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LE PROBLEMATICHE DELLA VECCHIAIA e la musicoterapia(3)
ANNO XI N.RO 11 del 01/11 /2015
Pag. 1. Pag. psicologica 2. Trident Juncture 4. Elisabetta e Cartesio 5. Teatro romano 7. L‟ira 8. Arturo e il pescivend. 9. Ippolito Pastina 10. Una donna nella storia 11. Suicidio a Pagani 13. Il centro perduto 14. Pubblicazioni 15. Tradimento culturale 16. Paremiologia e pubbl. 17. Pagina medica 18. I grandi pensatori 19. Il “caso egizio” 20. Filosofia e Scienza 21. Le carni equine ricette 22. Immigrazione 23. Halloween 24. Storia della musica 25. Iegge truffa 26. Capitano Ultimo 27. I figli di troica 28. Aida 29. „O Cuncertìne 30. Il Museo Diocesano 31. Tra vent‟anni 32. Regimen sanitatis sal. 34. I Veleni del Sarno 35. L‟On.Rallo premiato 36.Redazioni e riferimenti
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La solitudine - La vita personale del vecchio è troppo spesso ridotta a poche, minime attività prive di contenuto sociale, la cui validità non è ratificata per di più dalla fascia più ampia dei giovani e degli adulti socialmente attivi. Questo dono del tempo libero che la società elargisce all'anziano fuori ruolo, questa età del riposo assoluto o, come si usa dire, della meritata quiescenza, non è altro, a nostro parere, che una sorta di pietosaipocrisia, liberatrice forse dal senso di colpa di cui la coscienza collettiva soffre per l'espulsione coatta dell'individuo dal campo del lavoro e, quindi, dalla vita attiva. Il tempo libero offerto al vecchio, come abbiamo già osservato, è un tempo di forzata inattività nella grande maggioranza dei casi, ragione frequente di emarginazione sociale e di solitudine. Un connotato comune della condizione senile è, infatti, proprio la solitudine che fatalmente, direi, consegue a tutta una serie di eventi che vanno dalla vedovanza alla cessazione dell'attività lavorativa, dalla perdita progressiva dell'autonomia alla lontananza dei figli, che, come sappiamo, può essere geografica o anche semplicemente affettiva. La solitudine del vecchio non si identifica, comunque, con la condizione o lo stato di chi vive da solo o appartato. Per tale situazione è da preferire il termine isolamento che indica meglio la condizione di chi, spontaneamente o costretto da cause esterne, vive isolato, appartato dagli altri, ma non è necessariamente privo di affetti o amicizie, di appoggi, di persone che l'aiutino o l'assistano. Quando del resto la vita in isolamento si compie, tanto per fare un esempio, per scelta personale e volontaria, come nel caso paradigmatico dell'anacoreta, non si può certo parlare di solitudine nel senso negativo che attribuiamo a questo termine nel nostro discorso. Allo stesso modo non è appropriato usare tale espressione nel caso non frequente di persone anziane che vivano da sole per loro elezione, ma conservando volontà e capacità di mantenere vivi i loro rapporti interpersonali ed il calore degli affetti. Solitudine vuol dire sentirsi soli e questo accade a chi vive isolato ed appartato, non per scelta propria, ma per condizione imposta dagli organismi sociali, economici e culturali del proprio complesso antropologico. In questo senso possono soffrire di solitudine, sentirsi soli, anche i vecchi che, pur vivendo in famiglia o in qualche comunità di tipo assistenziale, sono comunque ricusati dall'ambiente o non più approvati dalla collettività. Non deve stupire che una tale situazione si verifichi anche in famiglia e non soltanto, come sembrerebbe più prevedibile, negli ospizi, nelle case di riposo o nelle varie strutture protette. La solitudine, infatti, non risparmia nemmeno gli anziani che, pur inseriti in nuclei familiari numerosi, esperimentano paradossalmente l'isolamento affettivo e l'emarginazione quando la convivenza con i congiunti crea problemi e frustrazioni reciproche. Dalla parte del vecchio c'è, infatti, un bisogno continuo e pressante di affetto ed una costante esigenza di comunicazione che non trovano sempre corrispondenza nei membri giovani e adulti della famiglia. Nella maggioranza dei casi figli e nipoti non sono in grado di dare una risposta completa ai bisogni esistenziali del loro congiunto che finisce per sentirsi un estraneo e quasi un intruso nel contesto affettivo familiare. La conclusione di questo breve discorso potrebbe essere che una risposta ai problemi dell'anziano non può cercarsi soltanto nell'organismo familiare che, nella società odierna, non ha più le caratteristiche né i presupposti perché il vecchio possa ancora estrinsecarvi la sua personalità e soddisfare in esso le proprie esigenze di vita, di relazioni interpersonali, di partecipazione. È indispensabile e urgente, come abbiamo più volte rilevato, un vasto piano geragogico che si proponga di educare la società in generale, oltre che l'individuo e la famiglia, allo scopo di favorire la caduta di tutti quei pregiudizi che hanno relegato l'anziano nel limbo dell'incomprensione e della solitudine. 1) F. Pastore, LE PROBLEMATICHE DELLA Vecchiaia, pag.13 e 14 - A.I.T.W. ed. SA. 2004 – Scaricabile in e-book su Google play, cod. GGKEY:K6C9CH8SW3Q E
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Antropos in the world
L ’ESERCITAZIO NE “TR I DEN T JU NC TU RE” : Una NATO che serve all‟America, non a noi
Da “LE OPINIONI ERETICHE” di M.Rallo
La N AT O – O r ga niz z a z i o ne d e l T r a tta to d e l No rd Atla nt ico – ha cer ta men te a v uto u n r uo lo i mp o r t a n t i s s i m o q u a n d o i l mo n d o c o s i d d e t t o l i b e r o d o ve va fr o nte g giar e l ‟e s p ans io n is mo co mu n is ta ( ma n o n e r a s t a t o i l m o n d o c o s i d d e t t o l i b e r o a r e g a l a r e me z z a E u r o p a a l l a R u s s i a ? ) . H a i n v e c e c e s s a t o d i a vere u n r uo lo q ua nd o il co mu ni s mo è fi nito , q ua nd o l ‟U nio ne So vie tica si è scio lta,q ua nd o è c a d uto il mu ro d i B erl i no . I n v e r ità , l a N AT O a vr e b b e p o tuto ma n te ne r e u na p ro p ria ra gio ne d i vit a, so l c he si fo s se d at a n uo v i o b ie tti vi, i n li ne a c o n l e e si ge nze d i d i fe sa d e i s u o i me m b r i . P r e s o a t t o c h e n o n e s i s t e v a p i ù u n pericolo so vi etico – d unq ue – avrebbe do vuto attrezzar si p er co ntr ast are il n uo vo n e mico c he si p ro fila va a ll ‟o rizzo nt e ,ci o è u n fo nd a me n tali s mo mu s u l ma no che – era c hia ro fi n d all ‟i n izio – ave v a c o me o b i e t t i v o l ‟ e s p a n s i o n e d e l l ‟ I s l a m a n o r d ( v e r so l‟E uro p a med iterra nea) e a sud (verso l ‟Afric a sub sa haria na). L‟Amer ica sett en trio nale – u no d ei d u e p o l i d e l c o mp l e s s o g e o p o l i t i c o d e l N o r d A t l a n tico – era c hi ara me nte a l rip aro d ai p erico l i d el d o p o -muro -d i -B erli no , d o v end o fro nte g gi are la so l a mi nac cia d i uno iu s so li c o nce sso ta lo ra co n tro p p a super ficia lità. Era c hiara me nt e l ‟a ltra ri v a atl an tica, q u ella e u ro p ea, ad esser e p esa nt e mente mi n acci ata, e q ui nd i u na ip o t iz z a b i le n uo v a N AT O p o st -c o mu n i sta avreb b e d o vu to – nece ss aria me nte – e ss ere rip ro gra mmat a i n c hia ve e ur o ce ntri ca. In vece è a v ve n uto l ‟e satt o co ntrario , ta lc hé l a N AT O d i o ggi è c hia r a me nte u na so vr a s tr u tt ur a c o lo nia le d e gli Sta ti U ni ti, str u me nto d ell a lo ro p o litic a a g gres si va me nt e esp an sio ni sta (p arlo nat ura l m e n t e d i e s p a n s i o n e e c o n o mi c a ) e d e g l i i n t e r e s s i d e i s uo i a lle a ti me d io r ie nt a li ( I sr a e le , T ur c hi a , Ar a bia Saudi ta e vari satel lit i petroliferi). Int eres si – q ues ti – c he no n co i nci d o no as so l uta me n te co n quell i degli all eati e uro pe i degli U S A e c he, a nzi, so no d e l t ut to co ntra sta nti . Si p e n si a ll ‟i nt eres se d i Israele a rid i se g nare le fro nti ere d el Med io Or ie nte (co n gli in ev itab i li e f fe tt i co llat erali, mi gr azio ni c o mp r e s e ) ; s i p e n s i a l l ‟ i n t e r e s s e d e l l a T u r c h i a a d ass u mere u n ruo lo e ge mo n e nell ‟ar ea (a d an no d ell‟Ira n e d ella R u ss ia); s i p ens i, so p ratt ut to , all ‟i n te r e s se d e ll ‟ Ar a b ia Sa ud i t a a d if fo nd e r e in tu t to il mo nd o is la mico – a s uo n d i p etro d o llari – la s ua vi sio ne ri go ris ta d ell ‟i nt eg ralis mo s u n nit a (il wa h a b ismo ), in co ntra sto co n le te nd e nze d e l mo nd o mu su l ma no no n o st ili a ll ‟E uro p a (laic i, s u nn iti - mo d erati, s cii ti). D alla fi ne d ell ‟U nio ne So v ieti ca i n p o i, la N AT O – d ir e t ta me nte o tr a mi te “ c o a liz i o n i” fia nc he g gi atric i – ha q ui nd i s vo lto u na p o li tica ne t-
ta men te co ntraria a g li i nte ress i d ell ‟E uro p a, o ste g gi a n d o una R us sia no n p i ù ne mic a, ag gred e nd o i reg i mi arabi filoe uropei e, sopratt utto, no n co ntra sta ndo ad eg uata me n te u na e nt ità p eri co lo si ss i ma – l‟I SIS – c he si g i o v a d i m i s t e r i o s i f i n a n z i a me n t i m i l i a r d a r i e c h e v u o l creare un vero e proprio S tato terrori sta, met te nd o i ns ie me u n p ezzo d ell ‟Iraq e u n p e z z o d i Sir i a ; p e r ta c e r e d e lle “p r o vi nc e se p a r a te “d e l Ca l i f fa to , i n Lib ia , i n N ig e ria e altro ve. Do p o avere d i str ut to i d u e p aesi c he fa c e va no d a “t a p p o ” c o ntr o i l d ila ga r e d e l lo jih a d ismo ( l ‟I r aq d i Sad d a m H us sei n e l a Lib ia d i Ghed d a fi) , i b r il la nti s tr a teg hi d ella N AT O e/o d e gli US A (no n fa di ffere nza) hanno pre so di mi ra la Siria di As sad , altra nazio ne ret ta d a un re gi me laico -nazio n alis ta a mi co d el l‟ Euro p a, c o n l a sc usa c he t ale reg i me fo s se u na d it tat ura. E i g o ver na nti e uro p ei ha n no mo strato di crederci, fi ngend o di ignorare c he in Med io Orie nte q ua si t u tte l e nazi o ni so no re tte d a si ste mi fo rte men te a u to ritar i : mo narc hie as so l ute, d it tat ure d i ch iar a t e , o q u a s i - d i t t a t u r e ma l a m e n t e m i m e t i z z a t e . L a d e m o crazia p arl a me ntare d i m atrice an g lo sa sso ne, i n fat ti, no n è u n s is te ma d i go ver no u ni ver sal e, ma li mi tato – p ratica me nte – al so lo “no rd d el mo nd o ”: E uro p a, St ati Uniti, e x dom inio ns bri ta nnic i, pi ù il Giappo ne (perc hé c o - s t r e t t o a l l a d e mo c r a z i a d a l t r a t t a t o d i p a c e ) , I s r a e l e e p o chi altr i. I mma gi na te vi, d unq ue, co sa s uc ced ereb b e se q ue s ti P a e si d e c id e s se r o ve r a me nt e d i “e sp o r ta r e ” la d e mo c r a z i a n e l r e s t o d e l m o n d o : u n a g u e r r a c o n t i n u a , lu n ga seco li e ca usa d i sco n vo l gi me nt i i ni mma gi nab il i. Co s ì, i n real tà, no n è ma i stato . An zi, p i ù cert i S tati ha n no d ic hia r a to d i vo l e r fa r e g ue r r e p e r “d i fe nd e r e la d e mo c r a z i a ” , p i ù q u e s t i S t a t i h a n n o a g i t o p e r s c o p i merca n til ist ici d i b as so p ro filo . I nco mi ncia nd o d all ‟in terve n to d eg li Stat i U ni ti nel la P ri ma g uerra mo nd ia le: u ffici al me nte gi u st ificato d a no b ili s si mi id e ali, ma nei fat ti d iret to ad a ss ic urar l o ro il lib ero acces so ai m erc a ti e ur o p e i. Da a l lo r a è st a to u n c o n tin u u m d i “a r r i v a no i no str i” (d a lla Seco nd a g uerra mo nd iale al Vie tn a m, d a lla So ma l ia a l l ‟I r a q ) , fi no a lle ul ti me “p e r l e ” : la d istr uzio ne della Libi a, la s angui nosa provoc azio ne a nti rus sa i n U kra ina e la sporc a guerra contro la S iria, co nd o tta i n o g ge tti va c o mu n a nz a d ‟i nt e n ti d a u n “e se r c i to di liberazio ne” o r ga niz zat o dalla CI A e dai ta glia gole d ell ‟ISIS. P o i c‟è s tato il mi n u etto d ella g uerra co n tro i l Cal iffato i n Sir ia e i n Iraq . che , s e fo s se sta ta co nd o tta c o me s i c o n v i e n e , a v r e b b e r i s o l t o r a d i c a l m e n t e l a q ues tio ne i n p o ch i mes i. In vece no n ha ri so l to u n b el nie nt e; o , fo rse, è s tata ad d iritt ura un p ara ve nto p er masc herare a zio ni an ti -As sad (e q ui nd i p iù o me no vo l u ta men te p ro -I SIS). (co nt i n ua a p a g.3 )
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Antropos in the world Fatto sta che, da quando sono iniziate le opera zioni della “coalizione” a guida americana, l‟esercito del Califfato ha guadagnato terreno, mentre sono ve nuti fuori alcuni fatti molto strani. Come quello delle “regole d‟ingaggio” che praticamente impedisco -no ai piloti USA di intervenire in modo efficace e tempe stivo contro i reparti del cosiddetto Stato Isl a-mico. Alla fine, quando è stato chiaro che l‟ISIS non sarebbe stato fermato, Putin ha rotto gli indugi ed ha deciso di intervenire direttamente nel conflitto. Sùbito si sono levati i lamenti della N A T O , a l l a r m a t a p e r c h é l‟ in ter ve nto d el la Ru s sia i n Sir ia mi n acci av a d i “d e sta b ilizzare ” la si t uazio ne. Quale si tuazio ne a vreb be p o tuto ma i d es tab il izzare? Que lla d e lla strad a sp ia na t a all ‟ISI S p er p o rtare la g u erra fi no a lle fro nti er e d e ll‟E uro p a? E, p o i, co n q ual e co rag gio p arla no d i d est ab i l i z z a z i o n e p r o p r i o l o r o , a me r i c a n i e s o c i , r e s p o n sab il i d iret ti o i nd iret ti d e l cao s i n c ui è c ad u to l ‟i nt e r o Med io Orie nte e il No rd africa, re sp o nsab ili d el l e g uerre, d el le d i str uzio ni e – no n u lti mo – d e ll ‟o nd a ta mi gra to ria c he è u na b o mb a a o ro lo geria p iazza ta n el cuore del l‟Europa? B en ve nga P uti n,d unq ue.V edrete c he la pratica ISIS la sb ri g herà l ui, e ch e – d o p o – anche g li a meric an i s ar an no co stret ti a fare q ua lc o si na i n p i ù.Ne lle mo re, s a r e b b e o p p o r t u n o c h e a v e s s e r o a l me n o i l b u o n g u s t o d i tacere i respo ns abili di q uella polit ica dis as trosa, di s se nnata, ci eca, s urrea le c he ha ca usato la di str uz ione d el Med io Orie nte e me s so in p erico lo la sic urez za d e gli st es si Stat i e uropei. I n t u t t o c i ò , d e s t a s t u p o r e l a ma s t o d o n t i c a e s e r c i t a z i o ne N AT O T rid e n t J u n c tu re , c he è i n iz ia ta i n q u e st i gio r n i ( e c h e d u r e r à f i n o a n o v e mb r e ) , a n n u n z i a t a c o n g r a n d i s q u i l l i d i t r o m b a c o m e «l a p i ù g r a n d e e s e r c i t a z i o n e d e l l a N AT O d a l l a f i n e d e l l a g u e r r a f r e d d a ». U n a p a c chia na es ib izio ne d i mu sc o li c he, c hiar a me nte, vo rr eb b e i nti mid ire P uti n. Gl i e uro p ei p ar tecip a no co n e n tu sia s mo , co nte nt i d i sp end e re un p atri mo nio p er gio ca re ai so ld ati ni i ns ie me ag li a meri ca ni. Un p atri mo nio , p erc hé l a N AT O ( e le s ue e s e r c ita z io ni) no n la p a ga no gli a me r i c a n i , m a t u t t i i s u o i m e m b r i . G l i a m e r i c a n i h a n n o u na sola prero gati va i n p i ù: da nno gl i ordini. G li e urop ei, i nv ece, o b b ed is co no . E p aga no . P erch é – co me ha d e t t o O b a m a i n t o u r p r o - F 3 5 - «l a l i b e r t à n o n è g r a t i s ». A proposi to: qua nto cos te rà ad ogni s i ngo lo Stato me mb ro q ue sto sp ro p o sita t o sb erle ffo a P u ti n? No n s i sa, perché i l costo del la maxi-e sercitaz ione è rigoro s a me n t e s e g r e t o . E , me n t r e s i a m o i n t e m a d i s o l d i n i , e c c o u n ‟ a l t r a notiz ia underg round, di q uel le c he si cono sco no ma c he no n è “p o lit ic a me nte c o r r e tto ” fa r sa p e r e a l gr a nd e p ub b lic o : l ‟e x Se gr e t a r io ge ne r a l e d e lla N AT O , il d a ne se Ander s Fogh R as mu sse n, è sta to a ss unto da ll a Go ld m a n Sa chs, la “mad re d i tutte l e b anc he d ‟a ffari ” a me r i c a n e , i n p a s s a t o d a t r i c e d i l a v o r o – f r a g l i a l t r i – d ell ‟att ua le go ver na to re d ella B an ca Ce n trale E uro p e a, Mario Dra ghi. Qua li i p unti di contatto – si c hiedera nno i l ettori – tra la s fera mil itare e q ue l l a fi na nz iaria?
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Ci so no, ci so no que st i punti di co nta tto. E ne avre mo co n fer ma fra q ual che me se, p ro b ab il -me nt e in Libia.
Michele Rallo L’ANGOLO DEL CUORE _______________
SUL PONTILE DEL LAGO Από προβλήτα της λίμνης
Quando la ragione rifiuta l‟emozione, chiudono gli occhi i ricordi e la voce diventa un sussurro, che vaga, in vicoli ciechi, in cerca di luce. Stanche consuetudini, più impietose dell‟indifferenza, con il silenzio della notte, recano l‟odore della pioggia, nella laguna del pensiero. Allora , saziandomi di parole, annego l‟io, assetato di poesia, e, sul pontile del Lago, ascolto „La Boheme”. Nell‟eterno scandire, solo il tempo non invecchia mai e, pur nell‟aria bruna, occhieggia perenne alla luna. Ma, se andasse in vacanza, come continuare a vivere senza la speranza della fine? Le nubi, malinconiche presenze, all‟infinito, proseguirebbero ...nel pianto.
________ Da lla silloge VOCI - © 2015 by Franco Pastore - Una realizzazione A.I.T.W.
Antropos in the world
ELISABETTA DI BOEMIA E CARTESIO DI FRANCESCA MANNO Patrizia Cipolletta ci ha dato un interessante studio sui rapporti tra Eliesabetta e Descartes 1. Il volume, suddiviso in tre capitoli (Descartes e i suoi volti di Giano; Donna di mondo e di cultura ; Incontro di emozioni e passioni) e un’Appendice (La consulenza filofofica ieri e oggi) propone una lettura del rapporto Descartes-Elisabetta di Boemia nuova e insospettata. L’autrice si propone di dimostrare come il modello di sapere pratico elaborato dal filosofo francese nel corso dello scambio epistolare intrattenuto con Elisabetta sia quello oggi messo in atto dalla consulenza filosofica. Nelle lettere rintraccia quell’oramai perduto «filo della tessitura del sapere pratico», smarrito a causa della moderna impostazione della «pratica delle scienze»
Dopo la psicanalisi, la psicologia e la neurologia (per quest‟ultima Cipolletta fa riferimento al neurologo Antonio Damasio, autore del fortunato L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano uscito nel 1994), anche la pratica del counseling filosofico dunque, secondo Cipolletta, ha bisogno di confrontarsi con Descartes. La prospettiva dalla quale l‟autrice si pone, va subito detto, è quella fenomenologico- eideggeriana, ma ripensata in termini critici, come vedremo più avanti. I testi che a giudizio dell‟autrice confermerebbero la sua tesi sono, dunque, le lettere e in particolare quelle nelle quali il fil-osofo tratta di questioni di natura politica e di vita pratica. Qui secondo l‟autrice ci sarebbe in qualche modo un recupero da parte del filosofo francese di quella distinzione tra „scienze cardinali‟, „sperimentali‟ e „liberali‟ presentate nel suo giovanile Studium bonae mentis2. Il carteggio tra il filosofo e la principessa farebbe dunque emergere un Descartes lontano da quello della morale provvisoria dei Discours3. La tesi di fondo della Cipolletta è, infatti, che Descartes nell'ascolto delle problematiche della principessa entri in una dimensione di vita pratica che aveva dimenticato, in quanto si era dedicato ad altre ricerche: scientifiche e metafisiche. Discutere di problemi che riguardarno l‟interorità emotiva della sua interlocutrice, avrebbe così permesso al filosofo di «mettersi in un orizzonte più vasto di quello puramente teoretico» (p. La principessa, dunque, a giudizio della Cipolletta, si rivolge al filosofo per trovare un rimedio ai mali fisici (legati alla cattiva salute) e morali (legati al suo rango) che l'affliggono. Piano a piano il discorso tra i due si orienta verso questioni relative alla filosofia pratica, questioni che mettono in gioco la principessa nel suo vissuto e, per questo, trasformano il loro dialogo in una vero e proprio scambio di consulenza filosofica. In tal senso, solo in un secondo momento, ossia dopo essersi “sintonizzato” sui canali emozionali della principessa, Descartes legge e discute con lei del Principe di Machiavelli (ed è all‟interno di questa discussione che matura l‟invito rivolto ad Elisabetta di esortare alla prudenza il fratello Carlo I Ludovico, (p. 142) e della Vita beata di Seneca, una lettura quest‟ultima funzionale a far
emergere quei concetti di filosofia pratica utili ad Elisabetta.Il filosofo, opererebbe, dunque, un riadattamento della morale provvisoria della parte terza del Discours secondo un modello di “morale dell‟intenzione” e, intuendo che il discorso filosofico può guarire la gio-vane donna, le sottopone problemi algebrici – la solu-zione del problema dei tre cerchi (p. 107) – : una strategia questa propria della “consulenza” filosofica. La cura che il filosofo propone per guarire il corpo malato non sono gli esercizi fisici, ma gli «esercizi dell'anima». Per avere una vita equilibrata ed armonica – scrive il filosofo alla principessa – non bisogna impiegare troppo tempo nell‟attività meditiva. Occorre invece non lasciare troppo vuota la mente, per evitare che i problemi quotidiani si insinuino, facendoci soffrire (p.107). Descartes mette in atto una strategia del counseling: studiare il corpo e vedere gli effetti sulla mente; studiare l‟anima per fare emergere gli effetti sul corpo: «Non conosco un pensiero più idoneo alla conservazione della salute – scrive il filosofo – di quello che consiste nella salda persuasione e ferma credenza che l'architettura del nostro corpo va così bene che, una volta che si è sani, non ci si può facilmente ammalare» (1). E ad una stategia del counseling, può essere ricondotto anche il suggerimento alla principessa di salvaguardare la sua autonomia di giudizio. Anche se non possiamo di certo sapere se questa disposizione del filosofo sia dovuta alla normale deferenza verso il rango di lei, oppure se dipenda proprio dal fatto
che deve rispondere ad una interlocutrice che si mette completamente in giuoco e chiede aiuto per problemi che la coinvolgono in tutta la sua emotività, Descartes si misura con una pratica che è centrale per la consulenza filosofica: «L‟autorità e il fascino del maestro-filosofo non deve minacciare l‟autonomia del giudizio del discepolo»(pp. 122-123). Sulla base di queste analisi, l‟autrice tira le sue conclusioni e lo fa a partire dal nodo centrale su cui poggia tutta la sua lettura della corrispondenza tra Descartes-Elisabetta. È possibile considerare – chie-de l‟autrice al suo lettore – il carteggio tra Descartes ed Elisabetta come “una pratica di consulenza filosofica”? L‟autrice, che ha letto in questa chiave il rapporto che si stabilisce tra il filosofo e la giovane principessa, risponde affermativamente a questa domanda. Mano a mano che approfondisce la “conoscenza” della principessa, Descartes si rende conto che, diversamente dal suo ricercato «deserto» (come il filosofo definisce i Paesi Bassi: A Bregy, 15 gennaio 1650) _________________________________________
1)[AT V 65; G. Belgioioso (a cura di), René Descartes. Tutte Le Lettere 1619-1650, Milano, Bompiani, 2009 (d‟ora in poi B) 458, p. 1921].
