Regioni&Ambiente agosto-settembre 2010

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Free Service Edizioni

n°8/9 Agosto-Settembre 2010 Anno XI

Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona

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In copertina: La brochure dell’“Iniziativa Yasuní-ITT”

n°8/9 Agosto-Settembre 2010 anno XI

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

Climate Change Talks (Bonn, 2-4 agosto 2010) Ora c’è la pentola ma non si sa ancora cosa cucinare Un nuovo Rapporto mette in evidenza le scappatoie per non ridurre le emissioni

10 Un nuovo Studio conferma il ruolo dei cambiamenti climatici nel declino dell’impero Khmer Prolungate siccità hanno costretto ad abbandonare Angkor Un monito per rendere le città in grado di adattarsi al global warming e mitigarne gli impatti di Massimo Lombardi

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

PolieCo Ambiente e legalità, premiato il direttore di PolieCo Claudia Salvestrini, a FestAmbiente 2010, fra gli insigniti alla VII edizione del Premio istituito da Libera e Legambiente di Alberto Piastrellini

16 L’evoluzione del diritto dell’ambiente: novità giurisprudenziali e rapporti con il diritto dell’energia di Dario Cordone


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Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D. M. 9 luglio 2010 SISTRI ter Ulteriore differimento dei termini operativi, ma anche modifiche sostanziali

Linee Guida nazionali per gli impianti di fonti rinnovabili

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Presentato il Rapporto Fonti Rinnovabili 2010 dell’ENEA Ricerca e innovazione per un futuro low-carbon Importiamo quasi il 50% delle tecnologie contro il 12% dell’UE

22 L’ISTAT ha presentato “Il Sistema Energetico Italiano e gli Obiettivi Ambientali al 2020” Un paese ancora troppo dipendente dai combustibili fossili Attese forti riduzioni delle emissioni per raggiungere gli obiettivi

27 In vigore la nuova Direttiva UE sulle prestazioni energetiche in edilizia Entro il 2020 edifici “a energia quasi zero” Per gli edifici occupati da enti pubblici si anticipa al 2018

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MATERIALE IN INSERTO

INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

IL COMMENTO

Approvate dalla Conferenza Stato-Regioni Le Linee Guida nazionali per le rinnovabili Più deregulation che vincoli

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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE

Assegnato alla primatologa Jane Goodall il Premio “Colomba d’Oro” In difesa della Terra e di tutti gli esseri viventi

42 Finalmente firmato l’Accordo “Yasuní-ITT” Un’iniziativa per cambiare la storia Saranno le Nazioni Unite a garantire i bond ecuadoriani

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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

Presentata la doppia Piramide Alimentare-Ambientale Per un’alimentazione sana, bilanciata e... sostenibile Dagli scienziati un invito alla diffusione della “Dieta mediterranea”



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la montre verte

City Pulse

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L’etichettatura di origine dei prodotti alimentari per la difesa dei consumatori e contro il furto di valore e di identità dell’agricoltura italiana di Maria Adele Prosperoni

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di Massimo Lombardi

SERVIZI AMBIENTALI

SOMACIS pcb industries Efficienza dei processi per il conseguimento di risultati economici ed etici L’azienda leader nazionale nella produzione di circuiti stampati, da dieci anni persegue la strada della sostenibilità e si garantisce risparmio e profitti di Alberto Piastrellini

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€CO-FINANZIAMENTI

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I QUESITI DEL LETTORE

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AGENDA - Eventi e Fiere

AGENDA 21

Gli Enti locali chiedono più tecnologie e risorse per affrontare il cambiamento climatico Grazie al progetto LG Action gli enti locali europei raccontano difficoltà ed esigenze nella tutela del clima di Elisabetta Mutto Accordi

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Si diffondono gli strumenti portatili per monitorare la qualità dell’aria Un orologio verde per sapere che aria tira A Parigi si sperimenta un approccio partecipativo dei cittadini

QUALITÀ E AMBIENTE

Un nuovo Rapporto TEEB sottolinea l’importanza economica dei servizi degli ecosistemi Il business sarà solo green Sempre più numerose le imprese consapevoli dei benefici derivanti dall’integrazione della biodiversità nei piani aziendali

AMBIENTE MARCHE NEWS


CAMBIAMENTI CLIMATICI

Climate Change Talks (Bonn, 2-4 agosto 2010)

ORA C’È LA PENTOLA MA NON SI SA ANCORA COSA CUCINARE

Un nuovo Rapporto mette in evidenza le scappatoie per non ridurre le emissioni

- l’assenso dato dalla Cina ad ospitare la Sessione straordinaria dei Colloqui sui Cambiamenti Climatici (la 14a sessione dell’AWG LCA e la 12a del Gruppo di Lavoro per gli ulteriori impegni delle Parti dell’Allegato I al Protocollo di Kyoto - AWG-KP), che avrà luogo dal 4 al 9 ottobre 2010) a Tianjin, città che dista 150 km. da Pechino; - il tentativo dell’Unione europea di riappropriarsi di un ruolo da leadership, dopo essere stata messa ai margini a Copenhagen, con la presentazione del policy paper in giugno sulle prospettive economiche 2030-2050 di un eventuale passaggio dal 20% al 30% del tasso di riduzione delle emissioni, che il Consiglio Ambiente affronterà in ottobre, sul quale, peraltro, non c’è accordo tra i Paesi membri, con Francia, Germania e Gran Bretagna tra quelli a favore e Italia nel gruppo dei contrari (cfr: “Ancora divisioni sui limiti della CO2”, in Regioni&Ambiente, n. 7 luglio 2010, pagg. 9-11). La decisione della Cina di ospitare il round extra dei negoziati non assume solo un aspetto formale, perché la posizione che assumerà sul controllo delle emissioni il dragone asiatico, diventato il più grande emettitore mondiale di gas serra, sarà cruciale negli sforzi per costruire un nuovo patto sulla lotta al riscaldamento globale. Achim Steiner, Sottosegretario generale dell’ONU e Direttore del suo Programma Ambientale (UNEP) si è detto convinto che “la Cina introdurrà alcune nuove idee ed opportunità per far progredire i negoziati”. Ma nella Conferenza stampa del 6 luglio 2010, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Qin Gang, nel confermare l’evento di Tianjin, ha tenuto a sottolineare che “L’obiettivo della Cina di tenere questo incontro è quello di cementare l’UNFCCC e il Protocollo come canale principale di negoziato” (fonte: Ministery of Foreign Affaire of People’s Republic of China, july 7, 2010), come a dire che il Protocollo di Kyoto dovrà costituire il pilastro di ogni futuro accordo e che gli USA, che non l’hanno sottoscritto, non potranno avanzare soluzioni alternative.

Christiana Figueres nuovo Segretario esecutivo dell’UNFCCC

Quelli che si sono svolti dal 2 al 6 agosto 2010 a Bonn e che hanno visto la partecipazione di 3.100 rappresentanti, di cui più di 1.650 erano delegati governativi, provenienti da 175 Paesi, sono stati i primi Climate Change Talks i di Christiana Figueres (Costa Rica), insediatasi da Luglio come Segretario esecutivo dell’UNFCCC, al posto del dimissionario Yvo de Boer. “I Governi hanno la responsabilità in questo anno di fare il prossimo determinante passo nella battaglia contro i cambiamenti climatici - ha affermato la Figueres nel suo discorso introduttivo - Come i Governi lo faranno è compito che spetta a loro. Ma è politicante possibile. A Cancún, il compito dei Governi è di trasformare ciò che è politicamente possibile , in politicamente irreversibile”. Come abbiamo sottolineato sul precedente numero (cfr: “Yvo de Boer commina ai negoziatori un cartellino giallo”, Regioni&Ambiente, n. 7 luglio 2010, pagg. 6-8), i Colloqui di giugno si erano conclusi con un stallo sul documento finale redatto dal Presidente del Gruppo di Lavoro sulle Azioni di Cooperazione a Lungo Termine (AWG-LCA), Margaret Mukahanana Sangarwe (Zimbabwe), che aveva scontentato sia i Paesi del G 77, che lo hanno giudicato troppo sbilanciato a scapito dei Paesi in via di sviluppo, sia gli USA che avevano definito “inaccettabili” alcune proposte ivi contenute.

Tuttavia, la stessa Commissaria UE incaricata dell’Azione per il Clima, Connie Hedegaard, pur dichiarando che l’UE non avrebbe problemi a continuare con il Protocollo di Kyoto, avendolo già sottoscritto ed adempiendo ai relativi obblighi, ha sottolineato che “se si vuole che esso debba continuare a esistere, dovrà essere ampiamente riformato”, dal momento che i meccanismi in esso previsti non stanno funzionando come si vorrebbe, come denuncia la grossa eccedenza di crediti alle emissioni di carbonio rimasti inutilizzati.

C’era interesse, quindi, a vedere se sussistessero i presupposti per giungere ad un accordo globale sul clima per il periodo successivo alla scadenza del Protocollo di Kyoto (2012), anche alla luce di due eventi che si erano verificati nel frattempo:

“Gli eventi meteorologici fuori dal comune che si stanno verificando, sono perfettamente coerenti con quel che possiamo aspettarci dai cambiamenti climatici - ha dichiarato

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nel suo discorso di apertura avesse sollecitato i Paesi ricchi a fornire la prova che sarebbero stati concessi i 30 miliardi iniziali di finanziamento per le azioni di adattamento e mitigazione: “Le Nazioni in via di sviluppo vedrebbero l’assegnazione di questa somma come un segnale fondamentale dell’impegno delle Nazioni industrializzate a realizzare maggiori progressi nei negoziati”. C’è da aggiungere che l’Africa Progress Panel, presieduto dall’ex-Segretario dell’ONU Kofi Annan, che si occupa di controllare l’attuazione degli impegni ed accordi internazionali per l’Africa, nel mese di luglio aveva reso noto un Rapporto (“Finance for climate-resilent development in Africa. An agenda for action following the Copenhagen Conference”) in cui si ammoniva che “Sarebbe ingenuo supporre che un accordo internazionale vincolante possa essere raggiunto senza un adeguato finanziamento per lo sviluppo delle azioni di mitigazione ed adattamento al clima. Rendere gli impegni finanziari reali e bancabili sarà la sfida a cui la comunità internazionale dovrà dare una risposta nei prossimi mesi, se si vuole che la prossima COP 16 a Cancún abbia successo”.

Jonathan Pershing, capo negoziatore statunitense ai Climate Change Talks di Bonn (2-6 agosto 2010), secondo quanto riportato dal Guardian del 6 agosto - Ma io sono molto preoccupato per il fatto che alcuni Paesi stanno camminando a ritroso rispetto ai progressi che si erano raggiunti a Copenhagen. Se continuiamo a percorrere questa strada, non c’è alcuna speranza di un accordo a Cancún. Tutte le Parti stanno facendo retromarcia”. Queste parole, seppur espresse prima della conclusione dei lavori dei due Gruppi, testimoniano delle difficoltà di trovare soluzioni condivise e di come il Copenhagen Accord fosse stato salutato troppo presto come un passo avanti decisivo nel contrastare il riscaldamento globale, ma tentano pure di minimizzare la delusione per la situazione di stallo che sta verificandosi al Senato americano sul testo del Climate Bill, anche se i negoziatori statunitensi avevano rilasciato delle dichiarazioni all’Agenzia Reuters che rassicuravano circa il target del 17% di riduzione delle emissioni presentato dagli USA come parte del Copenhagen Accord. Se poi si aggiunge che i Colloqui si sono svolti sotto l’incalzare delle notizie sempre più allarmanti che le Agenzie diffondevano sugli effetti del monsone che stava duramente colpendo il Pakistan e dell’ondata di calore eccezionale che si verificava in Russia, alle quali faceva riferimento nella sua dichiarazione Pershing, c’è da preoccuparsi dell’incapacità istituzionale di trovare soluzioni alla scadenza del Protocollo di Kyoto.

Un altro motivo di controversia è sul MRV (il Meccanismo di Monitoraggio, Comunicazione e Verifica delle emissioni) che dovrebbe essere introdotto, se non altro per avere uno strumento comune di calcolo e di verifica sugli impegni presi, senza del quale sarà difficile giungere a qualsivoglia accordo. Il clima di diffidenza si è ulteriormente accentuato con la diffusione tra i delegati dello Studio congiunto dell’Environment Institute di Stoccolma e di Third World Network, un gruppo indipendente di studiosi sul clima che viene ospitato presso l’Università di Cambridge.

Anche in questa tornata i “sospetti” da parte dei Paesi in via di sviluppo che gli aiuti promessi dai Paesi industrializzati (100 miliardi di dollari entro il 2020) siano un’operazione di “climate wash” (gli aiuti allo sviluppo riciclati come aiuti per il clima), non sono stati fugati, nonostante la Figueres

Le emissioni dei Paesi industrializzati rispetto ai livelli del 1990 Il Grafico mostra di quanto gli impegni dei Paesi di tagliare le emissioni di CO2 potrebbero ridurle al 2020 (segmento verde), ma come con le “scappatoie” (tutti gli altri segmenti) le emissioni potrebbero in effetti risalire oltre i livelli del 1990.

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Il Paper “Analytic Support to Target Based Negotiations” ha analizzato gli impegni sulla riduzione delle emissioni segnalati dai Paesi industrializzati, secondo il Copenhagen Accord ed ha riscontrato che gli impegni comportano una riduzione complessiva al 2020 tra il 12% e il 18% rispetto al 1990, ma ha pure rivelato che sussistono scappatoie tali che potrebbero alfine risultare essere salite del 9%. La ricerca ha individuato 4 distinte “scappatoie” (loopholes) di cui si conosce l’esistenza, ma che i Paesi sono ancora lontani dall’affrontarli nei negoziati e che includono: - i crediti per l’Uso del Suolo, Cambiamento della Destinazione dei Terreni e dei Boschi (LULUCF); - i crediti di carbonio acquisiti nell’ambito dei sistemi del Meccanismo di Sviluppo Pulito (CDM); - le indennità per il surplus di carbonio accumulato dai Paesi ex-sovietici; - le emissioni dei voli e delle spedizioni internazionali. (ndr: vedi grafico alla pagina precedente). Questi elementi attualmente non sono inclusi nei regimi di riduzione proposti dai singoli Paesi. “I Paesi industrializzati si sono impegnati per una modesta riduzione delle loro emissioni alla Conferenza di Copenhagen l’anno scorso, ma tali lacune potrebbero permetter loro di accrescerle in modo sostanziale anche in futuro ha affermato Sivan Kartha, Senior Scientist dell’Istituto di Stoccolma, nel corso del Workshop, presieduto Leon Charles (Grenada) e Jürgen Lefevere, co-Presidenti di uno dei tre Gruppi di Contatto dell’AWG-KP, e svoltosi il 2 e 3 agosto, durante i negoziati - Questo significa che essi non hanno bisogno di fare alcunché per contenere le emissioni. Essi potrebbero accumulare enormi quantità di crediti per continuare business as usual”. Secondo lo Studio, se non si interviene presto per impegni più ambiziosi di taglio alle emissioni di gas ad effetto serra, le future generazioni dovranno conseguire riduzioni scoraggianti, sempre che permanga una qualche speranza di stabilizzare l’aumento della temperatura a circa 2 °C al di sopra dei livelli pre-industriali. “C’è chiaramente una differenza tra gli accordi stipulati dai leader mondiali per ridurre le emissioni entro i 2 °C al 2050 e i deboli impegni promessi, con il risultato che le future generazioni dovranno fare riduzioni di anno in anno sempre più pesanti dopo il 2020 - ha sottolineato Murray Ward di Third World Network che ha guidato lo Studio - Senza tener conto che molti degli impegni assunti sono stati presi prima che si dispiegassero gli effetti della recessione economica, per cui quei Paesi dovrebbero fornire dati più recenti in modo da comprendere l’entità reale degli sforzi”. A quanto pare, nemmeno i moniti che gli scienziati lanciano continuamente riescono a scuotere i policy makers dalle loro posizioni, sempre meno sostenibili.

Un altro evento che ha movimentato il clima stagnante dei Colloqui agostani di Bonn e che speriamo sia di esempio per altri Paesi è stata la notizia che l’Ecuador ha firmato con ONU un Accordo per l’amministrazione del Fondo per l’iniziativa “Yasuní-ITT” che eviterà lo sfruttamento petrolifero nella foresta amazzonica ecuadoriana in cambio della sottoscrizione di bond pari alla metà dei mancati introiti che sarebbero derivati, e del quale progetto analizziamo più analiticamente gli innovativi aspetti. (ndr: si veda “Un’iniziativa per cambiare la storia” a pag. 42 di questo stesso numero). Ecco di seguito, comunque, i risultati ufficiali dell’ultima Sessione dei Climate Change di Bonn, quali emergono dal discorso di chiusura di Christiana Figueres. “Durante i colloqui sui cambiamenti climatici, conclusisi a Bonn, i Governi hanno compiuto progressi per decidere la forma per un risultato di successo alla prossima Conferenza delle Nazioni Unite a Cancún, in Messico alla fine di quest’anno”. Utilizzando la metafora di una pentola, il Segretario esecutivo della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, ha detto che “ognuno sa che non è possibile cucinare un pasto senza una pentola. Ora i Governi sono molto più vicini a fabbricarla”. La Figueres ha sottolineato anche che John Ashe (Antigua e Barbuda), Presidente della 13a Sessione del Gruppo di Lavoro che si occupa degli ulteriori impegni da assumere da parte dei Paesi sviluppati nell’ambito del Protocollo di Kyoto (AWG-KP), ha predisposto una proposta di testo su cui i Governi saranno consultati fino alla prossima sessione a Tianjin, al fine di verificare l’opportunità che venga assunto come testo formale per la discussione al vertice del Messico, contenendo possibili progetti di decisioni da assumere a Cancún, tra cui l’impatto dell’agricoltura sulle emissioni, i meccanismi e i mercati del carbonio, le emissioni di gas a effetto serra e gli effetti sui diversi Paesi del passaggio a un futuro a basse emissioni. Un obiettivo chiave è quello di evitare un deficit di impegni dei Paesi industrializzati a ridurre le emissioni una volta che il primo periodo di impegni del Protocollo scadrà alla fine del 2012. Secondo Christiana Figueres ciò dovrebbe dare una direzione molto più chiara ai Governi per lavorare nei prossimi mesi in vista di Cancún. Anche il Gruppo di Lavoro sulle Azioni di Cooperazione a Lungo Termine (AWG-LCA), a cui partecipano tutti i Paesi, USA e Cina compresi, ha preso in esame il testo diffuso dalla Presidenza del Gruppo nel mese di luglio 2010, predisposto per facilitare i negoziati in vista di una soluzione alla 16a Conferenza delle Parti (COP 16) della Convenzione UNFCCC a Cancún, che contiene sezioni su vari argomenti tra cui una visione comune sulla cooperazione a lungo termine, mitigazione, adattamento, finanza, tecnologia e capacità di implementazione, su cui le Parti hanno proposto molte nuove aggiunte e opzioni. Il nuovo testo, tuttavia, con le continue modifiche ed aggiunte, è passato da 17 a 34 pagine, tanto che la stessa Figueres ha dovuto concludere che “I Governi devono anche decidere che cosa esattamente cucinare nella pentola […] per ottenere i risultati attesi a Cancún, devono ora radicalmente limitare le scelte da mettere sul tavolo”.

Non sono mancate anche in questa sessione prese di posizione che hanno destato perplessità e polemiche. I Paesi petroliferi della Penisola Arabica, che nella precedente tornata avevano bloccato il tentativo dei Paesi AOSIS (l’Associazione dei piccoli Stati insulari) di far inserire nei Documenti di lavoro uno Studio che evidenziava i gravi rischi incombenti sulle loro popolazioni per effetto dell’aumento della temperatura globale di 1,5 °C, hanno minacciato di chiedere un indennizzo se la domanda di petrolio dovesse scendere a seguito di eventuali accordi.

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Un nuovo Studio conferma il ruolo dei cambiamenti climatici nel declino dell’impero Khmer

PROLUNGATE SICCITÀ HANNO COSTRETTO AD ABBANDONARE ANGKOR

Un monito per rendere le città in grado di adattarsi al global warming e mitigarne gli impatti di Massimo Lombardi

Il tempio dedicato a Vishnu di Angkor Wat, fatto costruire dal sovrano Suryavarman II all’inizio del XII secolo e dichiarato dall’UNESCO patrimonio e simbolo della Cambogia, tanto da apparire, unico caso, nella bandiera nazionale fin dalla sua creazione in Stato (1863), si colloca al centro di un’area che ha visto sorgere Angkor, la città più “diffusa” dell’età preindustriale e capitale dell’Impero Khmer che nel momento di maggior splendore includeva, oltre la Cambogia, Laos e Vietnam. Mentre il tempio, probabilmente mausoleo del sovrano stesso, durante la storia moderna e contemporanea era stato oggetto di frequentazioni, prima come monastero buddista, più tardi come meta turistica tra le più ambite e visitata ogni anno da milioni di individui, della città di Angkor non c’era traccia perché gli altri templi, “cappelle di famiglia”, erano stati riassorbiti dalla giungla dalla cui vegetazione erano stati nascosti fino all’arrivo degli esploratori francesi che li rinvennero e che furono riportati alla luce dagli archeologi con una serie ininterrotta di bonifiche e restauri che iniziarono alla fine dell’Ottocento e che proseguono tuttora. Ovviamente il sito archeologico fa riferimento ai “templi” in quanto tutte le abitazioni, compreso il palazzo reale, erano costruite in legno, e furono abbandonate dopo un’incursione dei Thai nel 1431. Per molto tempo il collasso della “città idraulica” di Angkor fu avvolto nel mistero, ma studi sempre più sofisticati e tecnologicamente avanzati sono ora in grado di darci risposte sempre più attendibili.

Sulla prestigiosa Rivista “Proceedings of the National Academy of Science of the United States of America” è stato pubblicato di recente uno Studio che apporta un nuovo contributo alla teoria che siano stati problemi ambientali a determinare la caduta dell’Impero Khmer e l’abbandono da parte della popolazione della città di Angkor (Brendan M. Buckley et al. “Climate as a contributing factor in demise of Angkor, Cambodia”, PNAS, 13 aprile 2010, vol. 107, No 15, pagg. 6748-6752). Secondo i ricercatori del Lamont-Doherty Earth Observatory of Columbia University, coadiuvati da altri colleghi australiani, giapponesi, vietnamiti e thailandesi, ferme restando le altre concause che hanno determinato la crisi dell’Impero Khmer e il definitivo abbandono della città, sarebbero da ricercarsi anche dai cambiamenti climatici che si verificarono nella regione tra il XIV e XV secolo. Studiando la struttura degli anelli di un esemplare di 979 anni di Fokienia hodginsii, albero della famiglia delle Cupressaceae incluso nella IUNC Red List of Threatened Species, presente nel parco nazionale vietnamita di Bidoup Nui Ba e distante 700 km. da Angkor, gli studiosi hanno ricostruito i livelli di umidità della regione tra il 1250 e il 2008. In particolare, dai nuclei estratti dalla pianta senza danneggiarla, si è potuto individuare le prove di due gravi periodi di siccità: tra il 1362 e il 1392, il primo; dal 1415 al 1440, un po’ più breve ma più grave, il secondo. “I periodi di siccità furono di tale severità e durata, che avrebbero determinato un impatto notevole nell’approvvigionamento idrico e sulla produzione agricola, mentre anni di

Il tempio-mausoleo di Angkor Wat (Cambogia)

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maggior intensità dei monsoni estivi avrebbero danneggiato le capacità di controllo delle infrastrutture idrauliche”. Nello Studio si evidenzia, inoltre che i periodi siccitosi si sono alternati a stagioni di piogge monsoniche straordinariamente intense che avrebbero danneggiato il sistema idraulico, non più in grado di smaltire la quantità di acque meteoriche, stante gli intasamenti riscontrati in molti canali che erano stati, comunque, deviati o ricostruiti durante i periodi aridi. I ricercatori hanno appurato che gli anni più aridi si sono verificati in sequenza nel 1402 e 1403. Per ritrovare un altro anno altrettanto arido si deve arrivare al 1888, che ha coinciso con il fenomeno ciclico del riscaldamento delle masse tropicali dell’Oceano Pacifico, denominato El Niño. Correlando con gli strumenti moderni i cicli conosciuti di El Niño, i ricercatori hanno documentato come il riscaldamento ciclico delle masse d’acqua oceaniche del Pacifico provoca intense piogge in certe aree e siccità in altre. Gli autori suggeriscono, quindi, che El Niño, permanendo probabilmente più a lungo dei cicli decennali consueti sul Pacifico, potrebbe aver giocato un ruolo importante nella

riduzione delle precipitazioni monsoniche in questa regione, determinando una siccità prolungata rispetto ai periodi precedenti. Alcuni climatologi sostengono che l’attuale riscaldamento globale potrebbe in futuro modificare questi cicli, incrementando le possibilità di alternanza di periodi siccitosi ad altri con alluvioni distruttive, incidendo sulla vita di miliardi di individui. “ Sia la società umana che il sistema climatico terrestre sono sistemi complessi capaci di comportamenti imprevisti - ha osservato Kevin Anchukaitis, un altro autore della ricerca - Attraverso una prospettiva di lungo termine offerta dai dati climatici ed archeologici, noi possiamo cominciare ad individuare e comprendere i molteplici modi in cui possono interagire. Le prove relative ai monsoni in Asia dovrebbero ricordarci che le civiltà complesse sono ancora vulnerabili alla variabilità e al cambiamento del clima”. Nel momento di maggior splendore, Angkor avrebbe ospitato 500.0001.000.000 abitanti e si sarebbe estesa su una superficie di 1.000 km2, attorno al tempio principale di Angkor Wat, ma un precedente Studio, La mappa del sito archeologico di Angkor con la revisione dell’estensione dell’area dopo i rilievi da immagini Landsat, effettuati nel corso della campagna 2006 “Greater Angkor Project” (Fonte: PNAS, 2007, op.cit.)

11 11 Cipresso di Fujian (Fokienia hodginsii)


condotto nell’ambito del “Greater Angkor Project” a cui condo cui gli abitanti “si crearono tanti problemi di ordine lavorano 40 ricercatori e che è finanziato dall’Università di ambientale, che non furono poi in grado di risolvere” costiSidney, dalla Scuola Francese per l’Estremo Oriente e dal tuisce ancora il fulcro delle ricerche su Angkor. Se volessimo Governo della Cambogia, ritrovando altri 94 “templi” e 74 tradurre in termini attuali la questione, si potrebbe dire che dovranno essere verificati, fa ritenere che la sua estensione i Khmer non riuscirono ad approntare azioni di mitigazione sia stata ben più ampia. e adattamento ai cambiamenti climatici. Incrociando i dati di carte redatte a mano, rilievi sul terre- Attratto più dal “funzionamento” dell’hydraulic city e da no, fotografie aeree e immagini messe a disposizione dalla come e dove vivevano i suoi abitanti, piuttosto che dalla NASA, è stato possibile ricostruire una mappa dettagliata bellezza architettonica dei suoi templi, Fletcher condusse sul della città che avrebbe occupato un’area che dai margini posto campagne di ricerca i cui risultati e le riflessioni che della depressione fluvio-lacustre del Tonle Sap arrivava fino ne scaturirono espresse nel libro “The Limits of Settlement alle colline del Kulun. Growth” (1996) che, mutuando il titolo di un altro testo Il suo sviluppo fu possibile grazie ad una tecnologia di gestio- famoso (“I limiti dello Sviluppo” del MIT), si è inserito nel ne e conservazione delle acque che si reggeva su un sistema dibattito urbanistico della fine del secolo scorso, in relazione di canali lunghi fino a 20 km, di dighe e serbatoi (baray), al cosiddetto sprawl. che aveva permesso ai suoi abitanti di coltivar riso per tutto Passando in rassegna gli studi dei vari insediamenti url’anno. bani della storia e, La giugnla si è riappropriata del sito ed ha nascosto per secoli le rovine di Angkor “La ricerca mostra soprattutto, facendo (foto di Massimo Lombardi) che le conoscenesplicito riferimento all’esperienza acquize di ingegneria idraulica erano sosita sul campo ad fisticate e complesse, Angkor, Fletcher ma basatte su granmette in risalto come l’ “ambiente di disboscamenti che hanno inciso in costruito” costituimodo significativo sca un limite per lo sull’ambiente locale sviluppo urbano a - affermava Damian lungo termine. DiEvans, coordinavenendo costoso tore dello Studio spostare insedia- L’erosione del suolo menti o demolirli e provocò accumuli di ricostruirli da zero, sedimentazione che il progetto originadovevano essere conrio e gli edifici e le tinuamente rimossi, forme di comunianche se al momencazione approntati, to non c’è una prova possono comprodecisiva di quel che mettere l’ulteriore può essere accaduto” sviluppo e forse, (D. Evans et al. “A secondo l’autore, comprehensive Arporre limiti ai camchaeological Map of biamenti politici e the World’s Largest sociali. Era un monito, pre-Industrial Settlement Complex of purtroppo non Angkor, Cambodia”, avvertito, ai teorizPNAS, 4 september zatori della “città 2007, Vol. 104, No globale” che, nel tentativo di pro36, pagg. 1427714282). porre un modello urbano capace di sostituire la “città Come abbiamo visto, ora si è aggiunto fossile”, dissipatrice un nuovo tassello di risorse naturali ed nel mosaico delle energetiche, ritengovere cause di questa no che il “progetto” misteriosa crisi, ma sia indipendente dal l’intuizione dell’ar“luogo”. cheologo Roland Fletcher, condirettore del “Greater Angkor Project” se-

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

PolieCo

AMBIENTE E LEGALITÀ, PREMIATO IL DIRETTORE DI POLIECO Claudia Salvestrini, a FestAmbiente 2010, fra gli insigniti alla VII edizione del Premio istituito da Libera e Legambiente

di Alberto Piastrellini

Nel comparto industriale della gestione e trattamento dei rifiuti e materiali derivanti dalla trasformazione di beni a fine vita, l’imperativo a monte di qualsiasi scelta, dovrebbe essere quello della legalità, in generale e dell’ecolegalità, in particolare. Questo perché, come ci ricordano gli esperti dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente e come il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha recentemente sottolineato, il giro d’affari connesso alla gestione criminosa dei rifiuti, in specie al loro illecito trasporto transfrontaliero, assomma cifre da capogiro. “Le ecomafie gestiscono nel nostro Paese un vero e proprio sistema ecocriminale, estremamente flessibile e diversificato, al quale dobbiamo contrapporne uno legale ed eco-sosteni-

bile - ha commentato Enrico Fontana, responsabile Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente - Abbiamo di fronte un vero e proprio sistema criminale i cui profitti continuano a crescere nonostante la crisi economica: nel 2009, secondo i dati del rapporto annuale di Legambiente, il giro d’affari complessivo delle ecomafie ha raggiunto la cifra imponente di 20,5 miliardi di euro per 28.576 gli illeciti accertati pari a 78 reati al giorno, cioè più di 3 l’ora”. É chiaro come a soffrire di più per questa situazione sia l’ambiente, patrimonio di tutti, ma anche il mondo dell’industria, quello buono, per intenderci, ne viene intaccato pesantemente dal momento che quando si tratta di riciclo di materiali, vedersi sottratta “materia prima” che prende il “volo” verso Paesi più accomodanti con la

Il Direttore PolieCo, Claudia Salvestrini riceve il premio da Enrico Fontana

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complicità di mediatori senza scrupoli, significa, poi, doverne acquistare altra a prezzi maggiorati per poter continuare a lavorare. E questa è una della tante battaglie che, caparbiamente e a sprezzo di non pochi pericoli, sta combattendo da anni, su vari fronti, il Consorzio PolieCo (Consorzio nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene), nella persona del suo Direttore, Claudia Salvestrini. Dialogo con le Istituzioni ed Enti Pubblici, collaborazione attiva con gli Organi di controllo e le Forze di Polizia, promozione di Accordi di Programma e Protocolli di Intesa fra ente consortile e stakeholders istituzionali, accanto ad un articolato e costante programma di formazione/informazione per le imprese associate, sono le “armi” su cui il Direttore Salvestrini può contare, accanto, naturalmente, al suo fiuto indagatore che l’ha portata ad individuare situazioni sospette e poco chiare su cui gli inquirenti stanno tuttora indagando. E tutto questo, anche a prezzo di un certo rischio personale. Già un mese fa, sulle pagine del PolieCo Magazine, inserto di del numero di luglio di Regioni & Ambiente, era apparsa un’ampia trattazione del Protocollo di intesa fra PolieCo e Agenzia delle Dogane, frutto di una proficua collaborazione fra i due Enti, partita già da alcuni mesi e riconosciuta a livello nazionale; prova ne sia l’ampia citazione contenuta nel volume: “Ecomafia 2010 – Le storie e i numeri della criminalità ambientale” (Edizioni Ambiente), a cura dell’Osservatorio Ambiente e Legalità – di Legambiente, che si fregia della prestigiosa prefazione di Roberto Saviano e dell’introduzione del Procuratore Nazionale Antimafia, Piero Grasso. A sottolineare il plauso rivolto all’iniziativa, alle pagine 378 e 379 del volume, si legge che: “… A livello


operativo, inoltre, è stato predisposto un Accordo con il Consorzio PolieCo (Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni a base di polietilene) i cui tecnici, in molteplici occasioni, sono stati impegnati al fianco dei funzionari doganali, fornendo supporto tecnico in attività di controllo e analisi delle merci trasportate”. “Nell’ambito dello stesso accordo di collaborazione e con il prezioso contributo della Fondazione Santa Chiara, di professori universitari, e di magistrati, è stato realizzato un corso di formazione per i responsabili degli Uffici di Controllo e dei Servizi Antifrode degli uffici Doganali finora interessati dai maggiori flussi a rischio specifico, che sarà esteso a livello nazionale nei prossimi anni. Tale collaborazione ha già consentito di sviluppare migliori competenze tecniche da parte dei funzionari impegnati nei controlli. Le quantità sequestrate di rifiuti di materiali plastici “mascherati” da materie prime secondarie rappresentano bene la misura del valore dell’impegno sinergico profuso”. La collaborazione reciproca che PolieCo ha inteso rinsaldare con tutti gli Organi di controllo: Noe, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza è continuamente oggetto di pubblici encomi da parte della Presidenza e dello staff operativo del Consorzio durante eventi istituzionali e pubblici nei quali si sottolinea sempre con piacere l’apporto fondamentale degli Organi di controllo nell’ambito della corretta gestione del settore del riciclaggio dei rifiuti. Inoltre, recentemente il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, Francesco Sebastio, durante l’audizione tenuta presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nel ricordare alcuni step delle indagini in corso nella zona di Taranto relativamente al problema rifiuti, ha avuto modo di sottolineare la positiva collaborazione offerta dal Consorzio PolieCo alla Guardia di Finanza. Tali risultati non sono sfuggiti alla Giuria del Premio Ambiente e Legalità istituito dall’Associazione Libera e Legambiente, giunto quest’anno alla sua VII edizione, che, fra i 14 paladini dell’ecolegalità che si sono distinti nel 2010, ha voluto insignire del riconoscimento Claudia Salvestrini.

“Magistrati, giornalisti, cooperative e liberi cittadini: è questa l’Italia che fa squadra nella lotta contro un’organizzazione delinquenziale integrata, pervasiva e difficile da arginare e che oggi vogliamo premiare”, ha dichiarato Enrico Fontana, nell’introdurre la premiazione durante la 22° edizione di FestAmbiente (6-15 agosto, Parco Naturale della Maremma, Centro per lo Sviluppo Sostenibile di Legambiente - località Enaoli, Ripescia GR), festival nazionale a cura dell’Associazione Legambiente che, ogni anno, in una cornice “leggera” e giocosa, affronta tematiche di grande importanza ed attualità come quelle della lotta ai cambiamenti climatici, del risparmio energetico, della corretta gestione dei rifiuti e di un deciso NO al nucleare. “Dedico questo Premio a tutti i colleghi e alle Aziende consorziate in PolieCo, perché tutti insieme si è perseguita la volontà propugnata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e dal mondo dell’ambientalismo, di costruire un sistema industriale del riciclo virtuoso e corretto”, così ha dichiarato entusiasta e visibilmente commossa la Direttrice del Consorzio PolieCo dopo aver ricevuto il Premio

Ambiente e Legalità dalle mani di Laura Biffi dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente, alla presenza di Don Luigi Ciotti, Presidente di Libera. Motivazione del riconoscimento: “per la coraggiosa e documentata attività di denuncia condotta nella qualità dei traffici illegali di rifiuti plastici, soprattutto di polietilene, contaminati da sostanze pericolose che dal nostro Paese vengono esportati, in particolare verso la Cina”. “Non tutto il mondo del riciclo è caratterizzato da illegalità ed ecomafie – ha puntualizzato in seguito il Direttore Salvestrini – ricordo che gran parte delle informazioni circa i traffici illeciti da e verso la Cina le ho reperite proprio grazie alla collaborazione dei funzionari e degli imprenditori cinesi preoccupati, come noi, per la salute dei cittadini e l’integrità dell’ambiente”. “Tuttavia – ha proseguito – il settore industriale del riciclo ha bisogno di regole e norme chiare e condivise; Accordi di collaborazione fra inquirenti di Paesi diversi e infine un sistema di controlli a garanzia di ambiente, imprese e cittadini”. “Siamo convinti che se tutti gli imprenditori si mettessero in gioco come

Il Presidente PolieCo, Enrico Bobbio intervistato dal nostro giornalista Alberto Piastrellini

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la Salvestrini, i risultati ambientali si otterrebbero in poco tempo, perché la legalità conviene”, ha dichiarato Enrico Fontana, Responsabile Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente che ha condotto l’evento, sottolineando l’operato del PolieCo in materia di diffusione della legalità nel comparto industriale di competenza e rimarcando le buone pratiche di collaborazione istituzionale fra l’ente consortile, la filiera del riciclo del polietilene e gli Organi di controllo; collaborazione che, nell’ultimo triennio ha dato vita ad un ricco calendario di Giornate di Formazione su tematiche legali ed ambientali, proposto a livello nazionale ed aperto non solo agli operatori del settore, ma anche a rappresentanti e funzionari della Pubblica Amministrazione. “Non posso che congratularmi con il Direttore Claudia Salvestrini”, ha dichiarato soddisfatto il Presidente PolieCo, Enrico Bobbio, presente anch’esso all’evento; “questo riconoscimento premia non solo il lavoro encomiabile della stessa, ma, di riflesso, conferma la bontà di tutto il CdA che guida il Consorzio e delle scelte perseguite in questi anni”. “Crediamo fortemente nella formazione degli operatori e nel dialogo costruttivo fra il mondo industriale del riciclo e tutti gli stakeholders istituzionali – ha proseguito dopo la premiazione il Presidente Bobbio – infatti, fra poco più di un mese ripeteremo l’esperienza del Forum Internazionale: “Economia dei rifiuti” ad Ischia. “Proponendosi come un vero e proprio Osservatorio Economico Gestionale dei rifiuti - ha sottolineato il Presidente - la due-giorni ischitana (24 e 25 settembre p. v.), sarà occasione per approfondire la tematica del riciclo di materie plastiche e di polietilene in particolare, in Italia e della sua internazionalizzazione alla luce delle problematiche del mercato globale e nell’ottica ulteriore di un auspicabile approccio etico. Consci dell’opportunità economica offerta dalla gestione virtuosa dei rifiuti e del loro riciclo, intendiamo stimolare un dibattito fra Istituzioni ed Operatori sul futuro della new economy, specificando come quest’ultima dipenderà sicuramente dalla disponibilità di risorse offerte

dalle materie derivanti dal riciclo. La formula utilizzata sarà quella di una vasta Tavola Rotonda attorno alla quale si avvicenderanno: economisti, giuristi, imprenditori ed amministratori pubblici che insieme concorreranno a presentare lo stato dell’arte e le prospettive future del settore cercando di non disgiungere la componente economica da quella prettamente ambientale”. E mentre il sole tramontava dietro il

palco dello Spazio Incontri invitando il pubblico agli altri eventi di FestAmbiente, il Direttore PolieCo ha voluto salutare con una battuta amici e collaboratori intervenuti per congratularsi con lei: “questo momento di festa ed il periodo estivo tradizionalmente legato alle ferie lavorative non deve farci dimenticare che il rispetto per l’ambiente e la legalità non vanno mai in vacanza!”

I PALADINI DELL’ECOLEGALITÀ 2010 • • • • •

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Domenico Iannone, giornalista, autore dell’indagine sul rapporto fra edilizia e normative antisismiche: “Il progetto, storia di un’Italia inconsistente”; Angelo Saso, giornalista, autore del reportage sulla nave dei veleni Eden 5: “Quella nave insabbiata”; Claudia Salvestrini, Direttore Consorzio PolieCo; Capitano Florindo Rosa e personale del NOE di Grosseto, per le indagini relative all’operazione “Golden Rubbish”; Comandante Giuseppe Gulli e personale del Nipaf (Nucleo Investigativo di Polizia Ambietale e Forestale) del Corpo Forestale delle stato di Reggio Calabria, per le indagini condotte nell’operazione “Leucopetra”; Maria Cristina Ribera, Sostituo Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, per le indagini nell’operazione “Giudizio finale”; Vittorio Rizzi e personale della Squadra Mobile di Roma, per le attività di indagine nell’ambito di esportazioni illegali di rifiuti ed importazioni di merci contraffatte e contaminate; Mario Spagnolo, Procuratore Capo di Vibo Valentia, per l’impulso dato alle indagini sull’abusivismo edilizio; Comandante Angelo Pistorio, Capo Ufficio III Reparto del Comando Generale delle Capitanerie di Porto, per la redazione del Dossier “Spadare”; Polizia Provinciale della Capitale, per le attività a tutela della fauna e la repressione dell’attività venatoria illecita; Cosimo Andronica, Comandante del Corpo dei Vigili Urbani di Agrigento, per l’efficace intervento a tutela dell’ambiente e della legalità; Nucleo di Polizia Tributaria di Roma e Gruppo Tutela del Patrimonio Artistico della Guardia di Finanza per l’operazione “Augusto Imperatore” circa il recupero di reperti archeologici trafugati illegalmente; Corpo Nazionale del Vigili del Fuoco, per le operazioni di intervento in Abruzzo dopo il sisma e dopo le alluvioni di Scaletta Zanclea e Giampillieri, nel messinese. Speciale riconoscimento per lo straordinario impegno per l’ambiente, la salute dei cittadini e la legalità, alla memoria di Luisa Minazzi, figura simbolo del movimento contro l’amianto killer a Casale Monferrato, recentemente scomparsa, proprio a causa del mesotelioma pleurico contratto per la prolungata esposizione alla fibra.

