ReA novembre 2010

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Free Service Edizioni

n°11 Novembre 2010 Anno XI

Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona

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CANCÚN, MEXIC O 2010

n° NOVEMBRE

11 2010

Anno XI €

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In copertina: Immagine costruita da DiploFoundation, organizzazione no-profit con sede a Malta, che svolge attività di rafforzamento della partecipazione

n°11 Novembre 2010 anno XI

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

Climate Change Talks di Tianjin (4-9 ottobre 2010) “Non c’è alcuna luce alla fine del tunnel” Ormai si guarda a Johannesburg (2011)

8 Alla Conferenza di Cancún sarà uno dei temi più caldi Tecnologie per le energie pulite: ecco chi ne possiede i brevetti Nessun accordo sul clima senza il loro trasferimento PVS

10 Quel che i Climate Change Talks di Tianjin hanno sottaciuto China vs Stati Uniti: la battaglia per l’energia pulita Ma è soprattutto guerra economico-finanziaria

12 Dai dati ISPRA si conferma l’anomalia termica positiva dal 1961 ad oggi L’Italia si sta scaldando più degli altri paesi L’intero bacino del Mediterraneo a rischio per gli effetti del global warming


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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Rimini, 3-6 novembre 2010 Per quattro giorni a ECOMONDO le azioni, le tecnologie e il business sostenibile In aumento il numero dei visitatori (+2,8% sul 2009)

40 Digitall srl Re-board: re-inventa il tuo spazio, rispettando l’ambiente

I Convegni di Regioni&Ambiente ad ECOMONDO di AA.VV.

INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Presentato da FISE UNIRE e FoSS l’annuale Rapporto L’Italia del Riciclo 2010 Si riciclano meno quantità e ne vengono esportate di più

32 Pubblicati due Rapporti che confermano la riduzione delle emissioni UE L’Europa è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di Kyoto Rimangono fuori dal conteggio quelle nascoste sotto il tappeto cinese

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SERVIZI AMBIENTALI

GRUPPO GE.SE.N.U. Igiene ambientale: 30 anni di successi Ma anche green economy

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QUALITÀ E AMBIENTE

Presentato il 1° Rapporto nazionale sulla pianificazione paesaggistica “Paesaggio, la tutela negata” Il brand non vende senza identità del territorio

di Anna Rita Rossi

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Pubblicate dalla Commissione UE le Linee Guida per conciliare energia eolica e biodiversità Eolico e aree protette possono coesistere L’inadeguatezza della progettazione mette in pericolo specie ed habitat

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EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE

Si diffonde a Parigi l’attivismo di Guerrilla Gardening “Un fiore è nato sulla strada” Contro il degrado e il grigiore della vita urbana di Massimo Lombardi

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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE a

Conclusa la 10 Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (18-29 ottobre 2010) A Nagoya anche il cappello di Indiana Jones sul tavolo negoziale Adottato un Piano di mediazione con obiettivi inferiori a quelli preventivati

48 A Nagoya presentato il Report del WWF International L’Amazzonia che vive La necessità di preservare questa risorsa “vitale”

51 Presentato il Rapporto finale del TEEB Mettere al centro l’economia della natura Il valore dei servizi ecosistemici deve far parte delle decisioni politiche ed imprenditoriali

54 Le Risorse Fitogenetiche Mondiali per l’Alimentazione e l’Agricoltura La biodiversità agricola: usarla o la si perde! In natura varietà poco studiate in grado di resistere ai cambiamenti climatici

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AGENDA 21

Parte Energy for Mayors Il Progetto si propone di aumentare le adesioni al Patto dei Sindaci di Elisabetta Mutto Accordi

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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

Presentato in anteprima “State of the World 2011” “Nutrire il Pianeta”: la madre di tutti i problemi A Terra Madre 2010 il Workshop del WorldWatch Institute

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€CO-FINANZIAMENTI

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I QUESITI DEL LETTORE

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AGENDA - Eventi e Fiere AMBIENTE ABRUZZO NEWS AMBIENTE MARCHE NEWS


CAMBIAMENTI CLIMATICI

Climate Change Talks di Tianjin (4-9 ottobre 2010)

“NON C’È ALCUNA LUCE ALLA FINE DEL TUNNEL” Ormai si guarda a Johannesburg (2011)

“Per Cancún non sono state soddisfatte le condizioni per adottare un nuovo Protocollo post-Kyoto” (AFP, 18 ottobre 2010) così si è espressa dopo la sessione straordinaria cinese Patricia Espinosa, Ministro degli Esteri del Messico, il Paese che ospiterà la 16a Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) dal 29 novembre al 10 dicembre 2010. Se tale affermazione può essere intesa come necessità di non caricare l’evento messicano di aspettative che non sarà in grado di soddisfare, determinando atteggiamenti di delusione sui risultati come, purtroppo, è accaduto a Copenhagen, non c’è dubbio che tale conclusione trova oggettivi riscontri nelle conclusioni dei Climate Change Talks, svoltisi dal 4 al 9 ottobre a Tianjin (Tientsin, come era chiamata la città cinese al tempo dell’occupazione coloniale, dopo la rivolta dei Boxer e dove c’è un quartiere italiano in stile liberty versiliese, poiché il Regno d’Italia ha mantenuto una piccola concessione territoriale dal 1901 al 1943, utilizzata soprattutto come sede diplomatica). In Cina il Gruppo di Lavoro sulle Azioni a Lungo Termine (AWG-LCA 12) doveva proseguire i lavori sul testo negoziale quale era uscito dopo i Climate Change Talks di Bonn, che presentava molti punti di contrasto tra le Parti; mentre quello sul Protocollo di Kyoto (AWG-KP 14) doveva verificare le varie posizioni sul testo preparato dal suo Presidente (cfr: “Ora c’è la pentola, ma non si sa ancora cosa cucinare”, in Regioni&Ambiente, n. 8/9 agosto-settembre 2010, pp. 6-8). Se qualche risultato il primo Gruppo è riuscito a conseguire, almeno in materia di finanziamento e trasferimento delle tecnologie, nell’altro Gruppo non c’è stato alcun miglioramento per quanto attiene gli obiettivi di riduzione delle emissioni, tanto che sul testo redatto dal Presidente si è deciso di rinviare al 29 ottobre le proposte di modifica e integrazione.

Anche il Segretario Esecutivo dell’UNFCCC, Christiana Figueres nel corso della Conferenza stampa conclusiva, pur esprimendo, come di prammatica, un cauto ottimismo (“Questa settimana ci si è avvicinati ad un insieme strutturato di decisioni che possono essere prese a Cancún”), ha comunque affermato che al momento ci sono posizioni troppo distanti su alcuni aspetti che devono essere, quindi, accantonati per essere rinviati a successivi incontri (“I Governi hanno individuato quel che è fattibile in Messico e quel che deve essere ripreso in altro momento. In Messico dimostreremo al mondo che ci siamo impegnati per intraprendere i futuri ed essenziali passi sui cambiamenti climatici e che il percorso multilaterale è l’unico ed equo per risolvere i problemi globali”). Proprio il multilateralismo, invece, ha Tianjin ha mostrato tutte le sue difficoltà, riconosciute dalla stessa Figures allorché ha aggiunto di comprendere, comunque “il disappunto per il processo multilaterale, ma tale opzione non è semplice”. In effetti, si è palesato uno scontro molto duro tra la Cina, che parlava anche a nome degli altri Paesi BASIC (Brasile, Sudafrica, India) e G77, e gli Stati Uniti che esprimevano le posizioni degli altri Paesi sviluppati. “I Colloqui sono stati seguiti come uno spettacolo di cui Cina e Stati Uniti erano gli interpreti, con tutti gli altri a nascondersi dietro il dramma”, ha affermato Yang Ailun, responsabile Clima ed Energia di Greenpeace China. Il fatto è che mentre i Paesi emergenti, divenuti anche grandi emettitori di carbonio, ribadiscono il principio base del Protocollo di Kyoto delle “Responsabilità comuni, ma differenziate”, i Paesi sviluppati non vogliono più sentir parlare di distinzioni e chiedono alle economie BASIC di accettare obiettivi vincolanti alle emissioni ed un regime di misurazione, reporting e verifica (MRV), a garanzia degli obiettivi stessi, che non è accettato sulla base del principio di “sovranità”.

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Ad un certo punto si è addirittura rischiata la rottura dei negoziati, quando il Capo negoziatore USA a Tianjin, Jonathan Pershing, dopo aver accusato i BASIC di voler rimettere in discussione gli elementi base del Copenhagen Accord ha minacciato che “Se le cose dovessero procedere con questo andamento, potremmo valutare la possibilità di processi alternativi”. Tale affermazione è stata interpretata non solo come esplicito riferimento che le diplomazie dei Paesi sviluppati si stanno muovendo per altre soluzioni, qualora non si dovesse raggiungere un accordo per il post-Kyoto, ma come un vero e proprio tentativo di affossare il Protocollo del 1992, che i Paesi in via di sviluppo ritengono essere l’unico strumento giuridicamente vincolante, in grado di costringere i Paesi industrializzati a ridurre le proprie emissioni. L’Accordo raggiunto Copenhagen dai Paesi che rappresentano l’80% delle emissioni globali, non è di fatto vincolante a livello internazionale, né politicamente né legalmente, non riportando alcun esplicito riferimento ad un processo per lo sviluppo del postProtocollo di Kyoto. C’è da osservare che, valutati gli impegni dei singoli Paesi quali derivano dalla sottoscrizione volontaria al Segretariato UNFCCC e consegnati entro il 31 gennaio, Studi di importanti Istituti di Ricerca hanno rilevato che essi non sono sufficiente a far limitare il riscaldamento globale a 2 °C entro la fine del secolo (cfr: “Falliscono l’obiettivo di contenimento del riscaldamento entro i 2 °C”, in Regioni&Ambiente, n. 3, marzo 2010, pp. 6-8), obiettivo che stato indicato come necessario, tenendo conto delle indicazioni degli scienziati. Nel corso della sessione cinese, WWF international ha distribuito il Report “Plugging the gap” (Chiudiamo la falla [climatica]”, che mostra come le ultime analisi scientifiche indichino che possiamo inquinare al massimo per 40 Gigatonnellate di gas CO2 equivalenti ogni anno, fino al 2020, per evitare


fenomeni catastrofici. Purtroppo, pare che il mondo si avvii verso livelli molto più alti, tra le 47.9 e le 53.6 Gigatonnellate annue se ci si basa sugli impegni di riduzione delle principali economie mondiali. Le analisi del WWF mostrano come i Governi abbiano più di una possibilità per ridurre il “gap” climatico che separa gli impegni presi da quelli davvero necessari. Le opzioni per i Paesi sviluppati prevedono la rapida trasformazione e riconversione a “bassa intensità” di carbonio, assicurando contemporaneamente la garanzia di un sostegno finanziario alle azioni più avanzate di riduzione dei gas serra nei paesi in via di sviluppo; vanno anche regolamentati i settori (aviazione e trasporto marittimo) e gas serra che ancora non rientrano nel regime internazionale sul clima. Se questi impegni dovessero fallire il mondo rischia di spendere oltre il limite possibile il “budget” di carbonio ancora a disposizione, ovvero la quota complessiva di emissioni che possiamo ancora produrre prima di superare la soglia limite di 1,5 °C di riscaldamento globale rispetto ai livelli pre-industriali. Inoltre, l’Accordo prevedeva anche una mobilità veloce (fast start) di una prima tranche di risorse finanziarie, pari

a 30 miliardi di dollari per il biennio 2010-2012, messe a disposizione per le azioni di adattamento dei Paesi in via di sviluppo, che sono anche i più sensibili, economicamente e socialmente, agli impatti dei cambiamenti climatici. Tali risorse qualora disponibili, sarebbero in grado di assolvere agli obiettivi, secondo l’analisi “Developed Country Fast-Start Climate Finance Pledges”, pubblicata il 6 ottobre 2010 e condotta sulla base delle informazioni disponibili in merito agli impegni annunciati finora dai Paesi sviluppati. Questi impegni costituiscono anche l’opportunità di costruire un clima di fiducia tra i Paesi in via di sviluppo e quelli industrializzati che favorirebbero anche i progressi per un accordo post-Kyoto. Comunque, l’UNFCCC ha già predisposto un Progetto sulle modalità di raccolta dei 100 miliardi di dollari annui, che verrà diffuso alla vigilia di Cancún, che costituirà la cartina di tornasole per verificare la volontà di proseguire nel negoziato. Come si diceva, i colloqui per gli obiettivi di riduzione non hanno fatto alcun passo in avanti. I Paesi in via di sviluppo vogliono che i Paesi industrializzati assumano obiettivi più ambiziosi di quelli che hanno anticipato, quelli industrializzati vogliono includere in tali

obiettivi anche i BASIC. I Cinesi hanno fatto presente in più occasioni che l’obiettivo statunitense del 17% rispetto al 2005 entro il 2020, equivale ad un taglio reale del 3% rispetto ai livelli del 1990, anno di riferimento del Protocollo di Kyoto e che gli altri Paesi sviluppati devono ridurre le loro emissioni più degli obiettivi proposti. “Un Paese sviluppato di cui non farò il nome - ha dichiarato il Capo negoziatore cinese, Su Wei - Non ha fornito finanziamenti né tecnologie agli altri Paesi, ma chiede loro di accettare il controllo rigoroso delle azioni volontarie nazionali. È una cosa scandalosa e assolutamente inaccettabile”. I Paesi BASIC si sono poi riuniti il lunedì successivo alla conclusione dei Climate Change Talks, ribadendo che nessun accordo sul clima potrà includere i tentativi della nazioni sviluppate di imporre sanzioni commerciali per gli emettitori di carbonio. Nell’occasione, il Ministro indiano dell’Ambiente Jairam Ramesh che già aveva commentato la conclusione dei colloqui di Tianjin con “Non c’è alcuna luce alla fine del tunnel”, ha proposto che tale decisione venga riproposta tout court alla Conferenza di Cancún.