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Antropos in the world Elisabetta è costretta ad una vita fatta di relazioni ed obblighi familiari. Questo dato, costringe il filosofo a dare consigli meno generici e più attenti alla situazione. In questo modo Descartes prova a spezzare il cerchio chiuso che stringe Elisabetta negli eventi che le accadono e nelle sue emotive reazione : «Le passioni che ammalano il suo corpo, che creano così altri fatti tristi, togliendole la “salute perfetta che è il fondamento di tutti gli altri beni”». Un circolo vizioso in cui le passioni tristi influenzano il giudizio dell‟intelletto (p. 113). Tuttavia, l‟autrice lo ribadisce con forza per sottolineare la peculiarità della „consulenza filoosofica‟, egli pone in connessione il male fisico della principessa e le passioni della sua anima da filosofo, senza mai penetrare nelle profondità della psiche della principessa. Conviene ora tornare all‟orizzonte interpretativo fenomenologico dal quale l‟autrice prende le mosse. Da questo orizzonte, in cui gli storici della filosofia, «moderni amanuensi», «funzionari di Stato», secondo la definizione di Ernst Bloch, hanno solo il merito di restituire i testi dei filosofi, il filosofo, Nel nostro caso Descartes, può ben essere sottratto al suo tempo ed essere interpretato come un modello di qualcosa che non poteva che essergli completamente estraneo, la „consulenza filosofica‟. Modello più appropriato di quelli, ricavati dalla filosofia greca, cui ricorre Pierre Hadot nei suoi Esercizi Spirituali e Filosofia Antica. Ma Cipolletta marca i limiti della interpretazione heideggeriana, in quanto a suo avviso, non è condivisibile la definizione che il filosofo tedesco dà del libero arbitrio cartesiano come «il lato notturno della libertà», parte residuale del suo meccanicismo. Heidegger, a suo giudizio, non tenendo presente il carteggio Elisabetta-Descartes e sottovalutando la seconda meditazione, ha fatto una lettura riduttiva del pensiero cartesiano, non comprendendo «quanto gli affetti, le sensazioni, i sentimenti siano per Descartes una cerniera con il mondo» (Cfr. pp. 27-35). Il libero arbitrio, in questi testi, sarebbe, al contrario, «lo spazio di giuoco che permette l'incontro di singoli» Da Descartes a Heidegger (attraverso Kant, Husserl, sino ad Antonio Damasio) la Cipolletta trova la leggittimazione della pratica della “consulenza filosofica”, di quelli che sono da lei definiti una sorta di “esercizi spirituali”, sulla falsa riga di quelli loyoliani. Descartes è allora all‟inizio di un percorso che trova la sua conclusione nella «decostruzione fenomenologica» grazie alla quale si passa «da una filosofia pratica ad una pratica della filosofia» (p. 172). All'interno delle problematiche di un mondo erede delle filosofie post-metafisiche», nella «società liquida» come viene definita da Bauman, il disagio rimette in“primo piano il mondo delle emozioni, per secoli messe da parte, perché causa di offuscamento della ragione. Il consulente filosofico deve allora fare tesoro di quel che insegna Ignazio da Loyola: «Non tutti possono volare, non per tutti il disagio nasce dal vuoto, molti hanno bisogno di appigli, ma dovremmo almeno far comprendere loro che ognuno al suo appiglio».Il discorso di Cipolletta viene sviluppato
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con una coerenza argomentativa, ma l‟interpretazione non può che forzare i testi. Così, ad esempio, quando viene velocemente liquidata la possibilità che il filosofo si ponga nei confronti della principessa come direttore spirituale per il semplice fatto che apparteneva ad una diversa confessione religiosa e perché Elisabetta si rivolge a Descartes come filosofo, per poi, qualche pagina dopo, accostare quelli che Descartes propone alla principessa, agli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola. Allo stesso modo, è difficile trovarsi d‟accordo con l‟autrice quando legge la lettera di Descartes a Chanut, ma destinata a Cristina di Svezia, nella quale Descartes decanta le lodi di Elisabetta, caricando questo elogio di un significato quasi proto-femminista. La lettera mostra, mi sembra, come Descartes si riferisca non ad una superiorità di genere, ma ad una superiorità di classe. Per Descates dunque la discriminante che consente di accedere più rapidamente all‟ erudizione (interessante a questo proposito la definizione di „erudizione‟ in Epistola a Voezio, e alla virtù, non è tanto l‟appartenenza al sesso femminile, ma alla classe dei nobili. Non si può, inoltre, non rilevare qualche contraddizione: l‟autrice, prima afferma che il mutamento di prospettiva del filosofo permane e può, dunque essere ritrovato anche nelle Passioni dell’Anima, e poco dopo sembra sostenere che esso è assente nelle Passions de l'ame – in cui dà un'oggettiva descrizione delle passioni, rapportandole al corpo e all'anima,«fuori dal vissuto». Una Bibliorafia e un Indice dei nomi avrebbero reso il volume ancora più ricco di rieferimenti, così come che presenti.Va segnalato,infatti,un ricco apparato di note con indicazioni bibliografiche sufficienti ad orientare relativamente ai più recenti studi, meno curato è il riferimento ai repertori classici. Importante, infine, l'Appendice che è un po' il luogo in cui si tirano le somme dell'intero impianto argomentativo convogliandolo verso le due domande di fondo del libro: è possibile recuperare la dimensione pratica della filosofia? È possibile considerare il carteggio tra Descartes ed Elisabetta del Palatinato come una sorta di “pratica di consulenza filosofica”?L‟autrice ne è convinta e per le seguenti ragioni: 1 la pratica di discussione su cose che riguardano tutti e che potrebbe ripiegarsi non solo «verso esperienze private», ma anche “politiche”; 2 L‟affinamento graduale del filosofo all'ascolto alle problematiche della sua interlocutrice-consultante; 3 lo scambio paritario ed all'insegna dell'autonomia dell'interlocutrice-consultante; 4 la filosofia pratica come una strada sempre aperta e non fondata sulle basi certe della scienza Il libro non è, né non voleva essere, una ricostruzione storica del rapporto tra Elisabetta e Descartes attraverso il carteggio, ma un‟analisi di emozioni e di pratiche filosofiche messe in atto da un philosophical counseling ante litteram, messo in atto da Descartes, richiesto da una „consultante‟ ante litteram, Elisabetta del Palatinato,appunto.
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IL TEATRO ROMANO a cura di Andropos
La parola commedia è tutta greca: κωμῳδία, "comodìa", infatti, è composta da κῶμος, "Kòmos", corteo festivo e ᾠδή,"odè", canto. Di qui il suo intimo legame con indica le antiche feste propiziatorie in onore delle divinità elleniche, con probabile riferimento ai culti dionisiaci . Negli ultimi decenni della repubblica, si assiste a una grande crescita di interesse verso il teatro, che ormai non coinvolge più solo gli strati popolari, ma anche le classi medie e alte, e l'élite intellettuale. Cicerone, appassionato frequentatore di teatri, ci documenta il sorgere di nuove e più fastose strutture, e l'evolvere del pubblico romano verso un più acuto senso critico, al punto di fischiare quegli attori che, nel recitare in versi, avessero sbagliato la metrica. Accanto alle commedie, lo spettatore latino comincia ad appassionarsi anche alle tragedie. Il genere tragico fu anch'esso ripreso dai modelli greci. Era detta fabula cothurnata (da cothurni, le calzature con alte zeppe degli attori greci) oppure palliata (da pallium, come per la commedia) se di ambientazione greca. Quando la tragedia trattava dei temi della Roma dell'epoca, con allusioni alle vicende politiche correnti, era detta praetexta (dalla toga praetexta, orlata di porpora, in uso per i magistrati). Ennio, Marco Pacuvio e Lucio Accio furono autori di tragedie, non pervenuteci. L'unica praetexta ("Octavia") giunta fino ai nostri giorni è un'opera falsamente attribuita a Lucio Anneo Seneca, composta poco dopo la morte dell'imperatore Nerone. Il massimo dei tragici latini si ritiene sia stato Accio, il quale, oltre a scrivere una quarantina di tragedie d'argomento greco, si avventurò nella composizione di due praetextae: Bruto e Decius, tratteggiando i caratteri di due eroi repubblicani romani. Seneca si distinse per lo spostamento del nodo tragico, dalla tradizionale contrapposizione tra l'umanità e le norme divine, alla passione autenticamente sgorgata dal cuore umano.
Lucio Anneo Seneca: OEDIPUS (fabula coturnata - circa 20 d.C.) Seneca, in latino Lucius Annaeus Seneca, anche noto come Seneca o Seneca il giovane (Corduba, 4 a.C. – Roma, 65), è stato un filosofo,drammaturgo e politico romano, esponente dello stoicismo. Seneca fu attivo in molti campi, compresa la vita pubblica, dove fu senatore e questore, dando un impulso riformatore.Condannato a morte da Caligola ma graziato, esiliato da Claudio che poi lo richiamò a Roma, divenne tutore e precettore del futuro imperatore Nerone, su incarico della madre Giulia Agrippina Augusta. Quando Nerone e Agrippina entrarono in conflitto, Seneca approvò l'esecuzione di quest'ultima come male minore. Dopo il cosiddetto "quinquennio di buon governo" (54-59), in cui Nerone governò saggiamente sotto la tutela di Seneca, l'ex allievo si trasformò progressivamente in un tiranno, e Seneca, forse implicato in una congiura contro di lui (nonostante si fosse ritirato a vita privata), cadde vittima della repressione, costretto al suicidio dall'imperatore.Seneca influenzò profondamente lo stoicismo romano di epoca successiva: suoi allievi furono Gaio Musonio Rufo (maestro di Epitteto) e Aruleno Rustico, nonno diQuinto Giunio Rustico, che fu uno dei maestri dell'imperatore filosofo Marco Aurelio. TRAMA DELLA COMMEDIA
Tornato a Micene dopo la spedizione vittoriosa ma sanguinosa per Troia, il sovrano Agamennone trova tutto cambiato. Infatti egli si aspettava un'accoglienza trionfale e calorosa, invece nel buio della notte il popolo della città lo saluta in silenzio, come se avesse paura di un evento funesto. Perfino la moglie Clitemnestra appare lugubre, livida e corrucciata davanti all'entrata del Palazzo dei Re. Agamennone, esitando perché teme qualcosa, entra con la regina negli appartamenti reali trascinandosi con sé la schiava Cassandra, poco tempo prima sacerdotessa ricca di Troia. Clitemnestra non ha mai perdonato al marito il tradimento con la schiava e di sicuro con tante altre schiave che egli si era fatto a Troia durante i dieci anni di combattimenti; infatti ora sta progettando assieme all'amante Egisto una congiura ai suoi danni. Durante quella stessa notte, Clitemnestra invita il marito a cenare con lei e durante il banchetto gli fa dono di una veste. Questa, una volta indossata, impedisce al marito ogni libero movimento del capo e delle mani, permettendo alla moglie di infierire su di lui inerme prima con un colpo al fianco, e poi con una bipenne, con la quale gli viene staccata la testa.
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Egisto infierisce su Agamennone ormai cadavere. Dopo l'assassinio, raccontato da Cassandra, Elettra inorridita fugge via dal palazzo por tando con sé il piccolo Oreste, che affiderà a Strofio, mettendolo così al sicuro per il successivo compito di vendetta che gli spetterà. Ritornata al palazzo afronta l'ira della madre assassina, che le intima di rivelare dove si trova il fratello. Elettra rifiuta di rivelare alcunché, preferendo la morte. Clitemnestra ordina allora la sua reclusione, mentre un destino diverso attende Cassandra,che verrà uccisa, non senza avere prima predetto la vendetta di Oreste. SINOSSI:
L‟opera si ispira, assai liberamente, all'omonimo dramma di Eschilo. La tragedia rievoca l'assassinio del re, al ritorno da Troia, per mano della moglie Clitennestra e dell'amante Egisto.
L’ira
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Di Renato Nicodemo “ L‟ira - così il vocabolario - è un sentimento, per lo più improvviso e violento, che può tradursi in parole concitate, atti di rabbia e di risentimento o vendetta contro chi lo ha provocato”. Essendo un sentimento improvviso , spesso reattivo,non dà tempo di riflettere, per cui fa saltare un passaggio centrale del corretto iter comportamentale: impulso-filtro cognitivo-comportamento, passando così dall‟impulso direttamente al comportamento. Non va quindi confusa con una semplice arrabbiatura. E‟ uno di quei vizi visibili che “si leggono in faccia”: essa è il più riconoscibile dei vizi. Gli antichi parlavano di ira o collera rossa, che congestionava il volto, e bianca, che invece procurava pallore. Gregorio Magno, che codificò nella maniera che conosciamo i setti vizi capitali , eliminando da un prece-dente elenco, che ne riportava ben nove, la vanagloria, assorbita dalla superbia, e la tristezza, assorbita dall‟accidia, così descrisse gli effetti provocati dall‟ira:”il cuore infiammato batte forte, il corpo trema, la lingua s‟inceppa, il viso diventa di fuoco, gli occhi non riconoscono più nessuno, la bocca emette urli senza senso . Talvolta accade che l‟ira faccia trascendere a vie di fatto; altre volte la lingua scaglia maledizioni come frecce, e con la voce e il desiderio si commette un omicidio […] Spesso l‟ira impone il silenzio all‟animo agitato e quanto meno si esprime fuori tanto più brucia dentro, trasformandosi in odio: chiusa nell‟animo essa ribolle con più veemenza e, pur senza parlare, forma voci violente”. Leonardo da Vinci è stato l‟artista che ha saputo meglio esprimerla: in un disegno preparatorio della Battaglia di Anghiari la collera esplode nel volto e nel terribile gro-viglio di cavalli e guerrieri che si combattono fra di loro. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica è al 4° posto, dopo superbia , avarizia, invidia e prima di lussuria, golosità e pigrizia o accidia (1866). Dante nell‟Infermo colloca gli iracondi insieme agli accidiosi, nel V cerchio, dopo i lussuriosi, i golosi, gli avari e i prodighi e nel Purgatorio nella terza cornice, dopo i superbi e gli invidiosi, e prima degli i accidiosi, avari e prodighi, golosi e lussuriosi. Da una ricerca psicodiagnostica l‟ira figura al terzo posto, dopo gola e lussuria e prima di accidia, superbia, avarizia e invidia. Eppure all‟inizio della storia umana vi è un atto d‟ira: “([…] Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto […] Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.” (Gn, 4,3-8) Così come il poema che dà inizio alla letteratura e racchiude tutta la gamma dei sentimenti umani, l‟Iliade, è mosso dall‟ira: Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei,… (Iliade I, 1-3) Molti secoli dopo Ludovico Ariosto ci diede nell‟Orlando furioso il tipo letterario posseduto da una collera irresistibile, che lo conduce ad atteggiamenti e comportamenti di una ferocia quasi bestiale. La Bibbia mette più volte in guardia: “Non esser facile a irritarti nel tuo spirito, perché l‟ira alberga in seno agli stolti” (Qo 7,9) ; “il rancore e l‟ira sono un abominio, il peccatore li possiede”. (Sir, 27,30) Seneca nel De ira
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scrive che “ Nessuna calamità è costata più cara al genere umano.Vedrai uccisioni e avvelenamenvelenamenti, reciproche infamie di colpevoli,didistruzioni di città e stragi di intere popolazioni, vite di capi di Stato messe in vendita all‟asta pubblica, fiaccole gettate nelle case, incendi non limitati alla cerchia delle mura […]. Osserva le fondamenta di città notissime, ormai quasi invisibili: le ha abbattute l‟ira”. Per Paolo l‟ira è il contrario della carità: “La carità è paziente […] non si adira, non tiene conto del male ricevuto (1Co 13,4). Netto il suo invito a non cedere a questo sentimento: “Nell‟ira, non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira” (Ef 4,26), “voglio che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese” (1Tm 2,8). Gesù non è stato meno chiaro: “Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio” (Mt 5,22). Nei Vangeli apocrifi durante le nozze di Maria con Giuseppe uno dei pretendenti spezza il ramo che non è fiorito come quello di Giuseppe (Vedi i vari dipinti di questo avvenimento: Raffaello, Perugino ed altri) Giacomo dichiara che “l‟ira dell‟uomo non realizza la giustizia di Dio.” (1,20) Per rendere giustizia, infatti, l‟ira può dirsi anche superflua e in molti casi dannosa: “E‟ furor lungo che „l suo possessore/ spesso a vergogna e talor mena a morte.” (Petrarca, Canzoniere CCXXXII: Vincitore Alessandro l‟ira vinse) Sant‟Antonio più volte nei suoi Sermoni parla dell‟ira dicendo che “l‟anima viene portata dal fuoco quando s‟infiamma d‟ira”; “l‟ira è un‟improvvisa tempesta dell‟anima che scatena le risse e travolge le persone”; “Retroterra dell‟ira è la vanagloria irascibile”. E come per gli altri vizi anche per questo offre al peccatore la via del rimedio:”Se il Signore, con la mano della misericordia, tocca la coscienza del peccatore, l‟ira viene distrutta, la mente obbedisce al Salvatore e va incontro alla vita”. Il Boccaccio la ritiene il vizio più grande di tutti che “ogni cagion cacciata e gli occhi della mente avendo di tenebre offuscata, in ferventissimo furore accende l‟anima nostra.” (Decamerone, 3^novella, 4^ giornata) Ma se l‟ira è così brutta e pericolosa, come mai la stessa Bibbia parla dell‟ira di Dio? Nelle messe funebri di un tempo si cantava la sequenza latina del Dies irae, quella appunto di Dio. “Ardente è la sua [di Dio]ira e gravoso il suo divampare; le sue labbra traboccano sdegno, la sua lingua è come un fuoco divorante” (Is 30,27); “[Dio]scatenò con-tro di essi la sua ira ardente” (Sl 78,49). Ma questa è “santa collera” non rabbia che sorge per una offesa ricevuta:è segno dell‟amore per il suo popolo, è l‟impegno deciso e forte a proteggere dal male coloro che si affidano a lui. In realtà l‟ira di Dio è la giustizia che rassicura i buoni e impedisce ai cattivi di illudersi di rimanere impuniti. Essa si abbatte sul peccato, lo snida e lo distrugge, anche nelle manifestazioni subdole e meglio mimetizzate. Mosè, davanti al tradimento del suo popolo che adora il vitello d‟oro spezza le tavole dei Dieci Comandamenti.
(Continua a pagina 12)
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ARTURO ED IL PESCIVENDOLO Stefano, si alzava di buon ora per rifornirsi di pesce fresco, per la felicità dei suoi clienti; dopo aver sistemato il carico del pesce appena pescato, lasciava il profumo di salsedine della marina e percorreva, per una ventina di chilometri, la strada che lo conduceva a quella zona che, priva di mare o di corsi d‟acqua, scarseggiava di quelle piacevoli proteine, delizie di ogni raffinato palato. Era atteso da tutti in paese e ogni venerdì c‟erano sempre molte persone in piazza ad aspettarlo ed egli, come al solito, annunciava il suo arrivo gridando: “Pesce fresco, merluzzo, triglie, alici, cozze e calamari!”. La sua voce era l‟annuncio di emozioni profonde, in quanto, oltre alla bontà del prodotto, sapeva trattare i clienti con un singolare garbo, per cui tutti gli volevano bene per aver avuto, oltre alla merce, uno sguardo e un sorriso; riceveva particolari attestati d‟affetto da quelle persone che, per motivi economici, non sempre potevano consumare quelle preziosità. “Stefano, come potremmo ricambiarvi la gioia che ci date?”. Stefano sorrideva e rispondeva con il suo abituale ritornello: “Non sono io a farvi contenti, è il pesce fresco che dà la felicità!”. Lo stato abituale di Stefano e dei suoi clienti subiva una sostanziale trasformazione, quando tra i tanti avventori si presentava un tale, conosciuto col nome di don Arturo. Chi era costui? Era il signorotto del paese. Un giorno, don Arturo, dopo aver litigato con i boscaioli che avevano comprato il legname della sua selva, pretendeva un prezzo maggiore della merce venduta; il capo degli acquirenti, uomo esperto in rapporti commerciali, conoscendo la tradizionale insolenza e la tracotanza dei nobili, fu molto circospetto nel trattare con un soggetto che eccelleva per l‟arroganza del carattere e per l‟attaccamento al denaro. Il boscaiolo, prima di regolare i conti, mise a punto la strategia da attuare nell‟ipotesi che il nobile, ormai non più tale, non avesse mantenuto fede agli accordi prestabiliti. E, prevedendo eventuali controversie, aveva messo nella saccoccia un‟abbondante manciata di monete false.Il tutto si svolse nel modo che avevano sostetato: dopo una infinita controversia, i buoni villici dissero: “E sia, vi diamo quello che chiedete: non ci invitate mai più, siete un essere spregevole, pensavamo diversamente da quello che si potesse immaginare e…” E, lanciando le monete sul tavolo, si allontanarono.
