Franco Pastore
A.I.T.W. Edizioni Collana Saggi
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VENTRIS PRIAPI CREPITUS NOX STRIGARUM Una contaminatio in napoletano della VIII satira di Quintus Horatius Flaccus Di
FRANCO PASTORE
© 2017
by Franco Pastore Una realizzazione A,I. T..W.
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Quintus Horatius Flaccus Orazio nacque a Venosa, colonia romana fondata inposizione stratetegica tra Apulia e Lucania, nella attuale Basiicata, l' 8 dicembre del 65 a.C. Figlio di un fattore liberto che si trasferì poi a Roma per fare l' esattore delle aste pubbliche ( coactor), compito poco stimato ma redditizio.Il poeta era dunque di umili origini, ma di buona condizione economica. Orazio seguì perciò un regolare corso di studi a Roma, sotto l'insegnamento del grammatico Orbilio e poi ad Atene, all' età di circa vent'anni, dove studiò greco e filosofia presso Cratippo di Pergamo. Qui entrò in contatto con la lezione epicurea ma, sebbene se ne sentisse particolarmente attratto, decise di non aderire alla scuola. Sarà all'interno dell'ambiente romano che Orazio aderirà alla corrente, la quale gli permise di trovare un rifugio nell'otium contemplativo. Il poeta espresse la sua gratitudine verso il pa-dre in un tributo nelle Satire. Quando scoppiò la guerra civile Orazio si arruolò, dopo la morte di Cesare, nell'esercito di Bruto, nel quale il poeta incarnò il proprio ideale di libertà in antitesi alla tirannide imperante e combatté come tribuno militare nella battaglia di Filippi (42 a.C.), persa dai sostenitori di Bruto e vinta da Ottaviano. Nel 41 a.C. tornò in Italia grazie a un'amnistia e, appresa la notizia della confisca del podere paterno, si mantenne dive-nendo segretario di un questore (scriba quaestorius), in questo periodo cominciò a scrivere versi, che iniziarono a dargli una certa fama. Nel 38 a.C. venne presentato a Mecenate da Virgilio e Vario, probabilmente incon-trati nel contesto delle scuole epicuree di Sirone, presso Napoli ed Ercola-no. Dopo nove mesi Mecenate lo ammise nel suo circolo. Da allora Orazio si dedicò interamente alla letteratura, non si sposò mai e non ebbe figli. Già in questo periodo Orazio risulta debole di occhi, avendo contratto una con-giuntivite. Mecenate gli donò nel 33 a.C. un piccolo possedimento in Sabina, le cui rovine sono ancor oggi visitabili nei pressi di Licenza (RM), cosa molto gradita al poeta che, in perfetta osservanza del modus vivendi pre-dicato da
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Epicuro, non amava la vita cittadina. Con la sua poesia fece spes-so azioni di propaganda per l’imperatore Augusto, anche se, a dire il vero, in questo periodo Ottaviano lasciò una maggiore libertà compositiva ai suoi poeti (tendenza che sarebbe però stata invertita dopo la scomparsa di Me-cenate: lo testimonia la vicenda biografica di Ovidio). Esempi di propa-ganda augustea sono, ad ogni modo, alcune Odi e il Carmen saeculare, composto nel 17 a.C. in occasione della ricorrenza dei Ludi Saeculares. Morì nel novembre dell'8 a.C. all'età di 57 anni e fu sepolto sul colle Esquilino, accanto al suo amico Mecenate, morto solo due mesi prima.
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Premessa La satira delle streghe, l'ottava del primo libro, è un racconto in prima persona di Priapo, il dio della fertilità, noto, per le dimensioni inconsuete del suo pene, ovvero dell'erma di legno che rozzamente lo raffigurava e che veniva piantata negli orti e nei campi per spaventare gli uccelli e i ladri. Orazio narra di come Priapo mise in fuga le streghe Canidia e Sagana, intente a richiamare gli spiriti infernali con un rituale così spaventoso, che persino la luna cerca di nascondersi, per non vedere tanto orrore. Il luogo è la zona dell'Esquilino, dove un tempo era il cimitero dei poveri, quella che Mecenate aveva risanato, trasformandola in parco pubblico. In una notte popolata di cagne, di serpenti, voci di morti e funeree vecchie pallide, che mordono a sangue l'agnella del sacrificio, un tuono travolge le donne in una frenetica fuga: non è un intervento dall'alto, solo un poderoso peto del Priapo di legno, messo a guardia del campo.