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L’EVOLUZIONE DEL DIRITTO DELL’AMBIENTE: NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI E RAPPORTI CON IL DIRITTO DELL’ENERGIA di Dario Cordone

Si è svolto lo scorso 14 e 15 Maggio a Palermo un Seminario di aggiornamento sull’evoluzione del Diritto dell’ambiente, organizzato dall’ORSA (Scuola di alta formazione ambientale) con il patrocinio del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo. Coordinatore del Seminario è stato l’avvocato Salvatore Mancuso. Fra gli interventi segnaliamo quello del dottor Calogero Ferrara della Procura della Repubblica di Palermo dal titolo “I reati e le tecniche di indagine in materia di rifiuti”. Nel corso degli ultimi anni si è passati dalla mancanza totale di disposizioni penali in materia di ambiente a quello che, giustamente, è stato definito un “inquinamento da leggi” caratterizzato da una evidente mancanza di coordinamento determinata, in molti casi, dal fatto che le singole disposizioni vengono emanate non in funzione di una adeguata protezione dell’ambiente, ma per sopperire a situazioni particolari scaturite dall’intervento della magistratura o da esigenze di singoli settori produttivi o, nella migliore delle ipotesi, per la necessità dello Stato di adeguarsi alla normativa comunitaria. La seconda questione è relativa alla mancanza di una forma di responsabilità diretta della persona giuridica per violazioni ambientali. Il Titolo VI Capo I del T.U. 152/2006 rubricato “Sanzioni” (artt. 254-263) disciplina le singole fattispecie illecite in tema di rifiuti. Tra i numerosi criteri sistematici delle figure criminose in oggetto quello generalmente accolto distingue: - il tipo di attività svolta e le violazioni alle regole di esecuzione; - la tipologia di rifiuti (pericolosi, non pericolosi; propri, prodotti da terzi ecc.); - la tipologia di sanzione (amministrativa o penale). Il sistema sanzionatorio previsto dal Decreto è fondato sul controllo incrociato del percorso seguito dai rifiuti fino al momento della loro eliminazione e tende a coinvolgere e responsabilizzare tutti i soggetti coinvolti nella gestione secondo il criterio di imputazione della “causalità alternativa”, secondo il quale, nell’ipotesi in cui tra più soggetti che hanno posto in essere un’azione vietata, ed è certo che uno di essi ha causato l’evento dannoso ma non è possibile identificarlo, saranno chiamati a risponderne tutti in solido (fermo restando poi i limiti dell’elemento soggettivo!). L’art. 255, intitolato “abbandono di rifiuti”, prevede una molteplicità di figure illecite, alcune punite con sanzione amministrativa ed altre con sanzione penale. In particolare è punita con: sanzione amministrativa pecuniaria la condotta di chiunque abbandona o deposita rifiuti, ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee in violazione dei divieti: - di cui all’art. 192, commi 1 e 2 (abbandono sul suolo o nelle acque dei rifiuti);

- di cui all’art. 226 comma 2 (immissione nel circuito di raccolta dei r.u. degli imballaggi terziari di qualsiasi natura); - di cui all’art. 231 commi 1, 2 e 5, per quanto riguarda la demolizione dei veicoli a motore . sanzione penale (arresto fino ad un anno) la condotta di chi: - non ottempera all’ordinanza del Sindaco di cui all’art. 192, comma 3 (omessa rimozione dei rifiuti abbandonati); - non adempie all’obbligo di cui all’art. 187, comma 3, in tema di miscelazione di rifiuti pericolosi (omessa separazione dei rifiuti miscelati). Altro interessante intervento è stato quello effettuato dal dottor Luca Ramacci della Procura della Repubblica di Tivoli dal titolo “I reati nel settore delle acque e le tecniche di indagine” Da tempo, e specie dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. 152\06, la materia dell’inquinamento idrico è ormai relegata in secondo piano. Il numero complessivo dei procedimenti penali per i reati in materia di tutela delle acque è drasticamente calato. Le ragioni di tale situazione possono essere individuate nei ripetuti interventi peggiorativi del legislatore e nella scarsità dei controlli. Infatti, con il D. Lgs. n. 4\2008, che aveva lo scopo di rimediare alla pessima redazione del “Testo Unico ambientale” riportandolo entro i limiti tracciati dalla normativa comunitaria, si è inopinatamente proceduto alla equiparazione degli effluenti di allevamento agli scarichi domestici. Successivamente, la modifica dell’articolo 137 ad opera della L. 25 febbraio 2010, n. 36 “Disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue” ha determinato una considerevole depenalizzazione dei casi di superamento dei limiti tabellari fissati per gli scarichi industriali. Per quanto riguarda i controlli, invece, la complessità delle operazioni di campionamento ed analisi e le scarse risorse di uomini e mezzi hanno sicuramente ridotto la già scarsa operatività delle ARPA e degli altri soggetti preposti alle verifiche ridottesi ormai, quasi sempre, ad accertamenti di routine effettuati, per lo più, a fronte di richieste di autorizzazione allo scarico. Tale situazione incoraggia gli inquinatori e rende ancor più agevole la cattiva gestione degli impianti di depurazione delle pubbliche fognature che, privi di adeguata manutenzione per contenere i costi di gestione o del tutto abbandonati, forniscono un massiccio contributo al peggioramento qualitativo dei corpi ricettori. Per quanto concerne il passaggio dalla TARSU alla TIA, ulteriore argomento all’ordine del giorno, si riporta, in sintesi l’intervento dell’avvocato Filippo Alessandro Cimino del Foro di Palermo.

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La differenza teorica e dottrinaria tra tariffa pubblica e tassa è netta e ben delineata: • la tassa è un tributo. È la somma inferiore al costo di produzione che il privato paga all’ente pubblico per ottenere, dietro sua domanda, un servizio o altra prestazione pubblica. Profilo commutativo tra prestazione pecuniaria e servizio prestato. E’ fondamentale l’elemento della coattività (il servizio è fissato dall’ente pubblico nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali). • la tariffa pubblica è un prezzo unitario regolamentato, diverso da quello determinato dal mercato. Ulteriore distinzione tra prezzi pubblici, che coprono il costo di produzione, e prezzi politici, inferiori al costo. Profilo sinallagmatico tra prestazione e servizio. Manca l’elemento della coattività proprio del tributo. Differenze più rilevanti della tariffa come delineata dall’art. 238 D.Lgs. n. 152/2006 rispetto alla TARSU ex D.Lgs. n. 507/1993: la tariffa è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, sulla base di parametri che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali (maggiore attenzione al requisito della capacità contributiva), la tariffa è formata da due parti, in modo da assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio (struttura binomia): • quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti (quota fissa); • quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito ed all’entità dei costi di gestione (quota variabile). La rilevanza della quantità di rifiuti conferiti rende la tariffa aderente al principio comunitario “chi inquina paga” (sostituzione del sistema di tariffazione forfetario previsto dalla disciplina della Tarsu, con un sistema che colpisce l’effettiva produzione di rifiuti). In tal senso si può attuare anche l’applicazione di una riduzione tariffaria a favore dei produttori che dimostrino di avere avviato al recupero una quota di rifiuti assimilati. La seconda parte del Seminario è stata dedicata alle fonti di energia rinnovabile. L’ingegner Francesco Cappello dell’ENEA ha parlato di “Analisi tecnico-economica della produzione di energia da fonti rinnovabili”.

In particolare ha sottolineato che l’energia proveniente dal Sole ampiamente disponibile in Sicilia, rispetto alle altre regioni italiane, dovrebbe essere maggiormente sfruttata a vantaggio degli imprenditori siciliani che facciano investimenti diretti su impianti fotovoltaici in modo da beneficiare in prima persona di quanto previsto dal “conto energia” ed evitando che imprenditori del Nord Italia o esteri approfittino del forte irraggiamento solare della Sicilia. A seguire c’è stato l’intervento dell’avvocato Simona Viola del Foro di Milano, incentrato su: “Principi generali del procedimento autorizzatorio per gli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile. Il sistema delle competenze Stato-Regioni”. Le Regioni possono autonomamente disciplinare il procedimento autorizzatorio, ma non in difformità dallo schema individuato dall’articolo 12. Le Regioni hanno adottato proprie “Linee guida”, atti di pianificazione energetica e discipline variamente denominate che spesso appaiono contrarie ai principi della disciplina comunitaria e nazionale e la giurisprudenza amministrativa e costituzionale è dovuta intervenire come si osserva dalle decisioni che seguono. Le Regioni non possono provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa. (Corte Costituzionale, sent. n. 166 del 2009). Le Regioni non possono introdurre moratorie o sospensioni delle procedure autorizzatorie perché il termine di 180 giorni è principio fondamentale dell’ordinamento giuridico ispirato “alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità garantendo, in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del procedimento autorizzativo”. (Corte Costituzionale, sent. n. 124 del 2010). In sintesi, le Regioni hanno spesso: • Contingentato la potenza massima autorizzabile; • Fissato un numero massimo di impianti; • Posto vincoli territoriali o paesaggistici quali prescrizioni localizzative impeditive (aree SIC, ZPS, parchi, zone “inidonee”, fasce di rispetto, aree buffer); • Fissato requisiti non normativamente previsti (“soggettivi” del proponente o “tecnici” del progetto); • Individuato criteri di preferenza tra domande concorrenti discriminatori nella scelta dei progetti (spesso a favore dei progetti che vedono la partecipazione di soggetti pubblici o del Comune interessato).

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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D. M. 9 luglio 2010

SISTRI TER

Ulteriore differimento dei termini operativi, ma anche modifiche sostanziali

Come avevamo previsto (vedi: “SISTRI: solo 30 giorni di proroga e nuovi obblighi”, in Regioni&Ambiente, n. 4 aprile 2010, pagg. 30-32 e inserto normativo con il testo del DM. 15 febbraio 2010, recante “Modifiche ed integrazioni al decreto 17 dicembre 2009”), il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, meglio conosciuto con l’acronimo SISTRI, ha subìto un ulteriore (il terzo!) slittamento della sua operatività. Con la pubblicazione del Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 9 luglio 2010 sulla G.U. n. 161 del 13 luglio 2010 (nello stesso giorno in cui avrebbe dovuto divenire operativo per le imprese e produttori del 1° gruppo), le previste date per l’avvio della procedura di tracciamento digitale del ciclo dei rifiuti sono posticipate al 1° ottobre 2010. Di certo le criticità e le aree di incertezza insite nel sistema costituiscono difficoltà operative per le imprese, ma al di là delle formali condivisioni delle finalità del SISTRI, si ha la sensazione che non sia solo una questione di tempi. Molte organizzazioni imprenditoriali, con in testa Confindustria, ritengono che l’ulteriore proroga sia ancora troppo ravvicinata, come altrettanto auspicato è il differimento della vigenza delle cosiddette semplificazioni. Altre, come la Confai (Confederazione Agromeccanici) minacciano ricorso per incostituzionalità del Decreto che la escluderebbe dalle Associazioni di categoria delegate, in quanto non presente nel CNEL. A leggere la nota del 16 luglio della CNA (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa) sono i nuovi adempimenti ambientali emanati dal Governo a mettere in forte difficoltà le piccole e medie imprese, alle quali serviranno, afferma la nota “ulteriori 200 milioni di euro che si sommano ad altri 200 milioni di euro già pagati nei primi 6 mesi del 2010”.

Oltre al SISTRI del quale vengono indicate le modifiche da introdursi per renderlo applicabile, viene messo sotto accusa anche il Regolamento di Gestione dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE) entrato in vigore recentemente, dopo un’attesa di oltre due anni, rispetto ai tempi previsti dal D.Lgs n. 151/2005 che ha attuato la Direttiva 2003/96/CE (vedi: “Dal 18 giugno ONE to ONE”, in Regioni&Ambiente, n. 6 giugno 2010, pagg. 33-36 e inserto normativo con il testo del DM 8 marzo 2010), che avrebbe “messo in difficoltà migliaia di imprese che hanno dovuto procedere in condizioni di grave incertezza, alla nuova iscrizione e in alcuni casi, tenuto conto delle difficoltà applicative del regolamento, hanno visto bloccati i contratti da parte dei distributori di apparecchiature elettriche ed elettroniche in attesa di chiarimenti necessari per una corretta applicazione del provvedimento”. Forse è il caso di ricordare che il progetto SISTRI, pur nelle sue lacune e difficoltà interpretative, tenta di rispondere a livello di principio, a quanto prevede la Direttiva 2008/98 in materia di rifiuti, che impone agli Stati membri l’adozione delle misure necessarie ad assicurare il controllo dei rifiuti, ivi inclusa la loro tracciabilità, di cui il SISTRI vuol trasferire in via elettronica l’adempimento degli obblighi di informazione relativi alle fasi di produzione, movimentazione e recupero/smaltimento dei rifiuti, sino a ieri avvenuto mediante la compilazione di formulari cartacei. Come abbiamo avuto modo di sottolineare in più occasioni al riguardo, siamo favorevoli ai vari decreti che modificano od integrano alcune parti, peraltro necessariamente; non condividiamo, in linea di principio, lo stillicidio di proroghe dei termini stabiliti. Le novità del SISTRI ter non si limitano però alle proroghe, ma individuano sostanziali modifiche anche su altri

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aspetti. Ma andiamo con ordine. Art. 1 - Operatività Come sopra accennato, i termini di operatività del SISTRI sono prorogati al 1° ottobre 2010. Questo vuol dire che la partenza avviene contemporaneamente per tutte le imprese, sia per i grandi che per piccoli produttori, non già in date separate (13 luglio e 12 agosto 2010), come previsto precedentemente. Allo stesso tempo sono state prorogate al 12 settembre 2010 anche le date per le procedure di ritiro delle chiavette USB e per l’installazione delle Black Box, ossia dei dispositivi necessari per la funzionalità del SISTRI da montare sui mezzi, per ottenere la tracciabilità della movimentazione del rifiuto, per assicurare l’inserimento dei dati delle aziende coinvolte nella gestione, nei termini stabiliti dalla legge. È opportuno rammentare alle aziende di trasporto che, all’atto dell’installazione della Black Box sui propri mezzi, è necessario disporre di una SIM card abilitata ed attivata al traffico dati GPRS e senza PIN. È stato soppresso il termine di 30 giorni previsti per la presentazione delle domande di autorizzazione all’installazione delle Black Box da parte delle imprese di autoriparazione nel settore elettrauto in possesso dei requisiti previsti nell’Allegato IB al DM 17 dicembre 2009, riaprendo di fatto la riapertura dei termini. Per quanto riguarda i Corsi di formazione nell’anno in corso se ne effettuerà un altro (si è svolto già nei giorni 29 e 30 luglio 2010), oltre a quello già tenuto all’entrata in vigore del Decreto. A partire dal 2011, ne verranno effettuati due all’anno, le cui date saranno indicate sul sito istituzionale del SISTRI. Art. 2 - Estensione della videosor-


veglianza agli impianti dedicati di coincenerimento dei rifiuti Le disposizioni relative alla dotazione di apparecchiature idonee a monitorare l’ingresso e l’uscita di automezzi in e da impianti di discarica vengono estese anche agli impianti di coincenerimento destinati esclusivamente al recupero energetico dei rifiuti.

del rifiuto non accettato e apre una nuova scheda.

Art. 3 - Modifiche all’art. 3 del decreto ministeriale 17 dicembre 2009 Vengono obbligati all’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali tutti i Comuni della Campania che effettuano la raccolta e il trasporto dei rifiuti urbani, realtà territoriali che finora erano mantenute legislativamente separate.

Le modifiche sopra elencate sono recepite nelle schede SISTRI pubblicate sul portale istituzionale.

Viene previsto, inoltre, l’obbligo di tenuta delle chiavette USB presso la sede legale dell’azienda per la quale sono rilasciate, per essere disponibili in qualunque momento all’autorità di controllo. Art. 4 - Modifiche all’art. 5 del decreto ministeriale 17 dicembre 2009 Nel caso di spedizioni transfrontaliere dall’Italia, il produttore di rifiuti dell’“Elenco Verde” (rifiuti non pericolosi destinati ad essere recuperati) inserisce nel sistema in formato pdf il documento di movimento di cui all’Allegato VII del Regolamento CE n. 1013/2006. Nel caso in cui il rifiuto venga respinto o accettato parzialmente dal gestore dell’impianto di destinazione, il trasporto dei rifiuti non accettati e restituiti al produttore deve essere accompagnato dalla copia cartacea della Scheda SISTRI - Area movimentazione relativa ai rifiuti medesimi, firmata elettronicamente e stampata dal gestore dello stesso impianto di destinazione. Qualora i rifiuti non accettati siano avviati direttamente ad altro impianto, il produttore annota sul registro cronologico i dati relativi al carico

Vengono semplificati gli adempimenti relativi ai trasporti di rifiuti che ricadono nella definizione di “micro raccolta”, eliminando la comunicazione anticipata al SISTRI dei dati relativi alla movimentazione dei rifiuti.

Art. 5 - Operatività del SISTRI in aree non coperte dalla rete Viene aggiunto al novero degli “imprevisti” dovuti al malfunzionamento del sistema, di cui all’Art. 6 del DM 17 dicembre 2009, anche l’eventualità della mancata copertura della rete di trasmissione dati. Art. 6 - Contributi All’Allegato II del DM 17 dicembre 2009, relativo alla Ripartizione dei contributi per categoria dei soggetti obbligati è stata aggiunta una tabella che opera una nuova ripartizione che prevede importi ridotti per i seguenti soggetti obbligati: - Enti e Imprese produttori di rifiuti pericolosi; - Imprenditori agricoli; - Comuni con meno di 5.000 abitanti che pagheranno un contributo annuo pari a 60 euro, indipendentemente dal numero degli addetti per unità locale. I Comuni, indipendentemente dal numero di abitanti, vengono esentati dall’iscrizione per le unità locali con meno di 10 addetti che si occupano di rifiuti per loro conto. La trasmissione dei dati avviene a carico del Comune stesso nel caso in cui non vi sia alcuna unità locale con meno di 10 dipendenti. Tale esenzione riguarda esplicitamente anche le Associazioni senza scopo di lucro.

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ENTI E IMPRESE PRODUTTORI RIFIUTI PERICOLOSI ADDETTI PER UNITÀ LOCALE

QUANTITATIVI ANNUI

CONTRIBUTO

Da 1 a 5

Fino a 200 kg

Euro 50

Da 1 a 5

Oltre 200 e fino a 400 kg

Euro 60

Da 6 a 10

Fino a 400 kg

Euro 60

Da 1 a 5

Fino a 200 kg

Euro 30

Da 1 a 5

Oltre 200 e fino a 400 kg

Euro 50

Da 6 a 10

Fino a 400 kg

Euro 50

IMPRENDITORI AGRICOLI

COMUNI CON MENO DI 5.000 ABITANTI

Qualora si sia già provveduto al pagamento dell’iscrizione e ci siano stati soggetti che hanno versato somme maggiori del dovuto, vengono stabilite le modalità di rimborso, prevedendo, in particolare, un diritto al conguaglio con quanto dovuto per gli anni successivi, dei contributi già versati alla data di entrata in vigore del DM 9 luglio 2010. I soggetti che vogliono avvalersi dei rimborsi/conguagli compileranno il relativo modello disponibile sul sito istituzionale alla Sezione Documenti, e inviarlo via e-mail o fax. Vengono pure precisate ed aggiunte alcune modalità di pagamento dei contributi di cui all’Allegato II, come modificato, prevedendo che il pagamento potrà avvenire nei seguenti modi (restano immutate le modalità di pagamento presso la Tesoreria Provinciale dello Stato - Banca d’Italia): - presso qualsiasi ufficio postale, mediante versamento dell’importo dovuto sul conto corrente postale n. 2595427, intestato alla Tesoreria di Roma Succursale Min. Ambiente SISTRI decreto ministeriale 17 dicembre 2009 Min. Amb. DG Tut. Ter. Via C. Colombo, 44 - 00147 ROMA; - presso gli sportelli del proprio istituto di credito, mediante bonifico bancario alle coordinate IBAN: IT56L 07601 03200 000002595427;

Euro 60


Beneficiario, Tesor. di Roma succ.le Min. Ambiente SISTRI D.M. 17/12/2009 - Min. Amb. DG Tut. Ter. via C. Colombo 44 - 00147 - Roma Codice Fiscale 97222270585 In entrambi i casi, occorrerà indicare nella causale di versamento i seguenti dati: - contributo SISTRI/anno 2010; - il codice fiscale dell’Operatore; - il numero di pratica comunicato dal SISTRI, a conferma dell’avvenuta iscrizione. Art. 7 - Modifiche all’Art. 7 del decreto ministeriale 17 dicembre 2009 È stato praticamente riscritto l’articolo relativo ai soggetti che possono usufruire di modalità semplificate, avvalendosi delle organizzazioni di categoria rappresentative sul piano nazionale e interessate e delle loro articolazioni territoriali, nonché di società di servizi, emanazione diretta delle medesime organizzazioni. Ricadono in tale ambito: - le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti pericolosi; - i soggetti la cui produzione annua non eccede le 4 tonnellate annue di rifiuti pericolosi, ivi compresi gli imprenditori agricoli; - i soggetti la cui produzione annua non eccede le 20 tonnellate di rifiuti non pericolosi; - i soggetti che possono aderire al SISTRI su base volontaria, di cui all’art. 1, comma 4 del DM 17 dicembre 2009. Sono stati rimodulati anche i termini della compilazione del Registro cronologico, disponendo che: - le Associazioni imprenditoriali delegate o loro Società di servizi, dovranno compilare il Registro con cadenza mensile (in ogni caso, prima della movimentazione dei rifiuti); - i produttori di rifiuti pericolosi fino a 200 kg. all’anno, effettueranno la compilazione con cadenza tri-

mestrale (in ogni caso prima della movimentazione dei rifiuti); Il Registro cronologico e le singole Schede di movimentazione dei rifiuti dovranno essere conservati per almeno tre anni presso la sede del delegante e tenuti a disposizione, su supporto informatico o in copia cartacea, dell’autorità di controllo che ne faccia richiesta. Art. 8 - Moduli di iscrizione In riferimento alle modalità di iscrizione sulla base del numero dei dipendenti, è stato precisato, contrariamente alle precedenti disposizioni che prendevano in considerazione solo i lavoratori dipendenti, che il calcolo per ciascuna unità locale deve essere calcolato con riferimento al numero degli addetti, cioè al numero delle persone occupate nell’unità locale dell’ente o dell’impresa con una posizione di lavoro indipendente o dipendente (a tempo pieno, a tempo parziale o con contratto di formazione lavoro), anche se temporaneamente assente (per servizio, ferie, malattia, sospensione dal lavoro, cassa integrazione, ecc.). I lavoratori stagionali devono essere considerati come frazioni di unità lavorative annue con riferimento alle giornate effettivamente retribuite. Art. 9 - Definizioni Oltre a ribadire quanto riportato nel precedente articolo 8 in merito alla definizione di Dipendenti, per l’applicazione della normativa, si precisa che per: - Circuito organizzato di raccolta si intende un sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti, organizzato secondo le esigenze territoriali e, comunque, nel rispetto dei principi della libera concorrenza e della prossimità, dai Consorzi di cui ai Titoli II e III della Parte IV del D.Lgs n. 152/2006 e alla normativa settoriale, od organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la Pubblica Amministrazione ed Associazioni imprenditoriali

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rappresentative su piano nazionale, o loro articolazioni territoriali, ovvero sulla base di una Convenzione Quadro stipulata tra le medesime Associazioni e i Responsabili della piattaforma di conferimento, o dell’Impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto Accordo o della predetta Convenzione; - Associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, sono le Associazioni imprenditoriali presenti nel Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL). Manuale Operativo Sempre in luglio, sul sito istituzionale è stato pubblicato il Manuale Utente del SISTRI, precedentemente annunciato ed atteso dalle imprese. Tale versione, si può leggere, viene messa a disposizione degli utenti a supporto della fase di sperimentazione del sistema recentemente iniziata in previsione dell’imminente avvio della fase operativa, previsto per il 1° ottobre 2010. Si tratta di un Manuale operativo che potrà esser oggetto di modifiche, anche in relazione alle segnalazioni di nuove problematiche o di proposte di modifica o di integrazione che perverranno da parte di tutti gli utenti, che dovranno tuttavia essere approvate dal Comitato Tecnico/Scientifico del SISTRI e verranno evidenziate con indicazione della data di aggiornamento. Il Manuale sarà, inoltre, aggiornato in relazione all’evoluzione del Sistema. Oltre alla parte di introduzione generale, il Manuale, in formato PDF ipertestuale, corredato di diagrammi e grafici, è articolato in tre sezioni: - “Dispositivi” che descrive in modo sintetico l’utilizzo dei dispositivi USB, della Black Box e degli impianti di Videosorveglianza; - “Procedure” che descrive in sequenza le operazioni che devono effettuare gli “attori” del SISTRI (produttore, intermediario, trasportatore, conducente, gestore) e alcune procedure particolari, quali quella della movimentazione di rifiuti nel corso di


attività di manutenzione, cantieri, micro raccolta, trasporto transfrontaliero; - “Guide” che descrive l’uso del software da parte dei produttori/detentori di rifiuti, trasportatori, gestori di impianti di trattamento. La descrizione del software è accompagnata da immagini delle schermate delle operazioni che vengono progressivamente effettuate sul software dai differenti attori. Test SISTRI Il 26 luglio, infine, è stato attivato un test di verifica della funzionalità del SISTRI per consentire ad un insieme rappresentativo di tutte le classi di utenti di provare il sistema e fornire suggerimenti e proposte per meglio

adattare l’interfaccia del sistema e le procedure relative alle esigenze prospettate dagli operatori ed ai sistemi gestionali presenti presso le aziende. Man mano che sono consolidate le interfacce del Sistema e le procedure operative, tutti gli utenti potranno familiarizzare con la nuova modalità informatica di tracciamento della movimentazione dei rifiuti. Il programma sarà condotto con un approccio graduale ed evolutivo, garantendo agli utenti di sperimentare inizialmente un flusso base e progressivamente nuovi elementi sempre più aderenti al sistema in esercizio. Tale metodologia consentirà di raccogliere gli eventuali feedback degli utenti da utilizzare ai fini del miglioramento del sistema.

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Il programma si articolerà in due fasi che procedono sfasate nel tempo: - fase 1) - Sistema demo, per la verifica di funzionalità, processi ed usabilità, al fine di migliorare e consolidare l’interfaccia e le procedure del SISTRI, grazie ai feedback che saranno utilizzati sia per il processo di miglioramento e tuning del sistema, sia per definire in maniera partecipata il Manuale Utente; - fase 2) - Sistema in ambiente di produzione, man mano che questo è consolidato attraverso la fase 1, per consentire agli utenti di fare pratica con il nuovo sistema e per acquisire praticità e rapidità nell’utilizzo, anche grazie al supporto del Manuale Utente.


L’ISTAT ha presentato “Il Sistema Energetico Italiano e gli Obiettivi Ambientali al 2020”

UN PAESE ANCORA TROPPO DIPENDENTE DAI COMBUSTIBILI FOSSILI Attese forti riduzioni delle emissioni per raggiungere gli obiettivi

La Strategia messa a punto dall’Unione europea, con riferimento all’anno 2020, prevede lo sviluppo di una crescita economica intelligente, basata sulla conoscenza e l’innovazione, sostenibile ossia più verde, più competitiva e più efficiente sotto profilo è delle risorse, ed inclusiva, volta a favorire la coesione sociale e territoriale e con un alto tasso di occupazione. Con riferimento in particolare alla crescita sostenibile, la strategia messa dall’UE, il cosiddetto Triplo 20, fissa degli obiettivi vincolanti per ciascuno Stato membro, relativamente al ricorso alle fonti rinnovabili e alla riduzione delle emissioni dei gas serra. Per l’Italia tale strategia si è tradotta in un duplice obiettivo vincolante per il 2020: - la riduzione dei gas serra del 14% rispetto al 2005 (assunto come anno base rispetto al quale vengono presentati gli aumenti o le riduzioni sia nelle quote di energia prodotta da fonti rinnovabili che delle emissioni di gas serra); - il raggiungimento di una quota di energia rinnovabile pari al 17% del consumo finale lordo (nel 2005 tale quota era del 5,2%). Dal Dossier “Il Sistema energetico italiano e gli obiettivi ambientali al 2020”, presentato dall’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) e basato sui dati relativi al periodo 2000-2009, resi disponibili dai principali produttori di statistiche energetiche sul territori (Ministero dello Sviluppo Economico, ENEA e Terna), al 2009 si evidenzia che l’Italia è ancora troppo dipendente dai combustibili fossili, e in particolare dai prodotti petroliferi. Bisogna osservare che nell’ultimo decennio il settore energetico nazionale è stato interessato da significativi cambiamenti avvenuti in ambito istituzionale e di mercato, che hanno

avuto come obiettivo la riforma del mercato elettrico e del gas, lo sviluppo delle fonti rinnovabili, la promozione dell’efficienza, del risparmio energetico e della sicurezza degli approvvigionamenti ed inoltre, è stata predisposta la legislazione di base necessaria al riavvio di una produzione di elettricità da fonte nucleare, il cui effetti si verranno a partire dal 2020. Tali cambiamenti, unitamente ad altri fattori, quali quello climatico e quello economico, hanno influito sull’andamento e sulla composizione dell’offerta e della domanda di energia e hanno contribuito a delineare le peculiarità del sistema energetico nazionale. L’Italia, infatti, rispetto agli altri Paesi dell’UE si contraddistingue per una maggior vulnerabilità dal lato degli approvvigionamenti e per una maggiore dipendenza dagli idrocarburi, soprattutto nella generazione elettrica; di contro, presenta un minor contenuto di energia per unità di PIL rispetto ad altri Paesi. Il confronto dei dati europei relativi all’intensità energetica primaria (il rapporto tra disponibilità interna lorda di energia e PIL) conferma, infatti, una tendenza decrescente di tale indicatore già a partire dal 1996 sia per l’Unione europea nel complesso che per alcuni Paesi membri. L’Italia, inoltre, si pone sempre con valori inferiori alla media dell’Europa e ad alcuni Paesi quali Germania Francia e Spagna Dal 1995 al 2005 la disponibilità interna lorda di energia, definita come la quantità di energia volta all’interno del Paese più quella importata al netto delle esportazioni e delle variazioni delle scorte, è sempre stata in crescita, ma dal 2005 al 2009 si è rilevata una inversione di tendenza, particolarmente accentuata nell’anno 2008, in corrispondenza di una riduzione del PIL pari all’1,3% e soprattutto nel

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2009, quando la disponibilità energetica si è ridotta del 5,8% rispetto all’anno precedente e il PIL ha subìto una contrazione del 5,1% (Figura 1). Rispetto al 2005 l’intensità energetica primaria si è ridotta, attestandosi nel 2009 al di sotto dei 150 tep per milione di euro prodotto. L’analisi del contributo delle singole fonti al soddisfacimento della domanda energetica del Paese mostra che nel 2009 la quota prevalente è attribuita ai prodotti petroliferi (41,0%) seguiti dal gas naturale (35 25%), fonti rinnovabili (10,7%) e combustibili solidi (7,4%). Rispetto all’anno precedente la disponibilità di energia da fonti rinnovabili è aumentata dell’1,8%, mentre è diminuita dello 0,9% quella di gas naturale e dell’1,3% quella da combustibili solidi; non si registrano variazioni nella quota dal petrolio. Rispetto al 2000, risulta essere più evidente il processo di sostituzione tra le fonti, in particolare tra prodotti petroliferi e gas naturale: la quota di disponibilità di energia da petrolio è notevolmente diminuita (-8,5%), mentre la quota da fonti rinnovabili è salita (+3,8%) e quella del gas naturale è aumentata (+4,1%). Risultano stabili le quote di combustibili solidi ed energia elettrica. In particolare, con riferimento ai prodotti petroliferi che rappresentano la principale fonte energetica del Paese, seguita dal gas naturale, si osserva che nel 2009 alla determinazione del fabbisogno complessivo di tale fonte (pari a circa 73,9 milioni di tep) hanno contribuito per il 6,2% la produzione nazionale (4,6 milioni di tep) e per il 93,1% (68,8 milioni di tep) le importazioni nette. Complessivamente nel 2009 le importazioni di prodotti petroliferi sono diminuite del 5,9%, in corrispondenza di un incremento


dei relativi prezzi, che hanno fatto registrare rialzi consecutivi nel corso dell’anno. Anche la disponibilità di gas naturale, in aumento fino al 2005, ha subìto una contrazione negli anni successivi, soprattutto nel 2009. La domanda complessiva di gas naturale è soddisfatta per quasi il 90% dalle importazioni, in prevalenza da Russia (33%) e Algeria (31%). Nel 2009 la domanda di energia elettrica, pari a 317,6 miliardi di kWh, è diminuita del 6,4% rispetto all’anno precedente, seguendo un andamento che si è presentato, anche se con una intensità molto più lieve, già a partire dal 2005. Il fabbisogno elettrico complessivo è soddisfatto per il 90% dalla produzione nazionale, effettuata in gran parte utilizzando i

combustibili primari, e per il 13,9% dalle importazioni nette di energia elettrica prodotta all’estero, che nel 2009 sono aumentate dell’11% rispetto al 2008 (mentre nel 2008 erano diminuite del 13,6%) Tra le fonti energetiche rinnovabili utilizzate nel settore elettrico, quella idrica ha la maggiore incidenza (70,4% sulla produzione totale da fonte rinnovabile), seguita dalle biomasse e dai rifiuti solidi urbani usati prevalentemente nelle centrali termoelettriche (11,5%), dalla fonte eolica e fotovoltaica (10,1%) e, infine, dalla geotermica (5,4%). Nel 2009 la quota da fonti rinnovabili è aumentata del 4,6% rispetto all’anno precedente (+4,8% rispetto al 2008 e +2,2% rispetto al 2004). Inoltre, rispetto al 2008 è salita dell’1,1% la quota delle altre rinnovabili (eolico e biomasse, a seguire il fotovoltaico), e

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di 0,1% quella della geotermia. Per quanto riguarda la produzione termoelettrica tradizionale, si osserva un’incidenza sulla produzione lorda complessiva che passa dall’81,2% del 2004 al 76,4% del 2009, a vantaggio della quota di rinnovabili la cui incidenza sulla produzione complessiva passa dal 18,8% del 2004 al 23,6% del 2009. Tra i combustibili impiegati per la produzione termoelettrica, si conferma il primato del gas naturale che nel 2009 è pari al 66,7% della produzione termoelettrica complessiva (53,9% nel 2004). Si riduce, inoltre, la produzione termoelettrica da carbone (dal 18,9% nel 2004 al 17,9% del 2009) e, soprattutto, quella da prodotti petroliferi, passata dal 16,16% nel 2004 al 6,3% del nel 2009 (-9,7%). La domanda energetica da parte degli utilizzatori finali (usi o finali)


ha mostrato un andamento crescente fino al 2005 e una riduzione nel periodo successivo, particolarmente rilevante dal 2007 al 2008 (-1,3%) e nel 2009 (-5,6%.). Complessivamente gli usi finali di energia sono aumentati dell’8,7% nel periodo 2000-2005 e sono diminuiti del 9,2% negli anni 2005-2009. Nel decennio 1995-2005 i consumi energetici per abitante hanno mostrato un trend di crescita a seguito della variazione dei consumi energetici, sempre più intensa rispetto alla variazione della popolazione e del PIL. Nel 2005 si è registrata la punta massima sia per la crescita dei consumi finali che per il consumo unitario, mentre a partire dal 2006 i consumi totali e unitari hanno evidenziato una inversione di tendenza (Figura 2). L’analisi dei consumi energetici finali per fonte evidenzia, in generale, un

andamento di versificato nel ricorso alle varie fonti energetiche. In particolare, diminuisce nel 2008 (-3,4%) e nel 2009 (- 5,5%) il ricorso al prodotti petroliferi che, comunque, continuano ad essere la fonte energetica predominante con un’incidenza sul consumo energetico complessivo di poco superiore al 47% (sia nel 2008 che nel 2009). Nel 2009 si osserva una riduzione del ricorso a tale fonte nel settore trasporti (-3%), nell’industria (-14,6%) e degli usi civili (-2,5%). Nel 2009 sono aumentati gli impieghi di fonti rinnovabili (+20,5% rispetto al 2008), mentre si sono ridotti i combustibili solidi (-49,7% nel 2009), la cui incidenza sul consumo totale è comunque inferiore al 2%. Il gas naturale diminuito del,8%, con una flessione del settore industriale (-15%) e un incremento del settore degli usi civili (+4,6%).

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Dal 2005 si rileva, comunque, una diminuzione degli impieghi energetici in tutti settori utilizzatori: nel 2009 continua la forte flessione della domanda energetica del comparto industriale (-19,6%) che, come per il 2008,, ha riguardato, in generale, tutti i settori manifatturieri (Figura 3). Nell’ambito del settore industriale, la “siderurgia” è responsabile di circa il 19% dei consumi dell’intera industria, seguita dalla branca “Chimica e Petrolchimica” (15%) e “Materiali da Costruzione” (15% circa). Nel settore degli usi civili, in cui vengono contabilizzati i consumi energetici del settore residenziale e dei servizi pubblici e commerciali, i consumi energetici sono aumentati del 4,9% nel 2008 e di un ulteriore 3,5% nel 2009. I consumi di questo settore incidono nella determinazione del consumo finale complessivo


per una quota salita dal 30,8% del 2004 al 35,2% del 2009. Si tratta del settore con la più alta incidenza nella determinazione del consumo energetico finale complessivo, seguito dai trasporti.(32,2% del totale) e dall’industria (22,6%). Nel 2009 l’incidenza dell’olio combustibile diminuisce di circa 14 punti rispetto al 2000, mentre aumenta di circa 13 punti percentuali l’incidenza del gasolio, i cui impieghi rappresentano oltre il 36% del consumo di prodotti petroliferi (27,4% nel 2000). In particolare, tra i consumi finali di gasolio la quota predominante è rappresentata dal gasolio per autotrazione, che da sola copre nel 2009 il 33,9% dei consumi totali di petroliferi (20,5% nel 2000), mentre la quota di

gasolio utilizzata per il riscaldamento copre appena il 2% (4% nel 2000). I consumi di gasolio per autotrazione sono aumentati in valore assoluto di oltre il 38% nel 2009 rispetto al 2000, nonostante l’incremento del prezzo del gasolio per auto del 19,7%. Il ricorso a questo fonte di alimentazione, soprattutto per autotrazione,, risulta essere particolarmente accentuato, a discapito di altre fonti, come la benzina, per la quale si osserva una diminuzione di circa il 40% dei consumi (-4,0% nel periodo considerato), in particolare quelli per autotrazione che fanno registrare un decremento dal 2004 pari al 27%. Anche per quanto attiene alla riduzione delle emissioni di gas serra, l’ISTAT fa riferimento al 2005, anno per cui si dispone di dati affidabili e

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verificati a livello di impianti, sia per il sistema comunitario ETS (Emission Trading Scheme) sia per le emissioni di gas serra complessive degli Stati membri comunicate nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite (UNFCCC). In Italia l’obiettivo del 14% in meno rispetto al 2005 dovrà essere raggiunto tramite riduzioni del 21% delle emissioni relative ai settori ETS, tra cui quelli di produzione di elettricità da combustione, produzione di cemento, produzione di materiali ceramici, vetro e carta, raffinerie di petrolio e acciaierie sono i principali emettitori di CO2, e del 13% delle emissioni relative al settore non ETS, di cui il trasporto stradale, marittimo, aereo e l’agricoltura sono i più rilevanti.



In vigore la nuova Direttiva UE sulle prestazioni energetiche in edilizia

ENTRO IL 2020 EDIFICI “A ENERGIA QUASI ZERO”

Per gli edifici occupati da enti pubblici si anticipa al 2018

Nella Direttiva 2010/31/CE (GUUE 18 giugno 2010 n. sarà abrogata a partire dal 1° febbraio 2012, fatti salvi gli L 153), l’Unione europea ha usato la formula “edificio a obblighi relativi ai termini di recepimento e di applicazioenergia quasi zero” (Zero Energy Building) per indicare un ne della Direttiva stessa che dettava le prime misure volte edificio ad altissima prestazione energetica, il cui fabbiso- a promuovere il rendimento energetico degli edifici della gno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere Comunità, stabilendo i requisiti minimi di efficienza cui coperto in misura molto significativa da energia da fonti dovevano sottostare gli edifici nuovi, indicando le caratteririnnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta stiche della metodologia di calcolo dei requisiti, prevedendo la presenza di un attestato di certificazione energetica (ACE) in loco e nelle vicinanze. e fissando le figure dei Oggetto della nuova certificatori, soggetti Direttiva, che riprenabilitati a certificare gli dendo la Direttiva edifici secondo le nuove 2002/91/CE sul renregole. dimento energetico nell’edilizia l’aggiorIn Italia tale Direttiva na in funzione del era stata recepita solo progresso tecninel 2005 con il D.Lgs. co e alla luce del 192, ma i provvedimenti raggiungimento degli attuativi sono addirittuobiettivi al 2020, è il ra del 2009: D.M. 26 miglioramento della giugno 2009; D.P.R. 2 prestazione eneraprile 2009, n. 59 (cfr. getica degli edifici, “Linee Guida per la tenendo conto delle certificazione enercondizioni locali e getica degli edifici”, climatiche esterne, in Regioni&Ambiente, nonché delle prescrin. 8/9, agosto-settembre zioni relative al clima 2009, pag. 28 e segg. degli ambienti interni ed Inserto normativo e all’efficacia sotto il del D.M. del 26 giuprofilo dei costi. Tale gno 2009). Tali ritardi obiettivo dovrà essere hanno determinato una raggiunto dagli edifici situazione confusa e di nuova costruziopoco trasparente per le ne entro il 2020, ma difformità che si sono quelli di nuova cocreate tra le varie norstruzione occupati da mative regionali che nel enti pubblici dovranno frattempo si sono sucpossedere tali carattecedute e che dettavano ristiche a partire dal norme prima che venis31 dicembre 2018. sero emanate le Linee Si tratta pertanto di guida nazionali. una rifusione, per La perdurante assenza, cui l’obbligo di repoi, del Regolamento sui cepimento da parte requisiti dei certificatori degli Stati membri (sembra che i tecnici del nell’ordinamento Ministero dello Svilupnazionale dovrebbe po Economico abbiano essere limitato alle predisposto il testo che, disposizioni che costidopo il parere positivo tuiscono modificazioni Heliotrope, costruito originariamente nel 1994 a Friburgo (Germania) come residenza privata sostanziali della Diret- dall’architetto Rolf Disch, è stata la prima casa ruotante per massimizzare l’energia solare degli altri due Dicasteri interessati, sarà sottopotiva 2002/91/CE che prodotta dai propri impianti che producono 5 volte l’energia consumata dall’edificio.

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sto quanto prima al Consiglio dei Ministri) ha creato una disparità tra le varie Regioni, tanto che in alcune è sufficiente l’abilitazione professionale, in altre bisogna frequentare un corso, in altre ancora è sufficiente l’esperienza acquisita, dando luogo anche a contenziosi tra Amministrazioni Regionali ed Ordini professionali, come attesta per ultimo la Sentenza del TAR della Puglia (n. 2426 dell’11 giugno 2010) con cui è stata annullata la delibera della Giunta regionale che obbligava i soggetti certificatori ad iscriversi ad un apposito elenco. La nuova Direttiva è quanto mai tempestiva, visto che gli edifici sono responsabili del 40% del consumo globale di energia nell’Unione, pertanto la riduzione del consumo energetico e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili nel settore dell’edilizia costituiscono misure importanti necessarie per ridurre la dipendenza energetica dell’Unione e le emissioni di gas ad effetto serra. Tuttavia, secondo la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile che ha presentato un Rapporto in occasione del Seminario “Favorire il recepimento in Italia della nuova EPBD (Energy Performance Buildings Directive: priorità alla proprietà pubblica”, svoltosi a Roma il 26 maggio 2010, organizzato assieme a Federcasa, mentre il fabbisogno energetico medio in Germania è di 200 kW a m2 e di 60 kW in Svezia, in Italia è di 300 kW, con un contributo degli edifici del 30% di energia finale consumata e del 28% delle emissioni nazionali di anidride carbonica. Non casualmente la nuova Direttiva richiama la necessità di “predisporre interventi più concreti al fine di realizzare il grande potenziale di risparmio energetico nell’edilizia, tuttora inattuato, e di ridurre l’ampio divario tra i risultati dei diversi Stati membri in questo settore” (Considerando 7). La nuova Direttiva, quindi, fa parte del pacchetto “efficienza energetica” che concorre a rispettare, oltre al protocollo di Kyoto, allegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), sia l’impegno a lungo termine di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 2 °C, sia quello di ridurre entro il 2020 le emissioni globali di gas ad effetto serra di almeno il 20% al di sotto dei livelli del 1990 e del 30% qualora venga raggiunto un accordo internazionale. La riduzione del consumo energetico e il maggior utilizzo di energia da fonti rinnovabili rappresentano, inoltre, strumenti importanti per promuovere la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e gli sviluppi tecnologici e per creare posti di lavoro e sviluppo regionale, in particolare nelle zone rurali. Vediamo ora quali sono gli elementi di novità introdotti dalla nuova Direttiva europea. Non si fa più riferimento al rendimento, ma alla prestazione energetica degli edifici, intesa come “quantità di energia calcolata o misurata, necessaria per soddisfare il fabbisogno

energetico connesso ad un uso normale dell’edificio, compresa, in particolare, l’energia utilizzata per il riscaldamento, il rinfrescamento, la ventilazione, la produzione di acqua calda e l’illuminazione” (Art. 2, comma 4). Delinea, meglio che nel passato, il quadro comune generale all’interno dell’Unione di una metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici, adottata a livello nazionale o regionale, in conformità dell’Allegato I, (Art.3). Tale Allegato prevede che la metodologia di calcolo deve tener conto almeno dei seguenti aspetti: - le caratteristiche termiche effettive dell’edifico, comprese le sue divisioni interne (capacità temica; isolamento; riscaldamento passivo; elementi di rinfrescamento; ponti termici); - impianto di riscaldamento e di produzione di acqua calda, comprese le relative caratteristiche di isolamento; - impianti di condizionamento d’aria; - ventilazione naturale e meccanica, compresa eventualmente l’ermeticità all’aria; - impianto di illuminazione incorporato (principalmente per il settore non residenziale); - progettazione, posizione e orientamento dell’edificio, compreso il clima esterno; - sistemi solari passivi e protezione solare; - condizioni climatiche interne, incluso il clima degli ambienti interni progettato; - carichi interni. Il calcolo deve tener conto, se del caso, dei vantaggi insiti nelle seguenti opzioni: - condizioni locali di esposizione al sole, sistemi solari attivi ed altri impianti di generazione di calore ed elettricità a partire da energia da fonti rinnovabili; - sistemi di cogenerazione dell’elettricità; - impianti di teleriscaldamento e telerinfrescamento urbano o collettivo; - illuminazione naturale. Ai fini del calcolo, gli edifici dovrebbero essere classificati adeguatamente secondo le seguenti categorie: - abitazioni monofamiliari di diverso tipo; - condomini (di appartamenti); - uffici; - strutture scolastiche; - ospedali; - alberghi e ristoranti; - impianti sportivi; - esercizi commerciali per la vendita all’ingrosso o al dettaglio; - altri tipi di fabbricati impieganti energia. Altro elemento di novità è la fissazione dei requisiti minimi di prestazione energetica (Art. 4), per gli edifici o le unità immobiliari al fine di raggiungere livelli ottimali in funzione

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dei costi, che saranno calcolati conformemente al Quadro metodologico comparativo che dovrà individuare i livelli ottimali in funzione dei costi dei requisiti di prestazione energetica per edifici ed elementi edilizi di cui all’Allegato III, che verrà stabilito dalla Commissione entro il 30 giugno 2011 (Art. 5) e che gli Stati membri aggiorneranno ogni 5 anni. Il quadro metodologico distinguerà tra edifici nuovi ed esistenti e tra diverse tipologie edilizie. Potranno esserne esclusi gli edifici tutelati per il loro valore architettonico o storico; gli edifici adibiti a luoghi di culto, i fabbricati temporanei, i siti industriali, le officine, gli edifici agricoli, gli edifici residenziali utilizzati meno di 4 mesi all’anno, i fabbricati indipendenti di superficie inferiore a 52 m2. Per gli edifici di nuova costruzione (Art. 6) gli Stati membri garantiranno che, prima dell’inizio dei lavori di costruzione, sia valutata e tenuta presente la fattibilità tecnica, ambientale ed economica di sistemi alternativi ad alta efficienza, se disponibili, quali: - sistemi di fornitura energetica decentrati basati su energia da fonti rinnovabili; - cogenerazione; - teleriscaldamento o telerinfrescamento urbano o collettivo, in particolare se basato interamente o parzialmente su energia da fonti rinnovabili; - pompe di calore. Gli edifici esistenti sottoposti ad importanti ristrutturazioni

(Art. 7) dovranno migliorare la propria prestazione energetica al fine di soddisfare i requisiti minimi fissati, valutando e tenendo presenti i sistemi alternativi ad alto rendimento di cui all’articolo 6. Anche gli impianti tecnici per l’edilizia quando sono installati, sostituiti o sono oggetto di un intervento di miglioramento, al fine di ottimizzarne i consumi, dovranno soddisfare i requisiti minimi (Art. 8), almeno per quanto attiene a impianti di riscaldamento, sistemi di produzione di acqua calda, impianti di condizionamento d’aria, grandi impianti di ventilazione, una combinazione di tali impianti. Gli Stati dovranno promuovere l’installazione di sistemi di controllo attivo come i sistemi di automazione, controllo e monitoraggio finalizzati al risparmio energetico. I requisiti minimi da stabilire non impediranno, comunque, ai singoli Stati membri di mantenere o prendere provvedimenti più rigorosi, tali da essere compatibili con il funzionamento del Trattato dell’Unione europea. Gli Stati membri dovranno elaborare dei Piani nazionali per l’efficienza energetica degli edifici che dovranno comprendere: l’applicazione dettagliata nella pratica degli obiettivi intermedi di miglioramento al 2015; le misure e le strategie per arrivare agli “edifici a energia quasi a zero” e, in generale, per il raggiungimento degli obiettivi della Direttiva (Art.9). I Piani saranno valutati dalla Commissione UE che, entro il 31 dicembre 2012 e successivamente ogni 3 anni, pubbli-

Alvento Business Park (Madrid). Situato a fianco dell’anello autostradale M-40, è il primo complesso (due edifici di sei piani ciascuno per complessivi 32.430 m2) ad adottare in Europa gli standard LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), il sistema di certificazione flessibile e volontario per la progettazione, costruzione e gestione di edifici sostenibili, rispettando al contempo le normative dell’Unione europea.

