coprire i crimini degli immigrati. Da più parti le è stato consigliato di non diffondere notizie dei crimini e delle violenze degli immigratin, contrariamente a quanto accade solitamente per analoghe notizie che non riguardano le "risorse". Infatti queste altre notizie vengono ampiamente commentate e diffuse. Perchè ? La reticenza di molti gruppi e di giornalisti è dovuta al fatto che le violenze commesse dagli immigrati è meglio occultarle per non essere accusati di " fake news". Infatti, in molti casi le redazioni dei giornali e le associazioni preferiscono non diffondere le notizie con la scusante di non incentivare il razzismo. In questo modo non hanno alcun rispetto per le vittime, dei familiari e per gli italiani. Eppure mai come oggi la violenza degli immigrati costituisce una grande emergenza per il nostro paese. Purtroppo sull'immigrazione mangiano in molti. E' solo un affare e su questo fenomeno, proprio perchè è un affare, sono nate tante associazioni, anche di delinquenti, che aiutano, per lucrare, in tutti i modi sui migranti. Spesso per farli passare per profughi o per fargli avere i necessari permessi chiedono oltre 3000 euro. Questi soldi, a loro dire, servono per produrre documenti falsi quali i contratti di lavoro, una finta busta paga e altro ancora. Con questo sistema truffaldino consentono la regolarizzazione della permanenza in Italia di immigrati che poi pur di vivere o sopravvivere si gettano nelle bracce della criminalòità divenendo loro stessi dei malavitosi dediti a furti, rapine stupri ed agni altro tipo di violenze. Non a caso le carceri sono stracolme di exstracomunitari .Infatti il rapporto alla popolazione italiana i migranti residenti sono crca il 7 % ma, nel contempo, rappresentano circa il 50% della popolazione carceraria. Ciò sta a significare che l'alta percentuale delle "risorse" vive di crimini che poi vengono nascosti - 23 -

agli italiani con la scusa della discriminazione. Il governo invece dovrebbe allontanarli definitivamente dall'Italia perchè questo tipo di "risorse"costituisce solo un danno per il nostro pese e per gli italiani, che oggi vivono su di una polveriera che puo scoppiare da un momento all'altro.

NELL’ARIA Μετέωρος Ondeggia, incerta, nell’aria, sulle altre, che s’ammucchiano con un sordo fruscio, e continua a volare, nel respiro del vento, una foglia. ANSIETA’ Άγωνία Grumi di palpiti nella penombra del cuore, annienta l’ansia il fascino dei sogni. MOMENTO Άκαρῆ Col tuo silenzio mi parli e, muta, m’accarezzi il cuore.

Franco Pastore __________ Da “ SEMI DI POESIA”di F.Pastore


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STORIA DELLA MUSICA - A cura di Ermanno Pastore

MUSICA MINIMAL TECHNO XVI PARTE

Microhouse ha le sue radici nel minimal techno , bitpop (entrambi sviluppati nei primi anni 1990) e casa (sviluppata nei primi anni '80) generi musicali. I suoi primi echi sono comparsi in un album di fantasmi dell'artista sperimentale tedesco Oval nel 1993. Come molti generi elettronici contemporanei, Microhouse ha molte influenze, in particolare techno e la casa di garage "click and pop" che è emersa da York-shire Bleeps e Bass (o "Bleep"), bitpop e techno minimale. Contrariamente con la casa di tecnologia, spesso pensata come "casa con elementi techno melodici", la micro casa è meglio descritta come "housey minimal techno" - un matrimonio degli elementi funky e groovy backroom con bitpop e il suono ripetitivo di techno. La prima traccia di micro-house per guadagnare la popolarità di un artista non-glitch è stato l' inno 1999 di Isolée , "Beau Mot Plage". Tuttavia, MicroHouse non ha cominciato a costruire rapidamente in popolarità fino agli inizi del 2000 con l'avvento delle etichette discografiche come Kompakt , Perlon , spettrale del suono , tessuto , Telegraph e Forza Inc . Il termine Microhouse è di solito accreditato per giornalista di musica e DJ Philip Sherburne , scrittura per la rivista The Wirenel 2001, per descrivere, secondo Stelfox, "l'interpretazione spettrale e ipnotica delle classiche scanalature di Chicago che emergono su etichette come Perlon, Kompakt, Playhouse, Ongaku, Klang Elektronik e la famiglia di impronte Mille Plateaux - - alla fine del millennio ".

Come casa e techno, la micro casa è costruita attorno a una firma di 4/4. Il suo tempo è di solito circa 130 BPM. Una notevole differenza tra la micro casa e la casa è la sostituzione dei tamburi tipici di casa , dei cappelli e di altri modelli di tamburo con click, statici, glitches e piccoli pezzi di rumore, che più spesso non sono allungati e durano più a lungo in gocce. Gli artisti della micro-casa spesso sperimentano diverse forme di campionamento per otte-nere questo effetto. Una caratteristica del MicroHouse è l'uso di campionamento: estremamente brevi ( 'micro') campioni della voce umana, strumenti musicali, rumori di tutti i giorni e modelli di onda di computer creato sono disposti in modo da formare melodie complesse (come ad esempio può essere ascoltato in Akufen 's "Disporre la Casa"). Le vocali in micro casa sono spesso semplici, assurde e monotono in natura, anche se alcuni artisti, come Matthew Dear, uniscono canto con la produzione di micro-casa. Questa è una delle caratteristiche principali della micro casa rispetto alla casa profonda, ad esempio, che tende a preservare la voce completa e presenta un ritmo più lento a 115 BPM in alcune canzoni. Microhouse è un po 'oscuro rispetto ad altri generi di casa e techno, ma diverse città, tra cui Melbourne, Berlino, Colonia, Parigi, Montreal, San Francisco Bay Area, Seattle, Minneapolis, Detroit, Chicago, DC e Portland hanno scene in erba e con il minimo techno boom della metà degli anni 2000, sta guadagnando grande successo nei club tedeschi, francesi, canadesi, italiani e spagnoli. I record di casa e CD di mainstream, talvolta, avranno micro-house o riproduzioni minime di brani. Oltre a questo, parecchie tracce sono diventate grandi successi da club negli anni e altri ancora hanno ottenuto la radioplay europea. Continua _____________________ Enciclopedia della musica, Pas-Z - III volume, Rizzoli Larousse, 1990 M. Cooper, Storia della musica - la musica moderna e contemporanea - 1890-1990 - decimo volume, Feltrinelli-Garzanti, 1992

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PARLIAMO UN PO’ DI STORIA- di Michele Rallo

