IL MINORE MALTRATTATO

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Angela D’Ambrosi

IL MINORE MALTRATTATO: IL RUOLO DELL’ASSISTENTE SOCIALE DIRITTO DI FAMIGLIA E DIRITTO MINORILE

A.I.T.W. Editrice - Salerno antroposintheworld@fastwebnet.it

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A.I.T.W. Editrice - Salerno antroposintheworld@fastwebnet.it

Š aprile 2017 - Cod. GGKEY:GBFUXL6A6GA Stampato presso cartolibreria CITROANTO (SA) Diffusion on line over Google play e Iussu.com

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La violenza è sempre terribile anche quando la causa è giusta. (Friedrich von Schiller)

3


Indice Pag.6

Introduzione

Cap. 1

CHILD ABUSE AND NEGLECT DEFINIZIONI, TIPOLOGIE E FATTORI DI RISCHIO

Definizioni e tipologie di abuso

p.10

Incuria o trascuratezza grave (child neglect)

p.13

1.1.2

Discuria

p.14

1.1.3

Ipercuria

p.14

1.1.4

Doctor shopping per procura. Sindrome del bambino vulnerabile e abuso chimico Fattori causali dell’abuso

p.15

1.1 1.1.1

1.2

Cap. 2

p.16

MALTRATTAMENTI FISICI E PSICOLOGICI

2.1

Maltrattamento fisico

p. 20

2.2

L’abuso psicologico o maltrattamento emozionale

p. 22

2.3

L’Abuso sessuale

p. 24

Cap. 3

DIAGNOSI, PREVENZIONE E TRATTAMENTO

Diagnosi di maltrattamento

pag.

Trattamento in caso di abuso

pag.

Prevenzione in caso di abuso

pag.

3.1 3.2 3.3 4


3.3.1

Strategie a livello istituzionale di contrasto al fenomeno di maltrattamento e abuso

pag

29 32 33 40

5


Cap.4

ASPETTI GIURIDICI ED INTERVENTI A FAVORE DEL MINORE VITTIMA DI ABUSO

4.1

Principi costituzionali

p. 42

4.2

Diritto internazionale

p. 44

4.3

Contesto civile e penale.

p. 45

4.3.1

La tutela della persona nell’abuso sessuale

p. 49

L’incidente probatorio

p. 55

Processo di intervento di un caso di abuso L’obbligo di denuncia

p. 58

La segnalazione

p. 64

4.3.2 4.3.3 4.3.4

4.3.5 Cap.5

p. 61

IL RUOLO DELL’ASSISTENTE SOCIALE IN CASO DI MALTRATTAMENTO SUI MINORI

5.1

Il ruolo delle istituzioni

p. 67

5.2

Il ruolo dell’assistente sociale nelle situazioni di abuso e maltrattamento

p. 70

L’ascolto

p. 72

5.2.1

Conclusioni

p. 75

Bibliografia

p. 79

Sitografia

p. 82

6


Introduzione Chi salva la vita di un bambino salva il mondo intero “ Talmud”

I maltrattamenti e le violenze sui bambini sono sempre esistiti, però non si aveva la consapevolezza, che quest’ultima si è sviluppata in tempi recenti grazie ai cambiamenti che si sono verificati a livello sociale. I comportamenti abusanti compaiono nei miti e nelle fiabe che ci raccontano di figli divorati dai genitori, come nel mito di Krònos, o abbandonati, come Edipo lasciato su una montagna con i piedi legati e feriti, o come nelle fiabe di Pollicino e di Hansel e Gretel. Anche la Bibbia racconta di padri che sacrificano i figli benché il sacrificio di Isacco da parte di Abramo si sia fermato all’ultimo momento, oppure di figli minacciati di morte o uccisi, come nella “strage degli innocenti” ordinata da Erode. Il tema dell’abbandono lo si ritrova anche nella storia di Romolo e Remo, abbandonati alla nascita e poi allevati da una lupa. Dunque i miti raccontano una realtà che ha sempre accompagnato la storia dell’umanità. In ogni epoca storica troviamo condotte che oggi non esiteremmo a definire abuso: pensiamo allo sfruttamento economico, al lavoro minorile, all’abbandono, all’incuria e all’esercizio di un potere pressoché assoluto, letteralmente di vita o di morte. In Inghilterra, ad esempio, non era raro che i bambini fossero accecati per impietosire le persone e ottenere elemosine; in questo modo, i bambini volutamente menomati costituivano fonte sicura di sostentamento per la famiglia, così come i bambini che attraverso l’evirazione potevano garantire una preziosa “voce bianca”, anch’essa fonte di notevole guadagno per la famiglia. Ancora, alcune correnti del Protestantesimo Calvinista attive nel Nord America svilupparono la dottrina della “naturale depravazione” del fanciullo, per questo l’educazione 7


doveva tendere, con un ampio uso di punizioni corporali, a sottomettere completamente la volontà dei bambini, vincendo le loro “inclinazioni malvagie”. Consideriamo come la consapevolezza collettiva del maltrattamento dei bambini inizia la sua storia. Nel 1874 a New York un’infermiera preoccupata per i continui pianti di una bambina, vicina di casa, si introdusse di nascosto in casa della piccola scoprendola incatenata al letto con ematomi, ferite ed abrasioni su tutto il corpo. L’unico modo che trovò per aiutare la bambina fu denunciare il caso alla locale Società di Protezione degli Animali che, esaminato il caso, riconoscendo che rientrava nei compiti previsti dal proprio statuto, poté intervenire e salvare la bambina. In seguito a questo evento, l’anno dopo fu fondata a New York la prima Società di Protezione dell’Infanzia: la New York Society for the Prevention of Cruelty to Children, a dieci anni di distanza dalla fondazione della Society for the Prevention of Cruelty to Animals. Alla fine del 1800 i bambini erano considerati meno degni di attenzione e di difesa degli animali. Non dobbiamo pensare che oggi le cose siano molto diverse, ci sono moltissime associazioni in difesa degli animali, cani, gatti, cavalli o visoni, e nella sola zona di Liverpool ci sono 1500 rifugi per animali contro i 200 rifugi per donne maltrattate. Ogni giorno i giornali e le televisioni ci descrivono situazioni di bambini abbandonati nella spazzatura, picchiati, seviziati, utilizzati a fini pornografici, ma questi sono solo i casi più eclatanti, che fanno notizia e che subito dopo entrano nel dimenticatoio della vita quotidiana. La violenza è fatta anche di minacce, soprusi, trascuratezze, ricatti psicologici e di incoerenze educative che distruggono un sereno processo di crescita. Le prime segnalazioni della letteratura medico – legale e pediatrica risalgono a Tardieu, che nel 1852 a Parigi descrisse il caso di due bambine morte per le sevizie di un’istitutrice. Altre segnalazioni le troviamo nel 1929 da parte di Parisot e Cassaude, fino al 1946 quando un radiologo pediatra americano, Caffey, riscontrò in vari bambini la presenza di ematomi 8


subdurali associati di frequente a fratture multiple delle ossa lunghe dovute a cause non accidentali. Queste osservazioni furono poi confermate dalle esperienze di Silverman (1953) e successivamente da quelle di Kempe (1962) che, con la definizione di “Battered Child Syndrome” (in italiano “Sindrome del Bambino Picchiato”), descrissero una precisa entità nosologica relativa alle diverse forme di maltrattamento fisico. Fu proprio questa restrizione al solo maltrattamento fisico a far ripudiare dallo stesso Kempe la sua prima proposta, sostituendola con quella più completa di “Child Abuse and Neglect” ( “Abusi ed Incuria verso l’Infanzia”). Da questo momento in poi molte saranno le definizioni proposte e le precisazioni fatte in base alle diverse impostazioni, ma il termine, che sul piano internazionale viene maggiormente riconosciuto e usato, è “Child Abuse”. La violenza sui bambini, ed in particolare l’abuso all’interno della famiglia, costituisce un fenomeno di notevole complessità, probabilmente a causa dell’alto coinvolgimento emotivo. Negli ultimi anni, le segnalazioni e le denunce sono aumentate; inoltre, da parte delle istituzioni, si assiste a un maggior investimento nel potenziare gli interventi volti alla protezione dei minori ed alla cura dei comportamenti patologici degli adulti/genitori. Il maltrattamento nell’infanzia si presenta in modi diversi, sia perché può essere riconducibile ad azioni ben definite, come la violenza fisica, emozionale o l’abuso sessuale, sia perché si può manifestare come conseguenza di “mancanze” come, ad esempio, l’assenza di cure adeguate, tipica della trascuratezza. Tali situazioni, inoltre, possono, associarsi in diverso modo tra loro, determinando manifestazioni differenti. Tuttavia, la caratteristica che accomuna i diversi tipi di maltrattamento sono le gravi conseguenze fisiche e psicologiche, che compromettono direttamente la sicurezza del bambino, il suo equilibrio emotivo, il suo sviluppo psicorelazionale, la stima che ha di

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sé. Gli effetti nefasti si prolungano anche quando il maltrattato è diventato adulto poiché potrà avere difficoltà a relazionarsi con gli altri oppure a svolgere un ruolo genitoriale. Intervenire e bloccare forme di abuso o di maltrattamento è di importanza essenziale sia per la sopravvivenza fisica del bambino, sia per il suo successivo sviluppo, poiché la situazione non si modifica da sola ed un bambino maltrattato ha bisogno di un trattamento terapeutico esterno per poter intraprendere un processo di “cura”.

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Capitolo 1 CHILD ABUSE AND NEGLECT: DEFINIZIONI, TIPOLOGIE E FATTORI DI RISCHIIO

1.1 Definizioni e tipologie di abuso E’ dagli anni ’60 a seguito di un’indagine condotta in America, che si inizia a parlare in maniera approfondita, compiuta e scientifica, di “abuso e incuria verso l’infanzia” e che comprende l’intero quadro dei maltrattamenti in danno dell’infanzia: dalle lesioni personali ai maltrattamenti psicologici, agli abusi sessuali. Ed è anche dagli stessi anni che in Italia cominciano le ricerche su tale fenomeno. Numerose sono le definizioni di abuso che sono state elaborate dai saperi sociali, psicologici e medici. Il Consultation on child abuse and Prevention dell’Organizzazione Mondiale della Sanita’ del 1999 enuncia che devono intendersi per abuso e maltrattamento all’infanzia << tutte le forme di cattiva salute fisica ed emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua dignita’, nell’ambito di una relazione caratterizzata da responsabilita’, fiducia e potere >>. Le definizioni riportate sia quelle del IV Colloquio Criminologico di Strasburgo del Consiglio di Europa, sia quelle dell’OMS

non differenziano, e occorre sottolineare, giustamente,

l’abuso o il maltrattamento fisico da quello morale, ma accomunano le due categorie cosi’ significando che qualunque abuso, comunque concretizzato, costituisce un danno, quasi sempre permanente e irreversibile, alla personalita’ del bambino in evoluzione che, invece abbisogna di protezione costante e referenti sicuri per una crescita armonica. Una prima e generale classificazione delle forme di abuso puo’ essere cosi’ schematicamente operata: L’ Abuso fisico, che comprende tutte le lesioni inflitte attraverso forze eccessive o forzando un bambino ad affrontare un’attivita’ pericolosa.

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L’Abuso emozionale o psicologico: consiste in comportamenti attivi o omissivi come coercizione, umiliazione o comportamento di pesante distacco da parte di un adulto, che interferisce con il normale sviluppo psicologico o sociale del bambino. L’abuso psicologico include: atti di rifiuto, terrorismo psicologico, isolamento, sfruttamento, allontanamento del bambino dal contesto psicologico. Il bambino viene cosi’ denigrato, umiliato e sottoposto a sevizie psicologiche. La patologia della somministrazione delle cure, o trascuratezza: riguarda quelle condizioni in cui i genitori o le persone legalmente responsabili del bambino non provvedono adeguatamente ai suoi bisogni, fisici e psichici, in rapporto al momento evolutivo e all’eta’. La patologia delle cure comprende tre categorie cliniche: l’incuria: si realizza quando le cure sono carenti e si manifesta con ripercussioni sullo stato di salute, con segni fisici e comportamentali; la discuria: si realizza quando le cure vengono fornite ma in modo distorto; l’ipercuria: si realizza quando le cure sono somministrate in eccesso. L’Abuso sessuale: che si manifesta con l’esposizione del bambino a atti sessuali attraverso pratiche manifeste o mascherate. Le prime tre forme di abuso rientrano nella categoria dei maltrattamenti. Child abuse and neglect è traducibile in italiano come abuso all’infanzia e trascuratezza grave ed indica ogni forma di violenza fisica e psicologica ai danni di un bambino. Comprende, quindi, la trascuratezza, l’abuso psicologico o emozionale, il maltrattamento, l’abuso sessuale. Per abuso si intende: l’insieme di atti e carenze che turbano gravemente il bambino attentando alla sua integrità corporea ed al suo sviluppo fisico, affettivo e morale e si manifesta attraverso la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino.1

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La trascuratezza è l’incapacità genitoriale a comportarsi adeguatamente per la tutela della salute, della sicurezza e del benessere del bambino. Si riscontrano in tal caso delle insufficienze nutrizionali, delle negligenze nelle cure mediche ed igieniche, una mancanza di protezione del bambino dai pericoli fisici. I bambini con segni di trascuratezza possono presentare scarsa igiene o carenze affettive, poca socievolezza, ritardi nello sviluppo psicomotorio. 2 L’abuso emozionale, detto anche maltrattamento psicologico, si riferisce, invece, a persistenti maltrattamenti emotivi o atteggiamenti di rifiuto e di denigrazione con conseguenze negative sullo sviluppo affettivo e comportamentale.3 Se per maltrattamento fisico si intende il maltrattamento che implica un danno o un fallimento nel prevenirlo, inclusi avvelenamenti intenzionali, soffocamento e sindrome di Munchausen per procura; per abuso sessuale si fa riferimento allo sfruttamento sessuale di un bambino o adolescente, dipendente e/o immaturo sul piano dello sviluppo, alla prostituzione infantile e/o alla pornografia.4 Le forme di abuso possono essere classificate in: -patologia delle cure: incuria (che sostituisce la definizione di trascuratezza), discuria e ipercuria; -maltrattamento (fisico e psicologico); - abuso sessuale (intrafamiliare e extrafamiliare); - sfruttamento sessuale: prostituzione infantile, pedopornografia e turismo sessuale. Disporre di una chiara definizione e differenziazione delle varie forme di abuso è im___________________ 1

IV Colloquio Criminologo di Strasburgo del Consiglio di Europa (1981), cit. in Apollonio G., Baronciani D. “L’abuso all’infanzia: definizione, fattori di rischio e fattori protettivi”. 2 Ibidem 3 Di Blasio P., Psicologia del bambino maltrattato, Il Mulino, Bologna, 2000. 4 IV Colloquio Criminologo di Strasburgo del Consiglio di Europa (1981), cit. in Apollonio G., Baronciani D. “L’abuso all’infanzia: definizione, fattori di rischio e fattori protettivi”.

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portante ai fini della ricerca, della diagnosi e dell’intervento clinico; va tenuto presente che situazioni diverse possono coesistere nel caso in cui un bambino maltrattato fisicamente può anche essere un bambino trascurato o abusato psicologicamente; oppure, un bambino abusato sessualmente può essere vittima di un’atmosfera familiare ed educativa inadeguata.

1.1.1 Incuria o trascuratezza grave (child neglect) Per trascuratezza si intende un grave e persistente fallimento dell’adulto nel proteggere il bambino attraverso cure di tipo fisico e di tipo psicologico quali ad esempio esposizione a qualsiasi genere di pericolo, inclusi il freddo e la fame, o anche insuccessi in alcune aree importanti dell’allevamento che hanno come conseguenze un danno significativo per la salute o lo sviluppo psicologico. 5 Gli indicatori di rischio fanno riferimento alle notizie sullo stato di salute e sullo sviluppo psico-fisico non riportate dai genitori che oltretutto non rispettano il calendario delle vaccinazioni obbligatorie, non portano il bambino ai periodici controlli pediatrici, trascurano i disturbi visivi, uditivi, dentali, o le malattie croniche. A ciò seguono sia i segni fisici ( abbigliamento inadeguato alla stagione, all’età, al sesso; scarsa igiene, dermatiti, scabbia, pediculosi; denutrizione o ipernutrizione; ritardo nello sviluppo psicomotorio e nella crescita) ; sia i segni comportamentali (inibizione, tristezza, pigrizia, demotivazione, stanchezza, assenza di cure genitoriali, scarso rendimento scolastico e frequenti disturbi dell’attenzione, assenteismo o abbandono della scuola). La trascuratezza è di per sé una condizione cronica e spesso il bambino può percepirla come una condizione "normale", dove le sensazioni di vuoto, di mancanza non possono venir definite perché da piccoli non hanno la possibilità di confrontare la propria situazione con quella di altri bambini; da grandi sì. _______________ 5

Di Blasio P., 2000, op. cit.