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cherà una relazione sui progressi compiuti dagli Stati membri nell’implementazione della Direttiva. Qualora i requisiti minimi stabiliti siano sensibilmente meno efficienti dei livelli ottimali, gli Stati membri dovranno giustificare per iscritto tale differenza e ridurre il divario. Per favorire il miglioramento della prestazione energetica degli edifici e il passaggio a “edifici a energia quasi zero”, l’Unione europea ritiene che debbano essere messi a disposizione incentivi finanziari (Art. 10). A tal fine, entro il 30 giugno 2011 gli Stati membri dovranno redigere un elenco delle misure e degli strumenti esistenti ed eventualmente proposti, anche diversi da quelli proposti dalla stessa Direttiva, ma che promuovono gli stessi obiettivi, a cui la Commissione UE darà una valutazione e offrirà sostegno e, se richiesta, assistenza. Tra le nuove misure è stata inserita anche la scadenza, fissata al 30 giugno 2014, che sancisce il divieto per gli Stati membri di concedere incentivi per la costruzione o ristrutturazione di edifici o di loro parti che non siano conformi ai requisiti minimi di prestazione energetica. Come ricordato, non si parla più di “rendimento” ma di “prestazione” energetica, il cui attestato non cambia, comunque, la sua funzione che è quella di fornire al consumatore le informazioni sulla prestazione energetica dell’edificio. A tal fine gli Stati membri dovranno istituire un sistema di certificazione energetica (Art. 11). Oltre a contenere i requisiti minimi di prestazione energetica, l’attestato, di validità massima di 10 anni come nella precedente Direttiva, potrà anche includere informazioni quali il consumo energetico annuale per gli edifici non residenziali e la percentuale di energia da fonti rinnovabili nel consumo energetico totale. L’attestato dovrà comprendere, anche, delle raccomandazioni per il miglioramento efficace o ottimale, in funzione dei costi della prestazione energetica dell’edificio o dell’unità immobiliare, che debbono essere tecnicamente fattibili per l’edificio considerato e possono fornire una stima dei tempi di ritorno o del rapporto costi-benefici rispetto al ciclo di vita economico. L’attestato di prestazione energetica dovrà essere rilasciato (Art.12): - per gli edifici o le unità immobiliari costruiti, venduti o locati; - per gli edifici in cui una metratura utile totale di oltre 500m2 è occupata da enti pubblici e abitualmente frequentata dal pubblico; tale soglia dal 9 luglio 2015 viene abbassata a 250 m2. Qualora sia disponibile e valido il certificato rilasciato in conformità della precedente Direttiva, non è obbligatorio l’attestato. Un’altra novità inserita nella nuova Direttiva è l’obbligo di segnalare la prestazione energetica indicata dall’attestato

in tutti gli annunci commerciali i vendita o di locazione dell’edificio o della singola unità immobiliare. Negli edifici pubblici, l’attestato di prestazione energetica dovrà essere esposto al pubblico (Art. 13). Gli impianti di riscaldamento degli edifici dotati di caldaie aventi una potenza nominale utile per il riscaldamento superiore a 20 kW, vanno ispezionati periodicamente (Art. 14). L’ispezione include una valutazione del rendimento della caldaia e del suo dimensionamento rispetto al fabbisogno termico dell’edificio. Gli impianti di riscaldamento dotati di caldaie la cui potenza nominale utile è superiore a 100 kW sono ispezionati almeno ogni 2 anni. Per le caldaie a gas, questo periodo può essere esteso a 4 anni. In alternativa, gli Stati membri possono optare per misure atte ad assicurare che sia fornita agli utenti una consulenza in merito alla sostituzione delle caldaie e ad altre modifiche dell’impianto di riscaldamento o a soluzioni alternative al fine di valutare l’efficienza e il corretto dimensionamento della caldaia. In tal caso, entro il 30 giugno 2011, gli Stati membri dovranno presentare alla Commissione UE una relazione sull’equivalenza tra tali misure con quelle sopra citate, che sarà ripetuta ogni 3 anni. Sostanzialmente invariate risultano le disposizioni relative alle ispezioni degli impianti di condizionamento (Art. 15), previste per quelli di potenza nominale superiore a 12 kW. Ulteriore novità riguarda, invece, l’obbligo dei Rapporti di ispezione degli impianti (Art. 16), comprendenti eventualmente raccomandazioni dirette al miglioramento dell’efficienza dell’impianto, che dovranno essere inviati al proprietario o locatario dell’edificio. Più opportunamente (Art. 17), la nuova Direttiva prevede che le certificazioni degli edifici o le ispezioni degli impianti termici e di condizionamento siano effettuate da soggetti qualificati e/o accreditati che siano lavoratori autonomi (la vecchia Direttiva parlava di imprenditori individuali) o dipendenti di Enti pubblici o Imprese private. L’accreditamento sarà effettuato in base alla competenza. Anche i sistemi di controllo (Art. 18) per gli attestati di prestazione energetica e i rapporti di ispezione degli impianti dovranno essere indipendenti, in conformità dell’Allegato II. Nella nuova direttiva uno spazio è dedicato anche alla informazione (Art.20) che gli Stati membri devono fare in favore di proprietari e locatari degli edifici sulle norme della Direttiva, in particolare sulle misure dirette a migliorare la prestazione energetica degli edifici in modo economicamente conveniente e, nel caso, sulle agevolazioni finanziarie e gli incentivi disponibili per migliorare la prestazione energetica degli edifici. La nuova Direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 9 luglio 2012, e le norme adottate dagli Stati membri devono entrare in vigore al più tardi entro il 9 gennaio 2013 (Art. 28).

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IL COMMENTO

Approvate dalla Conferenza Stato-Regioni

LE LINEE GUIDA NAZIONALI PER LE RINNOVABILI

Più deregulation che vincoli

Dopo un’attesa lunga 7 anni, la Conferenza Unificata Stato-Regioni ha dato il via libera lo scorso luglio alle Linee Guida nazionali per le fonti rinnovabili. Approvate assieme al Conto Energia 2011 (provvedimento che riconosce sull’energia prodotta da fonti rinnovabili una tariffa incentivante fissa e garantita per 20 anni a partire da quando l’impianto entra in esercizio), sono state da questo messe in sordina. Peraltro, mentre il Decreto 6 agosto 2010 “Incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare” è stato già pubblicato sulla G.U. il 24 agosto, ancora delle Linee Guida che contengono termini per l’adeguamento delle norme regionali al riguardo, nel momento di andare in stampa, non c’è ancora traccia, se non ufficiosamente è conosciuto il testo approvato nella Conferenza Stato-Regioni, che pubblichiamo nell’Inserto normativo a lato. Anche Media e Associazioni ne hanno, infatti, parlato sempre a margine del Conto, con un’enfasi particolare concessa all’approvazione al Senato dell’emendamento che permetterà di usufruire delle tariffe incentivanti anche agli impianti fotovoltaici che abbiano concluso l’installazione entro il 31 dicembre 2010 ed entro la medesima data abbiano comunicato, all’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione, al gestore di rete e al GSE, la fine dei lavori, anche se l’entrata in esercizio avverrà più tardi, ma entro il 30 giugno 2011. Secondo i proponenti, questo emendamento permetterebbe di “evitare che, a causa di ritardi nelle procedure di connessione da parte del gestore di rete, molti impianti perdessero il diritto di accedere al vecchio Conto energia”. Più che di lungaggini procedurali, si dovrebbe parlare di impossibilità delle rete elettrica italiana di integrare completamente queste fonti, come abbiamo testimoniato in un precedente articolo (ndr.: “Solare FV: da opportunità per tutti a business per pochi?”, in Regioni&Ambiente, n. 5 maggio 2010, pag. 20 e segg.). Dopo l’approvazione della Legge di conversione del Decreto “Salva Alcoa”, dove era stato inserito l’Art. 2 - sexies che aveva introdotto l’estensione temporale del Conto Energia, avevamo pronosticato un “assalto alla diligenza” per arraffare quante più tariffe 2010 possibili; ora con questa dilazione e termini “certi”, nonché a seguito dei tentativi annunciati da alcune Regioni di voler mettere dei “paletti” per ridurre la proliferazione di parchi fotovoltaici su suolo agricolo, si metterà in moto una pletora di richieste di autorizzazioni. “Con le Linee Guida approvate dalla Conferenza Unificata vengono fornite regole certe che favoriscono gli investi-

menti e consentono di coniugare le esigenze di crescita e il rispetto dell’ambiente e del paesaggio”, ha affermato il Sottosegretario allo Sviluppo Economico Stefano Saglia, ma con l’approvazione l’emendamento che introduce nel D.L. n. 78/2010 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica” i contenuti del disegno di legge già annunciato dal CDM, non ci sarà bisogno nemmeno della DIA per aprire impianti. Infatti, con la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) che sostituirà “ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso e nulla osta comunque denominato”, solo a posteriori potranno essere verificati eventuali danni ambientali compiuti. Più che semplificazioni e sburocratizzazioni amministrative sembrano essere vere e proprie deregolazioni che, in nome della competitività e dello sviluppo, non si pongono più limiti o vincoli alla libertà d’impresa. Non è questa la green economy, la riconversione ecologica di cui il Paese avrebbe bisogno. Pur di aprire cantieri, non si tiene conto nemmeno del “principio benefici/costi”, anzi ci si infastidisce se qualcuno osa mettere in discussione l’economicità di certi incentivi, come dimostrano le reazioni al pensiero espresso da Paolo Scaroni, Amministratore delegato di ENI, che a margine del Forum Economico e Finanziario per il Mediterraneo, svoltosi a Milano il 12 e 13 luglio u.s., ha affermato che “Il risparmio energetico è una cosa che ci sta molto a cuore, nel senso che a me sembra che, prima di immaginare di riempire di mulini a vento località che non hanno vento o di coprire lo scarso territorio che noi abbiamo di pannelli solari che usano una tecnologia vecchia di 80 anni, noi dovremmo esplorare tutte le strade per consumare meno. Strada il cui potenziale è un multiplo di qualunque cosa noi immaginiamo in termini di rinnovabili”. Se per Scaroni si potrebbe parlare di “conflitto di interessi”, non si comprendono le numerose prese di posizione critiche che hanno fatto seguito all’ultima Relazione del suo mandato, presentata il 15 luglio dal Presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, Alessandro Ortis che aveva osservato come “Gli obiettivi europei per le fonti rinnovabili sono condivisibili, ma proprio perché molto sfidanti serve, nel perseguirli, massima efficienza. Oggi il nostro sistema è invece molto inefficiente; il costo sopportato dai consumatori per il raggiungimento degli obiettivi citati è superiore a quello necessario. Il livello eccessivamente elevato delle incentivazioni genera inoltre continua a pag. 33

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(ndr: Si avverte che il testo delle Linee Guida rinnovabili inserito nelle pagine di questo Inserto non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea, poiché al momento di andare in stampa non è stato ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e quello proposto di seguito è il testo approvato dalla Conferenza unificata Stato-Regioni).

IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE E CON IL MINISTRO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

- Visto il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 di attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili ed in particolare l’articolo 12 concernente la razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative, così come modificato dall’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244;

del patrimonio storico artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico; • il comma 4 che prevede lo svolgimento di un procedimento unico svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni; • il comma 5 che prevede l’applicazione della disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, per gli impianti con capacità di generazione inferiore alle soglie stabilite dalla tabella A allegata al citato decreto legislativo n. 387 del 2003; • il comma 7 che prevede che gli impianti alimentati da fonti rinnovabili possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai piani urbanistici nel rispetto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, della valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità e del patrimonio culturale e del paesaggio rurale; - Visto il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 recante attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica;

- Visti, in particolare, del citato articolo 12: • il comma 10 che prevede l’approvazione in Conferenza Unificata, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente della tutela del territorio e del mare e del Ministro per i beni e le attività culturali, di linee guida per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ed in particolare per assicurare un corretto inserimento degli impianti nel paesaggio, con specifico riguardo agli impianti eolici; • il comma 1 che dichiara di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti le opere, comprese quelle connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione ed esercizio, per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, autorizzate ai sensi del comma 3; • il comma 3 che prevede per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili il rilascio, da parte della regione o della provincia delegata, di un’autorizzazione unica conforme alle normative in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e

- Vista la Convenzione Europea del Paesaggio, adottata a Firenze in data 20 ottobre 2000 e ratificata con legge 9 gennaio 2006, n. 14; - Vista la legge 23 agosto 2004, n. 239 recante il riordino del settore energetico; - Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni ed integrazioni, in materia di procedimento amministrativo; - Visto il testo unico in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e successive modificazioni; - Visto il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni ed integrazioni, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio; - Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, così come corretto e integrato dal decreto legislativo 16 gennaio

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Regioni&Ambiente n° 8/9 Agosto-Settembre 2010

INSERTO

LINEE GUIDA NAZIONALI PER GLI IMPIANTI DI FONTI RINNOVABILI


2008, n. 4; - Visto l’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115; - Considerato che la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili individua vincolanti obiettivi nazionali generali per la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di energia nel 2020 e l’obiettivo assegnato allo Stato italiano è pari al 17%; - Considerato che l’articolo 2, comma 167, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, come modificato dall’articolo 8 bis della legge 27 febbraio 2009, n. 13, di conversione del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, prevede la ripartizione tra Regioni e Province autonome degli obiettivi assegnati allo Stato italiano, da realizzare gradualmente; - Considerato che: • la normativa comunitaria di settore fornisce elementi per definire strumenti reali di promozione delle fonti rinnovabili; • la strategia energetica nazionale fornirà ulteriori elementi di contesto di tale politica, con particolare riferimento all’obiettivo di diversificazione delle fonti primarie e di riduzione della dipendenza dall’estero; • i livelli quantitativi attuali di copertura del fabbisogno con fonti rinnovabili di energia e gli obiettivi prossimi consentono di apprezzare l’incremento quantitativo che l’Italia dovrebbe raggiungere; • il sistema statale e quello regionale devono dotarsi, quindi, di strumenti efficaci per la valorizzazione di tale politica ed il raggiungimento di detti obiettivi; • da parte statale, il sistema di incentivazione per i nuovi impianti, i potenziamenti ed i rifacimenti è ormai operativo, come pure altri vantaggi a favore di configurazioni efficienti di produzione e consumo; • un efficiente sistema amministrativo per la valutazione e l’autorizzazione delle nuove iniziative è necessario per poter rispondere alla sfida al 2020; • la presenza di un livello accurato di programmazione da parte delle Regioni rappresenta la premessa necessaria ma non sufficiente, atteso il valore di riferimento delle presenti linee guida anche in base alla sentenza della Corte Costituzionale 29 maggio 2009, n. 166;

II

• l’elevato livello di decentramento amministrativo non deve essere un vincolo per l’efficienza o un elemento di indesiderata disomogeneità, bensì trasformarsi in una risorsa a vantaggio degli operatori e un elemento di maggiore vicinanza della valutazione alle caratteristiche del territorio; • la definizione di linee guida nazionali per lo svolgimento del procedimento unico fornisce elementi importanti per l’azione amministrativa propria delle Regioni ovvero per l’azione di coordinamento e vigilanza nei confronti di enti eventualmente delegati; • le presenti linee guida possono facilitare un contemperamento fra le esigenze di sviluppo economico e sociale con quelle di tutela dell’ambiente e di conservazione delle risorse naturali e culturali nelle attività regionali di programmazione ed amministrative; • occorre comunque salvaguardare i valori espressi dal paesaggio e direttamente tutelati dall’articolo 9, comma 2, della Costituzione, nell’ambito dei principi fondamentali e dalla citata Convenzione europea del paesaggio; • si rende, pertanto, necessario assicurare il coordinamento tra il contenuto dei piani regionali di sviluppo energetico, di tutela ambientale e dei piani paesaggistici per l’equo e giusto contemperamento dei rilevanti interessi pubblici in questione, anche nell’ottica della semplificazione procedimentale e della certezza delle decisioni spettanti alle diverse amministrazioni coinvolte nella procedura autorizzatoria; Ritenuto che le presenti Linee Guida necessitano di un costante aggiornamento in forma congiunta (Stato, Regioni ed enti locali) nonché di un’attività di integrazione, anche sulla scorta dei risultati del monitoraggio sulla loro concreta applicazione e che tale azione concorre ad una maggiore efficacia delle stesse sul piano della celerità e semplificazione procedimentale e della mitigazione degli impatti degli impianti sul paesaggio e sull’ambiente; propone all’approvazione della Conferenza Unificata le seguenti Linee guida per il procedimento di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida tecniche per gli impianti stessi.


PARTE I DISPOSIZIONI GENERALI

1. Principi generali inerenti l’attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili 1.1.L’attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili si inquadra nella disciplina generale della produzione di energia elettrica ed è attività libera, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico, ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 79 del 1999. A tale attività si accede in condizioni di uguaglianza, senza discriminazioni nelle modalità, condizioni e termini per il suo esercizio. 1.2. Le sole Regioni e le Province autonome possono porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio per l’installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili ed esclusivamente nell’ambito e con le modalità di cui al paragrafo 17. 1.3. Ai sensi dell’ordinamento comunitario e nazionale, non possono essere indette procedure pubblicistiche di natura concessoria aventi ad oggetto l’attività di produzione di energia elettrica, che è attività economica non riservata agli enti pubblici e non soggetta a regime di privativa. Restano ferme le procedure concorrenziali per l’attribuzione delle concessioni di derivazione d’acqua e per l’utilizzo dei fluidi geotermici. 2. Campo di applicazione 2.1. Le modalità amministrative e i criteri tecnici di cui alle presenti linee guida si applicano alle procedure per la costruzione e l’esercizio degli impianti sulla terraferma di produzione di energia elettrica alimentati da fonti energetiche rinnovabili, per gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione degli stessi impianti nonché per le opere connesse ed infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio dei medesimi impianti. 2.2. Le presenti linee guida non si applicano agli impianti offshore per i quali l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui all’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima. 3. Opere connesse e infrastrutture di rete 3.1. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo 387 del 2003, tra le opere connesse sono compresi anche i servizi ausiliari di impianto e le opere necessarie alla connessione alla rete elettrica, specificamente indicate nel preventivo per la connessione, ovvero nella soluzione tecnica

minima generale, redatti dal gestore della rete elettrica nazionale o di distribuzione ed esplicitamente accettati dal proponente. Nell’individuare la soluzione di connessione, al fine di ridurre l’estensione complessiva e gli impatti ambientale, paesaggistico e sul patrimonio culturale delle infrastrutture di rete ed ottimizzare i costi relativi alla connessione elettrica, il gestore di rete tiene conto in modo coordinato delle eventuali altre richieste di connessione di impianti riferite ad una medesima area e può, a seguito di apposita istruttoria, inserire nel preventivo per la connessione una stazione di raccolta potenzialmente asservibile a più impianti purché ricadenti nel campo di applicazione del presente decreto. 3.2. In riferimento alle connessioni alla rete nazionale di trasmissione dell’energia elettrica, non sono opere connesse, ai fini dello svolgimento del procedimento di autorizzazione del singolo impianto, i nuovi elettrodotti, o i potenziamenti di elettrodotti esistenti facenti parte della rete di trasmissione nazionale e inclusi da Terna nel piano di sviluppo ai sensi del decreto del Ministro delle attività produttive 20 aprile 2005 pubblicato nella Gazz. Uff. 29 aprile 2005, n. 98, che viene sottoposto a VAS e all’approvazione del Ministero sviluppo economico. Resta fermo che, nel caso di interventi assoggettati alla valutazione di impatto ambientale di competenza statale ai sensi del punto 4) dell’allegato II alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, gli esiti di tale valutazione confluiscono nel procedimento unico regionale. 3.3. Fatto salvo quanto disposto dal punto 3.2, le infrastrutture di connessione alla rete elettrica di trasmissione nazionale inserite nell’elenco delle connessioni allegato al piano di sviluppo di detta rete sono considerate opere connesse ai fini dell’applicazione dell’art. 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo n. 387 del 2003. 3.4. In riferimento alle connessioni alla rete di distribuzione dell’energia elettrica, non sono opere connesse gli interventi sulla linea di distribuzione per cui è prevista la valutazione di impatto ambientale di competenza regionale ai sensi dell’allegato III alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006. Tra le opere connesse sono comunque inclusi gli interventi necessari al collegamento del singolo impianto alla linea stessa, a prescindere dal loro assoggettamento alla valutazione di impatto ambientale, indicati e concordati dal produttore nel preventivo. 4. Oneri informativi a carico del gestore di rete 4.1. Al fine di agevolare il coordinamento nell’autorizzazione degli impianti di connessione, i gestori di rete informano con cadenza quadrimestrale le singole Regioni circa le soluzioni di connessione elaborate e poi accettate dai proponenti nel periodo di interesse, con riferimento ai soli impianti con

III


potenza nominale non inferiore a 200 kW. 5. Ruolo del gestore servizi elettrici (GSE) 5.1. Per lo svolgimento di eventuali servizi inerenti attività statistiche e di monitoraggio connesse alle autorizzazioni uniche, il Gestore dei servizi elettrici Spa può fornire supporto alle Regioni secondo modalità stabilite con atto di indirizzo del Ministro dello sviluppo economico. 6. Trasparenza amministrativa 6.1. Le Regioni o le Province delegate rendono pubbliche anche tramite il proprio sito web, le informazioni circa il regime autorizzatorio di riferimento a seconda della tipologia, della potenza dell’impianto e della localizzazione, l’autorità competente al rilascio del titolo, la eventuale documentazione da allegare all’istanza medesima aggiuntiva a quella indicata al paragrafo 13 e comunque relativa alle competenze degli enti tenuti ad esprimersi nell’ambito del procedimento unico, il numero di copie necessario, le modalità e i termini di conclusione dei relativi procedimenti, fornendo l’apposita modulistica per i contenuti dell’istanza di autorizzazione unica. 6.2. Gli elenchi e le planimetrie delle aree e dei siti dichiarati non idonei con le modalità e secondo i criteri di cui al paragrafo 17, sono resi pubblici attraverso i siti web delle Regioni, e degli enti locali interessati. Sono altresì resi pubblici, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di tutela dei dati personali, i provvedimenti di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio rilasciati ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003. Sono altresì rese pubbliche le informazioni necessarie ai proponenti per l’attuazione del punto 10.4. 7. Monitoraggio 7.1. Ai fini dell’aggiornamento delle presenti linee guida, eventualmente avvalendosi del GSE con le modalità di cui al punto 5, le Regioni, anche per dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 3, comma 3, lettera e) del decreto legislativo n. 387 del 2003, redigono e trasmettono entro il 31 marzo di ciascun anno, al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministero per i beni e le attività culturali e alla Conferenza unificata, una relazione riferita all’anno precedente, contenente almeno i seguenti dati: a) numero di richieste di autorizzazione ricevute; b) numero di richieste di autorizzazione concluse con esito positivo e con esito negativo; c) numero dei procedimenti pendenti; d) tempo medio per la conclusione del procedimento, con riferimento a ciascuna fonte; e) dati circa la potenza e la producibilità attesa degli impianti autorizzati, con riferimento a ciascuna fonte; f) proposte per perseguire l’efficacia dell’azione amministrativa nell’autorizzazione alla costruzione

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e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. 8. Esenzione dal contributo di costruzione 8.1. Fermi restando gli adempimenti fiscali previsti dalle vigenti norme, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, lett. e) del D.P.R. 380 del 2001, il contributo di costruzione non è dovuto per i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, installazioni, relativi alle fonti rinnovabili di energia. 9. Oneri istruttori 9.1.Le Regioni, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge n. 62 del 2005 possono prevedere oneri istruttori a carico del proponente finalizzati a coprire le spese istruttorie di cui al paragrafo 14; detti oneri, ai sensi dell’articolo 12, comma 6, del decreto legislativo n 387 del 2003 non possono configurarsi come misure compensative. Gli oneri sono determinati sulla base dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non discriminazione della fonte utilizzata e rapportati al valore degli interventi in misura comunque non superiore allo 0,02 per cento dell’investimento.

PARTE II REGIME GIURIDICO DELLE AUTORIZZAZIONI 10. Interventi soggetti ad autorizzazione unica 10.1. Fatto salvo quanto previsto ai paragrafi 11 e 12, la costruzione, l’esercizio e la modifica di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili sono soggetti ad autorizzazione unica rilasciata dalla Regione o dalla Provincia delegata. 10.2. Le disposizioni dell’articolo 12, commi 1, 2, 3, 4 e 6, del decreto legislativo n. 387 del 2003 si applicano alla costruzione ed esercizio di centrali ibride, inclusi gli impianti di co-combustione, di potenza termica inferiore a 300 MW, qualora il produttore fornisca documentazione atta a dimostrare che la producibilità imputabile di cui all’articolo 2, comma 1, lett. g) del medesimo decreto legislativo n. 387 del 2003, per il quinquennio successivo alla data prevista di entrata in esercizio dell’impianto sia superiore al 50% della producibilità complessiva di energia elettrica della centrale. Il titolare di un impianto ibrido che intenda procedere ad una modifica del mix di combustibili tale da comportare la riduzione della producibilità imputabile al di sotto del 50% di quella complessiva, è obbligato ad acquisire preliminarmente l’autorizzazione al proseguimento dell’esercizio nel nuovo assetto ai sensi delle pertinenti norme di settore. 10.3. Gli impianti alimentati anche parzialmente da rifiuti, aventi le caratteristiche di cui al punto 10.2 e per i quali si applica la procedura di cui all’articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, sono soggetti all’autorizzazione


unica di cui al punto 10.1, anche qualora tali impianti abbiano capacità di generazione inferiore alle soglie richiamate nella tabella 1. 10.4. Sono fatte salve le norme di settore che assoggettano ad autorizzazione gli interventi di modifica degli impianti. In tal caso, le autorizzazioni settoriali confluiscono nel procedimento unico. 10.5. Qualora un progetto interessi il territorio di più Regioni o di più Province delegate, la richiesta di autorizzazione è inoltrata all’ente nel cui territorio: i. sono installati il maggior numero di aerogeneratori, nel caso di impianti eolici; ii. sono installati il maggior numero di pannelli, nel caso di impianti fotovoltaici; iii. è effettuata la derivazione d’acqua di maggiore entità, nel caso di impianti idroelettrici; iv. sono presenti il maggior numero di pozzi di estrazione del calore, nel caso di impianti geotermoelettrici; v. sono collocati i gruppi turbina alternatore, ovvero i sistemi di generazione di energia elettrica, negli altri casi. L’ente in tal modo individuato provvede allo svolgimento del procedimento, cui partecipano gli altri enti interessati. 10.6 Qualora gli effetti di un progetto interessino il territorio di altre Regioni o Province delegate, la Regione o Provincia competente al rilascio dell’autorizzazione è tenuta a coinvolgere nel procedimento le Regioni o Province delegate interessate. 10.7 L’amministrazione individuata ai sensi del punto 10.5 procede al rilascio dell’autorizzazione d’intesa con le altre Regioni o Province delegate interessate. 11. Interventi soggetti a denuncia di inizio attività (DIA) e interventi di attività edilizia libera: principi generali. 11.1. Nel rispetto del principio di non aggravamento del procedimento di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 241 del 1990, per gli impianti di cui al paragrafo 12, l’autorità competente non può richiedere l’attivazione del procedimento unico di cui all’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387 del 2003. Resta ferma la facoltà per il proponente di optare, in alternativa alla DIA, per tale procedimento unico. 11.2. Nel caso di interventi soggetti a DIA, in relazione ai quali sia necessario acquisire concessioni di derivazioni ad uso idroelettrico, autorizzazioni ambientali, paesaggistiche, di tutela del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, le stesse sono acquisite e allegate alla DIA, salvo che il Comune provveda direttamente per gli atti di sua

competenza. 11.3. Sono realizzabili mediante DIA gli impianti nonché le eventuali opere per la connessione alla rete elettrica. In tal caso, le autorizzazioni, i nulla osta o atti d’assenso comunque denominati previsti dalla vigente normativa sono allegati alla DIA (verifica gestore rete/ preventivo per la connessione). Per gli impianti soggetti a comunicazione, le eventuali opere per la connessione alla rete elettrica sono autorizzate separatamente. 11.4. Il ricorso alla DIA e alla comunicazione è precluso al proponente che non abbia titolo sulle aree o sui beni interessati dalle opere e dalle infrastrutture connesse. In tal caso, si applica l’articolo 12, commi 3 e 4, del decreto legislativo 387 del 2003, in tema di autorizzazione unica. 11.5. Sono soggette a DIA le opere di rifacimento realizzate sugli impianti fotovoltaici ed eolici esistenti che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse. 11.6. I limiti di capacità di generazione e di potenza indicati al successivo paragrafo 12 sono da intendere come riferiti alla somma delle potenze nominali, per ciascuna fonte, dei singoli impianti di produzione appartenenti allo stesso soggetto o su cui lo stesso soggetto ha la posizione decisionale dominante, facenti capo al medesimo punto di connessione alla rete elettrica. Per capacità di generazione o potenza dell’impianto si intende la potenza attiva nominale dell’impianto, determinata come somma delle potenze attive nominali dei generatori che costituiscono l’impianto. La potenza attiva nominale di un generatore è la massima potenza attiva determinata moltiplicando la potenza apparente nominale per il fattore di potenza nominale, entrambi riportati sui dati di targa del generatore medesimo. 11.7. La locuzione “utilizzo delle fonti di energia rinnovabile in edifici ed impianti industriali” di cui all’articolo 123, comma 1, del DPR 380 del 2001, è riferita a quegli interventi in edifici ed impianti industriali esistenti in cui gli impianti hanno una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto. 11.8. La locuzione “installazione di pannelli solari fotovoltaici a servizio degli edifici”, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera d) del DPR 380 del 2001, è riferita a quegli interventi in cui gli impianti sono realizzati su edifici esistenti o su loro pertinenze ed hanno una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto.

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11.9. Nel caso di interventi di installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui all’articolo 6, comma 2 lettere a) e d), del DPR 380 del 2001, alla Comunicazione ivi prevista si allegano: a) le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore; b) limitatamente agli interventi di cui alla lettera a) del medesimo comma 2, i dati identificativi dell’impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori e una relazione tecnica provvista di data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali, a firma di un tecnico abilitato, il quale dichiari di non avere rapporti di dipendenza con l’impresa né con il committente e che asseveri, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non prevede il rilascio di un titolo abilitativo. Per “titolo abilitativo” si intende il permesso di costruire di cui all’articolo 10 e seguenti del DPR n. 380 del 2001. 11.10. Alla Comunicazione di cui all’articolo 27, comma 20, della legge n. 99 del 2009 e di cui all’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo n. 115 del 2008, non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6 del DPR 380 del 2001. 11.11. Sono fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 6, del DPR 380 del 2001 e 11, comma 4, del decreto legislativo 115 del 2008. 12. Interventi soggetti a denuncia di inizio attività e interventi di attività edilizia libera: dettaglio per tipologia di impianto FOTOVOLTAICO 12.1. I seguenti interventi sono considerati attività ad edilizia libera e sono realizzati previa comunicazione secondo quanto disposto dal punto 11.9 e 11.10, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale: a) impianti solari fotovoltaici aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115): i. impianti aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi; ii. la superficie dell’impianto non è superiore a quella del tetto su cui viene realizzato; iii. gli interventi non ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, nei casi previsti dall’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 115 del 2008. b) impianti solari fotovoltaici aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera d) del DPR 380 del 2001): i. realizzati su edifici esistenti o sulle loro pertinenze;

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ii. aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto; iii. realizzati al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444; 12.2. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività: a) impianti solari fotovoltaici non ricadenti fra quelli di cui al punto 12.1 aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del DM………….…..): i. moduli fotovoltaici sono collocati sugli edifici; ii. la superficie complessiva dei moduli fotovoltaici dell’impianto non sia superiore a quella del tetto dell’edificio sul quale i moduli sono collocati. b) impianti solari fotovoltaici non ricadenti fra quelli di cui al paragrafo 12.1, e 12.2 lettera a), aventi capacità di generazione inferiore alla soglia indicata alla Tabella A allegata al d.lgs. 387 del 2003, come introdotta dall’articolo 2, comma 161, della legge n. 244 del 2007.

IMPIANTI DI GENERAZIONE ELETTRICA ALIMENTATI DA BIOMASSE, GAS DI DISCARICA, GAS RESIDUATI DAI PROCESSI DI DEPURAZIONE E BIOGAS 12.3. I seguenti interventi sono considerati attività ad edilizia libera e sono realizzati previa comunicazione secondo quanto disposto dai punti 11.9 e 11.10, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale: a) Impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 27, comma 20, della legge n. 99 del 2009): i. operanti in assetto cogenerativo; ii. aventi una capacità di generazione massima inferiore a 50 kWe (microgenerazione); b) impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas non ricadenti fra quelli di cui al punto a) ed aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 123, comma 1, secondo periodo e dell’articolo 6, comma 1, lettera a) del DPR 380 del 2001): i. realizzati in edifici esistenti, sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche delle destinazioni di uso, non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici; ii. aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto. 12.4. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività: a) Impianti di generazione elettrica alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi


di depurazione e biogas non ricadenti fra quelli di cui al punto 12.3 ed aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 27, comma 20, della legge n. 99 del 2009): i. operanti in assetto cogenerativo; ii. aventi una capacità di generazione massima inferiore a 1000 kWe (piccola cogenerazione) ovvero a 3000 kWt; b) impianti di generazione elettrica alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, non ricadenti fra quelli di cui al punto 12.3 e al punto 12.4 lettera a) ed aventi capacità di generazione inferiori alle rispettive soglie indicate alla Tabella A allegata al d.lgs. 387 del 2003, come introdotta dall’articolo 2, comma 161, della legge n. 244 del 2007.

EOLICO 12.5 I seguenti interventi sono considerati attività ad edilizia libera e sono realizzati previa comunicazione secondo quanto disposto dai punti 11.9 e 11.10, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale: a) Impianti eolici aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115): i. Installati sui tetti degli edifici esistenti di singoli generatori eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore a 1 metro; ii. gli interventi non ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, nei casi previsti dall’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 115 del 2008. b) Torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento aventi tutte le seguenti caratteristiche: i. realizzate mediante strutture mobili, semifisse o comunque amovibili; ii. installate in aree non soggette a vincolo o a tutela, a condizione che vi sia il consenso del proprietario del fondo; iii. sia previsto che la rilevazione non duri più di 36 mesi; iv. entro un mese dalla conclusione della rilevazione il soggetto titolare rimuove le predette apparecchiature ripristinando lo stato dei luoghi. 12.6. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività: a) impianti eolici non ricadenti fra quelli di cui alla lettera a) ed aventi capacità di generazione inferiore alle soglie indicate alla Tabella A allegata al d.lgs. 387 del 2003, come introdotta dall’articolo 2, comma 161, della legge n. 244 del 2007. b) Torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento di cui al punto 12.5 lettera b),

nel caso in cui si preveda una rilevazione di durata superiore ai 36 mesi.

IDROELETTRICO E GEOTERMOELETTRICO 12.7. I seguenti interventi sono considerati attività ad edilizia libera e sono realizzati previa comunicazione secondo quanto disposto dai punti 11.9 e 11.10, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale: a) impianti idroelettrici e geotermoelettrici aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell’articolo 123, comma 1, secondo periodo e dell’articolo 6, comma 1, lettera a) del DPR 380 del 2001): i. realizzati in edifici esistenti sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche delle destinazioni di uso, non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici; ii. aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto. 12.8. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività: b) impianti idroelettrici non ricadenti fra quelli di cui alle lettere a) ed aventi capacità di generazione inferiori alla soglia indicate alla Tabella A allegata al d.lgs. 387 del 2003, come introdotta dall’articolo 2, comma 161, della legge n. 244 del 2007. 12.9. I regimi di cui al presente paragrafo sono riepilogati nella tabella 1 allegata.