LA DEMOGRAFIA QUE STA SCONOSCIUTA La demografia, questa sconosciuta: mi verrebbe da dire, sentendo certa nostra sprovveduta “classe dirigente” pontificare sui più disparati argomenti senza porsi il problema delle cause e, soprattutto degli effetti, di eventi che potrebbero sembrare casuali, accidentali, isolati; ma che invece sono legati tra di loro da precisi rapporti di causa-ed-effetto, e le cui più spiacevoli (e previdibilissime) conseguenze potrebbero essere forse prevenute con un po’ di sano realismo. Un ausilio importantissimo, essenziale per lo studio (e per la soluzione) di tanti fra i problemi che oggi assillano i popoli potrebbe certamente essere fornito dalla demografia. E non – a modesto parere del sottoscritto – come fattore a sé stante, come scienza da laboratorio; bensì come preziosa suggeritrice – mi si passi il termine – di possibili rimedi alle urgenze dell’ora presente. La demografia – com’è possibile apprendere da un qualunque dizionario – è la scienza che studia le dinamiche della popolazione del mondo (o di una sua parte) sia sotto l’aspetto biologico che sotto l’aspetto sociale. La demografia come scienza è nata in pratica con il positivismo (quindi appartiene teoricamente al bagaglio culturale di una sinistra illuminata); in Italia ha avuto il suo momento di maggior fortuna durante il periodo fascista (quindi è teoricamente transitata nel patrimonio della destra populista). Nel dopoguerra la demografia ha subìto un certo ostracismo, perché da taluni considerata “scienza fascista”. Nelle università fu declassata al rango di “materia complementare”, di quelle che “si davano” per alzare la media. Il suo insegnamento venne solitamente affidato – almeno in un primo tempo – a docenti che non avevano paura di apparire legati al “deprecato regime”; qui da noi – ricorderanno quelli della mia generazione – ad un siciliano illustre quale Alfredo Cucco, oculista di fama, già alto gerarca fascista e poi parlamentare del Movimento Sociale Italiano. Quali che siano gli antecedenti storici, comunque, oggi una buona ripassata ad un onesto manuale di demografia sarebbe utile a tanti; e senza neanche il timore di apparire “nostalgici”, giacché le dinamiche del popolamento sono oggi completamente diverse rispetto a quelle degli anni ’20 e ’30 del secolo scorso. Mi permetto di suggerirne la lettura, in uno con quella di alcuni dati statistici relativi alla popolazione del mondo, dei suoi continenti e delle sue nazioni, della nostra in particolare; dati da considerare non in termini astratti, ma alla luce della realtà politica, sociale, economica e antropologica di questo momento storico.

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La statistica, d’altro canto, è stata da sempre una componente essenziale della demografia. Cominciamo,dunque,dal più inquietante dei dati statistici: nella prima metà dell’Ottocento, quan-do il positivismo muoveva i suoi primi passi, tutti gli abitanti del mondo non raggiungevano il numero di un miliardo; gli europei erano circa 200 milioni, il 20% del totale. Centocinquant’anni dopo, nel 1950, la popolazione mondiale era aumentata del 150% (toccava i 2 miliardi e mezzo) e l’incremento della popolazione europea era più o meno in linea (550 milioni). Dopo poco più di mezzo secolo, nel 2011, gli abitanti del globo erano già più che raddoppiati (7 miliardi), mentre gli europei erano 700 milioni, il 10%. Nel 2050 – secondo le previsioni – la popolazione mondiale salirà a 10 miliardi, mentre quella europea scenderà a 600 milioni. Altro dato che ci interessa particolarmente: gli africani, che nell’Ottocento erano la metà degli europei, sono oggi circa un miliardo, e nel 2050 saranno più o meno due miliardi. Crescita da capogiro, che va a braccetto con quella – numericamente maggiore ma percentualmente più bassa – degli asiatici: 600 milioni nell’Ottocento, 4 miliardi oggi, saranno oltre 5 miliardi nel 2050. E, ancòra, mentre fino a poco tempo fa si riteneva che un vagheggiato “declino della fertilità” avrebbe stabilizzato la popolazione mondiale attorno ai 10 miliardi, oggi si prevede solo un “rallentamento”: nel 2100, secondo le ultime proiezioni dell’ONU, gli abitanti del globo dovrebbero essere all’incirca 11 miliardi e 200 milioni; africani e asiatici al galoppo, europei (al netto degli immigrati) sempre in calo. Ecco, questi numeri dovrebbero essere tenuti ben presente non soltanto da chi insiste ancòra sul “crescete e moltiplicatevi” in un mondo che ha sempre più fame e sete, ma anche da una classe dirigente europea (Merkel in testa e nanetti in fila per due) che teorizza una Europa “senza muri e senza barriere”, un po’ come quel capofamiglia folle che progettava di togliere porte e finestre alla propria abitazione. Hanno una pallida idea, questi signori, di quale scenario da incubo possa prefigurarsi – da qui a 35 anni – con mezzo miliardo di europei assediati da 2 miliardi di africani e da una parte almeno dei 5 miliardi di asiatici? Già, perché i migranti africani e asiatici continueranno ad avere come unica meta l’Europa,essendo l’America irraggiungibile, protetta com’è dall’immensità degli oceani. (Continua a pag.37)


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DONNU PANTU, PIU’ATTUALE CHE MAI Domenico Piro, meglio noto sotto lo pseudonimo di Duonnu Pantu (e non Donnu Pantu), nacque ad Aprigliano da una nobile famiglia il 14 ottobre del 1660. Il padre si chiamava Ludovico, mentre Giuseppe e Ignazio Donato, nati rispettivamente nel 1669 e 1672, erano figli di un fratello della madre, quindi cugini più giovani di Domenico.

I Quannu juña la bella età de 1'uoru, chi a Satumu li figli seculàru, tannu lu cunnu valia nu trilùora Era musca ogni figlia de crapara: Slavanu lutti cuomu frati e suoni Ccu tultu ca durmianu a nu pagliara: regnava allura la semplicitate, l'amure de Platune e l'unestate. II Era nu liempu chi li furracchiuni Stavanu nzeme ccu le furracchiole; Jianu cugliennu ppé chilli timpuni Mazzi de rose, e mazzi de viole; De sulu a sulu ppé chilli cavuni Trippiannu, e faciennu crapriole. Oca cc'era malizia, o gelusia! Ma tutte avianu salva la pudia. III Tannu si cc'era nu povera schiellu, nun sapili, cussi, n'ugna bisgattu! Facciadi assai dintra nu filiciettu, Rumpia quattr'ova e se facia n'attraltu: Mannava de le cascie de lu piettu Nu suspira uocchijannu mattu maini; Ed era veramente na cosazza Liccare na lanticchia de pisciazza. IV Sulu saniu Imeneo lu pacVale Appiccicava la lampa d'Amure lllu dava pietusu a lu culaie Spiritu, forza, pacieri/. a e valure: Tannu nun se rumpia nu pettinale S'illu prima nu n'era l'auture: A la Mugliera lu Marilù sulu Spruguliava lu festicchiarulu. V E mò curra nu sieculu puttanu, Ppe nun dire nu sieculu curnutu, N'età chi nun se trova cunnu sanu, Nné culu chi nun sia statu futtutu. Le fimmine le mpacchianu de manu, le pigli lu Diavulu pinnutu Pigliau de caudu forte la sajime. E curre cuome jume la sparcima.