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1.1.2 Discuria Si hanno situazioni di discuria quando le cure genitoriali vengono fornite, ma non sono adeguate per l’età del bambino (nutrimento col biberon anche se non sono più piccoli; richiesta di prestazioni scolastiche eccessive per l’età del soggetto).I genitori non riescono a percepire, a comprendere e ad adeguarsi ai bisogni evolutivi del figlio, in genere perché non riescono a vederlo come persona distinta, ma solo come strumento per soddisfare le loro aspettative.6

1.1.3 Ipercuria Questa terza patologia della cura comprende i casi in cui i genitori forniscono al figlio cure eccessive, di cui il bambino non ha bisogno. A tale proposito si fa riferimento alla cosiddetta Sindrome di Munchausen per procura che consiste in una particolare forma di abuso nella quale un genitore (più spesso la madre) sottopone il proprio figlio a continue visite mediche, accertamenti, a cure inopportune, per sintomi o malattie da lei inventati o indotti, producendo intenzionalmente o simulando segni o sintomi fisici. In genere la madre che sposta le proprie patologie psichiche sul figlio soffre essa stessa di una sindrome a sfondo delirante. In questo modo proietterà sul figlio le proprie convinzioni deliranti ed il bambino, vissuto come un’appendice di sé, diventerà il contenitore del delirio genitoriale. La motivazione che la spinge a comportarsi in questo modo é quella di assumere per interposta persona il ruolo di malata. In questo modo, infatti, la madre sembra rifiorire durante il periodo di cura ed ospedalizzazione del figlio, esperienza che rappresenta per lei attenzione e contenimento. Spesso questi genitori durante la loro infanzia sono stati abusati, o __________ 6

Ibidem

15


hanno sofferto in passato di disturbi alimentari o della condotta.7 Per realizzare l’intervento di tutela del bambino e sulla famiglia è necessario un lavoro di rete che integri più servizi: ospedale, territorio (dipartimento di salute mentale e materno-infantile) e tribunale per i minorenni. L’approccio psicologico ai genitori è praticamente impossibile, a causa della grave psicopatologia della quale soffrono, della negazione e del rifiuto della mentalizzazione per cui i problemi vengono spostati a livello somatico. L’unico intervento che appare

possibile è

l’allontanamento del minore.

1.1.4 Doctor shopping per procura, Sindrome del bambino vulnerabile e abuso chimico Il Doctor shopping per procura consiste nelle continue richieste di cura nonostante la buona situazione di salute del figlio. Le rassicurazioni mediche non convincono la madre, che non riesce ad instaurare un rapporto di fiducia con il medico.8 La Sindrome del bambino vulnerabile consiste nella eccessiva preoccupazione materna e nelle frequenti richieste di intervento medico per bambini che avevano sofferto nei primi anni di vita di una grave malattia, ma che attualmente godono di buona salute. Nel caso dell’abuso chimico, i genitori somministrano al figlio sostanze chimiche, farmacologiche, nella convinzione errata o delirante che egli ne abbia bisogno.9 Rientra nell’ipercuria anche la sindrome da indennizio , quando i genitori a seguito di un incidente occorso al figlio, lo inducono a manifestare una sintomatologia che consentira’ il conseguimento di un indennizzio economico. I sintomi della malattia scompaiono non appena hanno ottenuto il risarcimento.

_________________________ 7

8 9

Benedict M., Zuravin S., Somerfield M., Breandt D. “The reporter healt and functioning of children maltreated while in foster care” Child abuse and neglect 20 (7), 561-57, 1996. Di Blasio P., 2000, op. cit. Di Blasio P., 2000, op. cit. -

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1.2 Fattori causali dell’abuso Quando si parla di abuso si devono comprendere le motivazioni che spingono un genitore ad abusare del proprio figlio poiché è sulla base di queste che si interviene in modo adeguato evitando interventi affrettati, punitivi, colpevolizzanti ed alla fine inutili, se non dannosi per tutti compreso il minore coinvolto. 10 Nel tempo sono stati proposti diversi modelli causali sul comportamento abusante basati principalmente sull’individuazione di alcuni fattori di rischio che possono predisporre all’abuso; tuttavia tale studio presenta due difficoltà: la prima riguarda il clima di negazione e di segretezza che caratterizza le famiglie interessate e che rende difficilmente individuabili; la seconda concerne la tendenza a rilevare a posteriori gli indicatori tramite ricerche su famiglie abusanti e bambini abusati. Per quanto riguarda la diagnosi e la segnalazione, infine, non è assolutamente sufficiente rilevare la presenza di uno o più fattori di rischio, ma è necessario valutare la presenza di segni e sintomi specifici o compatibili con una situazione di abuso, attraverso una lettura multiprofessionale e che tenga conto della vulnerabilità e dell’effetto degli elementi di rischio e degli elementi protettivi su quel determinato sistema familiare. Tra i fattori di rischio responsabili delle possibilità di abuso vanno distinti i fattori sociali e i fattori protettivi. Nei fattori sociali si fa riferimento alle famiglie multiproblematiche, afflitte dalla povertà, disoccupazione, emigrazione, marginalità, isolamento sociale, uso di sostanze stupefacenti o alcool, alla limitatezza culturale, agli eventi imprevisti (morti, licenziamenti, …), che inducono stress nel sistema familiare.

_________________ 10

Apollonio G., Baronciani D. “L’abuso all’infanzia: definizione, fattori di rischio e fattori protettivi”, Il Mulino, Bologna, 2007.

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Questi fattori sociali sembrano maggiormente associati al maltrattamento fisico e alla trascuratezza, mentre sono indipendenti dall’abuso sessuale e psicologico. Ma si fa anche riferimento alla presenza di difficoltà familiari con correlata assenza di risorse per superare tali difficoltà. Questa situazione rende i genitori incapaci di riconoscere e di rispondere ai bisogni del bambino.11

Tale situazione si riscontra in diverse tipologie di famiglie: - nelle famiglie caratterizzate da immaturità intrapsichica e relazionale che impedisce l’accesso ad una genitorialità responsabile e rispettosa; - nelle famiglie psicopatologiche caratterizzate dalla presenza di un disturbo psichico in uno o entrambi i genitori. La situazione più a rischio è quella borderline che produce una relazione apparentemente adattata, ma con investimento labile e disturbato; - nelle famiglie di alcolisti o tossicodipendenti;

- nelle famiglie separate che strumentalizzano i figli all’interno del conflitto di coppia, inducendoli ad alleanze. 12 Ovviamente nessuna di queste situazioni è sufficiente a ipotizzare una condizione di abuso, né necessariamente predisponente, ma rappresenta solo una delle condizioni di rischio più frequentemente rilevate nelle famiglie abusanti. Nell’ambito della violenza domestica i figli sono sempre coinvolti, direttamente perché sono vittime essi stessi delle violenze, ma anche indirettamente perché assistono alle violenze del padre contro la madre. I dati delle ricerche svolte negli Stati Uniti a livello nazionale mostrano che la metà dei mariti violenti lo è anche nei confronti dei figli e si tratta spesso di violenze gravi.

_________________ 11 12

Di Blasio P., 2000, op. cit. Apollonio G., Baronciani, 2007, op. cit.

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Quindi un marito violento è molto spesso anche un padre violento 13 . Secondo i risultati di una ricerca canadese i bambini assistono a più della metà delle violenze gravi in cui la madre ha temuto per la sua vita; gli stessi risultati si sono ottenuti in una ricerca svizzera. Oltre alle tipologie di violenza sui minori, esiste quindi anche la Violenza Assistita. Si tratta di una situazione altamente negativa, in cui il bambino è testimone di liti e violenze, più o meno gravi, tra i propri genitori e a volte ne è coinvolto, anche se non subisce direttamente maltrattamenti. Citiamo lo studio svolto da Hughes, su diversi campioni di bambini per valutare gli effetti di diverse situazioni di violenza familiare. L’Autore formò tre gruppi: bambini testimoni e al contempo vittime di violenza familiare, bambini esclusivamente testimoni; e un gruppo di controllo, formato da bambini che avevano le stesse caratteristiche dei primi due gruppi ma che non erano stati coinvolti in violenze familiari, né come testimoni né come vittime. I risultati mostrano che il primo gruppo riportava più conseguenze negative del secondo, ma che anche il secondo non era esente da effetti negativi. Una situazione di grande rischio riguarda il momento della separazione, quando la separazione stessa è motivata dai maltrattamenti del marito/padre. 14 Se la donna e i figli hanno dovuto subire violenze per anni è molto probabile che dopo la separazione queste violenze continuino, o anzi si aggravino. La lettura dei giornali ci informa però che ogni giorno avvengono casi di uomini che picchiano, perseguitano, e, più raramente, uccidono la moglie e/o i figli dopo la separazione. Anche la violenza contro i figli può continuare o aggravarsi dopo la separazione. Secondo una ricerca inglese, che ha seguito un campione di 53 donne che si erano separate da un marito violento, quasi tutte le donne erano state aggredite, anche gravemente, quando incontravano gli ex partner per “scambiarsi” i figli; la metà dei bambini era stata abusata 19


fisicamente o sessualmente dal padre durante le visite. Una conferma di questi dati viene dal lavoro svolto in Italia nel 1993 da Malacrea che riporta casi di bambini violentati dal padre in occasione delle visite dopo la separazione. 15 Nel secondo caso, i fattori protettivi riducono la possibilità che una situazione difficile possa degenerare in situazione abusante. Si pensi per esempio alla consapevolezza da parte dei genitori di aver bisogno di aiuto, alla rielaborazione dell’abuso subito in infanzia; al rapporto positivo in infanzia con almeno un genitore o con una figura sostitutiva protettiva; alla rete di supporto parentale o amicale; all’autonomia personale; al buon livello di auto-stima; alle relazioni attuali soddisfacenti con almeno un componente della famiglia d’origine; alla capacità di gestire i conflitti. 16

_______________________ 13

A. Mullender, rethinking dometing violence, routledge, New york 1996. H.M. Hughes, S.A. Graham Bermann, G.Grurer, resiolience in children exposed to domestic violenc.e 15 M. Malacrea, L’effetto terapeutico della “validation” nei casi di abuso sessuale ai bambini, in Roccia C., Foti C., (a cura di) 1993. L’abuso sessuale sui minori, Unicopoli, Milano 1993 16 Apollonio G., Baronciani, 2007, op. cit. 14

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Capitolo secondo MALTRATTAMENTI FISICI E PSICOLOGICI

2.1 Maltrattamento fisico Per maltrattamento fisico si intende l’insieme di: “atti e carenze che turbano gravemente il bambino, attentano alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino” .17 Solitamente questo tipo di maltrattamento è messo in atto: - da un genitore deprivato in infanzia, che ripropone l’abuso da lui

stesso subito (ciclo

dell’abuso); - da un genitore con forte ansia di separazione oppure con personalità immatura dominata dall’impulso o struttura delinquenziale dell’adulto maltrattante; - da un genitore che può avere un elevato grado di stress connesso alla marginalità sociale, disoccupazione, mancanza di alloggio o sovraffollamento, miseria, povertà culturale che limita il ricorso alla verbalizzazione nella risoluzione dei conflitti. Nei casi di trascuratezza e maltrattamento vi è la frustrazione dei bisogni fondamentali del bambino con conseguente arresto o con regressione globale dello sviluppo; indebolimento psicosomatico, rallentamento dello sviluppo intellettivo, scarsa concettualizzazione del tempo, ritardo linguistico anche importante, difficoltà comportamentali, inibizione del desiderio di esplorazione, disturbi della relazione con gli altri. 18 Nei bambini maltrattati fisicamente sembrano più consistenti, rispetto ad altre forme di abuso, i deficit neurologici e quelli cognitivi nello sviluppo delle competenze precoci, dell’intelligenza e del linguaggio; maggiore vulnerabilità alle malattie fisiche, legami di _________________ 17

18

Consiglio d'Europa al IV Colloquio Criminologico di Strasburgo del 1978 Di Blasio P., 2000, op. cit.

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attaccamento insicuri, sfiducia in se stessi, difficoltà a

fidarsi degli adulti; difficoltà

scolastiche. A livello relazionale, invece, inizialmente il bambino dimostra una grande avidità ed instabilità affettiva, esibendo attaccamenti indifferenziati nei confronti di estranei, che, crescendo, può risolversi, in alcuni casi, in estrema dipendenza dagli altri o, in altri, in apparente incapacità di amare e di lasciarsi amare.19 Spesso i bambini maltrattati ricorrono all’identificazione con l’aggressore e, non potendo aggredire direttamente l’adulto maltrattante lo fanno con altri bambini dimostrandosi oltretutto incapaci di cooperare e di tollerare la frustrazione. Crittenden

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ha descritto i bambini trascurati come passivi, senza difese, disarmati, in

condizioni di stress e con significativi ritardi nello sviluppo; quelli maltrattati fisicamente come caratterizzati da temperamento difficile, impulsivi, arrabbiati sotto stress e con lievi ritardi nello sviluppo. Secondo Cofano il maltrattamento fisico “è ogni violenza o atto non accidentale che procuri dolore o determini lesioni transitorie o danni organici o funzionali permanenti o la compromissione dello sviluppo psicofisico del bambino. Rientrano in questa categoria la violenza intenzionale, l’eccessivo uso di punizioni fisiche, la segregazione, la costrizione in spazi chiusi e la negligenza dei bisogni primari. 21 Le lesioni cutanee sono senz’altro tra gli indicatori più costanti del maltrattamento fisico. Ecchimosi, abrasioni, lacerazioni soprattutto su viso, glutei, area genitale, coesistenti in diverso stadio evolutivo smentiscono spesso l’accidentalità del trauma invocata dai genitori. ________________________

Ibidem Cit in Apollonio G., Baronciani D., 2007, op. cit. 21 C.Cofano-M.Oldani-M.D.Poli, Il maltrattamento infantile: percezione del fenomeno da parte dei pediatri e dei medici scolastici di Milano e provincia, in <<Ricerche di Psicologia>>, vol. 17, n. 1, 1993. 19 20

22


Le ustioni a stampo in conseguenza di sigarette o ferri da stiro, e i morsi risultano inequivocabili, come le impronte cutanee dovute a corde o fibbie di cintura. Sicuramente questa forma di maltrattamento è la più facile da individuare anche perché le lesioni sono così evidenti e frequenti che si è affermato che “parlano al posto del bambino”.

2.2 L’abuso psicologico o maltrattamento emozionale Per abuso psicologico o maltrattamento emozionale si intende con tale definizione, l’abuso come disturbo dell’empatia che può essere osservato fin dalla prima fase del rapporto madre-bambino. E così, la madre (o il padre), pur occupandosi dei bisogni materiali del bambino, non riesce ad essere sensibile ed a rispondere adeguatamente ai suoi bisogni psicologici ed affettivi, non riesce ad offrirgli il contatto fisico adeguato, a guardarlo negli occhi, a parlargli in modo

carezzevole; in sintesi, non riesce ad essere una “madre

sufficientemente buona". 22 La madre ha un atteggiamento inibito, assente nei confronti del figlio, non riesce ad offrirgli quelle prime esperienze corporee positive così fondamentali per le sviluppo di un senso coesivo di sé, della fiducia di base e, quindi, di relazioni oggettuali adeguate. Oltre a non rispondere ai bisogni del bambino, e, qualora questo non corrisponda alle loro spesso irrealistiche aspettative, arrivano a schernirlo, a denigrarlo, ad insultarlo, ad umiliarlo. Si può parlare di abuso psicologico anche in caso di coinvolgimento dei figli nel conflitto genitoriale (ad esempio in caso di separazione). Spesso il bambino attribuisce a sé la causa del conflitto e della sofferenza di cui è vittima. L’abuso psicologico è particolarmente devastante per lo sviluppo psicofisico del bambino, perché inizia molto precocemente e si prolunga nel tempo. Viene inoltre, esercitato in modo indiretto, utilizzando messaggi am_________________ 22

Winnicott D., Gioco e realtà, trad. Giorgio Adamo e Renata Gaddini, prefazione di Renata Gaddini, Roma: Armando, 1974.

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bigui e paradossali, dai quali il bambino non è in grado di difendersi. Nei casi di maltrattamento psicologico, ai fini dell’intervento terapeutico, è importante valutare: l’entità del danno già cagionato al bambino; la capacità dei genitori di cambiare (cambiamenti effettivi nella relazione genitore-figlio, maggiore comprensione dei bisogni del bambino, comprensione dell’influenza delle proprie esperienze passate, diminuzione dei motivi di preoccupazione per il bambino); la capacità di recupero del bambino; la presenza di fattori protettivi esterni. Secondo Lowenthal l’abuso emotivo, comprende tutti i comportamenti da parte di un adulto diretti a controllare il bambino attraverso la paura, le punizioni, le minacce, persecuzioni, segregazione, intimidazioni, squalifica, indifferenza, disinteresse, le continue critiche e la vergogna 23. Il maltrattamento emotivo è spesso accompagnato dall’abuso fisico o sessuale, ma non sempre. Questa forma di maltrattamento è sicuramente la meno evidente, in quanto non provoca danni fisici, ma le sue conseguenze non sono meno gravi. Si parla di maltrattamento psicologico nel caso di punizioni, minacce, insulti, critiche costanti, umiliazioni anche davanti ad altre persone, persecuzione, intimidazione, squalifica, indifferenza, disinteresse, mancanza di affetto, richieste sproporzionate all’età e alle caratteristiche del bambino, coinvolgimento eccessivo nei problemi e nei conflitti dell’adulto, minacce di morte. Inoltre, non bisogna sottovalutare la “Violenza Economica” che è una forma di maltrattamento molto usata per tenere sotto controllo la moglie e il resto della famiglia da parte del padre abusante. Troviamo violenza economica nel caso in cui il marito non permette alla moglie di lavorare, la tiene all’oscuro delle entrate e delle uscite familiari, controlla anche le sue minime spese, fa vivere la famiglia in ristrettezze o in povertà anche se dispone di risorse economiche e, nel caso di separazione, non paga l’assegno di mantenimento per i figli. _________________ 23

Lowental, Riconoscere e aiutare i bambini vittime di maltrattamento e abuso, in “Difficolta’ di apprendimento” , vol. 4, n.2

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2.3 L’abuso sessuale L’abuso sessuale è il coinvolgimento del bambino o adolescente in attività sessuali che egli non può pienamente comprendere e per le quali non è in grado di dare il proprio consenso e/o che violano i tabù sociali e i ruoli famigliari (come l’incesto). Le attività comprendono la penetrazione vaginale ed anale, la penetrazione orale, le toccature dei genitali, la masturbazione dell’adulto, fotografare il minore a scopo di pornografia e tutti quegli atti in cui si utilizzano i bambini a scopo sessuale. 24 Le conseguenze dell’abuso sessuale sono più marcate di quelle del maltrattamento se si pensa che per effetto dello stesso viene sconvolto il mondo interno ed i punti di riferimento principali del bambino. Avviene, infatti, un vero e proprio trauma psichico che altera l’orientamento cognitivo ed emotivo del bambino verso il mondo, distorcendo l’immagine di sé e di ciò che lo circonda. 25 L’abuso sessuale può essere a breve/medio termine quando vi è diminuzione di coinvolgimento con il mondo esterno; si possono notare cambiamenti improvvisi sia dal punto di vista emotivo che comportamentale; la paura di rimanere solo in compagnia di una certa persona, si possono rilevare conoscenze sessuali o attività sessuali in maggior numero rispetto all’età, curiosità sessuali insolite anche verso parti intime del corpo, comportamenti seduttivi verso coetanei ed adulti, aggressività insolita verso compagni, diminuzione del rendimento scolastico. Vi è un aumento di disturbi psicosomatici quali: mal di testa, mal di stomaco, enuresi diurna e notturna, stipsi, sonno eccessivo o insonnia. Alterati sono anche i disturbi della sfera emotiva, come: incubi ricorrenti, irritabilità, scoppi d’ira, frequenti crisi di pianto, difficoltà di concentrazione, esagerate risposte di allarme. Il pericolo maggiore consiste nella possibilità che questi bambini, abbandonati a sé stessi, _________________________ 24 25

Di Blasio P., 2000, op. cit. Rivista interdisciplinare, Maltrattamento e abuso all’infanzia, Franco Angeli, Milano.