PARTE III PROCEDIMENTO UNICO 13. Contenuti minimi dell’istanza per l’autorizzazione unica 13.1. L’istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica, fermo restando quanto previsto dai punti 13.2 e 13.3, è corredata da: a) progetto definitivo dell’iniziativa, comprensivo delle opere per la connessione alla rete, delle altre infrastrutture indispensabili previste, della dismissione dell’impianto e del ripristino dello stato dei luoghi. Il ripristino, per gli impianti idroelettrici, è sostituito da misure di reinserimento e recupero ambientale. b) relazione tecnica, inclusa nel progetto definitivo, che indica, in particolare: i. i dati generali del proponente comprendenti, nel caso di impresa, copia di certificato camerale; ii. la descrizione delle caratteristiche della fonte utilizzata, con l’analisi della producibilità attesa, ovvero delle modalità di approvvigionamento e, per le biomasse, anche la provenienza della risorsa utilizzata; per gli impianti eolici andranno descritte le caratteristiche anemometriche del sito, le modalità e la durata dei rilievi, che non può essere inferiore ad

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un anno, e le risultanze sulle ore equivalenti annue di funzionamento; iii. la descrizione dell’intervento, delle fasi, dei tempi e delle modalità di esecuzione dei complessivi lavori previsti, del piano di dismissione degli impianti e di ripristino dello stato dei luoghi, ovvero, nel caso di impianti idroelettrici, delle misure di reinserimento e recupero ambientale proposte; iv. una stima dei costi di dismissione dell’impianto e di ripristino dello stato dei luoghi ovvero, nel caso di impianti idroelettrici, delle misure di reinserimento e recupero ambientale proposte; v. un’analisi delle possibili ricadute sociali, occupazionali ed economiche dell’intervento a livello locale per gli impianti di potenza superiore ad 1 MW. c) nel caso di impianti alimentati a biomassa e di impianti fotovoltaici, è allegata la documentazione da cui risulti la disponibilità dell’area su cui realizzare l’impianto e delle opere connesse, comprovata da titolo idoneo alla costruzione dell’impianto e delle opere connesse, ovvero, nel caso in cui sia necessaria, la richiesta di dichiarazione di pubblica utilità delle opere connesse e di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, corredata dalla documentazione riportante l’estensione, i confini ed i dati catastali delle aree interessate ed il piano particellare; tale documentazione è aggiornata a cura del proponente nel caso il progetto subisca modifiche durante la fase istruttoria; d) per gli impianti diversi da quelli di cui al punto c) è allegata la documentazione da cui risulti la disponibilità, nel senso precisato al punto c), dell’area interessata dalla realizzazione dell’impianto e delle opere connesse ovvero, nel caso in cui sia necessaria la procedura di esproprio, la richiesta di dichiarazione di pubblica utilità dei lavori e delle opere e di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio corredata dalla documentazione riportante l’estensione, i confini ed i dati catastali delle aree interessate ed il piano particellare; tale documentazione è aggiornata a cura del proponente nel caso il progetto subisca modifiche durante la fase istruttoria; e) per gli impianti idroelettrici, concessione di derivazione d’acqua per uso idroelettrico qualora sia stata già acquisita; f) preventivo per la connessione redatto dal gestore della rete elettrica nazionale o della rete di distribuzione secondo le disposizioni di cui agli articoli 6 e 19 della Delibera AEEG ARG/elt 99/08 e successive disposizioni in materia, esplicitamente accettato dal proponente; al preventivo sono allegati gli elaborati necessari al rilascio dell’autorizzazione degli impianti di rete per la connessione, predisposti dal gestore di rete competente, nonché gli elaborati relativi agli eventuali impianti di utenza per la connessione, predisposti dal proponente. Entrambi i predetti elaborati sono comprensivi di tutti gli schemi utili alla definizione della connessione; g) certificato di destinazione urbanistica ed estratto dei mappali e delle norme d’uso del piano paesaggistico regionale in riferimento alle aree interessate

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dall’intervento nonché, ove prescritta, la relazione paesaggistica di cui al DPCM 12 dicembre 2005; h) ove prescritta, documentazione prevista dal d.lgs. 4/2008 per la verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale ovvero per la valutazione di impatto ambientale e la valutazione di incidenza, relativa al progetto di cui alla lettera a); i) ricevuta di pagamento degli oneri istruttori, ove previsti; j) impegno alla corresponsione all’atto di avvio dei lavori di una cauzione a garanzia della esecuzione degli interventi di dismissione e delle opere di messa in pristino, da versare a favore dell’amministrazione procedente mediante fideiussione bancaria o assicurativa secondo l’importo stabilito in via generale dalle Regioni o dalle Province delegate in proporzione al valore delle opere di rimessa in pristino o delle misure di reinserimento o recupero ambientale; la cauzione è stabilita in favore dell’amministrazione che sarà tenuta ad eseguire le opere di rimessa in pristino o le misure di reinserimento o recupero ambientale in luogo del soggetto inadempiente; tale cauzione è rivalutata sulla base del tasso di inflazione programmata ogni 5 anni. Le Regioni o le Province delegate, avvalendosi delle Agenzie regionali per l’ambiente, possono motivatamente stabilire, nell’ambito della Conferenza dei servizi, differenti soglie e/o importi per la cauzione parametrati in ragione delle diverse tipologie di impianti e in relazione alla particolare localizzazione dei medesimi; k) nel caso in cui il preventivo per la connessione comprenda una stazione di raccolta potenzialmente asservibile a più impianti e le opere in esso individuate siano soggette a valutazione di impatto ambientale, la relazione che il gestore di rete rende disponibile al produttore, redatta sulla base delle richieste di connessione di impianti ricevute dall’azienda in riferimento all’area in cui è prevista la localizzazione dell’impianto, comprensiva dell’istruttoria di cui al punto 3.1, corredata dei dati e delle informazioni utilizzati, da cui devono risultare, oltre alle alternative progettuali di massima e le motivazioni di carattere elettrico, le considerazioni operate al fine di ridurre l’estensione complessiva e contenere l’impatto ambientale delle infrastrutture di rete; l) copia della comunicazione effettuata alla Soprintendenza ai sensi del punto 13.3. 13.2. L’istanza è inoltre corredata della specifica documentazione eventualmente richiesta dalle normative di settore di volta in volta rilevanti per l’ottenimento di autorizzazioni, concessioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati che confluiscono nel procedimento unico e di cui è fornito un elenco indicativo nell’allegato 1. 13.3. Nei casi in cui l’impianto non ricada in zona sottoposta a tutela ai sensi del d.lgs. 42 del 2004, il proponente effettua una comunicazione alle competenti Soprintendenze per verificare la sussistenza di procedimenti di tutela ovvero di procedure di


accertamento della sussistenza di beni archeologici, in itinere alla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione unica. Entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione, le soprintendenze informano l’amministrazione procedente circa l’eventuale esito positivo di detta verifica al fine di consentire alla stessa amministrazione, nel rispetto dei termini previsti dal punto 14.6, di convocare alla conferenza di servizi le soprintendenze nel caso previsto dal punto 14.9, lett. e). 13.4. Le Regioni o le Province delegate non possono subordinare la ricevibilità, la procedibilità dell’istanza o la conclusione del procedimento alla presentazione di previe convenzioni ovvero atti di assenso o gradimento da parte dei comuni il cui territorio è interessato dal progetto. 14. Avvio e svolgimento del procedimento unico 14.1. Il procedimento unico si svolge tramite conferenza di servizi, nell’ambito della quale confluiscono tutti gli apporti amministrativi necessari per la costruzione e l’esercizio dell’impianto, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili. Resta ferma l’applicabilità dell’articolo 14-bis della legge n. 241 del 1990 in materia di conferenza di servizi preliminare. 14.2. La documentazione elencata al punto 13.1, ferma restando la documentazione imposta dalle normative di settore e indicata dalla regione o dalle Province delegate ai sensi del punto 6.1 , è considerata contenuto minimo dell’istanza ai fini della sua procedibilità. 14.3. Il procedimento viene avviato sulla base dell’ordine cronologico di presentazione delle istanze di autorizzazione, tenendo conto della data in cui queste sono considerate procedibili ai sensi delle leggi nazionali e regionali di riferimento. 14.4. Entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza, l’Amministrazione competente, verificata la completezza formale della documentazione, comunica al richiedente l’avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni, ovvero comunica la improcedibilità dell’istanza per carenza della documentazione prescritta; in tal caso il procedimento può essere avviato solo alla data di ricevimento dell’istanza completa. Trascorso detto termine senza che l’amministrazione abbia comunicato l’improcedibilità, il procedimento si intende avviato. 14.5. Il superamento di eventuali limitazioni di tipo programmatico contenute nel Piano Energetico regionale o delle quote minime di incremento dell’energia elettrica da fonti rinnovabili ripartite ai sensi dell’articolo 8 bis del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito con modificazioni dalla legge 27

febbraio 2009, n. 13 non preclude l’avvio e la conclusione favorevole del procedimento ai sensi del paragrafo 1. 14.6. Entro trenta giorni dal ricevimento dell’istanza, l’amministrazione convoca la conferenza dei servizi che si svolge con le modalità di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 241 del 1990 e successive modificazioni ed integrazioni. 14.7. Ai sensi dell’articolo 27, comma 43, della legge n. 99 del 2009, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 6, comma 9, del decreto legislativo n. 152 del 2006 , la verifica di assoggettabilità alla VIA si applica: a) agli impianti per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento di potenza nominale complessiva superiore a 1 MW; b) agli impianti da fonti rinnovabili non termici , di potenza nominale complessiva superiore a 1 MW. La potenza nominale è individuata con le modalità di cui al punto 11.6 . Per le altre tipologie di progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA, resta fermo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006. 14.8. Per gli impianti di cui al punto 14.7, è fatta salva la possibilità per il proponente di presentare istanza di valutazione di impatto ambientale senza previo esperimento della procedura di verifica di assoggettabilità. 14.9. In attuazione dei principi di integrazione e di azione preventiva in materia ambientale e paesaggistica, il Ministero per i beni e le attività culturali partecipa: a) al procedimento per l’autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili localizzati in aree sottoposte a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. recante Codice dei beni culturali e del paesaggio; b) nell’ambito dell’istruttoria di valutazione di impatto ambientale, qualora prescritta per gli impianti eolici con potenza nominale maggiore di 1 MW, anche qualora l’impianto non ricada in area sottoposta a tutela ai sensi del citato decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; c) al procedimento per l’autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio; in queste ipotesi il Ministero esercita unicamente in quella sede i poteri previsti dall’articolo 152 di detto decreto; si considerano localizzati in aree contermini gli impianti eolici ricadenti nell’ambito distanziale di cui al punto b) del paragrafo 3.1. e al punto e) del paragrafo 3.2 dell’allegato 4; per gli altri impianti l’ambito distanziale viene calcolato, con le stesse modalità dei predetti paragrafi, sulla base della massima altezza da terra dell’impianto;

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d) nei casi in cui, a seguito della comunicazione di cui al punto 13.3, la Soprintendenza verifichi che l’impianto ricade in aree interessate da procedimenti di tutela ovvero da procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici in itinere alla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione unica. 14.10. Il gestore della rete cui si prevede di connettere l’impianto partecipa alla conferenza di servizi senza diritto di voto. Alla conferenza possono partecipare, senza diritto di voto, i concessionari e i gestori di pubblici servizi nel caso in cui il procedimento amministrativo e il progetto dedotto in conferenza abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività. A tali fini è inviata con congruo anticipo la comunicazione della convocazione della conferenza di servizi di cui al punto 14.6. 14.11. Nel rispetto del principio di non aggravamento del procedimento di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 241 del 1990, l’ulteriore documentazione o i chiarimenti ritenuti necessari per la valutazione dell’intervento sono richiesti, anche su impulso delle altre amministrazioni interessate, dall’Amministrazione procedente in un’unica soluzione ed entro 90 giorni dall’avvio del procedimento. Se il proponente non fornisce la documentazione integrativa entro i successivi 30 giorni, salvo proroga per un massimo di ulteriori 30 giorni concessa a fronte di comprovate esigenze tecniche, si procede all’esame del progetto sulla base degli elementi disponibili. Nel caso di progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale, i termini per la richiesta di integrazioni e di produzione della relativa documentazione sono quelli individuati dall’articolo 26, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006 ovvero quelli individuati dalle norme regionali di attuazione. Resta ferma l’applicabilità dell’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990. 14.12. Nel corso del procedimento autorizzativo, il proponente può presentare modifiche alla soluzione per la connessione individuate dal gestore di rete nell’ambito dell’erogazione del servizio di connessione, con salvezza degli atti di assenso e delle valutazioni già effettuate per quelle parti del progetto non interessate dalle predette modifiche. 14.13. Gli esiti delle procedure di verifica di assoggettabilità o di valutazione di impatto ambientale, comprensive, ove previsto, della valutazione di incidenza nonché di tutti gli atti autorizzatori comunque denominati in materia ambientale di cui all’art. 26 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, sono contenuti in provvedimenti espressi e motivati che confluiscono nella conferenza dei servizi. Ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 4, della legge n. 241 del 1990, i lavori della conferenza di servizi rimangono sospesi fino al termine prescritto per la conclusione di dette procedure. Decorso il termine di cui all’articolo 20 del decreto

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legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, ovvero delle norme regionali di attuazione, senza che sia intervenuto un provvedimento esplicito sulla verifica di assoggettabilità, il responsabile del procedimento convoca l’autorità competente affinché si esprima nella conferenza dei servizi. L’inutile decorso del termine di cui all’articolo 26, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, ovvero dei diversi termini previsti dalle norme regionali di attuazione, per la decisione in materia di valutazione di impatto ambientale implica l’esercizio del potere sostitutivo di cui al medesimo articolo 26, comma 2. 14.14. Entro la data in cui è prevista la riunione conclusiva della conferenza dei servizi, il proponente, pena la conclusione del procedimento con esito negativo, fornisce la documentazione atta a dimostrare la disponibilità del suolo su cui è ubicato l’impianto fotovoltaico o a biomassa ai sensi dell’articolo 12, comma 4-bis, del decreto legislativo 387 del 2003. 14.15. Le amministrazioni competenti determinano in sede di riunione di conferenza di servizi eventuali misure di compensazione a favore dei Comuni, di carattere ambientale e territoriale e non meramente patrimoniali o economiche, in conformità ai criteri di cui all’allegato 2 delle presenti linee guida. 14.16. Il termine per la conclusione del procedimento unico, da computarsi tenuto conto delle eventuali sospensioni di cui ai punti 14.11, 14.13 e 14.17, non può comunque essere superiore a 180 giorni decorrenti dalla data di ricevimento dell’istanza. Ai sensi dell’articolo 2-bis della legge n. 241 del 1990, le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, della medesima legge, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. 14.17. Restano ferme le disposizioni regionali e statali concernenti l’esercizio dei poteri sostitutivi. Nel caso in cui l’esercizio del potere sostitutivo abbia ad oggetto singoli atti che confluiscono nel procedimento unico, il termine per la conclusione di tale procedimento tiene conto dei tempi previsti dalle pertinenti norme di settore per l’adozione dell’atto in via sostitutiva. Restano altresì ferme le disposizioni dell’articolo 2, comma 8, della legge n. 241 del 1990, come modificato dall’articolo 7, comma 1, lettera b), della legge 18 giugno 2009, n. 69, relativo al ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione.

15. Contenuti essenziali dell’autorizzazione unica 15.1. L’autorizzazione unica, conforme alla determinazione motivata di conclusione assunta all’esito dei lavori della conferenza di servizi, sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, nulla osta o atto


di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni coinvolte.

PARTE IV INSERIMENTO DEGLI IMPIANTI NEL PAESAGGIO E SUL TERRITORIO

a) la buona progettazione degli impianti, comprovata con l’adesione del progettista ai sistemi di gestione della qualità (ISO 9000) e ai sistemi di gestione ambientale (ISO 14000 e/o EMAS); b) la valorizzazione dei potenziali energetici delle diverse risorse rinnovabili presenti nel territorio nonché della loro capacità di sostituzione delle fonti fossili. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, la combustione ai fini energetici di biomasse derivate da rifiuti potrà essere valorizzata attuando la cocombustione in impianti esistenti per la produzione di energia alimentati da fonti non rinnovabili (es. carbone) mentre la combustione ai fini energetici di biomasse di origine agricola-forestale potrà essere valorizzata ove tali fonti rappresentano una risorsa significativa nel contesto locale ed un’importante opportunità ai fini energetico-produttivi; c) il ricorso a criteri progettuali volti ad ottenere il minor consumo possibile del territorio, sfruttando al meglio le risorse energetiche disponibili; d) il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto (brownfield), tra cui siti industriali, cave, discariche, siti contaminati ai sensi della Parte quarta, Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006, consentendo la minimizzazione di interferenze dirette e indirette sull’ambiente legate all’occupazione del suolo ed alla modificazione del suo utilizzo a scopi produttivi, con particolare riferimento ai territori non coperti da superfici artificiali o greenfield, la minimizzazione delle interferenze derivanti dalle nuove infrastrutture funzionali all’impianto mediante lo sfruttamento di infrastrutture esistenti e, dove necessari, la bonifica e il ripristino ambientale dei suoli e/o delle acque sotterranee; e) una progettazione legata alle specificità dell’area in cui viene realizzato l’intervento; con riguardo alla localizzazione in aree agricole, assume rilevanza l’integrazione dell’impianto nel contesto delle tradizioni agroalimentari locali e del paesaggio rurale, sia per quanto attiene alla sua realizzazione che al suo esercizio; f) la ricerca e la sperimentazione di soluzioni progettuali e componenti tecnologici innovativi, volti ad ottenere una maggiore sostenibilità degli impianti e delle opere connesse da un punto di vista dell’armonizzazione e del migliore inserimento degli impianti stessi nel contesto storico, naturale e paesaggistico; g) il coinvolgimento dei cittadini in un processo di comunicazione e informazione preliminare all’autorizzazione e realizzazione degli impianti o di formazione per personale e maestranze future; h) l’effettiva valorizzazione del recupero di energia termica prodotta nei processi di cogenerazione in impianti alimentati da biomasse.

16. Criteri generali 16.1. La sussistenza di uno o più dei seguenti requisiti è, in generale, elemento per la valutazione positiva dei progetti:

16.2. . Favorire l’adeguamento dei progetti ai medesimi criteri può essere oggetto di politiche di promozione da parte delle Regioni e delle amministrazioni centrali.

15.2. L’autorizzazione unica costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto, le opere connesse e le infrastrutture indispensabili in conformità al progetto approvato e nei termini ivi previsti nonché, ove occorra, dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere. 15.3. Ove occorra, l’autorizzazione unica costituisce di per se variante allo strumento urbanistico. Gli impianti possono essere ubicati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel qual caso l’autorizzazione unica non dispone la variante dello strumento urbanistico. Nell’ubicazione degli impianti in tali zone si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14. Restano ferme le previsioni dei piani paesaggistici e delle prescrizioni d’uso indicate nei provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, nei casi previsti. 15.4. L’autorizzazione include le eventuali prescrizioni alle quali è subordinata la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e definisce le specifiche modalità per l’ottemperanza all’obbligo della rimessa in pristino dello stato dei luoghi a seguito della dismissione dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, per l’ottemperanza all’obbligo della esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. 15.5. L’autorizzazione unica prevede un termine per l’avvio e la conclusione dei lavori decorsi i quali, salvo proroga, la stessa perde efficacia. I suddetti termini sono congruenti con i termini di efficacia degli atti amministrativi che l’autorizzazione recepisce e con la dichiarazione di pubblica utilità. Resta fermo l’obbligo di aggiornamento e di periodico rinnovo cui sono eventualmente assoggettate le autorizzazioni settoriali recepite nell’autorizzazione unica.

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16.3. Con specifico riguardo agli impianti eolici, l’allegato 4 individua criteri di corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio. In tale ambito, il pieno rispetto delle misure di mitigazione individuate dal proponente in conformità all’allegato 4 delle presenti linee guida costituisce elemento di valutazione favorevole del progetto. 16.4. Nell’autorizzare progetti localizzati in zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, deve essere verificato che l’insediamento e l’esercizio dell’impianto non comprometta o interferisca negativamente con le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale. 16.5. Eventuali misure di compensazione per i Comuni potranno essere eventualmente individuate secondo le modalità e sulla base dei criteri di cui al punto 14.15 e all’allegato 2, in riferimento agli impatti negativi non mitigabili anche in attuazione dei criteri di cui al punto 16.1 e dell’allegato 4. 17. Aree non idonee 17.1. Al fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee guida, le Regioni e le Province autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al presente punto e sulla base dei criteri di cui all’allegato 3. L’individuazione della non idoneità dell’area è operata dalle Regioni attraverso un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l’insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione. Gli esiti dell’istruttoria, da richiamare nell’atto di cui al punto 17.2, dovranno contenere, in relazione a ciascuna area individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle disposizioni esaminate. 17.2. Le Regioni e le Province autonome conciliano le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili attraverso atti di programmazione con-

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gruenti con la quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing), in applicazione dell’articolo 2, comma 167, della legge 244 del 2007, come modificato dall’articolo 8 bis della legge 27 febbraio 2009, n. 13, di conversione del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, assicurando uno sviluppo equilibrato delle diverse fonti. Le aree non idonee sono, dunque, individuate dalle Regioni nell’ambito dell’atto di programmazione con cui sono definite le misure e gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati in attuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione individua le aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico obiettivo assegnatole. 17.3. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui all’articolo 8 bis della legge 27 febbraio 2009, n. 13, di conversione del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, le Regioni possono individuare le aree non idonee senza procedere alla contestuale programmazione di cui al punto 17.2. Entro 180 giorni dall’entrata in vigore del sopraccitato decreto ministeriale le Regioni provvedono a coniugare le disposizioni relative alle aree non idonee nell’ambito dell’atto di programmazione di cui al punto 17.2, anche attraverso opportune modifiche e integrazioni di quanto già disposto.

PARTE V DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI 18. Disposizioni transitorie e finali 18.1. Gli allegati 1, 2, 3 e 4 costituiscono parte integrante delle presenti linee guida. 18.2. Con provvedimenti da emanare con le modalità di cui all’articolo 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003 le presenti linee guida possono essere aggiornate anche sulla base degli esiti dell’attività di monitoraggio di cui al punto 7. Con le medesime modalità, le presenti linee guida sono integrate con allegati inerenti agli altri impianti alimentati da fonti rinnovabili. 18.3. Al fine di ridurre i tempi evitando duplicazioni di atti ovvero di valutazioni in materia ambientale e paesaggistica, le Regioni possono individuare le più opportune forme di semplificazione e coordinamento tra i procedimenti per il rilascio di concessioni di derivazione d’acqua pubblica di cui al r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 ovvero di concessioni per lo sfruttamento delle risorse geotermiche di cui al decreto legislativo 22 del 2010 nonché per i procedimenti i cui esiti confluiscono nel procedimento unico di cui all’articolo 12 del d. lgs. 387 del 2003. 18.4. Le Regioni, qualora necessario, adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle presenti linee guida, anche


con l’eventuale previsione di una diversa tempistica di presentazione della documentazione di cui al paragrafo 13; decorso inutilmente il predetto termine di novanta giorni, le linee guida si applicano ai procedimenti in corso, ai sensi dell’articolo 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003, fatto salvo quanto previsto al punto18.5. 18.5. I procedimenti in corso al novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore delle presenti linee guida sono conclusi ai sensi della previgente normativa qualora riferiti a progetti completi della soluzione di connessione di cui al punto 13.1, lett. f) della Parte III e per i quali siano intervenuti i pareri ambientali prescritti. 18.6. Al di fuori dei casi di cui al punto 18.4, per i procedimenti in corso al novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore delle presenti linee guida, il proponente, a pena di improcedibilità, integra l’istanza con la documentazione prevista al punto 13 della Parte III entro novanta giorni dal termine per l’adeguamento di cui al punto 18.3, salvo richiesta di proroga per un massimo di ulteriori trenta giorni per comprovate necessità tecniche. Nel caso in cui le integrazioni riguardino opere soggette a valutazione di impatto ambientale sono fatte salve le procedure e le tempistiche individuate nella parte seconda del decreto legislativo 152/06 o dalle pertinenti norme regionali di attuazione.

Le presenti Linee Guida entrano in vigore nel decimoquinto giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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ALLEGATO 1 (punto 13.2)

ALLEGATO 2 (punti 14.15 e 16.5)

ELENCO INDICATIVO DEGLI ATTI DI ASSENSO CHE CONFLUISCONO NEL PROCEDIMENTO UNICO

CRITERI PER L’EVENTUALE FISSAZIONE DI MISURE COMPENSATIVE

1. l’autorizzazione ambientale integrata di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005 n. 59, recante attuazione integrale della direttiva 96/61/CE; 2. l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’articolo 146 del d.lgs. 42/2004 e s.m.i.; 3. la valutazione dell’impatto ambientale prevista dalla parte seconda del decreto legislativo 152/06 di competenza dello Stato o della Regione; 4. l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera prevista dalla parte quinta decreto legislativo n. 152/06, di competenza della regione o della provincia; 5. l’autorizzazione alla gestione dei rifiuti ai sensi della parte quarta del decreto legislativo n. 152/06; 6. il nulla osta di competenza dell’Ente di gestione dell’area protetta di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394; 7. permesso di costruire di cui al DPR 380 del 2001, di competenza del Comune interessato; 8. parere di conformità del progetto alla normativa di prevenzione incendi, di cui all’articolo 2 del DPR 12 gennaio 1998, n. 37, rilasciato dal Ministero dell’Interno – comando Provinciale VV.FF.; 9. il nulla osta delle Forze Armate (Esercito, Marina, Aeronautica) per le servitù militari e per la sicurezza del volo a bassa quota solo se necessario e solo nel caso di impianti ubicati in prossimità di zone sottoposte a vincolo militare; 10. il nulla osta idrogeologico previsto dal R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 61, comma 5, del decreto legislativo n. 152/06; 11. il nulla osta sismico ai sensi della legge. 2 febbraio 1974, n. 64 e successivi provvedimenti attuativi; 12. il nulla osta per la sicurezza del volo da rilasciarsi da parte dell’aeronautica civile (ENAC-ENAV), ai sensi del R.D. 30 marzo 1942, n. 327 recante il codice della navigazione; 13. il mutamento di destinazione d’uso temporaneo o definitivo dei terreni gravati da uso civico di cui alla legge n. 1766 del 1927 e successive modificazioni; 14. l’autorizzazione al taglio degli alberi prevista dalle leggi regionali; 15. la verifica di coerenza con i limiti alle emissioni sonore rilasciata dall’amministrazione competente ai sensi della legge 447 del 1995 e successive modificazioni e integrazioni; 16. nulla osta dell’ispettorato del Ministero delle comunicazioni oggi Ministero dello sviluppo economico ai sensi dell’articolo 95 del D.Lgs. n. 259 del 2003; 17. l’autorizzazione all’attraversamento e all’uso delle strade ai sensi del Codice della strada; 18. l’autorizzazione agli scarichi rilasciata dall’autorità competente ai sensi del decreto legislativo 152 del 2006;

1. Ai sensi dell’articolo 12, comma 6, decreto legislativo n. 387 del 2003, l’autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle Regioni e delle Province. 2. Fermo restando, anche ai sensi del punto 1.1 e del punto 13.4 delle presenti linee guida, che per l’attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non è dovuto alcun corrispettivo monetario in favore dei Comuni, l’autorizzazione unica può prevedere l‘individuazione di misure compensative, a carattere non meramente patrimoniale, a favore degli stessi Comuni e da orientare su interventi di miglioramento ambientale correlati alla mitigazione degli impatti riconducibili al progetto, ad interventi di efficienza energetica, di diffusione di installazioni di impianti a fonti rinnovabili e di sensibilizzazione della cittadinanza sui predetti temi, nel rispetto dei seguenti criteri: a) non dà luogo a misure compensative, in modo automatico, la semplice circostanza che venga realizzato un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, a prescindere da ogni considerazione sulle sue caratteristiche e dimensioni e dal suo impatto sull’ambiente1; b) le «misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale» sono determinate in riferimento a «concentrazioni territoriali di attività, impianti ed infrastrutture ad elevato impatto territoriale», con specifico riguardo alle opere in questione;2 c) le misure compensative devono essere concrete e realistiche, cioè determinate tenendo conto delle specifiche caratteristiche dell’impianto e del suo specifico impatto ambientale e territoriale; d) secondo l’articolo 1, comma 4, lettera f) della legge 239 del 2004, le misure compensative sono solo “eventuali”, e correlate alla circostanza che esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale; e) possono essere imposte misure compensative di carattere ambientale e territoriale e non meramente patrimoniali o economiche solo se ricorrono tutti i presupposti indicati nel citato articolo 1, comma 4, lettera f) della legge 239 del 2004; f) le misure compensative sono definite in sede di conferenza di servizi, sentiti i Comuni interessati, anche sulla base di quanto stabilito da eventuali provvedimenti regionali e non possono unilateralmente essere fissate da un singolo Comune; g) Nella definizione delle misure compensative si tiene conto dell’applicazione delle misure di mitigazione in concreto già previste, anche in sede di valutazione di impatto ambientale (qualora sia effettuata). A tal fine, con specifico riguardo agli impianti eolici, l’esecuzione delle misure di mitigazione di

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cui all’allegato 4, costituiscono, di per sé, azioni di parziale riequilibrio ambientale e territoriale; h) ) le eventuali misure di compensazione ambientale e territoriale definite nel rispetto dei criteri di cui alle lettere precedenti non può comunque essere superiore al 2% dei proventi, comprensivi degli incentivi vigenti, derivanti dalla valorizzazione dell’energia elettrica prodotta annualmente dall’impianto. 3. L’autorizzazione unica comprende indicazioni dettagliate sull’entità delle misure compensative e sulle modalità con cui il proponente provvede ad attuare le misure compensative, pena la decadenza dell’autorizzazione unica.

1

Consiglio di Stato, parere n. 2849 del 14 ottobre 2008; 2

Sentenze Corte cost. n. 383/2005 e n. 248/2006 in riferimento all’articolo 1, comma 4, lettera f), della legge 239/2004;

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ALLEGATO 3 (paragrafo 17) CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DI AREE NON IDONEE L’individuazione delle aree e dei siti non idonei mira non già a rallentare la realizzazione degli impianti, bensì ad offrire agli operatori un quadro certo e chiaro di riferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti. L’individuazione delle aree non idonee dovrà essere effettuata dalle Regioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica, secondo le modalità indicate al paragrafo 17 e sulla base dei seguenti principi e criteri: a) l’individuazione delle aree non idonee deve essere basata esclusivamente su criteri tecnici oggettivi legati ad aspetti di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico-culturale, connessi alle caratteristiche intrinseche del territorio e del sito; b) l’individuazione delle aree e dei siti non idonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto; c) ai sensi dell’articolo 12, comma 7, le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; d) l’individuazione delle aree e dei siti non idonei non può riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell’identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela. La tutela di tali interessi è infatti salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle Regioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all’uopo preposte, che sono tenute a garantirla all’interno del procedimento unico e della procedura di Valutazione dell’Impatto Ambientale nei casi previsti. L’individuazioni delle aree e dei siti non idonei non deve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di accelerazione e semplificazione dell’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio, anche in termini di opportunità localizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni del territorio; e) nell’individuazione delle aree e dei siti non idonei le Regioni potranno tenere conto sia di elevate concentrazioni di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nella medesima area vasta prescelta per la localizzazione, sia delle interazioni con altri progetti, piani e programmi posti in essere o in progetto nell’ambito della medesima area; f) in riferimento agli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, le Regioni, con le modalità di cui al paragrafo 17, possono procedere ad indicare come aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle


trasformazioni territoriali o del paesaggio, ricadenti all’interno di quelle di seguito elencate, in coerenza con gli strumenti di tutela e gestione previsti dalle normative vigenti e tenendo conto delle potenzialità di sviluppo delle diverse tipologie di impianti:

Idrogeologico (P.A.I.) adottati dalle competenti Autorità di Bacino ai sensi del D.L. 180/98 e s.m.i.; • zone individuate ai sensi dell’art. 142 del d. lgs. 42 del 2004 valutando la sussistenza di particolari caratteristiche che le rendano incompatibili con la realizzazione degli impianti.

• i siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO, le aree ed i beni di notevole interesse culturale di cui alla Parte Seconda del d.lgs 42 del 2004, nonché gli immobili e le aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 136 dello stesso decreto legislativo; • zone all’interno di coni visuali la cui immagine è storicizzata e identifica i luoghi anche in termini di notorietà internazionale di attrattività turistica; • zone situate in prossimità di parchi archeologici e nelle aree contermini ad emergenze di particolare interesse culturale, storico e/o religioso; • le aree naturali protette ai diversi livelli (nazionale, regionale, locale) istituite ai sensi della Legge 394/91 ed inserite nell’Elenco Ufficiale delle Aree Naturali Protette, con particolare riferimento alle aree di riserva integrale e di riserva generale orientata di cui all’articolo 12, comma 2, lettere a) e b) della legge 394/91 ed equivalenti a livello regionale; • le zone umide di importanza internazionale designate ai sensi della Convenzione di Ramsar; • le aree incluse nella Rete Natura 2000 designate in base alla Direttiva 92/43/CEE (Siti di importanza Comunitaria) ed alla Direttiva 79/409/CEE (Zone di Protezione Speciale); • le Important Bird Areas (I.B.A.); • le aree non comprese in quelle di cui ai punti precedenti ma che svolgono funzioni determinanti per la conservazione della biodiversità (fasce di rispetto o aree contigue delle aree naturali protette; istituende aree naturali protette oggetto di proposta del Governo ovvero di disegno di legge regionale approvato dalla Giunta; aree di connessione e continuità ecologico-funzionale tra i vari sistemi naturali e seminaturali; aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie faunistiche protette; aree in cui è accertata la presenza di specie animali e vegetali soggette a tutela dalle Convezioni internazionali (Berna, Bonn, Parigi, Washington, Barcellona) e dalle Direttive comunitarie (79/409/ CEE e 92/43/CEE), specie rare, endemiche, vulnerabili, a rischio di estinzione; • le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, in coerenza e per le finalità di cui all’art. 12, comma 7, del decreto legislativo 387 del 2003 anche con riferimento alle aree, se previste dalla programmazione regionale, caratterizzate da un’elevata capacità d’uso del suolo; • le aree caratterizzate da situazioni di dissesto e/o rischio idrogeologico perimetrate nei Piani di Assetto

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ALLEGATO 4 (punti 14.9, 16.3 e 16.5) IMPIANTI EOLICI: ELEMENTI PER IL CORRETTO INSERIMENTO NEL PAESAGGIO E SUL TERRITORIO 1. PREMESSA Gli impianti eolici, come gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, garantiscono un significativo contributo per il raggiungimento degli obiettivi e degli impegni nazionali, comunitari e internazionali in materia di energia ed ambiente. Inoltre, l’installazione di tali impianti favorisce l’utilizzo di risorse del territorio, promuovendo la crescita economica e contribuendo alla creazione di posti di lavoro, dando impulso allo sviluppo, anche a livello locale, del potenziale di innovazione mediante la promozione di progetti di ricerca e sviluppo. Nei punti successivi vengono evidenziate modalità dei possibili impatti ambientali e paesaggistici e vengono indicati alcuni criteri di inserimento e misure di mitigazione di cui tener conto, sia in fase di progettazione che in fase di valutazione di compatibilità dei progetti presentati, fermo restando che la sostenibilità degli impianti dipende da diversi fattori e che luoghi, potenze e tipologie differenti possono presentare criticità sensibilmente diverse. Qualora determinate misure di mitigazione dovessero porsi in conflitto (per esempio: colorazione delle pale per questioni di sicurezza del volo aereo ed esigenze di colorazioni neutre per mitigazione dell’impatto visivo), l’operatore valuterà in sede progettuale quale delle misure prescegliere, salvo che le amministrazioni competenti non indichino diverse misure di mitigazione a seguito della valutazione degli interessi prevalenti.

2. CAMPO DI APPLICAZIONE Il presente allegato si applica agli impianti eolici industriali soggetti all’autorizzazione unica di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, nel rispetto delle norme vigenti in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio

3. IMPATTO VISIVO ED IMPATTO SUI BENI CULTURALI E SUL PAESAGGISTICO L’impatto visivo è uno degli impatti considerati più rilevanti fra quelli derivanti dalla realizzazione di un campo eolico. Gli aerogeneratori sono infatti visibili in qualisiasi contesto territoriale, con modalità differenti in relazione alle caratteristiche degli impianti ed alla loro disposizione, alla orografia, alla densità abitativa ed alle condizioni atmosferiche. L’alterazione visiva di un impianto eolico è dovuta agli aerogeneratori (pali, navicelle, rotori, eliche), alle cabine di trasformazione, alle strade apposita-

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mente realizzate e all’elettrodotto di connessione con la RTN, sia esso aereo che interrato, metodologia quest’ultima che comporta potenziali impatti, per buona parte temporanei, per gli scavi e la movimentazione terre. L’analisi degli impatti deve essere riferita all’insieme delle opere previste per la funzionalità dell’impianto, considerando che buona parte degli impatti dipende anche dall’ubicazione e dalla disposizione delle macchine. Per quanto riguarda la localizzazione dei parchi eolici caratterizzati da un notevole impegno territoriale, l’inevitabile modificazione della configurazione fisica dei luoghi e della percezione dei valori ad essa associati, tenuto conto dell’inefficacia di misure volte al mascheramento, la scelta della localizzazione e la configurazione progettuale, ove possibile, dovrebbero essere volte, in via prioritaria, al recupero di aree degradate laddove compatibile con la risorsa eolica e alla creazione di nuovi valori coerenti con il contesto paesaggistico. L’impianto eolico dovrebbe diventare una caratteristica stessa del paesaggio ,contribuendo al riconoscimento delle sue specificità attraverso un rapporto coerente con il contesto. In questo senso l’impianto eolico determinerà il progetto di un nuovo paesaggio. Di seguito vengono da un lato forniti criteri e indicazioni per una corretta analisi finalizzata all’inserimento nel paesaggio, e contestualmente vengono indicate possibili misure per la mitigazione dell’impatto paesaggistico. Le indicazioni sono riferite in particolare ai campi eolici e agli aerogeneratori in quanto costituiscono gli elementi di più incisiva intrusività. 3.1 Analisi dell’inserimento nel paesaggio Un‘analisi del paesaggio mirata alla valutazione del rapporto fra l’impianto e la preesistenza dei luoghi costituisce elemento fondante per l’attivazione di buone pratiche di progettazione, presupposto indispensabile per l’ottimizzazione delle scelte operate. Le indicazioni metodologiche generali, riportate in corsivo, fornite dall’allegato tecnico del D.P.C.M. 12 dicembre 2005 per la redazione della Relazione Paesaggistica, obbligatorie nei casi previsti dall’art. 146 del D.lgs 42/2004, costituiscono comunque un utile riferimento per una puntuale analisi di qualsiasi contesto e paesaggio, alla luce dei principi della Convenzione Europea del Paesaggio. Pertanto le analisi del territorio dovranno essere effettuate attraverso una attenta e puntuale ricognizione e indagine degli elementi caratterizzanti e qualificanti il paesaggio, effettuata alle diverse scale di studio (vasta, intermedia e di dettaglio) in relazione al territorio interessato alle opere e al tipo di installazione prevista, fatta salva comunque la necessità, successiva al rilascio dell’autorizzazione, della scala di dettaglio


ai fini delle verifiche di ottemperanza. Le analisi debbono non solo definire l’area di visibilità dell’impianto, ma anche il modo in cui l’impianto viene percepito all’interno del bacino visivo. Le analisi visive debbono inoltre tener in opportuna considerazione gli effetti cumulativi derivanti dalla compresenza di più impianti. Tali effetti possono derivare dalla co-visibilità, dagli effetti sequenziali o dalla reiterazione. Si sottolinea l’importanza fondamentale, quale fonte di conoscenza, del sopralluogo che consente il rilievo, geometrico e fotografico, dello stato dei luoghi nei propri aspetti dimensionali, materici e d’uso e che permette l’immediato riscontro delle conoscenze acquisite a tavolino. Il sopralluogo rappresenta la prima modalità di rapporto con le caratteristiche proprie dei luoghi oggetto di progetto. Le scale di analisi dovranno essere riferite a cartografie omogenee che costituiranno il supporto cartografico di base su cui riportare gli esiti delle ricognizioni ed indagini e quindi delle analisi effettuate, indicando in ogni elaborato la nuova realizzazione. Lo stesso per quanto riguarda l’indicazione dei punti di presa, scelti come di seguito indicato, utilizzati per una appropriata ed esaustiva documentazione fotografica dei luoghi così come essi si presentano ante operam e delle simulazioni di come essi si presenteranno post operam. Si raccomanda l’utlizzo degli stessi punti di presa delle immagini in cui saranno effettuate le simulazioni per una reale valutazione degli effetti sul paesaggio prodotti dalle trasformazioni previste. Tutto ciò premesso l’analisi dell’inserimento nel paesaggio dovrà quantomeno prevedere: - analisi dei livelli di tutela Andranno evidenziati i diversi livelli “…operanti nel contesto paesaggistico e nell’area di intervento considerata, rilevabili dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, urbanistica e territoriale e da ogni fonte normativa, regolamentare e provvedimentale;” fornendo “indicazione della presenza di beni culturali tutelati ai sensi della Parte seconda del Codice dei beni culturali e del paesaggio”; - analisi delle caratteristiche del paesaggio nelle sue diverse componenti, naturali ed antropiche Andranno messe in evidenza “… configurazioni e caratteri geomorfologici; appartenenza a sistemi naturalistici (biotopi, riserve, parchi naturali, boschi); sistemi insediativi storici (centri storici, edifici storici diffusi), paesaggi agrari (assetti colturali tipici, sistemi tipologici rurali quali cascine, masserie, baite, ecc.), tessiture territoriali storiche (centuriazioni, viabilità storica); appartenenza a sistemi tipologici di

forte caratterizzazione locale e sovralocale (sistema delle cascine a corte chiusa, sistema delle ville, uso sistematico della pietra, o del legno, o del laterizio a vista, ambiti a cromatismo prevalente); appartenenza a percorsi panoramici o ad ambiti di percezione da punti o percorsi panoramici; appartenenza ad ambiti a forte valenza simbolica”; - analisi dell’evoluzione storica del territorio. Andranno, perciò, messi in evidenza: “…la tessitura storica, sia vasta che minuta esistente: in particolare, il disegno paesaggistico (urbano e/o extraurbano), l’integrità di relazioni, storiche, visive, simboliche dei sistemi di paesaggio storico esistenti (rurale, urbano, religioso, produttivo, ecc.), le strutture funzionali essenziali alla vita antropica, naturale e alla produzione (principali reti di infrastrutturazione); le emergenze significative, sia storiche, che simboliche”; - analisi dell’intervisibilità dell’impianto nel paesaggio, Andrà analizzata, a seconda delle sue caratteristiche distributive, di densità e di estensione attraverso la “… rappresentazione fotografica dello stato attuale dell’area d’intervento e del contesto paesaggistico, ripresi da luoghi di normale accessibilità e da punti e percorsi panoramici, dai quali sia possibile cogliere con completezza le fisionomie fondamentali del territorio. Nel caso di interventi collocati in punti di particolare visibilità (pendio, lungo mare, lungo fiume, ecc.), andrà particolarmente curata la conoscenza dei colori, dei materiali esistenti e prevalenti dalle zone più visibili, documentata con fotografie e andranno studiate soluzioni adatte al loro inserimento sia nel contesto paesaggistico che nell’area di intervento”. Facendo riferimento alla documentazione prescritta per la citata Relazione Paesaggistica sono richiesti preferendo dove possibile la planimetria con scala più bassa: 1 . planimetria in scala 1: 5.000 o 1: 10.000 o 1: 25.000 o 1:50.000 con indicati i punti da cui è visibile l’area di intervento; 2. cartografia in scala 1: 5.000 o 1: 10.000 o 1: 25.000 o 1:50.000 che evidenzi le caratteristiche morfologiche dei luoghi, la tessitura storica del contesto paesaggistico, il rapporto con le infrastrutture, le reti esistenti naturali e artificiali; 3. planimetria in scala 1: 2.000 o 1: 5.000 o 1:10.000 che riveli nel dettaglio la presenza degli elementi costitutivi del paesaggio nell’area di intervento; 4. simulazioni di progetto. In particolare dovrà essere curata “…La carta dell’area di influenza visiva degli impianti proposti; la conoscenza dei caratteri paesaggistici dei luoghi secondo le indicazioni del precedente punto 2. Il progetto dovrà mostrare le localizzazioni proposte all’interno della cartografia conoscitiva e simula-

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re l’effetto paesistico, sia dei singoli impianti che dell’insieme formato da gruppi di essi, attraverso la fotografia e lo strumento del rendering, curando in particolare la rappresentazione dei luoghi più sensibili e la rappresentazione delle infrastrutture accessorie all’impianto”. L’analisi dell’interferenza visiva passa inoltre per i seguenti punti: a) definizione del bacino visivo dell’impianto eolico, cioè della porzione di territorio interessato costituito dall’insieme dei punti di vista da cui l’impianto è chiaramente visibile;. Gli elaborati devono curare in particolare le analisi relative al suddetto ambito evidenziando le modifiche apportate e mostrando la coerenza delle soluzioni rispetto ad esso. Tale analisi dovrà essere riportata su un supporto cartografico alla scala opportuna, con indicati i punti utilizzati per la predisposizione della documentazione fotografica individuando la zona di influenza visiva e le relazioni di intervisibilità dell’intervento proposto; b) ricognizione dei centri abitati e dei beni culturali e paesaggistici riconosciuti come tali ai sensi del Decreto legislativo 42/2004, distanti in linea d’aria non meno di 50 volte l’altezza massima del più vicino aerogeneratore, documentando fotograficamente l’interferenza con le nuove strutture; c) descrizione, rispetto ai punti di vista di cui alle lettere a) e b), dell’interferenza visiva dell’impianto consistente in: − ingombro (schermo, intrusione, sfondo) dei coni visuali dai punti di vista prioritari; − alterazione del valore panoramico del sito oggetto dell’installazione. Tale descrizione è accompagnata da una simulazione delle modifiche proposte, soprattutto attraverso lo strumento del rendering fotografico che illustri la situazione post operam. Il rendering deve avere, almeno, i seguenti requisiti: − essere realizzato su immagini reali ad alta definizione; − essere realizzato in riferimento a punti di vista significati; − essere realizzato su immagini realizzate in piena visibilità (assenza di nuvole, nebbia, etc.); − essere realizzato in riferimento a tutti i beni immobili sottoposti alla disciplina del D.lgs 42/2004 per gli effetti di dichiarazione di notevole interesse e notevole interesse pubblico. d) verifica, attraverso sezioni - skyline sul territorio interessato, del rapporto tra l’ingombro dell’impianto e le altre emergenze presenti anche al fine di una precisa valutazione del tipo di interferenza visiva sia dal basso che dall’alto, con particolare attenzione allorché tale interferenza riguardi le preesistenze che qualificano e caratterizzano il contesto paesaggistico di appartenenza.

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3.2. Misure di mitigazione Si segnalano di seguito alcune possibili misure di mitigazione: a) Ove possibile, vanno assecondate le geometrie consuete del territorio quali, ad esempio, una linea di costa o un percorso esistente. In tal modo non si frammentano e dividono disegni territoriali consolidati; b) Ove possibile, deve essere considerata la singolarità e diversità di ogni paesaggio, evitando di interrompere un’unità storica riconosciuta; c) la viabilità di servizio non dovrà essere finita con pavimentazione stradale bituminosa, ma dovrà essere resa transitabile esclusivamente con materiali drenanti naturali; d) potrà essere previsto l’interramento dei cavidotti a media e bassa tensione, propri dell’impianto e del collegamento alla rete elettrica; e) si dovrà esaminare l’effetto visivo provocato da un’alta densità di aerogeneratori relativi ad un singolo parco eolico o a parchi eolici adiacenti; tale effetto deve essere in particolare esaminato e attenuato rispetto ai punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, di cui all’articolo 136, comma 1, lettera d, del Codice, distanti in linea d’aria non meno di 50 volte l’altezza massima del più vicino aerogeneratore; f) utilizzare soluzioni cromatiche neutre e di vernici antiriflettenti, qualora disponibili; g) ove necessarie, le segnalazioni per ragioni di sicurezza del volo a bassa quota, siano limitate, alle macchine più esposte (per esempio quelle terminali del campo eolico o quelle più in alto), se ciò è compatibile con le normative in materie di sicurezza; h) prevedere l’assenza di cabine di trasformazione a base palo (fatta eccezione per le cabine di smistamento del parco eolico), utilizzando tubolari al fine di evitare zone cementate che possono invece essere sostituite da prato, erba, etc. ; i) preferire gruppi omogenei di turbine piuttosto che macchine individuali disseminate sul territorio perché più facilmente percepibili come un insieme nuovo; j) in aree fortemente urbanizzate, può essere opportuno prendere in considerazione luoghi in cui sono già presenti grandi infrastrutture (linee elettriche, autostrade, insediamenti industriali, ecc.) quale idonea ubicazione del nuovo impianto: la frammistione delle macchine eoliche ad impianti di altra natura ne limita l’impatto visivo; k) la scelta del luogo di ubicazione di un nuovo impianto eolico deve tener conto anche dell’eventuale preesistenza di altri impianti eolici sullo stesso territorio. In questo caso va, infatti, studiato il rapporto tra macchine vecchie e nuove rispetto alle loro forme, dimensioni e colori; l) nella scelta dell’ubicazione di un impianto considerare, compatibilmente con i vincoli di carattere tecnico e produttivo, la distanza da punti panoramici o da luoghi di alta frequentazione da cui l’impianto può essere percepito. Al diminuire di tale distanza


è certamente maggiore l’impatto visivo delle macchine eoliche; m) sarebbe opportuno inserire le macchine in modo da evitare l’effetto di eccessivo affollamento da significativi punti visuali; tale riduzione si può anche ottenere aumentando, a parità di potenza complessiva, la potenza unitaria delle macchine e quindi la loro dimensione, riducendone contestualmente il numero. Le dimensioni e la densità, dunque, dovranno essere commisurate alla scala dimensionale del sito; n) una mitigazione dell’impatto sul paesaggio può essere ottenuta con il criterio, di assumere una distanza minima tra le macchine di 5-7 diametri sulla direzione prevalente del vento e di 3-5 diametri sulla direzione perpendicolare a quella prevalente del vento; o) la valutazione degli effetti sul paesaggio di un impianto eolico deve considerare le variazioni legate alle scelte di colore delle macchine da installare. Sebbene norme aeronautiche ed esigenze di mitigazione degli impatti sull’avifauna pongano dei limiti entro cui operare, non mancano utili sperimentazioni per un uso del colore che contribuisca alla creazione di un progetto di paesaggio; p) ove non sussistano controindicazioni di carattere archeologico sarà preferibile interrare le linee elettriche di collegamento alla RTN e ridurle al minimo numero possibile dove siano presenti più impianti eolici. La riduzione al minimo di tutte le costruzioni e le strutture accessorie favorirà la percezione del parco eolico come unità. È importante, infine, pavimentare le strade di servizio con rivestimenti permeabili.