I Quando fioriva la bella età dell’oro, al tempo in cui Saturno fu scacciato dai figli, in quel tempo il cunno valeva un tesoro, era graziosa (vergine) ogni figlia di capraio: stavano tutti come fratelli e sorelle pur dormendo nello stesso pagliaio, regnava allora la semplicità, l’amore platonico e l’onestà II Era un tempo in cui i contadinotti Stavano insieme con le contadinotte, andavano cogliendo per quelle montagne mazzi di rose e mazzi di viole, soli soletti per quei burroni saltellando e facendo capriole. E non c’era malizia o gelosia! III Ma tutte avevano intatte le pudende. In quel tempo se c’era un povero scapolo, non so se mi spiego, un po’ malizioso, si sfogava come poteva in un felceto, rompeva quattro uova e si faceva un frullato. Mandava dai polmoni un sospiro, spiando quatto quatto; ed era davvero una gran cosa leccare un goccio di piscio! IV Solo Santo Imeneo il paciere Accendeva la fiamma d’amore, egli dava, pietoso al fallo, spirito, forza, pazienza e valore; allora non si rompeva un pube se prima lui non l’autorizzava: alla moglie solamente il marito stuzzicava la tubatura. V Ma ora corre un secolo “puttano”, per non dire un secolo cornuto, una età in cui non si trova cunno sano né culo che non sia stato sfottuto. Le femmine ti prendono a schiaffi le prenda il diavolo pennuto: la carne è presa da forte calore e corre a fiumi il seme. Andropos

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LA FAVOL A DEL LA SE TTIMANA

LA GALLINA SCIOCCA Una fiaba per i più piccoli di FRANCO PASTORE Realizzazione pubblicazione in ebook - stampa e filmato con comm.musicale

Pubbl. ISBN IT\ICCU\MO1\0038517 – Ebook GGKEY:7XXGBKN7192

Illustrazioni di Paolo Liguori – traduzione in francese di Rosamaria Pastore Dal testo: LE FIABE DI MAMMA DORA

lare, sempre più forte, nel cielo azzurro. Le cicale corsero a ripararsi all’ombra delle foglie dei vecchi ulivi, mentre i passeri andarono al fresco nel bosco, dove un limpido laghetto dava conforto a tutti gli animali: ochette, cigni, falchi, anatre e fringuelli. Intanto Sole, nel bel mezzo del cielo, splendeva tutto intorno, per gli uomini e le montagne, che facevano da contorno. Brillava per la gente, sia quella buona, che quella che non valeva niente. La margherita, che non poteva muoversi di lì, da principio sfidò il sole, guardandolo fisso negli occhi, poi, lentamente, si sentì svenire e si piegò in due sullo stelo. Invano, più tardi, Sera cercò col fresco di riportarla in vita, la margherita era morta stecchita. I grilli formarono un gran coro e diedero spettacolo alla luna, mentre i papaveri lì, nell’aria bruna, raccontarono al vento tutta la storia: - La bella margherita, un poco dispettosa, decise in un momento d’esser presuntuosa: crescendo a dismisura, più alta dei fratelli,volle essere regina, più bella delle belle. Ma quando brillò Sole,di giorno, a mezzodì, si chiuse la corolla e sul suo stelo finì. Tutti i consigli buoni, dettati dall’ amore, vanno presi in animo e realizzati col cuore -.

In una bella mattina di maggio, in un campo di papaveri rossi, spuntò come per magia una splendida e tenera margheritina bianca. Fu un miracolo per tutti, come se quel tenero fiore fosse un dono per tutti. I papaveri, come la scorsero, le gridarono con gioia: - Come sei bella margheritina, sei la nostra sorellina, stai all’ombra per favore, a noi piace il tuo candore! La margherita, troppo giovane per comprendere ed un po’ sciocchina, non volle ascoltare l’affettuoso consiglio dei papaveri e cercò di superarli in altezza, allungandosi sempre di più sullo stelo. I papaveri, allora, le gridarono ancora: Come sei bella sorellina, stai all’ombra, per favore, Sole brilla troppo forte, ti verranno le gambe storte!Ma la sciocca margherita rifiutò ogni consiglio, prese fiato dentro al petto e gridò con gran dispetto:- Sono bella e son carina, se son alta son regina, è l’invidia che vi rode, siete brutti e senza dote, siete rossi sotto il sole e nessuno che vi vuole!A questo punto, i papaveri tacquero dispiaciuti Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra Quando venne mezzodì, Sole cominciò a bril- che ho detta la mia. - 27 -


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I Beatles vennero rifiutati dalla Decca Recording Studios che sentenziò: “Non ci piace la loro musica e non avranno un futuro commerciale”. Tra il 1963 e il 1965, invece, i Beatles rapidamente scalarono le classifiche da una parte all'altra dell'oceano, conquistando l'America e scatenando quella che venne conosciuta come British invasion, ossia l'invasione dei gruppi del beat inglese che rivoluzionò la musica americana dando vita al rock. Canzoni quali Love me do, I want to hold your hand, A hard day's night, Help! segnano un'epoca; album come Help!, Rubber soul, Revolver (quest'ultimo del 1966) modificano profondamente le abitudini di ascolto e lo scenario della musica popolare occidentale Il massimo splendore i ragazzi di Liverpool lo raggiungono con l'album del 1967 Sgt. Pepper's lonely hearts club band, un concept album che, presentando una serie di canzoni legate l'una all'altra da un filo conduttore, abbandona la logica dei 'singoli' che fino ad allora aveva dominato il linguaggio musicale pop e il mercato discografico..

Lo straordinario doppio album The Beatles, più noto come White album, pubblicato nel 1968, mise insieme tutte le anime e le ricerche sonore della band, trasformandosi in uno dei più grandi patchwork del pop: un disco al quale ancora oggi moltissimi musicisti fanno riferimento, dove s'incontrano rock, musica psichedelica, avanguardia, canzone melodica e pop.

LO SAPEVATE CHE

VECCHIA FOTO DA

RICORDARE

S.Valentino Torio 1954

F.Pastore i n IV elementare Maestra: Margherita Strianese

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IMMAGINI DI UN ALTRO TEMPO

I LAMPADE’

Per chi abita in una città moderna come Milano è normale pensare che di notte strade e piazze siano illuminate, non è quindi facile immaginare quanto dovesse essere buia la città, ancora nel '700, con una illuminazione stradale allora in gran parte affidata alle sole insegne di botteghe ed osterie, ed alle lampade votive poste davanti alle immagini sacre e tabernacoli. Intendiamoci, a Milano la situazione non era diversa da Torino e dalle più grandi città Europee,dove i servizi d’illuminazione pubblica erano modesti. In sostanza le abitudini non erano ancora molto cambiate dai tempi medioevali, quando le comunità cittadine si preparavano alla notte come a un periodo di pericoli ed insidie: al tramonto aveva inizio il ritiro verso le case, le porte delle mura venivano chiuse e con l’oscurità vigeva il coprifuoco. La ronda notturna perlustrava le strade munita d’armi e di fiaccole che servivano non solo ad illuminarle la via, ma anche a permetterle di essere vista come forza d’ordine pubblico. I privati cittadini che si recavano in strada di notte, dovevano anch’essi avere con sé un lume per non rendersi sospetti. Le prime iniziative di produzione ed utilizzo del gas illuminante furono opera di privati, in particolare del conte Porro Lambertenghi, appassionato di fisica e primo imprenditore lombardo ad impiantare una filanda a vapore. Milano e la Lombardia, dopo l’effimera esperienza della Repubblica Cisalpina, a seguito del congresso di Vienna del 1815 erano tornate sotto il dominio