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sopravvivono a queste situazioni di violenza adeguandosi e sviluppando meccanismi di rimozione, di estraniamento e frammentazione del sé e delle proprie esperienze, che li possono far vivere in una situazione simile a chi è in ostaggio e subisce una sorta di stress continuo. Se, infatti, i numerosi e contradditori sentimenti connessi con la situazione di abuso (collera, rabbia, vergogna, umiliazione, risentimento, indegnità, paura, dolore, impotenza, angoscia, colpevolezza, confusione, ecc.) non hanno la possibilità di venire adeguatamente manifestati ed indirizzati poiché la situazione relazionale che ha causato l’abuso non viene interrotta, è molto probabile che si possono generare nei bambini disturbi dissociativi sia nelle relazioni affettive sia nella personalità. Tutti i sentimenti negativi inespressi si trasformeranno in atti distruttivi verso gli altri o contro di sé, anche con problematiche di tipo suicidario. A lungo termine, invece, gli stessi bambini e bambine, diventati prima adolescenti e poi adulti, possono avere problemi relazionali soprattutto di tipo sessuale. In particolare possono manifestarsi disturbi quali depressione o disturbi di tipo ansioso, disturbi di personalità di tipo medio/grave (un terzo delle pazienti psichiatriche è risultata vittima di abuso sessuale), gravi disturbi di tipo psicosomatico. I disturbi psicologici e psichiatrici sono legati più alla rimozione dei traumi che non all’accumulo di frustrazioni e difficoltà. Altre conseguenze possono essere il ricorso alle droghe o una precoce sessualizzazione che spesso sfocia in una tendenza a condotte di prostituzione per le ragazze, invece, tendenze compulsive e precoci alla sessualità, all’omosessualità, alla perversione per i ragazzi. 26 E’ interesse di quanti vengano a contatto con bambini in età scolare saper ascoltare il loro disagio con la consapevolezza che l’abuso è forse l’esperienza più sconvolgente e più destrutturante, dal punto di vista psicologico, che un bambino possa subire. L’abuso sessuale intrafamiliare è quello che avviene all’interno del contesto familiare, ______________________________________

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Di Blasio P., 2000, op. cit.

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quello extrafamiliare, invece da persone conosciute dal minore, come i vicini di casa. Spesso l’abusante è una persona conosciuta al bambino, della quale si fida e che quindi si presta a rivestire quel ruolo di riferimento affettivo di cui il piccolo ha bisogno per motivi di cura e di educazione (il c.d. abuso sessuale istituzionale). Solo una piccola percentuale di abusi sessuali viene perpetrata da sconosciuti. Quest’ultimo, soprattutto se protratto nel tempo e se basato sulla coercizione affettiva, avviene sulla base di una situazione di trascuratezza affettiva. L’inadeguatezza genitoriale produce le seguenti conseguenze: - trasmette al bambino una sensazione di vuoto affettivo che egli può sperare di compensare attraverso il rapporto con l’abusante; - non permette al bambino di sviluppare la capacità di discriminare i pericoli; - lascia il bambino solo, senza intervenire attivamente a proteggerlo e senza nessuno a cui rivolgersi per chiedere aiuto, o per condividere la terribile esperienza.27 L’abuso sessuale va però distinto dalla pedofilia. I pedofili hanno vissuto, generalmente, un’infanzia profondamente disturbata che li rende incapaci di stabilire relazioni con gli altri esseri umani, soprattutto con le donne, vissute come terribili ed aggressive. Contrariamente la scelta di una bambina è per loro rassicurante. Anche con questo anomalo oggetto di interesse sessuale, il pedofilo non è in grado di stabilire alcuna relazione, perché la sua patologia narcisistica gli impedisce di avere altri oggetti di amore al di fuori di sé stesso.28 Il ruolo della famiglia è fondamentale anche in seguito alla rilevazione dell’abuso subito: l’attenzione dei genitori, in questi casi, deve essere centrata in primo luogo sul bisogno di supporto e di elaborazione del minore, e successivamente sul desiderio di vendetta e di punizione dell’abusante. L’abuso sessuale, molto spesso,non viene attuato con violenza, ma la violenza sta proprio negli atti compiuti con un approccio cauto, anche se ________________________ 27

Demby R., Rindfleisch N., “Predictors of foster parents’ satisfaction and intent to continue to foster”. Child abuse and neglect 23(3), 287-303, 1999. 28 Giommi R., Perrotta M., “Pedofilia” ed. del Cerro, E. Aguglia , A. Riolo “La pedofilia nell’ottica psichiatrica”, il pensiero scientifico, Roma, 1999.

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non meno determinato, che proseguono attraverso minacce e manipolazioni emotive. L’abuso viene attuato sfruttando la disparità di potere e di autorità e la dipendenza materiale e affettiva del bambino dall’adulto ed è mantenuto utilizzando lo stato di confusione, disperazione, paura e vergogna. Per questo il bambino non è in grado di dare un consenso libero e informato su ciò che sta accadendo, anche se non è completamente all’oscuro del significato sessuale degli atti compiuti dall’adulto. L’abuso sessuale intra-familiare, in particolare quello perpetrato dal padre, frequentemente si associa a maltrattamento fisico della vittima, di altri figli e della madre. E’ stato rilevato che questi padri, molto spesso, all’esterno, appaiono normali e affettuosi. E questa apparente normalità comporta che molte volte, gli adulti, in particolare alcuni operatori, non credano al bambino, indicandolo come bugiardo e mitomane. Gli effetti sono gravissimi: dalla mancata messa in atto di misure di protezione, all’archiviazione dei casi senza aver fatto i dovuti accertamenti, alla minimizzazione degli effetti a breve e a lungo termine. Molto spesso le madri sono vittime anch’esse di violenze e per questo non sono in grado di accorgersi dell’abuso sessuale che subiscono i figli e di attivarsi in modo efficace per difenderli. Tradizionalmente le madri delle vittime di abuso vengono indicate come “collusive” e viene attribuita loro la responsabilità principale dell’incesto. Si tratta di un “alibi perfetto” sia per i padri, autori delle violenze, sia per tutti coloro, familiari, operatori sociali, insegnanti, che hanno preferito ignorare i segnali e le richieste di aiuto della vittima e non intervenire 29. Anche se esiste una percentuale di madri che non mettono in atto nessun comportamento di protezione o che prendono le parti del marito, nella maggioranza dei casi le madri proteggono i loro figli, credendo in loro.

____________________ 29

N.Gavey- J.Florence- S.Pezaro-J.Tan, Mother-blaming,the Perfect Alibi: Family Therapy and the Mpthers of Incest Survivors, in “yournal of Femminist Family Therapy”, vol.2, n.1, 1990

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Negli Stati Uniti, Silverman e altri hanno condotto uno studio longitudinale su un campione di ragazzi e ragazze. Aver subito violenze fisiche era associato nei maschi a idee di suicidio a 15 anni; a 21 anni, questi ragazzi erano depressi e presentavano sintomi di PTSD, avevano problemi di tossicodipendenza e avevano compiuto dei tentativi di suicidio più spesso dei loro coetanei non abusati. Le ragazze maltrattate fisicamente presentavano più problemi già a 15 anni (problemi di salute mentale, comportamenti aggressivi e di piccola criminalità);a 21 anni, erano più spesso depresse, presentavano più spesso sintomi di PTSD, comportamenti antisociali e consumo di droghe; avevano tentato il suicidio 6 volte più spesso delle ragazze non maltrattate. Secondo i Centers for Disease Control statunitens (simile al nostro Istituto Superiore di Sanita’), si deve intendere per violenza sessuale ogni situazione in cui un soggetto costringe un altro ad un rapporto (genitali che si toccano) o ad un contatto sessuale genitali di un soggetto a contatto con una qualsiasi parte del corpo di un altro soggetto). Nella denominazione di abuso sessuale sono da includere eventi non consensuali in cui una persona costringe un altro soggetto a vedere i propri genitali (esibizionismo) o la espone a materiale a contenuto sessuale allo scopo di procurarsi piacere sessuale o vantaggi economici .

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ibidem

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Capitolo 3 DIAGNOSI, PREVENZIONE E TRATTAMENTO La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci. (Isaac Asimov)

3.1 Diagnosi di maltrattamento La diagnosi di maltrattamento è molto complessa perché presuppone una certa sensibilità e attitudine a ricordarla tra le possibili cause del malessere del bambino o tra le possibili conseguenze di situazioni di vita familiare a rischio, nonché una preparazione tecnica per accertarla. La denuncia da parte dei medici dei casi di sospetto maltrattamento è obbligatoria in molti paesi; tuttavia non sempre si denuncia l’eventuale caso di maltrattamento ai servizi di protezione per diversi motivi: 1) incertezze nel definire il caso, le circostanze, le cause, e mancanza di criteri diagnostici di riferimento; 2) inadeguate conoscenze sui loro obblighi e procedure legali; 3) evidenze mediche insufficienti e/o inadeguate; 4) mancanza di fiducia nel sistema che viene attivato dalla denuncia; 5) paura che la denuncia possa ledere il bambino, l’abusatore, o il rapporto medico-genitore.31 La diagnosi di Child Abuse And Neglect si basa su due punti Fondamentali: la storia dell’accaduto e l’esame fisico. 32 Nel primo caso, la ricostruzione dell’accaduto da parte dei medici deve essere chiara e dettagliata; è basata sulla testimonianza dei genitori e può rivelare delle incongruenze sia per irrealtà del racconto, sia per l’incongruenza fra storia dello evento e gravità delle lesioni riportate.33 Il referto deve essere associato ad una docu______________________________________________________________

31

Parodise J.E., Bass J., Formann S., BerKowiz J., “ Minimum criteria for reporting child abuse from health care setting”. Pedriatic emergency care. Vol. 11(6) 335-339, 1995. 32 Monaco J.E., BrooksW.J., “The critical care aspects of child abuse. Pediatric clinics of North America”, 41 (6), 12591268,1994. 33 Jones D. “Editorial: interviews with children suspected of sexual abuse”. Child abuse and neglect 20(11) ,11111112,1996.

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mentazione completa, anche per i possibili usi legali. L’esame fisico deve essere fatto pensando anche ad un possibile abuso. Il rapporto medico diventa nei casi di C.A.N. un documento medico-legale, e in quanto tale deve essere completato con tutti i dati, compresa la data e l’ora. Le fotografie completano il documento.34 Più precisamente si indicano: 1.Testa: la palpazione può rivelare un cefaloematoma risconosciuto in bimbi dalla folta capigliatura, oppure una fontanella sporgente per l’aumento della pressione intracranica da ematoma subdurale, edema cerebrale; 2. Occhio: l’ispezione delle sclere può rivelare petecchie o emorragie a fiamma; le sclere blu, associate a varie fratture a diversi stadi, depone per osteogenesi im-perfetta. L’esame del fundus evidenzia emorragie dei vasi della retina; 3. Orecchio: l’ispezione della membrana del timpano può rivelare un emotimpano (patognomonico delle fratture della base cranica), o la rottura della membrana per un violento schiaffo o un trauma che agisce direttamente sull’orecchio; 4. Naso: ematomi vari; 5. Bocca: la lacerazione del frenulo del labbro superiore, è il risultato di un colpo alla faccia. Altre lesioni orali come denti rotti e gravi carie dentali. 6. Collo: il tentativo di strangolamento lascia sul collo segni tipici come i segni di legature, eritemi a stampo di dita. 7. Schiena e polmoni: crepitii alla palpazioni indicano fratture costali, rantoli alla auscultazione possono essere secondari a contusioni polmonari; 8. Addome: la rottura di viscere si sospetta in presenza di un addome timpanico e disteso mentre l’assenza di borborigmi non significa sempre trauma addominale. Le lesioni al fe__________________________ 34

Socolar R. “Physician Knowledge of child sexual abuse” .Child abuse and neglect 20(8),783-790,1996.

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gato e alla milza sono ampiamente documentate. Quelle al duodeno per la sua localizzazione posteriore sono piuttosto rare, e solo un trauma di forza considerevole diretto ai quadranti dell’addome, come un pugno o un calcio, possono causarle; 9. Apparato genito-urinario: è d’obbligo l’esame dei genitali; 10. Retto: l’esplorazione rettale è indicata in pazienti con rischio di paralisi neuro-muscolare, perché possono perdere il tono sfinteriale; 11. Estremità: palpazione delle estremità evidenzia deformità o fratture delle ossa lunghe; mani e piedi compresi, perché nei palmi e nelle piante dei piedi possono esserci bruciature di sigarette; 12. Pelle: la pelle e i tessuti sottocutanei sono gli organi principalmente coinvolti nel maltrattamento. Si tratta di lesioni superficiali le cui forme possono essere: petecchie, abrasioni, escoriazioni a forma di corda, bruciature a stampo di vario genere; 13. Shaken Baby Sdr: fu descritto da Caffey nel 1974, caratterizzato da trauma intracranico emorragie retiniche, assenze di altri segni fisici traumatici. Il meccanismo lesivo è secondario ad una forza rotatoria che la testa compie durante lo scuotimento del bambino, il ponte è la zona che subisce maggiori danni. Le lesioni sono causate dall’accelerazione e decelerazione del sistema nervoso centrale contro le pareti della scatola cranica, con microscopica distruzione della corteccia, e lesioni della materia bianca per il diffuso edema cerebrale. I segni clinici sono aspecifici, la diagnosi è difficile, la morbilità e mortalità sono alte. Le emorragie retiniche sono presenti nel 50%-80% della Shaken Baby Sdr. Si formano per l’aumento della pressione intracranica o per l’aumento della pressione endooculare o dalla somma dei due meccanismi.35 E’ dunque essenziale un’adeguata preparazione del medico nel porre diagnosi differenziale e nei suoi obblighi legali. Affiancato da altre figure in un team multidisciplinare, il

______________ 35 Lazoritz S., Baldwin S.,”The whiplash shaken infant syndrome: has Caffey’s syndrome changed or have we changed his syndrome? child abuse and neglect 21 (10), 1009-1014, 1997.

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medico deve sapere identificare i fattori di rischio nei genitori e nella famiglia tendendo a concentrare gli sforzi sulla prevenzioni primaria e secondaria. Il benessere e il futuro del bambino non può dipendere solo alla sensibilità individuale del medico ma esige competenza, responsabilità e la massima attenzione.

3.2 Trattamento in caso di abuso Il trattamento dell’abuso inizia con la formulazione di una corretta diagnosi. Dapprima viene determinato il quadro di abuso vero e proprio, con le sue caratteristiche, successivamente si valutano le risorse residue in ambito familiare e le potenzialità del rapporto genitori-figlio per determinare la prognosi circa la recuperabilità o la trattabilità della famiglia. L’intervento richiede un approccio multidisciplinare che prevede collaborazione attiva fra il pediatra, l’infermiere, il neuropsichiatria, lo psicologo, l’assistente sociale e le altre figure professionali che sono o sono stati in contatto con il bambino e la famiglia. 36 La presa in carico di queste famiglie e dei loro bambini ha come scopo mantenere il più possibile l’unità familiare ed evitare l’allontanamento del bambino dall’ambito domestico; a tal fine è necessaria un’alleanza terapeutica fra i genitori e i servizi di assistenza familiare in modo da stimolare i genitori a mobilitare tutte le loro risorse residue, spinti dall’impellenza di conservare il legame con il proprio figlio.37 La prognosi dell’abuso dipende dall’età del bambino, dal tipo di maltrattamento e dalla sua durata, dal sostegno che il minore ha comunque ricevuto dalla famiglia e dalle restanti capacità e potenzialità del nucleo familiare allargato. Tanto più precoce è il riconoscimento della patologia, tanto migliore è la prognosi circa la recuperabilità della famiglia. In caso di prognosi sfavorevole, è essenziale provvedere, al più presto, a sistemazioni del bambino più adeguate in nuovi nuclei familiari che gli con______________________ 36

Demby R., Rindfleisch N., “ Predictors of foster parents’ satisfaction and intent to Continue to foster”. Child abuse and neglect 23(3), 287-303, 1999. 37 Benedict M., Zuravin S., Somerfield M., Breandt D., “The reporter healt and functioning of children maltreated while in foster care” Child abuse and neglect 20 (7), 561-57, 1996.