Satira, I, 8" –Ventris Priapi crepitus, aut nox ~7~
strigarum. 1. Olim truncus eram ficulnus, inutile lignum,cum faber, incertus
scamnum faceretne Priapum,maluit esse deum. deus inde ego, furum aviumque maxima formido: nam fures dextra coercet 5. obscaenoque ruber porrectus ab inguine palus, ast inportunas volucris in vertice harundo terret fixa vetatque novis considere in hortis. huc prius angustis eiecta cadavera cellis conservus vili portanda locabat in arca; 10. hoc miserae plebi stabat commune sepulcrum; Pantolabo scurrae Nomentanoque nepotimille pedes in fronte, trecentos cippus in agrum-hic dabat, heredes monumentum ne sequeretur nunc licet Esquiliis ha-bitare salubribus atque 15.aggere in aprico spatiari, quo modo tristesalbis informem spectabant ossibus agrum;cum mihi non tantum furesque feraeque suetaehunc vexare locum curae sunt atque labori,quantum carminibus quae versant atque venenis 20. humanos animos: has nullo perdere possumnec prohibere modo, simul ac vaga luna decorumprotulit os, quin ossa legant herbasque nocentis.vidi egomet nigra succinctam vadere palla Canidiam pedibus nudis passoque capillo, 25. cum Sagana maiore ululantem: pallor utrasquefecerat horrendas adspectu. scalpere terramunguibus et pullam divellere mordicus agnam coeperunt; cruor in fossam confusus, ut indemanis elicerent animas responsa daturas. 30. lanea et effigies erat altera cerea: maiorlanea, quae poenis conpesceret inferiorem,cerea suppliciter stabat, servilibus ut quaeiam peritura modis. Hecaten vocat altera, saevamaltera Tisiphonen: serpentes atque videres 35. infernas errare canes Lunamque rubentem,ne foret his testis, post magna latere sepulcra.mentior at siquid, merdis caput inquiner albis corvorum, atque in me veniat mictum atque cacatumlius et fragilis Pediatia furque Voranus. 40. singula quid memorem, quo pacto alterna loquente sumbrae cum Sagana resonarint triste et acutum,utque lupi barbam variae cum dente colubraeabdiderint furtim terris et imagine cerealargior arserit ignis, et ut non testis inultus. 45Horruerim voces furiarum et facta duarum? nam, displosa sonat quantum vesica, pepedidiffissa nate ficus; at illae currere in urbem.
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Canidiae dentis, altum Saganae caliendrumexcidere atque herbas atque incantata lacertis 50. vincula cum magno risuque iocoque videres. TRADUCTIO IN LINGUA ITALIANA La notte delle streghe - Ero una volta un tronco di fico, legno buono a niente, e il falegname, incerto se fare di me uno scanno o un Priapo, mi volle dio. E un dio io so-no, grande spaventapasseri e spaventaladri: i ladri li tiene a bada la mia mano e il palo rosso che sporge oscenamente dall'inguine; gli uccelli im-portuni, li atterrisce una canna legata sulla mia testa, impedendo che si posino sugli orti novelli. Qui prima d'ora i servi portavano a seppellire in rozze bare i cadaveri gettati fuori dalle loro celle anguste; qui era la fossa comune della plebe più misera; per Pantolabo il buffone e Nomentano lo sperperatore, un cippo assegnava mille piedi sul davanti e trecento verso la campagna e stabiliva che il sepolcro fosse escluso dall'eredità. Ora l'Esquilino è risanato, ci si può abitare, si può passeggiare sul soleggiato terra-pieno, da dove un tempo si guardava con sgomento la campagna incolta e bianca di ossa; e a me non danno tanto da fare i ladri e le bestie, che di solito affliggono il luogo, quanto quelle tali donne che stravolgono le menti degli uomini con incantesimi e veleni. Non ho modo di distruggerle né d'impedire che, appena la