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Alla Conferenza di Cancún sarà uno dei temi più caldi

TECNOLOGIE PER LE ENERGIE PULITE: ECCO CHI NE POSSIEDE I BREVETTI Nessun accordo sul clima senza il loro trasferimento PVS

Fin dalla Conferenza UNFCCC di Bangkok (2008), la questione dei brevetti delle clean energy technologies (CET) si era posta in tutta evidenza con l’esplicita richiesta del G 77 (Paesi in via di sviluppo) di indebolire i diritti di proprietà intellettuale (DPI) sulle tecnologie per la produzione di energia pulita e di riduzione del carbonio, che costituirebbero un ostacolo al loro trasferimento dai Paesi più industrializzati a quelli in via di sviluppo. Appellandosi ad alcuni commi dell’Articolo 4 della Convenzione, che prevedono l’impegno dei Paesi industrializzati a fornire sostegno finanziario e trasferimento tecnologico per consentire ai Paesi in via di sviluppo di affrontare efficacemente i cambiamenti climatici in atto (anche se la Convenzione non fa un esplicito riferimento ai diritti di proprietà intellettuale e di brevetto), i Paesi BASIC (Cina, India, Brasile e Sudafrica) hanno avanzato la proposta di estendere alle green technologies la moratoria WTO sui brevetti per farmaci, prevista in situazioni di emergenza sanitaria.

ta da una serie di altre imprese (gli imitatori) che affolleranno il settore, nella speranza di condividerne i benefici. Seppur i vantaggi della prima impresa innovatrice diminuiranno, l’affollamento di imitatori provoche-

Non c’è dubbio che il problema sarà uno di quelli più dibattuti a Cancún, ma anche uno di quelli su cui potrebbe essere trovata una mediazione dal momento che per uscire dalla depressione economica è indispensabile una fonte UNEP, foto Paul Langrock diffusione innovativa a grappolo (clusters), come aveva già intuito rà crescita, investimento e profitto di cent’anni fa Joseph Alois Schumpeter certi settori industriali, collegati tra di loro (The Theory of Economic De(1883-1950). Secondo l’economista austriaco, se velopment - 1911, originariamente in un’impresa, all’interno di un dato tedesco e successivamente tradotta in settore, introduce con successo un’in- inglese). novazione importante, questa sarà ampiamente ricompensata da profitti Mentre le discussioni in merito al trasuperiori alla soglia normale e segui- sferimento delle tecnologie “pulite” si

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sono basate finora su dati empirici, lo studio “Patents and Clean Energy: bridging the gap between evidence and policy” (Brevetti ed Energia Pulita: colmare il divario tra l’evidenza e la politica) realizzato da UNEP (il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), EPO (l’Ufficio Europeo per i Brevetti) e ICTSD (il Centro Internazionale per il Commercio e lo Sviluppo Sostenibile) e presentato a Tianjin il 7 ottobre 2010, durante i Climate Change Talks supplementari in Cina, costituirà una base concreta di analisi. “Una crescita esponenziale di utilizzo e diffusione delle Tecnologie Pulite per l’Energia a livello globale, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, è fondamentale per efficaci attività di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici - ha osservato Ricardo MeléndezOrtiz, Direttore esecutivo ICTSD - Questo studio fornisce la prova egli elementi-chiave per un migliore comprensione delle sfide che devono essere affrontare per questo obiettivo”. La prima conferma che proviene dal Rapporto, che ha individuato 400.000 brevetti riguardanti le CET su 60 milioni depositati, è che il loro numero è andato progressivamente aumentando dalla sottoscrizione del Protocollo di Kyoto (1997) ad oggi, con un incremento medio annuale del 20%, superando così quello delle fonti energetiche tradizionali, compreso il nucleare. È chiaro che le “decisioni politiche” assolvono ad un ruolo trainante per stimolare lo sviluppo tecnologico in grado di affrontare i cambiamenti climatici: “Le politiche e la cornice normativa influenzano notevolmente i modi con cui le imprese investono in


innovazione - ha sottolineato Benoit Battistelli - I brevetti forniscono informazioni sulle tecnologie esistenti, sul loro livello di sviluppo e sulla loro diffusione geografica, agevolando un dibattito documentato sui cambiamenti climatici”.

biamenti climatici hanno dato il via alla creatività per tecnologie low carbon e soluzioni per un uso efficiente delle risorse - ha affermato Achim Steiner, Direttore esecutivo UNEP - La sfida è ora quella di trovare i modi in cui

L’altra situazione che emerge dal Rapporto è che sono 6 Paesi dell’OCSE i depositari dell’80% dei brevetti CET, con Giappone al 1° posto, seguito da USA, Germania, Corea del Sud, Francia e Gran Bretagna, anche se alcuni Paesi in via di sviluppo, come Cina, India e Brasile, stanno recuperando velocemente terreno. Tra i vari settori delle CET, il numero maggiore di brevetti è detenuto dal solare fotovoltaico, seguono quindi l’eolico, la cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), i biocarburanti, l’idroelettrico e dal mare, il ciclo combinato a gassificazione integrata (IGCC), il geotermico, il solare termico. Per il fotovoltaico si segnala il Giappone, con il 45% dei relativi brevetti; per l’eolico e il solare termico, la Germania; per CCS, biocarburanti, idroelettrico e mare, IGCC e geotermia, gli USA. Tra i Paesi in via di sviluppo, la Cina ha la quota maggiore di brevetti nell’eolico, mentre India e Brasile per il fotovoltaico e idroelettrico. In generale chi brevetta in CET sono le Industrie (60%), le Università (18%) e gli Enti pubblici (4%). Per quanto attiene le licenze, solo il 15% dei titolari di brevetti CET sono favorevoli a cedere licenze significative sull’intero portafoglio brevettale. In particolare, il 58% degli intervistati non ha mai concesso licenze a Paesi in via di sviluppo; il 25% non ha mai concesso ad alcuno una licenza, ma il 70% di costoro si è dichiarato “flessibile” nel concedere una licenza ai Paesi poveri. “Lungi dall’essere un peso sulle economie e sull’innovazione, gli sforzi internazionali per combattere i cam-

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questi progressi possono essere diffusi, distribuiti e trasferiti in tutto il mondo, affinché i benefici per le economie e il clima siano condivisi da molti, piuttosto che da pochi”.


Quel che i Climate Change Talks di Tianjin hanno sottaciuto

CHINA vs STATI UNITI: LA BATTAGLIA PER L’ENERGIA PULITA Ma è soprattutto guerra economico-finanziaria

“E debbasi considerare come e’ non è cosa più difficile a trattare, né più dubbia a riuscire né più pericolosa a maneggiare, che farsi capo a introdurre nuovi ordini”. (Niccolò Machiavelli, “Il Principe”, Cap. VI, capo 5) Il pensiero del Segretario fiorentino apriva il dettagliato ed esaustivo Piano che il President Climate Action Project, un think tank presso l’Università di Denver in Colorado, aveva elaborato nel 2007, con le indicazioni che il futuro 44° Presidente USA avrebbe dovuto affrontare per la riduzione delle emissioni di CO2 nei prossimi decenni, basate sulla scienza del clima e pensate per stimolare l’innovazione ad ogni livello dell’economia americana. La frase sopra richiamata era stata volgarizzata in “Non vi è niente di più difficile da prendere in mano, più pericolosa per la condotta o più incerto del suo successo di quanto non sia l’assunzione di un ruolo guida nella creazione di un nuovo ordine delle cose”, e come tale era successivamente circolata on line in occasioni diverse ed in differenti contesti, tanto che se n’è persa la fonte: ragion per cui abbiamo voluto riproporre il testo originario. Dobbiamo riconoscere che l’avvertimento si è rivelato come una premonizione, dal momento che il Presidente, poi eletto, Barack Obama che quelle linee guida ha cercato di implementare, ha trovato ostacoli superiori a quelli che si sarebbe aspettato, visto che il cosiddetto Climate Bill, la proposta di Legge che dovrebbe definire, tra l’altro, le quote di riduzione delle emissioni di gas climalteranti negli USA, è tuttora bloccato al Senato, dopo essere passato per pochi voti alla Camera dei Rappresentanti (cfr. “Obama vince la prima partita, ma con grande sofferenza”, in Regioni&Ambiente, n. 7 luglio 2009, pp. 20-22). Gli osservatori d’oltre oceano danno per certa la “morte” della Waxman-Markey (così è conosciuta la Legge dal nome dei due deputati democratici proponenti), perché è avversata unanimemente dai Repubblicani e non è sostenuta adeguatamente dai Democratici. Se poi si tiene conto che con le votazioni di inizio novembre (Mid-term Elections), si rinnoverà la Camera dei Rappresentanti ed un terzo del Senato, anche se non conosciamo l’esito del voto nel momento di chiudere questo articolo, è assai probabile il suo affossamento. Storicamente, infatti, le elezioni di metà-mandato non sono favorevoli al partito del Presidente in carica, e il Partito Repubblicano nel suo programma elettorale dal titolo “Pledge to America” (Impegno per l’America) ha condensato in una sola frase la sua politica energetica: “ Ci batteremo per aumentare l’accesso alle fonti energetiche domestiche e ci opporremo ai tentativi di imposizione di

una tassa energetica nazionale di tipo cap and trade [corrispondente all’ETS europeo e punto nodale della proposta di Legge statunitense sul clima]”. Cap and trade o emission trading è un meccanismo che si basa essenzialmente sull’aumento dei prezzi dell’energia per ridurre le emissioni di gas serra, e questo obiettivo, collocato nel contesto della peggiore recessione economica degli ultimi 70 anni, non è attraente per gli elettori americani che non intravedono rapporto concreto tra un aumento del prezzo del carbonio o una riduzione delle emissioni e la creazione di green jobs o clean energy economy. Il passaggio da un sistema energetico, essenzialmente basato sui combustibili fossili, verso quello pulito delle rinnovabili presuppone un costo che gli statunitensi non sembrano essere disponibili a pagare in questo momento in cui la differenza di prezzo è ancora troppo sbilanciata a favore delle tecnologie tradizionali. Di questa contraddizione si è resa ben conto la Cina che, per bocca del suo negoziatore senior a Tianjin, Li Gao ha indicato che “il maggior ostacolo è costituito dagli USA che, non avendo una legislazione nazionale, non possono sottoscrivere alcun documento giuridicamente vincolante a livello internazionale”. Come a dire: perché la Cina dovrebbe accettare limiti vincolanti di riduzioni delle emissioni nel quadro di un accordo globale, mentre gli USA non riescono a promulgare una legge nazionale di contenimento del global warming? Sul sito di Carbon Retirement, una Società inglese di consulenza e commercio dei titoli di compensazione del carbonio, il 19 ottobre è apparso un articolo in cui si affermava che “Se a Copenhagen, gli USA hanno potuto utilizzare il rifiuto della Cina ad assumere impegni vincolanti per non agire, a Tianjin si è evidenziato che questa scusa non regge più, perché i Cinesi non aspettano un accordo internazionalmente vincolante per assumere sul fronte interno un ruolo guida nell’azione per il clima”. La Cina, infatti, sta investendo massicciamente nelle rinnovabili, così da divenire nel corso del 2010 il Paese che investe di più al mondo nelle rinnovabili, dopo aver conseguito l’altro, non invidiabile, primato mondiale di maggior emettitore, anche se i cinesi lo contestano, preferendo rapportare i dati delle emissioni al numero di abitanti). Secondo l’ultimo Rapporto (settembre 2010) Renewable Energy Country Attractiveness Indices, redatto da Ernst&Young, Società di consulenza leader mondiale dei servizi professionali alle imprese, la Cina nel 1° semestre del 2010 ha soppiantato gli USA come Paese capace di