4. IMPATTO SU FLORA, FAUNA ED ECOSISTEMI L’impatto degli impianti eolici sulla vegetazione è riconducibile unicamente al danneggiamento e/o alla eliminazione diretta di habitat e specie floristiche. Sulla fauna (in particolare avifauna e mammiferi chirotteri) sono possibili, invece, impatti di tipo diretto (ad es. dovuti alla collisione degli animali con parti dell’impianto) o indiretto (dovuti ad es. alla modificazione o perdita di siti alimentari e riproduttivi) Agli impatti su flora e fauna possono inoltre essere legate conseguenze generali sugli ecosistemi. Queste tipologie di impatti sono presenti sia in fase di costruzione dell’impianto eolico, che nella successiva fase di esercizio. Di seguito vengono indicate, dunque, le informazioni che dovrebbero essere inserite nello Studio di Impatto Ambientale, qualora previsto, al fine di valutare tali impatti. 4.1. Analisi dell’impatto su vegetazione e flora La descrizione dello stato iniziale dei luoghi dovrà generalmente comprendere: - Analisi vegetazionale e floristica sul sito e sull’area

vasta ed individuazione degli habitat delle specie di flora di pregio naturalistico (specie elencate in: normative regionali, Libro Rosso delle piante d’Italia, Liste rosse regionali, IUCN, Direttive comunitarie) ; Analisi degli impatti - Devono essere valutate e minimizzate le modifiche che si verificano su habitat e vegetazione durante la fase di cantiere (costruzione di nuove strade di servizio e delle fondazioni per gli aerogeneratori; interramento della rete elettrica, traffico di veicoli pesanti per il trasporto di materiali e componenti per la costruzione dell’impianto, ecc.). - Deve essere evitato/minimizzato il rischio di erosione causato dalla impermeabilizzazione delle strade di servizio e dalla costruzione dell’impianto. 4.2. Analisi dell’impatto sulla fauna L’analisi dello stato iniziale dei luoghi dovrà generalmente comprendere: - Analisi faunistica sulle principali specie presenti nell’area di intervento e nell’area circostante, con particolare riferimento alle specie di pregio (IUCN, Convenzioni internazionali, Direttive comunitarie, Liste rosse regionali e nazionali, normative regionali); - Individuazione cartografica dei Siti Natura 2000, delle aree naturali protette e delle zone umide, di aree di importanza faunistica quali siti di riproduzione, rifugio, svernamento e alimentazione, con particolare riguardo all’individuazione di siti di nidificazione e di caccia dei rapaci, corridoi di transito utilizzati dall’avifauna migratoria e dei grossi mammiferi; grotte utilizzate da popolazioni di chirotteri; l’individuazione deve essere supportata da effettivi e documentabili studi di settore reperibili presso le pubbliche amministrazioni, enti di ricerca, università, ecc. - Analisi del flusso aerodinamico perturbato al fine di valutare la possibile interazione con l’avifauna. Analisi degli impatti - Deve essere effettuata l’analisi degli impatti distintamente sulle sulle specie più sensibili e su quelle di pregio (in particolare sull’avifauna e sui chirotteri), valutando i seguenti fattori: modificazione dell’habitat, probabilità di decessi per collisione, variazione della densità di popolazione. 4.3. Analisi dell’impatto sugli ecosistemi L’analisi dello stato iniziale dei luoghi dovrebbe generalmente comprendere: - L’individuazione delle principali unità ecosistemiche presenti nel territorio interessato dall’intervento. - L’analisi qualitativa della struttura degli ecosistemi che metta in evidenza la funzione delle singole unità ecosistemiche. Devono essere descritte le componenti abiotiche e biotiche delle principali unità ecosistemiche, di ciascuna unità ecosistemica, e la loro dinamica con particolare riferimento alla relazione fra i vari popolamenti faunistici e al ruolo svolto dalle catene alimentari.

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Analisi degli impatti - È opportuno valutare i possibili impatti sulle unità ecosistemiche di particolare rilievo (boschi, corsi d’acqua, zone umide, praterie primarie, ecc.). 4.4. Misure di mitigazione Si segnalano di seguito alcune possibili misure di mitigazione: a) minimizzazione delle modifiche dell’habitat in fase di cantiere e di esercizio; b) contenimento dei tempi di costruzione; c) utilizzo ridotto delle nuove strade realizzate a servizio degli impianti (chiusura al pubblico passaggio ad esclusione dei proprietari) ed utilizzo esclusivamente per le attività di manutenzione degli stessi; d) utilizzo di aerogeneratori con torri tubolari, con bassa velocità di rotazione delle pale e privi di tiranti; e) ripristino della vegetazione eliminata durante la fase di cantiere e restituzione alle condizioni iniziali delle aree interessate dall’opera non più necessarie alla fase di esercizio (piste, aree di cantiere e di stoccaggio dei materiali). Dove non è più possibile il ripristino, è necessario avviare un piano di recupero ambientale con interventi tesi a favorire la ripresa spontanea della vegetazione autoctona; f) Utilizzo di accorgimenti, nella colorazione delle pale, tali da aumentare la percezione del rischio da parte dell’avifauna; g) Inserimento di eventuali interruttori e trasformatori all’interno della cabina; h) Interramento o isolamento per il trasporto dell’energia su le linee elettriche a bassa e media tensione, mentre per quelle ad alta tensione potranno essere previsti spirali o sfere colorate; i) Durante la fase di cantiere dovranno essere impiegati tutti gli accorgimenti tecnici possibili per ridurre il più possibile la dispersione di polveri nel sito e nelle aree circostanti.

Andranno valutate le modalità di ubicazione degli impianti e delle opere connesse, in prossimità di compluvi e torrenti montani e nei pressi di morfostrutture carsiche quali doline e inghiottitoi. In ogni caso, le informazioni seguenti andranno generalmente fornite, con riferimento a un’area sufficientemente grande da consentire un corretto inquadramento dell’intervento: 1. localizzazione delle pale o dei tralicci; 2. la viabilità esistente; 3. i tratti di strade esistenti da adeguare; 4. le strade da realizzare; 5. il tracciato del collegamento alla rete elettrica nazionale; 6. la rete elettrica esistente; 7. le cabine da realizzare. Il progetto preliminare o definitivo delle strade di accesso all’impianto deve essere corredato dai profili altimetrici e dalle sezioni tipo; ove l’acclività è elevata, dovranno essere elaborate sezioni specifiche da cui risulti possibile evidenziare le modificazioni che saranno apportate in quella sede. Tali sezioni, accompagnate da una simulazione fotografica, dovranno essere riportate nello studio di impatto ambientale. Il progetto statico, da presentare prima del rilascio finale dell’autorizzazione, dovrà includere: - le caratteristiche costruttive delle fondazioni in cemento armato degli aerogeneratori; - le caratteristiche geotecniche del terreno secondo la relazione geologica, geotecnica ed idrogeologica ai sensi dell’articolo 27 del D.P.R. n. 554/99. 5.2 Analisi della fase di cantiere Dovranno essere indicati i percorsi utilizzati per il trasporto delle componenti dell’impianto fino al sito prescelto, privilegiando l’utilizzo di strade esistenti ed evitando la realizzazione di modifiche ai tracciati, compatibilmente con le varianti necessarie al passaggio dei mezzi pesanti e trasporti speciali.

5. GEOMORFOLOGIA E TERRITORIO 5.1. Analisi delle interazioni geomorfologiche Nel caso in cui l’impianto sia progettato in un’area con rete viaria scarsa o inesistente, oppure la conformazione orografica presenti forti acclività, devono essere valute e ponderate le diverse opzioni per la realizzazione di nuove strade o l’adeguamento di quelle esistenti al passaggio degli automezzi di trasporto. Andrà valutata con attenzione l’ubicazione delle torri in prossimità di aree caratterizzate da situazioni di dissesto e/o rischio idrogeologico perimetrate nei Piani di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) elaborati dalle competenti Autorità di Bacino ai sensi della legge 183/1989 e successive modificazioni.

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Dovranno essere evidenziate le dimensioni massime delle parti in cui potranno essere scomposti i componenti dell’impianto ed i relativi mezzi di trasporto, tra cui saranno tendenzialmente da privilegiare quelli che consentono un accesso al cantiere con interventi minimali alla viabilità esistente. Nel caso sia indispensabile realizzare tratti viari di nuovo impianto essi andranno accuratamente individuati, preferendo quelle soluzioni che consentano il ripristino dei luoghi una volta realizzato l’impianto. Dovrà essere predisposto un sistema di canalizzazione delle acque di dilavamento delle aree di cantiere che consenta la raccolta delle acque di qualsiasi origine (meteoriche o provenienti dalle lavorazioni)


per il successivo convogliamento al recettore finale, previo eventuale trattamento necessario ad assicurare il rispetto della normativa nazionale e regionale vigente. È opportuno prevedere, al termine dei lavori, una fase di ripristino morfologico e vegetazionale di tutte le aree soggette a movimento di terra, ripristino della viabilità pubblica e privata, utilizzata ed eventualmente danneggiata in seguito alle lavorazioni. 5.3. Misure di mitigazione Si segnalano di seguito alcune possibili misure di mitigazione: a) minima distanza di ciascun aerogeneratore da unità abitative munite di abitabilità, regolarmente censite e stabilmente abitate, non inferiore ai 200 m; b) minima distanza di ciascun aerogeneratore dai centri abitati individuati dagli strumenti urbanistici vigenti non inferiore a 6 volte l’altezza massima dell’aerogeneratore; c) È opportuno realizzare il cantiere per occupare la minima superficie di suolo, aggiuntiva rispetto a quella occupata dall’impianto e che interessi preferibilmente, ove possibile, aree degradate da recuperare o comunque suoli già disturbati e alterati; (questa frase è in netto contrasto con quanto detto in precedenza sul preferire aerogeneratori con taglie maggiori, infatti a maggiore dimensione delle macchine corrisponde necessariamente un’area di antiere maggiore!) d) utilizzo dei percorsi di accesso presenti se tecnicamente possibile ed adeguamento dei nuovi eventualmente necessari alle tipologie esistenti; e) contenimento dei tempi di costruzione; f) deve essere posta attenzione alla stabilità dei pendii evitando pendenze in cui si possono innescare fenomeni di erosione. Nel caso di pendenze superiori al 20% si dovrà dimostrare che la realizzazione di impianti eolici non produrrà ulteriori processi di erosione e fenomeni di dissesto idrogeologico; g) gli sbancamenti e i riporti di terreno dovranno essere i più contenuti possibile; h) deve essere data preferenza agli elettrodotti di collegamento alla rete elettrica aerei qualora l’interramento sia insostenibile da un punto di vista ambientale, geologico o archeologico.

6. INTERFERENZE SONORE ED ELETTROMAGNETICHE 6.1. Analisi delle sorgenti sonore Il rumore emesso dagli impianti eolici deriva dalla interazione della vena fluida con le pale del rotore in movimento e dipende dalla tecnologia adottata per le pale e dai materiali isolanti utilizzati. La distanza più opportuna tra i potenziali corpi ricettori ed il parco eolico dipende dalla topografia locale, dal rumore di fondo esistente, nonché dalla taglia del progetto da realizzare. Anche se studi hanno

dimostrato che a poche centinaia di metri il rumore emesso dalle turbine eoliche è sostanzialmente poco distinguibile dal rumore di fondo e che all’aumentare del vento si incrementa anche il rumore di fondo, mascherando così quello emesso dalle macchine, risulta comunque opportuno effettuare rilevamenti fonometrici al fine di verificare l’osservanza dei limiti indicati nel D.P.C.M. del 14.11.1997 e il rispetto di quanto previsto dalla zonizzazione acustica comunale ai sensi della L. 447/95 con particolare riferimento ai ricettori sensibili. È opportuno eseguire i rilevamenti prima della realizzazione dell’impianto per accertare il livello di rumore di fondo e, successivamente, effettuare una previsione dell’alterazione del clima acustico prodotta dall’impianto, anche al fine di adottare possibili misure di mitigazione dell’impatto sonoro, dirette o indirette, qualora siano riscontrati livelli di rumorosità ambientale non compatibili con la zonizzazione acustica comunale, con particolare riferimento ai ricettori sensibili. 6.2. Analisi delle interferenze elettromagnetiche ed interferenze sulle telecomunicazioni L’interferenza elettromagnetica causata dagli impianti eolici è molto ridotta nei casi in cui il trasporto dell’energia prodotta avviene tramite l’utilizzo di linee di trasmissione esistenti. Diverso è il caso in cui le linee elettriche siano appositamente progettate e costruite, per il quale, qualora si trattasse di linee AT, a completamento dell’eventuale studio di impatto ambientale, dovrà essere allegata una relazione tecnica di calcolo del campo elettrico e del campo di induzione magnetica (corredata dai rispettivi diagrammi) che metta in luce il rispetto dei limiti della Legge 22 febbraio 2001, n. 36 e dei relativi decreti attuativi. In relazione al tratto della centrale in media tensione (MT), la relazione dovrà dimostrare il rispetto dei limiti di qualità del campo elettrico e del campo d’induzione magnetica, indicati dalla normativa in vigore, presso tutte i punti potenzialmente sensibili lungo il percorso del cavidotto. Gli aerogeneratori possono anche essere fonte di interferenza elettromagnetica a causa della riflessione e della diffusione delle onde radio che investono la struttura, ovverosia possono influenzare: le caratteristiche di propagazione delle telecomunicazioni (come qualsiasi ostacolo) e la forma del segnale ricevuto con eventuale alterazione dell’informazione. Dovrà quindi essere valutata la possibile interferenza. 6.3. Misure di mitigazione Si segnalano di seguito alcune possibili misure di mitigazione: a) Utilizzo di generatori a bassa velocità e con profili alari ottimizzati per ridurre l’impatto sonoro; b) previsione di una adeguata distanza degli aeroge-

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neratori dalla sorgente del segnale di radioservizio al fine di rendere l’interferenza irrilevante; c) utilizzo, laddove possibile, di linee di trasmissione esistenti; d) far confluire le linee ad Alta Tensione in un unico elettrodotto di collegamento, qualora sia tecnicamente possibile e se la distanza del parco eolico dalla rete di trasmissione nazionale lo consenta; e) utilizzare, laddove possibile, linee interrate con una profondità minima di 1 m, protette e accessibili nei punti di giunzione ed opportunamente segnalate; f) posizionare, dove possibile, il trasformatore all’interno della torre.

7. INCIDENTI 7.1. Analisi dei possibili incidenti E’ opportuno prendere in esame l’idoneità delle caratteristiche delle macchine, in relazione alle condizioni meteorologiche estreme del sito. In tal senso: - andrebbe fornita opportuna documentazione attestante la certificazione degli aerogeneratori secondo le norme IEC 61400; - andrebbe valutata la gittata massima degli elementi rotanti in caso di rottura accidentale. Deve essere assicurata la protezione dell’areogeneratore in caso di incendio sia in fase di cantiere che di esercizio anche con l’utilizzo di dispositivi portatili (estintori). Andrà assicurato un adeguato trattamento e smaltimento degli olii derivanti dal funzionamento a regime del parco eolico (D.Lgs. n. 95 del 27 gennaio 1992, Attuazione delle Direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati). 7.2. Misure di mitigazione Si segnalano di seguito alcune possibili misure di mitigazione: a) La distanza di ogni turbina eolica da una strada provinciale o nazionale deve essere superiore all’altezza massima dell’elica comprensiva del rotore e comunque non inferiore a 150 m dalla base della torre.

8. IMPATTI SPECIFICI, NEL CASO DI PARTICOLARI UBICAZIONI Qualora nelle prossimità del sito oggetto dell’installazione siano presenti particolari strutture quali aeroporti, apparati di assistenza alla navigazione aerea, ponti radio di interesse pubblico, devono essere adottate soluzioni progettuali atte a evitare ogni interferenza che arrechi pregiudizio al funzionamento delle strutture stesse.

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9. TERMINE DELLA VITA UTILE DELL’IMPIANTO E DISMISSIONE Al termine della vita utile dell’impianto si deve procedere alla dismissione dello stesso e ripristino del sito in condizioni analoghe allo stato originario (interventi di riforestazione e afforestazione, etc.). a tale riguardo il proponente fornirà garanzia della effettiva dismissione e del ripristino del sito con le modalità indicata al paragrafo 5.3, lettera g). Oltre a fornire le suddette garanzie per la reale dismissione degli impianti, il progetto di ripristino dovrà documentare il soddisfacimento dei seguenti criteri: - annegamento della struttura di fondazione in calcestruzzo sotto il profilo del suolo per almeno 1 m; - rimozione completa delle linee elettriche e conferimento agli impianti di recupero e trattamento secondo la normativa vigente; - obbligo di comunicazione, a tutti i soggetti pubblici interessati. Qualora l’impianto risulti non operativo da più di 12 mesi, ad eccezione di specifiche situazioni determinate da interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, il proprietario dovrà provvedere alla sua dismissione nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387 del 2003.


delle bollette fino ad oltre il 20%, da qui al 2020” [il grassetto è nostro].

prosegue da pag. 32

distorsioni e opacità nel settore. Nel 2010, come peraltro avevamo preannunciato quasi due anni fa, il costo delle incentivazioni per le rinnovabili (fonti assimilate CIP6 escluse) supererà i 3 miliardi di euro: quasi il 10% del costo annuale del sistema elettrico nel suo complesso. Considerato che l’energia incentivata è dell’ordine dei 20 miliardi di kWh, l’incentivo medio risulta pari a circa il doppio del valore dell’energia prodotta; così paghiamo l’energia incentivata 3 volte quella convenzionale. Perciò appaiono necessarie: una revisione della durata e del livello delle incentivazioni, con particolare attenzione al solare fotovoltaico; una correzione dei malfunzionamenti del mercato dei certificati verdi. Senza interventi, c’è il forte rischio di un aumento

Dal 1° settembre 2010 la Francia taglierà per la seconda volta quest’anno le tariffe incentivanti per il solare fotovoltaico e gli analisti sono concordi nel ritenere che “questa mossa contribuirà a contenere i super profitti e favorire una crescita sostenibile del settore” (Environmental Finance, 28 agosto 2010). Forse è anche giunto il momento di accogliere la proposta lanciata il 7 luglio u.s. dal Commissario UE per l’Energia Günther Oettinger di una tariffa incentivante europea. “Io penso che ci sia bisogno di un EEG europeo” ha dichiarato Oettinger, elogiando il sistema di sostegno tedesco alle fonti rinnovabili (EEG), per dare “il giusto prezzo”

fonte: A22 - Autobrennero spa

A22 - Autostrada del Brennero, carreggiata Sud Km 160-161. Esempio eccellente di ottimizzazione delle risorse e produzione energetica da fonti rinnovabili, questa barriera fonoassorbente protegge dal rumore causato dai veicoli in transito le abitazioni della frazione Marano del Comune di Isera (Trento) e produce energia elettrica con pannelli fotovoltaici. Dato l’ampio sviluppo della barriera (lunghezza complessiva 1.067 m e altezza media di 5,60 m) la superficie disponibile di 4.907 m2 ospita ben 3.944 moduli fotovoltaici da 185 Wp, per un totale di 730 kWp ed una produttività annua pari a circa 689.000 kWh. Il “campo fotovoltaico” suddiviso in 6 sottocampi di potenza e lunghezza pressoché eguali, è particolarmente efficace grazie all’adozione di una sezione trasversale costituita da due tratti a diversa inclinazione (60° e 35°). Per quanto attiene all’aspetto elettrico, data la potenza del generatore, la trasmissione dell’energia prodotta e la cessione della stessa alla rete pubblica avviene con linee di media tensione, tramite la trasformazione della tensione di campo da 230 V a 20.000 V. Sulla base dei dati relativi al consumo di energia elettrica per abitanti in Trentino Alto Adige, si calcola che la barriera possa soddisfare i consumi domestici di circa 600 abitanti, il doppio di quelli residenti a Marano. Così si fa!

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alle energie rinnovabili, armonizzare i regimi tariffari e rilanciare gli investimenti. Da noi non sembra destare preoccupazioni per eventuali speculazioni la diffusione di impianti fotovoltaici a terra, quando distano tra loro un po’ più di 500 m l’uno dall’altro (per non incappare nei limiti introdotti da alcune regioni o province delegate) ed hanno una potenza di poco inferiore a 1 MW (per evitare l’Autorizzazione unica o la DIA laddove previste). (ndr: si veda l’articolo “Solare FV: da opportunità per tutti a business per pochi?”, in Regioni&Ambiente, n. 5, maggio 2010, pag. 20 e segg.). Tutt’al più si verificano diatribe consiliari tra minoranze che vogliono limitarne la diffusione e maggioranze più inclini a non introdurre limiti, salvo poi assistere ad una inversione della linea politica quando si cambiano Regione, Provincia o Comune e relative maggioranze ed opposizioni. Con l’approvazione delle Linee Guida e la sancita libertà di azione, anche per le incapacità delle Regioni ad assumere comportamenti omogenei, tutte queste considerazioni, ormai, fanno parte della storia. Ovviamente, le reazioni delle Associazioni del settore ai provvedimenti del Conto energia e delle Linee Guida sono improntate alla soddisfazione. “Dopo lunghi mesi di attesa finalmente possiamo pianificare gli investimenti dei prossimi 3 anni - ha dichiarato il Presidente di GIFI-ANIE, Gert Gremes, anche se ha poi osservato che - il legislatore avrebbe potuto essere più coraggioso ed offrire all’industria fotovoltaica italiana un orizzonte temporale di 5 anni e soprattutto una quantità maggiore di potenza incentivabile per dare più spazio agli investimenti al fine di meglio strutturare e potenziare la filiera fotovoltaica italiana”. Con lo stesso positivo tenore si è espresso anche il Direttore di APER, Marco Pigni perché i provvedimenti “non solo introducono finalmente elementi di stabilità e certezza nel settore, ma lo indirizzano anche con maggior credibilità verso gli obiettivi vincolanti del Piano di Azione Nazionale al 2020, in fase di presentazione a Bruxelles”. (si veda in proposito l’articolo di pag. 36 e segg. del n. 7, luglio 2010 di Regioni&Ambiente). Rispetto all’importanza delle Linee Guida, per le quali c’è stata un’attesa di 7 anni, come abbiamo sottolineato in premessa, appare assai stringato il comunicato del Ministero dello Sviluppo Economico (ancora senza un “titolare”) che si limita a sottolineare come l’aspetto nodale del provvedimento è l’Autorizzazione Unica per la realizzazione di impianti di energia da fonti rinnovabili, la cui istruttoria fino ad oggi è affidata alle Regioni, Province, Comuni, che dovranno recepire le Linee Guida Nazionali entro 90 giorni dalla pubblicazione del testo sulla G. U. Obiettivo dichiarato, è la definizione di modalità e criteri unitari sul territorio nazionale per assicurare uno sviluppo ordinato sul territorio delle infrastrutture energetiche. Con le Linee Guida, prosegue il Comunicato, vengono

fornite regole certe che favoriscono gli investimenti e consentono di coniugare le esigenze di crescita e il rispetto dell’ambiente e del paesaggio. Vengono poi riassunti sinteticamente i principali contenuti del provvedimento: 1) Sono dettate regole per la trasparenza amministrativa dell’iter di autorizzazione e sono declinati i principi di pari condizioni e trasparenza nell’accesso al mercato dell’energia; 2) Sono individuate modalità per il monitoraggio delle realizzazioni e l’informazione ai cittadini; 3) È regolamentata l’autorizzazione delle infrastrutture connesse e, in particolare, delle reti elettriche; 4) Sono individuate, fonte per fonte, le tipologie di impianto e le modalità di installazione che consentono l’accesso alle procedure semplificate (denuncia di inizio attività e attività edilizia libera); 5) Sono individuati i contenuti delle istanze, le modalità di avvio e svolgimento del procedimento unico di autorizzazione; 6) Sono predeterminati i criteri e le modalità di inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio, con particolare riguardo agli impianti eolici (per cui è stato sviluppato un allegato ad hoc); 7) Sono dettate modalità per coniugare esigenze di sviluppo del settore e tutela del territorio: eventuali aree non idonee all’installazione degli impianti da fonti rinnovabili possono essere individuate dalle Regioni esclusivamente nell’ambito dei provvedimenti con cui esse fissano gli strumenti e le modalità per il raggiungimento degli obiettivi europei in materia di sviluppo delle fonti rinnovabili. Entrando nello specifico, è prevista la verifica di assoggettabilità alla Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) per gli impianti da fonti rinnovabili di potenza nominale complessiva superiore a 1 MW, mentre sarà sufficiente la Denuncia di Inizio Attività (DIA) per la realizzazione di impianti fotovoltaici sugli edifici, con superficie dei pannelli non superiore a quella del tetto. Basterà la DIA anche per i mini impianti con capacità di generazione inferiore a 20 kW e per gli impianti elettrici di cogenerazione a biomasse, con capacità massima inferiore a 1000 kWe (piccola cogenerazione) e a 3.000 kWt. La sola DIA è prevista anche per gli impianti a biomasse, aventi capacità di generazione al di sotto dei 200 kW, e per gli impianti eolici con capacità inferiore a 60 kW e le torri anemometriche per la misurazione temporanea del vento, con fase di rilevazione superiore ai tre anni. Sarà infine sufficiente la DIA per gli impianti idroelettrici e geotermoelettrici, con capacità di generazione inferiore a 100 kW.

Rinviamo chi volesse approfondire i singoli aspetti delle Linee Guida Nazionali al testo in Inserto, con l’avvertenza che non ha carattere di ufficialità.

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Presentato il Rapporto Fonti Rinnovabili 2010 dell’ENEA

RICERCA E INNOVAZIONE PER UN FUTURO LOW-CARBON

Importiamo quasi il 50% delle tecnologie contro il 12% dell’UE L’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile) ha presentato il 13 luglio 2010, presso la sede di Confindustria in Roma, il “Rapporto Fonti Rinnovabili 2010”, giunto al terza edizione, per fornire agli imprenditori un’ampia e approfondita analisi del settore delle rinnovabili in Italia, che comprende previsioni di scenario a livello nazionale e internazionale ed una panoramica delle tecnologie più promettenti. Scopo della presentazione è di coinvolgere gli imprenditori interessati al settore delle rinnovabili con l’obiettivo di contribuire alla costituzione di una vera e propria filiera industriale delle energie rinnovabili in Italia, uno degli aspetti in cui il nostro Paese è più de-

Paese registra ancora un forte ritardo nell’adeguamento della propria capacità produttiva nel settore. La crisi economica, l’aumento dei costi e delle incertezze legate all’approvvigionamento energetico, la crescita delle emissioni e il rischio dei cambiamenti climatici sono le sfide urgenti che il settore energetico deve affrontare. In questo quadro le fonti rinnovabili sono la chiave per superare questi ostacoli e andare verso uno sviluppo economico di tipo sostenibile, “senza dimenticarci che l’efficienza energetica è il primo intervento che dobbiamo fare, cioè aumentare l’efficienza dei sistemi non solo della produzione di energia, ma soprattutto degli usi finali dell’energia”, ha osservato Manna. Nell’ultimo decennio si è assistito ad

dal 1990 al 2007, a tassi medi annui del 9,8% e del 25%, di gran lunga superiori al tasso di crescita dell’offerta mondiale di energia primaria (1,9%). Anche nell’Unione Europea il progresso delle rinnovabili si sta consolidando. Secondo Eurostat, la capacità installata per la produzione elettrica è salita del 54% dal 1997 al 2007 e l’elettricità da rinnovabili è arrivata a coprire nel 2008 una quota pari al 16,4% del totale (EurObserv’ER 2010). È indicativo di questo successo il fatto che, tra il 2008 e il 2009, nell’UE la nuova capacità installata in impianti alimentati a fonti rinnovabili abbia costituto il 61% del totale della nuova capacità istallata, contro una quota che nel 1995 era del 14%. In Italia, prosegue la nota, grazie anche

ficitario, nonostante il mercato delle installazioni sia in grande crescita. Infatti, come ha evidenziato nella sua illustrazione l’Ing. Carlo Manna, Responsabile del Coordinamento del Rapporto e co-curatore della nota tecnico-informativa riassuntiva delle 244 pagine dello stesso che è stata pubblicata sul sito dell’Agenzia, il nostro

una crescita straordinaria a livello internazionale dell’offerta di energia da rinnovabili, che, secondo i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), è arrivata a coprire nel 2007 il 12,4% dell’offerta totale di energia primaria e il 17,9% di elettricità. In particolare, l’energia da fonte solare ed eolica, è cresciuta rispettivamente,

all’elevata remunerazione del sistema incentivante, alcune fonti hanno raggiunto sviluppi molto incoraggianti. Nel settore fotovoltaico la nuova capacità installata nel solo 2009 (574 MWp) è stata largamente superiore a quella cumulata complessivamente fino all’anno precedente (458 MWp), facendo superare la soglia di 1 GWp.

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Quanto all’eolico, l’Italia risulta il terzo paese in Europa nel 2009, sia per nuova potenza installata (1.113 MW) che per potenza cumulata (4.850 MW). La corsa alle rinnovabili è cominciata anche per l’Italia, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Sussiste infatti ancora un notevole ritardo in altri settori delle rinnovabili, in particolare nei settori del solare termico e della biomassa, in cui il nostro Paese è ancora ben lontano dallo sfruttare il potenziale disponibile. Un caso eclatante è costituito dal solare termico, in cui l’Italia è posizionata al quattordicesimo posto tra i Paesi UE, con una potenza installata di 23,4 kWth ogni 1.000 abitanti rispetto ai 362 kWth dell’Austria. Come prospettato negli scenari dell’ENEA, il raggiungimento degli obiettivi assunti

in ambito comunitario (17% di energia da rinnovabili sul totale dei consumi finali) implica una forte diffusione delle tecnologie esistenti e l’introduzione accelerata di quelle ancora in fase di sviluppo. Uno scenario di accelerazione verso uno sviluppo delle tecnologie low-carbon segnerà un cambiamento di rotta in direzione di uno sviluppo più sostenibile del nostro sistema energetico e potrà costituire una opportunità per una più rapida uscita dalla crisi economica in corso. Nello scenario ENEA di “accelerazione tecnologica” il ricorso all’efficienza energetica e alle rinnovabili consentirà nel lungo periodo (2040) di dimezzare le emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 2005 e, già nel medio periodo (2020), quasi un quarto dell’abbattimento totale sarà possibile grazie alle rinnovabili,

principalmente biocombustibili e rinnovabili elettriche. La forte spinta alla produzione di energia da fonti rinnovabili ha dato luogo a livello internazionale ad uno straordinario aumento del tasso di crescita degli scambi di prodotti manifatturieri relativi a queste tecnologie, in particolare nei settori eolico e solare. A partire dal 2002 buona parte dei Paesi europei ha risposto iniziando un proprio percorso di “rinnovamento tecnologico” basato su adeguate politiche industriali per stimolare gli investimenti in nuova capacità produttiva nazionale di tecnologie per le rinnovabili. L’Italia, seppure in linea con l’Europa nel ricorso alle tecnologie per le rinnovabili, presenta ancora un forte ritardo nell’adeguamento della propria capacità

Nel nostro Paese sussistono forti ritardi in alcuni settori delle rinnovabili, come nel caso del solare-termico, per il quale l’Italia è posizionata al 14° posto dell’UE

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produttiva, che ha generato negli ultimi anni un aumento delle importazioni di quasi il 50% rispetto al 12% dell’UE. Si assiste, quindi, ad una fase di dipendenza energetica per il cui superamento sarà fondamentale sviluppare le capacità e le competenze presenti nel tessuto industriale italiano, orientandole verso investimenti innovativi in grado di recuperare una leadership tecnologica e migliorare il nostro posizionamento strategico in segmenti di mercato emergenti, a diversi livelli di maturità tecnologica. Alle potenzialità connesse alle molte tecnologie promettenti per il nostro paese (dalle rinnovabili termiche, solare e biomasse in primis, al fotovoltaico e ai biocarburanti di nuova generazione, al solare a concentrazione) vanno poi associate le opportunità di investimento nel settore delle infrastrutture di trasporto e distribuzione dell’energia, dal cui sviluppo dipende un’ampia diffusione delle rinnovabili, e che necessita di investimenti per lo sviluppo di sistemi per la gestione “intelligente” dei flussi d’energia (Smart Grid). In un’ottica complessiva di forte innova-

zione tecnologica, l’ENEA è impegnata - a fianco del decisore pubblico e degli operatori industriali - a sostenere, con le competenze e le esperienze sviluppate nei suoi laboratori scientifici, quelle scelte di investimento che sono alla base di un sistema energetico ambientalmente ed economicamente più sostenibile. “Il Rapporto sulle Rinnovabili testimonia l’impegno dell’ENEA in supporto al sistema Paese per sostenere le scelte di investimento degli operatori industriali in termini di tecnologie energetiche e per favorire il trasferimento dell’innovazione tecnologica nelle loro realtà produttive - ha evidenziato l’Ing. Giovanni Lelli, Commissario ENEA - A questo proposito, ENEA e Confindustria hanno sottoscritto un Protocollo d’Intesa che promuove un rapporto più stretto tra il sistema della ricerca e il sistema industriale, con l’obiettivo di accelerare l’introduzione di innovazione nei settori industriali delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica e delle tecnologie low-carbon, come opportunità per favorire l’internazionalizzazione e la competitività delle imprese italiane in linea con le istanze

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di sviluppo economico sostenibile del sistema energetico”. “Per consentire il massimo rendimento delle energie rinnovabili nel minor tempo possibile è essenziale investire nell’attività di ricerca e sviluppo tecnologico, serve dunque un’azione sinergica tra il mondo scientifico e quello industriale per sviluppare nuove tecnologie in grado di rispondere alle esigenze della domanda nazionale proveniente dagli sviluppatori degli impianti e di reggere la sfida concorrenziale con i produttori internazionali, legando così lo sviluppo delle fonti rinnovabili con la crescita industriale ed occupazionale del settore - ha commentato il Prof. Giampaolo Galli, Direttore Generale di Confindustria È in quest’ottica che Confindustria ed ENEA hanno recentemente sottoscritto un importante protocollo d’intesa volto a consolidare una già avviata collaborazione strategica finalizzata da un lato a sviluppare la ricerca industriale e dall’altro a elaborare e condividere scenari previsioni e d’impatto sul sistema Paese della normativa nazionale e comunitaria in materia energetica”.


BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE

Assegnato alla primatologa Jane Goodall il Premio “Colomba d’Oro”

IN DIFESA DELLA TERRA E DI TUTTI GLI ESSERI VIVENTI “Per aver dedicato l’intera esistenza alla difesa della Terra e di tutti gli esseri viventi”: con questa motivazione la Presidente della Giuria del Premio Archivio Disarmo per la Pace - Colombe d’Oro, Rita Levi Montalcini ha consegnato il premio nel corso di una cerimonia al MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo) di Roma, inaugurato nel mese di maggio, all’etologa di fama mondiale Jane Goodall. Il riconoscimento, istituito nel 1986, è attribuito annualmente ai giornalisti che si sono fatti portatori degli ideali di pace e di convivenza tra i popoli, le nazioni e gli stati, nonché ad una personalità che si è distinta in campo internazionale, qual è stato il caso della Goodall. La lista dei premi e riconoscimenti alla Goodall si è notevolmente allungata in questi ultimi anni, specie dopo la proclamazione da parte dell’UNEP e UNESCO del 2009 come Anno del Gorilla (YOG), di cui la zoologa era stata designata come madrina. In tale circostanza, la Goodall aveva dichiarato quel che può essere considerata la sintesi della sua attività: “Gli individui che vivono all’interno e attorno alle ultime aree forestali stanno lottando per la sopravvivenza. Se non siamo in grado di aiutare queste persone a trovare modi di vivere che non comportano la distruzione

continua della foresta, saranno vani i nostri sforzi per proteggere queste meravigliose grandi scimmie viventi che sono i nostri più stretti parenti”. Appassionata della vita degli animali fin da adolescente, la Goodall incontrò in Kenya il noto antropologo Louis Leakey che la assunse per svolgere studi sugli scimpanzè in relazione al percorso evolutivo dell’uomo. Sembrava impossibile che una giovinetta potesse intraprendere studi a lungo termine, resistendo in un ambiente selvaggio quali le foreste equatoriali africane della Tanzania, dove iniziò nel 1960 a compiere le sue ricerche presso la Gombe Stream Chimpazee Reserve. Ritornata in Inghilterra, conseguì il Dottorato in Etologia nel 1964 e per continuare le sue ricerche istituì il Gombe Stream Research Centre. La sua intensa attività di studio dei gruppi di scimpanzè produsse risultati fondamentali nella comprensione del comportamento e dell’apprendimento sociale di questi animali, dei loro processi di pensiero e della loro cultura. Il suo libro “In the Shadow of Man” (1971), tradotto in 48 lingue tra cui l’italiano (“L’ombra dell’uomo” - 1974), è considerato una pietra miliare nello studio

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del comportamento animale dei primati, avendo scoperto la Goodall che gli scimpanzè costruiscono e fanno uso di utensili, come nella descrizione da lei fatta dell’utilizzo degli stecchini inseriti nei nidi delle termiti per farvi attaccare alcuni esemplari da mangiare. Nel 1977 fondò il Jane Goodall Institute, Organizzazione no-profit con uffici sparsi in ben 21 Paesi nel mondo, che si occupa di progetti di studio e conservazione degli scimpanzè e del loro ambiente, e di progetti di educazione ambientale ed interculturale. La Goodall si era resa conto ben presto che “non avremmo mai salvato i primati, se prima non ci fossimo occupati della gente” che vive a stretto contatto con gli animali di cui dovrebbero prendersi cura. Per questo è nato il Progetto TACARE (acronimo di take care, prendersi cura), finanziato dalla Comunità Europea, che prevede il sostegno a 30 villaggi africani attorno al Parco Nazionale di Gombe, lungo le coste del lago Tanganyika, attraverso la riforestazione, l’assistenza sanitaria di base, la pianificazione familiare, l’assistenza alle donne e ai bambini

orfani e progetti di microcredito. La “rete della vita” unisce uomini, animali e ambiente, e l’attenzione prestata agli scimpanzè fornisce lo strumento per migliorare l’ambiente a beneficio di tutti gli esseri viventi, incluso l’uomo. “Queste iniziative più che aiutare le grandi scimmie, servono a prevenire la diffusione di malattie contagiose (ndr: si è calcolato che il 30% della popolazione di scimpanzè e gorilla negli ultimi 15 anni sia stato annientato dal virus Ebola) - ha spiegato la Goodall - Riducono la povertà e salvaguardano le foreste. Inoltre, mitigano il riscaldamento globale. Infine, nelle aree dove c’è competizione per la riduzione delle risorse naturali, con alta potenzialità di violenza, i programmi di questo tipo danno sicurezza alla regione”. Le grandi scimmie, nonostante le iniziative assunte, hanno un futuro precario a causa del bracconaggio, del commercio illegale di legname, dello sfruttamento illegale di minerali, della produzione di carbone da legna e dall’instabilità politica dei Paesi che le ospitano, con conseguenti guerre e ribellioni che compromettono la vita dei parchi e di colo-

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ro che sono deputati a proteggerli, come testimonia l’alto numero (190) di guardiaparco uccisi da vari guerriglieri e milizie regolari che in questi ultimi anni hanno devastato con le loro scorribande il Parco del Virunga, nel regione orientale della Repubblica Democratica del Congo, dove sopravvive più del 50% dei Gorilla di montagna. All’ultima riunione della COP 15 della CITES a Doha nel marzo u.s., UNEP e INTERPOL hanno presentato un nuovo Rapporto “The Last Stand of the Gorilla” in cui si mette in guardia circa il rischio della scomparsa entro il 2020 del gorilla dal bacino del Congo, chiedendo misure drastiche per salvaguardare gli habitat naturali delle grandi scimmie, con un rafforzamento del controllo alle frontiere. “In definitiva, è anche una tragedia per le persone che vivono nelle comunità e per i Paesi interessati - ha affermato il Direttore esecutivo dell’UNEP, Achim Steiner – Questi beni naturali sono i loro beni: quelli che sostengono la vita e la sopravvivenza di milioni di individui. In breve, è un crimine contro l’ambiente ed una rapina perpetrati da un piccolo numero di potenti a scapito di poveri e, quindi, vulnerabili”. Non bisogna dimenticare che i Paesi dell’Africa Equatoriale traggono importanti profitti dall’ecoturismo basato sulle grandi scimmie: i gorilla di montagna del Rwanda portano al Paese entrate superiori a quelle derivanti dall’esportazione di tè e caffè. Jane Goodall crede che l’uomo riuscirà a trovare una soluzione al dissesto ambientale che lo minaccia, nella misura in cui riuscirà a coinvolgere e motivare i giovani nella consapevolezza dell’importanza di un impegno individuale, al fine di rendere il mondo un ambiente migliore per tutti gli esseri umani. Per questo ha lanciato il Programma umanitario e ambientale internazionale “Roots & Shoots” (Radici e Germogli), volto alla diffusione di una nuova etica ambientale e umanitaria, promuovendo lo scambio di culture, l’impegno per rispettare l’ambiente, gli animali e le comu-

nità, ideando progetti realizzati dalle stesse persone che ne vogliono far parte. “C’è un limite agli abusi che la natura può sopportare, e l’uomo si è spinto a un limite molto estremo - ha dichiarato la Goodall - ma anche, per reazione all’avidità e alla grettezza dello stile di vita imposto dal consumismo”. Negli ultimi anni si sono avanzate in vari Paesi iniziative legislative tese a riconoscere i diritti fondamentali di questi nostri cugini meno evoluti, ma che hanno, come nel caso degli scimpanzè, il 98% del corredo genetico dell’uomo. In particolare, ha suscitato discussioni e polemiche la “proposta non di legge” presentata al Parlamento spagnolo, che non voleva “equiparare i diritti umani a quelli delle grandi scimmie, ma salvarle dalla schiavitù e dalla morte”, come ha affermato l’allora Ministro dell’Ambiente Cristina Barbona. Costituisce indirettamente un’utile riflessione in merito, quanto affermato dalla Goodall in una intervista pubblicata su Ecologist il 16 aprile 2010, in occasione dell’uscita del suo ultimo libro “Hope for animals and Their World”. Alla domanda se pensasse che gli animali dovrebbero avere diritti, la Goodall ha risposto: “Personalmente non ho intenzione di lottare per i diritti in sé. Tutti lottano per i diritti umani, eppure vengono abusati giornalmente in tutto il mondo. Così, mentre non riusciamo a salvaguardare quelli umani, è realistico affermare i diritti degli animali? Non li salvaguarderà avere diritti. Io dico “bella azione” nei confronti di coloro che lottano per loro. Ma il mio approccio è diverso. Io lotto per affermare la responsabilità umana, per far pensare la gente in modo diverso sugli animali, su come sono realmente. Si può avere diritti - e siamo circondati da leggi - che vengono continuamente infranti. Quindi, voglio che la gente comprenda che gli animali hanno davvero personalità e sentimenti, e che desideri obbedire alle leggi che li proteggono”.

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Finalmente firmato l’Accordo “Yasuní-ITT”

UN’INIZIATIVA PER CAMBIARE LA STORIA Saranno le Nazioni Unite a garantire i bond ecuadoriani Nella nuova Costituzione dell’Ecuador, approvata il 25 luglio 2008 dall’Assemblea Costituente e ratificata due mesi dopo da un referendum popolare con l’81,72% di sì, è entrato il principio informatore sociale del “buen vivir”, traduzione in lingua spagnola del “suma quamana” dei Quechua o “sumak kawsay” degli Aymara, popoli indigeni dell’Abya Yala (toponimo che i nativi usavano per indicare il Continente Latino-americano), espressione che veniva usata per indicare il loro rapporto con l’ambiente circostante e tra gli individui. Rispetto al modello occidentale del “vivere meglio” che si basa essenzialmente sul PIL e sull’etica di un progresso illimitato e che incita ad una competizione per creare presupposti per vivere ancora meglio (spesso facendo viver male gli altri), il “buen vivir” mira a far vivere a sufficienza tutta la comunità terrestre “che include, oltre l’essere umano, l’aria, il suolo, le montagne, gli alberi e gli animali; lo stare in profonda comunicazione con Pachamama (Terra), con le energie dell’Universo e con Dio. Il buen vivir ci invita a non consumare di più di ciò che l’ecosistema può sopportare, a evitare la produzione di residui che non possiamo assorbire con sicurezza e ci incita a riutilizzare e riciclare tutto ciò che abbiamo usato. Sarà un consumo ciclabile e frugale. Quindi non ci sarà scarsità. In quest’epoca di ricerca di nuove strade per l’umanità l’idea del buen vivir ha molto da insegnarci” (L. Boff, 18-12-2009, asud.net). Sulla base di tali presupposti l’Ecuador, dopo la Bolivia che per prima aveva avviato costituzionalmente nel 2007 questo progetto, ha intrapreso un percorso che tra polemiche e contraddizioni (le numerose concessioni governative estrattive e l’elaborazio-

ne di un Plan Nacional para el buen vivir) di cui l’iniziativa “Yasuní-ITT” è in qualche modo il simbolo di un cambiamento nella gestione delle risorse naturali e nella ricerca di soluzioni per limitare il surriscaldamento del Pianeta.