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Arturo accarezzava la borsa e, immerso in una profonda meditazione, immaginava come conservare il prezioso malloppo. Ad un tratto, mentre passava con visibile libidine le monete da una mano all‟altra, cadde dall‟estasi vagheggiata, perché si rese conto che buona parte della somma era opera di abili falsari. La scena della disperazione fu quella di una inimmaginabile tragedia e fu come una devastante deflagrazione. “Me la pagheranno quei mascalzoni, ma…”. Aveva paura. Coi bifolchi non si scherza. L‟indomani si riprese; era di venerdì, sì allontanò dall‟avito palazzo e attese il pescivendolo col secreto proposito di liberarsi di una parte delle scomode monete. Stefano non appena si avvide della presenza dell‟abituale scomodo personaggio, ad alta voce disse: “Don Arturo, non mi sciupate la gioia di questo giorno”. Stefano era stato informato dai boscaioli che il signore aveva molte monete false da spendere. “Mia moglie mi ha dato un altro figlio, oggi è festa e c‟è pesce in abbondanza per tutti”. In effetti la notizia dell‟abbondanza era vera, perché in quei giorni la pesca delle alici era stata oltremodo copiosa e molte gerle erano rimaste invendute. Quel giorno il rapporto di quei due fu l‟attrazione del momento: conoscendo i soggetti, i commenti si prolungarono per più giorni. Don Arturo ebbe più di quanto avrebbe immaginato, ma non aggiunse parola se non elogi sperticati per la felicità di un uomo che era diventato papà. Stefano congedando il suo interlocutore, con voce altisonante disse: “Commendatore, oggi è festa… ottimo è il pesce e anche il peso è abbondante, accomodatevi e partecipate alla mia festa”. Arturo godette per la proposta e al tempo stesso era felice per quanto aveva inteso fare. Ambedue furono soddisfatti e con grande effusione elogiarono la qualità del pesce e il valore della moneta. E. Siviglia
ASSOCIAZIONE LU A SIVC IGL IA N EgiA dio “G. Fortunato” - SALERNO
SEDE SOCIALE in Via Cantarella
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L‟AUTORE DEL MESE:
IPPOLITO PASTINA Antropos
( II parte )
Il Masaniello salernitano
Da “Ippolito Pastena”di Franco Pastore - ISBN IT\ICCU\MIL\0844104– – pag.6/9 Presso le Librerie universitarie di Padova, Pavia, Napoli, Modena e Roma
PREMESSA STORICA e TRAMA Nato, intorno al 1615, nel popoloso rione Fornelle di Salerno, da Minico Pàstina, parallelamente ai moti guidati da Masaniello a Napoli, Ippolito (Polito per gli amici), umile pescivendolo, aizzò il popolo salernitano contro le ingiustizie sociali che funestavano la città e, più in generale, tutti i possedimenti italiani della monarchia asburgica. All'epoca dei moti, le condizioni socio-economiche del popolo salernitano rasentavano la miseria più nera, soprattutto se paragonate ai privilegi di cui godevano le poche famiglie nobili della città. Ippolito era reduce da dieci anni di galera, quando le voci sulla rivolta napoletana raggiunsero Salerno. L'uomo si era appena arruolato nelle milizie mercenarie del Duca di Nocera, composte generalmente da briganti e delinquenti senza scrupoli, che approfittavano della caotica situazione dovuta alla caduta della famiglia Sanseverino (Salerno era, di fatto, una città senza reggente) per portare scompiglio in città. La sua furbizia gli fu utile per trasformare delle semplici razzie da briganti in un moto popolare organizzato, infatti, Ippolito instillò nel popolo l'odio per i privilegiati, toccando il tasto della vendetta sociale e cavalcando l'entusiasmo che avevano provocato le voci provenienti da Napoli. Ippolito raggruppò, quindi, un esercito di soldati popolani, male armati e per nulla istruiti, e prese posses-so di Salerno e di molti paesi della provincia. Scelse di dislocare il comando della rivolta poco lontano dal centro cittadino. Il deposito del Comando Popolare venne ubicato nella Carnale, una Torre cavallaria, costruita nel XVI secolo, a difesa della città contro gli assalti dei Saraceni. Quando, l'8 dicembre 1647, gli spagnoli ripresero possesso della città, Ippolito marciò nuovamente su Salerno e la rioccupò. I francesi, in lotta con gli spagnoli per il predominio politico, appoggiarono la rivolta salernitana. Il Pastena approfittò dell'improvviso potere, per costruirsi una rete ragguardevole di rapporti politici con i potenti dell'epoca. Con la morte di Masaniello, il Duca di Guisa conferì a Ippolito il titolo di vicario generale della Basilicata e del Principato, estendendone, di fatto, la autorità anche su Napoli, dove Ippolito si trasferì. Diventato, così, condottiero, Ippolito ebbe la soddisfazione di un potere autentico, finché non venne, poi, sconfitto dagli Asburgo, che, il 5 aprile 1648, rioccuparono Napoli e lo costrinsero alla fuga. Giunse,allo-
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ra, a Salerno, che stava per capitolare agli Spagnoli e fu qui che Ippolito sciolse l'esercito e si diresse a Roma. Quattro mesi dopo, il 9 agosto del 1648, il condottiero era nuovamente nel golfo di Salerno, sulla nave ammiraglia della flotta francese, al fianco del Comandante Tommaso Carignano di Savoia e, dopo aspri combattimenti, con l'aiuto dall'interno della città dei suoi sostenitori, riuscì a conquistare la parte nord e Vietri. Però, la strenua resistenza popolare della città di Cava dei Tirreni, fece fallire l‟impresa della riconquista completa di tutta Salerno ed Ippolito si ritirò insieme alla flotta di Tommaso Carignano di Savoia. Nel 1654, infine, spalleggiato dal Duca di Guisa, vediamo Ippolito a Castellammare di Stabia, nel tenta tivo di agitare una nuova sommossa contro gli Asburgo, ma, anche quest‟impresa fallì. Nel 1656, di lui si perdono le tracce. Il condottiero potrebbe essere morto di peste, durante la terribile epidemia di quell'anno ed il suo corpo sarebbe stato bruciato. Questa è l'ipotesi più attendibile. Altra ipotesi, non supportata da alcuna documentazione, è che Ippolito sia morto in Francia, per cause naturali. Il suo nome, comunque, venne per secoli accumunato a quello dei tanti delinquenti comuni e briganti, messi a morte dagli Spagnoli, nel periodo della loro dominazione sul Meridione d‟Italia. Franco Pastore
_______ Il disegno di Ippolito Pastina è del pittore Gaetano Rispoli, Recentemente scomparso, che ha lasciato un segno profondo nella cultuta campana e meridionale. Amico del sottoscritto, di Carlo Levi e Domenico Rea, aveva un ingegno poliedrico, che lo portava a spaziare dalla pittura, alla saggistica, ai racconti, all‟incisione ed alla grafica.
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LA DONNA NELLA STORIA - A cura di Andropos -
Émilie Châtelet
Nata in una famiglia di elevatissimo ceto sociale (il padre aveva incarichi di grande prestigio alla corte del Re Sole, Luigi XIV), fu stimolata a sviluppare interessi sia linguistici che scientifici, all‟epoca riservati esclusivamente ai rampolli di sesso maschile delle grandi famiglie. La serietà degli studi non le impediva di condurre una vita brillante, talvolta frivola, intessuta di occa-sioni mondane che divennero sempre più frequenti dalla data della sua presentazione a corte, avvenuta all'età di sedici anni. Particolarmente versata nelle lingue (conosceva latino, greco e tedesco), si interessava anche alla musica, al teatro, alla danza. Seppure nel Settecento le donne fossero escluse da una formazione di livello superiore, oggi diremmo universitario, Émilie du Châtelet, ciononostante si costruì, durante il corso della vita, una preparazione di altissimo livello, in parte come autodidatta, in parte facendo ricorso agli insegnamenti privati e attraverso il confronto dialettico nei salotti dell'epoca con alcune tra le più grandi menti scientifiche dell'epoca come Bernoulli, Buffon, Clairaut, Eulero, König, Maupertuis, Réaumur. Il 12 giugno 1725, diciannovenne, sposò il marchese Florent Claude du Châtelet all‟epoca trentenne. Il matrimonio rispondeva più a criteri di censo che a motivi sentimentali, i due ebbero infatti tre figli ma il marchese, impegnato nella carriera militare, incontrava la moglie assai di rado. Ed il legame matrimoniale non impedì mai a lei di vivere una vita sentimentale assai libera: ebbe due relazioni importanti, con il marchese di Guébriant e con il duca di Richelieu. Ma il rapporto sentimentale più duraturo della sua vita fu quello con Voltaire; il sodalizio culturale e sentimentale tra i due iniziò nel 1733: lui era già, a 39 anni, all'apice del successo, lei, a 28 anni, conduceva la vita dorata di una rappresentante della classe più agiata e influente. Lo splendido castello di Breteuil testimonia ancor oggi il livello di vita dei membri della famiglia a cui la marchesa apparteneva. Nel maggio del 1734 essendo Voltaire cadu-to in disgrazia presso il re a causa di suoi scritti inneggianti alle libertà di cui fruiva il popolo inglese, da lui ben conosciute per averle apprezzate nel corso di un precedente esilio, la coppia si stabilì nel castello di Cirey,a Cirey-sur-Blaise nell‟Alta Marna, di proprietà del marito della marchesa, non nascondendo la relazione, anzi facendone mostra senza curarsi minimamente dell'opinione comune. La dimora necessitava di notevoli opere di restauro e così Voltaire stipulò un accordo con il proprietario in base al quale avrebbe prestato a quest'ultimo, a un interesse assai conveniente, la somma di 40.000 franchi con cui sarebbe stato possibile realizzare i lavori necessari. Il castello fu riadattato per poter ospitare il gran numero di visitatori che la fama intellettuale della coppia attirava. La biblioteca arrivò a contare ben 21.000 titoli, cioè più o meno il livello di un‟istituzione universitaria del tempo.
Stimolata da Voltaire ad approfondire sempre più la tematica scientifica, la Châtelet pubblicò nel 1737 gli Elementi della filosofia di Newton. L‟opera reca nella prefazione il nome di Voltaire come coautore, ma non è dubbio che l‟apporto teorico determinante fu della Châtelet. Lo scopo era consentire a un pubblico più vasto, anche non dotato di un livello estremo di conoscenze scientifiche, di avvicinare l‟opera dello scienziato inglese. Nel 1740 diede alle stampe Istituzioni di fisica, un‟esposizione delle teorie del filosofoLeibniz. Negli anni successivi portò avanti il progetto della pubblicazione dell'opera di Newton Principia matematica, tradotta in francese dal latino piuttosto ostico dell'autore, e con l‟aggiunta di una sezione dedicata agli sviluppi che le teorie newtoniane avevano visto ad opera degli scienziati francesi. L'opera uscì postuma nel 1759, e la pubblicazione fu seguita da Voltaire che la considerò un debito d'affetto nei confronti della donna che forse gli era stata intellettualmente più affine. Nel 1746, presa da un'improvvisa passione per il poeta Saint Lambert, abbandonò Voltaire e si dedicò, con ogni mezzo, a legare a sé l'amante, di dieci anni più giovane. Sembra che Saint-Lambert non fosse particolarmente attratto dalla Châtelet, ma che abbia agito solo per un capriccio e per ingelosire la sua precedente amante, Madame de Boufflers, che lo aveva abbandonato. La relazione si risolse tragicamente perché la Châtelet affrontò una gravidanza ad un'età che, all'epoca, costituiva un rischio notevole per la donna: diede alla luce una bambina che morì subito dopo la nascita e lei stessa morì sei giorni dopo, assistita negli ultimi momenti da Voltaire, col quale era rimasta in ottimi rapporti, e da Saint-Lambert. Nel 1749, poco dopo la morte di Émilie, Voltaire scrive a un'amica: je n'ai pas perdu une maîtresse mais la moitié de moi-même. Un esprit pour lequel le mien semblait avoir été fait. (non ho perduto un'amante ma la metà di me stesso. Un'anima per la quale la mia sembrava fatta).
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Antropos in the world DA TRAPANI
IL CAPPOTTO DI NAPOLEONE
Il p a r a go n e è a b u s a t o , l o s o . È gi à s t a t o u t i l i z z a t o d a a l t r i c o m me n t a t o r i p e r r e n d e r e l ‟ i d e a d i t a n t e ve c c h i e e nu o ve f a n f a r o n a t e go ve r n a t i ve . Ep p u r e , p e r qu a n t i sf o r zi i o f a c ci a , non r i esco ad i mma gi nar e nul l a di pi ù adat t o a c o m me n t a r e l a “ l i s t a d e l l a s p e s a ” d i R e n z i . M i r if e ri s c o a ll a s ce n e t ta de l “ c a ppott o di Na p o l e o n e ” , u n c l a s s i c o de l ge n e r e , p r i mo f r a u n a d e c i n a d i e c c e zi o na l i q u a d r et t i c o mi c i c h e c o s t e l l a n o q u e l c a p o l a vo r o d e l c i n e ma i t a li a no c he è “M i s er i a e Nobi l t à ” . I l e t t or i l o r i c o r d er a n n o ; a n c h e i p iù gi o va n i , gr a zi e a gl i i n n u me r e vo l i p a s s a ggi i n t v. R i a s s u mo , a gr a n d i l i n e e: d o n P as qu a l e il Fo t o gr a f o ( l a “ s p a l l a ”) c o n s e gn a a d o n Fe l i c e Sc i o s ci a mmo c c a ( T o t ò ) u n i n vo l t o c o n d e nt r o i l s u o ve c c h i o c a p p o t t o , d a d a re i n p e gn o a l p i z zi c a gn o l o i n c a mb i o d e l n e c e s s a r i o pe r s f a ma r s i e s f a ma r e mo gl i e f i g l i e , e d e l e n c a i l n e c e s s a r i o : u n c h i l o e me z z o d i s p a gh e t t i , u n a “ b u a t t a ” d i p o mo d o r o , u n c h i l o d i s a l s i c c i a , 1 0 u o va , me z z o c h i l o d i mo z z a r e l l a d i A ve r s a , u n p o ‟ d i f r u tt a f r es c a , d u e l i t ri d i vi n o Gr a gn a n o f r i zza n t e , d u e s i ga r i … «e – c o n c l u d e – il r es t o m e l o p o r t i » . T o t ò – c h e h a a c c o mp a g n a t o l a l u n ga e l e n c a z i o n e c o n u n a mi mi c a d a Os c a r – s o p p e s a i l fa go t t o e c h i e d e : « Pa s q u à , ma qui dentro c‟è il paltò di Napoleone?» M u t a t i s m u t a n d i s – c o me d i c e va n o gl i a n t i c h i r o ma n i – e c c o l a l i s t a d e l l e c i b a r i e c h e u n d o n Pa s q u al e i n ve r s io n e t o s c a na è a n d a t o e l e n c a n d o n e gl i u l t i mi me s i : gl i s p a gh e t t i , t a n t o p er c o mi n c i a r e , o vve r o s s i a i 1 8 mi l i a r d i d i t a s s e c he i l go ve r n o Re n zi a vr e b b e gi à t o l t o f i n o al n o ve mb r e d e l l o s c o r s o a n n o ; e q u e s t o me n t r e p r o p r i o i n q u e i gi o r n i s i a p p r e n d e va c h e , n e l l ‟ ul t i mo t r i e n n i o , s o l t a n t o l e t a s s e s u l l a c a s a e r a n o a u me n t a t e d i 2 0 mi l i a r d i d i e u r o ( ve d i “S t a t i s t i ch e e p r e v i s i o n i mo d e l l o T i r a m o l l a ” s u S oc i a l d el 5 d i c e mb r e 2 0 1 4 ) . Da a l l o r a è s t at o t u t t o u n cr e s c e n d o di p r o me s s e , f i n o a i f u o c h i d ‟ a r t i f i c i o f i na l i : r i d u z i o n e d e l l e t a s s e s ul l a c a s a , s ul l e i mp r e s e , s u i ma c c h i n a r i e c hi p i ù n e h a p i ù n e me t t a : p e r u n t o t a l e – e n t r o i l 2 0 1 8 – d i 5 0 mi l i a r d i d i e u r o . In t a n t o , i l p o ve r o i t a l i a n o me d i o s o p p e s a va l ‟ i n vo l t o e , s c e t ti c o , c h i e d e va : « M at - t è , ma qui dentro c‟è il paltò di Na-poleone?» A d e s s o , f i n a l me n t e , d o po l a f i r ma d e l P r e s i d e n t e d el l a R e p u b b l i c a e l ‟ i n vi o a l l e C a me -
r e d e l t e s t o d e l l a “ ma n o vr a ” p e r i l 2 0 1 6 , s i i n c o mi n c i a a c o mp r e n d e r e c h e c o s a r e a l me n t e c i s i a i n q u e l f a go t t o i n f or me c h e l ‟ e r e d e d i d o n Pa s q u a l e i l Fot o gr a f o h a r i f il a t o a t u t ti n o i . Al t r o c h e c a p p ot t o di Nap o l e o n e ! E a lt r o – p e r i l p o p o l o i t a l i a n o – c h e b u a t t e di p o mo d o r o e Gr a gn a n o f r i z za n t e ! T u t t ‟ a l pi ù , g l i i t a l i a n i r i u s c i r a n n o a r i me d i a r e u n a s b o b b a r a n c i d a , c o me p e r i f a mo s i 8 0 e u r o : d a t i ( a d a l c u n i ) i n bu s t a p a ga , e c o nt e mp o r a n e a me n t e s o t t r a t t i pe r a l t r e vi e ( s gr a vi a n n u l l a t i , i mp o s t e l o c a l i , a u m e n t i d i t a r i f f e , e c c e t e r a ) . Al p o s t o d e gl i 8 0 e u r o , q u e s t a vo l t a c i s ar à u n a r i d u z i o n e d e l l e i mp o s t e s u l l e p r i me a b i t a z i o n i , ma l a p r e s s i o n e f i s c a l e c o mp l e s s i va s a l i r à a n c ò r a d i me z z o p u n t o : d a l 4 3 , 7 % d i q ue s t ‟ a n n o a l 4 4 , 2 d e l l ‟ a n n o ve n t u r o , p e r c r e s c e re u l t er i o r me n t e n e l 2 0 1 7 . E q u e s t o , s e n z a c o n s i d e r a r e l a s p a da -d i - D a mo c l e d e gl i a u t o ma t i s m i d e l l e “ c l a u s o l e d i s a l va gu a r d i a ” i mp o s t e c i d a l l a d i t t a t ur a e u r o p e a ; i l Ci n gu e t t a t o r e F i o r e nt i no è r i u s c it o a f a r s el e c o n ge l a r e p e r i l 2 0 1 6 , ma n e l 2 0 1 7 e 2 0 1 8 i l c o n t o s a r à p i ù s al a t o : gl i i t a l i a ni s p e n d e r a n n o 1 5 mi l i a r d i d i e u r o i n p i ù pe r l ‟ a u me n t o d e l l ‟ IV A , e a l t r i 2 0 mi l i a r d i i n p i ù p e r l ‟ a u me n t o d e l l e a c cise. L ‟ u n i c a c o s a c h e s e mb r a p r o c e d e r e a go n f i e ve l e , a l d i l à d e l l a ma n o vr a , è l ‟ a l i e n a z i o n e d i q u e l p o c o c h e r e s t a d e l no s t r o p a t r i mo n i o n a z i o n a l e . L e p r i va t i z z a z i o n i , i n f a t t i , va n n o c o me u n t r e n o . Ad e s s o è l a vo l t a d e l p a c c h et t o a zi o n a r i o d i P o s t e It a l i a n e a n c ò r a i n ma n o p u b b l i c a . Q u e s t a s t r a n a E u r o p a c i h a i mp o s t o d i s p a l a n c a r e l e p o r t e d e l l e n o s tr e p o s t e a i p r i va t i ( s o p r a t t ut t o i n gl e s i ) , e n oi s i a mo s t a t i p r o nt i s s i mi a d o b b e d i r e . A n z i , p e r c o mp i a c e r e i me r c a t i , P o s t e It a l i a n e h a gi à d e c i s o c h e n e i C o mu n i i n f e r i o r i a 5 . 0 0 0 a b i t a n t i , a f a r t e mp o d a l 1 ° o t t o b r e , l a p o s t a ve r r à d i s t ri b u i ta s o l t an t o u n gi o r n o a l l a s e t t i ma n a . C o n t a n t i s a l u t i a l “ p u b b l i c o s e r vi z i o ” . Michele Rallo
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Ἂν μὴ παρῇ κρέας, τάριχον στερκτέον An mè parè creas, tapiron sterctèon Traduzione: Se non c'è carne, bisogna accontentarsi della sardina.
Antropos in the world
L‟ira – Continua da pag.7 Per capire questa ira la cosa migliore è, come sempre, guardare a Gesù. Anche egli si adira reagendo alla malattia (Mc 1,41), scagliandosi con durezza contro la durezza di cuore dei suoi interlocutori (Mc 3,5), contro i farisei che opprimono le vedove e gli orfani (Mt 23,33). E ancora:” Vedendo un giorno venire al battesimo molti tra farisei e sadducei, li apostrofò dicendo:”Razza di vipere! Chi vi ha insegnato a cercare scampo dall‟ira ventura?” (Mt 3,7). Ma la sua ira non nasce perché si sente offeso, perché si lascia oscurare la ragione dalla passione, perché non pensa alle conseguenze. Tutt‟altro! Quando Gesù scaccia i mercanti dal Tempio, non è trasportato dall‟ira, ma perché è spinto dall‟amore geloso del padre suo: “Non fate della casa di mio Padre un luogo di mercato” (Gv 2,16) ed annuncia in modo inequivocabile che il male deve essere combattuto con decisione e che i malvagi non possono sperare di restare impuniti. Essi debbono fare i conti con l‟ira di Dio! Vi è dunque una sana indignazione. Scrive Enzo Bianchi: “Va detto con chiarezza: vi è la possibilità di una collera dell‟uomo che dia gloria a Dio – come canta il salmista (Sl 76,11) -, contrapposta a una falsa dolcezza la quale nasconde un odio infinito, che magari all‟esterno assume i tratti di falsi sorrisi,[ma, precisa] mi pare che tre siano le condizioni affinché la collera sia “giusta collera”: deve essere suscitata dalla giustizia, deve avere una retta intenzione, deve esprimersi attraverso una reazione proporzionata. Essa non può dunque essere ingiusta,né vendicativa, né smisurata!” Le persone che non si arrabbiano mai fanno paura a molti. Gli antichi dicevano:” Guardati dal cane che non abbaia e dalla acque chete”. Catone scriveva:”dove il fiume scorre più tranquillo forse si nasconde l‟onda più alta”. San Tommaso realizzò una sintesi equilibrata del pensiero antico (ira virtù degli eroi) e di quello cristiano Per lui, infatti, “l‟ira, che di per sé è una passione umana, dunque neutra, può degenerare nell‟ira-vizio, quando precede il giudizio della ragione e lo travolge, oppure può prendere la via dell‟ira-virtù. In quest‟ultimo caso si tratta di desiderio legittimo di ricostruire l‟ordine della giustizia, in seguito a un male ingiustamente ricevuto. E‟ una passione del tutto naturale, perché “come ciascun essere desidera naturalmente il proprio bene, così naturalmente respinge il proprio male”. Insomma, l‟assenza di questo tipo di ira corrisponderebbe al masochismo.