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attrarre gli investimenti nelle energie rinnovabili. “La Cina ha dalla sua tutti i vantaggi relativi a capitali, volontà politica e enorme mercato - ha osservato Ben Warren, Direttore della sezione Energie Rinnovabili di Ernst&Young - Ci aspetteremmo di vedere la Cina mantenere questa posizione dominante”. Così, mentre il Paese asiatico ha fissato per legge l’obiettivo di trarre entro il 2020 il 15% dell’energia elettrica consumata dalle rinnovabili, gli USA non riescono a darsi un quadro legislativo che permetta alle industrie del settore di crescere. “Sebbene gli Stati Uniti rimangano un Paese molto attraente per gli investitori delle energie rinnovabili - gli ha fatto eco il suo collega Managing partner per la Sezione Cina, Ringo Choi - non c’è quel sostegno legislativo in grado di fornire la fiducia a lungo termine di cui gli investitori avrebbero bisogno”. La Cina non può costituire di certo un punto di riferimento per politiche ambientali, poiché sta subendo le conseguenze di 30 anni di rivoluzione industriale basata sull’energia prodotta dal carbone (inquinamento atmosferico pesantissimo; scarsa qualità dell’acqua potabile; inquinamento delle acque superficiali; malattie conseguenti alla contaminazione da metalli pesanti dei suoli), tuttavia è indubbio che le questioni ambientali sono ormai seguite al più alto livello politico. Jonathan Pershing, l’inviato speciale degli USA a Tianjin, in assenza del Capo negoziatore Todd Stern, ha dovuto ammettere di essere stato “impressionato per gli sforzi cinesi nella riduzione delle loro emissioni. La Cina ha investito enormemente e si è impegnata seriamente nei programmi di rinnovamento delle sue infrastrutture e delle energie rinnovabili”.

Pur affermandosi come potenza leader per gli investimenti in energia pulita, la Cina ha un fabbisogno energetico tale che la domanda di combustibili fossili continua, comunque, a crescere senza sosta. È evidente che fino a quando l’energia pulita non sarà diffusa, disponibile e, soprattutto, a buon mercato, il Dragone continuerà a soddisfare la maggior parte del suo fabbisogno energetico con i combustibili fossili (cfr. “Nessun accordo sul clima senza il basso costo dell’energia verde”, in Regioni&Ambiente, n. 7 luglio 2010, pp. 12-14). Siamo solo all’inizio di quella che Nick Hodge, brillante analista delle tecnologie pulite e capo redattore di Alternative Energy Speculator ha chiamato “La battaglia per l’energia pulita” (“The Clean Energy Battle” - dicembre 2009) e che sta assumendo anche contorni giuridico-commerciali, visto che a seguito di una petizione formulata dal Sindacato statunitense dei lavoratori siderurgici (United Steelworkers), gli USA hanno avviato un’inchiesta per investigare sulla validità delle accuse formulate alla Cina in merito alla contravvenzione alle regole del WTO sul commercio internazionale per le sovvenzioni statali alle energie rinnovabili. “Tali accuse sono insussistenti e prive di fondamento - ha ribattuto nel corso di una Conferenza stampa il 17 ottobre Zhang Guobao, a Capo dell’Ufficio Nazionale per l’Energia - le sovvenzioni cinesi alle società del settore delle nuove energie sono molto basse mentre gli USA durante i primi 9 mesi del 2010 hanno sovvenzionato il settore con 4,6 miliardi di dollari. È l’invio di un segnale sbagliato di protezionismo commerciale al resto del mondo”. È chiaro che non si tratta solo di green war, ma di una ben più ampia e preannunciata trade war che è solo agli inizi.

Tabella comparativa degli obiettivi e dei risultati delle azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici di Cina e USA, dove si può constatare che quelli cinesi sono uguali o superiori a quelli statunitensi, ma elemento ancora più importante è che si stanno attuando

fonte: Nick Hodge, The Clean Energy Battle

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Dai dati ISPRA si conferma l’anomalia termica positiva dal 1961 ad oggi

L’ITALIA SI STA SCALDANDO PIÙ DEGLI ALTRI PAESI L’intero bacino del Mediterraneo a rischio per gli effetti del global warming Il 22 ottobre 2010, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha presentato il V Rapporto sul clima in Italia che illustra l’andamento nel corso del 2009 dei principali indicatori climatici derivati dal Sistema nazionale per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione dei dati Climatologici di Interesse Ambientale (SCIA). Realizzato con la collaborazione e con i dati degli organismi titolari di molte delle principali reti osservative presenti sul territorio nazionale (Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare, l’Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia applicate all’Agricoltura, 9 Agenzie Regionali e Provinciali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA/ APPA), il Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano (SIAS) e il Servizio Agrometeorologico delle Marche), il Rapporto indica, sulla base degli indicatori di temperatura e precipitazioni tratti da 770 stazioni distribuite sull’intero territorio nazionale, che il 2009 in Italia è stato un anno sensibilmente più caldo della norma, come peraltro era avvenuto nei 3 precedenti anni, con un’anomalia media di + 1.19 °C rispetto al trentennio di riferimento 1961-1990. Inoltre, come negli ultimi 11 anni, ad eccezione del 2005, l’anomalia positiva della temperatura media nel nostro Paese è stata superiore a quella media globale sulla terraferma (+0.76 °C). Il 2009 è stato il diciottesimo anno consecutivo con anomalia termica positiva, con un valore medio per il territorio nazionale che si colloca al 5 nel periodo che va dal 1961 ad oggi. Come già nel 2008, il valore più alto di anomalia della temperatura media è stato registrato nelle regioni

settentrionali (+1.44 °C), seguito da +1.31 °C al Centro e +0.92 °C al Sud e sulle Isole. I valori di anomalia mensile sono stati positivi in tutti i mesi dell’anno ad eccezione dei mesi di dicembre al Nord e febbraio ed ottobre al Centro, al Sud e sulle Isole. Maggio e agosto sono stati i mesi più caldi rispetto alla norma. Anche gli indicatori degli estremi di temperatura confermano l’anomalia termica positiva che ha caratterizzato il 2009. Il numero di giorni con gelo, cioè il numero medio di giorni con temperatura minima minore o uguale a 0 °C, è stato inferiore al valore normale del trentennio di riferimento, mentre il numero di notti tropicali, cioè con temperatura minima maggiore di 20 °C, e il numero di giorni estivi, cioè con temperatura massima maggiore di 25 °C, sono stati superiori ai rispettivi valori normali. Il numero medio di notti tropicali nel 2009 è il quarto valore più alto a partire dal 1961. Relativamente agli indicatori di intensità, durata e numero delle onde di calore, il 2009 si colloca al 7°, 7° e 6° posto, rispettivamente, dell’intera serie dei valori medi a partire dal 1961. Per quanto riguarda fonte: ISPRA le precipitazioni, al Nord sono state complessivamente superiori alla media climatologica, ad eccezione di alcune zone dell’Emilia Romagna e del Piemonte; al Centro l’anomalia è stata quasi ovunque negativa ad eccezione dell’Abruzzo, mentre al Sud e sulle Isole l’anomalia è stata positiva, con punte di eccedenza di precipitazione rispetto alla media sulla Sicilia occidentale. Il 2009 sembra confermare la tendenza ad un aumento delle precipitazioni al Sud, interrotta lo scorso anno. Negli ultimi otto anni al

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Sud le precipitazioni sono state sempre superiori alla media ad eccezione del 2008 e il valore medio della precipitazione cumulata annuale del 2009 si colloca al sesto posto della serie dal 1961. Viceversa, al Nord nel 2009 le precipitazioni sono state in media lievemente inferiori al valore normale, e dal 2003 l’anomalia media di precipitazione annuale è stata sempre negativa ad eccezione del 2008. “Come noto lo studio del clima e il riconoscimento di eventuali segnali di cambianto climatico, non possono basarsi su dati di breve periodo, né tantomeno sull’analisi di singoli eventi, anche estremi - ha osservato Franco Desiato, Climatolo dell’ISPRA e curatore del Rapporto - Essi necessitano, invece, dell’analisi di lunghe serie di dati e dell’aggiornamento costante, anno dopo anno, degli indicatori climatici”. Ma è tutto il bacino del Mediterraneo ad essere sottoposto ad aumento delle temperature e della siccità, con pericolo

di innalzamento del livello del mare. La Grecia si è fatta interprete della necessità che i Paesi che vi si affacciano riconoscano le gravi minacce dei cambiamenti climatici e intraprendano azioni comuni. Nello stesso giorno di presentazione del Rapporto dell’ISPRA, ha avuto luogo ad Atene la Conferenza Mediterranean Climate Change Initiative, voluta espressamente dal Premier greco George Papandreu che ha chiarito il senso dell’evento, rispondendo ad una esplicita domanda nel corso della Tavola Rotonda dei Primi Ministri, coordinata dall’economista Jeffrey Sachs Direttore dell’Earth Institute e Professore di Sviluppo Sostenibile presso la Columbia University: “ La massiccia partecipazione a questa iniziativa dimostra che ci si rende conto della minaccia delle ripercussioni dei cambiamenti climatici, per la cultura, l’economia, la sicurezza, la qualità della nostra vita, ma soprattutto dimostra la comune volontà, nonostante le differenze e i conflitti, di mitigare i cambiamenti climatici che minacciano la sopravvivenza di tutti noi”.

fonte: ISPRA

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A conclusione è stato sottoscritta da 18 Paesi una Dichiarazione comune per la creazione della Iniziativa Mediterranea per i Cambiamenti Climatici (IMCC) per accelerare l’attuazione di iniziative contro i cambiamenti climatici nella regione e nel mondo (vedi Box). L’on. Roberto Menia, Sottosegretario del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che rappresentava per l’evento il Governo italiano ha dichiarato