austriaco. Nel palazzo Porro di via dei Tre Monasteri (l'attuale via Monte di Pietà) la storia del gas si mescolò con quella dei primordi del Risorgimento: qui infatti si riunivano, attorno alla rivista “Il Conciliatore”, che sarebbe stata di lì a poco soppressa dagli austriaci, patrioti quali Silvio Pellico e Federico Confalonieri. Silvio Pellico, che era precettore dei figli del conte, fu da lui incaricato di tradurre in italiano il Trattato pratico sopra il gas illuminan-te del tecnico inglese Frederick William Accum, che fu pubblicato a Milano nel 1817. L’anno successivo, 1818, il palazzo Porro fu illuminato con una apparecchiatura acquistata direttamente in Inghilterra da Frederic Winsor, un imprenditore che aveva fatto fortuna a Londra offrendo il primo servizio pubblico di illumina-zione a gas in Europa. Si sa comunque che insieme alle macchine arrivarono anche delle consistenti partite di carbone di Newcastle, probabilmente per garan-tire che fosse della qualità più adatta alla produ-zione di gas, ed anche un meccanico inglese per avviare l’impianto. Il conte Porro avrebbe voluto andare avanti, con impianti più grandi ed organiz-zare un servizio pubblico, ma le autorità austriache non ne vollero sapere. Pochi mesi dopo il Cav. Aldini (nipote del famoso Luigi Galvani, pioniere degli studi sui fenomeni elettrici), illuminò il teatro privato di via dell'Ol-metto con il gas prodotto da un modesto distillatore (non di carbone, ma di olio), ma neanche lui riuscì a convincere l'amministrazione austriaca, ed a realizzare, come avrebbe voluto, un impianto per illu-minare a gas il "teatro Regio della Scala". La prima rete di distribuzione del gas comprendeva circa 15 Km di tubazioni interrate, mentre erano 377 i “becchi” di illuminazione a gas, posti a 40-60 metri l'uno dall'altro. Nelle officine il gas poteva essere prodotto in 48 forni, sia con carbon fossile di importazione, sia dagli schisti bituminosi provenienti dalla zona di Besano (Varese) per la cui estrazione Guillard aveva già da qualche anno una concessione.Dalla data di inaugurazione dell’impianto, il 31 luglio 1845, i lampedée ebbero nuovo lavoro per accudire i nuovi lampioni a gas.

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IL MUSEO DIOCESANO SALERNITANO Di Paolo Liguori Sala VI - Il Seicento – IX parte

Luca Giordano, Gesù scaccia i mercanti dal tempio

L’autore riesce a compendiare realismo popolare e gusto scenografico con innata capacità di comunicare per immagini, proponendo un’arte immediatamente leggibile, ricca di suggestioni e propositi morali. Il suo linguaggio pittorico rispondeva ad esigenze devozionali e pastorali, avvicinandosi al contempo al sentimento popolare. L’impianto compositivo della tela è incentrato sull’articolata e complessa commistioni dell’elemento rappresentativo e teatrale dei personaggi, con la quinta architettonica che diventa parte integrante della dimensione spaziale del dipinto. Il suo fare artistico si condensa nel gusto per la descrizione particolareggiata, nei dettagli decorativi e simbolici come le vesti e i seni scoperti delle mercantesse, nell’uso di colori accesi, caldi e pastosi, resi vividi dall’utilizzo di una luce diffusa che irradia dall’opera, favorendone l’impatto devozionale. Ancora dalla collezione Ruggi d’Aragona provengono le due tele ascritte a Nicola Vaccaro1. La prima (fig. 43) viene ricordata da mons. Capone come «La donna adultera menata dinanzi al Signore», ponendola in relazione all’indicazione inventariale del 1870: «Un quadro rappresentante la donna adultera della dimensione di un metro ed un centimetro per un metro e centimetri trenta per un valore di lire 30»2.

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Su di lui cfr., tra i contributi più recenti, M. Izzo, Nicola Vaccaro (1640‒1709). Un artista a Napoli tra Barocco e Ar-cadia, Todi 2009. 2 Archivio Storico del Comune di Salerno, Archivio Generale, ii, i, r., n. 18.

Nicola Vaccaro (Napoli 1640‒1709), Cristo e l’adultera, olio su tela, Salerno, Museo Diocesano

Il dipinto raffigura l’episodio raccontato da Giovanni (8,3‒11) della donna che, colta in flagranza di adulterio, viene portata al cospetto di Cristo per essere giudicata e punita, ma ottiene il perdono. La scena si fissa sul momento centrale della vicenda, allorquando Gesù, chinatosi per scrivere nella polvere, invita alla remissione dei peccati, motivando le reazioni di sorpresa degli astanti1: presenze che, inoltre, tradiscono la componente teatrale dell’opera del giovane Vaccaro1. Questa determina una teatralità costruita all’interno di un apparato scenografico che trova diversi punti di contatto nella produzione del Vaccaro, in particolare con la Decollazione del Battista nella collezione del Banco di Napoli.2 Al dipinto in oggetto è stato riferito un disegno preparatorio conservato presso il National Museum of American Art di Washington1. ________________ 1

Sarà interessante sottolineare come il particolare del Cristo piegat mentre scrive a terra ha una matrice tardo manierista e schiettamen controriformistica: deve, infatti, la sua derivazione in ambito napo letano da una incisione di Jerome Nadal (in J. NADAL, Adnotationes meditationes in Evangelia, quae in sa-crosanto missae sacrificio tot an-no leguntur, Anversa 1595), ripresa da Belisario Corenzio nell Sala del Capitolo della Certosa di San Martino e nel convento dei SS Severino e Sossio, oltreché nella cripta del Duomo di Salerno. Pe l’incisione del Nadal cfr. T. BUSER, Jerome Nadal and Early Jesuit A in Rome, in «The Art Bulletin», LVIII, 1976, pp. 424‒433. Su Corenzi si veda C. RESTAINO, Belisario Corenzio nei grandi cicli pittorici na poletani del primo Seicento, in «Dialoghi di Storia dell’Ar-te», 3 1996, pp. 32‒57; A. BRACA, Il Duomo di Salerno. Architettura e oper d’arte del Medioevo e dell’Età Mo-derna, Nocera Inferiore 2003, p 228. 2 Non dimentichiamo che fu questi un artista poliedrico che com-pres appieno l’essenza dell’interazione tra le arti, soprattutto gra-z all’esperienza presso il teatro San Bartolomeo di Napoli, dove f impresario, librettista e scenografo.

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INVITO A CENA

Da “CATULLO A NAPOLI” di Franco Pastore – Febbr. 2015 – Ediz. A. I. T. W. INVITO A CENA T’invito a cena, une ‘e chìsti iuòrne, si puòrte cose bbòne da mangià: si puòrte ‘o ssàle, ‘o vine a beveròne c’a’ cumpagnìa ‘e ‘na candida sciasciòna e tutta l’allegrìa pe’ festeggià. Puòrte sta rròbba si a cena vuò magnà! ti offrirò, in cambio, l’unguento dell’amore ca , co’ profumo, te farà attizzà e tutte nase te fa addeventà.