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sentano di crescere in un ambiente competente e amorevole.

3.3 Prevenzione in caso di abuso Le strategie preventive atte ed evitare il maltrattamento in famiglie a rischio in situazioni di vulnerabilità, sono più efficaci rispetto agli interventi messi in atto dopo che il maltrattamento si è verificato. Queste danno risultati più a lungo termine, impiegando in modo più razionale le risorse comuni, e sono più economiche in termini di costi finanziari e “umani”. La prevenzione si distingue in primaria, secondaria e terziaria.38 La prevenzione primaria si rivolge ad un campione di popolazione generale, opera ad un livello comunitario e comprende al suo interno tutte le scelte politiche, legislative e dei servizi. Sono state proposte le seguenti azioni per la prevenzione primaria della violenza familiare: l) eliminare le norme che legittimano e glorificano la violenza nella società e nella famiglia, come l’uso della violenza come forma di intrattenimento; 2) ridurre gli stress creati dalla società che provocano violenza, come la povertà e la disuguaglianza; 3) incorporare le famiglie in una rete di rapporti con i parenti e la comunità per ridurre lo isolamento sociale; 4) cambiare nello sviluppo educativo le caratteristiche di discriminazione della società; 5) interrompere il ciclo della violenza familiare insegnando metodi alternativi alla violenza per educare i bambini. Esistono dei programmi specifici rivolti ai genitori, come le campagne pubblicitarie mirate a stimolare gli adulti ad una maggior responsabilità nel loro ruolo di genitori, oppure, per raggiungere un pubblico più vasto di quello raggiungibile attraverso i canali classici, il teatro di strada, con rappresentazioni in luoghi pubblici delle _________________________ 38

Di Blasio P., 2000, op. cit.

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tipiche situazioni familiari dove i genitori devono dimostrare la loro abilità nel risolvere dei conflitti familiari usando dei mezzi alternativi alle punizioni fisiche. In letteratura esiste poi tutta una serie di programmi educativi che mirano ad insegnare ai bambini come riconoscere l’abuso e come evitarlo, ma i limiti di questi interventi sono molti. E’ difficile, infatti, valutare in modo sperimentale l’efficacia di tali metodi, perchè sono programmi studiati per prevenire solo l’abuso extrafamiliare, che è meno frequente di quello intrafamiliare. Pertanto, questi metodi possono avere effetti negativi sui bambini stessi: risvegliare un’angoscia per gli estranei, causare disturbi del sonno, stimolare comportamenti "disinibiti". L’intento è trasmettere dei messaggi ai bambini su cosa è bene e su cosa é male senza però creare paure o angosce. La prevenzione secondaria si rivolge invece ad un campione di popolazione a rischio, e la maggior parte degli interventi di prevenzione si collocano a questo livello. Questo modello di intervento consiste nel programmare degli screening sistematici, più o meno formali, della popolazione sui problemi riguardanti il contesto familiare, e di identificare così le famiglie a rischio. Secondo Morton e Browne

39,

queste tecniche di intervento finalizzate all’identificazione

precoce del maltrattamento sono più realistiche di quelle di prevenzione primaria. Lo screening può essere messo in opera, per esempio, nell’ambulatorio del medico di famiglia o del pediatra di base durante le visite routinarie. E’ pero indispensabile la formazione del personale nella ricerca e nel riconoscimento delle problematiche che rendono vulnerabile la famiglia, nel sapere come agire, a chi rivolgersi, e il coordinamento delle varie agenzie: il medico, l’infermiere, il giudice dei minori, lo psichiatra, l’assistente sociale, etc. per far uso delle risorse nel modo più efficace. “Individuazione del Rischio" consiste nel favorire le pratiche di cura del bambino, nel ___________ 39

Morton N. & Browne K. “Theory and observation of attachment and its relation to child maltreatment: a review”. Child abuse and neglect 22 (11), 1998.

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proteggere la sua salute e la sua sicurezza, nel favorire il benessere psicologico dei genitori e la loro relazione con il neonato. La prevenzione secondaria, invece, è limitata nei seguenti aspetti: difficoltà metodologiche che impediscono una valutazione efficace; scelta del campione di popolazione a cui si rivolge. È importante, per un intervento efficace conoscere i fattori di vulnerabilità e i periodi di fragilità proprie delle famiglie e dei bambini. Tale presa di coscienza serve per attivare un ascolto attivo e per prendersi in carico della persona con difficoltà. Ma questa strategia deve essere maneggiata con prudenza. La prevenzione terziaria consiste nel trattamento e nel controllo delle famiglie abusanti dopo che l’abuso si e già verificato. Sfortunatamente questi interventi di solito si attuano solo dopo ripetuti episodi di abuso e trascuratezza verso il bambino, quando la famiglia ha superato il suo limite di vulnerabilità e la risposta allo stress è strutturata in moduli comportamentali violenti o negligenti; non rappresenta quindi una soluzione efficace al problema. E’ comunque una forma di prevenzione, perchè con la presa in carico della famiglia abusante, si tenta di rompere il "ciclo intergenerazionale" dell’abuso. Manca anche in questi programmi una valutazione scientifica della loro validità. 40 Un obiettivo importante della prevenzione in generale è quello di rendere tutti coscienti della gravità e della attualità di questo problema. Siamo tutti chiamati a rispondere in prima persona, ognuno con responsabilità diversa. I giudici, il medico di base, l’infermiere, il pediatra e gli insegnanti hanno ruoli fondamentali nel riconoscere i casi a rischio e nell’avvicinarli ai servizi sociali, per creare una rete di supporto formale ed informale, ma anche "l’uomo della strada” deve essere attento a quello che gli accade attorno, alla condizione dei bambini che gli vivono vicino. La responsabilità ______________________ 40

Belskey J. “Child maltreatment and the emergent family system“ In Browne K. et al., ed. Early prediction and prevention of child abuse. Chichester, John Wiley & Sons,267-287,1998. Egeland B. “BreaKing the cycle of abuse: Implications for prediction and intervention” in Browne K. et all., ed Early prediction and prevention of child abuse. Chichester, John Wilwy e Son, 27-287,1988.“ Theory and observation of attachment and its relation to child maltreatment: a review”. Child abuse and neglect 22 (11). 1998

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del benessere dei minori appartiene all’intero tessuto sociale. Tra l’evento e il risultato esistono dei fattori che possono moderare o aggravare la situazione di violenza ed è importante conoscerli per prendere delle misure preventive o protettive efficaci.

I attori di protezione o di aggravamento delle violenze possono essere divisi in tre categorie: caratteristiche personali del bambino, fattori di ordine familiare e fattori contestuali.41. Alcune caratteristiche del bambino, come un t emperamento facile, l’intelligenza, buone capacità sociali, risultano essere fattori protettivi, capaci di moderare gli effetti negativi del maltrattamento e/o abuso. Altri fattori sono la capacità di trovare aiuto e sostegno, rivelando l’abuso e facendosi proteggere; la capacità di ristrutturazione cognitiva, che permette di dare un senso alla violenza; lo stile attributivo e il locus of control, in particolare il fatto di attribuire gli avvenimenti positivi alle proprie capacità e gli avvenimenti negativi agli altri (al genitore abusante o al caso). Se queste strategie di coping proteggono il bambino, la strategia della “negazione” della violenza sembra portare invece ad un aggravamento della situazione del bambino, sia sul piano concreto che su quello psicologico. Il sostegno da parte dei genitori, o del genitore non abusante, è cruciale nel determinare le conseguenze della violenza. Visto che è quasi sempre la madre il genitore non abusante, si

può dire che avere un buon rapporto con lei e ricevere il suo sostegno

sono dei fattori determinanti per moderare gli effetti della violenza. Anche il ruolo di altre figure familiari non è da trascurare; se sono presenti sorelle, fratelli, nonni o altri parenti, capaci e disponibili, essi possono rappresentare una fonte di sostegno e di cure non indifferente. Anche le risposte legate al contesto extra-familiare s ono importanti per moderare o aggravare le conseguenze delle violenze 42. __________________

41

S.Cimino, La trasmissione intergenerazionale del maltrattamento: un quadro teorico, in Maltrattamento e abuso all’infanzia,

vol. 4, n.3, dicembre 2002.

42 M. Cesa Bianchi, E. Scabini, la Violenza sui bambini, Milano 1993

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Essere creduti e sostenuti dai servizi sociali, dalle forze dell’ordine e dalla magistratura nel momento dello svelamento delle violenze; avere fonti di sostegno sociale, come un amico del cuore o un’insegnante; far parte di un contesto edu-cativo strutturato e supportivo, come la scuola o un gruppo sportivo; avere degli hobby o delle attività extrascolastiche in cui riesce bene e che danno valore, rappresentano impor-tanti fattori di moderazione delle conseguenze delle violenze. E’ molto importante poter parlare con qualcuno dei maltrattamenti subiti perché questo aiuta le persone a riformulare cognitivamente gli eventi, a riconoscere le proprie emozioni e a trovare un sostegno utile. Molto spesso le vittime di violenze non ne parlano con nessuno perché si vergognano o perché si sentono in colpa per quello che è successo loro, hanno paura di non essere credute o di essere punite e spesso sono minacciate e costrette al silenzio da parte dell’aggressore. Riuscire a trovare il coraggio di parlare è un fattore di protezione e di promozione del proprio benessere e quindi deve essere sostenuto. In una ricerca svizzera con un campione di ragazze di 15-20 anni, il 72% delle vittime di aggressioni e molestie sessuali ne aveva parlato con qualcuno: le ragazze che si erano confidate presentavano significativamente meno problemi psicosociali di quelle che avevano taciuto. Bisognerebbe però poter distinguere, da una parte, le caratteristiche associate alla decisione di confidarsi, come uno stile di coping più attivo, migliori competenze sociali, familiari e amici più affettuosi e, dall’altra, il modo in cui la rivelazione è stata accolta (accettazione, incredulità, colpevolizzazione). Molte ricerche mostrano che le reazioni alla rivelazione della violenza sono molto più spesso negative. In una ricerca italiana del 2000, tra le ragazze vittime di violenze sessuali, solo 14 su 36 si erano rivolte a un servizio per chiedere aiuto, nonostante molte di loro

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stessero ancora subendo delle violenze43. 1 E rispetto alle ragazze che erano riuscite a parlare, solo poche avevano ottenuto risposte soddisfacenti. Più spesso, avevano incontrato operatori poco interessati e competenti; le loro “aperture” non erano state incoraggiate; a volte non erano state credute, o erano state colpevolizzate. Il tipo di risposta che viene data dai servizi alle persone che chiedono aiuto rappresenta un fattore molto importante. Risposte negative divengono ulteriori fonti di stress e sofferenza per la persona, costituendo a volte un fattore di aggravamento più che di moderazione delle violenze subite. La scuola e gli altri contesti educativi e ricreativi condividono con i servizi socio-sanitari la caratteristica di rappresentare un fattore di moderazione, ma anche un fattore di rischio o aggravamento degli abusi. Ci sono molti studi che attestano che in questi luoghi si pratica violenza: degli adulti su bambini e adolescenti, o di bambini/adolescenti tra loro. Visto che la scuola è il luogo dove i bambini passano la maggior parte del loro tempo, questa si dovrebbe attivare per essere in grado di prevenire la violenza e sostenere i bambini che ne sono vittime. Il successo in un’attività scolastica o extra-scolastica e il sostegno da parte di un adulto, per esempio un insegnante, rappresentano potenti fattori di moderazione tra le violenze familiari e un esito negativo. Alcuni studi su campioni di adolescenti mettono bene in evidenza l’articolazione tra fattori personali, familiari e contestuali nell’influenzare la capacità di resilience.Gli studiosi Lynskey e Fergusson hanno condotto uno studio longitudinale molto interessante.

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2

Hanno seguito un gruppo di 1025 bambini neozelandesi dalla nascita fino

ai 18 anni. Di questi, poco più del 10% fu vittima di abuso sessuale in età evolutiva e risultò a rischio di vari disturbi, come depressione, ansia, abuso di sostanze, tentato suicidio e disturbo postraumatico. Però, circa un quarto dei soggetti vittime di abuso sessuale non presentò alcuna difficoltà di adattamento. L’analisi dei dati permise di rilevare che due fattori erano in grado di influenzare l’esito a lungo termine: il grado di affiliazione, durante 43

L.Cancrini, La cura delle infanzie infelici, viaggio nell'origine dell'oceano borderline, Milano, 2013

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P.Di Blasio, Psicologia del bambino maltrattato, Il Mulino-Bologna 2000

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l’adolescenza, con coetanei delinquenti; la misura delle cure e del sostegno da parte dei genitori, durante la fanciullezza. Un altro studio molto interessante è quello di Werner e Smith che, nell’isola di Kauai, negli Stati Uniti, seguirono e studiarono un campione di 505 bambini, fino all’età adulta, utilizzando diverse tecniche (interviste a genitori, insegnanti e ai soggetti, osservazioni di comportamento, analisi dei documenti). Si è potuto stabilire che un terzo dei bambini considerati ad alto rischio di sviluppo problematico diventava invece un adulto equilibrato e ben integrato socialmente. La ricerca ha messo in evidenza come fattori di ordine personale, familiare e contestuale potessero agire da “protezione” nei confronti dei bambini. A livello personale, il fatto di essere neonati “facili”, di essere intelligenti e socievoli, e di avere un locus of control interno. A livello familiare, rappresentavano fattori di protezione un buon livello educativo dei genitori, il fatto che la madre avesse un buon lavoro pagato e che fosse molto “innamorata” dei figli. A livello contestuale, avere una rete di sostegno e solidarietà da parte della comunità, aiuta a superare dei momenti difficili. I lavori svolti in altri paesi ci danno indicazioni sulla frequenza delle violenze, le circostanze in cui avvengono e su alcune delle conseguenze. Sono però rarissime le ricerche in cui si cerca di conoscere direttamente l’esperienza di bambini e ragazzi che sono o sono stati vittime di violenza. A volte, gli operatori sociali sono intervistati in proposito, come se essi conoscessero meglio del bambino cosa quest’ultimo sta vivendo. In altre ricerche le madri sono intervistate al posto dei figli, come “persone informate sui fatti”45 3 Sicuramente una madre o un assistente sociale conoscono la situazione, ma chi meglio di un bambino o un ragazzo ci può dire cosa ha vissuto, cosa ha provato, quali sono le conseguenze che sta vivendo, e cosa ha fatto o sta facendo per aiutarsi a uscire dalla violenza, a lottare contro le sue conseguenze? Certo, ci sono molti problemi legati al fatto di intervistare un bambino o un adolescente: se é minorenne, occorre il consenso di un genitore, e 45

A.Miller, Il bambino inascoltato, Torino, 1989

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se il genitore é violento, rifiuterà di dare questo consenso; la situazione può essere molto delicata se il soggetto é ancora coinvolto nella situazione di violenza; inoltre, anche in casi in cui i soggetti sono maggiorenni e non ci sono ostacoli all’intervista, spesso gli operatori sociali non favoriscono il contatto, partendo dal presupposto che le persone non vogliano parlare delle violenze subite.

3.3.1 Strategie a livello istituzionale di contrasto al fenomeno di maltrattamento e abuso In ambito di prevenzione e contrasto al fenomeno di maltrattamento e abuso nei confronti dei minori è istituito a livello centrale il Coordinamento Regionale, composto da: • Due rappresentanti del Settore Politiche Sociali della Regione Campania, di cui uno con funzione di coordinatore; • Un rappresentante del Settore Assistenza Sanitaria della Regione Campania; • Un rappresentante del Settore Istruzione e Cultura della Regione Campania; • Un rappresentante degli uffici giudiziari minorili presenti nella Regione Campania; • Un rappresentante della Direzione Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale. Il Coordinamento Regionale d’intesa con gli enti, le istituzioni e le organizzazioni partecipanti ha la funzione di: a) Creare modalità di confronto e di raccordo fra gli enti, le istituzioni e le organizzazioni coinvolte, al fine di garantire un sistema integrato di interventi e servizi, mediante la promozione di protocolli d’intesa tra le diverse competenze istituzionali e la condivisione di modelli operativi; b) Definire indirizzi generali di politica sanitaria e sociale, orientate alla tutela del minore e al benessere familiare; c) Definire indirizzi regionali per la formazione in materia di abuso e maltrattamento, da implementare in tutti gli ambiti della formazione in campo sociale e sanitario; 41


d) Definire forme di raccordo con le Province, i Comuni, le Aziende Sanitarie Locali, gli Ambiti territoriali, le Prefetture, le Amministrazioni scolastiche, le Procure, i Tribunali e le Questure, che concorrono alla raccolta delle conoscenze e dei dati sui bisogni e sulle risorse rese disponibili sul territorio; e) Promuovere iniziative di sensibilizzazione, divulgazione e comunicazione sociale, anche mediante forme di collaborazione con le agenzie di comunicazione di massa; f) Mettere in campo, anche attraverso le attività dell’Osservatorio Regionale permanente sulla condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza, tutti gli strumenti necessari di monitoraggio, per: 1. Far emergere i fenomeni di maltrattamento e abuso sui minori, e conoscerli sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo; 46

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2. Realizzare la mappatura delle risorse disponibili nel territorio in grado di dare risposte in termini di rilevamento, protezione, diagnosi e cura; 3. Promuovere la ricerca clinica e scientifica nel campo delle metodologie d’intervento per la cura del maltrattamento. g) Promuovere una formazione di base sui fenomeni in oggetto, rivolta a coloro che operano a contatto con i minori, perché acquisiscano le competenze necessarie a riconoscere ed accogliere i segnali di sofferenza e disagio ed attivare un percorso di approfondimento connettendosi con altre figure professionali e servizi; h) Promuovere una formazione specialistica per gli operatori incaricati di effettuare la valutazione e di prendere in carico il minore e la famiglia; i) Condividere le buone prassi maturate a livello territoriale, nazionale ed internazionale; l) Promuovere iniziative di sensibilizzazione, divulgazione e comunicazione sociale rivolte alla popolazione locale, sui diritti dei minori e sui fenomeni di maltrattamento .