luna errante mostra la sua faccia luminosa, raccolgano erbe velenose e ossa. Io stesso ho visto Canidia, rimboccata la nera veste, vagare ululando, scalza, con i capelli sciolti, insieme con la più anziana Sagana: il pallore le aveva rese entrambe orride a vedersi. Si misero a scavare la terra con le unghie e a lacerare a morsi una agnella nera; il sangue lo versarono nello scavo per farne sorgere le anime dei Mani a dare responsi. C'era un fantoccio di pezza e uno di cera; più grande era quello di pezza, che doveva infliggere il castigo all'altro, che gli stava sotto; quello di cera era in atto di supplice, rassegnato a morire al modo degli schiavi. Una invoca Ecate, l'altra la spietata Tesifone; avresti visto vagare serpenti e cagne infernali, la luna rossastra nascondersi dietro i grandi sepolcri per non essere testimone di questi orrori. Se dico bugia, mi sporchino il capo i bianchi escrementi dei corvi, vengano a pisciarmi e a cacarmi addosso Giulio, la gracile Pediazia e il ladro Vorano. Come racconterò punto per punto in che modo le ombre, scambiando parole con Sagana, fecero risuonare voci tristi e acute; come quelle due nascosero
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caute sottoterra una barba di lupo col dente di u serpe multicolore e divampò più alta la fiamma quando bruciò il pupazzo di cera e come mi vendicai di aver assistito, rabbrividendo, ai detti e ai fatti di quelle due furie? Pur fatto di fico, scorreggiai dallo spacco delle natiche con lo strepito di una vescica che scoppia; e quelle vie di corsa verso la città. Avresti riso a lungo e ti saresti divertito al mio scherzo, vedendo la dentiera di Canidia e la gonfia parrucca di Sagana cadere per terra e così le erbe e i nodi magici delle braccia.
Q. Horatius Flaccus
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‘O PIRETO ‘E PRIAPO (Contaminatio in napoletano) 1. - Che n’aggia fa ‘e te piézz’e lignamme – dicétte ‘n’artiggiàno scuraggiàte - Forse si bbuòne sule pe ‘nu scànne Ma po’, nda ‘nu mumente ‘e pazzarìa, p’alluntanà auciélle e mariuòle, decise ‘e me dà ‘na forma ‘e ddìe. 2. E Priapo so’ addiventàte, ca semina paura tutt’attuòrno: a mano destra fa da spauracchio, ma ‘e mariuole ‘e férme cu ‘stu càcchio. 3. Chèsta, ‘na vota, era terra d’ossa, cu schiàve muorte e ggente derelitta, e mo’ ca l’Esquilino è risanato, ce venene ddòie vaiàsse1 scustumate a fa magie, filtri e àti cazzàte. 4. Vanne piglianne sotto terra ll’ossa, l’erba velenosa dint’e fosse e, quanne spònte2 a luna mmiézze o cièlo, vide a Canìdia cu ‘na vesta nera, ca gira scapillàta cu Sagàna, ch’è cchiù assatanata e ‘na befana. 5. Ed è a pazza ch’allucca3 scatenata, scavanne ca cumpagna dint’a terra; invocano a Ecàte e a Tisifòne, ballànne cu cagne e serpentùne. 6. ‘N’agnella nera l’ànne tagliàt’é cosse per evocare gli spiriti dei Mani ‘o sanghe ànne raccolto ndà ‘na fossa,
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per ottenere responsi e motti arcani. 6. Si dìche ‘na sola buscìe, aggia avè nu sacch’’e fetenzìe: e corvi m’ànna spurcà di mmèrda, e‘ncuòlle5 m’ànna piscià a ragiòne Giulio, Vorano e Pediàzia ‘o ricchiòne. 8. Che v’aggia dicere ‘e cchiù: ‘ndà notte nera, lamiente, ombre e ‘nu pupàzze e cera, barbe ‘e lupe e diénte e serpente e chi dice ca è poche è ‘nu fetènte. Allora, schifato, faciétte ‘na pensàte: apriètte e natiche e vuttàie sparàte. 9. Che spasse e che divertimento! Canidia fuiènne perdette ‘a dentiera e Sagana a parrucca, cu ll’evera ‘ndà zuppiéra. Ed io, l’autore del petàzzo sto ridènne ancora, cùmme ’o pazzo.