Carme XIII - Cenabis bene, mi Fabulle, apud me / paucis, si tibi di favent, diebus,/ si tecum attuleris bonam atque magnam /cenam, non sine candida puella / et vino et sale et omnibus cachinnis./ haec si, inquam, attuleris, venuste noster,/cenabis bene; nam tui Catulli plenus / sacculus est aranearum./ sed contra accipies meros amores / seu quid suavius elegantiusve est:/ nam unguentum dabo, quod meae puellae / donarunt Veneres Cupidi-nesque, / quod tu cum olfacies, deos rogabis, / to-tum ut te faciant, Fabulle, nasum. Traductio - Cenerai bene, Fabullo mio, da me / fra pochi giorni, se gli dei ti assistono, / se con te porterai una buona e grande / cena, non senza una bianca ragazza / e vino e sale e tutte le sghignazzate. / Questo, dico, se lo porterai, bello nostro, / cenerai bene; il borsellino del tuo Catullo / è pieno di ragnatele. / Però in cambio riceverai veri amori / o quel che più piacevole ed elegante: / offrirò l'unguento, che alla mia ragazza / donarono le Veneri ed i Cupidi, / ma quando lo fiuterai, pregherai gli dei, / che ti facciano tutto, Fabullo, naso. Esplicatio - È una delle poesie scherzose e giocose sparse nel libellus, ha la forma di una lettera poetica oraziana. Catullo si misura con la parodia non solo per rovesciare cliché e modelli letterari, ma anche per stravolgere abitudini comportamentali: invita a cena Fabullo, suo carissimo amico, ma essendo in quella circostanza senza quattrini, lo prega di portare tutto il necessario per la cena ed in più una candida puella; in compenso riceverà amore sincero ed un profumo che, al solo sentire l’odore, una pro-cedura parodica che mira a scoraggiare il malca-pitato ospite e diventa per così dire un noninvito. Notevole la collocazione di cenam in enjambement: Catullo evidenzia così la parola chiave del

carme, quella che, rivela la singolarità di un vero e proprio "invito alla rovescia". Constructio – Si tibi di favent è un intercalare proprio del gergo popolare, una forma scaramantica - Verso 4 » cenam subisce un enjambement - Verso 12 » donarunt è sincope di donabarunt - Verso 13 » rogo regge la com-pletiva iussiva introdotta da ut - Verso 14 » i due futuri semplici indicano l’immediata successione di due fatti. Metro falecio: Si compone di cinque piedi. Il primo può essere trocheo, spondeo, giambo; il secondo è dattilo; gli altri tre sono trochei. Note semantiche - candida puella, si può ricondurre allo pseudonimo di Clodia, Leuconoe (dal greco leukòs “candida, chiara, integra” + vùs “mente”) ». E’ dalla tradizione arcaica greca che all’immagine del candore, della pelle bianca è accostata l’idea di bellezza, da cui suavius, che nell’epicureismo, diffuso a Roma in quel periodo, indica il piacere, in latino diventa suavis, e il sostantivo ἐδονή che in latino diventa voluptas. - __________ CATULLO A NAPOLI - IT\ICCU\MO1\0038568 - Reperibile

presso le Biblioteche universitarie di Modena, Padova e Pavia. Presso le Bibl.che provinciali di Salerno e Campobasso. Presso la Biblioteca naz. Di Napoli-

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Regimen Sanitatis Salernitanum - Caput LXV -

DE URTICA Aegris dat somnum :vomitum quoque tollit ad usum. Compescit tussim veterem, Colicisque medetur. Pellit pulmonis frigus ventrisque tumorem, omnibus et morbis subvenit articulorum.

Con l’ortica assonni i desti / ed il vomito ne arresti; sani tossi inveterate, / e le coliche ostinate; / del polmon sciogli l’agrezza, / e del ventre la durezza; / e con essa alleggi pure / ogni male alle giunture.

LEVIORA Mezzogiorno. Il sole è nello zenit. Non si vede nemmeno una nuvola. Gino e Piero si sono persi nel deserto sahariano. Sono esausti e barcollano: non hanno mangiato e bevuto niente da più di 40 ore. All’improvviso, davanti vedono una moschea. Piero: - Salvezza! Non c’è la facevo più. Chiediamo da bere e da mangiare. Gino è perplesso: - Sai che negli ultimi tempi i rapporti con il mondo islamico sono un po’ tesi. Propongo di presentarci come due musulmani. Così saremmo più al sicuro. - Guarda, per un po’ di cibo io non cambio la religione. Se mi vogliono ammazzare, facciano pure, ma io non mi presento diversamente da come sono. - Va bene, lascia fare a me. Mi presento come musulmano e tu sei mio amico. Speriamo che funzioni. Entrano nella moschea. Gino si rivolge a imam: - Io sono Mohamed e questo è mio amico italiano Piero. Ci siamo persi nel deserto. Da due giorni non beviamo e non mangiamo. Ti prego di offrirci qualcosa per salvarci dalla morte. L'imam si gira verso il suo aiutante: - Idriz, porta a Piero da mangiare e da bere e tu fratello Mohamed, sai che è Ramadan...

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MORAVIA: IL MAESTRO ANDREBBE RETRIBUITO PIU DI UN DOCENTE UNIVESITARIO Riallacciandomi al titolo (onde sviluppare un discorso di tipo induttivo, dalla particolare esperienza sino al caso generale coinvolgente la significativa, caratterizzante impronta impressa su noi dal nostro Maestro durante l’esteso ciclo di studi: d’altronde Flaubert pe-rentoriamente evidenziava l’univocità di corrispondenza Personaggio-Autore: ‘Madame Bovary sono io!’) , il presente brano è rievocativo d’un percorso avente quali estremità la fase iniziale,scuola Elementare, e quella conclusiva, l’Università. Una conoscenza ampia, legata al lungo tracciato della sequenza di anni alle Elementari con Egli condiviso,quella relativa al caro maestro cilentano Vincenzo Torsiello, del quale serbo una riconoscente e soave reminiscenza. Era dotato di straordinaria carica attraente il nostro coinvolgimento, conosceva assai bene l’arte di tenere ‘incollati’ gli alunni rendendoli interessati e compartecipanti alle sue spiegazioni; noi ragazzini non fungevamo da semplici spettatori passivi durante le lezioni,bensì venivamo sensibilizzati ed indirizzati verso una partecipazione emotiva, il cammino era costellato di argute ‘interazioni’ di natura culturale/scherzosa. Ma in quali termini catturava l’attenzione di noi ragazzini? Ecco, in un certo qual modo fu precursore di moderni metodi americani d’insegnamento, meccanismi basati appunto non su noiose spiegazioni ed aride illustrazioni, su incolori e monotoni commenti, bensì Egli integrava ed arricchiva di contenuti diversi i suoi insegnamenti. Il maestro sapeva quel che a noi fanciulletti interessava per davvero; ecco il vero segreto della sua divulgazione, del suo saper comunicare: riuscire ad entrare nella dinamica dei reali desideri di conoscenza dei ragazzini, stimolandone dunque, curiosità ed attenzione... Posso delineare una sorta di proporzione delucidante, premettendo che detestava il fatto del ‘ricordare a memoria’ date ed eventi; la Storia, le grandi battaglie, i personaggi venivano illustrati, delineati dall’insegnante Torsiello, in maniera analoga alle modalità con cui la Filosofia era trasmessa al pubblico dallo scrittore/ingegnere Luciano De Crescenzo. Identiche leggerezza e flessibilità di pensiero nel farci imparare regole di Aritmetica, quelle di Grammatica, della Geometria; inoltre illuminandoci su etimologie ed aspetti storici: i Romani non conoscevano lo zero: cosa rappresenta lo zero?