Il 24 settembre del 2007 a New York, in occasione della riunione ad alto livello indetta dal Segretario dell’ONU durante la 62a Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il neo-Presidente dell’Ecuador Rafael Correa lanciava la proposta di lasciare nel sottosuolo il petrolio greggio del Parco Nazionale dello Yasuní nell’Amazzonia e dell’area denominata ITT (Ishpingo - Tambococha - Tiputini). Come contropartita per i mancati guadagni (il 60% delle esportazioni dell’Ecuador dipende dal petrolio), Correa chiedeva che i Governi del Nord del mondo comprassero i bond emes-

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si dallo Stato, versando così la meta del valore del greggio non estratto in nome della responsabilità ambientale differenziata e del debito ecologico di cui sono responsabili nei confronti dei Paesi del Sud del mondo. In realtà, il Presidente ecuadoriano aveva fatta propria l’idea avanzata già nel 2003 dai movimenti sociali e dalle popolazioni indigene, che avevano apertamente manifestato contro le continue autorizzazioni che i Governi del Paese stavano concedendo alle grandi multinazionali del petrolio. In particolare, nel 2004 la brasiliana Petrobras, già titolare della concessione per lo sfruttamento di una zona dell’Amazzonia ecuadoriana, aveva avanzato l’intenzione di estendere l’attività in un’area contigua all’interno del Parco Nazionale dello Yasuní, 982.000 ettari dell’alto Napo, affluente del Rio delle Amazzoni, a ridosso del territorio degli indigeni Huaorani che vi risiedono ancestralmente. Nello stesso tempo, esplorazioni effettuate nel cosiddetto blocco ITT (Ishpingo - Tambococha Tiputini) - che costituisce la zona orientale del Parco ai confini con il Perù, dove vivono i Tagaeri e i Taromenane (altre due tribù indigene che vivono in volontario isolamento), testimoniavano che nel sottosuolo vi è un ingente giacimento petrolifero, per il cui sfruttamento veniva presentata analoga richiesta di autorizzazione allo sfruttamento. Contro tali ipotesi insorgevano le organizzazioni in difesa dei diritti umani e quelle ambientaliste, insieme alle comunità indigene, essendo ritenuto il Parco per la sua unicità la zona del mondo con il più alto grado di biodiversità, tanto da essere dichiarato dall’UNESCO Riserva Mondiale della Biosfera. Un censimento scientifico effettuato


negli anni ’90 ha rilevato che vi sono 567 specie di uccelli, 173 specie di mammiferi, 105 specie di anfibi e 83 specie di rettili, oltre a 2.274 specie di alberi. L’Iniziativa Yasuní-ITT inizialmente prevedeva, a sostegno, libere donazioni della comunità internazionale, ma venne poi sponsorizzata dal Presidente ecuadoriano come bonus del debito di carbonio dei Paesi industrializzati per compensare la loro impossibilità di ridurre le quote di emissione loro assegnate dal Protocollo di Kyoto, anche alla luce degli orientamenti che si andavano profilando durante i Climate Change Talks in vista della Conferenza delle Parti dell’UNFCCC a Bali per un nuovo accordo post-2012. Per evitare di immettere in atmosfera 407 milioni di tonnellate di CO2 che deriverebbero dall’estrazione e dal consumo di 846 milioni di barili di greggio - pari al 20% delle riserve petrolifere dell’Ecuador - oltre a prevenire i danni ambientali

nella regione amazzonica e le negative conseguenze sui suoi abitanti, già registratesi in precedenti progetti di esplorazione petrolifera, le nazioni ricche avrebbero versato al Governo di Quito 3,6 miliardi di dollari, la metà di quanto il Paese potrebbe guadagnare se permettesse le trivellazioni in quel paradiso naturale. Il progetto, molto popolare in Ecuador con il 75% della popolazione a favore, come ha rivelato un sondaggio effettuato, costituisce comunque la dimostrazione della volontà del Paese di realizzare una transizione energetica, la stessa che è solo possibile attraverso un lavoro congiunto con la comunità internazionale. L’Ecuador vuol fare il primo passo ed essere di esempio nella direzione delle riflessioni che ormai si stanno facendo in tutto il mondo sui limiti dei nostri modelli socio-economici di sviluppo, basati sulla continua crescita economica, materiale e quantitativa, che ha provocato un crescente, ormai

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ingente, deficit ecologico. Peraltro, nello scorso aprile il Global Footprint Network, l’autorevole Rete Internazionale fondata da Mathis Wackernagel, che si occupa di diffondere, standardizzare ed applicare il metodo dell’impronta ecologica come indicatore di sostenibilità, ha diffuso la notizia che l’Ecuador è diventata la prima nazione a dotarsi di un concreto e relativo target. Il Paese si è posto l’obiettivo di includere nel suo Plan Nacional para el Buen Vivir il raggiungimento entro il 2013 di un utilizzo pro-capite di risorse derivanti dalle capacità bioproduttive dei sistemi naturali, dalle foreste alle aree agricole, che rientri nella capacità della nazione stessa di produrre le risorse utilizzate, con l’impegno a mantenere il trend nel futuro. Nonostante l’Iniziativa avesse subito ricevuto il sostegno di Spagna e Norvegia e fosse stata lanciata una Campagna ecologica internazionale a cui hanno aderito molte personalità del mondo


scientifico culturale ed artistico, tra cui ai Paesi donatori di decidere la gestione gestito dal Multi Donor Trust Fund il Nobel per la Medicina Rita Levi Mon- dei fondi. Office (MDTF Office), retto da un talcini e quello per la Pace Rigoberta Alcuni hanno intravisto in questo atteg- Comitato Direttivo costituito pariMenchú, l’ex leader sovietico Mikhail giamento la volontà di Correa di non teticamente da rappresentanti del Gorbaciov ed attuale Presidente di Gre- voler dedicare interamente a finalità Governo ecuadoriano e delle Nazioni en Cross International, il cantautore ambientali le risorse che ne derivereb- Unite, e dove confluiranno i contributi catalano Joan Manuel Serrat, il percor- bero. provenienti da un’ampia gamma di sotso non è stato semplice ed è toscrittori (Governi, Aziende, risultato piuttosto accidentato, persone fisiche) ai quali satale da determinare le dimissioranno rilasciati dei certificati ni di tre Ministri ed altrettanti di garanzia (Yasuní Guarantee team di negoziatori. Certificates) sul rispetto che Dopo aver disposto la creail denaro sottoscritto verrà zione di una Segreteria tecnica restituito interamente, senza per l’iniziativa, finalizzata alinteressi, qualora non siano la Gestione del Fondo per la rispettati gli obiettivi dell’AcTransizione energetica nel cordo che prevedono l’utilizzo gennaio 2008, il Presidendi tali somme per i seguenti te Correa aveva fissato al 31 programmi strategici di sviottobre 2008 la scadenza dei luppo sostenibile, nell’ambito termini per la raccolta delle delle linee del Piano di svilupadesioni, spostata poi al genpo nazionale ecuadoriano: naio 2009 e successivamente a) Prevenire efficaceulteriormente prorogata a temmente la deforestazione e la po indeterminato Molti Paesi si conservazione degli ecosisteerano avvicinati al progetto: la mi, in particolare il sistema Spagna aveva donato 200.000 nazionale delle aree naturali dollari, la Germania aveva protette, comprese le zone stanziato 300.000 euro per ficuscinetto. La superficie totale nanziare lo studio di fattibilità attualmente sotto la protezioin termici tecnici, ambientali e ne dello Stato è pari al 20% legali del progetto, ma in genedel territorio dell’Ecuador, una rale l’iniziativa non era riuscita delle percentuali più alte nel ad attrarre l’attenzione e l’intemondo. La Conservazione del resse sperati, mettendo in forse Parco Nazionale Yasuní, perIndigeno Huaorani che caccia con la sua micidiale cerbottana. Gli Huaorani vivono ancestralmente lungo il corso del Napo a ridosso l’obiettivo, tanto che Correa metterà anche alle popolazioni del Parco Nazionale dello Yasuní aveva paventato di passare al indigene Tagaeri e Tarome“Piano B” che prevedeva trinane di restare in isolamento In verità, il Presidente si era reso convellazioni con un impatto ambientale to che il Paese ha ancora bisogno di volontario. ridotto al minimo, se non si fosse rac- estrarre petrolio e non può permettersi b) Il rimboschimento, l’afforestazione, colto il denaro previsto. la rigenerazione naturale, la gestione vincoli troppo rigorosi che lo condanMolti osservatori avevano giudicato nino a “continuare a star seduto come dei bacini idrici e la corretta gestioquesto atteggiamento un “eco ricatto”, un mendicante, su una miniera d’oro”, ne di un milione di ettari di foreste anche a seguito dell’ordine imposto dal come ha dichiarato lo stesso Correa; di piccoli e medi proprietari terrieri, Presidente ecuadoriano di non sotto- dall’altra i Paesi finanziatori del Proche insistono su terreni che sono scrivere l’accordo preliminare che era getto pretendevano un garante super attualmente minacciati dal degrado stato definito dai suoi negoziatori gui- partes dell’operazione. del suolo. Una riduzione sostanziale dati dal Ministro degli Esteri Fander Ora il garante è stato individuato nel del tasso attuale di deforestazione Falconi, dimessosi poi, e che avrebbe Programma di Sviluppo delle Nazioconsiderato uno dei più alti in Sud dovuto essere inserito nell’Agenda della ni Unite (UNPD) e lo strumento è America. Conferenza UNFCCC di Copenhagen, lo “Yasuní-ITT Trust Fund” che sarà c) L’energia rinnovabile e l’incremento perché, a suo dire, avrebbe permesso dell’efficienza energetica nazionale e

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il risparmio energetico, compresi gli investimenti in impianti socialmente ed ecologicamente sostenibili di energia: idroelettrica, geotermica, solare, eolica, da biomassa e delle maree. Inoltre, è incluso il sostegno finanziario per l’efficienza energetica nell’industria e nelle case. d) Promuovere lo sviluppo sociale nelle zone ricadenti nell’Iniziativa, con programmi che comprendano sanità, istruzione, formazione, assistenza tecnica, creazione di posti di lavoro nelle attività produttive sostenibili, come l’ecoturismo, l’agricoltura, la protezione dei servizi degli ecosistemi agro-forestali. e) Sostenere la ricerca, la scienza, la tecnologia e l’innovazione con programmi che migliorino: - la produzione di beni e servizi

basati sulla bio-conoscenza; - la gestione integrata dei bacini idrografici; - la modifica della matrice energetica, secondo le priorità del Piano Nazionale Ecuadoriano di Sviluppo. L’Accordo è stato siglato dal Ministro degli Esteri dell’Ecuador Ricardo Patino e Rebeca Grynspan, Amministratore Associato dell’UNDP, secondo la quale “Questa è un’iniziativa innovatrice sul cambiamento climatico ed offre una diversa prospettiva. L’interesse che si è creato rappresenta un buon auspicio che in futuro questo modello possa essere replicato ad altre latitudini. Ringrazio il Governo dell’Ecuador per aver scelto, quale amministratore dell’iniziativa, l’UNDP la cui storia dimostra

la sua amministrazione trasparente e la sua capacità di poter rendere conto di questo fondo fiduciario”. Da parte sua, in una nota dell’Agenzia Andes il Governo ecuadoriano ha ringraziato i Paesi che si sono distinti per il sostegno al progetto (ha citato anche l’Italia), che viene promosso come “Iniziativa per cambiare la storia”, ma al momento solo la Germania ha stanziato fondi per 50 milioni di dollari all’anno per 12 anni. Ci auguriamo che il suo esempio sia presto seguito da altri e, soprattutto che, chiusa la partita dello Yasuní, non ne inizino altre per possibili trivellazioni in altre zone della foresta amazzonica ecuadoriana.

Il serpente verde della vite (Oxibelis fulgidus), una delle 62 specie di serpenti che vivono nel Parco Yasuní. Dal corpo sottile e sinuoso (2 cm di spessore e 1,5-2 m di lunghezza), vive sugli alberi da cui osserva le prede (piccoli rettili e roditori) che aggredisce, mantenendole sollevate da terra affinché non utilizzino la loro forza.

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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

Presentata la doppia Piramide Alimentare-Ambientale

PER UN’ALIMENTAZIONE SANA, BILANCIATA E... SOSTENIBILE

Dagli scienziati un invito alla diffusione della “Dieta mediterranea”

Finora si è dato grande rilievo alla quantità di calorie assunte durante i pasti. Ora, dobbiamo iniziare a valutare il peso ambientale delle nostre scelte alimentari che possono condizionare il futuro del pianeta in cui viviamo. È stato questo il tema posto al centro dell’attenzione a Milano nel corso del Convegno “Alimentazione e Ambiente: sano per Te, sostenibile per il Pianeta”, organizzato dal Barilla Center for Food & Nutrition” (BCFN), un Centro di pensiero e proposte, con sede a Parma, che affronta il mondo della nutrizione e dell’alimentazione con un approccio multidisciplinare delle varie sezioni correlate che sono coordinate da un prestigioso Advisory Board, di cui fanno parte: Barbara Buchner (Ambiente); Jean-Paul Fitoussi e Mario Monti (Economia); Umberto Veronesi, Camillo Ricordi e Gabriele Riccardi (Medicina, Salute e Nutrizione); Joseph Sassoon e Claude Fischler (Sociologia, Consumi e Stili di vita). Nel corso del Convegno, Barbara Buchner, ricercatrice austriaca presso l’International Energy Agency (IEA) di Parigi e Direttrice del Climate Policy Iniziative di Venezia, ha presentato la Doppia Piramide Alimentare - Ambientale, un modello unificato che concilia l’equilibrio nutrizionale con la tutela e la salvaguardia dell’ambiente, visto che la dieta alimentare, oltre ad avere un ruolo determinante sulla salute, è anche “responsabile del 25% dell’impatto ambientale di ogni individuo”. In tale modello, ha osservato la Buchner, alla già nota Piramide Alimentare, ideata nel 1992 dal dipartimento statunitense dell’Agricoltura (USDA), sulla base delle intuizioni del medico e fisiologo Ancel Keys che aveva studiato la

“Dieta mediterranea”, come fu da lui definito il modello nutrizionale delle popolazioni del Mediterraneo in generale, degli Italiani in particolare, indicandola come la più salutare, viene ora affiancata la Piramide Ambientale. Se la Piramide Alimentare viene costruita posizionando in basso gli alimenti per i quali è indicato il consumo più frequente e mettendo al vertice quelli che dovrebbero essere assunti con moderazione, quella Ambientale si basa sulla stima degli impatti ambientali associati ad ogni singolo alimento, condotta con l’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment), che porta ad evidenziare come i principali carichi ambientali siano rappresentati: - dalla generazione di gas a effetto serra (Carbon Footprint); - dal consumo delle risorse idriche (Water Footprint); - dall’uso di territorio (Ecological Footprint). In quest’ottica si possono analizzare e stimare gli impatti di due tipi di diete. - un individuo che si nutre seguendo la dieta nord-americana (consumo prevalente di carne e crescente assunzione di dolci e alimenti contenenti alte concentrazioni di zuccheri e grassi) ha, ogni giorno, un’impronta ecologica di 26,8 m² e immette in atmosfera circa 5,4 kg di CO2; - un individuo che si nutre seguendo la dieta mediterranea (caratterizzata prevalentemente dal consumo di carboidrati, frutta e verdura) ha, ogni giorno, un’impronta ecologica di 12,3 m² e immette in atmosfera circa 2,2 kg di CO2. Le due diverse abitudini alimentari implicano anche un diverso consumo di risorse idriche, a seconda che si consumino alimenti a maggiore o minore contenuto di acqua virtuale (l’acqua necessaria per produrre un bene). Infatti,

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un individuo utilizza in media dai 2 ai 5 litri d’acqua al giorno per bere, mentre il consumo di acqua virtuale giornaliero per alimentarsi varia da circa 1.500-2.600 litri (dieta vegetariana) a circa 4.000-5.400 litri, in caso di una dieta ricca di carne. La doppia piramide, pertanto, si propone in modo semplice e immediato di aiutare i consumatori a scegliere un’alimentazione che sia nello stesso tempo sana, bilanciata e sostenibile, conciliando l’equilibrio nutrizionale con la protezione dell’ambiente. Dal 1° Rapporto sulle abitudini alimentari degli italiani, realizzato dal Censis su incarico della Coldiretti e presentato a Roma il 19 maggio 2010, emerge che negli ultimi 60 anni gli italiani hanno profondamente modificato la propria dieta con un formidabile aumento dei consumi di carne che sono passati dai 60 gr. giornalieri del 1950 ai 241 gr. di oggi. “La salute dipende principalmente da ciò che mangiamo e dal nostro stile di vita, ma oggi, e per la prima volta, il modello della doppia piramide Alimentare-Ambientale, messo a punto da BCFN, mette in evidenza la necessità di

raggiungere un equilibrio sia dal punto di vista nutrizionale sia in termini di riduzione dell’impatto ambientale del cibo - ha detto il medico Camillo Ricordi dell’Università di Miami, diabetologo e uno dei maggiori esperti mondiali nel campo dei trapianti cellulari - Ciò non significa che dobbiamo diventare vegani, ma tutti dobbiamo limitare gli alimenti meno sani, da cui derivano patologie cardiovascolari, diabete e tumori, che sono responsabili del 60% dei decessi nel mondo. E dobbiamo insegnarla ai bambini nelle scuole, dando priorità alla prevenzione che fa bene anche al bilancio statale”. In Italia, la spesa per terapie e cure per patologie cardiovascolari, diabete tumori è di 40 miliardi di euro l’anno: quasi 700 euro per ogni cittadino! “L’incremento dell’1% nel rapporto tra spesa in prevenzione

e la spesa sanitaria - stima uno studio del BCFN - porterebbe ad una diminuzione del 3% nella percentuale di spesa per prestazioni curative e riabilitative”. Quel che è emerso con grande evidenza è che i cibi che costituiscono la base di un’alimentazione corretta sono anche i più sostenibili per il Pianeta. Osservando la doppia piramide si può osservare che alimenti come carni rosse e dolci sono anche i meno indicati per la nostra salute e anche i peggiori in termini di impatto ambientale. Viceversa, si può notare come gli alimenti per i quali è consigliato un consumo più frequente, come verdure fresche, in quanto locali, sono anche quelli che determinano gli impatti ambientali minori. Una sovrapposizione pressoché perfetta che porta a una semplice conclusione: ciò che fa bene all’organismo Uomo fa bene anche all’organismo Terra. E viceversa! “Gli ecosistemi sono la nostra ricchezza principale e in un mondo in cui le biocapacità sono limitate, la cecità su questi temi porta a rischio collasso del sistema - ha affermato

Mathis Wackernagel, inventore dell’“impronta ecologica” e Presidente del Global Footprint Network - A settembre, in nove mesi dunque, avremo consumato già tutto quel che si può generare in un anno. E spetta all’uomo decidere come vivremo nel futuro, anche attraverso l’alimentazione”. (ndr: Global Footprint Network che tiene accurato conteggio dei servizi naturali che preleviamo dal Pianeta, ha comunicato che l’Earth Overshoot Day quest’anno è avvenuto il 21 agosto). Ma l’opinione pubblica è sempre meno incline a cambiare le proprie abitudini alimentari che si sono radicate negli ultimi decenni sotto la spinta di aumenti di reddito, del miglioramento nella qualità dell’offerta, della globalizzazione, ma anche per l’incessante proposta mediatica di errati modelli e cibi.

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Perciò, nel suo intervento l’economista Andrea Boltho dell’Università di Oxford, dopo aver indicato la necessità di un coinvolgimento delle Istituzioni affinché si facciano promotrici di campagne di diffusione a favore della “Dieta mediterranea”, ha auspicato l’introduzione di una tassazione, realizzata in modo da penalizzare i consumi degli alimenti a rischio ed avvantaggiare quelli più salutari e, quindi, sostenibili “che implicherà una buona dose di paternalismo”. Boltho ha sottolineato, inoltre, che i sussidi europei all’industria dell’allevamento sono “un esempio osceno” di un sistema, visto in prospettiva, completamente fallimentare, tenendo presente che “il sussidio annuale (implicito) per una mucca da latte nell’UE è di 875 $, quando il reddito annuale pro capite nell’Africa sub-sahariana è di 940 $”.

più consapevolmente, se si è meglio informati. Rifkin ha sottolineato, quindi, la necessità di incentivare ed esportare il più possibile in tutto il mondo il modello della cosiddetta “Dieta mediterranea” di contro al modello che privilegia il consumo di carni, avendo un’impronta ecologica meno della metà, laddove la produzione di carni da allevamento impatta per il 18% sulla produzione di gas serra a livello mondiale e impegna il 40% delle aree agricole disponibili per saziare gli animali anziché le persone, col paradosso che nei Paesi ricchi sempre più persone si ammalano e muoiono a causa di un’alimentazione eccessiva, mentre nei Paesi poveri sempre più persone muoiono di fame perché troppe risorse agricole sono destinate agli allevamenti animali.

Anche il grande Jeremy Rifkin, economista, saggista, attivista e Presidente della Foundation on Economic Trends, intervenuto in videoconferenza, ha messo in risalto la necessità di una più ampia divulgazione e informazione, perché la salute della persona e dell’ecosistema sono strettamente legate a scelte individuali e che possono essere compiute

Al termine del Convegno è stato lanciato anche il “Manifesto per una alimentazione sostenibile” che può essere sottoscritto da chiunque attraverso un sito dedicato, che ha l’obiettivo di “promuovere uno stile di vita sano per il futuro nostro e del mondo, e invita ad essere partecipi di questo cambiamento a partire dalle scelte alimentari”.

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7-8 ottobre 2010 fiera di cremona quarta edizione - ingresso libero mostra-convegno dedicata a politiche, progetti, beni e servizi di Green Procurement pubblico e privato LE OPPORTUNITÀ DEL FORUM: AREA ESPOSITIVA L’area espositiva ospita i prodotti, progetti e servizi degli attori strategici del settore, impegnati a diversi livelli nelle politiche di sostegno al GPP.

PREMIO COMPRAVERDE Un riconoscimento alle pubbliche amministrazioni che si sono contraddistinte per il loro impegno nella diffusione delle buone pratiche e nella promozione del Green Public Procurement.

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PREMIO MENSAVERDE Un riconoscimento alle mense, pubbliche o private, che hanno mostrato una particolare attenzione alla qualità del cibo e alla riduzione degli impatti ambientali e sociali legati alla gestione del servizio.

GREENCONTACT Domanda e offerta di servizi e beni green si incontrano alla Borsa degli Acquisti Verdi: appuntamenti one to one per intraprendere relazioni economiche e commerciali, partnership e collaborazioni di carattere tecnico.

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CompraVerde-BuyGreen è promosso da Provincia di Cremona, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, Regione Lombardia, Ecosistemi e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale in collaborazione con numerose realtà di rilievo nazionale e internazionale.

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L’ETICHETTATURA DI ORIGINE DEI PRODOTTI ALIMENTARI PER LA DIFESA DEI CONSUMATORI E CONTRO IL FURTO DI VALORE E DI IDENTITÀ DELL’AGRICOLTURA ITALIANA di Maria Adele Prosperoni

La sicurezza degli alimenti e la tutela degli interessi dei consumatori sono fonte di crescente attenzione e preoccupazione per le istituzioni, per le associazioni e per la società. La libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno e contribuisce in maniera significativa alla salute ed al benessere dei cittadini, nonché ai loro interessi sociali ed economici. Sempre più spesso, però, la salute dei consumatori e la corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati e di origine per lo più sconosciuta. Ogni giorno dalle frontiere, valichi e porti, entrano enormi quantità di latte, semilavorati, cagliate e polveri di caseina, pronti per essere lavorati, confezionati e per diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, ai danni dei consumatori. Lo scandalo della mozzarella blu prodotta all’estero e venduta con nomi o marchi italiani è solo l’ultimo duro colpo inferto alla salute dei cittadini ed all’immagine del prodotto nazionale. E lo stesso processo di italianizzazione tocca a carni, ortofrutta, pasta e molti altri prodotti. Sugli scaffali dei negozi italiani, due prosciutti su tre provengano da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania e Spagna, senza alcuna indicazione chiara in etichetta. Inoltre, spesso, l’uso di indicazioni fuorvianti come, ad esempio, “prosciutto di montagna” o “nostrano” traggono in inganno i consumatori. Tali episodi aggrediscono ed arrecano danni al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell’identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale. Per tali ragioni, il 6 e 7 luglio, in coincidenza con la “Giornata nazionale dell’anticontraffazione”, oltre cinquantamila coltivatori ed allevatori della Coldiretti hanno assediato i valichi di frontiera ed i principali porti per difendere il Made in Italy a tavola dagli inganni e dalle contraffazioni che costano all’agroalimentare nazionale 60 miliardi di euro, persi tra Italia e estero. Nel corso della mobilitazione, sotto il controllo delle forze di polizia, sono stati ispezionati decine di moltissimi camion che trasportavano latte e prodotti lattiero-caseari, cosce di prosciutto, concentrato di succo d’arancia e fiori, tutti prodotti stranieri in marcia verso il nostro Paese e destinati a diventare italiani. Solo ai valichi di frontiera del Brennero e del Frejus sono stati scoperti quasi 15mila cosce di maiale provenienti dai Paesi del Nord Europa e destinati a diventare prosciutti italiani, milioni di litri di latte, di origine tedesca, diretti verso stabilimenti per essere confezionati e trasformati come

formaggi Made in Italy, ma anche pesto da nazionalizzare, mele argentine e kiwi cileni. Decine di auto civetta hanno seguito i carichi piu’ sospetti fino a destinazione per scoprire cosce di maiale dirette nelle zone che sono la patria del prosciutto, pomodori olandesi diretti in Puglia, mozzarelle dirette in Campania e latte destinato ai principali stabilimenti della Lombardia, da dove esce il 40 per cento del latte italiano e, ancora, pasta fresca, yogurt e formaggi austriaci (con nome italiano) indirizzati in Puglia. A Bari, i coltivatori della Coldiretti sono andati all’arrembaggio di due navi che trasportavano 27 milioni di chili di grano extracomunitario destinato a produrre pasta italiana, mentre ad Ancona sono sbarcate, addirittura, venti tonnellate di pasta etichettata come “italiana”, proveniente dalla Grecia. Coldiretti, negli ultimi anni, ha condotto molteplici battaglie per la trasparenza dell’informazione e dell’etichettatura dei prodotti, ottenendo l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza per carne bovina, ortofrutta fresca, uova, miele latte fresco, pollo, passata di pomodoro, extravergine di oliva. Attualmente, ad esempio, per la carne suina l’indicazione di origine è obbligatoria solo per i prodotti a denominazione di origine protetta - come il prosciutto di Parma - mentre non c’è nessun obbligo per gli altri prodotti derivati dal maiale. Tutto questo a fronte di una produzione nazionale di 25 milioni di cosce suine contro i 56 milioni di cosce importate. Ancora molto resta da fare, quindi, perché finché l’etichettatura non diventerà obbligatoria su tutti i prodotti alimentari, i cittadini consumatori non saranno correttamente tutelati e l’agricoltura nazionale continuerà ad essere derubata e danneggiata da alimenti con etichetta anonima che sono soltanto imitazioni delle nostre eccellenze. Al riguardo, da un punto di vista più strettamente giuridico, si consideri che la politica di protezione dei consumatori, in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, è assurta al rango delle altre politiche comunitarie, cosicché l’Unione Europea svolge, in tale settore, azioni specifiche e mirate, mentre gli Stati membri possono, comunque, adottare le disposizioni che si presentino come necessarie per garantire la tutela dei consumatori o per assicurarne un livello più elevato. Le normative comunitarie riconoscono ai consumatori alcuni diritti fondamentali e, in particolare: il diritto al soddisfacimento dei bisogni fondamentali; il diritto alla salute ed alla sicurezza; il diritto alla tutela degli interessi economici; il diritto ad essere ascoltati e rappresentati; il diritto ad essere correttamente informati; il diritto al risarcimento dei danni; il diritto ad un ambiente sano.

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Il Codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti: alla tutela della salute; alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi; ad un’adeguata informazione e ad una corretta pubblicità; all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; all’educazione al consumo; alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali. La legislazione alimentare comunitaria e nazionale, quindi, in sostanza, si prefiggono, di assicurare la tutela della salute, della sicurezza e qualità dei prodotti, la consapevolezza dei consumatori e la correttezza delle pratiche commerciali. A tali fini, quindi, riveste certamente un’importanza fondamentale il diritto alla corretta informazione, che si sostanzia nella trasparenza delle indicazioni e dei dati resi disponibili ai consumatori o riportati in etichetta, in modo da supportare scelte di acquisto ponderate e razionali, prevenire rischi per la salute, accrescere la fiducia dei consumatori e delle controparti commerciali. Nella disciplina del Codice del consumo è considerata scorretta, in quanto ingannevole, ogni pratica commerciale nel corso della quale sono omesse informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno, al fine di assumere una decisione consapevole. L’oscurità e l’ambiguità del messaggio informativo, rappresentano, quindi, alcune delle modalità attraverso le quali può esprimersi una pratica commerciale scorretta. Il riferimento oggettivo del messaggio informativo, infatti, condiziona il modo in cui il prodotto alimentare viene percepito e fruito in base all’immaginario del consumatore. Pertanto, le informazioni che afferiscono ad un prodotto e l’insieme delle componenti di natura grafica, decorativa, strutturale e verbale caratterizzanti la confezione dello stesso contribuiscono alla definizione di un’identità del prodotto e sono in grado di rappresentare un significativo strumento di sicurezza e di concorrenzialità, influendo, inoltre, sulla scelta del consumatore al momento dell’acquisto. Sicurezza, origine, composizione e qualità dei prodotti e dei servizi costituiscono contenuto essenziale delle informazioni che i consumatori hanno diritto di avere o di acquisire. L’indisponibilità, delle indicazioni della provenienza geografica negli elementi di conoscenza del prodotto alimentare - che continua ad essere rimessa, nella maggior parte dei casi, alla discrezionalità del venditore - rischia di provocare una lesione nella fiducia dei consumatori, che non trovano più una adeguata protezione giuridica in sede di formazione del contratto, una evidente confusione nella normale pratica commerciale e nella strategia di marketing orientata al mercato. In altre parole, l’omissione di informazioni precise relative all’origine delle componenti di base di un prodotto agroalimentare aumentano considerevolmente il rischio che il consumatore possa essere tratto in inganno, soprattutto quando la pubblicità associata a quel determinato prodotto sia appositamente studiata con la finalità di suggerire, in chi effettua l’acquisto, l’esistenza di un legame tra quell’alimento ed un territorio. Inoltre, se, da un lato, i dati dimostrano che il nostro sistema di controlli è abbastanza efficace ed efficiente, al fine di prevenire e reprimere la criminalità nel settore alimentare, dall’altro lato non si può fare a meno di valutare

con criticità le contraddizioni emergenti dal complesso di norme adottate a livello comunitario e nazionale, sulla base delle quali è possibile per molti operatori adottare “legalmente” dei comportamenti pregiudizievoli per la salute e suscettibili di trarre in inganno i consumatori o, comunque, di eludere l’applicazione di alcune norme fondamentali. Nonostante la disciplina comunitaria in materia di sicurezza alimentare imponga che gli alimenti e i mangimi importati nella Comunità per esservi immessi sul mercato devono rispettare le pertinenti disposizioni della legislazione alimentare o le condizioni riconosciute almeno equivalenti dalla Comunità, non può non rilevarsi come dai rapporti e dalle relazioni in materia di controlli sul settore alimentare e sulle importazioni emerga che più di un terzo degli illeciti di frode e sofisticazione alimentare accertati in Italia è commesso da stranieri e che la maggior parte delle sostanze pericolose o dannose rinvenute negli alimenti o nei preparati alimentari è presente in prodotti importati da Paesi che non garantiscono adeguati e analoghi requisiti di sicurezza alimentare. D’altra parte, è noto come la disciplina comunitaria in materia di sicurezza alimentare, al fine di garantire la tutela della salute e la trasparenza di tutti gli aspetti della filiera produttiva, preveda una serie di obblighi a carico delle imprese alimentari, comprese le imprese importatrici, finalizzati ad assicurare la rintracciabilità degli alimenti in ciascuna fase della catena di produzione alimentare, sul presupposto che ciascun elemento della catena produttiva, a partire dalla produzione primaria, presenta un potenziale impatto sulla sicurezza alimentare. Le informazioni messe a disposizione del consumatore, comprese quelle riportate sull’etichetta o le altre informazioni generalmente accessibili al consumatore rappresentano, quindi, un importante ed indispensabile elemento di conoscenza, ma anche di prevenzione, per determinare se un alimento sia a rischio ed il livello di sicurezza dello stesso. Al riguardo, la normativa comunitaria prevede che le informazioni al consumatore, da chiunque provengano, devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto anche conto delle modalità di conclusione del contratto o delle caratteristiche del settore, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore. Appare quindi necessaria l’introduzione di adeguati strumenti normativi, finalizzati a garantire il diritto all’informazione alimentare, per assicurare un livello elevato di tutela della salute umana, degli interessi dei consumatori, della qualità e sicurezza dei prodotti destinati all’alimentazione umana ed animale e, al contempo, la lealtà delle pratiche nel commercio alimentare e l’efficace funzionamento del mercato interno. Deve essere assicurata ai consumatori la possibilità di compiere scelte consapevoli in relazione agli alimenti che consumano, prevenendo le pratiche fraudolente o ingannevoli, l’adulterazione degli alimenti o, comunque, ogni altro tipo di pratica in grado di indurre in errore e, ancora, la più ampia trasparenza delle informazioni relative ai prodotti alimentari ed ai relativi processi produttivi e l’effettiva rintracciabilità degli alimenti e dei mangimi.

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SERVIZI AMBIENTALI

SOMACIS pcb industries

EFFICIENZA DEI PROCESSI PER IL CONSEGUIMENTO DI RISULTATI ECONOMICI ED ETICI L’azienda leader nazionale nella produzione di circuiti stampati, da dieci anni persegue la strada della sostenibilità e si garantisce risparmio e profitti

di Alberto Piastrellini

SOMACIS pcb industries è la divisione del Gruppo SOMACIS dedicata alla produzione e commercializzazione di circuiti stampati per il settore dell’elettronica professionale. Costantemente focalizzata sulle evoluzioni del mercato e sui propri clienti, consolidati e potenziali, ma al tempo stesso fortemente radicata nei propri valori e tradizioni, la società ha il proprio quartier generale nella provincia di Ancona che l’ha vista crescere anche a livello internazionale, grazie alle strategie di internazionalizzazione perseguite, sia in termini di mercati di riferimento che di capacità produttive. Il risultato di oltre trent’anni di continua evoluzione tecnologica e produttiva è una realtà imprenditoriale in grado non solo di eccellere in settori altamente tecnologici come l’aerospaziale, il medicale e le telecomunicazioni con un’offerta High Mix Low Volume ma di proporsi anche come valido interlocutore per produzioni di tecnologia standard di qualunque dimensione. Consapevole che la sfida competitiva non può essere vinta senza abbinare a prodotti di eccellenza servizi ad alto valore aggiunto, SOMACIS ha fatto evolvere con continuità la propria offerta di soluzioni integrate, includendo anche quella di Quick Turn Around per lotti di piccole e medie dimensioni. Non solo, conscia delle problematiche legate alla mitigazione degli impatti ambientali nei cicli produttivi e della necessità di intervenire su questi anche per conseguire un notevole risparmio di risorse, SOMACIS, da dieci anni punta fortemente su un Sistema di Gestione integrato Qualità e Ambiente in continua evoluzione. Per meglio conoscere questa dinamica realtà industriale e contribuire alla veicolazione dei risultati raggiunti in campo ambientale, abbiamo intervistato Paride Piancatelli, Responsabile Sicurezza Ambiente di SOMACIS pcb industries. Sig. Piancatelli, può sintetizzarci il core business di SOMACIS pcb industries? SOMACIS pcb industries è il brand che identifica un am-

pio gruppo di aziende fortemente specializzato nel settore dell’elettronica professionale: telecomunicazioni, avionica, automazione industriale, automotive, information technology, medicale, militare, consumer. Il suo quartier generale è in Italia a Castelfidardo (AN), a cui si aggiungono altri due stabilimenti produttivi, rispettivamente a Manfredonia (FG) e in Cina, a Dongguan, e un’ampia rete commerciale a livello internazionale. SOMACIS produce circuiti stampati di altissima qualità e tecnologia per un mercato d’elite che spazia dal settore aeronautico-aerospaziale (Airbus), alle telecomunicazioni (Sony, Ericsson, Nokia, Siemens), fino al settore automobilistico (Rolls Royce). Nel settore della produzione di circuiti stampati possiamo considerarci, senza falsa modestia, leader nazionali e fra i cinque principali produttori europei. Tale risultato, è stato raggiunto grazie alla continua crescita e miglioramento dei nostri laboratori di ricerca e al conseguente affinamento dei prodotti e anche, purtroppo, alla crisi economico-finanziaria globale che ha portato alcuni gruppi concorrenti a gettare la spugna e ad essere assorbiti da altre realtà. In questo senso posso affermare che le nostre politiche industriali e le strategie di mercato perseguite nel tempo, ci hanno garantito non solo la sopravvivenza, ma anche lo sviluppo. Quali sono gli assi portanti di queste strategie? Innanzi tutto il ricorso ad una tecnologia di eccellenza abbinata ad un’innovazione continua e alla ricerca di una qualità indiscutibile. Poi, le relazioni con i clienti improntate alla massima trasparenza, comunicazione e responsabilità. A seguire le risorse umane, alle quali offriamo una formazione e una crescita continua, che rappresentano il valore decisivo della nostra azienda. Last, but not the least, l’attenzione alla sostenibilità ambientale. Lo stato di salute del nostro pianeta impone il massimo impegno nella riduzione dell’eccessivo consumo e spreco delle risorse naturali. Questa consapevolezza ha indotto SOMACIS ad avere costantemente un’attenzione critica verso azioni e comportamenti che accompagnano la quotidianità. Abbiamo raccolto la sfida di adottare modelli di consumo e di produzione che si coniugano con la sostenibilità ambientale e tale impulso ci ha guidato nella scelta di nuovi investimenti per la riduzione dell’impatto ambientale, per il miglioramento dell’efficienza energetica, per un’accurata gestione dei rifiuti e del loro recupero, per un adeguato stoccaggio e manipolazione delle sostanze pericolose. Tutto ciò si coniuga ad un continuo miglioramento in termini di sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro. Quali sono le problematiche strettamente ambientali

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che vi siete trovati ad affrontare? Si consideri che la produzione di circuiti stampati è fra le lavorazioni più complesse a livello industriale e va ad interfacciarsi con tutti gli aspetti possibili della già variegata questione ambientale. Si parte da un fortissimo consumo di risorse, principalmente acqua ed energia, a cui si aggiungono le emissioni in aria, gli scarichi idrici, lo smaltimento di fanghi e rifiuti di origine chimica. Tutto questo, ovviamente ha un costo; un costo molto alto per un’azienda che vuole stare sul mercato a prezzi concorrenziali, ma che, allo stesso tempo, non vuole rinunciare alla qualità né derogare dalle proprie responsabilità. Pertanto, sin dal 2000 ci siamo preoccupati di indicizzare i costi di gestione per quanto riguarda tutti gli aspetti ambientali, rapportandoli al fatturato e cercando di intervenire positivamente su questi ultimi attraverso una razionalizzazione dei processi e delle risorse. Questo processo ha portato i vertici dell’azienda a formulare precise domande le cui risposte sono confluite in un Sistema di Gestione integrato Qualità e Ambiente certificato, per i nostri stabilimenti italiani, secondo le seguenti norme: UNI EN ISO 14001:2004, EN 9100:2008, UNI EN ISO 9001:2008, UNI EN ISO 13485:2004 per il settore elettromedicale, UL E79889, e Accreditamento Nadcap per il settore aerospaziale – che SOMACIS è stata la prima a conseguire in Europa – che potesse permettere il bilanciamento costi-benefici secondo logiche di sostenibilità. Tale Sistema è stato implementato e monitorato capillarmente negli anni successivi onde rilevarne gli effetti sui costi di gestione. Non nascondo che in fase iniziale i costi siano stati piuttosto alti, ma sin dai primi due anni di applicazione del sistema si è potuta constatare l’ottimizzazione delle risorse. Per fare un esempio, solo utilizzando al meglio e con maggior consapevolezza quello che già c’era in azienda si è conseguita la diminuzione del consumo di energia elettrica per m2 di prodotto costruito (22% in meno in un anno). Analogamente, per ciò che concerne il consumo idrico, è bastato intervenire sull’ottimizzazione dei flussi in ingresso agli impianti per ottenere ottimi risultati (15% in meno rispetto all’anno precedente all’applicazione del Sistema). Una volta che la Direzione ha potuto constatare l’efficacia in termini economici del Sistema, si è proceduto con più entusiasmo alla destinazione di ulteriori risorse per il conseguimento dell’efficienza in altri settori, quale la gestione dei rifiuti. Riciclo e recupero dei materiali sono stati affrontati in modo deciso conseguendo ottimi risultati non solo per quanto riguarda le categorie merceologiche più “tranquille” (carta, cartone, imballaggi in plastica e legno il cui recupero è passato dal 70% a quasi il 93% in poco tempo), ma anche quelle più problematiche costituite da fanghi di depurazione e residui chimici. Quindi SOMACIS perseguendo questa politica ambientale ha acquisito un notevole know how in termini di strategie per l’efficienza interna dei processi? Certo, e questo si è tradotto in una dinamica di promozione dei Sistemi di Gestione Ambientale nei confronti di altre aziende. Personalmente mi sono trovato a realizzare una campagna informativa sulle opportunità di questi sistemi, rivolta ad altre

aziende del settore che non erano a conoscenza della facilità di conseguimento di certi risultati in termini di efficienza. L’esempio di SOMACIS ha invogliato altre realtà a conseguire analoghe certificazioni, quindi, il processo verso la sostenibilità della Società ha prodotto nel territorio un ulteriore valore aggiunto in termini etici ed ecologici. In futuro si intenderà proseguire sull’efficacia dell’SGA oppure state valutando la possibilità di investire in ulteriori tecnologie, magari per rendervi più indipendenti dall’acquisto di energia elettrica? Di sicuro stiamo indagando le possibilità di autoprodurre energia elettrica da fonti rinnovabili, soprattutto solare ed eolico (quest’ultimo, per ovvi motivi, ampiamente più disponibile per lo stabilimento di Manfredonia piuttosto che per quello di Castelfidardo). Nelle Marche, stiamo esplorando un progetto di impianto fotovoltatico che potrà prevedere, con la massima copertura delle superfici disponibili sui nostri tetti, una produzione che rappresenti l’8-10% del fabbisogno annuo dello stabilimento. Diciamo che è un piccolo, ma rappresentativo, passo in avanti che ci potrà consentire di sopperire ad eventuali sbalzi di corrente peraltro molto dannosi per la produzione. Purtroppo non riusciremo ad essere completamente autonomi dal punto di vista energetico; così come non saremo mai completamente indipendenti per il consumo idrico per i nostri processi. Si consideri che per costruire 1 m2 di prodotto occorrono circa 2.000 litri di acqua, 150 KW/h di energia elettrica a fronte di quasi 10 Kg di rifiuti prodotti. Ritornando alla sua domanda, per il 2011 vorremmo conseguire lo smantellamento totale o la messa in sicurezza delle coperture in eternit del vecchio stabilimento (cosa che va di pari passo con l’ipotesi di solarizzazione del tetto). Inoltre, vorremmo riportare ai massimi livelli raggiunti nel 2007 (pari al 92,7%), la percentuale dei rifiuti destinata al recupero sul totale dei rifiuti prodotti. Altro obiettivo che stiamo perseguendo, in vista del rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, è quello del monitoraggio del terreno sottostante lo stabilimento di Castelfidardo, della falda acquifera annessa e della qualità dell’aria circostante. I primi dati pervenuti fotografano una realtà industriale poco impattante sull’ambiente, frutto di scelte oculate e rispettose; una realtà che intendiamo sviluppare ulteriormente e comunicare al meglio, onde promuoverne la replicabilità anche in altre aziende.