_______________ 1. Vaiàsse: donna disonesta e volgare 2. Sponte: per spunta 3. Allucca: lanciare grida, strillare 4. Cosse: gambe 5. Ncuòlle: addosso
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Franco Pastore nasce a San Valentino Torio, frequenta il ginna-sio ed il Liceo nella vicina Sarno, il paese dei nonni materni, e completa gli studi presso l’Ateneo salernitano. La sua sensibilità lo porta, fin da giovanissimo, a scrivere racconti, poesie ed articoli che vengono pubblicati su giornali locali. Dopo il servizio militare, si trasferisce con la famiglia a Salerno, in via Camillo Sorgente, 21, dove, nel 1972, inizia la sua collabora-zione con lo scrittore Arnaldo Di Matteo, scrivendo racconti ed articoli sul periodico “Verso il 2000”. L’anno successivo, entra a far parte dell’equipe del Varo, una galleria d’arte di Vito Giocoli e sostenuta dal giornalista napoletano Saverio Natale, che lo veicolano verso la critica d’arte. Intanto diviene un punto di riferimento nella famiglia di “Verso il 2000”, collaborando con il Prof. Zazo dell’Ateneo napoletano, il preside Marino Serini, il pittore Luigi Grieco, Achille Cardasco ed altre personalità della cultura campana. Alla metà degli anni settanta conosce Domenico Rea e Franco Angrisano. Sarà Rea, presso la Camera di Commercio di Salerno a presentare alla stampa il libro di estetica morale Il Vangelo di Matteo (Roma – n. 136 del 12/6/1980), che il Pastore scriveva, nel 1979 (Il Giorno – 23 marzo 1980), con Liana Annarumma. Intanto, Franco Angrisano lo presentava ad Eduardo De Filippo, nel periodo in cui l’attore recitava nella sua compagnia. Fu allora che in Franco Pastore si rafforzò l’amore per il teatro. Frattanto, conosceva Lucia Apicella di Cava (Mamma Lucia), per la quale pubblicava su Verso il 2000 una serie di racconti, raccolti poi nel libro “Mamma Lucia ed altre novelle” (L’Eco della stampa – gennaio 1980 /Il Faro del 13/2/1980), con le illustrazioni del Grieco. Seguiva, sempre sull’eroina cavese, “Mutter der Toten”, un radiodramma, pubblicato dalla Palladio, che Angrisano drammatizzò nel salone dei marmi del Comune di Salerno (la Voce del Sud – 12/7/1980 – Roma 11 giugno 1980 52 n.135), il giorno in cui Mamma Lucia fu Premiata con medaglia d’oro del Presidente della Repubblica nel luglio del 1980 (Il Secolo d'Italia - Anno XXIX - dell'11/07/1980). Dopo il suo primo romanzo “L’ira del Sud” (verso il 2000 – anno XXIII – n.82 del 1983, con nota autografa di Nilde Iotti) scrisse per Franco Angrisano “La moglie dell’oste”, ispirata alla XII novella de Il Novellino, di Masuccio Salernitano; seguì “Terra amara”, sul problema del caporalato nel sud. ~ 13 ~
Negli anni novanta, viene trasferito al Liceo di Piaggine. Fu in quegli anni che scrisse “ All’ombra del Cervati” una raccolta di liriche e “Fabellae”, un testo di drammatizzazione per la scuola elementare. Sono gli anni in cui si accosta all’informatica, è docente di sociologia e psicologia di gruppo nell’Ospedale Tortora di Pagani. Inizia un dialogo stretto con il teatro, grazie alla disponibilità dell’auditorium del Centro Sociale paganese ed all’incontro con la compagnia teatrale “02”, diretta da Enzo Fabbricatore. Nascono così le commedie: “Un giorno come un altro”, “Un maledetto amore”, “Una strana Famiglia” ( Le Figaro / Education, samedi 4 juin 2005). Tra il 1995 ed il 2000, è direttore di Corsi di alfabetizza-zione informatica per il M.I. e tiene, al Centro sociale di Pagani, Corsi di Pedagogia