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I Persiani idearono il gioco degli scacchi; I Cinesi scopritori di magiche proprietà del quadrato… Rievoco un simpatico episodio riguardante -chi lo ha imenticato? - Pappagone, fantastico personaggio televisivo, illetterato e goffo, splendidamente interpretato da Peppino De Filippo. L’insegnante aveva ben chiaro il concetto di ‘Pappagone paladino di bambini e ragazzini’, dunque evocava errori grammaticali e sconnessioni, insieme alla famosa sintassi sgangherata della maschera napoletana, per spiegarci le modalità corrette di enunciati e frasi; cosicché, per farci comprendere l’avverbio ‘perché’in proposizioni interrogative: «Perché significa: “Per” “che” cosa? Qual è il motivo? Dunque, voi combinate una piccola marachella e i vostri genitori vi castigano,non vi fanno giocare a pallone. Come dite ai genitori: “Perché devo stare in castigo?”,oppure: “Piriché devo stare in castigo?”». Scoppiavamo in sonore risate… Anche lo spauracchio, temutissimo, della matematica, si convertiva in piacevole gioco, a cominciare dai ‘numeri figurati’, le diverse figure che Pitagora costruiva impiegando sassolini disposti sulla sabbia; e noi

intenti a costruire triangoletti, quadratini e quant’altro con queste pietroline, delle quali poi calcolavamo il perimetro, l’area…Al maestro piaceva l’espressività con la quale recitavo poesie di Carducci, Pascoli, Leopardi e l’intensità di lettura di racconti o passi di narrativa; suggerì a mio padre che di mestiere gestiva una macelleria in Torrione


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di Salerno,di comprarmi una enciclopedia letteraria per ragazzi; la proposta fu dal mio genitore realizzata, ed un perenne amore per la cultura letteraria, sbocciato in me, da allora mi ha sempre accompagnato. Lo scrittore Alberto Moravia sosteneva questa tesi:un maestro di scuola elementare, in virtù della capitale importanza del suo lavoro, andrebbe retribuito assai più d’un docente universitario; in sostanza affermava che la partita conducente al futuro, per tutti essenzialmente si gioca sul terreno delle Elementari… Quando, nel 1983, giunse l’ora di discussione dell’elaborato di laurea in ingegneria elettrica (Ateneo di Napoli, nella foto, Relatore il Prof. Mangoni Di Santo Stefano) l’affrontai con freddezza, senza turbamento alcuno; quel giorno mi balenò un ricordo improvviso, antichissimo, la lezione del pedagogo Torsiello (nella foto) mi sovvennero i suoi suggerimenti: 1) qualunque prova d’esame è una pura chiacchierata con un amico, egli vuol sapere di certi fatti e noi dobbiamo raccontarglieli; 2) l’amico intende conoscer bene tali fatti, occorre essere semplici ma rigorosi, insomma dobbiamo farci capire.

Rammento che si stupirono,della mia impassibilità (la tesi pareva costituisse evento a me estraneo), amici (tra essi, il futuro consigliere comunale Camillo Amodio ed il futuro presidente della CNA di Salerno, Sergio Casola) e parenti; mi divertivo un mondo, dicendo loro che li vedevo stranamente turbati, agitati, i volti spaventati: allora raccontai barzellette sexy e qualche novelletta comica riguardante l’insolente personaggio Pierino… Iricordi, guizzi fiammeggianti, lampi in virtù dei quali tendiamo a riportare alla luce attimi svaniti, rievocando i ‘flashes’ di istanti della prima giovinezza; ecco dunque che si aprono al pensiero i passi percorsi inizialmente, le avventure scolastiche vissute quando, impauriti ed emozionati, si varcava la soglia di scuola per addentrarsi nel mondo della conoscenza. Il Maestro (doverosa la maiuscola): vera e propria fondamentale missione, la sua, non semplice svolgimento di un ruolo; funzione vitale, ampliante gli orizzonti di conoscenza, trasformando noi fanciullini in piccoli uomini,fornendo (quando si è in grado!) basi importanti per affrontare con serenità, adeguata cultura ed idonei strumenti il tortuoso cammino conducente al futuro. GiufFrida Farina

Chi ha paura dei carabinieri - Continua da pag. 22 Altro episodio: l’inchiesta sulla CON-SIP, la centrale acquisti della Pubblica Amministrazione. Al centro della vicenda, un appalto miliardario e il sospetto che qualche imprenditore furbetto si sia dato un po’ troppo daffare per vincerlo. Fra i rami accessori dell’inchiesta, uno porta a Tiziano Renzi, padre di Matteo, che taluno vorrebbe al centro di un “traffico di influenze”. Non entro nel merito della vi-cenda: se la vedranno i magistrati. Mi soffermo solamente su un aspetto: le accuse, piovute su alcuni ufficiali dei Carabinieri, di aver depistato le indagini, in modo da coinvolgervi Renzi padre. Tralascio del tutto l’aspetto giudiziario: anche qui, se la vedranno i magistrati. Mi pronunzio, invece, sull’incredibile battage della stampa, con contorno di interrogazioni parlamentari, ferma presa di posizione del ministro della Difesa e, a conclusione, accorato allarme del Pre-sidente del Consiglio per comportamenti che “screditano le istituzioni”.Al punto che il leggendario “capitano Ultimo” (anche lui chiamato in causa dal coro degli indignados democratici) si è visto costretto a far sapere – tramite il suo avvocato – di essere pronto a soddisfare il “diritto d’informazione” dei cittadini attraverso un pubblico dibattito in televisione. Naturalmente, come per incanto il tam tam mediatico si è subito arrestato.

Ma io continuo a pormi un interrogativo: perché tanto fango sui Carabinieri?