Via Jesina, 17 - 60022 Castelfidardo (AN) - Italia Tel. (+39) 071721531 Fax (+39) 07172153239/ - 07172153242 www.somacis.com

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AGENDA 21

GLI ENTI LOCALI CHIEDONO PIÙ TECNOLOGIE E RISORSE PER AFFRONTARE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Grazie al progetto LG Action gli enti locali europei raccontano difficoltà ed esigenze nella tutela del clima di Elisabetta Mutto Accordi

Sono oltre 800 i contributi raccolti grazie al progetto europeo LG Action (http://www.lg-action.eu), che vede fra i partner il Coordinamento Nazionale delle Agende 21 in Italia assieme ad ICLEI e ad altri network europei. Si tratta di una fotografia dettagliata che descrive il punto di vista degli enti locali rispetto al cambiamento climatico. Una raccolta di desiderata e riflessioni che rappresentano le esigenze e le difficoltà che gli amministratori di tutta la UE a 27 incontrano quotidianamente. “Grazie a questo insieme di informa-

zioni - sottolinea Emanuele Burgin, Presidente del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane - è possibile comprendere in modo approfondito come gli enti locali stanno affrontando la questione dei cambiamenti climatici e quali necessità hanno.” In sintesi lo scenario che il progetto LG Action descrive mette in luce che l’energia sostenibile viene direttamente collegata allo sviluppo urbano e alla crescita economica, che l’ostacolo principale nasce dalla mancanza di risorse finanziarie da destinare a tecnologie ed infrastrutture a basso impatto e che

l’interesse per i negoziati sul clima è manifestato soprattutto da parte di grandi città o di quei centri urbani che hanno subito gli impatti dei cambiamenti climatici. “Nonostante la mancanza di mandato legale - riprende Burgin - gli enti locali stanno attuando dei piani di azione per il clima e l’energia per ridurre le emissioni. La sfida del cambiamento climatico viene affrontata da quelle città il cui Consiglio Comunale ha formalmente identificato la mitigazione al cambiamento climatico come una prio-

rità o da enti locali che affrontano il tema attivando delle iniziative ad hoc o attraverso lo sviluppo urbano sostenibile o il miglioramento dell’approvvigionamento dell’energia”. Usare l’energia come leva è spesso politicamente più facile da accettare dall’opinione pubblica che sente invece i cambiamenti climatici come una problematica “lontana”. Infatti nonostante un evidente interesse alle tematiche, molti rappresentanti di enti locali affermano che le informazioni contraddittorie fornite negli ultimi decenni, da parte di media e scienziati,

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hanno avuto ed hanno ancora un impatto negativo sui cittadini. Ci sono tutt’ora degli scettici e questa confusione ha portato in alcuni casi ad un’incredulità e ad una forma di resistenza verso il tema dovuto ad un sovraccarico di informazioni. “Gli enti locali - aggiunge Filippo Lenzerini, Responsabile del Progetto LG Action per il Coordinamento nazionale di Agenda 21 in Italia - stanno realizzando lentamente di essere il livello di governo che deve affrontare per primo l’impatto del cambiamento climatico e questo è un processo a lungo termine.

Tale consapevolezza prevale maggiormente in aree che hanno affrontato recentemente delle emergenze per esempio dove è avvenuto un innalzamento del livello del mare, in casi di siccità, alluvioni, tempeste di particolare intensità. In generale è evidente che gli enti locali hanno come obiettivo quello di assicurare che i cittadini siano protetti e che le proprie comunità rimangano ‘vivibili’.” In quanto livello di governo più vicino al cittadino ed alle imprese, gli enti locali sono consapevoli di poter guidare, condurre e accelerare la trasformazione nei comportamenti e nelle politiche,


attivare iniziative di sensibilizzazione, attuare dei progetti e monitorare gli sviluppi nelle comunità. Dagli input raccolti del resto si evince che, in un gruppo abbastanza ampio di politici, staff municipali e cittadini, c’è una vaga consapevolezza che “qualcosa deve essere fatto” per mitigare l’impatto ma in realtà il significato di ciò dal punto di vista pratico non è ancora pienamente esplorato ed implementato. “Molto spesso - mette in risalto il Presidente del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane - il personale che lavora nelle aree energia/clima è poco per poter affrontare tutte le nuove problematiche, è frequentemente sommerso dal lavoro quotidiano e la pressione lavorativa tende anche a non facilitare l’acquisizione di ulteriore know-how tecnico. Non a caso gli enti locali hanno dichiarato che la mancanza di professionalità porta ad un ritardo nella pianificazione ed implementazione di risposta”. Anche gli enti con una forte esperienza nei temi dell’energia e clima hanno indicato la necessità di condizioni di lavoro ottimali, a livello nazionale, europeo e internazionale. “In situazione di crisi economica - sottolinea Lenzerini - i Consigli comunali tendono a rispondere alle problematiche dei cambiamenti climatici in modo piuttosto differente, alcuni usano la crisi come motivazione per non implementare azioni di mitigazione per il cambiamento climatico, altri la usano come stimolo per diventare più energeticamente efficienti. Nel complesso però i rappresentanti degli enti locali hanno sottolineato più volte la necessità di risorse finanziarie come punto cardine da affrontare con urgenza”. L’interesse al cambiamento climatico e alla transizione all’energia sostenibile tende infatti a crescere con la disponibilità finanziaria. “Questo viene percepito - conclude Burgin - come uno dei principali ostacoli all’azione da parte degli enti locali e legato al bisogno di una informazione

sui finanziamenti nazionali che sia chiara, facile da trovare ed accessibile. Le soluzioni a disposizione dovrebbero essere raggruppate e presentate in maniera tale da renderle facilmente utilizzabili da parte dello staff municipale indipendentemente dal livello,

regionale, nazionale o europeo. Informazioni affidabili sono necessarie così come sarebbe fondamentale un singolo punto di accesso per essere facilitati nella ricerca delle giuste opzioni.”

L’approccio degli Enti Locali ¾

¾ ¾ ¾

Gli Enti Locali sono generalmente consapevoli del loro ruolo per minimizzare gli impatti sui cambiamenti climatici e aumentare la resilienza delle comunità (soprattutto per le comunità che sono già state colpite), nonostante questo, pochi agiscono in modo sistematico per cambiare l’uso dell’energia dell’ente stesso e dei sui cittadini. Nella maggior parte delle Nazioni gli Enti Locali non sono obbligati per legge ad occuparsi dei cambiamenti climatici. L’impegno degli Enti Locali su clima ed energia dipende solo dalle priorità locali, viene fatto con un approccio ad hoc, ciò genera confusione ed inefficienze. C’è la necessità di definire le condizioni quadro per assistere le azioni locali a livello nazionale, europeo ed internazionale.

Competenze ed informazioni adeguate ¾ ¾

¾

Le informazioni contraddittorie sul cambiamento climatico e la presenza di “negazionisti” hanno creato scetticismo/disinteresse bloccando l’azione o relegandola ad una ambito “ambientalista”. Gli Enti Locali sottostimano il potenziale che potrebbe derivare da un cambiamento nel comportamento dei consumatori finali (cittadini, imprese) di energia mentre sovrastimano i costi per l’informazione e per il coinvolgimento della comunità Gli Enti Locali hanno bisogno di informazioni che gli permettano di scegliere la risposta adeguata. Esistono ottimi esempi di policy, strategie, ed approcci efficaci per cambiare i comportamenti di cittadini e imprese.

Mitigazione ed Adattamento ¾ ¾ ¾ ¾

Nell’ambito dell’adattamento viene percepita la necessità di un approccio ampio e strutturato, ma l’intrinseca intersettorialità e complessità necessitano di maggiori risorse e competenze rispetto a quelle disponibili La valutazione delle emissioni viene spesso vista dagli Enti Locali come qualche cosa di tecnico che dovrebbe essere fatto da altri. La mitigazione non viene percepita come di pari interesse all’adattamento. Manca la percezione dell’interconnessione tra i due approcci: più mitigazione = meno adattamento

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QUALITÀ E AMBIENTE

Un nuovo Rapporto TEEB sottolinea l’importanza economica dei servizi degli ecosistemi

IL BUSINESS SARÀ SOLO GREEN Sempre più numerose le imprese consapevoli dei benefici derivanti dall’integrazione della biodiversità nei piani aziendali Ci siamo già occupati in passato del Progetto TEEB (The Economics of Ecosystems and Biodiversity), finanziato dalla Commissione Europea e da Paesi come la Germania, la Norvegia e il Regno Unito e destinato ad analizzare i motivi economici per cui le economie vanno incoraggiate a trasformare le proprie strategie e le proprie scelte per far fronte alla crisi e gestire con più intelligenza le risorse naturali (cfr: “Una Natura - Una Terra - Il Nostro Futuro”, in Regioni&Ambiente n. 6, giugno 2008, pag. 52 e segg. e “Gli investimenti in biodiversità offrono rendimenti potenzialmente assai elevati”, ibidem, n. 10, ottobre 2009, pag. 75 e segg.). Diretto dall’economista indiano Pavan Sukhdev, il TEEB costituisce la più grande iniziativa internazionale volta a studiare i benefici economici sottesi al valore della biodiversità e degli ecosistemi Il patrimonio naturale del pianeta - da singole specie a ecosistemi come le foreste, le scogliere coralline, i bacini idrici e i suoli - si sta riducendo ad un ritmo allarmante. La perdita di biodiversità costa ogni anno milioni di milioni all’economia mondiale e mette a dura prova le economie. Ora, il 13 luglio 2010 a Londra, in occasione del Simposio “Global Business of Biodiversity”, è stato presentato il Rapporto “TEEB for Business” che sottolinea l’importanza di integrare la biodiversità nei piani aziendali dell’imprenditoria privata e nelle principali attività economiche di tutto il mondo. La relazione mette in luce il considerevole aumento recente di prodotti e servizi eco-certificati e le crescenti preoccupazioni dei consumatori circa la produzione sostenibile. Inoltre, dimostra in che modo la biodiversità possa rivelarsi una forte opportunità per le imprese, con un mercato che potrebbe raggiungere un valore da 2 a 6 trilioni di dollari entro il 2050. Nel Rapporto si raccomanda una serie di azioni per aiutare le imprese a minimizzare i rischi per la biodiversità e a cogliere le opportunità commerciali create dai servizi ecosistemici: 1) individuare gli impatti dell’impresa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici e le dipendenze dai medesimi; 2) valutare i rischi e le opportunità connessi a tali impatti e

dipendenze; 3) sviluppare sistemi di informazione sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (BES), fissare obiettivi specifici, misurabili, raggiungibili, realistici e attuali (SMART), misurare e valutare le prestazioni e riferire in merito ai risultati; 4) prendere provvedimenti per minimizzare e attenuare i rischi per la biodiversità e i servizi ecosistemici, come compensazioni in natura, in certi casi; 5) sfruttare le opportunità imprenditoriali offerte dalla biodiversità e dai servizi ecosistemici, come le economie di costi, nuovi prodotti e nuovi mercati; 6) integrare l’azione sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici nella strategia aziendale mediante più ampie iniziative di responsabilità sociale; 7) assumere l’impegno, con imprese partner e con i soggetti interessati all’interno dei governi, delle organizzazioni non governative e della società civile, di migliorare la politica e gli orientamenti in materia di biodiversità e servizi ecosistemici. La relazione evidenzia che, anche se la maggior parte delle imprese continuano a considerare la biodiversità in modo piuttosto superficiale, un numero sempre crescente di imprese è consapevole dei suoi potenziali benefici. La biodiversità e i servizi ecosistemici offrono opportunità alle imprese in tutti i settori di attività e la loro integrazione può creare un considerevole valore aggiunto attraverso la garanzia della sostenibilità delle catene di approvvigionamento, lo sviluppo di nuovi prodotti e nuovi mercati, la penetrazione su nuovi mercati e l’attrazione di una nuova clientela. Il Commissario europeo all’ambiente Janez Potočnik ha affermato che “Nonostante alcuni successi a livello locale e una crescente sensibilizzazione a questo problema, la perdita di biodiversità a livello globale non sembra rallentare. La relazione odierna indica, però, che le imprese possono dare il loro contributo e sono riconfortato da esempi concreti di imprese che prosperano senza danneggiare l’unico pianeta che abbiamo”. Le politiche destinate a gestire i rischi per la biodiversità e gli ecosistemi possono aiutare

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messaggio e si sforzano di creare imprese più sostenibili per il XXI secolo”.

Pavan Sukhdev, Direttore del TEEB (foto: Günnar Seijbold)

inoltre a scoprire nuove opportunità per le imprese, come ad esempio ridurre i costi dei mezzi di produzione grazie al miglioramento dell’efficienza delle risorse, allo sviluppo e alla commercializzazione di tecnologie a basso impatto, alla gestione e ideazione di progetti per ridurre l’impronta ecologica e alla fornitura di servizi professionali per la valutazione, la gestione e l’adattamento del rischio. Alcune stime elaborate dalla PricewaterhouseCoopers sulle opportunità per le imprese a livello mondiale connesse alla sostenibilità in termini di risorse naturali (come energia, silvicoltura, agroalimentare, acqua e metalli) indicano, come già accennato, un mercato potenziale dell’ordine di 2-6 trilioni di dollari entro il 2050 (a prezzi costanti 2008). Per la metà circa si tratta di investimenti supplementari nel settore dell’energia diretti a ridurre le emissioni di carbonio. I mercati della biodiversità e dei servizi ecosistemici sono in rapida ascesa come dimostrano i dati delle Società di consulenza Forest Trends e Ecosystem Marketplace: - il mercato dei prodotti agricoli certificati nel 2008 era valutato 40 miliardi di dollari e ci si aspetta che entro il 2020 raggiunga 210 miliardi e 900 miliardi entro il 2050; - si stima che i pagamenti per i servizi ecosistemici connessi all’acqua e alla gestione dei bacini idrici, che nel 2008 rappresentavano solo 5 miliardi di dollari, supereranno 30 miliardi di dollari entro il 2050. “Grazie ai lavori svolti in particolare nell’ambito del progetto TEEB, sta emergendo l’importanza economica degli ecosistemi e della biodiversità - ha affermato Pavan Sukhdev - È certo che determinate imprese in determinati settori e in determinati continenti sono sensibili a questo

Secondo i dati elaborati dal Rapporto, oltre il 50% dei dirigenti di imprese dell’America Latina e il 45% di quelle africane ritiene che la perdita di biodiversità costituisca una sfida per la crescita aziendale; solo il 20% dei loro colleghi Europei denuncia tali preoccupazioni. In un altro sondaggio, messo egualmente in risalto, si evidenzia che il 60% dei consumatori Nord-Americani ed Europei è consapevole dei rischi connessi al perdita di biodiversità, che sale al 90% in Brasile. Oltre l’80% di tali consumatori intervistati ha affermato di aver smesso di comprare prodotti di aziende che non tengono conto di considerazioni etiche nelle loro pratiche di approvvigionamento. Il Rapporto cita il caso della grande multinazionale mineraria Rio Tinto, Società che si è impegnata a realizzare un impatto positivo della sua attività sulla biodiversità. Grazie alla collaborazione tra dirigenti dell’azienda ed esperti di conservazione, ha sviluppato nuovi metodi di valutazione del valore della biodiversità sui suoi possedimenti terrieri ed ha iniziato ad applicare misure compensative della biodiversità nelle sue concessioni minerarie in Madagascar, Australia e Nord America. Oltre a minimizzare e mitigare gli impatti negativi, le aziende creano redditi dalla conservazione della biodiversità e dalla fornitura di servizi ecosistemici, come è il caso dell’Agricoltura, Silvicoltura e Pesca, settori che garantiscono profitti solo da ecosistemi sani. Anche il Turismo trae sostegno dalla conservazione della biodiversità. Inoltre, politiche volte a gestire i rischi connessi alla biodiversità e agli ecosistemi contribuiscono ad abbassare i costi dei mezzi di produzione grazie al miglioramento dell’efficienza delle risorse, allo sviluppo e alla commercializzazione di tecnologie a basso impatto, alla gestione e ideazione di progetti per ridurre l’impronta ecologica e alla fornitura di servizi professionali per la valutazione, la gestione e l’adattamento del rischio. “Stiamo entrando in un’era in cui le perdite multi-miliardarie di dollari di risorse naturali debbono costituire la base di partenza per modellare i mercati e le preoccupazioni dei consumatori - ha affermato Achim Steiner, Direttore esecutivo dell’UNPD presso cui è ospitato il team di studiosi e collaboratori del TEEB - Le imprese si stanno rendendo conto della necessità di far fronte a tali rischi, da cui dipende la loro redditività”. La relazione finale di sintesi del Progetto TEEB sarà pubblicata in ottobre, in occasione della Conferenza delle Parti (COP 10) della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) che avrà a Nagoya in Giappone.

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Si diffondono gli strumenti portatili per monitorare la qualità dell’aria

UN OROLOGIO VERDE PER SAPERE CHE ARIA TIRA A Parigi si sperimenta un approccio partecipativo dei cittadini

di Massimo Lombardi

“Le temperature caldissime che hanno avvolto la parte orientale degli Stati Uniti da quasi due mesi, nonché aree dell’Europa occidentale e orientale, diventeranno la norma nei prossimi quarant’anni”. Questa previsione è contenuta nel Rapporto “Extreme Heat in Summer 2010: A Window on the Future” che Fondazione USA per l’Asma e le Allergie e Wildlife Federation hanno pubblicato l’11 agosto 2010 . “Quello che ci aspetta in termini di caldo eccessivo - ha dichiarato Amanda Staudt, climatologia della Wildlife Fondation - è molto peggio di quello che abbiamo sperimentato negli ultimi mesi”. Ciò significa che l’inquinamento da ozono nelle aree urbane, comporterà un aumento dei rischi di infarto, ictus e attacchi di asma.

alcune contee, consiste nel mettere al polso un orologio-braccialetto (Green Watch) che, dotato del relativo sensore ambientale, permette di dare l’indicazione che, in quel momento, in quella area cittadina “non tira una buona aria”. Diverse città del mondo, comunque, hanno già avviato progetti finalizzati a coinvolgere gli abitanti nelle campagne di misurazione in materia ambientale che sono complementari, ma non sostitutive di quelle ufficiali “ad alta risoluzione” Una sperimentazione simile era già stata avviata a: - S. Francisco, per la rilevazione delle emissioni di CO2 dalle singole zona della città (Urban ecomap); - Amsterdam, per la misurazione dell’inquinamento acustico attorno all’aereoporto di Schiphol (Geluidsnet);

Alcune amministrazioni degli Stati del Wisconsin e dell’Arizona dell Arizona (Dipartimento delle

Risorse Naturali e Dipartimento della Qualità Ambientale) per evitare che anziani e malati cronici respiratori e coloro che per motivi vari sono costretti a stare moltte ore all’aperto ll’ t subiscano bi impatti i tti negativi quando le concentrazioni di ozono sono più elevate (le prime ore del pomeriggio) e sono vicine ai limiti federali, hanno dotato alcuni cittadini di strumenti portatili in grado di rilevare le concentrazioni di tale gas nell’aria. L’esperimento, limitato ai cittadini di

- Parigi, per il monitoraggio dei livelli di ozono e rumore nei quartieri cittadini (Green Watch). Proprio quest’ultima sperimentazione in ordine di tempo, per gli obiettivi di rete partecipativa di dati ambientali che si prefigge, merita un approfondimento. È stata la Fondation Internet Nouvelle Génération (FING) nell’ambito del programma Villes 2.0 ad avviare il Progetto “La Montre Verte. City Pulse”, il cui scopo è di incoraggiare i residenti a svolgere un ruolo attivo nel monitorare la qualità ambientale della loro città e costruire città più sostenibili. Attualmente a Parigi ci sono solo 10 sensori pubblici di monitoraggio della qualità dell’aria, che non permettono di avere un quadro esauriente e puntuale, anche se la rete AirParif ha provato ad utilizzare il pallone che sorvola il Parco Citroën per dare informazioni in tempo reale sulla qualità dell dell’aria aria (cfr. immagine). e Perciò, il progetto mira a dotare i

la montre verte City Pulse

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cittadini di uno speciale dispositivo che può misurare e comunicare i dati relativi alla qualità dell’aria con maggior capillarità, regolarità e per un uso collettivo. Componenti del Progetto: - l’orologio verde; - il telefono cellulare; - la piattaforma Citypulse. L’orologio che viene portato al polso, oltre a misurare il tempo, contiene un chip GPS, un chip Bluetooth e due sensori ambientali: ozono (O3) e rumore (dB). Ad orari prestabiliti o su richiesta di chi lo indossa, salva i dati della qualità dell’aria e del rumore, descrivendoli a bassa risoluzione e senza richiedere alcuna manutenzione, in termini qualitativi come “buoni”, “nei limiti” o “cattivi”, con l’immagine di un occhio, dove il colore della pupilla indica la qualità dell’aria, mentre quello dell’iride rappresenta il rumore. Tali valori georeferenziati, rilevati nel luogo e al momento in cui ci si trova, sono

trasmessi via Bluetooth al telefono cellulare del cittadino e da qui ad una piattaforma internet (Citypulse), dove vengono memorizzati e messi a disposizione di chiunque voglia utilizzarli e si sia impegnato a rispettare un codice etico, oltre che essere messi in rete e mappati su Google. Finora sono stati testati 30 prototipi di Montre verte , co-finanziati dalla Regione Ile de France, che hanno coinvolto per primi i residenti del 2° arrondissement di Parigi (Digital District), ma obiettivo finale del progetto è di dotare 1.000 cittadini di simili “orologi”. L’affidabilità dello strumento? “Il sensore del rumore è molto affidabile, ma quello dell’ozono è ancora difficile da calibrare, dal momento che abbiamo notato essere sensibile al vento, con delle esagerazioni delle misurazioni - ha dichiarato Thierry Marcou, di FING. Tuttavia, per la sua collega Veronique Routin “I risultati preliminari

sono stati positivi. Abbiamo avuto un buon riscontro da parte degli utenti e dei media durante la sperimentazione. Ora dobbiamo convincere il pubblico e i soggetti industriali ad interessarsi di tali strumenti”. La bontà della strumentazione può risiedere altrove, dal momento che “Gli utilizzatori sono avvicinati con un approccio partecipativo che li trasforma in eco-cittadini”, ha sottolineato Jean-Marie Dunand, responsabile dei progetti pilota di SFR, uno dei partner di La Montre Verte. Anche il design non è attualmente appetibile, tanto che gli organizzatori della sperimentazione hanno osservato che solo la Nathalie Kosciuko-Morizet, ex-Segretario di Stato per l’Ecologia che attualmente ha la delega all’Economia Digitale, poteva indossarlo nel corso di un Consiglio dei Ministri. “Sono particolarmente lieta di aver dato il mio contributo a questa sperimentazione che combina gli aspetti

Il pallone che dal 1999 sorvola il parco André-Citroën a Parigi, portando 30 passeggeri fino ad una altezza di 150 m sopra la capitale francese, ora si illumina per fornire in tempo reale informazioni sulla qualità dell’aria, grazie ai dati elaborati dai sensori della rete AirParif , installati in diversi punti della città. Il colore del pallone, grazie ad una illuminazione creata da proiettori situati all’interno dell’involucro, indica la quantità in atmosfera dei tre inquinanti più nocivi (anidride carbonica, ozono e particolato), variando dal verde intenso, quando la qualità dell’aria è ottima, al verde chiaro, al giallo, all’arancione, al rosso, quando è pessima. (foto Aérophile)

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collaborativi del Web 2.0 con l’utilizzo di Internet mobile per aumentare le nostre conoscenze in tema ambientale - ha dichiarato la Kosciuko-Morizet - Sono convinta che questa interfacciabilità di ecologia e tecnologie digitali potranno modellare una società sostenibile, di cui l’Orologio verde è un buon esempio”. Se tali sperimentazioni hanno testimoniato di essere ancora lontane dall’affidabilità delle “tradizionali” misurazioni che vengono condotte in ottemperanza alle legislazioni eu-

ropee, avendo un margine di errore ben superiore a quello ammesso dalle normative, non c’è dubbio tuttavia che iniziative simili hanno il merito di avvicinare la “popolazione” alla “ricerca”, sensibilizzando i cittadini sulla necessità di maggiori investimenti logistici ed economici nella scienza. Dal momento che i costi delle centraline di monitoraggio sono ancora elevati, anche in termini di ordinaria manutenzione, tali da limitarne la diffusione sul territorio (le normative tecniche ne prevedono una ogni 200.000 abitanti circa), tali strumen-

tazioni innovative (in attesa che raggiungano una maggiore affidabilità) possono costituire anche una mediazione tra la cittadinanza che lamenta la scarsità della rete e gli amministratori che si debbono affidare a dati attendibili e confrontabili, prima di adottare le relative misure di allarme. C’è da osservare, poi, che una maggior partecipazione si traduce in una maggior consapevolezza dei cittadini della necessità di modificare i propri comportamenti individuali in termini di sostenibilità e qualità della vita.

La mappa del 2° arrondissement di Parigi con la situazione dei livelli di ozono delle principali vie in un giorno determinato e ad un’ora precisa (fonte: La Montre Verte)

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getti che siano rigorosamente no-profit e/o il cui obiettivo immediato sia non commerciale.

Commissione Europea DG Impresa e Industria “PRO INNO Europe” Invito a presentare proposte di Eco Innovazione

Risorse Le risorse disponibili sono pari a 3 milioni di euro. Il contributo comunitario ammonta al 95% delle attività innovative indicate nel progetto presentato.

PRO INNO Europe, è iniziativa della DG Impresa e Industria dell’UE che si inserisce nell’ambito del 7° Programma Quadro per la Competitività e l’Innovazione 2007-2013 (CIP), che si prefigge di analizzare la politica d’innovazione e la cooperazione in Europa e di contribuire allo sviluppo di nuove e migliori politiche per l’innovazione nel continente europeo. Obiettivi L’invito a presentare proposte PRO INNO Europe mira a: - approfondire le dinamiche dell’eco-innovazione e il ruolo delle politiche pubbliche; - identificare le pratiche migliori nei Paesi aderenti al Programma per la promozione dell’eco-innovazione; - esplorare ed analizzare il contesto delle aree promettenti per l’eco-innovazione; - promuovere le politiche a favore dell’eco-innovazione. Candidature I soggetti candidati devono rispettare le seguenti condizioni per essere ammissibili: - devono essere persone giuridiche, aventi sede in uno dei Paesi aderenti al Programma; - organi sociali costituiti e registrati; I partecipanti dovranno formare un Consorzio da un minimo di 3 a un massimo di 7 partner aventi sede in: - uno dei 27 Stati membri dell’UE; - uno dei seguenti Paesi: Norvegia, Islanda, Liechtenstein, Croazia, Macedonia, Montenegro, Albania, Israele, Turchia e Serbia; in rappresentanza delle organizzazioni pubbliche, quali le autorità pubbliche nazionali e regionali e le agenzie pubbliche per l’ innovazione o altre organizzazioni che agiscono per conto di un ente pubblico. Ogni partner deve essere pronto a sviluppare strategie per la promozione dell’eco-innovazione, per sviluppare competenze in materia di comprensione e valutazione delle politiche pubbliche e gli strumenti di sostegno all’eco-innovazione, individuare le esigenze specifiche degli operatori e sviluppare nuovi servizi per le imprese. I partecipanti devono avere un interesse a rafforzare la cooperazione transnazionale tra i soggetti per creare legami strategici tra i ministeri, le agenzie per l’innovazione, istituzioni educative e imprese per permettere un apprendimento reciproco e la ricerca di migliori pratiche. Sono ammissibili solo le domande di pro-

Attività Le attività ammissibili sono: 1) creazione e coordinamento di un gruppo di riflessione sulle politiche di eco-innovazione volto ad analizzare gli ultimi sviluppi della politica di eco-innovazione nell’UE e a far crescere la consapevolezza e promuovere gli approcci più promettenti di politica ambientale; 2) istituzione e coordinamento di un gruppo di lavoro sul Green Public Procurement; 3) creazione e coordinamento di un gruppo di lavoro sui rifiuti e riciclaggio; 4) creazione e coordinamento di un gruppo di lavoro sulla cooperazione, sugli investimenti ed il commercio internazionale; 5) attività di sensibilizzazione. Presentazione delle proposte Le proposte devono essere presentate per via elettronica, entro il 30 settembre 2010. Le proposte che arriveranno presso la Commissione con qualsiasi altro mezzo saranno considerate come non presentate e non saranno valutate Le proposte possono essere presentate in qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione europea. Al fine di agevolare il processo di valutazione, è preferibile la presentazione in lingua inglese. Per maggiori informazioni: http://ec.europa.eu/environment/ etap/funding/instruments_en.html

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- C1-6 Isolamento acustico esterno; - C1-7 Isolamento acustico interno; - C1-8 Centrale termica.

MIUR - MATTM Bandi per la presentazione dei piani di interventi finalizzati alla riqualificazione degli edifici scolastici pubblici in relazione all’efficienza energetica, alla messa a norma degli impianti, all’abbattimento delle barriere architettoniche, alla dotazione di impianti sportivi e al miglioramento dell’attrattività degli spazi scolastici. Triennio 2010-2013. PON “Ambienti per l’apprendimento” - POIN “Energie Rinnovabili e Risparmio Energetico”.

Con avviso congiunto del 15. 06. 2010 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, hanno lanciato due diversi bandi, finanziati dal Fondo europeo di Sviluppo Regionale (FESR), entrambi rivolti alle istituzioni scolastiche statali di Primo e Secondo Ciclo, unitamente agli Enti Locali (Comuni e Province) proprietari degli edifici adibiti a sede scolastica e localizzati nelle Regioni dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia). 1. Bando Ministero Istruzione PON-FESR “Ambienti per l’apprendimento” Asse II “Qualità degli ambienti scolastici”, Obiettivo C “incrementare la qualità delle infrastrutture scolastiche, l’ecosostenibilità e la sicurezza degli edifici scolastici; potenziare le strutture per garantire la partecipazione delle persone diversamente abili e quelle finalizzate alla qualità della vita degli studenti”. Interventi finanziabili Il Bando finanzia progetti finalizzati alla messa in sicurezza, all’adeguamento a norma degli edifici scolastici, al miglioramento dell’attrattività degli spazi, alla dotazione di impianti sportivi e spazi ludico-ricreativi e all’accessibilità. Almeno un intervento deve essere finalizzato al risparmio e all’efficientamento energetico (Azione di tipo C1): - C1-1 Isolamento termico; - C1-2 Impianto fotovoltaico (nel bando viene specificato che questa voce deve intendersi più genericamente come impianto alimentato da fonti rinnovabili. Sotto questa voce sono quindi incluse “soluzioni come: solare termico per la produzione di acqua calda sanitaria, minieolico, impianto di cogenerazione ad alto rendimento, caldaie alimentate a biomassa, pompe di calore a bassa entalpia ecc; - C1-3 Deposito rifiuti; - C1-4 Risparmio ed efficientamento energetico ; - C1-5 Copertura verde;

Importo complessivo disponibile L’ammontare complessivo disponibile per le quattro Regioni è pari a € 220.000.000. Il criterio di ripartizione segue, in ogni caso, la numerosità della popolazione scolastica nelle quattro Regioni beneficiarie, secondo il seguente schema orientativo: • Calabria: € 31.438.000 • Campania: € 65.054.000 • Puglia: € 53.108.000 • Sicilia: € 70.400.000 All’interno di ogni Regione i fondi vengono ulteriormente suddivisi in base alla numerosità delle istituzioni scolastiche principali sul territorio provinciale; per ogni Provincia è stato, inoltre, ripartito l’importo in base alla percentuale tra scuole del Primo Ciclo e scuole del Secondo Ciclo di istruzione finalizzati alla riqualificazione degli edifici scolastici in relazione all’efficienza energetica, alla messa a norma degli impianti, all’abbattimento delle barriere architettoniche, alla dotazione di impianti sportivi e al miglioramento dell’attrattività degli spazi. 2. Bando Ministero Ambiente POIN-FESR “Energie rinnovabili e risparmio energetico”, Asse II “Efficienza energetica ed ottimizzazione del sistema energetico”, Linea di attività 2.2 “Interventi di efficientamento energetico degli edifici e utenze energetiche pubbliche o ad uso pubblico”. Interventi finanziabili Il Bando finanzia interventi di efficientamento energetico degli edifici scolastici con ampia gamma di possibilità: - Analisi e diagnosi energetica - Generatori di calore ad elevata efficienza (ad es. caldaia a condensazione) - Impianti di cogenerazione o rigenerazione - Sistema di regolazione della temperatura nei singoli locali (ad es. valvole termostatiche) - Sistemi di distribuzione del calore a bassa temperatura (ad es. pannelli radianti) - Pompe di calore geotermiche - Sistemi di illuminazione esterna degli edifici ad alta efficienza (SAP, LED) - Sistemi di illuminazione interna degli edifici ad alta efficienza (LED o fluorescenti con alimentatore elettronico) - Regolatori di flusso luminoso in base ad orario - Rilevatore di presenza - Tubi Solari - Isolamento termico delle coperture piane in conformità

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ai limiti stabiliti dal D.Lgs. 192/2005 e s.m.i. - Isolamento termico a cappotto delle chiusure esterne verticali in conformità ai limiti stabiliti dal D.Lgs. 192/2005 e s.m.i. - Isolamento termico per primo solaio in conformità ai limiti stabiliti dal D.Lgs. 192/2005 e s.m.i. - Sostituzione dei serramenti esistenti con serramenti efficienti in base ai limiti stabiliti dal D.Lgs. 192/2005 e s.m.i, inclusa la sostituzione obbligatoria dei cassonetti con cassonetti coibentati (laddove esistenti) - Frangisole (schermature solari) - Coperture a verde e pareti vegetali Importo complessivo disponibile Per questo Bando sono destinati fino a un massimo di € 20.000.000. Trattandosi di un programma “interregionale”, non è prevista una ripartizione territoriale delle risorse finanziarie, Si tenderà comunque a finanziare almeno tre interventi per Regione. Inoltre non è prevista alcuna ripartizione di risorse tra scuole del Primo e Secondo Ciclo di istruzione. Le soglie di finanziamento, per i progetti delle le scuole sia di Primo che di Secondo Ciclo, sono le seguenti: • importo minimo € 750.000 • importo massimo € 2.000.000

Procedure e scadenze La procedura di accesso ai finanziamenti consta di due fasi: la presentazione delle candidature e la presentazione del progetto esecutivo. L’Istituto scolastico interessato, congiuntamente all’Ente Locale proprietario dei relativi edifici, potrà presentare una sola candidatura per uno dei due bandi, pena l’inammissibilità, inoltrando telematicamente la proposta entro il 31. 10. 2010. I formulari di candidatura per i due bandi e le linee guida per l’attuazione degli interventi, sono pubblicate e scaricabili dai seguenti indirizzi internet: www.minambiente.it; www.poienergia.it; http://archivio. pubblica.istruzione.it/fondistrutturali/default2007.shtml. Successivamente il plico contenente la documentazione completa dovrà essere trasmessa entro il 15/11/2010 all’Ufficio Scolastico Regionale di competenza che ne verificherà l’ammissibilità prima della valutazione effettuata dai Nuclei di Valutazione Regionali che stileranno le graduatorie, sulla base dei criteri di selezione previsti dai due Programmi, che verranno trasmessi al MIUR-DGAI e al MATTM-DGSEC, che si riservano di non procedere al finanziamento per la realizzazione dei progetti qualora non siano rispettati i criteri e le finalità dei Programmi stessi.

I 300 scolari della scuola materna ed elementare “Antoine de Saint-Exupery” di Pantin, comune di 50 mila abitanti dell’area metropolitana di Parigi, il 2 settembre 2010 sono stati accolti da una scuola che produce più energia di quanta ne consumi, grazie a 1.168 m2 di fotovoltaico sui tetti, al riscaldamento geotermico, ai tripli vetri e giunture stagne, nonché all’orientamento della struttura stessa.

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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE a cura di Leonardo Filippucci

Nel caso in cui le analisi compiute da un’Agenzia regionale per la protezione ambientale rivelino il superamento delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) per un solo parametro, il soggetto individuato come responsabile dell’inquinamento ha diritto ad ulteriori analisi per contestare l’esito delle prime? No. In un recente caso, il Giudice Amministrativo ha avuto occasione di affermare: “Appare evidente che, se la legge prevede che l’indagine preliminare sulla contaminazione venga effettuata entro certi termini, e se i risultati (correttamente ottenuti) di detta indagine attestano l’esistenza dei presupposti per l’obbligo di presentare il piano di caratterizzazione del sito inquinato, non sia necessario procedere ad un riesame, concedendo al responsabile dell’evento inquinante una sorta di seconda chance, che si tradurrebbe in una disapplicazione del principio comunitario del Chi inquina paga e della disciplina nazionale che ne ha stabilito tempi e modalità attuative, e comporterebbe un aggravamento del rischio di danno per l’ambiente. Anche nella prospettiva del giudizio di ragionevolezza di una disciplina legislativa che prevede termini e passaggi procedimentali cogenti (escludendo, quindi, un diritto del responsabile a ri- esami o verifiche supplementari), va considerato che l’effettuazione di un piano di caratterizzazione ha un costo […] che appare evidentemente sostenibile, a fronte del rischio e del possibile danno che deriverebbe da un ritardo nell’avanzamento del procedimento finalizzato alla (eventuale) bonifica del sito con-

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taminato” (TAR Umbria, Sez. I, sentenza 24 luglio 2010, n. 416). Nel caso in cui un’Autorizzazione ambientale non venga concretamente utilizzata, il termine di durata della medesima decorre ugualmente? Sì. Con riguardo all’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), il TAR Lombardia, sede di Brescia, con sentenza 19 luglio 2010 n. 2484, ha argomentato l’irrilevanza, ai fini della cessazione dell’efficacia della medesima autorizzazione, del fatto che il soggetto gestore non avesse utilizzato per cinque anni il provvedimento. Nell’occasione, inoltre, il Collegio ha ulteriormente affermato che “fa ormai parte dei principi dell’ordinamento la regola secondo cui le autorizzazioni di attività che hanno come esternalità la produzione di inquinanti devono avere durata limitata nel tempo e carattere recessivo rispetto ai miglioramenti tecnici in grado di limitare l’inquinamento”. Nell’ambito del procedimento di VIA, la Conferenza di servizi ha natura decisoria o istruttoria? L’art. 2 del D. Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nell’apportare modifiche all’art. 25, comma 3 del D. Lgs. 152/2006, ha espressamente previsto che la Conferenza di servizi eventualmente convocata dall’autorità competente abbia natura istruttoria. Poiché la citata disposizione non contempla distinzioni o eccezioni, sembrerebbe che la natura istruttoria della conferenza di servizi resti ferma anche nei casi in cui il provvedimento di VIA non si limiti a coordinare, bensì sostituisca, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera o dell’impianto.

Eventi e Fiere

Milano, 27-29 settembre 2010 10° Italian Energy Summit 2010 Reti, Mercati e Progetti verso le nuove Energie Sede: Il Sole 24 Ore, Sala Collina Via Monte Rosa, 91 Informazioni: Servizio Clienti Formazione Tel. 02 5660 1887 - fax 02 70048601 Creta, 5-8 ottobre 2010 Crete 2010 International Conference on Hazardous and Industrial Waste Management Sede: University Campus Chania - Creta Informazioni: Tel. 30 28210 37821 - fax 30 28210 37850 hwm.conferences@eveng.tuc.gr - www.hwm-conferences.gr

Bologna, 27-30 ottobre 2010 SAIE 2010 - Fiera Internazionale Sede: Fiere di Bologna Informazioni: Bologna Fiere spa - Viale della Fiera, 20 - 40127 Bologna Tel. 051 282111 - fax 051 282328 - www.saie.bolognafiere.it Venezia, 8-11 novembre 2010 Venice Symposium 2010 3° Simposio Internazionale su Energia da Biomasse e da Rifiuti Sede: S. Giorgio Maggiore Informazioni: www.venicesymposium.it Segreteria organizzativa: EuroWaste s.r.l. via Beato Pellegrino 23 - 35137 - Padova Tel. +39 049 8726986 - Fax: +39 049 8726987

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AGOSTO-SETTEMBRE 2010



In copertina: Macerata, uno scorcio dello Sferisterio; in retrocopertina: Gradara, un particolare del Castello

INDICE Informazione La Regione Marche investe nella Green Economy Scuola e formazione, motori delle Marche green In arrivo 140 mila euro per laboratori didattico-ambientali e 320 mila euro per corsi di formazione con sbocchi occupazionali nel campo ambientale di Alberto Piastrellini

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Manifestazioni e Convegni Terza Conferenza Regionale delle Aree Protette delle Marche Aree protette, una priorità nel governo del territorio Dalla Federparchi Marche le proposte per una corretta gestione e tutela delle Aree Protette marchigiane di Silvia Barchiesi

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Itinerari turistici Fa tappa nelle Marche, a San Ginesio e a Sarnano, la 5a edizione del Festival dei “Borghi più belli d’Italia” Marche di charme con i borghi più belli d’Italia Qui si trovano 18 dei 200 borghi più suggestivi d’Italia di Silvia Barchiesi

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ECONEWS di Alberto Piastrellini

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TECHNORISK Una guida sicura per la stipula di polizze assicurative Intervista all’Amministratore unico della Società di ingegneria assicurativa che ha nel proprio portafoglio clienti, numerosi enti Pubblici ed aziende della Regione

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ARPA Marche Roberto Oreficini Rosi è il nuovo Direttore generale dell’ARPAM di Nazareno Re

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COSMARI “L’impronta ecologica nella moda e nel design”

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INFORMAZIONE

La Regione Marche investe nella Green Economy

SCUOLA E FORMAZIONE, MOTORI DELLE MARCHE GREEN In arrivo 140 mila euro per laboratori didattico-ambientali e 320 mila euro per corsi di formazione con sbocchi occupazionali nel campo ambientale di Alberto Piastrellini

Il rispetto dell’ambiente s’impara anche a scuola. Lo sanno bene gli studenti marchigiani che da ben tre anni aderiscono al progetto “Scuola Laboratorio Ambiente”, ideato dall’Ufficio scolastico regionale e dall’Assessorato regionale all’Ambiente e volto a promuovere l’educazione ambientale nelle scuole marchigiane di ogni ordine e grado. Sulla scia del successo della passata edizione, il progetto torna anche quest’anno. La Regione Marche ha, infatti, confermato il budget dello scorso anno per il bando 2010-2011, in scadenza il prossimo 30 ottobre: 140 mila euro da investire in progetti didattici “green”. Oltre 100 le scuole che lo scorso anno sono state finanziate con un contributo variabile (da 500 a 3.000 Euro) in base alla posizione in graduatoria. Ma la vera novità del bando 2010-2011 è proprio il tema dei progetti: nell’anno della biodiversità, gli studenti saranno, infatti, chiamati a ideare e realizzare laboratori didattico educativi nelle due macro tematiche della biodiversità e della mobilità sostenibile, nell’ottica globale della green economy. Ricerca, scoperta e tutela della ricchezza biologica del proprio territorio, cambiamenti climatici, inquinamenti, pianificazione urbana, veicoli ecologici, percorsi pedonali e ciclabili, mobilità scolastica, trasporto pubblico, consumi e alimentazione a “chilometri zero”, sicurezza, salute, arte, natura: sono questi solo alcuni degli argomenti “green” che gli studenti potranno approfondire tra i banchi di scuola grazie a laboratori educativi/creativi da sperimentare poi nel quotidiano. “Il bando – ha spiegato l’Assessore regionale all’Ambiente, Sandro Donati - redatto con il concorso degli insegnanti, nell’ambito del protocollo di intesa che da quattro anni continua a segnare il proficuo cammino interistituzionale tra il nostro Assessorato e l’Ufficio scolastico regionale per le Marche nel campo dell’educazione ambientale e alla sostenibilità, invita le comunità scolastiche a progettare laboratori didattico educativi per acquisire e diffondere le sensibilità, le conoscenze e le competenze necessarie a salvaguardare e potenziare la diversità biologico-naturalistica e a immaginare e sperimentare una green mobility, tale da soddisfare le esigenze di spostamento e di fruizione senza compromettere habitat, vivibilità, salute”. Obiettivo dei laboratori è, infatti, quello di ideare nuove soluzioni e proposte alternative, da applicare nella vita di tutti i giorni per scoprire il valore delle diversità sia sul piano ecologico, che sul piano economico (ricchezza delle specie vegetali ed animali, quale maggiore garanzia di sopravvivenza della vita nel pianeta), che su quello socio-culturale (conoscenza delle peculiarità del proprio territorio, senso di appartenenza alla propria comunità, non come contrappo-

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sizione ma in quanto chiave di lettura scientifica delle tante diversità che danno valore e mettono in dialogo religioni, civiltà e culture). Far maturare una coscienza ambientale ed educare ad una cittadinanza attiva, responsabile, ecologica e solidale è quindi lo scopo dell’iniziativa, riproposta per il quarto anno consecutivo per via del suo successo. “Questa iniziativa – ha concluso Donati – dall’anno in cui è stata sottoscritta l’intesa con l’Ufficio scolastico, ha visto salire la partecipazione e il conseguente impegno finanziario della Regione: dai 40 istituti che hanno beneficiato del sostegno nel primo anno, si è arrivati agli oltre 100 nell’ultimo. Per il prossimo anno scolastico il budget si conferma al livello dell’anno scorso quanto al sostegno ai progetti scolastici (circa 140 mila euro, per contributi tra 500 e 3 mila euro ai vincitori), ma destina una maggiore quota (circa 5 mila euro) alla socializzazione e divulgazione dei metodi e risultati, prevedendo l’organizzazione di due seminari rivolti agli insegnanti”. Il progetto tende, infatti, a coinvolgere l’intera comunità scolastica, comprese le famiglie, oltre che la società più in generale (istituzioni, enti, associazioni, agenzie formative, centri di educazione ambientale), puntando verso sinergie educative. Ideare, realizzare e comunicare. Sono queste le parole chiave che sintetizzano la mission di “Scuola Laboratorio Ambiente”. Le soluzioni ideate nel campo della diversità biologica o della mobilità sostenibile, oltre ad essere innovative, dovranno avere un forte carattere di concretezza. Dovranno stimolare e favorire nuovi comportamenti e nuove abitudini, praticabili, visibili e verificabili. Ma non solo. Il progetto punta anche alla sensibilizzazione della cittadinanza attraverso la comunicazione dei risultati. Così, la scuola non solo apre alla città, ma si mette al suo servizio: le nuove pratiche virtuose, ideate sui banchi e realizzate nel quotidiano, dovranno infatti essere comunicate alla collettività. Grazie al bando “Scuola Laboratorio Ambiente” (disponibile sul sito www.ambiente.regione.marche.it) la green economy entra nelle scuole marchigiane e se ne esce per sensibilizzare anche la collettività. Anche la scuola, dunque, nell’anno della biodiversità, concorre all’immagine delle Marche come Regione leader per la green economy, settore strategico, posto al centro del programma del nuovo governo regionale e delle sue nuove politiche sociali, formative ed economiche. Nella strada che porta alla green economy, le Marche partono, infatti, oltre che dalla scuola, dalla formazione in generale e guardano soprattutto ai giovani e ai disoccupati.