Tommaso chiarisce acutamente che per “proprio male” non bisogna intendere soltanto quello nei confronti di sé, ma anche il male subito da coloro a cui siamo legati per parentela, o per amicizia o per comune appartenenza a una stessa società o, alla fine, allo stesso genere umano .(G. VENTIMIGLIA, La sana indignazione, in Messaggero di sant‟Antonio, nov. 2011,pp 56-57). Oggi le situazioni capaci di indurre a un‟ira giusta ce sono molte. I giovani, in verità, oscillano tra un‟indifferenza abulica e una ribellione contro tutto e tutti. Il fenomeno degli indignados esprime da una parte la rabbia di fronte alle ingiustizie e dall‟altra la pericolosità di chi non è stato educato a gestire la propria aggressività. Il moderno Incredibile Hulk ha qualcosa in comune con Achille. Il fisico nucleare Bruce Banner , quando assiste a un‟ingiustizia o viene provocato, si trasforma in un omaccione verde altro cinque metri e dalla forza sovrumana. Letteralmente verde di rabbia. Negli studi medici non arriva la cd “ira moderata”. Lì assume (raramente) le forme del furore di Eracle, che stermina la propria famiglia, o quelle di chi non potendola scaricare sull‟autore del torto subito se la prende col classico capro espiatorio (vedi Iannacci: quelli che perde il Milan, vanno a casa e picchiano i figli). Se poi persona irata e capro espiatorio coincidono la collera viene rivolta contro se stessi facendo del male, fino al suicidio. (C. CALANCHINI, Arrabbiati con la vita, , in Messaggero di sant‟Antonio, nov. 2011 p.60) Conclusione: Aristotele nell‟Etica a Nicomaco afferma:” Arrabbiarsi è facile, ne son tutti capaci, ma non è assolutamente facile e soprattutto non è da tutti arrabbiarsi con la persona giusta, nella misura giusta, nel modo giusto, nel momento giusto e per la giusta causa”. Niente, dunque, rimozione forzata o repressione a tutto campo, ma piuttosto una ricerca della giusta misura che non rinnega il diritto del soggetto a farsi valere anche in maniera vibrante senza però prevaricare la controparte. Vi sono, infine, dei “canali sublimatori” per far sbollire l‟ira; essi sono il gioco, lo sport, la musica. Il canto è particolarmente idoneo contro l‟aggressività, perché suscita emozioni antitetiche, come la commozione e la tenerezza. Da qui la profonda verità del proverbio “Canta che ti passa”. Anche l‟umorismo aiuta a “sgonfiare” l‟aggressività , in quanto è sostanzialmente l‟invito a non prendersi troppo sul serio. Renato Nicodemo
GAETANO VISCONTE; IL GIOVANE GIORNALISTA PAGANESE, . DAI BANCHI DELL’ISTITUTO S.GIUSEPPE SCRIVE Il 27 ottobre c.a., alle prime luci dell‟alba, un corpo giace senza vita, in una abitazione di viale Trieste, a Pagani. Il rapido arrivo dell‟autoambulaza, non ha potuto riportare in vita il corpo dell‟infelice. I carabinieri si sono lanciati nelle indagini, ma nulla è emerso dagli interrogatori di amici e parenti. Pare che su di un solo fatto non vi sono bubbi: il giovane si è suicidato, causando, in tal
modo, un grande dolore ai genitori ed alla famiglia tutta. Perché un gesto così folle? Qualunque fosse il motivo, valeva il sacrificio della vita? Come mai la mente dei giovani, oggi, è così fragile? Dove sono i valori che danno forza alla nostra ragione, indirizzandola verso il giusto discernimento? Forse a qualcuna di queste domande potremmo pure rispondere, per le altre, non ci rimare che affidarci al Padreterno. G.Visconte
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Antropos in the world
DA TRAPANI
Alla ricerca del “Centro” perduto
Destr a e Sinist ra: vec chie e tichette che un po‟ tutti continuano ad a ccet tar e p er s empli ce consuetudine, p er pigr izia mental e, perché è il sistema più semplic e per “cat alogare ” una forma zione politica con un ragionevol e mar gine di ap pr ossimazione. In veri tà, si tratt a di e tichett e non vecch ie ma st ra vec chie, risal enti ad oltre due secoli f a, a gl i “stati gen era li” che p re cedette ro la ri voluzione f ra ncese. M a non è della De stra e della Sinist ra che voglio parla re, bensì di un o gg e t t o m i s t e r i o s o c h e vi e n e c h i a m a t o “ C e n t r o ” . In vano se ne cer cherà t rac cia negli annali di stori a della p olitica, che nulla al r igu a r do ci dicono, almeno f ino a pochi decenni fa. Q u an d o n el l ‟ an n o d i grazi a 1 7 8 9 , in f at t i , d u e c on trapposti gruppi di rappres e ntanti del “ ter zo stato” and arono ad occupare due o pposti settori dell‟ e micic lo, si schie ra rono di qua o di là, a dest ra o a sinist ra. Nessuno scelse di st are né d i là n é di qua, né a dest ra n é a sinist ra, o vverossia in quella sorta di “isol a che n on c‟ è” che avrebbe potu to chiama rsi (e non si ch iamò, gia cché non esisteva ) “Centro”. Ec co perché, se le odierne e pur dec adute Destra e S inistra possono vanta re antiche origini bla sonate, il Cent ro non ha una sua storia. In I t a l i a , p e r e s e m p i o , i p r i m i v a gi t i d i u n qu a l u n q ue Centro si ebbero soltant o dopo il f ascismo, con la Democ ra zia Cr istiana, nuo va cre atura politi ca “c en tri sta” che – abusiva mente, a parer mio – si dichiara va erede del P arti to Popolare di don Sturzo; f or mazione – quest‟ ultima – che nel panorama politi co pref asci sta er a sta ta piuttosto una delle co mponenti della Sin istra i tali ana. Colloca zione compl eta mente divers a rispetto ad altr i “popolari smi” eu ropei degli anni Trent a e Quaranta, net ta me nte schie rati a D estra, ta lora all a Dest ra es tre ma: f ra questi, il popolaris mo austria co, dalle cui fila – peralt ro – proveniva l‟e x cittadino austrungari co Alci de De Gaspe ri. Attenzione, non voglio asso lutament e dir e che De stra e Sinist ra si ano le unic he rea ltà de lla politi ca, e che tutto il resto sia solo apparenza. Al contrario – p er qual che vale il mio mo desto parer e – soprattu tto o ggi Dest ra e Sinist ra sono semplici et ichett e, che ser vono soltanto a collocare masse i mportanti di cit tadini-el ettori nel le schie re di questo o quel partito. p res u p p o s to – sb agliatis s im o – ch e u n in d ivid u o ch e abbia una posizione conse rvatri ce o p rogressist a (e p erciò “di destr a” o “di s inistra” ) ri guardo ad una d eter minat a mate ria, deb ba per f orz a mantene re i l medesi mo ori enta mento in rela zione a tutt i gli alt ri aspetti dell a vita polit ica e sociale. O vverossia, tu scegli – magari pe r un f atto emotivo – se considerar ti di destra o di sinist ra, e ti trovera i automatic amente legato mani e piedi a sc elt e preconf ezionate e omni comprensi ve : nel c ampo po litico e in quel lo sociale, in àmbito ci vil e e in à mb it o reli gioso, sullo scenario interno ed in quello internazionale; ti ac cor ger ai che altri hanno gi à de ciso qu al e debba ess ere il tuo p ensiero sulle mat eri e più dive r se, dall‟ immi gr azione all e
cellule st a minali, d al la cont ratta zione sindaca le a lle no zz e g a y. C h i r i f i u t a q u e s t a o m o l o g a z i o n e v i e n e c o n s i d e r a to quasi un disadatta to dell a politica, ovve rossia – e d a qui il titolo di questa rubric a – un “ereti co”. Ma, se non ha senso ricon durre o gni cosa a lle contrapposizioni manie risti che Dest ra -Sinist ra, ancor me no lo ha sceglie re di non scegliere, rif iutando di assumer e una posizione netta su qualunque argomento e ri ce rcan do invec e l‟ intesa a tu tti i cost i, la mediazione centel linat a, l‟ equilibrismo da f unambol i, purché ci sia un piccol o spazio per se stessi, pe r il Centro delle non-decision i, delle non-scelte, del non-co ra ggio. Non destra o sinistra sulle privatiz zazion i – per esempio – ma centro -destr a o centro-sinis tra. E p oco imp orta se c entro-d estr a e c entr osinistra andranno ad assume re – sulle privatiz zazioni o su qualsiasi alt ra mate ria – de lle posizioni assai si mili t r a loro, per non dire u guali. A nzi, la cosa s arà valutat a po sitiva ment e, come un a pro va del pre vale re di f orz e che “ si adeguano ai te mpi” e che so no perciò rasse gnate a subi r e mansueta ment e tutt e le porc herie che i l Cen t ro dei C ent ri – quello dei poteri f orti – vuole impor re a i p opoli: la gl obalizza zione e cono mica, la f ine dello Stato social e, l‟ i mmi gr azione sel va ggia, il di ssesto ambi entale, l a perdi ta della sovr anità eco nomica, la subordinazio ne ad una-euna-sola Potenza plan eta ria. Ma questo è ancòra un al tro discorso, non è i l cent ri smo, è la conseguenz a del centris mo. Anch e se – guar da caso – tutti gli schiera men ti centristi sono alf ieri dell a NA TO, dell a moneta unic a , delle rif or me pe ggior ati ve, dei “sa crifici necess ari ”, e c cete ra, ecce tera, Così pure – con qualche piccolo a ggiustamento – i loro der ivati d i c e n t ro -d e s t ra e d i c e n t ro -s i n i s t ra , c h e s i s f o rz a n o d i ca muf f arsi da D estr a e d a Si nistra a l solo sco po di ra cc oglie re quanti più voti poss ibile, di vinc ere l e prossi me elezioni: Ber luscon i vorr ebbe una “unione d ei moderat i” c o n d e n t r o l a Le ga , Fr a t e l l i d ‟ It a l i a , l ‟ N C D e c h i u n q ue altro capiti, pur d i ottener e una qualsiasi maggio ran za che gli consenta di tornare a gove rnar e; Renzi vor reb be un “partito della nazione” cucito addosso a lui, su mis ura, e si sf orza di cost ruire un sistema ele ttora le che gli consenta di conse rvare il p otere. Ma costoro – dicono i centrist i DOC – son o f alsi c entristi, i cent risti ve ri si amo solo noi; noi che voglia mo rientra re in parla mento pe r poter poi sce glie re se a ggre gar ci al cent ro-dest ra o al centro-sinis tra. A p atto, nat ural mente, che f ra tant e poltrone ci sia uno sgabellino anche per noi. Ci a ccontent ere mo di poco: due o tr e Min isteri e una mod esta pat tugli a di Sottosegreta ri. Ed eccoli , così, gli Alf an o, i Verdin i, gli Abri gnani, i f i gliocc i di Monti, i nipotin i di Casini e tutti gli al tri “ centr ini”, inte nti a tessere o gn i gio rno nuove t ra me di incr edibili a llea nze, a so gnare ch e dal la uni on e d i t an t e d eb o l e zze p o s s a n as ce re u n a f o rz a. Fi l m g i à vi s t o . In It a l i a h a t r i o n f a t o a i b o t t e gh i n i p e r m e z z o s e c o lo, con il titolo di “Democ r azia Cr istiana ”. Ma i prot agonisti di allora er an o gr andi attori: De G asper i, Scelba , T a m b r o n i … e p o i Fa n f a n i , M o r o , A n d r e o t t i … C o n u n ca s t del gene re,un Alf an o o un Verdini a vrebbero potuto as pirar e, come massi mo , a un ruolo di semplici co mpars e.
M. RALLO
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LA PAROLA DI SETA zione dell‟”io”, guidano al confronto, in una pluralità di interessi e di aspetti più ampi della cultura. E‟ un piacere sfogliare il testo, se ne ricava, infatti, la piacevole sensazione di sentirsi in compagnia, come se la poesia fosse un vento di primavera, una speranza, o “l‟eco di un nuovo vagito”. Un plauso, dunque, allo scrittore, per l‟idea e per la realizzazione di un‟opera, che rimarrà una pietra miliare nella storia della letteratura, per il suo ampio respiro e per le sue finalità di incontro e di confronto. Franco Pastore “LA PAROLA DI SETA” di Lorenzo Spurio1, rompendo la signoria di una sorta di baronato letterario, esonda nelle libera e generosa rappresentazione di nuovi talenti, che tanto fanno per la diffusione di un pensiero più libero e più ampio. Le interviste, congegnate per una vivace risposta culturale e non per una banale celebra -
_________ 1)Lorenzo Spurio è nato a Jesi (AN) nel 1985. Si è laureato in Lingue e Letterature Moderne all‟Università degli Studi di Perugia. Autore di Ritorno ad Ancona e altre storie (2012), La cucina arancione (2013) e L‟opossum nell‟armadio (2015). È Presidente del Premio Nazionale di Poesia “L‟arte in versi” e Presidente di Giuria nei premi “Ponte Vecchio – Firenze”, “Città di Fermo” e “Città di Porto Recanati”. Numerose le opere collettive da lui curate tra cui la trilogia Obsession per la narrativa breve: Obsession.Manie, fobie e perversioni, Limina Mentis, Villasanta, 2013, Obsession 2. Paranoie, deliri e tradimenti, TraccePerLaMeta, Sesto Calende, 2014 e Obsession 3. Incubi, allucinazioni e omicidi, PoetiKanten, Sesto Fiorentino, 2015.
LA FORMAZIONE AL SERVIZIO S0CIALE
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Recensione di Giuffry Farina
Oggi purtroppo assistiamo, metaforicamente, alla proliferazione di nuovi soldati che vanno ad ingrossare un esercito di analfabeti “smanettonanti” su cellulari, palmari e quant‟altro di similare, ma che, sostanzialmente,sono privi di una vera identità, in quanto carenti di formazione umanistica, scientifica, sociale; inutile negarlo, è la cruda realtà attuale: alfabetizzazione informatica ha implicato analfabetismo di ritorno. “ LA FORMAZIONE AL SERVIZIO SOCIALE ” (A.I.T.W. – Collana Saggi, ottobre 2015), un agile volume di 48 pagine, dello scrittore Franco Pastore, evidenzia l'importanza degli strumenti e delle tecniche del Servizio Sociale Professionale; il loro utilizzo onde offrire un sostegno ed ascoltare chi ne avesse bisogno. Cardine di questa professione,la quale in realtà è valorizzata ed elevata da Pastore a rango di “missione”, è l‟avvicinarsi all'utenza con spirito di abnegazione, avendo quali capisaldi gli obiettivi ed i principi esplicitati dal Codice Deontologico consistenti nell‟essere al servizio delle persone: anziani, disabili, stranieri, disoccupati, adolescenti e di chiunque versasse in uno stato di difficoltà o di crisi; l‟assistenza, nodo essenziale, deve essere finalizzata a contribuire ad un
reale sviluppo e alla valorizzazione LA della autonomia, della soggettività, FORMAZIONE della capacità di assunzione di reAL SERVIZIO sponsabilità; altri cardini comprenSOCIALE dono il fornire una „ cultura della prevenzione‟,in guisa che si concretizzino gli strumenti necessari per affrontare situazioni di avversità, di bisogno o di disagio, e nel promuovere iniziative atte a ridurre i rischi di emarginazione. In sostanza, a voler racchiudere in semplice glossa, un mondo in difficoltà più o meno grave, riceve un importante sostegno, aiuto significativo che tende ad allontanare lo spettro della solitudine incombente su esso; Pavese sosteneva che questo terribile Montaliano “male di vivere”, l‟angosciosa solitudine che edifica soltanto sogni ed incubi da cicatrizzare, si cura in un solo modo, andando verso la gente e donando sé stessi invece di ricevere dall‟altro “per vivere una vita piena e ricca bisogna andar verso gli altri.E questo è tutto”(2). FRANCO PASTORE
Una pr oduzione A.I .T.W. Collana Saggi
Giuffrida Farina 1) Testo di Franco Pastore – A.I.T.W. Edizioni – Sa 2015, SBN cod. GGKEY:HEX8ABJUFKJ 2) Cesare Pavese, Lettere.
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Tradimento culturale Scorrendo le pagine dei giornali, osservando partita evitando la fatica di un confronto, un
Scorrendo le pagine dei giornali, osservando le immagini in televisione, ascoltando le storie monche perché mal interpretate di tanti giovani che rimangono al palo, alcuni offesi, altri depredati della vita, traditi dall‟alcol, dalla roba che leggera non è mai, dalla violenza elargita a piene mani, ho come l‟impressione che stiamo confrontandoci disarmati e spaventati con una microsocietà quale l‟adolescenza oramai conclamata a bullistica. Uno spazio e un tempo miseramente a parte di una macrosocietà che non intende prendere posizione né mettersi a mezzo, di traverso, sul riconoscimento inalienabile dei diritti e dei doveri di ognuno, sul valore del rispetto delle regole che tutelano ciascuno, risultando vere e proprie salvavita dei più sfigati ma anche dei più gradassi e baldanzosi palestrati mentali. Eppure ogni qual volta si presenta il prevaricatore di turno ( che non è mai mio figlio ma il tuo), con i pugni, le offese, le umiliazioni in bella mostra, il montepremi del capro espiatorio che ingiustamente patisce le pene dell‟inferno, calcio dopo calcio, silenzio dopo silenzio, alza irresponsabilmente la sua posta, come fa una stramaledetta slot machine, così facendo il gruppo si rafforza dentro quel territorio ben delimitato. Non è storia da videogames, dei violenti scambiati per eroi, bensì è immagine della vergogna. Bulli crescono intorno a una equipe senza tanto tempo a disposizione, attraverso un giudizio espresso senza titolo, con l‟impossibilità a leggere più in là di un voto elargito a piene mani. Prepotenti e sprinter dell‟immediato bruciano le tappe nell‟indifferenza, di una collettività certamente non complice, ma corresponsabile, quindi colpevole. Cosa ben grave, è assente il timore del dazio da pagare, perché nessuno parlerà, nella sfida scagliata senza troppi inciampi, tatuaggi invisibili di medaglie guadagnate sul campo, un potere riconosciuto, che assomiglia a una condanna senza appello. I bulli crescono e gli insegnanti sopravvivono, i genitori indisturbati sono in gara per poter vincere il traguardo del benessere, ognuno gioca la propria
partita evitando la fatica di un confronto, un comportamento incomprensibile soprattutto da parte di chi è persona pratica della lettura, dell‟osservare e ascoltare, di chi annota, verifica, elabora strategie per tentare di sfiorare quelle note nascoste, importanti al punto da rimanerne emozionati. Adolescenti contaminati travalicando il mito della trasgressione, impattano nella devianza, nel lancio senza paracadute, mentre la società si dibatte nelle norme poco condivise, nel rigore e nella severità da usare chiaramente per qualcun altro. Vittime e carnefici diventano carne da macello, c‟è chi muore e c‟è chi rimane oltraggiato per l‟intera esistenza. Sono microcosmi di vita che dovrebbero fare preoccupare, perché con le malefatte perpetrate, prima o poi occorrerà farci i conti, nessuno è infallibile, e nessuno può pensare di continuare a fare il furbo impunito a spese del compagno più fragile. E‟ davvero necessario che poli convergenti si incontrino e si confrontino: studenti, insegnanti, genitori, testimoni, esperti, per far nascere delle idee e aiutare a diventare adulti insieme, ben sapendo, che se uno solo di questi poli sarà messo in “fuorigioco”, l‟intero progetto è destinato a fallire.
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Vincenzo Andraous
Le istituzioni Crollano...
...ed i giovani ne danno le spese.
Antropos in the worldc
PROVERBI E MODI DI DIRE - OVVERO ELEMENTI DI PAREMIOLOGIA 1. A buon cavalier non manca lancia... 2. Accìde cchiù 'a lengua ca 'a spada. 3. „O napulitàne è bbuòne ma nunn‟è fesse Esplicatio: Chi sa il fatto suo, trova la giusta risposta ad ogni problema. Le parole uccidono più della spada. Essere buoni non significa essere sciocchi. Riflessio: Sono proverbi antichissimi, che ritrovia-
Implicanze semantiche:
Accide: dal latino occido-is,uccidere. Fesse: da fessu-m, part.pass. del verbo fatisci, stancarsi. Napulitane:da Neapolis, città nuova, da cui napoletano, abitante della... Antropologia: Il seme dei proverbi è chiaramente espresso in latino: - Facta non verba.
Sirica Dora
mo anche nel mondo greco e latino. Fraseologia: L‟angiulille ca tene e ccòrne - A famme - Haud facile astutus fallit astutum. - Omnis homo mendax.n‟accetta discorsi- Tre vote buone è o fesse.
Progetto Famiglia Network Filiale Angri CENTRO SERVIZI ANGRI via badia n.6 - Per Privati - Assistenza socio sanitaria alla persona H 24. Ass.nza anziani.. Fax 081/946895 - Cel. 335/8065955 - Cel. 334/7317790 - angri@progettofamiglianetwork.it
Finalmente anche nell’Agro Nocerino- Sarnese si ha la possibilità di accedere ad assistenze specializzate, per gli anziani, per i disabili, per tutti i tipi di malattie e per tutte le problematiche: specialisti nelle cure mediche e nel sostegno degli ammalati, son pronti a raggiungere ogni luogo ed ogni abitazione per portare, a chi ne ha bisogno, i benefici della loro competenza. Un grazie a coloro che si sono adoperati nella realizzazione del progetto. Da settembre, l’iniziativa sarà seguita molto dalla direzione di ANTROPOS IN THE WORLD che darà tutte le informazioni che i lettori della rivista vorranno ottenere.
COOPERATIVA SOCIALE « SAN PIO » VIA SATRIANO 12 - ANGRI ( SA ) – tel. 335 806 5955 – 334 731 7790
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LA PAGINA MEDICA: a cura di Andropos
LE MALATTIE DELL’INVERNO
Le condizioni invernali, cioè le basse temperature, la nebbia o losmog, sono l‟ambiente ideale per i batteri, che prediligono questo periodo per ri-prodursi e per diffondersi tra le persone. Non solo:in inverno, aumenta il tempo che passiamo in luoghi chiusi, e il contatto ravvicinato facilita il contagio della malattia da una persona a un‟altra. Il risultato è, quindi, il diffondersi delle infezioni ed infiammazioni delle vie respiratorie. Se queste colpiscono le vie aeree superiori, parliamo di riniti, faringiti o tonsilliti; se vanno in profondità, parliamo di bronchiti o di polmoniti; se, invece l‟infiammazione sale all‟orecchio, soffriamo di otite. Non tutte queste malattie richiedono l‟uso di farmaci specifici: spesso è sufficiente tenere sotto controllo la febbre, eventualmente con un antipiretico, e facilitare la respirazione liberando le vie aeree con l‟aiuto di mucolitici e decongestionanti nasali. Il raffreddore è la classica malattia infettiva invernale, dovuta a una moltitudine di VIRUS diversi che colpiscono la mucosa del naso. Il raffreddore si trasmette attraverso le goccioline di salivao le secrezioni respiratorie e i sintomi compaiono rapidamente e improvvisamente uno - due giorni dopo. Le laringiti, faringiti e tonsilliti identificano tutte le infezioni, virali o batteriche, che colpiscono la gola, nella zona in cui ci sono le corde vocali (laringiti), o nell‟area subito dietro la bocca (faringiti e tonsillite).Dolore quando s‟inghiotte e mal di gola ne sono i due principali sintomi, che possono essere accompagnati da tosse, inizialmente secca e poi più grassa, e da febbre. Per fronteggiare queste malattie, il medico generalmente prescrivemedicine che abbiano un effetto antinfiammatorio e antipiretico, in caso di febbre alta, accompagnate da uno sciroppo per la tosse, se è il caso di far maturare la tosse secca. Una cura a base di antibiotici sarà consigliata solo se il medico sospetta un‟infezione batterica. L‟otite, l‟infezione dell‟orecchio, è una delle patologie più comuni nei bambini nel periodo invernale. Molto spesso è il risultato di un‟infezione trascurata, un mal di gola o una tosse, che si estende all‟orecchio. L‟otite si riconosce dal dolore all‟orecchio (otalgia), spesso, più intenso quando s‟inghiotte o quando si è distesi a letto, e si accompagna a febbre alta. Ancora, l‟otite può dare una sensazione di 'orecchio pieno', che diminuisce la capacità di udito. La sovrana dell‟inverno è l‟influenza. Il suo arrivo è
( I PA RT E )
annunciato da raffreddore, tosse, mal di gola e mal di testa, che possono precedere di qualche giorno la comparsa della febbre che, nei bambini, è sempre alta. La persona malata può anche lamentarsi di dolori muscolari, stanchezza eccessiva o poca fame, così come può avere disturbi gastrointestinali quali vomito o diarrea. Generalmente la febbre alta dura solo qualche giorno e i sintomi influenzali si risolvono nell‟arco di una settimana senza necessità di una terapia specifica. In una comune influenza è possibile prendere un antipiretico per abbassare la febbre e, soprattutto, bere molti liquidi, per evitare la disidratazione e per facilitare la sudorazione, un meccanismo naturale di controllo della malattia. Poiché l‟influenza è di natura virale, l‟uso di antibiotici non è utile, salvo che il medico non accerti una concomitante infezione batterica, per esempio un‟otite o una faringite. Ma l‟inverno e il freddo non sono sempre i principali responsabili delle infezioni invernali, soprattutto nei bambini. Se è vero che il freddo favorisce la crescita del numero dei microbi nell‟ambiente e che il maggior tempo trascorso in ambienti chiusi con altre persone facilita la diffusione delle malattie, è importante ricordare che il fumo irrita le vie respiratorie, rendendole più delicate; che l‟umidità è nemica della salute, per cui una casa umida può diventare un luogo insalubre; e che non sempre coprirsi troppo, e coprire troppo i bambini, è un bene, perché il sudare e poi esporsi al vento e al freddo non fa bene alla salute.