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MICHELE RALLO

Il mio amico Larry Branchetti at the San Rocco Festival in Pittsburgh 2001


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UNA DONNA NELLA LETTERATURA a cura di Andropos

Joe March

Da PICCOLE DONNE di Louisa May Alcott Piccole donne è il più famoso romanzo di Louisa May Alcott che pubblicò, per la prima volta in due volumi,il primo nel 1868 e il secon-do nel 1869 in America, con il titolo Little Wo-men or, Meg, Jo, Beth, and Amy.Nel 1880 i due volumi furono riuniti in uno solo, Little Women, che continua ad essere quello letto in America. L'edizione del 1880 presenta anche alcune mo-difiche, soprattutto nel linguaggio, l'American Idiom, che rispecchiava pienamente il parlato dei personaggi, ma poco conveniente in una prosa letteraria. In Italia le prime parziali traduzioni risalgono al 1908, dove anJo, suo malgrado, è schietta, coraggiosa e che dopo si preferì, come del resto in molti determinata. Legge molti libri,ha un pensiero inaltri paesi, come la Francia e l'Inghilterra, dividipendente, è irrequieta, generosa ed è dispodere il romanzo in due parti, dato il pubblico di sta a tagliare i suoi capelli per comperare le ragazzi a cui era destinato, con i due titomedicine a Beth.Insomma è tutto quello che li Piccole donne e Piccole donne crescono. Il una donna non deve essere se vuole diventare libro ebbe un successo immediato quando la signora Laurence, il quale del resto non esita uscì e oggi è considerato un classico della ad abbandonare le sue inclinazioni artistiche letteratura per l'infanzia,consigliato dagli inseper diventare un uomo d'affari come la sua tragnanti e amato dai bambini. dizione famigliare impone. Insomma la Alcott ci Josephine, detta Jo, è la secondogenita delle aveva avvertite sin da piccole sui rischi che si sorelle ed ha 15 anni. Inizialmente lavora come corrono a essere come Jo e basta leggere le dama di compagnia per la zia March. Viene depagine di un rotocalco per rendersi conto che i scritta come schietta, coraggiosa, determinata, signorini Laurie di oggi, come quelli di ieri, preribelle e irrequieta. Ogni tanto rivela di possedere diligono le discendenti e le seguaci di Amy, così un carattere scontroso e il suo temperamento imdiverse dalla nostra amata Jo, la secondopulsivo la porta ad arrabbiarsi spesso, ma ha genita ribelle e generosa che alla fine spo-serà sempre buone intenzioni. Jo non è molto femmiun tipo maschile che nessuna Jo, almeno in nile e le risulta difficile comportarsi come una "sigioventù, ha mai sognato di avere al suo fianco. gnorina", tanto che viene vista come il "maschiacUna favola triste insomma: al principe azzurcio" della famiglia. Le piace andare a cavallo e ro, secondo la saggezza della Alcott, piacciono correre per i prati, ma la sua vera passione è la quelle come Amy. La quarta sorella, quella che letteratura e coltiva il sogno di diventare una scritsin da piccola ci stava un po' antipatica! trice famosa, così nel frattempo si diletta a inventare storie da far leggere alle sorelle. Inizialmente Jo è contraria al matrimonio e al romanticismo in generale, verrà corteggiata da Laurie ma in seguito si innamora, ricambiata, di Ἐγὼ τὸ ἄλφα καὶ τὸ ὦ, ὁ πρῶun professore tedesco, Friederich Bhaer, molto τος καὶ ὁ ἔσχατος, ἡ ἀρχὴ καὶ più grande di età rispetto a lei. Jo, secondo un rituale molto pollitically correct τὸ τέλος (l'autrice era cresciuta in un ambiente quacchero) ------------accorda la sua benedizione alla sorella, ma tra le righe si legge una sottile amarezza. Il viaggio in Ego sum α et ω principium et fiEuropa in cui Amy incontra Laurie doveva farlo lei nis dicit Dominus Deus qui est ma a causa del suo carattere fiero ed orgoglioso et qui erat et qui venturus est Ola sua ricca zia aveva preferito frasi accompamnipotens. gnare dalla sorella piccola, più bella, più garbata e accomodante.

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Padroni del momento rubato - Gli indifferenti Due articoli di Vincenzo andraous

 Ogni giorno, giornali e televisioni, ci informano di comportamenti trasgressivi, dirompenti, devastanti, che investono l’esistenza dei più giovani, ragazzini, adolescenti, giovani adulti esacerbati, ci raccontano una quotidianità che solo apparentemente sta a significare un’età scombinata dal ribellismo e dalla fascinazione della regola infranta, della mano stretta a pugno, degli aggettivi scambiati per sostantivi. C’è qualcosa di più e soprattutto in meno dentro questi atteggiamenti spavaldi, continuamente contaminati dalle giustificazioni e dalle attenuanti calate all’ultimo mo-mento. Di certo non è un buon servizio che noi adulti ben allineati e ordinati offriamo loro. Accade soven-te che per una sorta malcelata di qualunquismo, di sempre meno tempo a disposizione per i propri pargoli, di presunzione e una qualche vanità, è implicito declinare ogni eventuale responsabilità, in fondo sono problematiche che non ci appartengono, al limite so-no impatti e cadute che colpiscono l’altro, gli altri, quelli dall’altra parte della nostra coscienza. Viene furbescamente bene affermare che questa gioventù è cosa ben diversa da quella nostra, “questi” rappresentano il dardo scagliato dalla paura dell’insignificanza, a ruota quindi l’assenza di qualsivoglia comprensione per una pausa, c’è soltanto la spinta, la scossa al basso della schiena. Forse però, forse, c’è pure dell’altro, non solamente l’irresponsabilità di un’azione seppure reiterata, di un male imposto, senza fremito di pietà. Forse c’è dell’altro, cioè una prossimità ottusa e conclusa che non aiuta, non accompagna per giusto verso, non rende l’idea di una solidarietà costruttiva, quella che affianca, che accetta la fatica e il sudore, passo dopo passo, una gamba avanti l’altra, un piede affaticato dopo l’altro, il braccio intorno alle spalle, fino alla stretta di mano. Forse c’è veramente un’assenza persistente in questo cammino, percorso, un’assenza primaria di attenzione, soprat-tutto di cura, nei riguardi di chi arranca e inciampa, un’as-senza ingiustificata e colpevole, nel non percepire i segnali, i suoni, i rumori, fin’anche i silenzi che non accettano ulteriori sottomissioni o accantonamenti. Giovanissimi padroni del momento rubato, degli attimi incendiati, del presente così malridotto da significare un futuro privo di responsabilità. La roba e i beveroni come oasi in cui ritrovarsi, il sesso usato come pietra sopra ogni fiore, il gioco e l’azzardo per rifocillarsi nell’inevitabile scivolone. Ogni ragazzo sta pronto come una molla all’av-venturarsi, è poco propenso a rimanere fermo sulle gambe ad aspettare. Spesso dall’altra parte del ponte non c’è nulla ad attendere il nuovo arrivato, non c’è c’è nessuno a rallentarne la corsa, a tentare di ammorbidire i toni. Permangono i cumuli di aggettivi, di sostantivi, appesi al cappio delle più misere parole. Dietro, oppresse e tumefatte, stanno le emozioni, imbrigliate e sconosciute. Una sassata di rim-

balzo all’altra, finchè non rimane nuovamente l’ultimo solitudinarizzato a pagare il dazio più alto.