che “La Regione Mediterranea è oggetto di un intenso dibattito politico internazionale, e rappresenta oggi una delle aree privilegiate in cui si esplica l’attività di collaborazione dei Paesi dell’Unione europea e dell’Italia, in particolare. Nei numerosi progetti di cooperazione per parte italiana, sono coinvolte Università ed Istituti universitari, il CNR, l’ISPRA oltre a Società di ingegneria e Imprese italiane impegnate a trasferire tecnologie innovative”.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA SULLA COSTITUZIONE DELL’INIZIATIVA MEDITERRANEA PER I CAMBIAMENTI CLIMATICI Oggi, 22 Ottobre 2010, i partecipanti all’incontro tenuto a Palazzo Astir in Atene (Grecia) per il lancio dell’Iniziativa Mediterranea per i Cambiamenti Climatici: Ricordando l'annuncio inaugurale di una Mediterranean Climate Change Initiative fatto dal Primo Ministro della Repubblica Ellenica al 3° Mediterranean Sustainable Energy Summit ad Atene il 18 e 19 maggio 2010, Tenendo in considerazione che dei Paesi partecipanti che sono anche Stati membri dell’UE, si sono impegnati ad applicare la Legislazione Europea a tutte le politiche relative ai Cambiamenti Climatici, Riconoscendo che la regione del Mediterraneo è stata identificata dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), come particolarmente vulnerabile agli impatti del cambiamento climatico, Tenendo conto che molti di questi impatti, come l’aumento del rischio di siccità, il prolungamento della stagione degli incendi, la riduzione della produttività delle colture, sono comuni in tutta la regione Mediterranea, Riconoscendo che, nonostante l’Accordo di Copenaghen, rimane da garantire un accordo internazionale giuridicamente vincolante sul cambiamento climatico, Convenendo che è essenziale che il Mediterraneo spinga per mandare avanti subito l’azione, condivida le migliori pratiche, le esperienze e gli strumenti per adattarsi ai cambiamenti già osservati e per cercare le soluzioni per ridurre le emissioni di gas serra, Affermando che le opportunità di strategie comuni per uno sviluppo low carbon nel Mediterraneo dovrebbero essere perseguite, Notando che la regione Mediterranea ha un potenziale ineguagliabile per diventare un importante hub di produzione di energia rinnovabile per i mercati nazionali ed esteri, Riconoscendo che questo potenziale implica l’aumento della capacità tecnica per sfruttare le risorse disponibili e la creazione di meccanismi di finanziamento, nonché di intensificare la collaborazione, incluso il settore delle interconnessioni di rete, che l’Unione per il Mediterraneo (UfM) ne è la promotrice attraverso il Mediterranean Solar Plan, Prendendo in considerazione questi progetti di energia rinnovabile su vasta scala, e che lo sviluppo e l’adattamento climatico ed altre soluzioni di mitigazione potrebbero portare nuove e significative opportunità per un “green economic boost” per il Mediterraneo, Constatando che il potenziale per la creazione di nuove imprese locali e posti di lavoro derivanti dalle misure rispetto alla domanda per città, edifici, trasporti, industria e turismo non sono state ancora pienamente esplorate, Riconoscendo che l’emergere di una voce forte e orientata all’azione del Mediterraneo contribuirà agli sforzi globali per combattere i cambiamenti climatici tramite il processo dell’United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC)) e che assicurerà anche che le questioni relative alle misure di adattamento e alle opportunità di sviluppo low carbon per la regione siano esaminate a livello internazionale, Con la presente dichiarano congiuntamente l’avvio della "Mediterranean Climate Change Initiative”. La Mediterranean Climate Change Initiative avrà lo scopo di contribuire all’emergere nel Mediterraneo di economie low carbon e efficienti in risorse e resilienti ai cambiamenti climatici e il suo obiettivo sarà quello di intraprendere il lavoro per lo sviluppo strategico di una politica in materia di adattamento al cambiamento climatico e per lo sviluppo low carbon rilevanti per l'intera regione mediterranea. L’Iniziativa si prefigge di contribuire ad affrontare le sfide specifiche di fronte alla regione Mediterranea. La Mediterranean Climate Change Initiative intende sviluppare posizioni Mediterranee convergenti sui cambiamenti climatici, dimostrando leadership e un forte impegno per l’azione nell’arena internazionale. I partecipanti prevedono che la Mediterranean Climate Change Initiative sia un’iniziativa politica autonoma del Mediterraneo volta a rafforzare gli accordi internazionali e regionali, attraverso posizioni politiche comuni e azioni concrete, così come un’iniziativa basata su progetti che siano ammissibili nell’ambito UfM. La Mediterranean Climate Change Initiative mira a rafforzare la collaborazione per le sfide e le opportunità convergenti in tutto il Mediterraneo e ad una maggiore attenzione per l’attuazione di progetti dell’UfM nella regione del Mediterraneo. La Mediterranean Climate Change Initiative collaborerà anche con altre iniziative nel Mediterraneo, per valorizzare il lavoro congiunto. Sia ipartecipanti che sono equal partners della Mediterranean Climate Change Initiative sia tutte le altre parti interessate nella regione possono eventualmente fare attività e diventare equal partners nella Mediterranean Climate Change Iniziative.

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Rimini, 3-6 novembre 2010

PER QUATTRO GIORNI A ECOMONDO LE AZIONI, LE TECNOLOGIE E IL BUSINESS SOSTENIBILE In aumento il numero dei visitatori (+2,8% sul 2009)

È stata un successo pieno la 14a edizione di ECOMONDO, il Salone internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile, organizzato da Rimini Fiera con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e la Tutela del Territorio e del Mare. In totale, la kermesse ambientale di Rimini Fiera, che ha visto il contemporaneo svolgimento della 4a edizione di Key Energy e della 3a edizione di Cooperambiente, ha richiamato 65.109 visitatori (2,8% sul 2009), con un incremento maggiore degli operatori esteri, 5.218 nei quattro giorni, con un incremento del 3%. Altro dato significativo: quasi 2.000 business meeting, organizzati all’interno del quartiere, hanno costituito la generale soddisfazione delle aziende protagoniste dell’expo per la quantità e la qualità dei rapporti commerciali avviati, che hanno fatto respirare aria di ripresa a ECOMONDO, dove anche la folta presenza di enti pubblici e amministratori, con progetti e risultati ottenuti, ha generato il giudizio unanime sul dinamismo del settore. Proprio la presenza del Ministro Stefania Prestigiacomo al taglio del nastro aveva aperto mercoledì 3 novembre la 14a edizione di ECOMONDO, con dichiarazioni che hanno riconosciuto all’expo riminese il ruolo di riferimento

per il sistema ambiente. “Questa è la rassegna dell’Italia che vorrei - ha detto il Ministro - la rassegna dell’Italia di domani, che racconta la green economy possibile e attuale. ECOMONDO è la dimostrazione che esiste un grande settore dell’economia che ruota attorno all’ambiente e allo sviluppo sostenibile, un pezzo di economia in grandissima espansione. A questo universo di sostenibilità in mostra ad ECOMONDO il Ministero dell’Ambiente guarda con attenzione, attuando politiche di sostegno e incentivazione per tutti i settori. La rassegna di Rimini dimostra che l’Italia è in grado di affrontare questa sfida da protagonista”. Ad accompagnare il Ministro Prestigiacomo, il Sottosegretario all’Ambiente l’On. Roberto Menia, intervenuto al grande evento di apertura 1° Forum Internazionale Ambiente ed Energia, dal titolo “Risorse e scelte: i nostri comuni futuri”, organizzato da The European House - Ambrosetti per CONAI, Legacoop, Legambiente, Regione EmiliaRomagna e Rimini Fiera. “Fra gli obiettivi del Governo - ha annunciato al Forum l’On. Menia - che ha già varato il proprio piano d’azione, c’è quello di arrivare entro il 2020 al 17% di energie da fonti rinnovabili: ora siamo all’8%. Ma c’è anche quello di garantire efficienza energetica, di semplificare le procedure e di svilup-

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pare una nuova rete intelligente, che integri la rete elettrica alle altre fonti energetiche”. Il Forum si è articolato in una sessione plenaria mattutina ed in altre tre pomeridiane. Sono intervenuti prestigiosi e autorevoli protagonisti della scena economica e ambientale quali Jean-Paul Fitoussi, Presidente, OFCE (Observatoire Français des Conjonctures Economiques), Dipak Pant, Fondatore e responsabile Interdisciplinary Unit for Sustainable Economy, Giacomo Vaciago, Fondatore e Coordinatore scientifico dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università Carlo Cattaneo (LIUC), Gian Carlo Muzzarelli, Assessore alle attività produttive della Regione Emilia Romagna, Vittorio Cogliati Dezza, Presidente di Legambiente, Giuliano Poletti, Presidente di Legacoop, Piero Perron, Presidente CONAI. “Siamo molto soddisfatti della prima edizione del Forum - ha commentato Simone Castelli, Direttore business Unit di Rimini Fiera - un format che ha tutte le carte in regola per diventare appuntamento nel quale politica, industria e amministrazione intrecciano i loro obiettivi e i loro progetti per determinare in breve tempo scenari sostenibili. Con questo tono caratterizzeremo i lavori preparatori dell’edizione


2011, proprio perché l’appuntamento inaugurale di ECOMONDO, Key Energy e Cooperambiente sia sempre più terreno di confronto fra innovazione e prospettive future”. Sulla stessa lunghezza d’onda Sergio Mancuso, Partner di The European House-Ambrosetti: “Questa prima edizione, che potremmo chiamare zero, è stata importante per capire sentimenti e idee. Lavoreremo già dalle prossime settimane per la prossima edizione, con l’intento di produrre su questi temi contenuti innovativi, rigorosi e realmente utili alla sostenibilità. Durante tutto l’arco dell’anno lavoreremo in gruppi tecnici con incontri periodici e verifiche costanti che ci consentiranno di mettere a fuoco argomenti sempre più centrali per il futuro del pianeta”. Fra i progetti attivati per l’edizione 2010, da ricordare le sessioni B2B organizzate dall’Ufficio marketing estero di Rimini Fiera e programmate con un sistema di piattaforma online. I buyers, oltre 120, sono arrivati da Bulgaria, Egitto, Israele, Marocco, Olanda, Polonia, Romania, Slovacchia, Spagna, Turchia. “La notevole qualificazione dei visitatori nazionali e internazionali che hanno partecipato a questa edizione - ha dichiarato Alessandra Astolfi, Project Manager di ECOMONDO - costituirà un terreno di sviluppo per ulteriori progetti nei prossimi anni”.

Evento di grande impatto è stato Ecobusiness Cooperation Event, organizzato da Unioncamere Emilia-Romagna: la Borsa di cooperazione con seminari e incontri d’affari con operatori provenienti da Argentina, Austria, Brasile, Bulgaria, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Malta, Portogallo, Romania, Serbia, Slovacchia, Svizzera. A dare ulteriore lustro a questa qualificata rappresentativa, coordinata dall’Ufficio Commerciale dell’Ambasciata di Svezia, la presenza in fiera dell’Ambasciatore di Svezia in Italia, Ruth Jacoby, di fresca nomina e al suo debutto in forma ufficiale in un evento nel nostro Paese, che a ECOMONDO ha visitato le 12 aziende svedesi presenti nell’expo. “Il tema della sostenibilità ambientale è da lungo tempo nel nostro cuore e nel nostro modo di affrontare il futuro - ha dichiarato l’Ambasciatore Jacoby - C’è chi la considera un lusso, ma non in Svezia, un paese che sta dimostrando come lo sviluppo e l’applicazione di tecnologia e innovazione in campo ambientale possano rappresentare un modo per garantire una migliore eredità alle nuove generazioni ed un volano per la crescita dell’economia attraverso la sostenibilità che non è affatto un costo, bensì un’opportunità”. Oltre 1.000 imprese hanno animato l’expo di ECOMONDO 2010 su tredici

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padiglioni del quartiere fieristico, secondo sezioni espositive dedicate ai singoli settori: WASTE, raccolta e trasporto rifiuti, pulizia stradale, multi utilities trattamento rifiuti e movimentazione, riciclaggio rifiuti, recupero di materia, eco-imballaggi, prodotto finito eco-compatibile, ELV veicoli fine vita; INERTECH, demolizioni, trattamento e recupero di inerti/campi prova; RECLAIM EXPO, bonifica dei siti contaminati; DECOMMISSIONING, (la grande novità 2010) demolizione e riqualificazione di aree dismesse; ORO BLU e AIR, trattamento acqua e acque reflue, trattamento aria; RAEE, rifiuti elettrici ed elettronici; ECOBUY, isola degli acquisti sostenibili; AREA ISTITUZIONALE; RSI, rischio e danni ambientali. Si sono avuti commenti particolarmente positivi per tutta l’area del riciclaggio e dei servizi ambientali, dove si è percepito il grande sforzo per passare da una logica di quantità della raccolta a quella di qualità della materia recuperata da avviare a riciclo. ECOMONDO 2010 ha proposto pure la 2a edizione del Premio Sviluppo Sostenibile, riconoscimento al motore verde dell’economia italiana. L’iniziativa, istituita dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, presieduta da Edo


Ronchi, con la collaborazione di ECOMONDO e l’adesione del Presidente della Repubblica, ha premiato tre aziende che quindi possono essere definite testimonial dell’industria ecosostenibile. Si tratta delle società My Clima di Treviso (categoria energia), della Lecce Pen di Settimo Torinese (settore rifiuti) e della Plaxtech di Udine (categoria prodotti e servizi innovativi). Si aprono prospettive importanti in vista del 2011, quando il premio troverà una sua espansione ad alcuni settori che coinvolgano imprese straniere.

cooperative protagoniste di esperienze di eccellenza realizzate in campo ambientale: dalle case eco-sostenibili, ai servizi e alla gestione del ciclo dei rifiuti e della raccolta differenziata, alla produzione di energie rinnovabili, alla gestione della aree verdi e boschive, alle politiche per il risparmio energetico della grande distribuzione cooperativa e per i quasi 8 milioni di soci delle cooperative aderenti a Legacoop. Molto frequentata è stata l’area dedicata alla Città Sostenibile, un’area pensata da Rimini Fiera e Coordinamento Agende 21 Locali Italiane dove sono stati approfonditi gli interventi per favorire la migliore vivibilità nelle aree urbane, con la presentazione di prototipi delle tecnologie più innovative. Interesse per il focus sugli interventi realizzati in merito a gestione di servizi e infrastrutture ambientali ed energetiche delle città. In particolare, per la prima presentazione pubblica del Piano Clima messo a punto dal Coordinamento Agende 21 Locali Italiane. Si tratta del documento di indirizzo per tutti gli oltre 400 enti locali italiani che hanno sottoscritto il Patto dei Sindaci, impegnandosi nei confronti dell’Unione Europea a ridurre le proprie emissioni di anidride carbonica di oltre il 20% entro il 2020.