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Ἅμ' ἠλέηται, καὶ τέθνηκεν ἡ χάρις. Am‟eléntai,cài tètnechen e càris Traduzione: Favore ricevuto, gratitudine finita.
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I GRANDI PENSATORI: a cura di Andropos
Πρωταγόρας Protagora può essere considerato uno dei primi pensatori agnostici.Nasce ad Abdera, in Tracia, negli anni ottanta del V secolo a.C. Le fonti raccontano che a trent'anni cominciò a dedicarsi all'insegnamento sofistico, il che lo portò a viaggiare per tutta la Grecia e a soggiornare più volte ad Atene. Qui entrò in contatto con personalità importanti sia dell'ambito culturale, come Euripide, sia di quello politico, come Pericle, che lo scelse per redigere la costituzione di Thurii, nuova colonia panellenica fondata nel 444 a.C. Probabilmente la vicinanza a Pericle, nonché le posizioni agnostiche in ambito teologico in un momento di crisi per la polis di Atene, erano gli anni dello scandalo delle Erme,gli procurano una accusa per empietà e la condanna all'esilio (per altri, fu Protagora a fuggire, alla morte di Pericle), che lo portò infine a morire lontano da Atene, durante un naufragio. La sua opera Sugli dèi cominciava infatti con le seguenti parole: « Intorno agli dèi non ho alcuna possibilità di sapere né che sono né che non sono. Molti sono gli ostacoli che impediscono di sapere, sia l'oscurità dell'argomento sia la brevità della vita umana. » Secondo Diogene Laerzio, fu proprio per quest'opera che Protagora venne bandito dagli ateniesi. I suoi libri sarebbero stati «bruciati nella piazza del mercato dopo che per mezzo di un araldo erano state requisite tutte le copie a coloro che le possedevano, uno per uno». SecondoPlatone, con "uomo" Protagora intese il singolo individuo e con "cose" gli oggetti percepiti attraverso i sensi. Quindi, molto semplicemente, il sofista voleva dire che la realtà oggettiva appare differente in base agli individui che la interpretano: «quali le singole cose appaiono a me, tali sono per me e quali appaiono a te, tali sono per te: giacché uomo sei tu e uomo sono io». La filosofia del Novecento ha però interpretato la parola "uomo" con "comunità" (o civiltà) e con "cose" i valori, o gli ideali, che ne sono fondamento: ognuno, quindi, giudicherebbe ciò che lo circonda in base alla mentalità della comunità cui appartiene.
Una terza interpretazione vede nella parola "uomo" l'umanità, e nella parola "cose" la realtà in generale. Quindi secondo questa tesi gli Uomini giudicherebbero «la realtà secondo parametri comuni tipici della specie razionale cui appartengono, cioè l'Umanità». Questa interpretazione del pensiero protagoreo ha portato alcuni ad accostare il sofista di Abdera a Immanuel Kant. Forse tutte e tre le interpretazioni sono valide, in quanto cosa volesse intendere Protagora con le parole "uomo" e "cosa" è difficile stabilirlo. Molto probabilmente egli intendeva tutte e tre le opzioni mutando il senso delle due parole a seconda del contesto. Ad esempio: parlando dei gusti gastronomici Protagora si riferiva al singolo individuo; parlando della civiltà greca contrapposta a quella orientale, egli intendeva l'"uomo-misura" come civiltà; mentre se si riferiva agli Uomini in relazione alla natura (o, ancora, agli dei) è possibile che intendesse l"uomo" come specie. In generale Protagora sosteneva infatti che non era necessario scegliere una determinata interpretazione, in quanto non c'è contraddizione tra esse, essendo tale mutevolezza di lettura essenza insita nell'asserzione stessa.
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“Il caso egizio” Yung-Champollion UNA FOLLIA GIUFFRIDIANA SUI GEROGLIFICI:
Young è un nome notissimo tra gli addetti agli studi ed alle attività tecnico/ingegneristiche (docenti, ingegneri, geometri, studenti), in virtù del cosiddetto “modulo di Young”; si tratta di una grandezza fisica indicata con la lettera E, tipica di ogni materiale e caratterizzante la sua resistenza meccanica sotto l‟azione di enti sollecitanti il corpo, resistenza che è concretizzata, in termini numerici, appunto dal valore del parametro E. Sulla ipotetica carta d‟identità del vetro, del legno, del cemento, dell‟acciaio, potremmo leggere,oltre alle informazioni su “nascita e sviluppo”, la differente risposta di tali sistemi sotto l‟azione delle sollecitazioni, causata da tale parametro resistivo, il “modulo di Young”, che risulta bassissimo per il vetro, mentre il valore di E caratterizzante l‟acciaio è elevatissimo, dunque i gradini della scala di E si sviluppano, in senso decrescente, dal gradino più alto (il valore di E dell‟acciaio), a quello più basso (il valore di E del vetro). Supponiamo che la medesima azione sollecitante, un pesetto di alluminio 10 chilogrammi, agisca su ciascuna di quattro piccolissime lastre quadrate di uguali dimensioni, rispettivamente: una di vetro, una di legno, una di cemento ed infine una di acciaio; ciascuna delle lastre quadrate è sistemata, distesa, su due appoggi. Cosa succede, cosa provoca il pesetto di 10 chilogrammi su ognuno dei 4 materiali? Il vetro “frantuma” in mille pezzettini ossia si deforma permanentemente, il legno viene scalfito ma resiste al carico applicato (viene inciso superficialmente ma “non si rompe”),mentre sul cemento e sull‟acciaio, materiali durissimi e resistentissimi, tale azione di forza attua una sorta di solletico, per cui il cemento e l‟acciaio non risentono minimamente di questo solletico e riman-gono praticamente indeformati. Altro esempio, potemmo pensare ad un palo di cemento “conficcato” nel terreno di una determinata zona; sulla parte superiore del sostegno vi sono i fili metallici conduttori dell‟energia elettrica, esso ovviamente è sottoposto a svariate azioni , quelle “visibili” sono gli agenti atmosferici quali vento, pioggia, neve. Evidentemente deve essere “fortemente rigido” ossia visiva-mente indeformabile, il parametro che determina la ovvia scelta del realizzare il palo in cemento e non in vetro, è rappresentato dal maggiore valore numerico di E del cemento rispetto a quello del vetro; è da evidenziare che il “modulo di Young” dell‟acciaio è di 20.000 unità supe-riore al “modulo di Young” del vetro, praticamente l‟ac-ciaio è 20.000 volte più resistente del vetro. Passiamo adesso ad analizzare la notorietà dello scienziato britannico Thomas Young ( 1773 –1829), fama correlata ai suoi studi ed alle teorie elaborate: sulla luce, sulla fisiologia, oltre a ricerche inerenti alla meccanica dei corpi solidi , alla fisiologia, alla egittologia. Young investigò persino il campo musicale, difatti sviluppò una metodologia il cui fine era quello di accordare gli strumenti musicali, il metodo venne definito “temperamento di Young”. Per quanto riguarda il settore egizio, si cimentò (fu tra i primi studiosi) nella decifrazione dei geroglifici di quella Civiltà, divulgando, a mezzo stampa, nel 1818, l‟articolo
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Egypt per l‟Encyclopædia Britannica; al quale seguì, nel 1823, una Relazione sulle recenti scoperte nella letteratura geroglifica e antichità egiziane. Qualche anno dopo, l‟archeologo ed egittologo francese Jean-François Champollion (1790-1833) consegnò alle stampe una propria „versione traduttiva‟ dei geroglifici; Young apprezzò il lavoro ma evidenziò l‟aspetto del ricalco di un suo sistema di pensiero, teoria elaborata qualche anno prima ed apparsa in alcune pubblicazioni, dunque chiese a Champollion il riconoscimento di tale priorità. Parallelamente, intanto esistevano, all‟epoca (anni iniziali del 1800) grosse tensioni politiche tra Francia ed Inghilterra, alle quali si aggiunse questo scontro, che talvolta attingeva vertici assai aspri e violenti;; Champollion, che così definiva la sua simbiosi con la civiltà egizia: «Sono tutto dell'Egitto e l'Egitto è tutto per me», affermava con perentorietà che egli aveva reso comprensibile la grammatica dei geroglifici; Young sosteneva, in maniera altrettanto decisa, di averlo anticipato, di essere stato lui solo in grado di svelare i complessi e misteriosi contenuti degli ideogrammi. Tra i due studiosi, dopo il 1826, si instaurò una sorta di “armistizio”; tra l‟altro, Champollion, che esercitava la carica di curatore al Louvre, dove erano conservati manoscritti demotici (il demotico era una forma di scrittura che si differenziava da quella geroglifica, in quanto non veniva utilizzata nei testi letterari o nelle iscrizioni funebri, ma esclusivamente nei documenti indirizzati al popolo), per suggellare questa distensione di rapporti, consentì a Young l‟eccezionale privilegio di accedere a tale straordinaria documentazione. Giuffrida Farina
G.Farina, disegno a pastello del 1977, dedicato alla moglie Anna “l’egizia”.
L’appello del premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz al Parlamento Italiano: Non firmate l’accordo TTIP, NON IMMAGINATE NEANCHE COSA STATE PER FIRMARE !! L‟accordo sul TPP che è stato trovato oggi ad Atlanta fa da apripista al TTIP, l‟accordo di libero scambio che (se approvato) raderà al suolo le nostre tipicità agroalimentari e aprirà agli OGM, alla carne agli ormoni e all‟arbitrato internazionale per la risoluzione delle controversie: il tribunale al quale si rivolgerà qualunque azienda privata che riterrà che i suoi interessi economici siano stati intaccati dalle politiche degli Stati.
Antropos in the world DALLA REDAZIONE DI BERGAMO
Getulio Alviani e Giulio Giorello a BergamoScienza Il dialogo fra scienza, filosofia ed arte nel Novecento E‟ stato variamente definito come il secolo breve (Eric J. Hobsbawn), il secolo più terribile della storia occidentale(Isaiah Berlin), un secolo di massacri e di guerre (René Dumont), il secolo più violento della storia dell‟umanità (William Golding), o l‟età dei totalitarismi (Tzvetanhh Teodorov), ma è stato anche classificato come un secolo di inquietudini, in cui sono accaduti indubbiamente fatti terribili ma si sono aperti sconfinati ambiti di ricerca e di sperimentazione nel campo dell‟arte, della scienza e
della filosofia. Stiamo parlando del Novecento, il secolo appena trascorso che è stato al centro del dibattito che si è svolto, nell‟ambito del Festival BergamoScienza 2015, tra Getulio Alviani, artista, ideatore plastico e progettista, esponente della corrente dell'arte processuale, basata su una continua ricerca tesa a sperimentare e a contaminare le opere con la luce, la geometria e il movimento, in costante dialogo con l'osservatore, seguendo le suggestioni di Malevic e Mondrian, e Giulio Giorello, filosofo, matematico, docente di Filosofia della Scienza presso l‟Università degli Studi di Milano, autore di libri e saggi in cui emerge con affascinante chiarezza come la storia del sapere scientifico si sia sempre intrecciata alla vita politica e culturale. L‟incontro fra l‟artista e il filosofo della scienza, avvenuto lo scorso 15 ottobre dinanzi ad un‟affollata platea, nella splendida cornice dell‟ex Chiesa di S. Agostino, ora divenuta la nuova Aula Magna dell‟Università degli Studi di Bergamo, è scaturito dalla retrospettiva che la Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo (GAMEC) dedica a Kazimir Malevic (Kiev, 1878 – Leningrado/San Pietroburgo, 1935), figura centrale dell‟arte del Novecento, fondatore (a 100 anni dalla sua nascita) del Suprematismo, la più radicale tra le avanguardie storiche del Novecento. La Mostra, curata da Eugenia Petrova, vicedirettore del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, e da Giacinto Di Pietrantonio, direttore della Gamec, aperta fino al 17 gennaio 2016, ha offerto ai due relatori spunti per confrontarsi su un tema straordinario e complesso, ossia il dialogo tra arte, scienza e filosofia nel Novecento. A moderare il dibattito è stato proprio il direttore della Gamec,Giacinto Di Pietrantonio, che ha presentato l‟itinerario della Mostra su Malevic: una ricostruzione di tutte le fasi creative dell‟artista russo, dagli inizi 'simbolisti' al Futurismo, fino alla nascita del Suprematismo nel 1915
(l‟intenzione di affermare il predominio della pura sensibilità dell‟arte con applicazione non solo nella pittura, ma anche in architettura e design) e ai capolavori più noti, come 'Quadrato Rosso' (1915), 'Quadrato nero', 'Cerchio nero' e 'Croce nera' (1923). “Un secolo di inquietudini, dunque, il „900, ma anche un secolo di continua ricerca e di vita”, lo definisce Giulio Giorello, un secolo animato “ dal desiderio di andare sempre avanti, essendo insoddisfatti”. Non a caso, agli inizi del „900, si assiste ad una profonda connessione fra arte e scienza. Sul versante della fisica, la Teoria della Relatività Speciale di Einstein (1905) trasforma radicalmente la concezione dello Spazio e del Tempo (non esistono punti di riferimento privilegiati e determinati; nel mondo microscopico, la massa diventa energia, e viceversa), mentre intervengono le regole della Meccanica quantistica in base al principio di indeterminazione di Heisenberg (non si può conoscere esattamente posizione e velocità nello stesso tempo; l‟energia è quantizzata, ovvero nel mondo microscopico la quantità di energia contenuta nei corpi è discreta) a determinare il concetto di relativismo gnoseologico che attraversa tutto il „900, anche sul versante letterario. L‟arte novecentesca si contamina con la scienza e diventa arte sperimentale d‟avanguardia, aprendosi o addirittura anticipando le grandi scoperte scientifiche del tempo, utilizzando come comune dimensione la matematica, proprio come già si era verificato nell‟età rinascimentale, in un rinnovato rapporto speculare d‟intesa con i progressi della scienza. Ne scaturisce una ricerca incessante che cambia la percezione del mondo,facendo dell‟interconnessione arte-scienza una “grande esperienza di libertà” – afferma Giorello – che attraversa con inquietudine tutto il Novecento, a cominciare dalla ricerca pittorica di Malevic, all‟insegna del pensiero puro, dell‟urgenza tormentata di sperimentazione e di continua contaminazione. Maria Imparato
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Ad impossibìlia nemo tenètur Nessuno è tenuto a fare cose impossibili
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PIATTI TIPICI DEL MEDITERRANEO - A cura di Rosa Maria Pastore
Il consumo delle carni suine fresche in Italia è piuttosto basso, soprattutto se rapportato a quello di altri Paesi europei. Senza dubbio, sul comportamento del consumatore italiano, hanno influito dei radicati preconcetti dietetici che hanno spinto a considerare la carne suina troppo pesante e poco digeribile perché troppo grassa, anche se tutti sono concordi nel riconoscerle particolare bontà e gustosità. La colpa di questo fatto non è da attribuirsi solamente al consumatore, ma anche alla nostra produzione, che in passato ha prodotto e fornito un tipo di suino grasso, adatto all‟industria degli insaccati, senza tener conto delle esigenze del pubblico acquirente che preferisce senz‟altro consumare carni magre. Ma è già da un bel po‟ di anni che nel nostro Paese vi sono allevamenti di suino magro prodotto esclusivamente per consumarne la carne fresca; è il cosiddetto “suino leggero da carne” che può soddisfare le richieste del mercato e ha modificato favorevolmente il giudizio negativo dei dietologi sulla carne di maiale. CARATTERISTICHE DELLA CARNE DI MAIALE - Le carni suine sono facilmente riconoscibili da quelle degli altri animali per il colore roseo, più o meno pallido a seconda della parte del corpo cui appartengono, dell‟età, del sesso e del tipo di alimentazione; esse sono di consistenza piuttosto molle, generalmente untuose, molto marmorizzate, senza odore; il grasso interno è bianco o leggermente rosato; il lardo,costituito da grasso sottocutaneo, è tenero e bianco, ma il colore, il sapore e la consistenza possono variare in base alla razza e all‟alimentazione dell‟animale. La carne di prima scelta ha un colore rosa pallido, è di grana sottile e vellutata, è venata di grasso bianco e ben sodo. Le carni degli animali giovani sono più tenere, più rosee, più ricche di acqua e meno infiltrate di grasso; per questo sono le più digeribili, ma anche le meno nutrienti. Le carni dei soggetti adulti hanno maggiore sapidità e un valore nutritivo e calorico più elevato perché più povere di acqua e più grasse. Le carni di animali in età avanzata, soprattutto se non sono stati castrati, diventano tigliose, troppo grasse e perdono anche sapidità. Dal punto di vista culinario, la stessa sapidità aumenta col crescere dell‟età dei soggetti, ma ciò avviene fino ad un certo limite,oltre il quale le carni si infarciscono eccessivamente di grasso e possono “rifriggere” o “fondere” durante la cottura. Solo la carne degli animali di grossa taglia, cioè dei “maiali pesanti”, che dovrebbero essere destinati
alla industria degli insaccati, è grassa e questo grasso non si elimina scartando il bordo bianco che contorna la carne, perché essa ne è fortemente infiltrata, è decisamente meglio orientarsi sul consumo di suini leggeri, animali giovani, allevati, come è stato detto, con speciali criteri e macellati prima che comincino ad accumulare il grasso. Queste bestie hanno una carne ottima, magra che può sostituire vantaggiosamente, in una alimentazione razionalmente variata, la carne di manzo, di vitello o di pollo. È più saporita, più appetitosa della carne di vitello e, se viene cotta alla griglia (senza l‟aggiunta di alcun condimento) è anche digeribile: non bisogna poi trascurare il fatto che è molto più economica dalla carne bovina e questo non perché la sua qualità sia inferiore, ma perché il maiale viene macellato prima di un vitellone, per esempio, e le sue parti sono quasi tutte commestibili. I TAGLI DEL MAIALE - Solitamente il maiale, dopo la macellazione, viene diviso longitudinalmente in due parti dette “mezzene”. Ogni mezzena comprende, come per le carni bovine, tagli pregiati, intermedi, inferiori. Tagli pregiati: -Prosciutto posteriore o di coscia (gamba e natica comprese);
-Prosciutto anteriore o di scapola (scapola, braccio e avambraccio, ossa comprese); -Lombata o arista o carré ( dorso, lombi e groppa con vertebre relative); -Coppo o capocollo (muscoli cervicali e dorsali con vertebre relative). Tagli intermedi: -Pancetta o ventresca (pannicolo adiposo della regione ventrale dallo sterno all‟inguine) che corrisponde al “bacon” dei soggetti specializzati; -Rosticciana (costole con la copertura muscolare). Tagli inferiori: -Guanciale,gota (regione gola fino al mascellare); -Lardo (comprende tutto il grasso sottocutaneo, o pannicolo adiposo, esclusi il guanciale e la pancetta).