Di qui la recente scelta della Regione di stanziare 320 mila euro per l’anno 2010/2011, per realizzare sei corsi di formazione volti a formare altrettante figure professionali con abilità, conoscenze e capacità specifiche nel campo della green economy. “Le Marche – ha spiegato l’Assessore regionale alla Formazione, Marco Luchetti - investono sulla green economy con tutti gli strumenti utili ad incentivarne la diffusione. Perché si tratta anche di una strategia dalle forti potenzialità occupazionali che include nella sua attuazione un altro obiettivo prioritario, la piena tutela ambientale. Nuova tutela dunque, nuovi posti di lavoro, nuovo concetto di fare impresa, quella che possiamo definire imprenditoria verde. Sempre più, quindi, le opportunità occupazionali potranno trovarsi sulla stessa strada della tutela ambientale e della sostenibilità energetica”. Mentre le Marche si tingono di “verde” e la Regione investe sempre più in strategie energetico-ambientali nel campo della formazione e dell’occupazione, un’indagine condotta dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, in collaborazione con l’Istituto Guglielmo Tagliacarne, conferma la lungimiranza delle scelte che puntano sulla green economy made in Marche. “La green economy si sta ormai affermando come uno dei settori pulsanti dell’economia italiana - si afferma nella ricerca - Nelle Marche, risulta che il 30% delle piccole e medie imprese manifatturiere (tra 20 e 499 addetti) nella crisi puntano anche su scelte connesse alla green economy, con una percentuale che sale nelle aziende che esportano (33.6%), che sono cresciute economicamente anche nel 2009 (41.2%), e che hanno elevato la qualità dei loro prodotti (44.3%)”. Insomma, il 30% delle piccole e medie imprese marchigiane investe sulla green economy per poter combattere la crisi e rilanciarsi. Di conseguenza, è all’economia verde che deve guardare

l’occupazione, e ancor prima la formazione. Lo studio di Unioncamere, dai dati di assunzioni “green” degli ultimi anni stima, infatti, che, tra nuovi occupati e riqualificazione di attività esistenti, siano in ballo almeno un milione di posti di lavoro e circa 317 figure professionali green all’interno di tutte le classi professionali. Le figure professionali che verranno formate dai corsi saranno invece sei, tra le dieci ritenute prioritarie dalla Regione Marche e per le quali gli Enti di Formazione accreditati possono presentare una proposta progettuale: 1. Designer dei sistemi fotovoltaici; 2. Elettricista specializzato nella installazione di sistemi fotovoltaici; 3. Tecnico per la manutenzione e gestione di impianti rinnovabili; 4. Tecnico del sistema di gas dei rifiuti; 5. Responsabile del funzionamento, ingegneria, manutenzione degli impianti a biomassa; 6. Energy manager; 7. Esperto in programmazione o progettazione delle energie rinnovabili; 8. Tecnico risparmio energetico; 9. Operatore della centrale elettrica; 10. Esperto di Certificazione edilizia (tecnico problematiche energetico-ambientali nella progettazione edilizia). Potranno presentare domanda per la partecipazione ai corsi di formazione: disoccupati diplomati e/o laureati iscritti, presso il CIOF, Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione, competente per territorio regionale, già impiegati con contratti di collaborazione a progetto presso aziende coinvolte dalla crisi. Il bando, “Avviso Pubblico per la presentazione di progetti per la qualificazione professionale nella Green Economy di CO.CO.PRO. disoccupati”, disponibile sul sito www. istruzioneformazionelavoro.marche, scade il prossimo 3 novembre.

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Terza Conferenza Regionale delle Aree Protette delle Marche

AREE PROTETTE, UNA PRIORITÀ NEL GOVERNO DEL TERRITORIO Dalla Federparchi Marche le proposte per una corretta gestione e tutela delle Aree Protette marchigiane di Silvia Barchiesi

Da Fiastra a Portonovo, per i parchi e le aree protette marchigiane si aprono scenari decisamente più cupi e prospettive meno incoraggianti rispetto a quelli che si profilavano 10 anni fa, in occasione della Prima Conferenza Regionale delle Aree Protette (Fiastra, 10 marzo 2000). Se n’è parlato nel corso della Terza Conferenza Regionale a Portonovo, lo scorso 24 giugno, un’occasione per fare il punto del cammino fino ad oggi percorso dalle Aree Protette e per delineare nuovi tracciati da seguire, proprio alla luce della grave crisi in atto e del conseguente taglio di finanziamenti per le risorse naturali. Presente e futuro delle Aree Protette delle Marche, alle prese con le conseguenze della recessione sono stati, così al centro del Convegno che ha visto radunati attorno allo stesso tavolo amministratori, tecnici, operatori e imprenditori. A restituire in apertura di Convegno la fotografia a tinte fosche della difficile situazione in cui versano le aree protette nazionali e regionali è stato Lanfranco Giacchetti, Presidente Ente Parco Regionale del Conero: “I parchi oggi si trovano di fronte ad un bivio e non possono permettersi di bivacchiare. Il taglio delle risorse per la Federparchi a livello nazionale ammonta, infatti, al 50% e si preannunciano tempi duri anche per i parchi marchigiani”. “Fino ad oggi - ha proseguito Giacchetti - la Regione Marche è stata sempre attenta e sensibile, dal punto di vista politico, oltre che economico-finanziario, all’ambiente in generale e ai parchi in particolare, che rappresentano il 10% del territorio regionale. Il crollo dei tagli ipotizzato non risparmierebbe nemmeno i parchi marchigiani: le risorse destinate all’ambiente e al paesaggio della nostra regione passerebbero da 4 milioni e 600 mila euro a 1,5 milioni di euro. Questo drastico taglio porterebbe alla lenta morte dei parchi. Per questo non ci è consentito vivacchiare”. La scure dei tagli minaccia i nostri parchi e le nostre aree protette. Occorre pertanto rimboccarsi le maniche e correre ai ripari. È l’invito di Fabrizio Giuliani, Presidente del Coordinamento delle Aree Protette Marchigiane:“Se i tagli fossero confermati

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e dovessimo contare sul 66% delle risorse in meno, dovremmo ragionare in termini di ridimensionamento e riassestamento. Occorre iniziare a lavorare per evitare di trovarci poi impreparati”. Lo stesso invito viene dal Presidente della Provincia di Ancona, Patrizia Casagrande e dal Sindaco di Ancona, Fiorello Gramillano, entrambi concordi nel definire prioritaria l’istituzione dell’Area Marina Protetta del Conero. “Non dobbiamo perdere altro tempo, dobbiamo farla con chi ci sta – ha dichiarato la Presidente Casagrande riferendosi ai Comuni che non intendono aderire al progetto. “Non dobbiamo rinunciare a questa grande occasione di sviluppo del nostro territorio – ha proseguito la Casagrande strumento di crescita sostenibile e di ricchezza di tutti”. Lo ha definito, invece, “prezioso riconoscimento foriero di investimenti per la tutela del territorio” il Sindaco Gramillano che ha ribadito l’impegno dell’Amministrazione all’istituzione dell’Area volta proteggere e valorizzare le risorse sociali, economiche e naturali del Conero. “La questione più urgente - ha tenuto, tuttavia, a sottolineare Fabrizio Giuliani, Presidente Coordinamento delle Aree Protette Marchigiane - non è aggiungere altre aree protette, perché abbiamo bisogno di fare manutenzione dell’esistente. La crescita quantitativa del numero di aree protette costituisce il traguardo ultimo e non invece la strada per avviare, a tutti i livelli una politica innovatrice”. L’istituzione dell’Area Marina Protetta del Conero non è, infatti, l’unica proposta scaturita dal Convegno. “Le Buone idee dei Parchi Regionali”, è infatti il titolo del progetto presentato dal Dott. Marco Zannini, Direttore dell’Ente Parco Naturale Regionale del Conero, volto a rivoluzionare la classica concezione delle aree protette, promuovendone una moderna visione basata sul legame tra rinascita economica ed ambientale. “L’obiettivo del progetto è quello ambizioso di cambiare il mondo, partendo dalle aree protette”. Così il Dott. Marco Zannini ha introdotto il progetto che


punta a comunicare alla collettività e alla parte politica che la rappresenta i veri compiti delle aree protette: - conservare le specie animali e vegetali, i valori scenici e panoramici e gli equilibri idrogeologici ed ecologici; - realizzare un’integrazione uomo e ambiente, mediante la salvaguardia del suolo, di valori antropologici, storici e archeologici, architettonici e delle attività agropastorali; - promuovere attività di educazione, formazione e ricerca scientifica, nonchè attività ricreative compatibili. Obiettivo del progetto, che comprende una vasta gamma di interventi di varia natura (interventi idrogeologici, di recupero delle discariche e di ripulitura, attività didattico-educative e collaborazioni con l’Università nel campo della ricerca scientifica), tutti da realizzarsi entro l’anno, è, infatti, quello di conservare, riqualificare e promuovere il territorio stesso, rilanciandolo in un’ottica integrata di sviluppo sociale, ambientale, economico e culturale. Comunicare il valore delle aree protette diventa così una priorità, per troppo lungo tempo ignorata. Il mea culpa arriva dallo stesso Fabrizio Giuliani, Presidente Coordinamento delle Aree Protette Marchigiane: “dobbiamo assumerci le nostre responsabilità per non aver saputo comunicare fino ad oggi il valore delle nostre esperienze. Il nostro forte e doveroso impegno sul fronte interno ci ha di fatto impedito quell’apertura alla comunità regionale che rappresenta la condizione essenziale per realizzare il progetto illustrato dal Dott. Zannini. È necessario, pertanto, ridare slancio e vitalità ad un organismo troppo poco utilizzato e a rischio di sclerosi burocratica”. Di qui la necessità di una collaborazione trasversale tra tutti gli operatori dei settori coinvolti nella tutela degli habitat naturali e delle specie a rischio e nello sviluppo di settori economici strategici (agricoltura, pesca, turismo, artigianato). Associazioni agricole, ambientaliste, imprenditori, operatori turistici sono, infatti, preziosi alleati con cui dover necessariamente collaborare. Sono loro i nodi di una rete regionale che connette l’intero territorio regionale in una sorta di “infrastruttura ambientale”. E le aree protette, laboratori e cantieri pilota in cui sperimentare nuovi metodi di pianificazione e programmazione degli interventi, di coinvolgimento e sostegno tra operatori pubblici e privati, oltre che di sviluppo di tecnologie, sono il cuore di questa rete regionale, anzi, ha precisato Lanfranco Giacchetti nel suo intervento, “sono un pezzo del sistema istituzionale della Regione”. Di qui la necessità di una “politica delle aree protette” più forte dentro il sistema regionale. L’invito a un maggior coinvolgimento delle aree protette nelle scelte decisionali e programmatiche è rivolto proprio all’amministrazione regionale e viene dallo stesso Giacchetti: “Questo dovrebbe essere l’obiettivo della nuova legislatura regionale: fare in modo che il modello di gestione del territorio sperimentato dalle aree protette passi nei programmi regionali, provinciali e comunali. Dovremmo essere i referenti delle principali politiche regionali di modernizzazione del tessuto economico, sociale e culturale basate sul territorio e non sui singoli settori d’intervento”. Dopo l’invito, l’affondo. “In questo quadro appare miope, oltre che sbagliato, non averci riservato nessun ruolo attivo all’interno del Piano Operativo Regionale 2007-2013, né nella programmazione, né nell’esecuzione – ha lamentato Giacchetti. Dopo il monito, invece, la proposta: “Per aprire una fa-

se avanzata della politica regionale per la biodiversità e la gestione ambientale – ha dichiarato Giacchetti – noi siamo disponibili anche ad un aggiornamento dell’organizzazione e del funzionamento dei soggetti gestori e dei rapporti tra essi”. Insomma, le aree protette non temono la riorganizzazione in vista degli imminenti tagli, né le novità che questa potrà portare con sé: a partire dalla scala territoriale minima necessaria per realizzarne di nuove, l’accorpamento o la gestione associata, l’aggregazione funzionale di enti che operano nello stesso ambito eco sistemico o la creazione di aree protette interregionali. D’altro canto, le aree protette chiedono al governo regionale sostegno e impegno attraverso politiche di carattere programmatico. Di qui la lista di proposte avanzate da Federparchi Marche alla Presidenza della Regione Marche, presentate proprio nell’ambito della Terza Conferenza Regionale, una lista di richieste volte a promuovere un’efficace politica delle Aree Protette. A sottolineare il valore economico, culturale e sociale, oltre che ambientale delle aree protette, ribadito anche nel documento, sono state le testimonianze di amministratori e imprenditori che si sono susseguite nel corso del Convegno. A cominciare da quella di Andrea Bomprezzi, Sindaco di Arcevia che ha riportato l’esperienza del suo piccolo Comune che 10 anni fa si è scontrato con ostilità contro il “muro” del Parco e che oggi vive e si serve del Parco, diventato per l’intero territorio un vero e proprio “marchio di qualità” della vita, dei servizi e dei prodotti del territorio, percepito e apprezzato anche all’esterno. “Oltre a fondi e contributi, il parco ha portato idee, progetti e una nuova cultura: ha educato i cittadini al rispetto dell’ambiente, ha creato nella comunità una vera e propria identità territoriale. Questo sviluppo culturale è un elemento fondante dei parchi - ha spiegato il Sindaco Bomprezzi. Ma il valore aggiunto dei Parchi non è solo ambientale o culturale, ma anche economico. Parola di Federico Clementi, Presidente di Terra Nostra e imprenditore agricolo all’interno del parco: “Consapevoli dei vincoli e delle limitazioni del parco abbiamo introdotto e conseguito la certificazione del metodo biologico e abbiamo sviluppato nuove iniziative. L’attività agrituristica ci ha, infatti, permesso la redditività anche in condizioni non soddisfacenti per l’agricoltura”. Dello stesso parere è Franco Frezzotti, fiduciario Slow Food, responsabile del presidio “Mosciolo selvatico di Portonovo” che ha spiegato come la tutela di una specie in via di estinzione, come il Mosciolo selvatico di Portonovo, abbia fatto da traino alla promozione turistica dello stesso territorio. “Il mare nel tempo è andato dimagrendo – ha dichiarato Frezzotti - Se continua il trend degli ultimi anni avremmo la scomparsa di questo presidio e la scomparsa del Mosciolo selvatico di Portonovo. Il presidio con la sua costituzione ha rappresentato un elemento di promozione forte per il territorio.” Rilancio economico e ambientale sono, dunque, legati a doppio filo. L’esperienza di numerosi imprenditori e operatori turistici lo dimostra. Oltre ad essere risorse naturali essenziali nella conservazione della biodiversità, le Aree Protette sono vere e proprie risorse sociali, culturali ed economiche, in quanto garanzie di una migliore qualità della vita, veicoli di identità e culture locali e traino di attività turistiche ed imprenditoriali. L’appello a non lasciarle sole dinanzi alla crisi, dalla Terza Conferenza Regionale di Portonovo tuona al governo regionale, ma allo stesso tempo riecheggia in ogni ambito della società.

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ITINERARI TURISTICI

Fa tappa nelle Marche, a San Ginesio e a Sarnano, la 5a edizione del Festival dei “Borghi più belli d’Italia”

MARCHE DI CHARME CON IQuiBORGHI PIÙ BELLI D’ITALIA si trovano 18 dei 200 borghi più suggestivi d’Italia di Silvia Barchiesi

Mentre Dustin Hoffman che declama i versi di Giacomo Leopardi nel video “Le Marche, le scoprirai all’infinito” invita a “Discovery Marche” e la Regione lancia il progetto turistico “Marche di Charme: turismo a 5 sensi” promuovendo l’immagine di una regione in grado di appagare tutti i sensi di chiunque la visiti, nella stampa nazionale e locale rimbalza da oltreoceano la notizia che porta alla ribalta la regione al plurale: “Le Marche come la Florida, ovvero uno dei cinque paradisi del mondo dove trascorrere gli anni della pensione”. Lo dicono i pensionati statunitensi e lo riporta la loro Rivista, AARP, che conta 35,6 milioni di abbonati. Le Marche come Puerto Vallarta (Messico), Cascais (Portogallo), Boquete (Panama), Linguadoca-Rossiglione (Francia): “hanno tutto - scrive la Rivista - splendide spiagge, vigneti, arte e architettura a non finire e montagne dove poter praticare sport invernali e costano molto meno di Toscana e Umbria”. La “Regione dai 100 campanili”, spesso snobbata dal turismo internazionale e rimasta nell’ombra rispetto ad altre mete turistiche più reclamizzate, si prende la sua rivincita e conquista il suo più che meritato momento di gloria. È quanto afferma l’Assessore regionale al Turismo, Serenella Moroder:“Le Marche, nello stesso anagramma del nome, sono Terra di Charme, tanto da finire, sempre più spesso, sulle prime pagina dei quotidiani nazionali e internazionali. Dagli Stati Uniti è arrivata ora un’ulteriore conferma di fascino, attrattività, eccellenze culturali, architettoniche, paesaggistiche, ed enogastronomiche che la posizionano al top delle destinazioni turistiche. Le Marche sono una regione che è stata baciata da Dio. Ben venga questo

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bacio: comunque le risorse investite in questi anni, non solo nel turismo, hanno favorito la crescita della qualità di vita della comunità, sempre più determinante nell’orientamento dei flussi turistici”. Le Marche non hanno nulla da invidiare ad altre regioni, anzi hanno un patrimonio naturalistico, storico, culturale e architettonico, solo da vantare: 180 km di spiagge, 6 parchi, 3 riserve naturali, 15 foreste demaniali, due oasi gestite dal WWF, centinaia di borghi e città d’arte con oltre mille monumenti nazionali, 37 rocche, 106 castelli, 15 fortezze, 170 torri, 34 siti archeologici, 73 teatri storici, migliaia di chiese tra cui 200 romaniche, 96 abbazie e la maggior concentrazione in Italia di musei e pinacoteche, ben 342. Ad accorgersi della ricchezza dell’offerta turistica marchigiana sono, infatti, sempre più turisti. Secondo i dati dell’Osservatorio regionale del turismo, nel periodo 2004-2009 gli arrivi nelle Marche sono aumentati da 2.299.383 a 2.396.396, le presenze da 16.313.524 a 16.869.420. L’incremento degli stranieri è balzato dall’11,1% al 14,7%. Ma non solo. Per le Marche, oltre ai turisti, cominciano a fioccare anche i primi grandi e prestigiosi riconoscimenti. È, infatti, proprio la “Terra dei 100 campanili” ad ospitare quest’anno il Festival dei “Borghi più belli d’Italia”, giunto alla sua quinta edizione: tre giorni di eventi e spettacoli gratuiti, dal 3 al 5 settembre a San Ginesio e Sarnano (MC), con oltre centocinquanta stand di tipicità provenienti dai “ Borghi più belli d’Italia” e un ricco programma di convegni, spettacoli, gare, mostre d’arte, visite guidate e cene tipiche. Un appuntamento unico, itinerante, che ogni anno attrae migliaia di

turisti e visitatori e che, soprattutto, raduna e unisce in un percorso ideale, un centinaio di piccoli centri italiani, spesso poco conosciuti, eppure tra i più suggestivi della penisola: dai villaggi-fortezza ai ricetti medievali, dai centri marinari a quelli montani. “È un onore per le Marche ospitare il 5° Festival dei Borghi più belli d’Italia - ha dichiarato l’Assessore regionale al Turismo, Serenella Moroder nel presentare il Festival che, per la prima volta fa tappa nelle Marche e che per la prima volta assume una dimensione internazionale con l’adesione di borghi e villaggi di Francia, Belgio, Portogallo, Grecia, Russia, Romania e Giappone e la partecipazione di delegazioni di associazioni estere. “Sarà un’importante occasione per promuovere la nostra regione e diffondere i valori su cui si fonda la nostra cultura dell’accoglienza - ha continuato la Moroder - Dei ‘Borghi più belli d’Italia’, 18 appartengono alle Marche: questo riconoscimento premia la nostra regione, e conferma che la strada intrapresa, quella di puntare sulla qualità, porta risultati importanti: oltre ai Borghi, infatti, sono presenti 16 Bandiere Blu, 17 Bandiere Arancioni, 96 alberghi certificati con il Marchio Ospitalità Italiana”. “La dimensione del ‘borgo’ – ha aggiunto - è connaturata alla situazione topografica e storica delle Marche, caratterizzata da una distribuzione capillare della popolazione che si è stratificata nel corso dei secoli, preservando tradizioni popolari, lingue locali, produzioni agricole e artigianali tanto specifiche quanto eccellenti. Questa la cifra connotativa del nostro territorio, che accoglie il visitatore con un fascino che ammalia e incanta, magari in maniera più discreta rispetto alle destinazioni


Corinaldo

Gradara

Grottammare

turistiche di grande richiamo, ma non per questo meno coinvolgente e di forte impatto emotivo.” Chi meglio delle Marche può rappresentare dunque la realtà italiana dei borghi e la loro ricchezza culturale? Qui si trovano, infatti, 18 dei 200 Borghi più belli d’Italia: Cingoli (MC), Corinaldo (AN), Esanatoglia (MC), Gradara (PU), Grottammare (AP), Matelica (MC), Montecassiano (MC), Montecosaro (MC), Montefabbri (PU), Montefiore dell’Aso (AP), Montelupone (MC), Moresco (FM), Offagna (AN), Offida (AP), San Ginesio (MC), Sarnano (MC), Treia (MC), Visso (MC). Sono questi i piccoli centri marchigiani che, secondo il Club de “I Borghi più belli d’Italia” sono il vanto della Regione e il suo marchio distintivo, proprio per il loro grande patrimonio di storia, arte, cultura, ambiente e tradizioni: “I borghi come declinazione dello charme, anagramma di Marche, con il loro fascino, la loro bellezza, le loro tradizioni e dispensatori di benessere”, ha detto l’Assessore Moroder. L’armonia architettonica del tessuto urbano, la qualità del patrimonio edilizio pubblico-privato e infine la vivibilità del borgo in termini di attività e di servizi al cittadino sono, infatti, solo alcuni dei requisiti necessari per ambire al prestigioso titolo di “Borgo più bello d’Italia”. Il Festival, che quest’anno fa tappa proprio nelle Marche, oltre che un’occasione di incontro e di arricchimento culturale, costituisce un appuntamento imperdibile per tutte le piccole realtà italiane e internazionali che si adoperano per la tutela, il recupero e la valorizzazione, il mantenimento di un patrimonio di monumenti e di memorie che altrimenti andrebbe irrimediabilmente perduto.

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ECONEWS DALLA ALLA REG REGIONE 6,3 3 MIL M MI MILIONI IL LIO LI LIO DI EURO PER LO SVILUPPO VIL VIL VI LUP LU U UP ENERGETICO SOSTENIBILE I fondi serviranno per finanziare 18 progetti per l’efficienza energetica negli edifici pubblici marchigiani 6,3 milioni di euro a favore di 18 progetti di interventi per l’efficienza energetica negli edifici pubblici, che consentiranno di evitare l’emissione di oltre 450 tonnellate di CO2 annue. È quanto prevede un bando della Regione Marche, la cui graduatoria finale - approvata nei giorni scorsi - è consultabile all’indirizzo www.ambiente. regione.marche.it. “Partendo dal presupposto che un grande contributo al risparmio energetico e al contenimento delle emissioni climalteranti può essere dato dall’edilizia, il bando - ha spiegato l’Assessore regionale all’Energia, Sandro Donati - sostiene gli interventi di miglioramento dell’efficienza energetico-ambientale degli edifici pubblici non residenziali (nuovi ed esistenti), sia per quanto riguarda la struttura, che per quanto riguarda gli impianti”. “Il bando – ha aggiunto Donati - prevede l’erogazione di quasi 6,3 milioni di euro a favore di 18 progetti che permetteranno di evitare emissioni climalteranti per oltre 450 tonnellate di CO2 annue”. Obiettivo del bando, che rientra nel pacchetto di misure dell’Asse 3 del POR FESR che destina le risorse europee relative allo sviluppo regionale in tema di energia, è proprio lo sviluppo energetico sostenibile, soprattutto attraverso l’utilizzo delle fonti rinnovabili, il miglioramento dell’efficienza energetica e la promozione del risparmio energetico, in linea con quanto previsto dal Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR). L’ammontare globale dei bandi emanati finora è pari a 27 milioni di euro. 43 sono i progetti attualmente in graduatoria, molti dei quali presentati dagli

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Enti locali. Se fossero tutti finanziabili si attiverebbero oltre 21 milioni di investimento. “Vorrei sottolineare – ha concluso l’Assessore Donati - quanto sia lungimirante una pubblica amministrazione in grado di ottimizzare le sue necessità energetiche, dimostrando la volontà di individuare soluzioni votate al risparmio dei costi gestionali e amministrativi. È una Pubblica Amministrazione che comunica e promuove l’adozione di buone pratiche alla comunità e alle aziende e che dimostra come l’attenzione e il perseguimento di soluzioni sostenibili siano la reale differenza tra la politica spot e la politica sostanziale”. Sempre in tema di efficienza energetica in edilizia, sono riaperti i termini per la partecipazione ai corsi di formazione per certificatori della sostenibilità energetica e ambientale degli edifici. Il bando, disponibile su www.ambiente.regione. marche.it scade il 10 settembre 2010.

CON GLI SCOOTER ELETTRICI, LA REGIONE SALE IN SELLA AL RISPARMIO ENERGETICO Al via il progetto sperimentale Assessori e funzionari regionali d’ora in avanti in scooter, nel segno del risparmio economico ed energetico. Parte così il progetto sperimentale, nato da una collaborazione tra la Regione e il Gruppo Loccioni, che punta a sviluppare sistemi automatici di riduzione e monitoraggio delle emissioni climalteranti. Si parte con gli scooter elettrici, alimentati da pannelli fotovoltaici realizzati sui tetti dei palazzi Leopardi, già in dotazione alla Giunta e ai funzionari regionali per brevi spostamenti. Prossimo passo, la dotazione di auto elettriche e la successiva riqualificazione dell’intera sede della Regione sotto il profilo energetico, con una riduzione dei consumi termici ed elettrici, presto misu-

di Alberto Piastrellini

rabili attraverso un Leaf Meter dedicato, un misuratore di emissioni e di consumi installato proprio a Palazzo Raffaello. “Il miglior modo di ridurre le emissioni di gas climalteranti – ha sottolineato il Presidente della Regione Gian Mario Spacca - è sicuramente quello di non produrne. Evitare gli sprechi di energia, aumentando l’efficienza e ricorrendo all’innovazione tecnologica, si traduce direttamente nel taglio di emissioni e nel risparmio di costi. È per questo che abbiamo deciso di intraprendere un percorso di risparmio energetico, passando dalle parole ai fatti: mentre l’Italia sta pagando pesantissime penali all’Europa per il mancato rispetto del protocollo di Kyoto, la Regione Marche ha scelto di dotarsi di strumenti per quantificare le proprie performance energetico-ambientali al fine di migliorarle sempre più”. Ma la “rivoluzione energetica” sarà graduale. Partirà con la realizzazione di pannelli fotovoltaici sui palazzi della Regione per una potenza complessiva di 88 Kw, per un risparmio di 55 tonnellate di anidride carbonica all’anno e proseguirà prima con scooter e poi con auto elettriche. A testare i nuovi scooter, che consentiranno di percorrere circa 70 km con soli 50 centesimi di euro di ricarica elettrica, sono stati il Presidente della Regione, Gian Mario Spacca e gli Assessori Serenella Moroder, Pietro Marcolini e Marco Luchetti. “Vale più la concretezza di un impegno che si realizza che mille parole – ha concluso Spacca - Siamo convinti che il buon esempio deve venire proprio dalle pubbliche amministrazioni: Palazzo Raffaello è stato riqualificato energeticamente con una riduzione dei consumi. Ma oggi vogliamo spingerci anche oltre, contribuendo anche a una mobilità sostenibile e non inquinante. Speriamo di avere presto anche le auto elettriche che già vengono prodotte nelle Marche. La scelta di dotarci di mezzi elettrici sarà anche all’insegna del risparmio dei costi”.


TECHNORISK

UNA GUIDA SICURA PER LA STIPULA DI POLIZZE ASSICURATIVE Intervista all’Amministratore unico della Società di ingegneria assicurativa che ha nel proprio portafoglio clienti, numerosi enti Pubblici ed aziende della Regione

Il rapporto con la propria Agenzia di Assicurazione, per molti, si traduce in un disagio inevitabile, tuttavia, è nel momento del bisogno che si guarda con rammarico alla mancata stipula di una adeguata copertura assicurativa. Per una Azienda o un Ente Pubblico, poi, tale strumento assume un’importanza rilevante allorquando in gioco ci sono responsabilità civili e patrimoniali da mettere sul tavolo. In questi casi un aiuto arriva da una figura professionale poco conosciuta, anche fra gli addetti ai lavori: il broker. Per meglio conoscere questa figura e farci raccontare dalla viva voce di un professionista del settore il proprio lavoro, abbiamo intervistato Bruno Versace, Amministratore unico di Technorisk, Società di ingegneria assicurativa con sede in Ancona. Versace, può raccontarci brevemente la storia della Società? La Technorisk è stata creata nel 1995 dopo un lungo, percorso personale professionale che ho maturato nel mondo delle Assicurazioni sin dal 1968. La mia esperienza mi ha portato a ricoprire tutti i ruoli all’interno della gerarchia del settore, sino ad arrivare alla consulenza per conto di un importante gruppo svizzero di assicurazioni. Ad un certo punto della mia carriera ho voluto compiere il passo verso l’indipendenza e ho creato, quindi, una apposita So-

cietà di brokeraggio per poter erogare servizi particolari a favore di Aziende ed Enti pubblici. Soprattutto nei confronti di questi ultimi ho avuto la grande soddisfazione di gestire clienti importanti, cito, ad esempio il Comune di L’Aquila al quale nel ’98 avevo inserito fra le clausole assicurative proprio il terremoto, cosa che si è rivelata una scelta azzeccata. Nel mio portafoglio-clienti ci sono e/o ci sono stati Provincia e Comune di Vibo Valenzia, Assisi, Falconara e anche nel settore privato sono riuscito a raccogliere grandi soddisfazioni, tanto più oggi quando le Aziende richiedono la competenza e la professionalità di un consulente che sappia indirizzarle verso scelte vantaggiose e faccia da intermediario con le Compagnie assicurative. Cosa chiedono le Aziende e gli Enti che si rivolgono a Technorisk? Soprattutto gli Enti Pubblici, che spesso non hanno al loro interno un esperto del settore, chiedono la gestione dei contratti e la consulenza. La figura del broker non costa nulla all’Ente, dal momento che è pagato dalle stesse Agenzie e/o Compagnie che poi stipulano i contratti assicurativi e, in questo senso, il compito del broker è quello di studiare ed approntare i contratti che meglio rispondono alle richieste del cliente, dopo adeguata analisi dei rischi. Poi è l’ente stesso che tramite una gara pubblica aggiudica i contratti. Analogamente accade nelle imprese private, dove è ancora più forte la propensione all’ottimizzazione dei costi ed al risparmio complessivo, ricercando un equilibrio fra il premio assicurativo e le migliori garanzie offerte. Si consideri che un contratto ben fatto significa poi garanzia di pagamento veloce da parte delle Compagnie. Quali sono le coperture assicurative più richieste dagli Enti pubblici? Un caso esemplificativo e molto diffuso è quello legato alla responsabilità civile

dell’Ente in caso di sinistro dovuto ad incuria stradale. Generalmente è molto difficile stabilire, in caso di incidente, se l’infortunio è stato effettivamente procurato da insidia o trabocchetto, per cui la Compagnia paga e poi l’Ente si vede aumentare il premio. Poi ci sono le richieste di copertura per la responsabilità patrimoniale di dipendenti e amministratori oltre quelle previste per leggi e/o regolamenti. Si consideri che l’unica assicurazione obbligatoria, in Italia, è la RC Auto, tutte le altre sono volontarie, ma se non vengono stipulate il rischio e la responsabilità economica della mancata stipula, ricadono sull’Ente. Qual è l’entità dei costi per un Ente pubblico? Difficile quantificarlo, ma sono relativamente bassi: su un valore mobiliare ed immobiliare di un milione di euro se ne pagano circa 300, considerando che sono coperti rischi quali alluvioni e terremoti. Tali coperture per un semplice privato che voglia assicurare la propria abitazione, assumono un costo molto più rilevante. Quindi, il consiglio è: affidatevi ad un buon broker? Il nostro apporto si traduce nel miglioramento del rapporto qualità/prezzo nelle polizze stipulate, dal momento che solo professionisti di questo tipo riescono ad ottenere sul mercato prestazioni che altrimenti sarebbero impensabili; proprio in virtù del sistema di concorrenza innescato fra le Compagnie che il broker gestisce.

Via De Gasperi, 72 - 60125 - Ancona Tel. 0712814179 - Fax 0712818834 www.technorisk.it

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ARPA MARCHE

ROBERTO OREFICINI ROSI È IL NUOVO DIRETTORE GENERALE DELL’ARPAM di Nazareno Re

del proprio interesse le persone e la loro incolumità; la protezione ambientale è, invece, un’attività che si manifesta innanzitutto nei compiti di vigilanza , monitoraggio, ispezione che la legge affida all’ARPAM, dunque meno legata ai momenti di emergenza, anche se proprio nelle emergenze ambientali, così almeno mi pare di capire dai primi approcci con questo ambiente, si manifesta pienamente l’efficienza della struttura agenziale e l’efficacia del pronto intervento dei nostri tecnici.

Roberto Oreficini Rosi Direttore generale dell’ARPAM

Roberto Oreficini Rosi, capo del Dipartimento di Protezione civile della Regione Marche, è stato da pochi giorni nominato dalla Giunta regionale Direttore generale dell’ARPAM. Il nuovo incarico, specifica la delibera della Giunta, non prevede alcun compenso, dal momento che il campo di attività dell’ARPAM, così come delineato dalla legge istitutiva 60/97, è in buona misura complementare a quello della Protezione civile. Proprio su questo primo punto chiediamo al nuovo direttore dell’ARPAM un approfondimento. Dottor Oreficini, fino a che punto si può affermare che fare protezione civile e fare protezione ambientale sono attività complementari? In effetti, tra le due attività ci sono molte similitudini e altrettante differenze, che non debbono mai essere sottovalutate. La protezione civile, pur con i molti arricchimenti delle proprie competenze che è venuta conquistando negli anni e, se mi si consente, con le buone prove fornite sul campo, resta pur sempre un’attività che ha al centro

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Dunque il pronto intervento rende popolare l’ARPAM e ne esalta le caratteristiche.. Sì, ma è assolutamente certo che di questa popolarità faremmo volentieri a meno. Se non ci fossero sversamenti di liquami nei fiumi o nel terreno, se non ci fossero sversamenti a mare di prodotti petroliferi, se non ci fossero le fioriture di alghe tossiche come in questi giorni di fine estate, saremmo meno presenti sulla stampa e in tv, ma il nostro ambiente starebbe certamente meglio. E questo è l’obiettivo del nostro lavoro. L’ARPAM ha il compito di fornire supporto tecnico scientifico sui temi ambientali agli enti di governo del territorio ma è al contempo punto di riferimento per i cittadini, singoli o associati, che reclamano conoscenza dei dati ambientali. Come si concilia questo doppio rapporto? La conoscenza dei dati ambientali è oggi un diritto di cittadinanza sancito da una direttiva europea pienamente recepita dalla legislazione italiana, ed è innegabile che la consapevolezza dello stretto legame tra qualità dell’ambiente e qualità della vita sia largamente diffusa. Dunque abbiamo un doppio compito, quello di supportare con i nostri dati di conoscenza ambientale le scelte di politica ambientale degli Enti locali, delle Province e della Regione e, contemporaneamente, di dare

conto del nostro lavoro di vigilanza, monitoraggio e controllo anche all’opinione pubblica che rivendica in modo sempre più netto il diritto ad essere informata. E com’è organizzato il feedback dell’ARPAM? In altre parole, l’Agenzia come verifica l’efficacia del proprio operato? Da circa due mesi è on line nel nostro sito www.arpa.marche.it un questionario per verificare il livello di soddisfazione rispetto ai nostri servizi da parte di coloro che sono venuti in contatto con ARPAM. Sono arrivate sino ad oggi trenta risposte, per i due terzi (venti) compilate da enti locali, che sono, com’è naturale, i primi soggetti cui forniamo servizi. Ebbene, il livello di soddisfazione è per il 67% elevato e per il 12% molto elevato. L’altro aspetto che voglio segnalare, per concludere, è quello riferito alla mole del pronto intervento di ARPAM, cioè tutto quel lavoro di ispezione, non è routinario, ma che viene effettuato a seguito di segnalazioni. Si tratta di una delle prime relazioni che ho potuto vedere arrivando in Agenzia, e siccome mi sembra di grande interesse, credo sia utile dedicarle uno specifico spazio.

ARPA Marche Via Caduti del Lavoro, 40 int. 5 60131 Ancona Tel. 071 2132720 - fax 071 2132740 arpa.direzionegenerale@ambiente.marche.it www.arpa.marche.it


L’ATTIVITÀ DI PRONTO INTERVENTO DELL’ARPAM Accanto all’attività di vigilanza e controllo ambientale che la normativa regionale attribuisce all’ARPAM, l’Agenzia svolge una grande mole di pronto intervento su segnalazione di soggetti esterni, che possono essere gli Enti locali, le forze di Polizia, la Magistratura, i singoli cittadini e/o le loro associazioni e comitati. Tali segnalazioni giungono alla Direzione tecnico-scientifica ma molto più di frequente alle sedi del Dipartimenti provinciali dell’ARPAM e riguardano sia le matrici ambientali (es. inquinamento dell’acqua e dell’aria, anomalie nel ciclo dei rifiuti) che emissioni inquinanti (es. i rumori e le radiazioni elettromagnetiche). Al fine di dare conto di questa mole di lavoro, che testimonia le capacità operative dell’Agenzia e al tempo stesso la rapidità con cui esse vengono messe in atto, abbiamo elaborato i dati del pronto intervento su segnalazioni giunte alla Direzione tecnico scientifica nell’arco temporale 2001-2009. I dati relativi alle segnalazioni giunte ai Dipartimenti provinciali ARPAM, molto più numerose, sono ancora in fase di elaborazione. Per quanto riguarda la provenienza delle segnalazioni, il grafico 1 illustra la forte sensibilità ambientale dei cittadini marchigiani che da soli, o tramite le loro associazioni/comitati, raggiungono il 62% delle segnalazioni.

Il grafico 2 rappresenta l’oggetto delle segnalazioni, e di conseguenza la natura degli interventi dell’ARPAM

Il grafico 3 infine rappresenta la distribuzione territoriale degli interventi e dunque la ripartizione del coinvolgimento dei Dipartimenti provinciali dell’Agenzia. È bene ricordare, per concludere, che queste elaborazioni riguardano esclusivamente le segnalazioni giunte alla Direzione tecnico scientifica dell’Agenzia.

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COSMARI

“L’IMPRONTA ECOLOGICA NELLA MODA E NEL DESIGN” Anche il COSMARI ha partecipato, promuovendo un proprio evento all’edizione 2010 del Gran Galà della Moda di San Severino Marche. Un successo su tutta la linea per l’organizzazione dell’Associazione Attività Produttive di Renzo Leonori e per il Direttore artistico dell’evento Marco Moscatelli, che con la regista Chiara Nadenich firma anche la produzione a nome di Fabbrica Eventi. Dopo l’apertura dei lavori col convegno incentrato sul tema “L’impronta ecologica nella moda e nel design” di mercoledì pomeriggio, condotto dall’esperto in materia di ecosostenibilità Luca Romagnoli, in serata sono sfilate sulla scalinata di Villa Collio le collezioni create dai giovani dell’Università di Urbino - corso di Design e Moda presieduto da Galliano Crinella - e degli istituti superiori di moda della provincia di Macerata, con tanto di assegnazione di premi, dal valore economico, ai capi che la giuria presieduta dallo stilista Piero Guidi ha ritenuto più meritevoli. La platea era una sfida interessante e il dibattito si è attrezzato per non deluderla: di fronte agli studenti del corso di Design e Moda dell’Università di Urbino e degli istituti

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superiori di moda del territorio, il convegno “L’impronta ecologica nella moda e nel design” ha aperto l’edizione 2010 del gran Galà della Moda. In una Villa Collio finalmente baciata dal sole, presa d’assalto da ragazzi aspiranti stilisti con i loro mille colori e le opere esposte in sala - pronte per passare, in serata, alla scalinata che fa da passerella per le tre sfilate - si sono alternati autorità, tecnici ed esperti in un tema delicato, quello dell’ecocompatibilità in un settore cardine della produzione locale ed italiana. L’iniziativa, voluta dal Presidente del COSMARI Fabio Eusebi, dal Presidente dell’Associazione Attività Produttive Renzo Leonori e appoggiata dal Sindaco Cesare Martini, fa da seconda tappa al processo di ampliamento culturale che il gran Galà ha intrapreso dall’anno scorso con il tema dell’internazionalizzazione del Made in Marche. Quest’anno ci si è focalizzati sul Made in Italy e su come ottimizzare quest’eccellenza senza ridurre Madre Natura ai minimi termini. “Sta nascendo una forte attenzione verso la sostenibilità per il Presidente nazionale moda Confartigianato Giuseppe Mazzarella - per informare il consumatore che oltre alla qualità del prodotto il valore aggiunto del Made in Italy deve


essere il riguardo verso le materie prime che lo compongono”. Ha fatto non solo eco, ma ha anche portato esempi Mario Cicconi di Confartigianato Marche, con capi di pelletteria risultati da materie naturali, assolutamente unici. Fabio Eusebi, Presidente del COSMARI, è stato chiaro: “In ogni momento della vita mettiamo in gioco due sfide: energia e ambiente. Non possiamo sfruttare la terra ancora per molto, dobbiamo ripensare i consumi e l’utilizzo di risorse, ma ciò non significa andare incontro a rinunce, anzi. Oggi possiamo trarre molto dal riciclo, il COSMARI - uno dei migliori consorzi del centro Italia - lo dimostra”. Questa dimostrazione l’ha quantificata il moderatore Luca Romagnoli, che ha presentato in serata la sfilata dei capi degli studenti accanto a Chiara Giallonardo della RAI: ogni cittadino della provincia produce 1,4 kg di rifiuti al giorno, di cui oltre il 60% viene riciclato dal COSMARI e reimmesso nel mercato. Per il Consorzio Nazionale Acciaio era presente Roberto Paoloni, che ha messo in evidenza l’attività e gli ottimi risultati raggiunti dal Consorzio nella raccolta degli imballaggi in acciaio, mettendo in risalto l’importanza di iniziative del genere dove, giustamente, il riutilizzo viene prima del riciclo. Paolo Capponi di Confartigianato Moda Macerata ha illustrato il marchio 100% Made in Italy, che garantisce per legge al capo ideazione, produzione e confezionamento in territorio italiano. Un valore aggiunto che va oltre il semplice Made in Italy e che gli artigiani maceratesi stanno sposando in maniera importante. Ben si sposa con questa linea il pro-

getto “RifUse”, illustrato da Laura Boccanera, nato dalla semplice idea di usare il rifiuto come risorsa di design. Una performance animata dai ragazzi su oggetti di design quotidiano come sedie, lampade e appendiabiti ha mostrato come una seconda vita del prodotto sia non solo bella, ma anche funzionale. Nella sfilata serale sono stati infine consegnati i premi agli studenti per le loro collezioni, con riconoscimenti economici a quelle che la giuria presieduta dal famoso stilista Piero Guidi ha decretato meritevoli del premio “Creatività e Moda 2010”, ovviamente improntato al riciclo e all’ecosostenibilità. “Perché questa terra - ha concluso Romagnoli citando un motto Sioux non ci è stata regalata dai nostri padri, ma ci è stata prestata dai nostri figli”.

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