4465

S.Cirillo-P.De Blasio, La famiglia maltrattante, Milano, 1985

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Capitolo 4 ASPETTI GIURIDICI ED INTERVENTI A FAVORE DEL MINORE VITTIMA DI ABUSO Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi; è l’indifferenza dei buoni. (M.L. King)

4.1 Principi costituzionali Nel compiere un breve excursus legislativo, dalle origini del diritto minorile ad oggi, possiamo cogliere facilmente come, negli anni 30’ e 40’, il minore fosse considerato un soggetto debole, con capacità limitate addirittura pericoloso per la società47. 5. Lo stesso Codice Civile emanato nel 1942 considerava i minori incapaci a provvedere a se stessi e quindi assoggettati ai poteri degli adulti; questi potevano disporne in virtù di una concezione di potestà illimitata intesa come diritto supremo del genitore o del tutore e non come funzione educativa e formativa a tutela dell'interesse del minore stesso. Con la promulgazione nel 1948 della Carta Costituzionale, finalmente, anche nel nostro Paese, il bambino diviene un autentico soggetto di diritti da far valere e da rispettare nella società, nella scuola, nella famiglia. I principi costituzionali, affermando come valori assoluti i diritti inviolabili della persona, assurgono il minore allo status di cittadino in quanto soggetto impegnato nella formazione di una personalità adulta e quindi verso la realizzazione, in modo libero e personale, della propria maturità. L'articolo 2 della Costituzione italiana, afferma e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, ne tutela la personalità individuale sia come singolo sia nella espressione di formazioni sociali. Riconoscimento e garanzia che, pronunciato dall'art. 2, viene confermato operativamennte, secondo il principio fondamentale dell'uguaglianza, dall'art. 3. E' proprio con l'art. 3, infatti, che la Repubblica afferma con forza che l'uguaglianza fra tutti i cittadini

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Legge istitutiva del Tribunale per i minorenni, 1934; Testo Unico di pubblica Sicurezza, 1940.

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non può essere un mero esercizio formale, che non si può limitare ad una enunciazione di principi, ma, in quanto affermazione sostanziale, deve essere realizzata nella pratica. 48

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.

Diviene compito del legislatore, secondo il potere conferitogli dallo Stato, rendere effettivo il principio costituzionale creando le condizioni per la realizzazione di un vero equilibrio economico e sociale che permetta a ciascun cittadino (adulto o bambino che sia) di realizzarsi compiutamente; solo così il cittadino, secondo un giusto equilibrio fra diritti e doveri, potrà sviluppare in modo completo ed armonico le proprie risorse fisiche, intellettuali e spirituali L'art. 3 pone le basi giuridiche, a livello normativo, per un concreto. sviluppo della società e dei cittadini affermando che ciascuno ha il diritto-dovere di costruire il proprio futuro e quello del proprio Paese. Implicitamente, questi due articoli, riconoscono "il globale diritto del minore all'educazione che può articolarsi in un insieme di diritti riferibili ai bisogni del minore, come il diritto alla vita, all'autonomia, alla sicurezza, alla socializzazione, a non essere ritenuto diverso. Viene, inoltre, assunto come uno dei compiti fondamentali della società quello di strutturare condizioni e forme di aiuto che possano rimuovere gli ostacoli che si frappongono ad un armonioso sviluppo delle potenzialità umane". Ma è con gli artt. 29, 30 e 31 che la Costituzione italiana enuncia una nuova tutela del minore che diviene, per la prima volta, autentico soggetto di diritti da affermare e da rivendicare sia nella società civile che nella famiglia; solo così, i suoi bisogni si costituiscono come autonomi diritti soggettivi ed è proprio la Costituzione che permette la chiave di volta giuridica: non più una concezione repressiva ed assistenzialistica, non più il minore oggetto del diritto, bensì una concezione globale che ne tutela non solo la sua evoluzione integrità biologica e fisica, ma ne valorizza la personalità libera ed individuale mediante una funzione educativa.

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A.Pace, Eguaglianza e libertà, in “Pol. dir.”, 2001

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Se l'art. 29 riconosce la famiglia come nucleo interpersonale che costituisce la società naturale, è con gli artt. 30 e 31 che la Costituzione italiana si occupa prioritariamente dei minori: ne riconosce il diritto al mantenimento, all'istruzione, all'educazione; prevede, che la legge stessa vicari i compiti genitoriali in caso di incapacità di questi ultimi; equipara infine i figli nati fuori dal matrimonio a quelli legittimi.49 7.

4.2 Il Diritto Internazionale Nel 1959 con la “Dichiarazione dei Diritti del Bambino” dell’ONU, il bambino comincia a diventare soggetto di diritto e non è più un oggetto del tutto sottomesso all’autorità parentale e degli adulti. Il primo pronunciamento internazionale a tutela dei diritti dei minori è la "Dichiarazione sui diritti del fanciullo" promulgata dalla Società delle Nazioni Unite a Ginevra nel 1924 ma è con la "Dichiarazione dei diritti del bambino", approvata dall'O.N.U,

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che nasce il

minore come soggetto di diritto a cui viene riconosciuto, a livello universale, il diritto ad essere tutelato. Numerose dichiarazioni di principio si sono poi succedute nel tempo, tra le più importanti è opportuno segnalare la "Convenzione europea sull'adozione dei minori" (Strasburgo, 24/4/1979); la "Convenzione internazionale sulla sottrazione di un minore" (L'Aja, 25/10/1980); la "Dichiarazione dei principi sociali e giuridici relativi alla protezione ed al benessere dei minori, con particolare riferimento all'affidamento familiare e all'adozione nazionale ed internazionale" (New-York, novembre 1986). Infine non possono essere trascurati due documenti fondamentali nell'affermazione dei diritti universali dell'infanzia: il primo è la "Risoluzione del Parlamento Europeo" (1985) che invita tutti gli Stati afferenti la Comunità a prevenire, proteggere, ed assistere i minori vittime di maltrattamenti e di abusi aiutando, secondo le modalità più idonee, le famiglie 49

C.Girelli, L’integrazione, in A.Bobbio-C.Scurati (a cura di), Ricerca pedagogica e innovazione educativa. Strutture, linguaggi esperienze, Roma, 2008. 50 New-York 20.11.1959

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problematiche; è importante sottolineare come la risoluzione attribuisca allo Stato la possibilità di intervenire nei rapporti gravemente conflittuali tra genitori e figli. Il secondo documento è la "Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia" stipulata dall'O.N.U. (New-York, 20 novembre 1989), entrata in vigore a livello internazionale il 2 settembre 1990 e ratificata dall'Italia con la L. n. 176/91, che sancisce il dovere di tutelare e proteggere i minori da tutte le violazioni dei diritti stabiliti e promulgati con la Dichiarazione del 1959. La convenzione si propone di dare attuazione al <<superiore interesse del minore>>, che deve costituire oggetto di primaria considerazione in tutte le decisioni che vengono adottate da tribunali, autorità amministrative, organi legislativi o istituzioni di assistenza sociale, private o pubbliche 51. 9. E’ evidente la grande importanza di avere creato uno strumento internazionale che afferma l'inesistenza di circostanze, situazioni, interessi, per quanto legittimi e garantiti, rispetto ai quali non sia in se' superiore l'interesse del minore a dover essere preso in considerazione in maniera fondamentale.

4.3 Contesto civile e penale In Italia, due sono le leggi più recenti che hanno modificato la disciplina nei confronti della protezione sessuale dei minori. La prima, legge n. 66 del 15 febbraio 1996 "Norme contro la violenza sessuale", ha definito come "abuso sessuale" la pedofilia intesa come "l’atto sessuale di un adulto con un bambino o una bambina che non hanno compiuto i 14 anni".52 La legge sancisce una nuova concezione di abuso, eliminando la vecchia distinzione tra “violenza carnale” ed “atti di libidine violenti” e prevedendo una norma specifica per gli “atti sessuali contro i minorenni”. La procedibilità d’ufficio dovrebbe maggiormente 51

S. Del Vecchio, L’indagine medico-legale nel delitto di violenza sessuale sui minori, in: Giommi R., Pcrrrotta M. (a cura di) Pedofilia. Gli abusi, gli abusati gli abusanti. Edizione del Ceno, Firenze 1997.

52

Legge, n. 269 del 3 agosto del 1998, "Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù"

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garantire la tutela del più debole, non essendo più necessaria, per i minori, la querela di parte. Le pene vengono differenziate in relazione all’età della vittima e viene inoltre prevista la riservatezza e il sostegno alle vittime con l’ascolto delle stesse in condizioni “protette”, con divieto di diffondere immagini e cognomi. Per reati procedibili d’ufficio si intendono tutte quelle ipotesi criminose per le quali lo Stato è tenuto a perseguire il responsabile a prescindere dalla volontà dei privati titolari dei diritti che sono stati violati. Quindi, è tale anche con atti sessuali non completi (intendendo per atti sessuali tutti quegli atti a connotazione sessuale comprensivi anche delle molestie) perpetrati con violenza, aggressività, minaccia oppure, “semplicemente”, facendo leva sull’autorità. Le disposizioni della Legge n°66 tentano di difendere ogni persona, a prescindere dal sesso e dall’età, da illecite invasioni nella propria sfera di libertà. Particolare attenzione è riservata al minore per la sua incapacità di esprimere un consenso libero e cosciente, affinché vi sia un’efficiente tutela della privacy durante lo volgimento del processo. La legge n° 66 del 15 febbraio 1996 specifica che l’operatore psico-socio-sanitario deve denunciare alla magistratura il “sospetto” che il minore sia abusato, in quanto la “certezza” nei primi momenti di rilevazione e segnalazione è impossibile possederla. Sarà il seguito delle indagini (mediche, sociali, psicologiche, giudiziarie) che porterà all’accertamento. Inoltre gli articoli del Codice Penale prevedono denunce di reati contro la persona (lesioni, minacce, violenza).5349 La seconda legge, n. 269 del 3 agosto del 1998, "Norme contro Lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù" è rivolta a difendere i bambini italiani e stranieri da forme di pedofilia che si caratterizzano attraverso lo sfruttamento commerciale, in particolare la __________________ 53

Legge n. 66/1996 "Norme contro la violenza sessuale"

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prostituzione e la pornografia.54 Si è giunti, quindi, ad una sintesi legislativa importante che prende finalmente atto della gravità della situazione i cui contorni non si riescono a definire essendo tale la sua ampiezza. Alcune delle più importanti norme che regolano le Problematiche della tutela dei minori sono: - l’art. 330 del Codice Civile “Decadenza potestà dei genitori”. Nelle situazioni di grave abuso sessuale o maltrattamento segnalate, il Tribunale per i Minorenni verifica pertanto anche l'eventuale sussistenza dello stato di abbandono. In tale ambito si collocano gli interventi del giudice inerenti la decadenza o sospensione dalla potestà genitoriali, quando questi viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio; - l’art. 333 del Codice Civile “Condotta pregiudizievole”. Per gravi motivi, il giudice può anche ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare; - l’art. 336 Codice Civile (Potestà dei genitori); - l’art. 403 Codice Civile “Interventi della pubblica autorità”. Gli operatori dei servizi, infatti, qualora ravvisino una situazione di grave pregiudizio per il minore, così urgente da non consentire l’emanazione di un provvedimento di limitazione della potestà da parte del Tribunale per i Minorenni, anche su richiesta dell’autorità di polizia o di propria iniziativa, possono collocare il minore in luogo sicuro, sino a quando non si provveda in modo definitivo alla sua protezione); - l’art. 331 del Codice Procedura Penale “Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio”. A norma dell'art. 9 Legge 4 maggio 1983 n.184, "Chiunque ha facoltà di segnalare alla autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età. I pubblici ufficiali, gli incarica_______ 54

CISMAI Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia “ Sensibilizzazione e prevenzione nel campo del maltrattamento e dell’abuso sessuale”, novembre 2000.

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incaricati di pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità, debbono riferire al più presto al tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengono a conoscenza in ragione del proprio ufficio". A tal proposito, va ricordato che integra la situazione di abbandono di un minore non soltanto la precisa ed esplicita manifestazione di volontà di abbandonare il figlio da parte dei genitori, ma anche l'esistenza di comportamenti dei medesimi tali da poter, conseguentemente, compromettere in modo grave ed irreversibile la crescita psico-fisica del minore. L'abbandono ricorre altresì ogniqualvolta si verifichi una obiettiva e non transitoria carenza di quel minimo di cure materiali e di aiuto psicologico necessari per assicurare al minore un ambiente idoneo a consentirgli di realizzare la sua personalità e tale da evitare danni irreversibili all'equilibrio psichico. Ai sensi dell’art. 365 c.p., inoltre, la categoria professionale sanitaria ha l’obbligo di referto, regolato dall’art. 334 c.p.p; tale obbligo sorge allorché, nell’ambito della prestazione erogata, il professionista ha conoscenza (certa o anche solo presunta) di una fattispecie che mostri caratteri di un delitto perseguibile d’ufficio. Secondo l'art. 609-decies, commi 2-3-4, cod. penale, nei casi previsti dal comma 1, "l'assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne è assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne e ammesse dall'autorità giudiziaria che procede. In ogni caso al minorenne è assicurata l'assistenza dei servizi minorili dell'Amministrazione della giustizia e dei servizi istituiti dagli enti locali. Dei servizi indicati nel terzo comma si avvale altresì l'autorità giudiziaria in ogni stato e grado del procedimento"55. 10. L’art.572 del codice penale "maltrattamento in famiglia o verso i fanciulli" prevede l'illiceità del maltrattamento nei confronti di persone di un nucleo familiare,56 siano essi mino55

M.S. D’Andrea, Accertamento peritale in caso di abuso: il paradosso della prova in “L’intervento coatto: un paradosso terapeutico. Maltrattamento, trascuratezza e abuso all’infanzia”, Pescara 2005. 56 Ibidem

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renni o maggiorenni, nonché quello nei confronti di adulti o minorenni affidati ad altri per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia ..Tali maltrattamenti comprendono la molteplicità di atti reiterati nel tempo, numerosi o addirittura abituali, da cui origina una relazione interpersonale tra maltrattante e maltrattato particolarmente dolorosa: è quindi connaturale alla nozione di maltrattamento il carattere di abitualità, quasi ad assurgere a vero e proprio regime di vita. Rientreranno nel concetto di maltrattamento tutte quelle forme di comportamento che appaiono tali da provocare una vera e propria degradazione fisica o morale della persona offesa. Il comportamento comunque previsto dall'art. 572 c. p. comprende quindi azioni ed omissioni; in quest'ottica la patologia delle cure (ipercura, discuria ed incuria) diviene abuso all'infanzia al pari di un maltrattamento di tipo fisico e/o psicologico.