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IMMIGRAZIONE Le incognite di oggi e di domani Ho già a v uto mo d o d i e vi d enziar e le d i ffer e nze fra mig ra n t i, rifu g ia ti e p r o fu g h i. I p ri mi, e mi grati vo lo ntari a me nte p er mo ti vi p re val en te me nte e co no mici ; i seco nd i, rip arat i all ‟es tero p er s fu g gire ad u na i n gi us ta e grav e p ersec uzio ne; gli ulti mi , i n f i n e , c o s t r e t t i a d e s p a t r i a r e d a mo m e n t a n e e a n co rché gra vi e me rg en ze: g uerre, care st ie, ca tas tro fi nat ura li. A parte i poc hi ri fu giat i ve ri (cioè i perse gu ita ti che se tor nas sero i n patria andrebbero incontro ad u na p un izio ne i mme rita ta e sp es so cr ud ele), i d ue fl u ss i c he in q ue sto mo me nto si r iv ersa no in E uro p a ha n no cara tteri st ic he d i ver se: i l fl u sso a fr ica no (che i nves te It alia, Spa gna e Francia) è i n lar g hi s si ma p arte fo r mato d a se m p lici mi gra nti eco no mi ci, a nc he se la ma g g io r p a rte d i co sto ro a ffer ma d i ess ere fu g gito d a i mp ro b ab ili p erse cu zio ni o d a g uerre d i cu i s i sco no sce l ‟esi ste nza ; il fl us so a sia tico (che i n ve ste la Grec ia e p un ta s ull a Ger ma nia) è in b uo na p arte fo r ma to d a p ro fug h i veri – sp ecie siria ni e ira ke n i – c o n l‟a g gi u nt a d i u na no n trasc urab i le al iq uo ta d i mi gra nti eco no mici p r o ve nie nt i d a v ari p ae si a siat ic i e med io rie ntal i, sp es so d o tati d i fa ls i p a ssap o rt i siria ni, c he – si d i ce – verreb b ero fab b ricat i d ai s erviz i se gre ti t urc hi. E d è a p p u n t o s u q u e s t ‟ u l t i mo f i l o n e – q u e l l o d ei p ro fu g hi i n mar cia att raver so i B alca ni – c he int end o so ffer mar mi. Nat ural me n te, tra la scio p er o r a a l c u n e r i f l e s s i o n i s u l l e c a u s e r e mo t e d i q u e s t o f e n o m e n o ( ma s a r à u t i l e t o r n a r c i i n u n o d e i p r o s si mi n u meri) e ve n go alla stret ta att ua lità. S i tratt a – d unq ue – d i u n ‟o nd a ta mi gra to ria c he ha la p ro p ria p iatta fo r ma d i p arte nza i n u n P aese o s tile all ‟E uro p a (in q ues to caso la T urchia d i Erd o ğa n, c o me n e l n o s t r o c a s o l a L i b i a d e l l e m i l i z i e i s l a m i che) e c he si ri ver sa nel nos tro Conti ne nte a ttra ve r so la c o sid d e tt a “r o t ta b a lc a ni c a ” . Att e n z i o ne , p erò , q uest i p ro fu g hi ( p arl o nat ural me n te d ei p ro fughi veri, non de gli a fgha ni co n pas saporto t urco siria no ) ha n no già tro va to u n a silo te mp o ran eo n ei P aesi i m med ia ta me nte a r id o sso d ei co n fi ni d el la l o r o p a t r i a : n o n f u g g o n o p i ù d a i b o mb a r d a m e n t i o d a l l e e s e c u z i o n i d i ma s s a d e l l ‟I S I S , e n o n s o n o p erciò in q ue l “gra ve ed i mmi ne nt e p erico lo ” c he i mp o n e a g l i S t a t i c i v i l i d i d a r l o r o a c c o g l i e n z a . Se mp lice me n te, ha n no fin q ui co nd o tto u na v ita gra ma nei ca mp i d i rac co lt a d ei P aesi co n fi na nti ed ha n no p erciò d eci so d i e mi grare ver so le naz io n i europee, do ve spera no di t rovare co ndiz ioni di vita mi gl io r i c he no n in T ur c h ia, i n Lib a no o in Gio r d ania. Da p ro fu g h i, s i so no o g gett i va me nte tras fo r mat i i n mig ra n t i eco n o mic i; no n ch ied o no , q ui nd i, rip aro d alla g uerra o d alle fo l -l ìe j ihad i ste, ma so lta nto d i p o t er tro v ar e m igl io ri e p i ù co n fo rte vo li
condizio ni d i vita. Co sa p er fet ta me nte le g itti ma, u ma na me n te co mp rens ib ile, p i ù c he co mp re ns ib ile. So lo c he – att en zio ne – men tre le nazio ni ci vi li ha nno l ‟o b b li go ( mo r a l e , s e n o n a n c h e g i u r i d i c o ) d i a c c o g l i e r e c h i fugge da una guerra, tale obbligo non s us sis te ne i c o n fr o n ti d i c hi è “i n c e r c a d i u na v ita mi glio r e ” . I l perché è e vide nte : se s i abolis sero le fro nt iere (i “mu ri” c he ta nto i nq uie t ano g li u to p is ti d i casa no s tra) e si d es se a c hi u n q ue i l d ir itto d i fi ssare la propria reside nza o ve pi ù gli a ggrada, nel giro di p o c h i a n n i v e r r e b b e c o mp l e t a m e n t e d i s t r u t t o i l s i s t e ma p o li tico , gi urid ico , so c iale, eco no mico , a ntro p o lo gico -c u lt urale c he h a fi n o ra retto la vi ta d ei p o p o li e gl i eq u ilib ri in ter nazio n ali, p recip i ta nd o il mo nd o int ero i n u na fa se d i to tal e e b ruta le a narc hia. P eraltro, senza voler a vve nturarc i in pre vi sio ni di lu n go p erio d o , q u es ta i n v asio ne d i p ro fu gh i med io rien tali – co me a nc he l ‟al tra d i mi gra nti a frica n i – ha u na co n no taz io ne p art ico lare e p artico lar me n te inq uie ta nte: no n c hi ed e u n a silo te mp o raneo (co me nei ca mp i -p ro fu g hi) ma u n a resid e nza p er ma ne nte; e chiede post i di la voro, a l loggi popolari, as si ste nza sa nitar ia, e q ua nt ‟al tro mo lti Sta ti e uro p ei no n so no in grad o – co lp e vo l me nte – d i as sic urare nea nc he a tut ti i propri c ittad ini. Que ste co se le sa nno tutti, le capiscono t ut ti, a nc h e i l P a p a , a n c h e l a M e r k e l , a n c h e l a g r a n d e s t a mp a “b uo nis ta ” . E p p ur e , t ut ti f a n no fi n ta d i nie nt e , se mbrano no n accorg ersi c he quest a inva sio ne, ques te in va sio ni a o ro lo geria mi nacc ia no , o ltre c he la no stra ide nt ità et nico-etico -cul tur ale, a nc he i nos tri equil ibri social i. C‟è qua l cuno, poi, co me q uel gio va no tto c he c i ritro via mo alla P resid e nza d e l Co n si glio , c he a g gi u ng e p ro b le mi a p ro b le mi, fa ce nd o ap p ro vare d al P ar la me nto u na le gg e c he attr ib u isc e a u t o m a t i c a m e n t e l a c i t t a d i n a n z a i t a l i a n a a i b a mb i n i nat i in Ita lia da cit tadi ni stra nier i. T anto , il gio va no tto sa b e n is si mo c he i f r utt i a vv e le na t i d e llo “i u s soli” no n riguardera nno la sua ge stio ne ; sara nno ca vo li a ma ri d ei s uo i s uc c esso ri fra q ua lc he a n no , q ua nd o i fi gl i d e g li i m m igra ti, d i ve ntat i cit tad i ni itali an i, co nte nd er a n no a i no s tri fi g li a nc he g li u lti mi b ra nd ell i d i b enes sere c he i p ara metri d i Maa stri c h t e l ‟ i n c o mb e n t e T r a t t a t o d i l i b e r o s c a mb i o c o n g l i US A c i a vra nno las ciato. Mic hele Ral lo
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Amicus certus in re incerta cernitur L'amico certo si riconosce nella sorte incerta (frase latina del poeta Ennio, che ritroviamo in Cicerone)
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Halloween? No, grazie, Holy-ween! «Dolcetto o scherzetto?». È questa la frase che si sente ripetere durante la notte di Halloween, che con un‟usanza importata da oltreoceano - si festeggia da qualche anno anche in Italia il 31 ottobre. E proprio mettendola sullo scherzo attrae tanti bambini, con il risultato di svilire il significato religioso della festa del 1° novembre, che sottolinea la comune vocazione alla santità. Non mancano le iniziative che intendono ribadire questo significato. Il Movimento dell‟amore familiare, fondato da don Stefano Tardani e Gabriella Briganti, in alternativa alla notte di Halloween organizza la Festa di Tutti i Santi, con giochi e divertimento per bambini e famiglie presso l‟oratorio del santuario del Divino Amore e nella parrocchia di San Giorgio ad Acilia. Festa con lo slogan «Halloween? No grazie». «La crescente scristianizzazione legata al mondo dell‟infanzia e dell‟adolescenza – sottolinea Roberto Mattioli che insieme alla moglie Georgia promuove l‟iniziativa ad Acilia e al santuario del Divino Amore - ci spinge a riscoprire i valori evangelici. È importante andare in controtendenza perché nella notte del 31 ottobre ci sono molte feste organizzate per Halloween a cui vengono invitati i bambini». E ci tiene a sottolineare: «Non stiamo preparando una semplice festa come tante altre ma proponiamo una vera e propria sfida culturale, una sensibilizzazione ai valori cristiani, che non dobbiamo lasciarci portare via. Si tratta di investire energie e creatività per la crescita dei piccoli che sono i più indifesi». Un‟altra iniziativa, puntata sulla preghiera, è organizzata nella basilica di Sant‟Anastasia al Palatino dove, sempre il 31, sono in programma una Messa alle 22.30 e poi l‟adorazione eucaristica. Don Alberto Pacini, rettore di Sant‟Anastasia, aggiunge: «Per i satanisti la festa di Halloween è il corrispondente della Pasqua per i cristiani». E proprio per questo, precisa: «È una notte in cui si fanno riti e sacrifici. Occorre, dunque, rendere a Dio la gloria che gli spetta. Per questo invitiamo i fedeli a partecipare alla Messa e alla pre-ghiera con una candela che ricordi il battesimo, sa-cramento che ci chiama alla santità e alla luce di Cristo che squarcia le tenebre». Quindi, non festa di Halloween,ma di «Holy-ween», la notte dei santi, in cui si invita a mettere una loro immagine su ogni chiesa. Un‟iniziativa che ricalca quella promossa dalle Sentinelle del mattino, un network impegnato dal 1998 a diffondere in Italia esperienze per i giovani.
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I volti dei santi, dunque, come risposta alle streghe e ai folletti protagonisti di Halloween. «Abbiamo organizzato dei giochi per i bambini - racconta ancora Roberto Mattioli - proprio per sottolineare che il bene non è noioso come troppo spesso si vuol fare credere». E per i più grandi fino ai tredici anni saranno in programma nelle due parrocchie indicate anche filmati e momenti di confronto. «Ci avviciniamo a un‟età difficile. Il ragazzo si mette in discussione e il mondo dell‟esoterico sembra dare risposte facili: occorrono strumenti conoscitivi e di riflessione». Dello stesso parere don Alberto Pacini: «Anche se le tenebre sembrano più forti, in realtà la notte sarà vinta dalla luce. Ognissanti è la festa delle anime sante e non di quelle perse – continua -, bisogna mettere la preghiera e l‟Eucaristia al centro della vita. Del resto nel cuore dei fedeli c‟è sete di Dio e di spiritualità. Se il cuore non viene datoa Dio si lascia dello spazio libero in cui tutto può entrare». Antonella Gaetani
Il carnevale è una festa che si celebra nei Paesi di tradizione cattolica. I festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi; in particolare, l'elemento distintivo e caratterizzante del carnevale è l'uso del mascheramento. La parola carnevale deriva dal latino carnem levare "eliminare la carne", forse influenzata anche dal latino vale, poiché indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di Carnevale (Martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima. I festeggiamenti maggiori avvengono il Giovedì grasso e il martedì grasso, ossia l'ultimo giovedì e l'ultimo martedì prima dell'inizio della Quaresima. In particolare il Martedì grasso è il giorno di chiusura dei festeggiamenti carnevaleschi,dato che la Quaresima inizia con il mercoledì delle ceneri.
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STORIA DELLA MUSICA - A cura di Ermanno Pastore
MUSICA LEGGERA-NUOVE TENDENZE Heavy-metal Il termine heavy metal, corrispondente all'italiano "metallo pesante", assume un significato figurato particolare e lievemente differente rispetto al concetto etimologico;difatti, come è possibile notare nelle riviste del settore automobilistico, spesso ci si riferisce ad esso come all'insieme delle parti di un motore di auto o moto; anche per questo spesso il termine è gergalmente (talvolta in modo spregiativo) riferito a generiche fragorose parti di ferro, o acciaio, in movimento, come noi ad esempio diremmo ferraglia. Il significato figurato è (dai dizionari) tradotto con materiale duro ad indicare il carattere di una persona, come diremmo noi un duro tutto d'un pezzo. Oggigiorno il termine è comunemente riferito principalmente al genere musicale molto fragoroso e duro, quasi a voler riassumere le due interpretazioni. L'uso di quest'espressione in riferimento a un genere musicale risale alla stampa statunitense nei primi anni settanta. I primi ad utilizzarlo in un brano musicale furono gli Steppenwolf con Born to Be Wild, pubblicata nell'omonimo album del 1968 e inclusa nella colonna sonora del film Easy Rider; in questo brano compare la frase "heavy metal thunder" ("tuono sferragliante") con riferimento al rombo della ferraglia delle moto bicilindriche usate dai riders, le Harley Davidson. Molti dei primi gruppi antesignani, o primi esponenti dell'heavy metal, tra cui spiccano i nomi dei Led Zeppelin, dei Deep Purple, dei Blue Cheer, dei The Move, dei Blue Ö yster Cult e dei Black Sabbath, ebbero origine negli anni sessanta a Bir-mingham, importante centro industriale inglese. Alcune biografie dei The Move affermano che l'espressione derivi direttamente dai "pesanti" riff di chitarra della band, uniti alla espressione metal midlands con cui veniva identificata la zona di Birmingham. Il critico Lester Bangs, nella recensione di un concerto del 1971, utilizzò l'espressione "heavy metal music" per descrivere il sound "sferragliante" delle esibizioni live dei Blue Ö yster Cult. Sandy Pearlman, l'originale produttore, manager e compositore della band, sostenne, invece, di essere stato il primo ad applicare l'espressione heavy metal alla musica rock, nel 1970. In realtà pare che il primo uso documentato della parola heavy metal per descrivere le sonorità di una band risalga allo stesso 1970, quando il magazine musicale Creem in una recensione dell'epoca definì con tale denominazione i newyorkesi Sir Lord Baltimore. La parola "heavy" (letteralmente "pesante", ma con il significato originale di serio o profondo) era entrata nel gergo beat qualche tempo prima, ma il riferimento alla heavy music (una versione più lenta ed amplificata della musica pop) era tuttavia già co-
mune. Ne è un esempio l' album di debutto degli Iron Butterfly, intitolato Heavy (1968). Nato da uno sviluppo ed arricchimento d‟una miscela di blues e rock,l'heavy metal fondò le proprie origini nelle band hard rock che,nel periodo fra 1967 e il 1977, trasformarono il blues e il rock in un suono ibrido, caratterizzato da un suono grintoso, basato sull'apporto costante di chitarre distorte,voce urlante e batteria incalzante. Se nei tardi anni sessanta il termine heavy metal poteva essere usato come aggettivo in alcuni casi per definire parte della musica popolare, nei primi anni settanta cominciò a diventare un vero e proprio sostantivo e quindi un genere riconosciuto. A dare ufficialmente inizio alla nascita dell'heavy metal furono molto probabilmente i britannici Led Zeppelin: inizialmente indirizzati su brani di ispirazione blues suonati più pesantemente ed energicamente che ogni altro, crearono uno stile epico ispirato da molte fonti musicali. Meno raffinati ma forse più influenti furono i Black Sabbath, i cui riff di chitarra oscuri e profondi generarono un mondo di fantasia ossessionato da droghe, morte e occulto. Il sound che segnò la nascita dell'hard rock e dell'heavy metal venne definito nel 1970 con la pubblicazione di Led Zeppelin II dei Led Zeppelin, Paranoid dei Black Sabbath e In Rock dei Deep Purple.Benché esistano molti dibattiti, questi tre gruppi musicali sono generalmente considerati come le prime band heavy metal. Dopo la NW OBHM, il maggior fenomeno che riguardò il metal (così comunemente abbreviato) fu la nascita di numerosi sottogeneri, spesso di non facile identificazione; i più famosi di questi sono lo speed metal, il thrash metal, il power metal, il black metal, il death metal e il doom metal, da cui nacquero, col tempo, una schiera di ulteriori sottogeneri. (Continua)
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E.PASTORE
L‟AVE MARIA, STORIA E COMMENTO -----
DI RENATO NICODEMO
Antropos in the world POLITICA E NAZIONE – OVVERO IL PENSIERO DELLA GENTE COMUNE
DOVE VANNO I NOSTRI SOLDI
In Italia stiamo vivendo un periodo di crisi acuta e la disoccupazione non è mai stata così alta. Solo un giovane su tre riesce a trovare un posto di lavoro e molte aziende chiudono perché la pressione fiscale ha raggiunto livelli mai toccati prima. Molte famiglie italiane, non riescono ad arrivare a fine mese. In questo disastroso contesto, i politici, invece di pensare a risolvere i problemi si dichiarano contrari a condoni e sanatorie. Promesse e politica:binomio quasi inscindibile, promesse non mantenute, perché la politica bada solo agli interessi personali e di partito, ma per il cittadino comune, si rimangia la parola. Così, la sinistra italiana, sempre pronta a dettare lezioni di moralità, ha consumato un altro vergognoso tradimento verso il popolo italiano tramite Sergio Roccadustri , eletto nella lista sinistra e libertà e passato al PD (partito democratico) nel luglio 2014. L‟esponente del PD ha presentato una legge SANATORIA per far accaparrare ai politici i finanziamenti pubblici, che gli italiani già gli avevano negato, con un referendum abrogativo e che la sinistra al governo aveva ripristinato nonostante tutto. E‟ emersa così, ancora una volta, la doppia morale di un partito che, con Enrico Letta, nell‟intento di moralizzare un poco l‟ambiente politico, aveva blindato e dimezzato le risorse economiche ai partiti fino alla loro definitiva abolizione dal 2017, e che oggi, per interessi finanziari, ribalta quel poco di buono che era stato fatto. I finanziamenti, fino al 2016, erano stati blindati e potevano essere elargiti solo dopo l‟ O.K. di una commissione di controllo, che è stata costretta a dimettersi . I politici della sinistra italiana, pur di aggirare le strette maglie d‟una legge e della Commissione di controllo, hanno partorito, nella loro diabolica mente, una ulteriore legge truffa (condono) sui finanziamenti pubblici. In meno di un mese, la legge truffa viene partorita e approvata dai politici che poi, in altre occasioni, si ergono a moralisti ( da strapazzo ). Ma come è possibile che una legge possa essere approvata in così poco tempo, quando una legge qualsiasi, anche In momenti gravi come questo, - 25 -
impiega mesi se non anni, per essere varata ? Semplice. La sinistra al potere, per mero interesse di parte, ha effettuato un blitz in Commissione Bilancio,invertendo l‟ordine del giorno dei lavori alla Camera, così, nel giro di solo tre ore, ha approvato la legge truffa dei finanziamenti ai partiti. Così è stato consumato questo misfatto ai danni del popolo italiano, un ulteriore calcio in bocca ai lavoratori, come ha sentenziato Di Battista (5 stelle), e questo è solo il primo passo per evitare che, nel 2017, il finanziamento pubblico ai partiti cessi definitivamente. L‟approvazione della legge è stata largamenmente contestata da tutto il movimento 5 stelle. Grillo è stato chiaro: E‟ una legge truffa. Altri esponenti del partito sono andati oltre. Vito Crimi indignato se ne uscito dall‟aula gridando:- Vi state spartendo la torta!L‟onorevole Riccardo Nuti, rivolto ai colleghi, degli altri partiti ha esclamato: -Darvi degli ladri è offensivo per i ladri -. Alessandro Di Battista ha così rincarato: - Dopo un‟estate drammatica indigna che il primo provvedimento della maggioranza metta le mani nelle tasche degli italiani-. Ma più chiara di tutti è stata l‟onorevole Paola Taverna, che rivolta agli esponenti della maggioranza ha detto: -Ladri, voi fregate questi soldi ai cittadini italiani!-. Mario Bottiglieri
Il Bottiglieri agli ozi di Ischia
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IL CAPITANO ULTIMO (III) l processo si concluse con l'assoluzione «perché il fatto non costituisce reato». Questo, pur ritenendo la sussistenza di una erronea valutazione dei propri spazi di intervento da parte degli imputati, e di gravi responsabilità disciplinari per non aver comunicato alla procura la propria intenzione di sospendere la sorveglianza; e pur ritenendo, inoltre,che «l'omessa perquisizione della casa» in cui il boss mafioso Riina aveva vissuto gli ultimi anni della sua latitanza, insieme con la sua famiglia, e «l'abbandono del sito sino ad allora sorvegliato», «hanno comportato il rischio di devianza delle indagini», stando alle manifestazioni di sollievo e di gioia manifestate da Bernardo Provenzano e da Benedetto Spera. La sentenza, non appellata dalla Procura della Repubblica di Palermo - che peraltro aveva anch‟essa richiesto l‟assoluzione - è divenuta irrevocabile l'11 luglio 2006. ll capitano Ultimo partecipò al pedinamento e all'arresto di Daniele Barillà, l'imprenditore di Nova Milanese, che ottenne in seguito alla revisione del processo un risarcimento per l'ingiusta detenzione durata oltre 7 anni. Vittima di uno dei più clamorosi casi di errore giudiziario emersi in Italia, Barillà fu erroneamente considerato un trafficante di droga, ma l'equivoco era stato generato da uno sbaglio durante un pedinamento sulla tangenziale e stade limitrofe di Milano. Proprio al pedinamento, aveva partecipato il Capitano Ultimo che material-mente mise le manette a Barillà. La Fiat Tipo Amaranto alla guida della quale si trovava Barillà era infatti uguale per modello, colore e simile per numero di targa a quella di un vero narcotrafficante. La vicenda è stata ricostruita dalla fiction di Rai Uno, L'uomo sbagliato. Intervistato sul punto, Daniele Barillà ha dichiarato che il Capitano Ultimo: "Seguì la macchina sbagliata, al processo fu uno dei miei accusatori e la sua testimonianza risultò determinante. Quando ho incontrato Stefano Reali gli ho detto che il suo film sul Capitano Ultimo ha probabilmente allungato la mia detenzione: chi poteva chi sa parlare sa anche quando è il momento di parlare. credere che un tale eroe avesse commesso un così grave errore?” Ma dal 1 settembre il colonnello non guiderà più il Noe (Nucleo operativo ecologico dei carabinieri), perché è stato demansionato.
A difesa del Capitano Ultimo oltre ai suoi colleghi, si è schierata soprattutto Rita Dalla Chie sa, figlia del Generale Carlo Alberto. “Ultimo è un simbolo,è il carabiniere che sta dalla parte dei più deboli, di chi soffre”, ha detto più volte la conduttrice televisiva. Un uomo costretto a non mostrare mai il suo volto, Ultimo ama più la strada che i palazzi del potere. Semplice, pratico ed irrequieto. Pensa ai risultati, non alla burocrazia: per lui il fine è solo l‟utile, i mezzi tutti quelli possibili. Il colonnello mal sopporta chi non ha scrupoli. Nel 2009, per l‟esigenza di aiutare persone in difficoltà, ha creato l‟associazione “Casa Famiglia Capitano Ultimo”, divenuta operativa nel 2011 con l‟apertura della prima struttura residenziale per otto minori dagli otto ai diciassette anni. A chi gli chiede perché, da subito, scelse di chiamarsi Ultimo, risponde: “È un nome di battaglia, quindi, nel momento di sceglierlo, ho scelto Ultimo perché vedevo che tutti volevano essere primi, volevano essere più bravi, più belli, volevano emergere, avere prestigio, riconoscimenti. Mi facevano schifo perché credo che il lavoro del carabiniere sia un donare e non un prendere, quindi ho voluto invertire la tendenza che avevo notato”. Chiudiamo con le parole del Nostro, che concludono una intervista fattagli ultimamente: - Io non lavoro, combatto. Quindi, non è un lavoro per me. È esattamente come io vorrei vivere, fare il carabiniere è come io sognavo di vivere da piccolo. L‟ho imparato dai colleghi delle stazioni. Sono cresciuto nelle stazioni dei carabinieri, per questo i miei amici erano e sono carabinieri e ho continuato a vivere come vedevo vivere mio padre in caserma. Ho salutato mia mamma, mio padre e mia sorella quando avevo sedici anni, li ho sempre portati nel cuore e non li ho mai sentiti lontani, li ho sempre sentiti ogni giorno accanto a me e ora che mio padre è morto lo sento ugualmente ogni giorno accanto a me. L‟amore che abbiamo per il nostro popolo è così grande che ti fa dimenticare tutto -.