A ECOMONDO 2010, sono state tenute oltre 250 relazioni tecnicoscientifiche (circa il 20% di carattere internazionale) e 700 relatori hanno animato il programma dei convegni. “La Green Economy - ha commentato il professor Luciano Morselli, Coordinatore del comitato scientifico della manifestazione - delinea un modello di sviluppo che comprende oltre ai benefici economici anche i danni ambientali associati ai sistemi produttivi, proponendo una riconversione dell’industria verso un cammino di sostenibilità ambientale e sociale. I cardini di questa nuova economia sono stati ben evidenziati durante ECOMONDO e sono le economie ecologiche, azioni che inseguono la simbiosi tra economia umana ed ecosistema naturale per contrastare l’effetto avverso delle attività antropiche sul cambiamento climatico e il riscaldamento globale e sulla riduzione delle disparità sociali”. Fra l’altro il prof. Morselli anche quest’anno ha individuato la mascotte di ECOMONDO: l’Anatra dal becco blu, tradotta in gadget per i visitatori da Tetra Pak Italia l’emblema utile a ricordare le specie a rischio di estinzione.

Tantissimi soggetti che operano nel sistema ambiente hanno scelto ECOMONDO per porre all’attenzione generale idee, progetti, esperienze e anche risultati del lavoro svolto. È il caso del Forum RAEE, durante il quale è stato fatto il punto sulla raccolta del rifiuto elettrico ed elettronico. È stato annunciato l’obiettivo del raggiungimento del traguardo dei 4 kg annui procapite di rifiuto raccolto, risultato che soddisfa la richiesta dell’Unione Europea ma che ora attende la piena partenza della pratica “uno contro uno” per risalire ai livelli dell’eccellenza comunitaria

A Rimini Fiera un ruolo da protagonista anche per Cooperambiente, fiera dell’offerta cooperativa di energia e servizi per l’ambiente. Alla terza edizione hanno partecipato circa 100

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Non ha tradito le attese l’area ELV END of LIFE VEHICLE, organizzata col patrocinio del Ministero dell’Ambiente e dedicata alla filiera industriale per il trattamento ed il riciclaggio dei veicoli fuori uso. Il percorso-mostra sul trattamento dei veicoli fuori uso ha evidenziato gli sforzi effettuati per incrementare la sostenibilità ambientale delle vetture, con un occhio di riguardo a quel che riguarda riciclabilità e recuperabilità. Ogni anno in Europa vengono rottamati circa 12 milioni di veicoli (solo in Italia ogni anno la cifra supera 1,5 milioni). Da questi 1,5 milioni di veicoli si stima vengano separate oltre 1 milioni di tonnellate di materiale metallico per il successivo riciclaggio, mentre il residuo della frantumazione, chiamato fluff, ammonta a 300mila tonnellate. Tema sempre di rilievo ad ECOMONDO, la Bonifica dei siti contaminati.

ha avuto il suo momento significatico con la presentazione da parte di Federambiente del terzo “Rapporto bonifiche”, un lavoro frutto di un’intensa attività di ricerca e aggiornamento. I Siti di Interesse Nazionale (SIN) sono 57 e prossimamente diventeranno 58 con l’abruzzese “Bussi sul Tirino”. Dai dati Federambiente emerge che la superficie interessata è di circa 250.000 ettari (1% del territorio nazionale). Ad ECOMONDO, Federambiente ha anche presentato la 2a edizione della Settimana europea per la riduzione dei rifiuti, che si terrà dal 20 al 28 novembre 2010 in venti Paesi europei. La novità 2010 dell’area espositiva è stata rappresentata da Decommissioning, dedicata al mondo delle demolizioni, al trattamento e al recupero di aree dismesse. Presentati esempi di grande impatto, come il servizio di disinquinamento del porto di Brindisi, la messa

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in sicurezza dell’area ex-Smeb in provincia di Messina, la demolizione dello Stadio Delle Alpi di Torino, la demolizione dei pontili del vecchio porto di Marghera e la demolizione totale del molo n. 6 del vecchio porto di Trieste. “ECOMONDO ha confermato anche in questa edizione il suo percorso di crescita - ha commentato Lorenzo Cagnoni, Presidente di Rimini Fiera - fornendo agli operatori in visita una panoramica esaustiva sulle tecnologie e sui progetti protagonisti dello sviluppo sostenibile. Con orgoglio dico che abbiamo fatto un buon lavoro: la Fiera è ormai proiettata verso i vertici europei e grazie al lavoro svolto insieme ai partner istituzionali ha guadagnato una posizione di assoluta autorevolezza per i contenuti che propone”.


I CONVEGNI DI REGIONI&AMBIENTE AD ECOMONDO di AA.VV.

GREEN ECONOMY - NEW SOCIETY Ecologia è Economia: un mondo migliore è in costruzione di Agnese Mengarelli “La green economy e i green jobs sono le realtà del domani ed il motore della terza rivoluzione industriale. Una società più matura ed equilibrata si fonda su un’economia virtuosa e sullo sviluppo dell’empatia tra le persone e con la Madre Terra”. Con questa introduzione si sono aperti i lavori del Seminario: “Green EconomyNew Society. Ecologia è Economia: un mondo migliore è in costruzione”, a cura della Fondazione UniVerde, che ha avuto luogo, ad ECOMONDO, presso la Sala “Regioni&Ambiente”, mercoledì 3 novembre, dalle ore 14.30, alle ore 18.00. Con il sostegno di AGO Energia; Electrolux, FRV - Fotowatio Renewable Ventures; Gianni, Origoni, Grippo & Partners Studio Legale; Ropatec; Yingli Solar ed IPR Marketing - Sondaggi e Ricerche, il Seminario ha avuto il suo punto focale nella presentazione del 3° Rapporto sul Solare, condotto da IPR per conto di UniVerde. Nel salutare i convenuti ed aprire i lavori del Seminario, Alfonso Pecoraro Scanio - Presidente Fondazione UniVerde ha dichiarato: “È necessario integrarsi ed interagire fra soggetti eco-

nomici, istituzionali ed Enti Pubblici affinché si riesca a costituire una rete italiana della green economy che ha già delle eccellenze riconosciute, malgrado il panorama nazionale non sia dei migliori sotto questo aspetto”. Proseguendo nel suo intervento, l’ex Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha poi ricordato il risultato positivo della mobilitazione lanciata un anno fa per ottenere il rinnovo degli incentivi al solare previsti dal conto energia del 2007, sottolineando, altresì che: “la green economy è una realtà nel settore agricolo, in quello della produzione energetica da fonti rinnovabili e di strumenti per l’efficienza energetica, nell’edilizia, nei servizi, nel turismo ed è sempre più connessa ad un cambio di gusto e di stili di vita nella società”. Alludendo alla possibilità di speculazione allorquando si approccia alla produzione energetica da fonti rinnovabili secondo logiche di insostenibilità, l’On. Pecoraro Scanio ha rimarcato come: “dobbiamo occuparci di governance creando una lobby buona di aziende virtuose dal momento che i valori della sostenibilità non hanno senso se non in una logica di agire comune”. “Impresa, sì! Speculazione, no! - ha dichiarato, infine - per fortuna l’Italia è migliore di quella che ci viene presentata e proprio qui ad ECOMONDO ne abbiamo una riprova; qui c’è il futuro, mettiamoci insieme”.

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Successivamente, prima di passare alla teoria degli interventi previsti, ci si è soffermati sulla presentazione dei dati contenuti nel terzo Rapporto sul Solare, a cura di Antonio Noto - Direttore IPR Marketing. Il Rapporto, frutto di un’indagine statistica su un campione di 1.000 italiani, rappresentativo per età, sesso ed area di residenza della popolazione maggiorenne residente, fotografa un Paese sempre più convinto della necessità delle energie alternative; in sintesi, due italiani su tre (66%) sono propensi all’utilizzo del solare, considerato quale fonte energetica del futuro per il 79% degli italiani. In crescita anche il livello di conoscenza degli incentivi per il fotovoltaico (+48%). “La maggioranza degli italiani è convinta della necessità di un futuro energetico puntato sulle fonti rinnovabili”, - ha dichiarato il Direttore IPR - Se al primo posto si conferma la preferenza per il solare (79% in più rispetto alle precedenti rilevazioni), seguita dall’eolico (28%, +3% rispetto alla scorsa rilevazione), mentre resta stabile al di sotto del 20% la propensione per il nucleare. “Dalla disaggregazione territoriale del campione - ha concluso il dott. Noto - si evidenzia come il solare sia visto come una prospettiva su cui puntare soprattutto per gli abitanti del Centro Italia, al contempo, però, il consenso verso questo tipo di fonte energetica è nettamente prevalente in tutte le aree del Paese”. Da questa premessa che ha avuto il


pregio di delimitare i contorni del quadro di riferimento nazionale, è partito il successivo brain storming da parte dei Relatori che sono intervenuti presentando le personali esperienze di applicazione di modelli analitici previsionali, linee di indirizzo e best practices nei rispettivi ambiti di esperienza. A moderare il tutto è stata chiamata Elisabetta Guidobaldi - Responsabile Ambiente dell’ANSA. Il primo intervento in programma è stato quello di Paolo Corchia - Vice Presidente Nazionale Federalberghi, il quale ha presentato il punto di vista della categoria di imprese che rappresenta. “Occorre superare il luogo comune che vede il turismo come fonte di rapina e sfruttamento delle risorse del territorio - ha dichiarato il Presidente Federalberghi - il buon turismo stesso, infatti, può determinare positivi effetti sulla mitigazione degli impatti antropici a patto che, non si scenda a patti con il doveroso rispetto del Genius Loci”. Citando la frase tratta da “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar: “mi sento responsabile della bellezza del mondo”, Corchia, dopo aver presentato alcune soluzioni logistiche già applicate in alcune zone d’Italia, ha concluso affermando che: “Difendere l’ambiente significa difendere il turismo”. Il passaggio dalla green economy alla blu economy (intesa come l’insieme delle possibilità economiche offerte dalla corretta gestione delle risorse fisiche, chimiche e biologiche del mare) è stato curato dal Prof. Roberto Danovaro - Presidente Eletto Società Italiana di Ecologia e Direttore del Dipartimento Scienze del Mare dell’Università Politecnica delle Marche, il quale ha tenuto a sottolineare quanto poco ancora si sappia sugli ecosistemi marini e sulla fisica dei fenomeni legati al mondo sommerso; eppure: “da quelle scarse informazioni già in nostro possesso, abbiamo la possibilità di intuire le enormi potenzialità rappresentate dallo sfruttamento sostenibile di tali immense ricchezze in tutti i settori della nostra

economia: energetico, farmaceutico, biologico ed alimentare”. In questo senso, non ha nascosto la preoccupazione per quanto riguarda la sopravvivenza di tanti progetti di ricerca italiani sui quali pesa l’incertezza dei finanziamenti adeguati. Proseguendo, è stata la volta della Prof. ssa Elena Dell’Agnese - Coordinatrice Corso di Laurea in Turismo, Territorio e Sviluppo Locale dell’Università di Milano, “Bicocca” che ha relazionato su esperienze di best practices per la “trasformazione verde” dell’Università milanese applicate con il Progetto “Green Campus” che ha visto la partecipazione di docenti e studenti coinvolti in un percorso di mitigazione degli impatti antropici all’interno dell’area di studio. La prof.ssa Dell’Agnese sostiene che per rendere più verde l’economia, sia necessaria una rilettura delle nostre attività. Si è aperta poi la seconda parte del Convegno, dedicata alle aziende che operano nel settore ambientale. Francesco Pezone, Responsabile Dipartimento Legale Fotowatio Renewable Ventures Italia, azienda leader a livello internazionale nella progettazione e gestione di impianti fotovoltaici, ha espresso il forte bisogno di tutte le aziende del settore di poter operare in un contesto trasparente e ricco di informazioni, lamentando la troppa burocrazia e la poca chiarezza, anche in ambito normativo, che esiste oggi in Italia. La parola è poi passata a Robert Niederkofler, Amministratore Delegato Ropatec, impresa di Bolzano che opera nel settore dell’eolico. “La tecnologia del futuro richiederà sempre più una stretta armonia con l’ambiente. Per questo motivo, efficienza, versatilità ed affidabilità, unite a un basso impatto visivo ed acustico, sono da sempre il focus della strategia aziendale Ropatec”. È stata poi la volta di Fabio Patti, Sales Manager Yingli Green Energy Italia, uno dei principali produttori verticalmente integrati al mondo di prodotti fotovoltaici; la Società progetta, produce e commercializza moduli fotovoltaici