4.3.1 La tutela della persona nell’abuso sessuale E’ il movimento femminista la spinta ideale della legge, approvata dopo vent’anni di discussione, 15.2.1996, n. 66, che realizza un significativo progresso nella lotta contro i reati sessuali. I reati di violenza sessuale, con la legge in esame, non sono stati piu’ considerati reati contro la moralita’ pubblica ed il buon costume, ma delitti contro la persona. Tale significativa collocazione non e’ solo un riconoscimento formale e senza alcun contenuto sostanziale, ma sottende, invece, profonde mutazioni politico culturali riconoscendo, anche giuridicamente, il diritto di gestire la propria sessualita’. Il legislatore ha inteso sottolineare che la liberta’ sessuale e’ un bene individuale e personale collocando l’intero corpus delle norme relative alla materia, nel capo XII, sezione II del codice penale “ Delitti contro la liberta’personale”, capo ove sono collocati, tra gli altri, i reati di sequestro di persona, indebita limitazione della liberta’ personale, riduzione in schiavitù ed altri. La nuova disciplina dei 50


reati di violenza sessuale ha abolito la distinzione tra atti di libidine e congiunzione carnale violenta. La liberta’ personale non ammette distinzioni di sorta nell’ambito degli atti volti a dar sfogo al desiderio sessuale allorche’ questi siano compiuti senza il consenso della vittima 57. Proprio per questo motivo sono state eliminate le distinzioni di violenza carnale, coito vaginale,anale o orale, e gli atti di libidine consistenti in tutta quell’attivita’ sessuale che non rientra negli atteggiamenti gia’ indicati. Sono di estremo interesse, inoltre le previsioni normative specificamente direttte alla repressione dei crimini di abuso sessuale contro i minori. L’art. 609 bis c.p. (violenza sessuale) con la eliminazione della distinzione tra violenza carnale e atti di libidine violenti, distinzione esclusivamente fondata sulla materiale penetrazione o me-, no prevede una fattispecie unificata di violenza sessuale, qualunque sia il comportamento nell’ambito della sfera sessuale tenuto dall’agente, senza il consenso della vittima, punita con pena da cinque a dieci anni. Si intende così sottolineare che, qualunque atto sessuale lede la persona quando la stessa non si sia determinata al rapporto; e che ancora anche gli atti sessuali diversi dalla penetrazione hanno effetto devastante sulla vittima. << Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorita’ costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito…>>, così l’art. 609 bis c.p. definisce la violenza sessuale. Le ipotesi ritenute di minore gravita’, nelle quali possono farsi rientrare, almeno in parte, i vecchi atti di libidine, sono punite con una riduzione delle pene previste dal 1° comma dell’articolo in esame in misura non eccedente i due terzi. ____________________________57

F.Occhiogrosso, le norme contro la violenza sessuale, in minori e sessualita’, Milano, 1999,229 ss

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La d izione della norma <<… chiunque con violenza o minaccia…>>, sembra volere affermare che per la sussistenza del reato occorra, necessariamente, mettere in atto comportamenti commissivi, non considerando che il reato puo’ sussistere sempre e ogni qual voltavi sia dissenso della parte offesa. E’, invece, l’evoluzione della giurisprudenza che ha esteso i concetti di violenza e minaccia ritenendo sussistenti i due elementi anche quando il soggetto agente costringe la vittima a subire atti sessuali profittando del suo stato di prostrazione, angoscia o minorata difesa . Il che avviene sempre quando si tratta di minore che deve subire un rapporto voluto da un adulto. Così, sentenze della Corte di Cassazione hanno ritenuto sussistente la violenza anche quando il soggetto agente, con il suo comportamento, ha limitato la libera determinazione della parte lesa. L’ipotesi in esame, poi, ha previsto il reato anche nel caso in cui l’autore del fatto abbia agito con abuso di autorita’ comprendendo, in esso, tutte le ipotesi nelle quali la vittima si trovi in una condizione di sottoposizione rispetto al reo. Così come nel caso in cui, abusando della condizione d’ inferiorita’ fisica o psichica della persona, o traendola in inganno sostituendosi ad altro soggetto, si induca la persona offesa al rapporto sessuale. Trattasi, in questa fattispeece, di condotte induttive. L’art. 609 ter c.p. ( Il delitto), aggrava ulteriormente il delitto per circostanze ricollegabili alla gravita’ di alcune condotte (uso di armi, di sostanze stupefacenti, ecc.), ai rapporti intercorrenti con la vittima (ascendente, genitore adottivo, tutore), ma, soprattutto, in relazione all’eta’ della persona offesa. Per questo la prima circostanza aggravante prevista dall’articolo in esame è rappresentata dall’eta’ della vittima inferiore a quattordici anni. La pena è determinata da sette a quattordici anni di reclusione se il fatto è commesso su un 52


minore che non ha compiuto i dieci anni. Per tutte le altre circostanze sopra elencate, la pena è di sei-dodici anni di reclusione. La tutela dei minori in ambito sessuale è stata estesa con le innovazioni della l.n. 66/1996. L’art. 609 quater c.p (Violenza sessuale in danno di minore degli anni quattordici ) prevede infatti , le ipotesi di atti sessuali in assenza dell’elemento della violenza o della minaccia allorrchè l’atto sessuale sia compiuto con un minore degli anni quattordici o, in casi particolari, di anni sedici, che non si deve tenere in alcun conto il consenso al rapporto che il minore abbia espresso. Cio’ in quanto si ritiene che il libero e consapevole consenso non possa essere espresso prima del raggiungimento di un determinato grado di maturita’ o di sviluppo che, generalmente viene raggiunto intorno ai quattordici anni. Quando il minore sia infrasedicenne, tuttavia, se il rapporto si determina con i soggetti che con lui hanno rapporti di particolare rilevanza, ascendente, genitore (anche adottivo), tutore, affida tario per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia, o che con lui abbia un rapporto di convivenza, si chiede che il minore abbia raggiunto un superiore livello di maturita’ che non viene conseguito prima dei sedici anni. Se il minore ha raggiunto i quattordici anni ed il rapporto si consuma con un estraneo, in assenza di violenza o minaccia, il consenso del minore assume rilievo solo al compimento del sedicesimo anno di eta’. Nell’art. 609 quater c.p. è previsto il caso di rapporti sessuali consensuali tra coetanei minorenni. Viene, così ampliata l’area della liberta’ sessuale riducendo quella dell’intangibilita’. Recita il 3° comma dell’articolo che non vi è responsabilita’ penale per il minorenne che abbia rapporti con un ultratredicenne se la differenza di eta’ non superi i tre anni. 53


Si tratta di una novita’ rilevante in quanto sancisce il diritto alla sessualita’ anche per i minorenni. L’ art. 609 quinques c.p. (Atti sessuali compiuti alla presenza di un minore) tutela il minore infraquattordicenne ove è previsto che chiunque, con lo scopo di far assistere il minore, compia alla sua presenza atti sessuali è punito con la reclusione da sei mesi atre anni.

Nella pre-

visione normativa il minore degli anni quattordici non deve in alcun modo partecipare agli atti sessuali in quanto, in questo caso, si concretizzerebbe il reato di violenza sessuale, se vi è uso di minaccia o di violenza, o di atti sessuali con minorenne. La nuova formulazione della norma ha abbassato l’eta’ del minore da sedici anni a quattordici anni ritenendo che la presenza dell’infrasedicenne, se volontaria, sia uno dei modi di esplicazione della propria liberta’ sessuale. L’art. 609 octies (Violenza sessuale di gruppo). La legge in esame ha, poi, introdotto una nuova ipotesi di reato: la violenza sessuale di gruppo. Consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite ad atti di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis. La pena è prevista da sei a dodici anni di reclusione. L’art. 609 decies c.p. (Comunicazione al tribunale per i minorenni ). La legge ha ulteriormente ampliato la tutela della vittima minorenne. E’, infatti, previsto che, quando i reati di abuso sessuale siano commessi in danno di minorenni, deve esserne data immediata comunicazione da parte del procuratore della repubblica ordinaria al tribunale per i minorenni che, a sua volta, potra’ attivare in via di urgenza (art. 3360 c.c.) tutte le procedure necessarie a tutelarte il minore, ovvero potra’ dare notizia del fatto al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni che potra’avanzare le sue richieste a tutela del minore con un ricorso ordinario. Di considerevole portata, ai fini della tutela del minorenne vittima, anche il 2° comma dell’art. 54


609 decies c.p. e’ previsto che, in ogni stato e grado del procedimento deve essere garantita l’assistenza affettiva e psicologica del minore vittima dell’abuso sessuale. Assistenza che, in primo luogo, deve essere offerta dai genitori o da altre persone indicate dal minorenne e ammesse dall’autorita’giudiziaria. Appare evidente come il legislatore abbia voluto, con la dizione <<…indicate dal minorenne…>>, realizzare una reale tutela affettiva e psicologica affiancando al minore le persone a lui gradite e non soggetti che astrattamente dovrebbero essere in grado di sostenere il minore, ma che non è detto che, in concreto, lo facciano. L’articolo, inoltre, prevede che in ogni caso al minorenne, in ogni stato e grado del procedimento, e’ garantita l’assistenza dei servizi minorili della giustizia e di quelli degli Enti locali di cui deve avvalersi l’autorita’ giudiziaria. Il servizio minorile, in uno con quello locale, o coinvolgendo quest’ultimo nelle fasi successive deve farsi carico del minore vittima dell’abuso sessuale, predisponendo un programma di sostegno per lui e per il suo nucleo familiare. Cio’ sia al fine di rendere meno dolorosa la fase processuale, che anche se attuate per proteggere il minore è per questi sempre un evento tra traumatico, sia al fine di avviare fin dalle prime fasi le attivita’ che serviranno al minore per correttamente collocare l’esperienza dell’abuso nei propri vissuti così da ridurre al minimo il danno che si è prodotto. Il Dipartimento per la giustizia minorile, nel corso di una propria indagine sull’argomento, ha acclarato, ai fini di un’ efficace azione di tutela, che è essenziale: la circolarita’ delle informazioni e la costruzione di un’azione unitaria che veda coinvolti gli ambiti sociali, sanitari e giudiziari; la predisposizione di una formazione integrata tra le diverse professionalita’ sulla materia; lavorare in rete; determinare protocolli operativi tra autorita’ giudiziaria, servizi 55


ministeriali, servizi territoriali e terzo settore. Si sottolinea che sarebbe opportuno estendere le previsioni dell’art. 609 decies c.p., a tutte le fattispecie di reato legate all’ambito familiare o educativo e che vedano coinvolto il minore.

4.3.2 L’incidente probatorio Ancora, la L. 15.2.1996, n. 66, al fine di ridurre, l’ulteriore danno che deriva al minorenne dall’iter processuale penale della vicenda che lo ha visto coinvolto quale vittima , ha amplificato la possibilita’ di utilizzo dell’incidente probatorio. Quest’ultimo è un sistema per il quale si evitata al minore, vittima di abuso sessuale, di rendere la propria testimonianza in dibattimento ordinario. Questo, che ha regole diverse da quelle predisposte per i minorenni, recepisce in parte nell’incidente probatorio le regole proprie del processo minorile (a porte chiuse, con l’interrogatorio da parte del presidente del collegio e non delle parti, con la presenza di figure di sostegno che lo assistono). Cio’ per evitare, comunque, l’evento traumatico della testimonianza che, avendo, spesso, in tempi lontani dall’episodio di abuso, fa rivivere al minore l’angoscia esistenziale dell’ evento subito. Per questo il comma 1 bis dell’art. 392 c.p. prevede che il giudice, ove la persona da ascoltare abbia meno di sedici anni, determini il luogo, il tempo e le modalita’ particolari attraverso cui procedere all’incidente probatorio quando le esigenze del minore lo rendano necessario o opportuno. I diversi protocolli tra le autorita’ giudiziarie ordinarie e minorili, che si sono succeduti nel corso degli anni, hanno definito quella che, ormai puo’ considerarsi prassi consolidata. Nei casi di minore abusato che non abbia compiuto i sedici anni, in genere, si procede all’assunzione della prova nelle forme dell’audizione protetta. Questa si svolge in due distinti ambienti idonei e predisposti all’audizione. Normalmente minuti di specchio.

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In quella ove vi è la superficie specchiata si colloca la persona da ascoltare insieme allo psicologo, ausiliario del giudice, che le rivolgera’ le domande indicate dalle parti e dal giudice. Nell’altra, ove vi è il retro dello specchio che consente di vedere cosa accade dall’altro lato, si collocano le parti, il giudice ed il cancelliere con gli apparati di video e fono registrazione attraverso i quali si deve documentare quanto accade. La legge lascia alla discrezione del magistrato la possibilita’ di avvalersi di un ausiliario nella conduzione dell’incidente probatorio, mentre sarebbe stato preferibile prevedere in via obbliga toria l’utilizzo di persone professionalmente qualificate sia ad ascoltare i minori, soprattutto quando molto piccoli, sia a creare le condizioni ambientali migliori per consentire al minore di esprimersi liberamente. L’ascolto del minore, nell’ambito dell’audizione protetta, deve, infatti consentire a questi di esprimere tutto quanto ritiene di dover riferire. L’operatore deve avere la capacita’ di evitare ogni forma di domande ”suggestive” che possano suggerire al bambino risposte in linea con quanto egli comprende che l’adulto abbia voglia di sentirsi dire. Non deve dimenticarsi che, in assenza di domande suggestive, il bambino ha piena capacita’di raccontare quanto gli è accaduto. Se, invece al bambino vengono poste domande in grado di suggerire le risposte, la sua capacita’ di modulare la realta’ secondo l’orientamento della domanda, è di gran lunga maggiore che non negli adulti. Cosi’ potra’ accadere che eventi che per il bambino sono poco chiari, a seconda dell’orientamento della domanda, acquisiranno diversa valenza positiva o negativa. Non solo è necessario che gli adulti, magistrati e suoi ausiliari, siano preparati all’utilizzo corretto dello strumento dell’audizione protetta, ma che anche il minore vittima del reato di abuso, sia preparato a tale audizione. Non deve, infatti, mai sottovalutarsi la possibilita’ che il minore potrebbe essere veramente abusato, potrebbe essere frainteso nelle cose raccontate 57


o potrebbe non avere una corretta capacita’ di percezione della realta’. Comunque sia considerato che si tratta di un minore in difficolta’, che ha bisogno di aiuto. E’ necessario che, accanto alla preparazione del minore al momento dell’audizione protetta, in quella sede vi sia una persona capace di prestargli attenzione e di rassicurarlo di fronte al disagio che il parlare della su vicenda gli procura. Non è mai facile, per il minore esprimersi nell’ambito dell’ambiente giudiziario e, in particolare, in sede di audizione protetta. E’ indispensabile aiutarlo a: far emergere le motivazioni in virtu’ delle quali il raccontare quanto accaduto gli sia utile; comprendere quali i motivi che gli rendono difficile raccontare i suoi vissuti; prendere contatto con il sistema giudiziario. Questi obiettivi saranno raggiungibili fornendo al bambino tutta una serie di informazioni che gli faranno sentire meno estraneo e incomprensibile il sistema giudiziario. Si potra’ spiegare al bambino: i ruoli rivestiti da coloro che incontra nell’ambito del procedimento; cosa accadra’ e come si svolgera’ il processo: il significato del giuramento se maggiore degli anni quattordici; aiutarlo ad eliminare ogni timore reverenziale nel corso della sua deposizione spiegandogli che deve esprimersi con la propria capacita’ di linguaggio e che non deve vergognarsi di riferire di non aver compreso le domande che gli vengono rivol-. te. L’indicata attivita’ di aiuto nei confronti del minore parte lesa è assolutamente indispensabile ai fini della buona riuscita di un’audizione protetta, e presuppone una buona capacita’ di coordinamento tra gli operatori dell’area giudiziaria e quelli dell’area sociale. Sara’ necessario che i magistrati si coordinino con i servizi sociali del Ministero della giustizia e/o con quelli territoriali che, sono deputati ex art. decies c.p. al sostegno della parte lesa 58


in ogni stato e grado del procedimento. Così come sara’ indispensabile che i servizi non sottovalutino il compito loro affidato dalla legge in modo da non rendere le diverse fasi del procedimento e, in particolare, l’audizione protetta, uno strumento di sofferenza per il minore abusato. Perché l’azione di sostegno da parte dei servizi abbia una qualche efficacia è indispensabile che l’autorta’ giudiziaria sia preparata, anzitutto, a considerare il bambino un soggetto portatore di emozioni e non solo un testimone così da comprendere l’indispensabilita’ dello utilizzo di figure professionali adeguate all’ascolto del minore. E’ anche necessario che vi siano le attrezzature tecniche che consentano al minore di non avvertire la presenza dell’imputato che, in ogni caso rappresenta un elemento di turbativa per il sereno racconto di quanto accaduto.

4.3.3 Processo di intervento di un caso di abuso Per processo di intervento si intende il percorso che va dalla rilevazione di una situazione di sospetto maltrattamento o abuso al trattamento psicologico della famiglia. Quest’ultimo è la risultante del lavoro di più Centri che si occupano di problematiche che riguardano i casi di maltrattamento e di abuso sessuale in danno dei minori. 58 I servizi locali (scuole, ospedali, servizi sociosanitari, polizia) che rilevano una situazione sospetta di maltrattamento devono allontanare - in via provvisoria ed urgente - il minore dalla famiglia. Questo consentirà una efficace presa in incarico dei bisogni e dei diritti del minore e una adeguata mobilitazione delle risorse della famiglia ed il reperimento di risorse speciali. Promuovere il lavoro di rete permetterà di incrementare le relazioni tra operatori e attivare, se è possibile, una eventuale mobilitazione delle risorse della famiglia e del bambino. Ciò comporterà con maggiore efficacia di rilevazione degli eventi o degli indicatori di situazioni gravi che necessitano di una segnalazione all’Autorità Giudiziarie competente . 59


In caso di pericolo grave o di alto rischio, i Servizi devono valutare l’opportunità di contattare la famiglia per coinvolgere i genitori nel riconoscimento del maltrattamento e dei problemi familiari che l’hanno provocato. Questo risponde all’esigenza d’informare i genitori della necessità di riferire la situazione alla magistratura. Nella fase di rilevazione ed in particolare nelle situazioni di presunto abuso sessuale è richiesta alla famiglia una cautela da parte degli operatori: un avvertimento tempestivo della famiglia può causare pressioni sul minore e spingerlo alla ritrattazione. In questo caso si deve evitare di informare i genitori dei sospetti e delle iniziative che si stanno prendendo. In particolare per le situazioni di abuso sessuale, diversamente da altre situazioni di pregiudizio, è necessario che sia l’Autorità Giudiziaria Penale o Civile a stabilire i tempi e le modalità più opportune e giuridicamente corrette per la comunicazione ai genitori. I servizi che hanno rilevato il danno al minore, dopo una prima valutazione congiunta della gravità della situazione, devono segnalare il caso alla Magistratura minorile e, ove necessario, a quella penale 59. In caso di sospetto abuso sessuale, la fase di denuncia può incontrare ostacoli nel pregiudizio e la magistratura potrebbe addirittura aggravare le sofferenze della vittima. Timori e perplessità possono indurre gli operatori psico-sociosanitari a decidere da soli di valutare se le notizie sono fondate, conducendo una specie di miniprocesso, per conto proprio, per valutare se valga o meno la pena di se-gnalazione il fatto. Questo è assolutamente da evitare perché è solo la magistratura abilitata a fare indagini. E’ bene tenere presente che il servizio e gli operatori che effettuano la segnalazione non esauriscono con questo atto il loro compito perchè la loro testimonianza è fondamentale per supportare il il minore e la sua credibilità. La Magistratura minorile incarica la polizia giudiziaria ed i servizi locali preposti, di effettuare una indagine sul caso, in tutti i suoi aspetti medici, sociali, e psicologici indicando la possibilità di avvalersi di servizi specialistici. In caso di accertato pericolo o elevato rischio 60


dispone con apposito decreto un allontanamento provvisorio del minore dalla famiglia, con collocamento presso una comunità di pronto intervento. E così, i servizi territoriali sono investiti del mandato di protezione del minore e di verifica del processo di intervento. Inoltre, qualora si ravvisino estremi di reati perseguibili di ufficio,la Procura potrà disporre a sua volta di perizie mediche e psicologiche. 60 I servizi locali nei loro interventi dovranno quindi tenere conto sia delle esigenze cliniche sia di quelle giudiziarie. Infatti il bambino traumatizzato e’ vittima all’interno della propria famiglia di maltramenti, trascuratezza grave o abusi sessuali, avrà bisogno di aiuti qualificati, di supporto quotidiano, perché non si senta solo ed isolato e superi passività e vergogna, presenti soprattutto nell’abuso sessuale. Dal punto di vista giudiziario occorre sottolineare che la capacità di rendere testimonianza del bambino dipende dal grado di elaborazione del trauma. È perciò essenziale garantire al bambino un adeguato sostegno e una protezione al momento in cui viene richiesto di rendere dichiarazione circa il maltrattamento subìto, soprattutto in caso di abuso sessuale. Le valutazioni diagnostiche dei servizi locali daranno indicazione alla Magistratura formulando una prognosi motivata sulla situazione. 61 Nel caso di prognosi positiva i genitori presenteranno possibilità di recupero, magari parziale e graduale, delle loro funzioni genitoriali, attraverso strumenti operativi. In caso di prognosi negativa la relazione genitori-figli risulta irrecuperabile. Inoltre, la relazione genitori-figli viene sostenuta in vista di un progetto di rientro in famiglia. Le risorse dei genitori vengono attivate, perché si consolidino, anche con interventi di terapia familiare, sostegni assistenziali, affido familiare. 62 _______________ 58

M.A.Valenti, , il Processo di intervento nei casi di abuso e maltrattamento, 2016

59 - 60- 61- 62- ibidem

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Parallelamente il bambino - che con l’allontanamento è stato mesal riparo da una situazione di pericolo - potrà ricevere gli aiuti adeguati fruendo della presenza di adulti competenti che gli riconoscono i suoi bisogni ed i suoi diritti di bambino. Nel caso di impossibilità di recuperare le funzioni genitoriali si attivano sia il sostegno psicologico sia le risorse tese a costruire intorno a lui una diversa rete sociale tenendo viva la speranza e ricostruendo la fiducia verso le figure adulte. Gli aiuti potranno consistere nel sostegno, nella psicoterapia, nell’affidamento familiare o anche nell’adozione.