speciale (metodi: Decroly e Froebel). Alla fine degli anni novanta, si abilita per l'insegnamento delle lettere negli istituti superiori e, nel 2000, il comme-diografo passa dalla pedagogia (didattica e metodologia), all’insegnamento di italia-no e storia nell’Istituto “G. Fortunato” di Angri. Nello stesso anno, ritorna nella sua Salerno, in via Posidonia. Oramai ha perso tutti gli amici di un tempo. Intensifica il suo interesse per il teatro, entra in rapporto con alcune compagnie salernitane e conosce Gaetano Stella e Matteo Sal-sano della compagnia di Luca De Filippo. Con questi ultimi, ripro-pone “La moglie dell’oste” che viene rappresentata nel 2006, al teatro dei Barbuti, nel Centro storico. Il successo dell’opera lo spinge a scrivere altre tre commedie, ispirate al Novellino del Masuccio: Le brache di San Griffone , “Un vescovo una monaca ed una badessa” e “Lo papa a Roma”. Oramai l’insegnamento non lo interessa più e dà le dimissioni, nel settembre del 2005, chiudendo innanzi tempo il suo impegno con la scuola, per dedicarsi completamente al Teatro. Come European journalist (GNS Press Association), fonda, con il patrocinio del Comune e della Provincia di Salerno, la rivista virtuale di lettere ed arti “ Antropos in the world” e inizia il ciclo de’ “I Signori della guerra”, ovvero “La Saga dei Longobardi”, un insieme di cinque drammi storici, sulla Salerno longobarda e normanna, che completa il 29 gennaio del 2011. Dopo la pubblicazione delle raccolte di racconti “Il gusto della vita” (ed. Palladio) e di “Ciomma” (edito dalla Ed. Antitesi di Roma), va in scena, a Pagani, il primo dei drammi storici “L’Adelchi”, replicato il
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25 febbraio 2011al Diana di Nocera Inf., con il patrocinio della Provincia di Salerno (Dentro Salerno, 25 febbr. 2011). Fin dagli inizi del suo percorso artistico, Pastore, pur aven-do acquisito una formazione classica ( Euripide, i lirici greci, Aristofane e la commedia antica, Omero, Esopo e Fedro), si trova ad essere rivolto verso il presente del nostro tempo. La sua narrativa si può ritenere, in alcune sfumature, neorealista, con testimonianze forti, sulle difficoltà di una Italia degli anni della ricostruzione. Così, nel teatro, nel mentre delinea il dramma di antiche dominazioni, passa alla commedia di denuncia ed alla farsa. Hanno scritto di lui: Il Giorno – La Nuova Frontiera – L’Eco della Stampa – Verso il 2000 – La Voce del Sud – La Gazzetta di Salerno – La Gazzetta di Frosinone – Candido Nuovo – Il Secolo – Il Faro – L’Amico del popolo – La Città – Cronache di Potenza – Dentro Salerno – La gazzetta di Teramo – Le Figaro - La Lampada – Dossier Sud - Il Roma – La gazzetta di Pescara - Areapago Cirals – La Gazzetta di Matera – La Tribuna dell’Irpinia – Settimanale Unico – Corriere del Mezzogiorno – Cancello ed Arnone News – Cronache del Mezzogiorno – L’Osservatore dell’Agro – Dentro Salerno – Agire – Il Mattino – Cronache del salernitano – Epucanostra – Brontolo – Tvoggi Salerno – Cilento Notizie – Il Basilisco - Unico ed altre testate. Hanno parlato di lui: L. Fiorentino (Ateneo di Siena) – Nicola Napolitano – Nilde Iotti – Saverio Natale – A. Di Matteo – Gualdoni (del Giorno, Mi) – Lucia Salvatore – N. Ammaturo (Ateneo di Salerno) – Domenico Rea – Lucia Salvatore – Laura Vichi (Roma) – A. Mirabella – R. Nicodemo – Giuffrida Farina – L. Crescibene – R. Ungaro - A. Palumbo – Paolo Romano – G. Rispoli – A. Burdua ed altri.