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particolarmente indicati per sistemi fotovoltaici di tipo “grid-connected”, che possono essere collegati ad una rete elettrica di trasmissione locale oppure all’interno di sistemi isolati. Ha preso poi la parola Roberto Sacco, Amministratore Unico Ago Energia, che si occupa di Progettazione, realizzazione e gestione di impianti industriali per la produzione di elettricità, calore e freddo dalla combustione di biomasse solide vegetali vergini. “Come componente produttiva dell’economia nazionale, crediamo di avere un obbligo particolare verso la società e l’ambiente, per questo motivo ci siamo imposti, come azienda, regole scrupolose, attraverso le quali intendiamo migliorare continuamente la tutela dell’ambiente”. È stata poi la volta di Mauro del Savio, Direttore Marketing Electrolux, leader mondiale negli elettrodomestici e apparecchi per uso professionale. “Siamo in grado di dare un contributo positivo allo sviluppo sostenibile, attraverso le nostre attività e i nostri prodotti.” L’azienda punta su innovazioni che sono studiate, sulla base di ampie analisi sui consumatori, per soddisfare le loro reali esigenze e per ridurre i consumi di energia. Infine, la parola è passata a Stefano Tersigni, Amministratore Unico Bross - Redais, un marchio che identifica un sistema di lavoro applicato alle attività di coordinamento e gestione del processo di sviluppo immobiliare nella sua complessità ed interezza: dallo studio di fattibilità, alla assistenza, alla realizzazione, alla consegna del prodotto. Ha concluso i lavori Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente della Fondazione Univerde, che ha posto l’attenzione su due concetti: il primo, relativo al fotovoltaico, è la necessità anche in Italia, di un sistema di riciclo dei pannelli a fine vita, e quindi, di un’azione d’incentivi, attraverso sgravi fiscali, dedicati esclusivamente alla green economy, attraverso lo schema del green public procurement e del Labour Intensive.


LE ATTIVITÀ DI RICICLO DEI RIFIUTI URBANI TRA CRITICITÀ E BUONE PRATICHE AMBIENTALI di Silvia Angeloni Quando il programma della Fiera di Ecomondo, volgeva al termine, venerdì 5 novembre 2010 nella Sala Regioni e

Ambiente si è svolto il Convegno: “ Le attività di riciclo dei rifiuti urbani tra criticità e buone pratiche: due Regioni a confronto ”. Ad aprire i lavori è stato il dott. Franco Gerardini, Dirigente Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo, che ha spiegato come sia importante verificare quali sono i punti di contatto in materia di gestione dei rifiuti tra le due regioni interessate. In Abruzzo, il Piano Rifiuti è stato ela-

LINEE GUIDA SULLA RIDUZIONE DEI RIFIUTI IN EVENTI NEI PARCHI – PROTOCOLLO EUROPARC CONFERENCE 2010 di Silvia Angeloni Mercoledì 3 novembre, presso l’area stampa di Marche e Abruzzo, Il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e l’Osservatorio dei rifiuti della Regione Abruzzo hanno tenuto la conferenza stampa: “Linee guida sulla produzione dei rifiuti in eventi nei Parchi”, sancite in un protocollo d’intesa tra gli enti e sperimentate in occasione di Europarc Conference 2010, la conferenza annuale di Europarc, Federazione che riunisce la maggior parte delle aree protette europee, svoltasi quest’anno nel Parco Nazionale D’Abruzzo, Lazio e Molise. Il Presidente del Parco Giuseppe Rossi, e Massimo Fraticelli dell’Osservatorio Regionale dei Rifiuti, hanno illustrato le risultanze della sperimentazione ad Europarc Conference 2010 e la possibilità di replicare l’iniziativa in occasione di nuovi eventi in altre aree protette. Massimo Fraticelli ha ricordato, come la nuova direttiva europea che si occupa delle gestione dei rifiuti, prevede in via prioritaria la riduzione dei rifiuti. L’Italia già da tempo è in attesa di un programma nazionale di riduzione della produzione dei rifiuti, soprattutto degli imballaggi. La Regione Abruzzo nel suo Piano regionale dei rifiuti ha posto come obiettivo prioritario di riduzione un 5% rispetto ai parametri del 2005. Vi è da sottolineare che nel confronto tra i dati del 2009 e del 2010 si è verificata una piccola riduzione della produzione dei rifiuti, anche se non può assumere una valenza né regionale, né comunale. I cittadini possono fare molto, ma il settore degli imballaggi, riguarda essenzialmente la grande distribuzione (GDO). All’interno della conferenza nazionale di Europarc, a titolo sperimentale sono state attivate alcune piccole azioni: dalla scelta di determinati materiali che favoriscono il riciclo come i GPP, all’incentivo della raccolta differenziata soprattutto dell’organico, dal compostaggio domestico,alla maggiore attenzione alla produzione di carta. Il parco comprende all’interno dei suoi confini, sette comuni, anche se quelli interessati al parco sono 24, i quali si snodano in una zona attigua costituita da ottantamila ettari. La raccolta differenziata per i Comuni all’interno dell’area del parco, è portata avanti in modo egregio della Comunità Montana. “Il Parco credo che possa incidere sul miglioramento dei servizi locali ed inoltre svolgere un ruolo determinante sul piano della sensibilizzazione dell’educazione non solo limitatamente ai cittadini del parco, ma anche nei confronti di tutti i visitatori italiani e stranieri che ogni anno lo popolano - ha dichiarato il Presidente Giuseppe Rossi. Cercheremo quindi di organizzare un’azione di comunicazione e di informazione costante, anche attraverso le strutture dei servizi del Parco, ad esempio ai Centri visita o alle aree attrezzate dove arrivano moltissimi visitatori e intervenendo con un’azione di educazione ambientale. Credo questo possa consistere in un risultato importante”. “È importante sottolineare - ha aggiunto Fraticelli in chiusura - che questo protocollo è replicabile non solo da parte di enti pubblici, ma anche privati che siano interessati ad organizzare eventi di questo genere. Le linee guida che sono state presentate alla conferenza, possono essere facilmente scaricate in due siti internet: quello del parco e quello della Regione Abruzzo”.

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borato abbastanza recentemente, e approvato nel 2007 con la Legge 45. Con la delibera n. 611 del 2009, poi, sono state tracciate le linee di indirizzo per l’aggiornamento del Piano Regionale dei Rifiuti, che attraverso il tavolo di concertazione, si è inserito in un’area di stand-by perché in attesa della modifica della parte IV del Codice Ambientale, nonché dell’evoluzione sul sistema organizzativo degli Ambiti Territoriali Ottimali, a seguito dell’entrata in vigore della legge nazionale 42 del 2010. Ci si è soffermati su queste problematiche per riflettere e portare nel tavolo di concertazione le modifiche del piano, tenendo conto dell’impostazione generale della nuova direttiva comunitaria sui rifiuti del 2008, che ha introdotto novità sostanziali: la preparazione al riutilizzo, e dall’altra la spinta ancora più forte ai temi del riciclo. Il Piano della Regione Abruzzo prevede al 5% la riduzione della produzione dei rifiuti rispetto al 2005, da raggiungere entro il 2011. L’Abruzzo produce ogni anno 690 mila tonnellate di rifiuti, (dato ormai stabile), con un obiettivo di raccolta differenziata del 60% al 2011,mentre l’ultimo dato (2009) indica il 25%. Va detto che rispetto agli obiettivi della pianificazione l’Abruzzo è indietro rispetto agli obiettivi della normativa nazionale che al 2009 era del 50% su base regionale. La loro rete regionale di impianti comprende sia impianti di trattamento, sia di compostaggio, ma sono ancora insufficienti in relazione alle esigenze. In breve l’Abruzzo è riuscito a far decollare molti comuni nel “Porta a porta”, con flussi ingenti di organico arrivati all’impianto, ma che sono superiori rispetto alle potenzialità dello stesso. Infatti, non sempre i Consorzi hanno portato a termine la realizzazione degli impianti. Anche la rete di piattaforme è carente essendo operative solo 6 su 9. Va citato, comunque un importante obiettivo raggiunto: il marchio “Compost di Qualità Abruzzo”, che è stato assegnato, dall’ACIAM di Avezzano. In Abruzzo mancano però


termovalorizzatori, per cui la Giunta ha deciso di concentrarsi su quest’aspetto, cercando di modificare il Piano per prevedere la realizzazione di impianti di recupero energetico attraverso le migliori tecnologie. Si sta pensando ad una tecnologia diversa dai cosiddetti inceneritori tradizionali, ragionando su eventuali forme alternative: dalla dissociazione molecolare a forme diverse di gassificazione o altra tecnologia. L’architettura gestionale della Regione Abruzzo poggia su quattro ATO (Ambito Territoriale Ottimale) che dovevano sostituire i 14 consorzi. Questo iter però si è bloccato, e al momento si è insediato un solo ATO, quello di Teramo che non è tuttavia operativo, gli altri sono solo delimitazioni territoriali dove operano i consorzi, o sono società miste o sono semplici unioni di Comuni, ma non sono stati avviati gli ATO previsti a suo tempo dal cosiddetto codice ambientale, e tutto è ancora in fase di discussione. Sono invece in fase di attuazione una serie di corsi di formazione tramite l’Evento “Ricicla Abruzzo” che si tiene di solito a metà dicembre. “Noi guardiamo con molto rispetto alla Regione Marche come Regione che ha un’esperienza maggiore di noi sul territorio grazie al fatto che le esperienze sono più mature rispetto alle nostre. - Ha affermato Gerardini - Hanno iniziato prima a portare avanti que-

sta attività di cooperazione tra gli enti locali, cosa che da noi stenta ancora ad esserci perché molti comuni continuano ancora la gestione in economia diretta nonostante ci siano i Consorzi territoriali di riferimento sono entrati dei consorzi ma non hanno affidato loro la gestione unitaria dei servizi”. “Noi abbiamo condizionato tutti i finanziamenti utili all’organizzazione di sistemi di raccolta differenzia porta a porta non abbiamo dato più fondi ai comuni e ai consorzi se non per realizzare sistemi domiciliari, questa scelta sta dando ottimi risultati, soprattutto per la qualità merceologica dei flussi che vengono portati al recupero, oltre che la quantità, risultato che è stato ben compreso. Queste esperienze sono la testimonianza che se la regione crede fino in fondo a queste linee direttrici, anche nel caso dei rifiuti si riesce a condizionare in modo positivo quasi tutto il territorio”. ”Vorrei innanzitutto ringraziare il dott. Gerardini per l’idea di ritrovarsi a ECOMONDO per confrontarsi tra Regioni, e perché il suo intervento dà lo spunto a riflessioni, ed evidenzia che oltre a una vicinanza geografica c’è affinità economica-culturale-sociale, con le medesime difficoltà di conciliare esigenze tra zona montana e costiera”. Con queste le parole ha aperto il suo intervento il dott. Piergiorgio Carrescia, Dirigente P.F. Ciclo dei Rifiuti