4.3.4 L’obbligo di denuncia Non è facile discernere i casi nei quali vi e’ un vero e proprio obbligo di denuncia alle autorita’, e quali autorita’, dai casi, invece nei quali si può manifestare la semplice opportunita’ di segnalazione agli uffici preposti ad un approfondimento delle situazioni di disagio. L’obbligo di denuncia sussiste solo per i reati perseguibili d’ufficio. Preliminarmente si deve osservare che ai sensi delle leggi vigenti si debbono distinguere i reati perseguibili d’ufficio da quelli perseguibili con querela di parte. Perseguibili d’ufficio sono tutti quei reati per i quali l’autorita’ giudiziaria procede indipen dentemente da un’ istanza di punizione del reo da parte della vittima. Perseguibili a querela di parte sono tutti quei reati per i quali l’autorita’ giudiziaria non procede, salvo che non vi sia una espressa richiesta di punizione del reo da parte della vittima. La denunzia è la comunicazione di un fatto-reato all’autorita’ giudiziaria o di polizia, di cui si ha conoscenza per l’accertamento delle eventuali responsabilità e la successiva instaurazione di un processo con punizione del colpevole. L’obbligo di denunzia sorge appena si ha notizia, direttamente dalla vittima, dai terzi, attraverso documenti o altre fonti di prova, di un fatto reato perseguibile d’ufficio. Non e necessario, quale condizione per la denuncia, che l’operatore nutra il convincimento che le dichiarazioni siano attendibili, così come 62


nessuna attivita’ di riscontro positivo deve essere compiuta prima e dopo effettuata la denunzia. La denunzia deve contenere sempre una sintetica esposizione del fatto senza alcuna valutazione sulla sua attendibilita’. Rispetto all’obbligo di denunzia è necessario distinguere tra privati cittadini, pubblici ufficiali, e incaricati di pubblico servizio. Secondo l’art. 333 c.p.p. il privato cittadino « che ha notizia di un reato perseguibile di ufficio puo’ farne denunzia » con la sola eccezione di dover denunciare, sempre, i reati contro la personalita’ dello Stato e quelli di ricezione di cose provenienti da delitto. Va sottolineato, invece che ex art. 331 c.p.p. « i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio, devono farne denunzia per iscritto ». Debbono qualificarsi nelle due categorie indicate i medici, gli operatori sanitari, gli assistenti sociali e così via. Per quanto riguarda gli assistenti sociali deve osservarsi che essi possono inquadrarsi nella categoria della funzione amministrativa pubblica, titolare della quale sono coloro che esercitano una potesta’ pubblica avente potere di comando, di certificazione, di rappresentanza dell’ente pubblico, ovvero concorre a formarne la volonta’. Sono invece, incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, presentano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attivita’ disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione , ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale. Se è vero che nella funzione dell’assistente sociale è dubbio che sia configurabile un potere imperativo proprio, anche quando esegue un ordine dell’autorita’ giudiziaria, ed è escluso che abbia un potere certificativo , non vi è dubbio, invece, che rappresenta l’Ente pubblico e concorre a formare la volonta’, nell’esplicazione della sua attivita’. Pertanto inequivocabile la qualificazione di pubblico ufficiale per l’assistente sociale. 63


Questi i principali reati di maltrattamento e di abuso perseguibili di ufficio per i quali è obbligatoria la denunzia: art. 571 c.p. abuso di mezzi di correzione; art. 572 c.p. maltrattamenti; art. 591 c.p. abbandono di minore o incapace; art. 593 c.p. omissione di soccorso; art. 609 bis ss. c.p. violenza sessuale, perseguibile di ufficio se il fatto è commesso: su minore di anni quattordici; dal genitore, anche adottivo , dal di lui convivente, dal tutore o da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia; da un pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni; unitamente ad altro delitto per cui si procede di ufficio, ad esempio, sequestro di persona; art. 609 quater c.p. atti sessuali con minorenni perseguibili di ufficio quando lo stesso: non ha compiuto gli anni quattordici; non ha compiuto gli anni sedici quando il colpevole sia l’ascendente, il tutore o altra persona cui per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest’ultimo una relazione di convivenza. Ancora perseguibile d’ufficio il reato previsto dall’art. 609 quinques c.p. corruzione di minorenni, quando lo stesso non abbia compiuto i quattordici anni. L’obbligo di denunzia trova alcune eccezioni sancite dal 2° comma dell’art. 362 c.p. e dall’art. 365 c.p. Il primo articolo esclude dall’obbligo di denunzia i responsabili delle comunita’ terapeutiche socio-riabilitative per i fatti commessi da persone tossicodipendenti loro affidate. Il secondo esclude dall’obbligo di “referto” i sanitari nel caso in cui il loro paziente possa essere esposto ad un procedimento penale. Il segreto professionale ha la funzione di garantire il soggetto che venga in relazione con un professionista in ordine alla riservatezza delle informazioni che gli fornisce per far si che il rapporto fiduciario instauratosi non venga meno per una infedeltà personale. La tutela investe, così la liberta’ e la sicurezza dei rapporti professionali. Ne deriva che, il professio-nista non può divulgare, se non quando è tenuto a rivolgersi o condizioni di abbandono del minore), i fatti di cui è venuto a conoscenza per ragioni del proprio ufficio.

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La legge 3.4.2001, n. 119, ha introdotto l’obbligo per gli assistenti sociali del segreto professionale in ordine a quanto da loro conosciuto in ragione della loro professione esercitata sia come i dipendenti pubblici o privati, sia come liberi professionisti. Anche l’assistente sociale non puo’ appellarsi al segreto professionale, nel caso in cui abbia l’obbligo di riferire all’autorita’ . La denunzia deve essere inoltrata al pubblico ministero presso il tribunale ordinario, quando il presunto indagato è maggiorenne, al pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni, per le indagini penali, quando l’indagato è minorenne. I pubblici ministeri sono sempre reperibili. L’obbligo di denunzia è, comunque assolto, quando la denunzia viene presentata ad un organo di polizia in quanto questi ultimi hanno l’obbligo di trasmettere all’autorita’ giudiziaria le denunzie ricevute. La denunzia deve essere trasmessa alle autorita’ sopra evidenziate, o direttamente da chi ha ricevuto la notizia di reato, o attraverso il responsabile del servizio. Qualora il responsabile del servizio non riferisca all’autorita’ di polizia o all’autorità giudiziaria, l’operatore, che ha avuto notizia di reato, se è a conoscenza dell’omissione deve riferire direttamente. Ovviamente, su chi ha riferito grava l’obbligo di segretezza.

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Infine, ci siamo occupati

degli aspetti giuridici ed in particolare di quella che è la legislazione italiana ed internazionale in materia di maltrattamento e di quelli che potranno essere futuri interventi a sostegno dei minori.

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M.S. D’Andrea, problemi medico legali degli abusi ai minori, in F. Montecchi, I maltrattamenti e gli abusi ai minori, Milano, 1998, 212

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4.3.5

La Segnalazione

Mentre la denuncia è la comunicazione di un reato, di cui un minore pare essere la vittima, fatta all’autorita’ giudiziaria penale (procuratore della repubblica ordinaria o presso il tribunale per i minorenni a seconda che il presunto autore del reato sia un adulto o un minore) perche’ sia individuato e punito l’autore del fatto, la segnalazione è la comunicazione all’autorita’ giudiziaria minorile (procuratore sella repubblica presso il tribunale per i minorenni) di una situazione di pregiudizio nella quale pare trovarsi un minore, per effetto della condotta dei suoi genitori, al fine di instaurare un procedimento volto all’adozione dei necessari provvedimenti a tutela del minore. Hanno obbligo di segnalazione tutti gli operatori che entrano in contatto con il minore e ravvisano la sussistenza di elementi che possono rappresentare indizio di una condizione anche di solo disagio per il minore. La necessita’ della segnalazione all’autorita’ giudiziaria minorile (procura presso il tribunale per i minorenni) sussiste anche quando si e’ provveduto a denunziare un reato legato all’ambiente familiare o alla sfera sesuale in cui il minore sia parte lesa ed un maggiorenne ne sia l’autore. Tale necessità deriva dall’esigenza di approfondire la condizione del minore e l’ambiente in cui il fatto è maturato. In tal modo non solo si potranno apprestare i presidi a sostegno del minore (l’art. 609 decies c.p. in tema di reati sessuali prevede l’obbligo della segnalazione al tribunale per i minorenni e la presa in carico da parte dei servizi minorili della giustizia e dei servizi territoriali), ma, se del caso, si potra’ aprire un procedimento di controllo sull’esercizio della potesta’ genitoriale. Allorche’ un operatore constata una condizione di abbandono di un minore, ai sensi dell’art.9, l. n. 184/1983, ha l’obbligo penalmente sanzionato (art. 70, 1° co. , l. n. 184/1983) di segnalarlo alla procura della repubblica presso il tribunale per i minorenni.

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Si intende per condizione di abbandono quello stato di carenze nelle cure di natura sia materiale che di tipo psico affettivo che determinano un danno serio e, se prolungate, irreparabile alla crescita armonica sia fisica che psicologica del minore. E’evidente che sia i maltrattamenti che gli abusi concretizzano la condizione di abbandono. Non sempre una condizione di abbandono, maltrattamento, abuso o di disagio del minore, si manifesta in modo evidente. Sarà, quindi, necessario che tutti gli operatori che entrano in contatto con i bambini siano in grado di valutare gli indicatori del disagio. Naturalmente, qualsiasi operatore puo’ procedere alla segnalazione è tuttavia auspicabile che le diverse personalità coinvolte (insegnanti, pediatri, servizi sociali) procedano ad una analisi unitaria del caso e cio’ anche in considerazione della, inevitabile collaborazione che si dovra’ instaurare a seguito della segnalazione. Meglio se tra le diverse istituzioni che possono essere coinvolte (scuola, Asl , servizio territoriale) si stipulano dei protocolli operativi che indichino ai singoli operatori la strada da seguire in caso di emergenza degli indicatori di disagio. La segnalazione è, in ogni caso, atto autonomo e discrezionale (fatti salvi gli obblighi di denunzia gia’ indicati ) del o dei servizi che segnalano la condizione di disagio in cui versa il minore alla procura della repubblica presso il tribunale per i minorenni.

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Capitolo 5 IL RUOLO DELL’ASSISTENTE SOCIALE IN CASO DI MALTRATTAMENTO SUI MINORI L’uomo deve elaborare per ogni conflitto umano un metodo che rifiuti la vendetta, l’aggressione, la rappresaglia.Il fondamento di un tale metodo è l’amore.- M. Luther King

5.1 Il ruolo delle Istituzioni “Chi salva la vita di un bambino salva il mondo intero” recita così un versetto del Talmud che si presenta a tutti noi come un imperativo morale.64 Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità 65, la presa in incarico di tutte le sofferenze del bambino deve partire dalla medici, infermieri, psicologi, neuropsi-chiatrici e assistenti sociali; creazione di un team multidisciplinare in cui figure sanitarie quali educatori come gli insegnanti e professionisti legali quali avvocati e giudici minorili, collaborano insieme per la salute e il benessere del bambino. Per affrontare e risolvere una tale situazione multiproblematica, è necessaria la conoscenza di tutti i fattori causali, delle variabili che entrano in gioco e soprattutto una preparazione professionale forte di competenze e di abilità specifiche. Purtroppo se da parte di molti professionisti c’è la buona intenzione di migliorare lo stato delle cose, dall’altra spesso l’intenzione non è sufficientemente supportata dalla formazione professionale. Attualmente non esiste un chiaro programma di preparazione-formazione al problema, tuttavia la letteratura è ricca di esempi che ci chiariscono quanto sia insufficiente e nello stesso tempo prioritaria a qualsiasi tentativo di risoluzione del caso. Secondo l’art. 132 del D. Lgs 112/98 gli operatori dei servizi sociali hanno l’obbligo istituzionale di attuare degli interventi di tutela e di presa in carico del minore. I servizi socio-assistenziali del territorio, infatti, devono tutelare la salute psicofisica del minore – presunta vittima di fenomeni di maltrattamento e abuso. Secondo la logica della ________________________ 64 65

Abraham Cohen, Il Talmud (1935), traduzione di Alfredo Toaff, Laterza, Bari, 1999. Report of the consultation on Child Abuse Prevention. WHO, Geneva 29-31 March, 1999

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integrazione devono attivare: misure di tutela, presa in carico, sostegno del minore durante tutto il procedimento, comprese eventuali iniziative disposte dall’Autorità Giudiziaria competente, nonché quelle conseguenti e successive agli esiti del procedimento stesso. E così, in un'ottica di intervento "globale" della rete dei servizi, le prestazioni di tipo socioassistenziale al minore ed alla famiglia saranno continuamente integrate con quelle di tipo sanitario. A questa filosofia corrisponde una corresponsabilità concorrente e di risultato, che assicura risposte tempestive ai bisogni emergenti, valorizzando le risorse e l’aiuto delle diverse professionalità coinvolte. Tra le diverse professionalità, l’assistente sociale possiede le competenze tecnico–professionali e gli strumenti per attivare le azioni protettive più specifiche e per svolgere la valutazione sociale. 66 L’indagine sociale è volta a raccogliere le informazioni sul contesto ambientale e relazionale in cui il minore vive, sulla presenza di elementi di rischio, di amplificazione del rischio e di fattori protettivi, a livello individuale, familiare e nella relazione con i servizi del bambino e dei suoi genitori. I servizi sociali territoriali dei Comuni (segretariato sociale o servizi sociali di Ambito, se non presenti presso l’Ente locale), ed in particolare gli assistenti sociali, devono essere in grado attraverso gli assistenti sociali di attivare gli interventi di rilevazione. Il Servizio sociale territoriale è responsabile del caso e coordina gli interventi di protezione e trattamento, in collaborazione con l’Equipe Specialistica Multiprofessionale (ESM). 67 Gli operatori dei servizi sanitari possono entrare in contatto con il fenomeno attraverso la constatazione di lesioni effettuata da pediatri e medici di base; oppure attraverso una anamnesi sospetta. Abilità chiave dell'operatore sanitario sono il riconoscere, il diagnosticare, il trattare e il riferire i casi di violenza, riferiti soprattutto a quella familiare. Data la frequenza del fenomeno, la violenza è argomento che deve rientrare in qualsiasi __________________ 61 67

Amadei T., L’assistente sociale allo specchio, Franco Angeli, Milano, 2007 Amadei T., 2007, op. cit.