ALTRE OPERE
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Saggistica
Il VANGELO DI MATTEO ( estetica morale, con prefazione di Domenico Rea) De Luca ed.- Amalfi 1979 cod. SBN IT\ICCU|PUV\1368781 IL CORAGGIO DELLA VERITÀ, libro inchiesta sulla tragedia di Ustica - A.I.T.W. Ed., giugno 2012 Cod. SBN IT\ICCU\NAP\0544907 HERACLES IN MAGNA GRECIA,iconografia ragionata. Cod. SBN IT\IC CU\MO1\0035548 ME NE JEVE PE’ CASO, contaminatio in napoletano della 1,9 satira di P.Orazio Flacco - A.I.T.W. Ed. - Sa 2013 IT\ICCU\ NAP\0595558 ‘O VIAGGIO PE’ BRINNESE contaminatio in napol. 1,6 della satira di
Orazio Flacco - A.I.T.W. Ediz. - Sa 2013 Cod. IT\ICCU\RML\0361796 LA SIGNORA DELLA MORTE ( Mutter der toten ) radiodramma Ed. Palladio, Sa. 1980; (La Nuova Frontiera del 30/7/81) Biblioteca Fond. Siotto Alghero - Codice SBN SBL065441 FAEDRUS, le favole latine di Faedrus in versi napoletani - A.I.T.W. Edizione giugno 2011- Cod SBN IT\ICCU\NAP\0568756 AISOPOS, le favole greche di Esopo in versi napoletani - A.I.T.W. Edizione sett. 2011 cod. SBN IT\ICCU\NAP\0568683 LE PROBLEMATICHE DELL’ ADOLESCENZA verso la formaz. del sé A.I.T.W. Ed. - Sa 2013. Cod. SBN IT\ICCU\MO1-\0035831 LE PROBLEMATICHE DELL’ ADOLESCENZA i comportamenti a rischio – A. I.T.W. Ed. - Sa 2013. Cod. SBN IT\ICCU\MOD\- 1622636 FILOSOFIA ARISTOTELICA, schiavitù ed oikonomìa - A.I.T.W. Ed. - Sa 2014 II stampa. Cod. ISBN IT\ICCU\MOD\1628166
IL CANCELLERI Tommaso Guardati - A.I.T.W. Ed. - Sa 2014. LUCIA APICELLA, la madre di tutti i caduti – A.I.T.W. –Sa 2014. LE PROBLEMATICHE DELLA VECCHIAIA E LA MUSICOTE-
RAPIA- pubblicato su google play il 25 genn.2015, con codice n. GGKEY:K6C9CH8SW3Q E CATULLO A NAPOLI, i carmi tradotti in napoletano – A.I.T.W. ediz.ni Salerno, febbraio 2015 - IT\ICCU\MO1\0038568 LA MORTE DI CESARE, A.I.T.W. ediz.ni - Salerno, febbraio 2015 MACHADO IN NAPOLETANO, A.I.T.W. ediz.ni - Salerno,maggio 2015 LAS HOJAS MUERTAS, A.I.T.W. ediz.ni - Salerno,agosto 2015 EN LA BRUMA DEL SOL A.I.T.W. ediz.ni - Salerno,agosto 2015
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LA FORMAZIONE AL SERVIZIO SOCIALE – Salerno – ottobre 2015 LE PROBLEMATICHE DELL’INFANZIA MALTRATTATA – SA 2016 LINEE DI PROGETTAZIONE DEI SERVIZI SOCIALI – A.I.T.W. Ediz.ni – sett.2016 cod. ebook GGKEY:Y6AG11W7PAY . NOX STRIGARUM – contamination in napoletano dell’VIII satira di Q. Orazio Flacco A.I.T.W. Edizioni Sa. Febbraio 2017.
Commedie Drammi Storici Farse Poesia
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