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della Regione Marche. La regione Marche è partita dopo il decreto Ronchi, con una legge regionale del 1999 che cercava di dare una strategia al sistema rifiuti. Sulle linee della riduzione, della prevenzione, della raccolta differenziata e dello smaltimento sono state impostate le politiche in questi anni. Gli strumenti, attraverso i quali l’azione si à mossa sono stati: da una parte gli incentivi economici, e fiscali, accompagnati da una campagna di educazione e comunicazione e dall’altra; l’obiettivo di intercettare finanziamenti comunitari o nazionali che potessero fornire la possibilità di colmare quei gap che la Regione Marche aveva accumulato. La legge del ’99 è stata poi sostituita e aggiornata lo scorso anno dalla legge 24, anche alla luce dei nuovi obiettivi e del Decreto 152/2006, conformando le linee d’azione. In particolare la prevenzione dei rifiuti e della raccolta differenziata e del “Porta a porta” sono state individuate come azioni prioritarie per arrivare ad un sistema autosufficiente. Finora le Marche sono riuscite a mantenere la loro autosufficienza per lo smaltimento dei rifiuti. Esistono delle criticità perché l’impianto della Legge del 99 è stato attuato solo in parte. La legge prevedeva la costituzione di Consorzi Obbligatori dei Comuni su base provinciale. Al consorzio era domandata la governance


sostanzialmente del sistema per attuare i Piani provinciali. Di fatto ad Ancona si sono costituiti due consorzi, a Macerata c’è una situazione particolare perché non c’è il consorzio inteso come ATO, di fatto il COSMARI gestisce la raccolta, il trasporto e lo smaltimento per tutti i Comuni della Provincia. Le criticità maggiori si rilevano a Pesaro, Ascoli e Fermo perché non vi sono consorzi, quindi c’è un frazionamento anche gestionale, per cui alcuni comuni sono aggregati nelle Comunità Montane, altri in unioni di Comuni. Comunque, per la maggior parte queste Provincie gestiscono in autonomia il sistema, che può funzionare solo se a dimensione territoriale è e non circoscritta solo alle piccole realtà comunale. Con la legge dello scorso anno la Regione Marche si è posta l’obiettivo di definire in capo alla Autorità d’Ambito il ruolo che il Decreto legislativo 152 riconosce a questo nuovo soggetto, che farà governance a livello provinciale, tendendo all’unificazione del sistema. C’è un’ ipotesi sulla quale sta lavorando la Regione, per definire, il soggetto o la Provincia, o l’agenzia regionale, o una forma associativa si troverà di fronte a delle realtà sostanzialmente diverse tra Pesaro e Macerata e il resto; questo a livello amministrativo. Anche a livello di impianti c’è una situazione eterogenea: a Pesaro il sistema è tutto incentrato sulla discarica; ad Ancona una raccolta differenziata a monte di sistemi di trattamento che riguardano sia la frazione secca, che la frazione umida con due discariche: a Macerata pur avendo il COSMARI un ciclo più virtuoso, perché arriva alla fase di recupero energetico, in Provincia non c’è nella discarica e si appoggia a quella di Fermo in base ad un accordo interprovinciale. La Regione Marche ha usato risorse comunitarie e risorse proprie per finanziare le filiere, gli impianti della filiera, nel 2006 sono state finanziati 38 centri di raccolta ad integrazione di comuni che proponevano il “Porta a porta”. Lo scorso mese sono stati premiati i comuni che hanno

realizzato le migliori performance, con circa quindici Comuni che hanno superato la soglia del 60 e una decina e una decina sono sulla stessa fascia tra il 50% – 60%. Un’altra iniziativa su cui la Regione ha deciso di puntare, è quella dell’educazione ambientale, su cui ha speso molto e continuerà a farlo. Sono state previste le Ludoteche del riuso, una per ogni provincia, presso dei complessi scolastici che stanno dando degli ottimi risultati, perché oltre alla sensibilizzazione dei bambini, il messaggio arriva alle famiglie. A seguire Giuseppe Giampaoli, Direttore del COSMARI, Consorzio Smaltimento Rifiuti della Provincia di Macerata. Ha sottolineato che il consorzio di volontari, nato negli anni ‘80, che poi si ampliato, sempre con il fine della gestione integrata dei rifiuti. Ha acquisito delle Società strumentali e gestisce tutta la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Le attività del Consorzio sono: la gestione degli impianti di smaltimento, di recupero, di compostaggio, la gestione delle discariche, servizi di raccolta, e trasporto dei rifiuti. L’impiantistica di cui è dotato è la più completa delle Marche, partendo dalla fase di trattamento e selezione, fino poi a chiudersi con il recupero energetico. Sono state chiuse due discariche: quella di Potenza Picena e quella di Tolentino mentre a Cingoli è in progettazione una nuova discarica. E’ importante sottolineare che il “Porta a porta” ha consentito nel lungo termine un risparmio, nonostante l’impatto dei costi iniziali, che sono stati riassorbiti al secondo anno. La dott.ssa Laura Filonzi, Direttore CIR 33, (Consorzio Intercomunale Rifiuti, Vallesina – Misa), ha connotato il Consorzio nato nel 2003 come “fratello minore” del COSMARI, anche se rispetto a questo, ha un’impostazione diversa. Non è un Consorzio di gestione diretta del servizio, (solo ultimamente hanno intrapreso il percorso della gestione dell’impianto di compostaggio),

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ma si tratta di un Consorzio di funzione. “Nasciamo in forza della legge 28 del 1999 come Consorzio obbligatorio di 33 dei 49 Comuni della Provincia di Ancona, tra i Senigallia, Fabriano e Jesi, che vivono delle grandi criticità nel periodo estivo, soprattutto Senigallia “ come ha sottolineato il Direttore del CIR 33. Per loro conto il CIR 33 svolge una serie di attività: sia l’organizzazione amministrativa, sia la realizzazione impiantistica, inoltre le attività connesse al servizio di raccolta, tra cui tutta la parte comunicativa. Quando si parte con il servizio di raccolta, ci deve essere la condivisione con l’amministrazione comunale e soprattutto, una grande convinzione perché si tratta un passaggio culturale, che presuppone cambiamenti di abitudini. La parola è passata, quindi, alla dott. sa Donatella Memmo, Funzionario Servizio Ambiente del Comune di Ortona, che ha illustrato come in questa città, prima dell’introduzione del servizio di “Porta a porta” ci fosse un sistema di raccolta a cassonetto differenziato. Avevano 1200 cassonetti stradali per: carta-cartone, vetro, indifferenziato, posizionati su tutto il territorio comunale. Il passaggio al “Porta a porta” è iniziato a settembre del 2008. C’è stata informazione, attraverso opuscoli informativi per il cittadino, onde invitarlo a collaborare per questo servizio che gestisce Ortona Ambiente. Gli sforzi compiuti sono stati ripagati con il conseguimento della “Bandiera Blu” della FEE e di “Comune Riciclone” di Legambiente. Negli ultimi mesi è stato installato un punto di conferimento funzionante nei giorni feriali per venire incontro al cittadino che non ha potuto conferire il rifiuto nella notte o ha organico che non può tenere a casa, dal momento che il “Porta a porta” essendo svolto per tre volte a settimana, potrebbe essere insufficiente. Ha chiuso il convegno l’Ing. Armando Petrella, Responsabile Tecnico Segen SpA, (Società Intercomunale per la Ge-


stione dei servizi Ambientali). Nata nel 1995 come consorzio di 13 comuni, per un totale di 40.000 abitanti. Il territorio su cui insiste, segue il profilo topografico di una valle: è molto stretto e molto lungo e quanto crea diverse problematiche per la raccolta “Porta a porta” e la mobilitazione dei mezzi. “Abbiamo comuni piccoli che con le loro strade tortuose e strette causano problemi nel ritiro” - ha osservato Petrella. Nel periodo estivo questo crea ancora maggiori problematiche. Il progetto per la raccolta differenziata “Porta a porta” è partito con l’implementazione del servizio per 9 comuni, che sono poi quelli ammessi a finanziamento. Il progetto si è attivato ed attuato attraverso queste fasi: ricognizione e registrazione delle utenze distribuite sul territorio, ricostruendo la toponomastica di tutti i comuni, casa per casa; avvio della campagna di informazione che è stata fatta porta a porta, da operatori della società, distribuendo opuscoli e una guida pratica; rafforzamento dell’ informazione domiciliare per mezzo di un periodico e di un sito internet; consegna di attrezzature, sacchi, mastelli e bidoni; acquisto e utilizzo di automezzi per attrezzature pesanti. Il raccolto viene conferito presso i Centri di raccolta delle piattaforme ecologiche con le quali sono state stipulate delle Convezioni. L’operazione di attuazione del progetto ha avuto dei costi ingenti per un totale di circa 2.780 milioni di euro, a cui hanno fatto fronte parzialmente i finanziamenti della Regione, ripagati con il raggiungimento di obiettivi importanti: i nostri Comuni hanno una media, dal 55% al 60% di raccolta differenziata. Alla conclusione dell’incontro, dopo aver raccolto i consensi unanimi da parte dei partecipanti, e il dirigente Franco Gerardini della Regione Abruzzo ha sottolineato, che questo meeting

ha fornito punti di riflessione e confronto che saranno tenuti ben presenti dagli operatori coinvolti.

ENERGIA DA BIOMASSE Prospettive economiche, ambientali ed energetiche per uno sviluppo sostenibile. di Silvia Barchiesi Le biomasse sono “energia verde” da coltivare: costituiscono una fonte energetica rinnovabile in grado di rispondere in modo sostenibile ed economico alla domanda energetica europea, oltre che un’opportunità economica per il comparto agricolo. É quanto è emerso dal Convegno dal titolo “Energia da biomasse: prospettive economiche di sviluppo sostenibile”, svoltosi lo scorso 5 novembre nell’ambito della Fiera ECOMONDO 2010 e volto ad approfondire problematiche e prospettive relative alla produzione di energia da biomasse. A disegnare il quadro delle criticità, ma soprattutto quello delle nuove opportunità e dei nuovi scenari aperti dalle biomasse, sono stati numerosi politici, amministratori, esperti ed imprenditori intervenuti per testimoniare la sostenibilità economica, oltre che ambientale ed energetica delle biomasse. Trarre energia dalle biomasse consente infatti di eliminare i rifiuti prodotti delle attività umane, produrre energia elettrica e ridurre la dipendenza dalle fonti di natura fossile come il petrolio: ciò che un tempo era un costo da sostenere, grazie alle biomasse, diventa così un’opportunità per produrre preziosa energia elettrica. Ma non solo. Le biomasse sono molto di più di un’opportunità. Il ricorso alle biomasse è infatti una necessità: “Il ruolo delle agroenergie - ha dichiarato nel corso del suo intervento il Prof. Roberto Jodice, Presidente Consorzio

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CORTEA - è essenziale per raggiungere gli obiettivi europei al 2020 in tema di rinnovabili. Secondo il Piano di Azione Nazionale per le energie rinnovabili dell’Italia (PAN), licenziato dal Governo alla fine di giugno, in attuazione della Direttiva Comunitaria 2009/28/CE e della decisione della Commissione del 30 giugno 2009 sulla promozione delle fonti alternative, nel settore elettrico le biomasse possono rappresentare il 20% del contributo totale che le rinnovabili possono dare al 2020, mentre nel settore termico, il vero fondamento del Piano su cui anche l’Unione Europea insiste molto, il contributo alla produzione di energia da parte di questa fonte supera il 50% delle rinnovabili totali”. “In sintesi - ha continuato il Prof. Jodice - oltre il 10% dei consumi energetici italiani potrebbe essere assicurato dalle biomasse, mentre l’aliquota dovuta a quelle di provenienza agricola potrebbe essere dell’8% circa. Per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Commissione Europea per il nostro Paese al 2020, le biomasse giocano un ruolo essenziale nelle politiche di programmazione e produzione. Anzi, senza il contributo delle biomasse non sarà possibile raggiungere tali obiettivi”. Eppure, nonostante l’interesse per l’utilizzo delle biomasse come risorsa energetica sia in continua crescita, il settore non ha raggiunto in molte applicazioni una reale dimensione di mercato. Se si guarda poi ai modelli produttivi per le biomasse, la scelta realmente sostenibile dal punto di vista ambientale è quella che punta sulla cosiddetta cogenerazione distribuita nell’ambito della cosiddetta “filiera corta”, ovvero quella che premia la generazione diffusa attraverso il consolidamento di una rete di piccoli impianti. “Contrariamente a quanto avvenuto spesso negli ultimi anni, in cui le economie di scala favorivano gli impianti di grande taglia - ha proseguito il Prof.