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Chi sa parlare sa anche quando è il momento di parlare. Plutarco
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I FIGLI DI TROIKA SONO INCAZZATI Non riescono proprio a nasconderlo: i figli di troika sono incazzati. Avevano sperato a lungo in un miracolo, sforzandosi di credere a quei sondaggi falsi – diffusi dai media del mondo intero fino al giorno stesso delle consultazioni – secondo cui a prevalere nel referendum ellenico sarebbero stati alla fine i “si”. Fidavano sulla solita campagna di terrorismo mediatico, sulla paura per il “salto nel buio”, sulle file ai bancomat, e su tutto l‟ambaradan del suicidio assistito (“riforme strutturali”, “sacrifici necessari”, “rigore non disgiunto dalla crescita”, eccetera). Ma i greci non ci sono cascati. Non che qualcuno si illudesse che la vittoria dei “no” avrebbe risolto tutto, come con un colpo di bacchetta magica. I greci sapevano e sanno benissimo che saranno puniti per avere detto “basta”. Sanno che dovranno affrontare alcuni anni di grandi difficoltà prima di poter riprendere una vita “normale”. Ma sanno anche – vivaddio – che dopo alcuni anni, per l‟appunto, potranno iniziare a ricostruire il Paese, come dopo una guerra perduta. Viceversa, madama Merkel, gli organismi europei e quelli che sono pudicamente indicati come “i creditori” pretendevano che i greci votassero “si”; che votassero – cioè – per continuare a farsi torturare all‟infinito, lentamente, crudelmente, al solo scopo di tirare fuori un altro po‟ di soldi in più, da bruciare nel pagamento degli interessi di un debito pubblico di dimensioni tali da risultare inestinguibile. Esattamente come (sia detto tra parentesi) il debito pubblico italiano. Chiusa parentesi. Adesso – vedrete – i figli di troika cambieranno registro. Passati pochi giorni necessari a salvare la faccia alla Cancellierona e agli altri falchi, la Grecia sarà oggetto di un corteggiamento stringente, asfissiante, affinché si assoggetti almeno ad un compromesso, accettando magari riforme un po‟ meno cruente, o una sforbiciata al suo debito, o una dilazione dei pagamenti, o un mix di tutti questi elementi. L‟importante è che Tsipras si moderi, si contenga, non continui nella direzione voluta dagli elettori. Una direzione che – se venisse coerentemente seguìta – porterebbe dritto dritto ad altre tre tappe: l‟uscita dalla zona euro, poi l‟uscita dall‟Unione Europea e, come terza tappa e logica conclusione, l‟ingresso della Grecia nel club “euroasiatico” guidato dalla Russia. Alexis Tsipras avrà questo coraggio? Non lo so, ma alcuni segnali appaiono piuttosto ambigui. Il premier ellenico ha lasciato andar via il suo Ministro delle Finanze, Varoufakis – uomo-simbolo della contrapposizione alla troika – ed ha preparato una contro-proposta da sottoporre all‟Unione Europea. Una controproposta che definirei “di unità nazionale”, perché sottoscritta anche dai partiti di opposizione (tranne Alba Dorata, che è su posizioni antieuropee ancora più radicali), quasi a configurare una nuova fase di “ragionevolezza” con cui tentare di salvare capra e cavoli. Mai come in questa occasione, però, capra e cavoli non possono essere salvati insieme: o si salva la Grecia e il suo popolo, o si salva l‟€uro tedesco, la dis-Unione Euro-
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pea, la finanza usuraia e la strategia militare antirussa di Barak Obama. E dirò di più: neanche il semplice ritorno alla dracma sarà sufficiente a salvare la Grecia, se la nuova dracma dovesse essere – come l‟euro – proprietà di una “banca centrale” di natura privatistica. La salvezza per la Grecia – come per tutte le altre Nazioni – può venire soltanto dal riappropriarsi del diritto di creare la propria moneta attraverso una banca nazionale, non “centrale” ma “di Stato”; e, parallelamente, dal rifiuto di farsi prestare il denaro dalle banche private, dietro pagamento di salatissimi interessi. È l‟unico sistema per uscire dal giro dello strozzinaggio finanziario. Altrimenti, il popolo greco sarà chiamato ancòra a fare sacrifici (sempre più duri) per pagare gli interessi su un debito pubblico in costante crescita. È un banale calcolo matematico, che faremmo bene a tenere a mente anche noi italiani. Poi c‟è l‟insegnamento della cronaca nera: pagare gli interessi agli strozzini non estingue il debito; serve soltanto a rimandare il momento in cui al debitore saranno spezzate le gambe. Speriamo che Tsipras, forte dell‟eccezionale investitura popolare ricevuta domenica, tenga gli occhi bene aperti, e non si lasci abbindolare dal nuovo corso ruffiano che – vedrete – sarà messo in campo da Junker, Draghi, Lagarde e, soprattutto, dal padrone del mondo: il Premio Nobel “per la Pace” Barak Obama, che ha un disperato bisogno di ricondurre all‟ovile la pecorella greca prima di riprendere la caccia all‟orso russo. M.Rallo
Perché la nostra moneta si chiamava lira Il nome viene dal latino libra, un' unità di peso diventata anche unità di moneta: infatti, anticamente le monete erano di metallo pregiato e il loro valore corrispondeva al peso. In uso in Europa fin dal VII secolo, all'inizio non era una moneta reale, ma un’unità di conto, con valori diversi a seconda dei Paesi e delle epoche. Nel Medioevo quasi tutta l’Italia conteggiava con la libbra carolingia, imposta da Carlo Magno nel IX secolo. Con lo sviluppo del commercio venne frazionata per avere denaro di più comoda circolazione: le frazioni diventarono a loro volta unità di moneta e presero il nome di lire. La prima fu la lira milanese di Giovanni Maria Sforza (1474). Altre vennero coniate successivamente in tutta Italia. Nel 1860 fu coniata a Firenze una moneta con la scritta «lira italiana». Nel 1862 Vittorio Emanuele II unificò il sistema monetario e la lira divenne l’unità monetaria del regno. Rimase la moneta anche durante la Repubblica fino al 1 gennaio 2002, quando buttammo nel cesso la nostra storia e la nostra economia.
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UNA DONNA NELLA LETTERATURA
AIDA Aida, figlia del Re di Etiopia Amonasro, vive a Menfi come schiava; gli Egizi l'hanno catturata durante una spedizione militare contro l'Etiopia. Essi ignorano la sua vera identità. Suo padre organizza una incursione in Egitto per liberarla dalla prigionia. Ma fin dalla sua cattura, Aida si è innamorata del giovane guerriero Radamès, che ricambia appassionatamente il suo amore. Amneris, la figlia del Re d‟Egitto, intuisce che possa essere lei la fiamma di Radamès, falsamente la con-sola dal suo pianto. Appare il Re assieme agli ufficia-li e Ramfis che, introduce un messaggero recante le notizie dal confine. Aida è preoccupata: suo padre sta marciando contro l‟Egitto. Alla fine, il Re dichiara che Radamès è stato scelto da Iside come comandante dell‟esercito che combatterà contro Amonasro. Il cuore di Aida è diviso tra l‟amore per il padre e la Patria e l‟amore per Radamès. Danze festose e musica nelle stanze di Amneris, che riceve la sua schiava Aida e ingegnosamente la spinge a dichiarare il suo amore per Radamès, mentendole dicendo che Radamès è morto in battaglia. La reazione di Aida alla notizia la tradisce e le fa rivelare il suo amore per Radamès. Amneris, allora, la minaccia: ella è figlia del Faraone. Con orgoglio Aida dice che anche lei è figlia di re, ma se ne pente ben presto. Risuonano da fuori le trombe della vittoria. Amneris obbliga Aida a vedere con lei il trionfo dell‟Egitto e la sconfitta del suo popolo. Aida è disperata, e chiede perdono ad Amneris. Radamès torna vincitore. Marcia trionfale. Il faraone decreta che in questo giorno il trionfatore Radamès potrà avere tutto quello che desidera. I prigionieri etiopi sono condotti alla presenza del Re e Amonasro è uno di questi. Aida immediatamente accorre ad abbracciare il padre, ma le loro vere identità sono ancora sconosciute agli Egizi. Amonasro, infatti, dichiara che il Re etiope è stato ucciso in battaglia. Radamès per amore di Aida usa l‟offerta del Re per chiedere il rilascio dei prigionieri. Il Re d‟Egitto, grato a Radamès, lo proclama suo successore al trono concedendogli la mano della figlia Amneris e fa inoltre rilasciare i prigionieri, ma fa restare Aida e Amonasro come ostaggi per assicurare che gli etiopi non cerchino di vendicare la loro sconfitta. Il Re etiope costringe la figlia a farsi rivelare da Radamès la posizione dell‟esercito egizio. Radamès ha solo apparentemente consentito di diventare il marito di Amneris, e fidandosi di Aida, durante la conversazione le rivela le informazioni richieste dal padr e .
Quando Amonasro rivela la sua identità e fugge con Aida, Radamès, disperato per avere involontariamente tradito il suo Re e la sua Patria, si consegna prigioniero al sommo sacerdote. Amneris desidera salvare Radamès, ma lui la respinge. Il suo processo ha luogo ed egli non parla in propria difesa, mentre Amneris, si appella ai sacerdoti affinché gli mostrino pietà. Radamès viene condannato a morte per tradimento e sarà sepolto vivo. Amneris maledice i sacerdoti, mentre Radamès viene portato via. Aida si è nascosta nella cripta per morire con Radames. I due amanti accettano il loro terribile destino, dicono addio al mondo e alle sue pene, e aspettano la morte. ____________ Aida è un'opera in quattro atti di Giuseppe Verdi, su libretto di Antonio Ghislanzoni, basata su un soggetto originale dell'archeologo francese Auguste Mariette. Isma'il Pascià, Chedivè d'Egitto, commissionò un inno a Verdi per celebrare l'apertura del Canale di Suez (1868) nel 1870, offrendo un compenso di 80.000 franchi, ma Verdi rifiutò, dicendo che non scriveva musica d'occasione. Invece, quando venne l'invito (Mariette mandò uno schema di libretto su un soggetto egiziano a Camille du Locle, direttore dell'Opéra-Comique di Parigi che lo sottopose a Verdi, che trovò la storia valida) a comporre un'opera per l'inaugurazione del nuovo teatro de Il Cairo, Verdi accettò. Il 27 aprile 1870 Mariette scriveva a du Locle: «Ciò che il Viceré vuole è un‟opera egiziana esclusivamente storica. Le scene saranno basate su descrizioni storiche, i costumi saranno disegnati avendo i bassorilievi dell'alto Egitto come modello». La prima dell'opera fu ritardata a causa della guerra franco-prussiana, dato che i costumi e le scene erano a Parigi sotto assedio. Il teatro del Cairo s'inaugurò invece con Rigoletto nel 1869. Quando finalmente la prima ebbe luogo ottenne un enorme successo e ancora oggi continua ad essere una delle opere liriche più famose.La prima rappresentazione avvenne quindi al Teatro khediviale dell'Opera del Cairo il 24 dicembre 1871, diretta da Giovanni Bottesini. Per l'anteprima italiana sotto la sua diretta supervisione, Verdi scrisse una ouverture, che però alla fine non venne eseguita per un ripensamento, considerando il breve preludio più organico ed efficace.
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IMMAGINI DI UN ALTRO TEMPO
„O CUNCERTINE
Per concertino, nell'ambito del concerto grosso si intende il gruppo degli strumenti solisti, che si contrappone al resto dell'orchestra, chiamato concerto grosso. In alcuni concerti grossi del periodo più arcaico (ad esempio quelli di Alessandro Stradella), il concertino taceva mentre suonava il concerto grosso; tuttavia nella maggior parte dei brani appartenenti a questo genere il concertino partecipa anche a gran parte dei "tutti" orchestrali, talvolta suonando all'unisono con l'orchestra, più raramente differenziandosene. Nella breve epoca d'oro del concerto grosso, cioè approssimativamente tra il 1680 ed il 1710, l'organico più tipico del concertino era formato da due violini e basso continuo, ma poteva anche variare, limitandosi ad un violino solo e basso continuo o aggiungendo una o più viole (come Georg Muffat, Francesco Geminiani o Giuseppe Valentini) altri violini (ancora Valentini), e fiati (Georg Friedrich Händel). Nel XIX secolo, per concertino si intendeva una composizione in un solo movimento con caratteristiche simili al concerto solistico. Carl Maria von Weber compose un concertino per clarinetto e orchestra (op. 26) ed uno percorno e orchestra (op. 45). Nel XX secolo, invece, il concertino è una composizione in più movimenti, normalmente con uno strumento solista, di breve durata e destinata ad un organico contenuto. A questa forma appartengono il Concertino per clarinetto e piccola orchestra op. 48 di Ferruccio Busoni, il concertino per pianoforte e orchestra di Arthur Honegger, il concertino per trautonium e archi di Paul Hindemith. Anche Igor' Fëdorovič Stravinskij compose un concertino, in un unico movimento, per quartetto d'archi, poi trascritto per 12 strumenti. Il termine "concertino" viene usato anche dalla S.I.A.E. per indicare i trattenimenti musicali in luoghi dove la musica è accessoria ad altre attività. Si contrappone, in tal senso, al Concerto di musica classica o jazz. Il concertino rientra a pieno titolo fra le tradizioni della vecchia Foggia. Una chitarra, quella c.d. francese, acustica, da non confondere con la chitarra battente, un mandolino ed eventualmente una voce ben impostata per cantare, questa la base minima e indispensabile, ma già sufficiente, perchè di concertino si potesse parlare. I ruoli ben definiti: accompagnamento per la chitarra, controcanto, parti soliste, "svisature" e scherzetti musicali per il mandolino, poi, la voce, nei pezzi cantati, intorno e a supporto della quale si fondeva l'armonia dei cordofoni. I componenti del concertino erano sempre di sesso maschile, e la presenza di un violino "nobilitava" la situazione.
Il mandolino ed il violino si alternavano negli assòli, supplendo alla eventuale mancanza di un cantante. E mentre il violino o il mandolino "cantava", e la chitarra accompagnava, l'altro strumento "ricamava" sotto al primo fino ad anticipare la successiva frase musicale, ma ritrovandosi perfettamente all'appuntamento quando questa iniziava. E lo staccoattacco fra l'una e l'altra frase, maggiormente veniva avvertito dal pubblico in ascolto e maggior vigore metteva ai suonatori, quando il pezzo passava dalla tonalità minore a quella maggiore, per il ritornello ad esempio, oppure in una mazurca o in una polca si passava da una tonalità minore ad una maggiore ma diversa attraverso la c.d. "settima" di quest'ultima, per poi tornare a quella originaria. Nel nostro concertino tradizionale, difficilmente era presente una fisarmonica o un contrabbasso, strumenti più costosi, voluminosi e pesanti, difficili da trasportare, così come non c'erano strumenti idiofoni o idiofoni a percussione di sorta, quali nacchere, tamburelli,cembali, ecc. Ho sentito parlare, ma non ho mai visto nè ascoltato, di un altro strumento a corda, u' catarròne (il chitarrone), se ne trova anche menzione nel "Dizionario comparato del dialetto foggiano" di Antonio Sereno. Probabilmente si trattava di una chi-tarra di dimensioni più grandi di quella normale in cui i suoni bassi erano più accentuati, insomma sostituiva il contrabbasso. Se ne può avere un'idea guardando gli strumenti a corda usati nelle formazioni tradizionali messicane. Sto parlando dei primi anni '50 del 1900, e questi sono i ricordi e i racconti che mi ha lasciato mio padre, suonatore di chitarra, da giovane in concertini organizzati,poi in quelli improvvisati. A questa eredità vanno aggiunte una chitarra del costo, all'epoca, di lire 5.000 e un mandolino pagato lire 6.000, acquistati presso il negozio di "Nasillo", o "Radionasillo", a Foggia, in Via Arpi. Probabilmente se non l'unico (negozio), il più fornito. Strumenti che con i ricordi, i racconti e gli episodi conservo ancora gelosamente. Ma già alla metà di quegli anni si poteva assistere a contaminazioni strumentali, a volte musicali, del tipico concertino foggiano. La presenza degli americani nel dopoguerra, oltre a nuovi ritmi, aveva facilitato l'approccio ad altri strumenti, che però preferivano adattarsi alla tradizione. Così ho sentito il sassofono alternarsi con il mandolino negli assòli, e la chitarra banjo a sei corde unirsi all'accompagnamento con quella nostra tradizionale. L'altro tipo di concertino che ricordo, era quello che si formava spontaneamente, fra vecchi amici che si ritrovavano e che, fra un bicchiere di vino e un "T'arrecùrde Tatò, fermavano il tempo e lo ripercorrevano a ritroso suonando e cantando. A volte ancora nell'ambito familiare più ristretto, o nelle occasioni che la famiglia allargata si riuniva; si portavano e si tiravano fuori gli strumenti quando il pranzo volgeva al termine, le donne iniziavano a sparecchiare la tavola, i bambini erano stati assolti dall'obbligo di stare seduti composti, quello era il momento in cui iniziava il revival.
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Raffaele De Seneen
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IL MUSEO DIOCESANO SALERNITANO LE COLLEZIONI D’ARTE Dal Medioevo al Rinascimento (II parte)
Vincenzo De Rogata (Salerno, attivo tra la fine del XV e l‟inizio del XVI secolo), Madonna con Bambino fra i santi Giovani Battista, Francesco d‟Assisi, Bernardino da Siena e Sebastiano, tempera su tavola, Salerno, Museo Diocesano, 1493‒98 ca.
Ai lati della Madonna col Bambino,inseriti in una edicola dalla composita architettura rischiarata da Maestro dell‟Incoronazione di Eboli (attivo nella secondaun fascio di luce, le figure dei Santi sono costruite metà del XV secolo), Incoronazione della Vergine, tempera sucon un piglio espressionistico che accentua gli zitavola, Salerno, Museo Diocesano gomi sporgenti dei volti e rende le mani adunche. L‟artista incide profondamente le pieghe dei sai Gesù incorona la Vergine al cospetto dell‟Eterno d i San Francesco e San Bernardino e squadra le Padre, dello Spirito Santo e della schiera dei Santi; angeli musici dedicano le loro melodie all‟evento mem-bra di San Sebastiano, straziate dalle frecce. divino. La scena appare costruita da un artista ancora Sono scelte stilistiche desunte da repertori figuraorientato verso soluzioni tardo-gotiche, ma ben capace tivi a-driatico‒ferraresi che risentono dell‟influenza di articolare la luce per piani luminosi e rendere lo illu-ministica del Maestro dell‟incoronazione di spazio in prospettiva. Eboli, attivo nel salernitano. Se nel panneggio delle ricche vesti del Cristo e della Anche l‟artista veronese Cristoforo Scacco inVergine il maestro rivela la sua conoscenza della fluenza il nostro autore, indirizzandolo verso i mocultura figurativa d‟ambito lombardo‒padano e di bramanteschi di costruzione volumetrica della adriatico, nei tratti del volto del Cristo, scavati da un figura e dell‟impianto strutturale del polittico. drammatico linearismo, mostra di essere aggiornato sui modi pittorici di Matteo di Giovanni; l‟artista senese infatti firma nel 1472 la tavola raffigurante la Strage degli innocenti, conservata nella chiesa napoletana di Santa Caterina a Formiello, in ricordo della strage perpetrata dai Turchi ad Otranto nel 1480.
Il trittico Madonna con Bambino tra i Santi Giovanni Battista, Francesco d‟Assisi, Bernardino da Siena e Sebastiano (fig. 16), proveniente dalla chiesa del Monte dei Morti di Salerno, è opera di Vincenzo De Rogata1, che si firma nello spiegazzato cartiglio abbandonato sul pavimento.
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Cfr. R. CAUSA, Pittura napoletana dal XV al XIX secolo, Bergamo 1957, p. 16; R. NALDI, Riconsiderando Cristoforo Scacco, in «Prospettiva», 45, 1986, pp. 35‒55; F. ABBATE, Storia dell‟Arte nell‟Italia meridionale. Il Cinquecento, Roma 2001, pp. 15‒16
- 30 Paolo Liguori
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CI RIVEDREMO TRA VENT’ANNI Lui, lei e un amore a lungo sognato ... Tra i personaggi più noti del mondo, tra i cosiddetti VIP, è invalsa una moda che sta contagiando anche le persone comuni. Di che si tratta? Quando questi personaggi stanno per concludere una loro storia d‟amore, si lasciano con un sorriso, senza rimpianti, senza lacrime, senza mandarsi al quel paese e, in maniera molto civile, si accordano per rivedersi dopo 20 anni, per un incontro programmato, per raccontarsi le loro storie nel periodo intercorso e rivivere una fiammata di quel loro amore. “Ci rivedremo tra 20 anni in quella città, in quell‟albergo, a tale ora.” E‟ la promessa, indipendentemente da quello che può succedere nei quattro lustri seguenti. Sulla scorta di questa moda, che, per ora, riguarda solo persone di un certo rango, descrivo un immaginario incontro dopo 20 anni tra un Lui e una Lei, trepidanti e curiosi, ansimanti e inquieti. Lui è seduto nella hall di un noto albergo ( di quelli con molte stelle, di quelli che difficilmente falliscono ), è in anticipo sull‟ora stabilita, come si conviene alle persone di quell‟élite, perché, come suggerisce la raccolta delle buone maniere, spetta agli uomini aspettare. E‟in evidente stato di nervosismo, ma cerca, senza riuscirci, di restare indifferente. Legge un giornale ma è costretto a ritornare più volte indietro per comprendere quello che sta leggendo. Ad un certo punto si accorge che una bella signora, dall‟incedere elegante e disinvolto, si avvicina alla “reception” per chiedere qualcosa. “Eccola, è leidice lui – non mi sbaglio”. E si alza ( è il minimo che possa fare un gentleman). Lei si gira verso di lui, su indicazione dell‟addetto alla reception. Di scatto, si precipitano l‟uno verso l‟altra, si abbracciano e si baciano con slancio, al centro della hall. Dopo i primi convenevoli e una veloce e malcelata“squadrata”, reciproca, da capo a piede, decidono di accomodarsi al tavolo dove era seduto lui per raccontarsi venti anni della loro vita. LUI: “Come stai? Ti vedo in splendida forma, sei più radiosa che mai.” LEI: “Anche tu hai un aspetto molto giovanile a dispetto degli anni che sono passati”. LUI: “Da dove vogliamo cominciare? Quando ci lasciammo ero appena all‟inizio della mia attività professionale, che, fortunatamente, si è andata sempre più incrementando, ed ora sono pienamente soddisfatto di quanto ho realizzato. Ma tu, dimmi qualcosa di te”. LEI: “Quando ci lasciammo anch‟io ero alla ricerca di cosa fare da grande. Prima sono stata nel mondo della moda come mannequin, poi son passata al mondo del cinema dove ho raccolto svariati successi”. LUI: Io ti ho seguito attraverso la stampa e la televisione, ma un po‟ il mio lavoro mi assorbiva molto e un po‟ la distanza, (non dimenticare che siamo finiti in due continenti diversi), ho perso le tue tracce. Ma parliamo più da vicino di noi, la vita sentimentale, matrimoni, figli ecc.. Io sono stato fortunato ad imbattermi in una meravigliosa compagna di vita, donna eccezionale,
raffinata e colta e da questa unione sono nati due figli e quattro nipoti, un matrimonio veramente felice. E tu raccontami di te”. LEI: “Ho incontrato e conosciuto moltissime persone. Anch‟io ho affrontato il matrimonio, ma senza troppa convinzione. Infatti dopo circa dieci anni, è seguito il divorzio, dopo aver messo al mondo anch‟io due figli e quattro nipoti: Il mio matrimonio era nato sotto una cattiva stella o era già scritto che doveva naufragare. Mi sono consolata con le soddisfazioni del lavoro”. LUI: “Parliamo un pò dei nostri sentimenti. Dopo che ci siamo lasciati consensualmente, io ho sempre pensato a te: sei stata la mia piacevole ossessione in questo ventennio: ho pensato a te ed ho pensato a quando si sarebbe concretizzato l‟odierno incontro. Ed ora è il sogno di una vita che si realizza. La nostra storia fu una bella storia, nessun appuntamento era banale, ogni incontro era sempre più focoso e avvincente. Ma perché poi decidemmo di lasciarci, se tutto filava liscio come l‟olio?”. LEI: “ Anche per me tu sei stato l‟incubo di una vita, uno che mi ha perseguitato sempre, giorno e notte, senza saperlo, e l‟idea andava a quando ci saremmo di nuovo incontrati, più innamorati che mai, più innamorati di sempre. E per me si è trattato di un vero rammarico considerando che, per quanto mi riguarda, eravamo fatti l‟uno per l‟altra. Pazienza”. LUI: “Anch‟io ti ho amato e ti amo tanto. Non dobbiamo avere rimpianti. L‟appuntamento di oggi è stato una specie di contratto non scritto, un impegno morale, voluto e condiviso da tutti e due. Pensiamo al presente e godiamoci questo giorno. Per me si tratta di un disincanto, di una meravigliosa evasione, di una trasgressione voluta, di uno strappo alle regole e non vedo l‟ora di riaverti tra le mie braccia, come una volta”. LEI: “I meravigliosi momenti passati insieme e le battaglie amorose, interminabili e appassionate, non si possono dimenticare. Per me tu non sei stato uno dei tanti, uno di quelli che non lasciano traccia, perché il nostro amore era grande, corrisposto, eccitante ed esagerato.” LUI: “Proprio così, anche per me. E il proposito e la promessa di reincontrarci a distanza di venti anni è proprio la riprova, se ce ne fosse bisogno, che il nostro fu e, aggiungo, è , un amore con la A maiuscola. Ho ordinato una cena al lume di candela ( con immancabile finale con champagne) ed una suite per la notte. Le faville ce le mettiamo noi, con i collaudati ingredienti della nostra passione e fantasia: sarà una notte da ricordare per semp r e …” LEI: “ E poi di nuovo ognuno per la sua strada? LUI: “Purtroppo sì, mia cara, tu sei libera, io no; e questa trasgressione, benché ardentemente desiderata, mi mette nella condizione di chi coscientemente commette un errore e subito dopo si pente di quello che ha fatto. Le promesse sono promesse, ma io ho una moglie che adoro e che merita rispetto: l‟idea di fissarci questo appuntamento ci venne
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Regimen Sanitatis Salernitanum - Caput LIV -
DE DIAETA Omnibus assuetam iubeo servare diaetam. approbo sic esse, nisi sit mutare necesse. est Hippocras testis, quoniam sequitur pestis. fortior est meta medicinae certa diaeta: quam si non curas, fatue regis et male curas. quale, quid et quando, quantum, quoties, ubi dando, ista notare cibo debet medicus diaetando.