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valutazione pediatrica, inoltre è indispensabile che i medici debbano rilevare segni sospetti, oltre che mettersi in contatto con il Servizio sociale territoriale per confrontarsi sull'argomento, si attivino direttamente segnalando il caso all’autorità giudiziaria. I servizi delle Asl concorrono a livello di Ambito il personale per l’Equipe Specialistica Multiprofessionale (ESM) con il personale che, se specificamente formato, potrà svolgere attività di valutazione e trattamento e/o partecipare alla costituzione dell’équipe specialistica. Lo psicologo/neuropsichiatra infantile effettua la valutazione, formula e realizza il progetto terapeutico per il minore. Il pediatra/ginecologo compie la valutazione medica e propone gli interventi di cura. La valutazione psicologica, delle competenze genitoriali e la valutazione medica può essere svolta da personale formato presente all’interno dei Servizi della Asl (Unità Operative materno Infantili, Consultori familiari, Neuropsichiatria Infantile, Riabilitazione, Pediatri di Comunità, Ginecologi, Salute Mentale, SerT, medici di Pronto soccorso) che va a costituire l’Equipe specialistica multiprofessionale (ESM).68 Tuttavia si rimanda alla costituzione di un tavolo di lavoro specifico una riflessione ed elaborazione più articolata per definire l’organizzazione ed individuare le risorse sulla base degli assetti organizzativi comunicati dagli Ambiti Territoriali. I segnali di disagio e le richieste di aiuto da parte del minore sonospesso raccolti, in prima istanza, dagli operatori dei servizi educativi e scolastici, (pubblici, del Terzo settore, privati) che vengono a contatto con il minore nel suo percorso di crescita. E’, quindi, auspicabile che siano diffuse anche presso gli operatori dei servizi educativi e scolastici le conoscenze necessarie a riconoscere, rilevare e raccogliere tempestivamente le richieste di aiuto, nonché i riferimenti necessari per attivare in tempi brevi, attraverso il coinvolgimento degli operatori sociali e sanitari competenti, un percorso di approfondimento della situazione e le misure di protezione eventualmente necessarie. Essi partecipano alla fase di sostegno e trattamento del bambino, nell’ambito delle loro funzioni, secondo le indicazioni maturate _____________________________________________

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bidem

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dall’Equipe Specialistica Multiprofessionale (ESM) 69 . Gli operatori della struttura di accoglienza o la famiglia affidataria, qualora il bambino sia collocato in una situazione extra familiare, sviluppano il programma educativo di attivazione e sviluppo delle risorse e delle competenze del bambino sostenuti e coordinati dalla equipe specialistica. Gli operatori delle Agenzie del Terzo settore (servizi di educativa territoriale; servizi di educativa domiciliare, ecc.) curano il trattamento sociale ed educativo del bambino e della famiglia. Il Tribunale per i Minorenni ha funzioni di tutela del minore in tutte le situazioni di pregiudizio ascrivibili a comportamenti dei genitori o di familiari a cui il minore è affidato: la situazione di pregiudizio per il bambino è indipendente dalla natura dolosa o colposa del comportamento dei genitori. Il Tribunale dei Minori può disporre un'indagine per chiarire i contenuti della segnalazione, può dettare prescrizioni alla famiglia, con possibilità, nei casi più gravi, di decidere l'allontanamento del minore dal nucleo. E' costituito, oltre che da magistrati, da giudici onorari, rappresentanti di diverse professionalità attinenti alle problematiche minorili. Procura presso il tribunale per i Minorenni è il primo organo da attivare con la segnalazione. La Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario, il Tribunale Penale, la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, hanno la finalità di accertare se è stato commesso un reato ed, in particolare, per quanto rileva in questa sede, una violenza o sfruttamento sessuale o una lesione all'integrità fisica del minore, applicando le sanzioni previste dalla Legge.

5.2 Il ruolo dell’assistente sociale nelle situazioni di abuso e maltrattamento L’assistente sociale che opera nel servizio socio-assistenziale per minori e famiglie del comune di residenza dello stesso interviene quando un minore si trova in una situazione di __________________ 69

Amadei T., 2007, op. cit.

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difficoltà. Se il maltrattamento riguarda minori stranieri non accompagnati, allora interviene l’assistente sociale dell’area minori del comune di presenza del bambino/a. L’assistente sociale è informato della condizione di difficoltà che vive un minore dalla scuola, da altri servizi socio-sanitari, dal pediatra del bambino/a, dalle forze dell’ordine, dai vicini di casa o conoscenti, dai parenti o da un solo membro della famiglia; da una richiesta di aiuto spontanea da parte della famiglia. A seguito della segnalazione rispetto ad una condizione di difficoltà in cui si trova un minore, l’operatore dovrà effettuare una valutazione/assessment per comprendere se sia meglio intervenire in aiuto della famiglia e/o se si debba coinvolgere l’autorità giudiziaria per garantire la tutela del bambino/a. Per valutare la situazione l’operatore deve venire a conoscenza di quali sono i bisogni del minore e dei suoi adulti di riferimento e se questi bisogni sono soddisfatti; di quali sono le persone interessate ad impegnarsi per migliorare la situazione del bambino/a; di quali sono i segnali di sofferenza, i segnali di rischio e gli elementi protettivi. L’operatore deve altresì valutare eventuali situazioni di pregiudizio in cui il minore vive e considerare e bilanciare eventuali segnali di sofferenza del minore, segnali di rischio ed elementi protettivi presenti.70 Una situazione di pregiudizio si verifica quanto una condizione di grave disagio e disadattamento ha determinato, o potrà determinare, un danno alla salute psico-fisica del minore. Questo può verificarsi in situazione di: grave trascuratezza verso il minore, stato di abbandono, maltrattamento fisico, sessuale, psicologico del minore, grave e continua conflittualità tra i genitori. Comunque, le informazioni necessarie per valutare la situazione in cui si trova il minore possono essere raccolte attraverso diverse fonti: colloqui con gli adulti di riferimento; colloquio con il minore; visita domiciliare; lettura di eventuale documenta____________________ 70

Raineri M. L., Linee guida e procedure di servizio sociale, Erikson, Trento. 2014.

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zione già in possesso del servizio; colloqui con altri soggetti significativi quali nonni, zii, istruttori, ecc; questi soggetti verranno coinvolti solo se si ritiene che possano essere a conoscenza di elementi fondamentali per la valutazione, in quanto la situazione di una famiglia in carico ai servizi sociali è una notizia che deve rimanere riservata. Ed ancora le fonti sono gli insegnanti (l’assistente sociale deve informare la famiglia della volontà di ascoltare gli insegnanti e il pediatra (l’assistente sociale contatterà il pediatra solo se ritiene che potrà fornire informazioni davvero significative). A seguito della valutazione l’assistente sociale elaborerà un progetto di aiuto con la famiglia finalizzato al miglioramento della situazione di difficoltà in cui si trova il minore. Nel progetto verranno individuati: gli obiettivi da raggiungere; le azioni da effettuare per raggiungere le finalità previste; i tempi di realizzazione; i compiti e le responsabilità di ogni soggetto coinvolto nel progetto; i criteri e i tempi di verifica. Più l’assistente sociale riuscirà a promuovere la collaborazione e la partecipazione attiva da parte degli adulti di riferimento e del minore maggiore sarà la probabilità di riuscita del progetto. Nelle situazioni in cui il bambino viene inserito in una comunità educativa o affidato a una famiglia, dovrà essere inoltre elaborato un progetto educativo individuale che verrà redatto o insieme alla famiglia affidataria o agli operatori della struttura di accoglienza.71

5.3 L’ascolto in caso di abuso Se per qualunque vittima il trauma subito comporta un’alterazione della capacita’ di registrare adeguatamente le informazioni relative all’evento traumaico, e incentiva la difficolta’ del soggetto ad ascoltare se stesso e la propria storia, tale difficolta’ è amplificata per un minore vittima di abuso. ____________ 71

Raineri M. L., 2014, op. cit

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Cio’ si riflette sull’ascolto da parte dei tecnici che incontreranno, percio’ ulteriori difficolta’ nella ricostruzione di cio’ che è realmente accaduto. Indispensabile è l’instaurare un corretto dialogo con l’abusato. Spesso, proprio in tema di abuso sessuale, si assiste alla mancanza di dialogo delle diverse figure professionali (medici, assistenti sociali, insegnanti, educatori, giudici, psicologi) con il minore abusato. In assenza di un dialogo empatico non solo non sara’ possibile accertare la verita’, ma non sara’ nemmeno possibile, in ogni caso, aiutare il bambino. Tale assenza, che non consente al minore di esprimere cio’ che ha dentro, rischia di far giungere a conclusioni affrettate o nel ritenere l’insussistenza dell’abuso lasciando, quindi, il bambino solo in compagnia dei suoi fantasmi, o ritenendone la sussistenza, assumendo frettolosi provvedimenti che, poi potrebbero risultare traumatici quanto un abuso. Perche’ tutto cio’ non si determini e’ necessario rivolgendosi agli operatori e ai giudici che hanno il compito di ascoltare un minore abusato, tenere presenti alcune indicazioni. Allora, « si deve prestare particolare attenzione a tutto quanto viene espresso dal bambino sia con gli atteggiamenti che con le parole di cui bisogna comprendere sia il significato palese che quello recondito; non bisogna credere che il minore abbia gli stessi problemi e le stesse difficolta’ degli adulti nell’affrontare il tema della sessualita’ e che affrontare il problema in maniera diretta possa essere pericoloso o dannoso per lo stesso; non si deve ritenere che debba essere sempre un altro esperto ad ascoltare il minore purche’ si abbia la capacita’ di non influenzare e traviare il suo racconto; non si deve usare un linguaggio, quando ci si riferisce ad esperienze sessuali o corporee, che non sia semplice e diretto, ma sia solo frutto

delle barriere culturali e delle proprie inibizioni; ci si deve presentare al

bambino/a un atteggiamento empatico e disponibili a comprendere e condividere la sua sofferenza ed il suo disagio per una realta’ che egli stesso ritiene impresentabile e vergognosa; si deve analizzare sempre il proprio disagio che nasce dal racconto del bambino/a al fine di comprendere le cause cosi’ da non proiettarlo sul bambino stesso; si 74


deve tener presente che ascoltare un bambino/a vittima di abuso è sempre problematico e tale complessita’ puo’ risultare disturbante nella propria soggettivita’ e in quella degli altri operatori coinvolti» 72

______________ 72

C. Foti, C. Roccia.<<Decalogo sull’ascolto del minore vittima>>. In << Minori giustizia>>. Milano 1/1995. 98 ss.

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Conclusioni Nel corso del nostro lavoro siamo partiti analizzando le varie tipologie di maltrattamento, partendo da quello fisico ed arrivando a quello di natura psicologica, sottolineando come questo rappresenti, oggi, la forma più frequente di violenza all’infanzia; senza dimenticare, poi, le situazioni di incuria, grave trascuratezza ed ancora violenza economica, quale di forma di maltrattamento molto usata per tenere sotto controllo la moglie e il resto della famiglia da parte del padre abusante. Siamo poi passati al tema del maltrattamento del minore in ambito familiare, soffermandoci su quelle che sono le conseguenze dei maltrattamenti, sottolineando come gli effetti subiti possano incidere negativamente sui processi evolutivi della psiche del minore, con gravissime conseguenze per l’equilibrio della personalità. Nel corso dei capitoli

abbiamo, poi, concentrato l’attenzione sul ruolo svolto dalle

istituzioni, dai servizi sociali, dagli operatori dei servizi sanitari, educativi e scolastici e dal Tribunale per i Minorenni, analizzando il ruolo svolto dal Coordinamento Regionale in materia di Maltrattamento e Abuso nei confronti dei Minori per quanto concerne le modalità di prevenzione e contrasto, nonché le possibili strategie di resistenza agli stessi maltrattamenti. Qualsiasi forma di violenza, in particolare quella sessuale, costituisce sempre un attacco profondo, confusivo, e destabilizzante alla personalità di un bambino, provocando conseguenze a breve, medio e lungo termine, sul processo di crescita. Il trauma, se no rilevato e curato, ha la capacita’ di cumulare una violenza tale da produrre disturbi Psico-patologici o di devianza nell’eta’ adulta. Il danno è tanto maggiore quanto più: l’abuso resta sommerso e non viene individuato; l’abuso è ripetuto nel tempo ; la risposta di protezione alla vittima nel suo contesto familiare o sociale ritarda il vissuto traumatico resta non espresso o non elaborato; il legame tra vittima e soggetto abusante è di tipo familiare. 76


Per questo la valutazione dei danni di natura psicologica (che derivano al minore che ha subito una violenza sessuale) riveste una importanza fondamentale per sostenere la vittima nel processo di analisi e nella corretta elaborazione del vissuto. La diagnostica psicologica e la pratica giuridica sottolineano che, se i danni subiti dalla vittima si sottovalutano, si può determinare successivamente, che l’abusato diventi a sua volta abusante. Quanto più è piccolo il minore tanto più si possono produrre danni di maggiore rilevanza, variabili a seconda delle diverse individualita’ e della reazione dell’ambiente socio-familiare. Il bambino al di sotto dei dieci anni, infatti,con l’abuso si trova a vivere un’esperienza che non è pronto a sperimentare e che risultera’ devastante anche perche’ lo costringera’ a vivere, a livello cosciente, quelle fantasie sessuali e incestuose che, a livello inconscio, sono fisiologiche nello sviluppo evolutivo. Tale vissuto puo’ determinare, se non correttamente elaborato, nel futuro del bambino un timore verso le proprie fisiologiche pulsioni sessuali che nell’eta’adolescenziale causera’ l’incapacita’ a distinguere le esperienze sessuali normali da quelle perverse, cosi’ manifestando una generale paura verso la sessualita’. Sottovalutare l’abuso orientando il bambino a dimenticare il trauma subito è sostanzialmente sbagliato. Prima o poi, il vissuto, privo di una corretta rielaborazione, tornera’ a riemergere. Ma altrettanto errato è dare un eccessivo rilievo all’accaduto; occorre fare in modo che l’esperienza subita trovi una propria collocazione fisiologica tra i diversi vissuti negativi che ogni bambino esperimenta nel corso della sua crescita. E’ indispensabile far si che il bambino non associ la sessualita’ con la violenza, in modo tale che nel suo futuro non si manifesti un rifiuto per la vita affettiva e sessuale o una incapacita’ ad instaurare relazioni che non siano connotate dalla violenza. E’ la famiglia l’ambiente determinante ove il bambino deve elaborare il vissuto di violenza. 77


Se questa vivra’ in modo angosciato l’accaduto, il bambino abusato dovra’ farsi carico, oltre che del proprio malessere, anche di quello della famiglia. Ma anche il simulare, come se nulla fosse, sarà fuorviante per il bambino che si trovera’ a vivere un episodio per lui angosciante in un’apparente indifferenza da parte dei soggetti a cui si rivolge per sostegno. Appare, evidente come, in relazione al fenomeno dell’abuso sessuale, sia necessaria una corretta collaborazione tra le diverse professionalita’ e la famiglia dell’abusato. Come ribadisce l’Organizzazione Mondiale della Sanita’ per l’abuso all’infanzia: << è evitabile con la prevenzione primaria, secondaria e terziaria: la prima indirizzata alla popolazione include l’insegnamento, l’educazione e il sostegno sociale: la seconda rivolta alle situazioni familiari nella quale l’abuso è potenzialmente prevedibile, dando un’adeguata assistenza; la terza evitando il ripetersi dell’abuso>> . La prevenzione primaria ha lo scopo di far sviluppare la capacita’ del corpo sociale, dei nuclei familiari e dei singoli soggetti ad affrontare gli eventi sfavorevoli, individuando le condizioni di disagio psichico che possono divenire fattori di rischio di abuso. Inoltre, essa deve: insegnare ai bambini la conoscenza del proprio corpo e i comportamenti sessuali appropriati; deve fornire al bambino stesso le modalita’ per affrontare un’aggressione subita abituandolo alla richiesta di aiuto in caso di bisogno. Di contro gli adulti debbono essere formati ad una corretta genitorialita’, alla consapevolezza delle esigenze dei soggetti in eta’evolutiva e ad interpretare i segni di disagio che il bambino esprime. Occorre sviluppare una reale cultura di attenzione al bambino ed ai suoi bisogni, realizzando una corretta politica socio-assistenziale per l’infanzia. Disporre una rete di servizi accessibili dall’utenza e coordinati tra loro con uno scambio di informazioni reali per il controllo e lo studio del fenomeno abuso e maltrattamento.

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Per far cio’ e’ necessario istituire corsi di formazione per gli operatori di servizi, sanitari ed educativi. Fornire un’informazione corretta all’opinione pubblica dell’abuso. E’ necessario dare attuazione ad una politica economica che determini un miglioramento qualitativo delle condizioni della vita familiare. Si pensi alla possibilita’ di non offrire denaro ma opportunita’ di lavoro, soprattutto alle donne.compatibili con l’esercizio della genitorialita’, al fine di affrancarle dalla condizione di soggezione economica che spesso le rende mute vittime o mute testimoni della violenza familiare. La prevenzione secondaria è rivolta agli operatori delle istituzioni professionalmente interagenTi con l’infanzia come: asili nido, scuole, servizi consultori ali, pediatrici e sociali, deve fornire strumenti idonei alla letteratura immediata di ogni indicatore di abuso che il bambino manifesti. Sensibilizzare i cittadini a segnalare ad organismi specializzati, che decideranno il tipo di intervento da attuare, la conoscenza di casi di abuso o di maltrattamento, così spezzando il cerchio di poverta’ che spesso garantisce le violenze intrafamiliari. La prevenzione terziaria è quella che deve essere immediatamente utilizzata quando vi è una diagnosi di abuso e consiste in una terapia a breve, medio e lungo termine 73. Indispensabile il coordinamento tra autorita’ giudiziarie e servizi sociali al fine di non sottoporre l’abusato a ripetute sollecitazioni il cui ricordo, certamente, determina nuova sofferenza.

_________ 73 C. Colesani, L.Lunardi, Il maltrattamento del minore, milano, 1995, 2860ss.

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https://www.ausl.bologna.it/asl-bologna/dipartimenti-territoriali-1/dipartimento-di-cureprima-rie/il-faro/centro-doc/centro-di-documentazione/per-i-professionisti/area-giuridica/ il%20ruolo%20dle%20servizio%20sociale.pdf/preview_popup/file

https://assistentesocialenelmondo.wordpress.com/2015/12/01/il-ruolo-dellassistentesociale-nel-larea-minori/

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Š aprile 2017 - Cod. GGKEY:GBFUXL6A6GA Stampato presso cartolibreria CITROANTO (SA) Diffusion on line over Google play e Iussu.com

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