 Gli organi di informazione, i saggi ed i sapienti da salotto buono, coloro che guidano e conducono le danze, ci costringono con le spalle al muro, peggio, ci obbligano a ragionare con la pancia, mai con la testa, fosse mai con il cuore. Quando il dibattito è inerente al carcere, c’è sempre conflitto di interessi, di corporazioni contrapposte e divergenti, di casacche sdrucite in bella mostra e roboanti filippiche nazional popolari, molto in auge al bar sport, in particolare alla bouvette in Parlamento. Non c’è giorno che sul pianeta sconosciuto più di qualcuno abbia da elargire la propria ricetta ricostituente, per poi accorgerci che la galera è nuovamente alle corde, stritolata da quel famoso problemino endemico a tutte le amministrazioni penitenziarie, che sta riportando a livelli di non sopportabilità il mostro del sovraffollamento. In termini di soldoni, checché non se ne dica, oppure se ne dica in modo fuorviante, comporterà un nuovo fuori pista, come a dire, che area inclusiva, cultura della legalità, sistema affidabile perché meglio guidato, lascerà ancora, e ancora, e ancora il posto, a un perenne approccio emergenziale. Ciò significherà che la patologia dell’ansia da prestazione avrà una ricaduta esagerata sulle persone detenute che in carcere scontano ( si presume con dignità) la propria condanna ma anche e soprattutto sugli operatori, che per risolvere problemi che s’accatastano uno sull’altro senza tregua né soluzione, rischiano di rimanere impigliati in una apnea asfissiamte che non produce nulla o quasi, nonostante professionalità e buona volontà, Ho l’impressione che una certa criticità sociale diligentemente alimentata dai pregiudizi non fa altro che perpetrare uno scollamento e un distacco dal proporre progetti, programmi, linee guida che tutelino le vittime del reato, ma che proprio da questa premessa possano essere generate nuove opportunità di riparazione e riconciliazione. Si tratta di una vera e propria rivolta copernicana, è veramente necessario attuare una giustizia giusta, una giustizia che non sta solo a una mera punizione, per cui sappiamo chi entra in prigione ma chi esce non è dato saperlo. Sappiamo chi è l’attore del reato ma tranne richiedere inasprimenti delle pene e ipotetiche chiavi da buttare via, perdiamo contatto con la realtà di un territorio che include sfruttando le capacità di ognuno, perché la responsabilità sociale condivisa genera corresponsabilità, e ciascuno attraverso realtà e sensibilità differenti, attraverso ruoli e competenze definisce il senso comune.

Chissà se sul carcere, sulla restrizione della libertà, sul castigo inevitabile e su una pena rieducativa, forse occorrerà finalmente argomentare, abbandonando la sponda delle opinioni vestite di stereotipi.

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Vi n ce nz o A ND R A OU S


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LA DEMOGRAFIA QUESTA SCONOSCIUTA - continua da pag. 25 fono “fisso” nelle abitazioni meno modeste? Se Passiamo ad altro. Qualcuno si è chiesto il perché dell’impennata delle nascite nei Paesi cosiddetti “sottosviluppati”? Due i motivi: la fine delle politiche di controllo delle nascite nei paesi poveri (avversate da quasi tutte le confessioni religiose, in primis dalla cattolica) ed il progresso medico (che ha prodotto una drastica diminuzione di aborti e morti neonatali). E perché questi medesimi meccanismi non hanno inciso anche sulla fertilità europea? Semplice: perché la popolazione europea – più evoluta rispetto ad altre realtà – ha programmato la propria prole in termini compatibili con le condizioni economiche generali. E oggi – come è evidente – il numero massimo di figli che una coppia “normale” può permettersi è di due. Dal che deriva ciò che la sta-tistica indica come “crescita zero”. E – si tenga pre-sente – per “normale” intendo qualunque nucleo fa-miliare che non sia in condizione di povertà o di ab-norme agiatezza. Perché ciò? Perché la società odierna “impone” dei “lussi” di cui si potrebbe benissimo fare a meno (due o tre autovetture per famiglia, un televisore in ogni stanza, un telefonino, possibilmente di ultima generazione, per ogni membro del nucleo familiare, le ferie al mare, la discoteca al sabato, il ristorante alla domenica, eccetera). E, mentre è possibile che una famiglia faccia o sia costretta a fare i “sacrifici” che le consentano di far quadrare il bilancio, l’economia generale non può agire allo stesso modo: due o tre auto per famiglia sono necessarie per tenere a galla l’industria automobilistica; e tutti gli altri “lussi” individuali o familiari servono per alimentare la industria in generale, il commercio, il turismo, i servizi. Il progresso (tecnologico, economico, sociale, culturale) ha generato quella che si suol definire “società dei consumi”; e tale società, avendo ovviamente bisogno dei “consumatori” per poter sopravvivere, ha modificato le abitudini del pubblico, suggerendo e, anzi, quasi imponendo nuove esigenze: auto, elettrodomestici, divertimenti, eccetera. Esigenze che inevitabilmente drenano quelle risorse familiari che, in un diverso contesto sociale, sarebbero probabilmente dedicate ad accogliere e ad allevare nuova prole. Quanto sopra va necessariamente tenuto presente nell’elaborazione di una strategia per contenere il disastro che le statistiche demografiche preannunziano per l’immediato futuro.È possibile quella che taluno chiama “decrescita felice”? è possibile il ritorno ad una società protoindustriale, con poche auto, senza tv né internet e, tutt’al più, con un tele-

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tutto ciò non è ipotizzabile, allora la Politica europea deve necessariamente porsi un obiettivo irrinunciabile: il miglioramento, un forte miglioramento delle condizioni economiche della popolazione, perché solamente un maggiore benessere e, soprattutto, la certezza di un futuro ragionevolmente sereno potranno indurre gli europei a fare più figli, in modo da poter meglio fronteggiare gli squilibri demografici che si prospettano. I lettori avranno notato che, citando la Politica, ho usato la “P” maiuscola. A ragion veduta. In un periodo di calma piatta, i popoli possono forse permettersi il lusso di politici con la p minuscola, di politicanti in cerca di affari e di affaristi travestiti da politicanti. Nei momenti drammatici come quello che viviamo oggi, nei momenti cruciali, è necessario che la Politica torni ad essere grande, torni ad avere grinta, volontà e genio creativo. Per esempio, via le riforme buone per un còmpito della prima classe di ragioneria, come quella che vuol mandare i nostri figli in pensione con 400 euro al mese; e largo a chi è in grado, per esempio, di pensare ad uno Stato che paghi le pensioni con denaro suo, creato da una banca di Stato, e non preso a prestito dalle banche d’affari e dai “mercati”. Cosa non facile, perché le banche d’affari ed i mercati difficilmente rinunceranno a servirsi di tanti politici con la “p” minuscola, del tipo di quelli che – magari – non sanno nemmeno che cosa sia la demografia. MICHELE RALLO

Kyrie elèēson "Signore, abbi pietà" ________________

Kýrie eléison era usato già in epoca pre-cristiana per dei e sovrani. Gli Ebrei della diaspora greca avevano riferito il titolo di Kyrios al Dio di Israele, come traduzione per Adonai «‫ »אֲ דֹנָי‬e in epoca paleocristiana fu riferita a Gesù Cristo. Questa frase è conosciuta quasi esclusivamente in pronuncia itacistica, ossia con υ e η pronunciate i. Nel rito tridentino viene pronunciato dopo l'atto penitenziale e subito dopo l'antifona di introito;nel rito ambrosiano viene detto all'atto penitenziale e ripetuto tre volte al termine della Messa,prima della benedizione finale.


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