Quel sistema sembra intatto, cui ti sei testé assuefatto: segui sempre, il prima e il dopo, non cambiar se non è d‟uòpo. L‟altra via gran male appresta, anche Ippolito l‟attesta. Certo, è farmaco la dieta, tener sempre ad egual meta. Se nol fai, ben malamente, curi ed opri da demente.
LEVIORA Dopo aver visitato la moglie, un ginecologo si rivolge al marito: - Sua moglie è incinta - Come incinta, io sono stato attento!- Sa, è come nel traffico, tu sei attento, gli altri no___________
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- Pierino, dove vivevano gli antichi Galli?- Negli antichi pollai!-.
IPSEOA SAN GIUSEPPE
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ENOGASTRONOMIA SALA DI VENTITA ACCOGLIENZA TURUSTICA Via Matteotti, 39 Pagani - tel. 081.515.73.78 info@istitutosangiuseppesrl.it - 3498770956
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Tema di Pierino: "Il mio papà e la mia mamma, di notte, fabbricano lampadine". La maestra chiede spiegazioni e Pierino risponde: "L'altra notte mentre andavo in bagno ho sentito il papà che diceva alla mamma: Spegni la lampadina, chè ne facciamo un'altra!".
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CI VEDREMO TRA VENT‟ANNI __-__ continua da pagina 31 quando io non avevo ancora conosciuto quella meravigliosa creatura che poi è diventata mia moglie. Il nostro proposito di rivederci, dopo tanto tempo, fu una specie di follia, una moda, fu una specie di appuntamento al buio, di quelli che vanno di moda oggi. Io, comunque, non sono pentito, anzi; e se tornassi indietro di venti anni, lo rifarei ugualmente. Scusami per la sincerità. E ora pensiamo solo a questo incontro, pensiamo al nostro amore che ha saputo resistere e probabilmente diventare più consapevolmente maturo. Adesso pensiamo solo a noi. LEI: “Va bene anche così. Pensiamo solo a noi oggi e
viviamo questo momento magico come una favola che si rinnova”. La conclusione? Potevo scegliere una conclusione imprevedibile, una conclusione strana o una conclusione scontata. Io preferirei fermarmi qui, lasciando al lettore di scatenare la sua fantasia immaginando, a sua volta, quello che sarà seguito dopo, intendo dopo la cena, quando la coppia ha dato la stura ad un amplesso voluto e atteso con trepidazione per vent‟anni, con lampi di passione, sospiri, spasimi fino ai fuochi pirotecnici finali. Vincenzo Soriente
CI SALVERÀ LA POLITICA DAI MANAGER E DALLA“SOCIETÀ CIV ILE”? E c o s ì , f i n a l me n t e , I gn a z i o M a r i n o h a t ol t o i l d i s t u r b o . S a l vo u n s u p p l e me n t o d i f a r s a d a r e c i t a r s i n e i p r o s s i mi ve n t i g i o r n i . Si a c h i a r o – vo gl i o p r e c i s a r e – n o n i n t e n d o a g gi u n ge r mi a l l e n ut r i t e s c h i e r e d i d e t r a t t o r i c h e o g gi s b e f f e g gi a n o l ‟ e x s i n d a c o d i R o ma , a n c h e s e d e l M a r i n o p o l i t i c o ho s e mp r e a vu t o u n a p e s s i ma o p i n i o n e . V i c e v e r s a , i l M a r i n o c h i r ur go – a d e t t a di t a n t i – s a r e b b e u n va l i d i s s i mo e l e me n t o . E vi d e n t e me n t e , l a t e o r i a c h e l a p ol i t i c a ( e l a p u b b l i c a a m mi n i s t r a z i o n e ) d e b b a “ a p r i r s i a l l a s o c i e t à c i vi l e ” n o n è f o rs e l a p i ù a zze c c a t a . M o l t i s e mb r a n o i n c o mi n c i a r e a c o mp r e n d e r l o , ma n o n S i l vi o B e r l u s c o n i , c h e – p r o pr i o i n q u e s t e o r e – t o r n a a d i n v o c a r e p e r R o ma e p e r M i l a n o d e i “ s i n d a c i - ma n a g e r ” c h e p o s s a n o a m mi n i s t r a r e q u e l l e me t r o p o l i “ c o me gr a n d i a z i e n d e ” . I n c o n s a p e vo l me n t e , i l C a va l i e r e d i f e n d e a n c he i l s u o c a s o p e r s o n al e , q u e l l o d i u n gr a n d e i mp r e n di t or e c he i n pol i ti c a ha ope r a t o a bba s t a n za be n e , t a n t o d a c o s t ri n ge r e i p o t e r i f o rt i a d u n c o mp l o t t o pe r d ef e n e st r a rl o . M a ci ò c h e gl i sf u gge è l ‟ e c c e zi ona li t à de ll a s ua e s pe r i e nza , a f r o nt e di q u e l l a d e l l a s t r a gr a n d e ma g gi o r a n z a d e i p o l i t i c i f a i -d a -t e – c o mp r e s i mo l t i mi n i s t r i d e i s u o i go ve r n i – c h e s i s o n o r i ve l a t i d e i c l a mo r o s i f a l l i me n t i . Lu n gi d a me l ‟ i d e a d i f a c i l i ge n e r a l i zza zi o n i ; ma n o n è d e t t o c h e , s e ogn u n o f a u n “ me s t i e r e ” e qualcuno lo fa anche bene, questo qualcuno poss a f a r b e n e a n c h e me s t i e r i a ss a i di ve r s i d a l s u o. E l a P o l i t i c a è a n c h ‟ e s s a u n me s t i e r e c o me gl i a l t r i , ma u n me s t i e r e p i ù d i f f i c i l e d e gl i a l t r i , c h e r i c h i e d e d ot i , q u a l i t à , a t t i t u d i n i p a r t i c o l a r i s s i me .
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A me n o c h e – n a t u r a l me n t e – n o n s i vo gl i a f a r e p o l i t ic a p e r t r a c c h e gg i a r e e p e r s gr a f f i gn a re. Ma quest a non sarebbe Politica, quella – c o me a mo d i r e – c o n l a P ma i u s c o l a ; s a r e b b e , s e mma i , i l s u o es a t t o c on t r a r i o , s a r e b b e l a ve r a “ a n t i p ol i ti c a ” . I n It a l i a , p e r ò – e n o n s o l t a n t o i n It a l i a – è d a t e mp o i n va l s a u n a ma l s a n a a b i t u d i n e : q u e l l a d i c a t a p ul t a r e i n i n c a r i c h i p o l i t i c i o a m mi n i s t r a t i vi d i g r a n d e i mp o r t a n z a d e i s o g ge t t i a s s o l u t a me n t e i n a d a t t i : s i va d a i ma n a ge r o p r e s u n t i t al i f i n o ai c l a ss ic i “ n a n i e b a ll e r i ne ” , p a s s a n d o ma ga r i p e r c h i r u r gh i a l l a M a r i n o . At t e n zi o n e : n o n vo gl i o c e r t o n e ga r e a n a ni e b a l l e ri n e i l di r it t o di f ar s i e l e gge r e a l p a r l a me n t o . Q u e l l o c h e l a me n t o è c h e n a n i , ba l l e r i n e , ma n a ge r , c h i r u r gh i e s a l u mi e r i p o s s a n o d i ve n t a r e d e p u t a t i o mi n i s t r i s e n z a u n mi n i mo d i p r e p a r a zi o n e , d i a t t it ud i n e , s e n za a ve r e f a t t o n e a n c h e i l C o n s i gl i e r e c o mu n a l e a l p a e s e l l o natale. L a P o l i t i c a – d i c e vo – è u n me s t i e r e , u n d i f f i c i l e e n o bi l i s s i mo me s t i e r e ; c h e p e r ò , a l me n o q u i d a n o i , n o n h a o r d i n a me n t i , n o n h a a l b i di c at e go r i a , n o n ha o r d i ni p r of e s s i o na li c h e f i s s i n o r e go l e e p a r a me t r i . P e r f a r e l ‟ a vvo c a t o è n e c e s s a r i a l a l au r e a i n l e gge , p e r f a r e i l ge l a t a i o è n e c e s s a r i a un a a t t e s t a z i o n e a m mi n i s t r at i va , p e r f i n o p e r fa r e i l d is o c c u p a t o c‟ è o r ma i b i s o gn o d i u n a c e r t i f i c a z i o n e a d h o c . M a p e r f a re i l p o li t ic o n o n c ‟ è b i s o gn o d i n i e n t e . L‟ u ni c o r e q ui s i to p e r d i ve n t a r e Co n s i gl i e r e mu n i c i p a l e è di e s s e r e i s c r i t t o n e l l e l i s t e el e t t o r a l i d i u n q u a l u n q u e C o mu n e i t a l i a Continua a pag. 35
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DALLA REDAZIONE DI SARNO
Ancora sui veleni del fiume Sarno
Un fiume lungo ventiquattro chilometri. Un percorso attraverso tre province campane e trentanove comuni. Una popolazione che oscilla tra i settecentocinquantamila e il milione di abitanti. È il fiume Sarno. In cui scorre acqua, cromo e tetracloroetilene. Il bacino del Sarno è a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Napoli. Un‟area ricca di bellezze paesaggistiche: il Parco nazionale del Vesuvio, il Parco regionale del fiume Sarno, le aree circumvesuviane, i monti di Sarno e i monti Lattari. E, insieme ai torrenti Cavaiola e Solofrana, è considerato il fiume più inquinato d‟Europa. Le cause sono molteplici: la presenza di scarichi industriali provenienti dalle aziende conciarie, agroalimentari e dagli scarichi urbani non depurati. La bonifica del fiume Sarno è partita nel 1973, con il progetto speciale di risanamento dell‟intero Golfo di Napoli. Ma, dopo più di quarant‟anni, la situazione non è cambiata. Attraverso il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), la Commissione europea ha approvato unINVESTIMENTO DI oltre 150 milioni di euro per il ripristino del bacino del torrente. E, con la delibera della giunta regionale n. 119 del 20 marzo 2012, è stato approvato un Protocollo di Intesa tra la Regione Campania, ARCADIS (Agenzia Regionale Campana Difesa Suolo) e l‟Autorità di Bacino Regionale del fiume Sarno, sottoscritto in 28 marzo, per l‟avvio delle procedure attuative del “Grande Progetto del fiume Sarno”. Il programma prevede: la riqualificazione idraulica e ambientale del basso corso del fiume Sarno attraverso la realizzazione della seconda foce; un sistema di vasche di laminazione e aree di espansione controllata per il trattenimento a monte dei volumi di piena, un‟attività di monitoraggio e Protezione Civile. L‟attuazione dovrebbe concludersi a giugno 2015 e creare circa 240 posti di lavoro. Ma c‟è un problema di fondo per molti cittadini campani. Il risanamento ambientale del fiume Sarno è espressamente escluso dal progetto. « Il Grande Progetto Fiume Sarno – spiega Emiddio Ventre del Comitato No Vasche - ha come scopo la mitigazione dell‟idrogeologico. Alcune falde sono presenti a pochi metri dalle vasche. Siamo andati più volte a Roma a dire sì, il progetto deve andare avanti. A patto che ci sia una corretta valutazione della qualità delle acque». Una relazione ARPAC del 2012 sul monitoraggio delle acque superficiali del fiume Sarno,presentata lo scorso maggio alla XII Commissione del Senato, conferma una situazione non particolarmente rassicurante: alte
concentrazioni di cromo (84.4 mg/Kg s.s.) per la presenza di concerie e le intense attività agricole sono responsabili delle più alte concentrazioni di rame presenti nei fertilizzanti e nei pesticidi. Nei sedimenti si ritrovano elevati quantitativi di metalli quali:cadmio(0.36 mg/Kg s.s.), nichel (16.6 mg/Kg s.s.), mercurio (0.28 mg/Kg s.s.) e piombo (58.2 mg/Kg s.s.). Nell‟attività di studio svolta dall‟Università di Medicina di Salerno nel 2012,“Environmental Pollution Effects on Reproductive Health, Clinical, Epidemiological Study in Southern Italy”, viene confermata la prevalenza di malformazioni in siti altamente inquinati. Le città prese in considerazione in quest‟attività sono quelle situate in una zona definita dai ricercatori “Pentagono della morte”: l‟area comprende 39 comuni della provincia di Salerno, che si estendono nel bacino idrografico del Sarno. Dagli studi emerge un dato allarmante. Negli ultimi anni, la mortalità per cancro è fortemente aumentata, raggiungendo livelli molto più alti rispetto alla media italiana.L‟inquinamento am ambientale è causato dallo scarico di sostanze tossiche illegali, in particolare si registrano alte concentrazioni di policlorobifenili. La fascia più a rischio: donne incinte e bambini. Su 284 casi di malformazioni esaminati, la più alta prevalenza (53,8%) è stata registrata tra le donne che vivono in provincia di Salerno. Una percentuale inferiore è stata riscontrata per gli abitanti della provincia di Napoli (24,8%) e di Avellino (12.4%).
Il 13 gennaio è stata emessa la sentenza da parte del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania ed è stato rigettato il ricorso proposto dal Comitato No Vasche. Secondo il Tar, “l‟infiltrazione riguarderebbe solo il primo metro di terreno e in assenza di opere, è certamente incontrollato e incontrollabile il rischio di esondazione delle acque e d‟infiltrazione di queste nel sottosuolo”.
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AGOSTINA DELLI COMPAGNI
Antropos in the world
n o . L ‟ u n i c o r e q u i s i t o pe r d i ve n t a r e P a r l a me n t a r e è d i go d e r e d e i d ir it ti c i vi l i . Q u a n d o f u i e l e t t o p e r l a p r i ma vo l t a C o n s i gl i e r e a l C o mu n e d i T r a p a n i – n e l 1 9 8 0 – d o ve t t i s o l t a n t o f i r ma r e l a r i t u a l e d i c h i a r a z i o n e d i “ s a p e r l e gge r e e s c r i ve r e ” ; q u a n d o f ui e le t to p e r l a p r i ma v o l t a D e p u t a t o – s e n o n r i c or d o ma l e – n o n e b b i n e a n c h e q u e l d i s t ur b o . I n o s t r i p r o ge n i t o r i , i n ve c e , s i r e go l a va n o i n ma n i e r a d e l t u t t o d i ve r s a . C h i u n q u e , n e l l ‟ a n t i c a R o ma , a ve s s e vo l u t o i n i z i a r e l a c a r r i e r a p o l i t ic a d i a ll o r a (t ri b u no d e l l a p l e b e , e di l e , p r e t o r e , q u es t o r e , e c c e ter a ) d o ve va a c c e d e r e a l c u r s u s h o n o r u m ( d o ve p e r “ o n o r i ” s ‟i n t e n d e va n o l e c a r i c h e p u b b l i ch e ) e d i n i zi a r e d a l gr a d i n o p i ù b a s s o u na ga v e t t a c h e p ot e va a n c h e p o r t a r e a l ve r t i c e d e l l e ma gi s t r a t u r e r e p u b bl i c a n e o , p i ù t a r di , i mp e r i a l i . S e , o g gi , i n It a l i a c i f o s s e s t a t o u n a n a l o go c u r s u s h o n o r u m, u n Ign a zi o M a r i n o n o n s a r e b b e ma i d i ve n t a t o P r a e f e c t u s U r b i s n e l l a C i t t à Et e r na ; e , s‟ è pe r q ues to, ne a nc he un M a tt e o Re nzi s a r e bbe s t a t o Pont i f e x M ax i mus de l la Repubblica. Ba t t ut e a pa rt e , e pi s odi “ di c ol or e ” a p ar t e , s p e r o c h e l ‟ It a l i a e l ‟ Eu r o p a t u t t a s i r e n d a n o p r e s t o c o nt o d i u na t a l e r e a l t à , ma n d i n o i n p e n s i o n e ma n a ge r , n a n i e ba l l e r i n e , e t o r ni n o a l l a b u o n a , ve c c h i a P o l i t i c a , ma ga r i c o n q u a l c h e t r a f f i c h i n o i n me n o . D i t e c n i c i n e a b bi a mo p i e ne l e t a s c he . Anc he di que l l i di pi ù a lt o l i ve l l o. P e n s o , p e r e s e mp i o , a q ue i b a n c h i e r i c h e h a n n o s o t t o s c r i t t o gl i i n f a mi “ p a r a me t r i ” d e l l ‟ U n i o ne E u r o p e a c h e c i h a n n o r i d o t t o i n mi s e r i a ; p e n s o a q u e i ge n i d e l l a f i n a n za c h e h a n n o p r i va t i z z a t o l a B a n c a d ‟ It a l i a ; p e n s o a q u e i p r o f e s s o r o n i c h e h a n n o s p o gl i a t o l ‟ It a l i a d e l l a s ua i n d u s t r i a p u b bl i c a; p e n s o a qu e i r a gi o n i e r i c he
h a n n o d i s t r u t t o u n s i s t e ma p e n s i o n i s t i c o a mi s u r a d ‟ u o mo ; p e n s o a t u t t i c ol o r o c h e vo gl i o n o p i e ga r e l a vi t a e l ‟ e c o n omi a d e l l a n o s t r a p a t r i a a l l e “ e s i ge n z e d e i me r c a t i ” , ma ga r i a c c e t t a n d o u n i n f a me “ t r a t t a t o d i l i b e r o s c a mb i o ” c h e c i me t t e r e b b e a l l a me r c é d e l l ‟ i n d u s t r i a a me r i c a na . Se c i f a te a t te nzi one , c os t or o h a nno t ut ti q u a l c o s a i n c o mu n e : n o n ve n go n o d a l l a p o l it i c a ma d a l l a “ s oc i e t à c i vi l e ” , n o n h a n n o ma i f r e q u e n t a t o C o n s i gl i C o mu n a l i ma s o l t a n t o C o n s i gl i d ‟ A m mi n i s t r a z i o n e , n o n p r o ve n go n o d a l l a D C , d a l P C I o d a l M S I, ma d a l l a B a n c a d ‟ It a l i a , d a l l ‟ IR I o d a q u a l c h e c o va t a d i gi o va n i ma n a ge r a r r e mb a n t i . C e r t o , mi r e n d o c o n t o c h e l a p o l i t i c a t r a d i z i o n a l e n o n è s t a t a s e mp r e a l l ‟ a l t e z z a d e l l a s i t u a zi o n e , c h e h a sf o r na t o t r o p pi tr a f fi c h i ni , t r o p p i i n c a p ac i , t r o p pi a z ze c c a c a r b u gl i . M a e r a ve c c h i a p o l i t i c a , p ol i t i c a f a i -d a -t e , s e n z a r e go l e c h e n e a n c h e l o n t a n a me n t e r i c o r d a s s e r o un c ur s us hon or um, una s e l e zi one c he pr e mi a s s e i mi gl i o r i e l a s c i a s s e a l p a l o i p e g gi o r i . M a , n o n o s t a n t e q u e s t o , q u a l c h e vo l t a i me d i a t o r i d el l a p o l it i c a – c i o è i p a r ti ti – ri u s c i va n o a f o r ma r e u n a c l a s s e d i r i ge n t e , a f a r e me r ge r e i l me gl i o . E c o mu n q u e – p u r c o n t u t t i i l o r o d i f e t t i – q u e i ve c c h i p ol i t i c i er a n o mi l l e vo l t e p r e f e r i b i l i a q u e s t i i mp r e s e n t a b i l i e s p o n e n t i d i u n a “ s o c i e t à ci vi l e ” c h e d i c i vi l e h a s o l o i l n o me . A u s p i c o u n r i t o r n o a l p a s s a t o ? C e r t a me n t e n o . M a s p e r o c o n t u t t o i l c u o r e c h e i n It a l i a p o s s a n a s c e r e u n a n u o va e c a p a c e c l a s s e p o l i t i c a , e c h e q ue s t a ci li be r i d a c er t a ge n t e c h e a l l a p ol i ti c a è s t at a s ol o “ p r e s ta t a ” . Cr e d o c h e s i a gi u n t o i l mo me n t o d i r e s t i t u i r e i l p r e s t i t o . S e n z a i n t e r e s s i , n a t u r a l me n t e . M.Rallo
PREMIATO A ROMA L‟ON. MICHELE RALLO Domani l'altro,venerdì 13 novembre, alle ore 16,30, in Piazza del Campidoglio - Sala Pietro da Cortona - per la 12° edizione del Premio "Gallitto Duelli", sarà premiato l‟on. Michele Rallo. Sicuramente, l'occasione sarà propizia per rivedere tanti amici roromani e non solo. Per intanto, tutto lo staff del giornale ed il sottoscritto in modo particolare, felicissimi dell‟ evento, si congratulano vivamente con l‟Onorevole, per il meritato successo.
Franco Pastore M.Rallo, valente storico, eletto la prima volta nel 1994 alla Camera dei deputati nel collegio di Trapani per il Polo del Buon Governo, aderendo al gruppo di Alleanza Nazionale ed è componente della Commissione Esteri. Viene rieletto nel1996 per il Polo della Libertà e fa parte delle commissioni Esteri, Politiche dell'Unione Europea, Attività Produttive.Non si ricandida nel 2001 e torna agli studi storici. Ha infatti pubblicato diversi volumi sulla storia contemporanea dell'Europa Orientale e dei movimenti nazionalisti tra le due guerre mondiali.Ha collaborato con i quotidiani più prestigiosi e numerose sono le sue pubblicazioni. Da due anni collabora anche con il nostro giornale ANTROPOS IN THE WORLD.
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