Jodice - oggi è economicamente fattibile, oltre che ambientalmente sostenibile, proporre impianti dimensionati sulla base delle reali potenzialità del contesto locale in termini di disponibilità di materie prime e di terreno. Rispetto alla scelta dei grandi impianti appare preferibile una micro- produzione energetica caratterizzata dalla diffusione sul territorio di impianti di piccola taglia che assicurino l’allocazione dell’energia termica e non solo di quella elettrica: la cosiddetta cogenerazione distribuita”. È così che l’offerta energetica legata alla cogenerazione distribuita si radica nel territorio. Così prende l’avvio la cosiddetta “filiera corta”. Il legame “orizzontale” con il territorio per gli impianti di produzione diventa fondamentale per la sua sostenibilità ambientale. Con l’aumentare della distanza dal luogo di produzione rispetto a quello di utilizzo, aumentano, infatti, i costi energetici. Per ridurre al minimo l’energia spesa nel trasporto, è quindi importante che la biomassa sia prodotta nel territorio limitrofo all’impianto energetico. Di qui la necessità di valorizzare impianti di produzione di biomassa di piccola - media dimensione, diffusi sul territorio, il cui sistema logistico di approvvigionamento sia caratterizzato da un costo energetico dovuto al trasporto

del combustibile non superiore al 2% rispetto al contenuto energetico della biomassa. Ma la sostenibilità del modello cogenerativo di piccola taglia non è solo ambientale ed energetica, ma anche economica: “Il tempo del ritorno dell’investimento, nel caso della cogenerazione distribuita - ha commentato lo stesso Jodice - è ampiamente soddisfacente, sia dal punto di vista industriale, che produttivo”. Dello stesso parere è l’on. Paolo Russo, Presidente Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, secondo cui “spingere verso le biomasse è una necessità, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico”. “Le biomasse - ha dichiarato l’on. Russo nel suo intervento di apertura - sono un’opportunità per le aziende agricole. Lungi dall’essere un elemento di disagio a carico dell’ambiente, sono motore di qualià e competitività di alto profilo ambientale, in quanto hanno la capacità di coniguare la sostenibilità ambientale con le opportunità reddituali per l’impresa”. “Affinché ciò avvenga - ha concluso l’on. Russo - è necessario che questo percorso non perda la sua riconoscibilità territoriale. Di qui la necessità di spingere verso la cosiddetta filiera corta, garanzia di sostenibilità economica e ambientale”. Ne sono la prova i numerosi impian-

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ti progettati da CEO- Ago Energia e illustrati da Roberto Sacco, amministratore unico dell’azienda, specializzata in biomasse solide vergini e nella realizzazione e gestione di impianti di co e trigenerazione di piccola taglia e a “kilometri zero”, ovvero impianti di dimensioni inferiori al megawatt il cui approvigionamento energetico avviene in loco, nello stesso paese in cui si trova l’impianto. Altro che “filiera corta”...nel caso degli impianti realizzati dalla CEO- Ago Energia, ha commentato l’Ing. Sacco presentando le “best practices” dell’azienda, “la filiera è a chilometri zero”. I vantaggi? Oltre che ambientali, sono anche economici e sociali. Se dal punto di vista ambientale, gli impianti sono tutti a impatto zero, ovvero a zero emissione di CO2 e senza alcuna produzione di diossine, dal punto di vista socio-economico gli impianti hanno un impatto benefico sul territorio. L’impatto non è di certo paesaggistico, in quanto tutti gli impianti si “mimetizzano” con il paesaggio circostante dal punto di vista architettonico, grazie a linee e materiali specifici del territorio, bensì, positivamente, sociale ed economico. “Grazie all’approvigionamento in loco delle biomasse - ha spiegato l’Ing. Sacco - gli impianti sono, infatti, in grado di forninire al territtorio in cui sono


istallati una garanzia di reddito e una stabilità economica locale. Ma non solo. Oltre a creare nuovi posti di lavoro, la presenza degli impianti assicura la pulizia e la manutenzione dei boschi e la formazione/sensibilizzazione della comunità locale alle problematiche energetiche, grazie alle visite guidate che si realizzano all’interno degli impianti”. Ma l’elenco delle best practices illustrate nel corso del Convegno non finisce qui. A testimoniare il crescente interesse del settore agricolo verso la produzione di energia da biomasse è stato lo stesso Assessore all’Agricoltura, Turismo e Pesca della Provincia di Livorno, Paolo Pacini. In una Provincia a forte vocazione agricola come quella di Livorno, oltre alle due centrali “a filiera lunga” già esistenti, nel giro di due anni sono nate 9 nuove centrali a “filiera corta”. Si tratta dunque di un segnale del fermento che anima il settore delle biomasse e del crescente interesse del mondo agricolo verso questa nuova fonte di energia pulita. Decisivo in questo contesto è il ruolo degli enti pubblici. “L’investimento nelle biomasse è un’opportunità per gli imprenditori - ha dichiarato l’Assessore Pacini nel corso del suo intervento - ma è anche un impegno per la Provincia. Il nostro obiettivo è quello di rendere il territorio rurale autonomo dal punto di vista energetico, spingendo alla creazione sul territorio di piccole centrali a biomasse, magari sperimentando nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato”. Quello di creare piccoli impianti sotto il megawatt a filiera corta è anche l’obiettivo della Provincia di BarlettaAndria- Trani. “La nostra idea è quella di spingere il più possibile la filiera corta - ha dichiarato Gennaro Cefola, Assessore alle Risorse naturali, politiche ambientali, difesa del suolo della Provincia di

Barletta - Andria - Trani - magari sfruttando le numerose aziende produttrici di olio presenti sul territorio. In questo modo il cerchio delle biomasse si apre e si chiude sul territorio”. Di qui l’impegno della Provincia a sostenere la “rivoluzione energetica” attraverso un “Piano Provinciale Energetico” che coinvolga tutte le associazioni ambientaliste, agricole e industriali presenti sul territorio. “La pianificazione e la programmazione - ha commentato Cefola - è, infatti, il primo atto che come Provincia siamo chiamati a compiere”. Se gli Enti Locali hanno un ruolo strategico nell’orientare e indirizzare la produzione energetica da biomasse, la responsabilità maggiore è in capo alle imprese, non sempre attente alla sostenibilità dei loro processi produttivi e, piuttosto, interessate alla speculazione. È quanto ha evidenziato nel suo intervento Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente della Fondazione UniVerde. “Bisogna distinguere tra impresa e speculazione - ha dichiarato Pecoraro Scanio - così come bisogna distinguere tra green economy e greenwashing”. Se il settore delle biomasse è in fermento e può contare su numerosi esempi di “best practices”, è pur vero che lo stesso settore pullula anche di “worst practices” che travolgono il settore e lo “avvelenano”. “Il tema delle biomasse - ha continuato Alfonso Pecoraro Scanio - è un chiaro esempio di come le worst practices in atto possano strumentalizzare il problema”. Piuttosto che porre l’attenzione sulle “worst practices” è bene dunque focalizzarsi sulle “best practices” che dimostrano come le biomasse, lungi dall’essere opportunità di speculazione, possano diventare una nuova opportunità economica e sostenibile. Ma perché ciò avvenga è necessario accantonare il vecchio modello produttivo incentrato sull’importazione a

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favore di un di un nuovo modello industriale che premia la “filiera corta” e piccole dimensioni dell’impianto. “Occorre creare un nuovo sistema di impresa fatto di mini-biomasse diffuse - ha osservato Pecorar Scanio - in cui l’approvigionamento energetico e la produzione energetica avvengano in loco. Occorre optare per questa nuova e premiante scelta strategica. Solo così è possibile fare dell’Italia un Paese leader dell’efficienza energetica”. Ma la problematica delle biomessa interseca anche quella dei rifiuti. Di qui l’intervento nel corso del Convegno dell’Ing. Daniele Montecchio, componenente dell’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti che ha illustrato le motivazioni che hanno spinto l’Osservatorio ad analizzare l’utilizzo degli scarti di polietilene negli impianti di biomasse. “Il potere calorifero di tali scarti è troppo alto per essere smaltito in discarica e i termovalorizzatori non sono in grado di assorbirli tutti. Dal punto di vista ambientale la situazione è insostenibile. Molti di questi scarti vengono, infatti, smaltiti in deroga in discarica. La soluzione più sostenibile sarebbe invece di usare tali scarti che finiscono in discarica come combustibile al posto del metano che invece dobbiamo importare”. Il bilancio complessivo sulle biomasse ad uso energetico che ad oggi è possible tracciare è dunque quello di un settore di forte interesse, in uno scenario normativo e di mercato in evoluzione e in forte fermento. Alcune “buone pratiche” sono già in atto e gli esempi “virtuosi” non mancano. Ecco allora che la rivoluzione “green” coinvolge anche il settore agricolo, sempre di più pratogonista della produzione di energia “verde”.


INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Presentato da FISE UNIRE e FoSS l’annuale Rapporto

L’ITALIA DEL RICICLO 2010 Si riciclano meno quantità e ne vengono esportate di più Presentata il 28 ottobre 2010, la 10a edizione dell’annuale Studio promosso da FISE-UNIRE (Associazione di Confindustria che rappresenta le imprese sul recupero e riciclaggio dei rifiuti, conosciuto come Rapporto “L’Italia del Recupero”, è diventato “L’Italia del Riciclo”, avvalendosi, peraltro, per la prima volta della collaborazione della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (FoSS), presieduta dall’ex Ministro dell’Ambiente Edo Ronchi. Tra le altre novità dell’edizione 2010 che si basa sui dati del 2009, si segnalano in particolare: - maggior attenzione agli aspetti internazionali; - segnalazione delle imprese del riciclo più innovative. Il dato più rilevante che emerge è la riduzione della quantità dei rifiuti gestiti, che è passata, considerando i 6 principali flussi di materiali (rottami ferrosi, alluminio, carta, legno, plastica e vetro), da 31,88 milioni di tonnellate a 24 milioni, spiegata con la flessione produttiva dovuta alla recessione economica che ha determinato anche una riduzione della domanda di materia prima seconda, specialmente nel settore dei rottami ferrosi. Il secondo aspetto che viene messo in risalto è l’aumento delle esportazioni di materiali riciclati che prendono la via del Sud-est Asiatico, soprattutto della Cina, come conseguenza della necessità di trovare un mercato di sbocco alle materie, comunque, riciclate dal settore. Di contro, sono aumentate le percentuali di riciclaggio relativamente ai quantitativi immessi in commercio, con l’eccezione negativa dell’alluminio il cui riciclaggio è passato dal 58% al 50%. Fatta eccezione per la carta da macero, l’Italia è importatrice di materiali destinati al riciclo per circa 6 milioni di tonnellate e il saldo negativo del commercio estero di tali materiali nel 2009 è calato di ben il 60,5%, passando da

6,17 milioni di tonnellate a 2,44 milioni di tonnellate: data la crisi della domanda interna quindi la carta ha aumentato ulteriormente le esportazioni, mentre gli altri settori hanno ridotto le importazioni e aumentato le esportazioni. Il settore degli imballaggi, in particolare, registra, in termini assoluti, una riduzione del 4%, rispetto al 2008, delle quantità avviate al riciclo a causa della diminuzione dei consumi e degli imballaggi utilizzati. I settori nei quali si è avuta una riduzione maggiore sono quelli dell’alluminio e del legno che registrano rispettivamente il -19% e il -16%. I restanti imballaggi si attestano su una riduzione vicina al valor medio. Va tuttavia notato che, in termini percentuali rispetto all’immesso al consumo, il riciclaggio degli imballaggi risulta essere cresciuto anche nel 2009 rispetto al 2008. Si registra solo una riduzione della quota di alluminio (-8%), mentre risultano in crescita tutte le altre frazioni. La crescita media di riciclo degli imballaggi è stata del 2%, con un massimo pari a otto punti percentuali per l’acciaio e un minimo dell’1% per il vetro. “Anche in un periodo di crisi economica - ha commentato Edo Ronchi - un settore cruciale della green economy, come quello del riciclo dei rifiuti, non solo regge, ma riesce a fare passi in avanti significativi. Questo Rapporto sull' Italia del riciclo, ci fa vedere che non c'è solo la crisi dei rifiuti di Napoli, ma che esiste ormai in questo Paese una vasta attività di riciclo dei rifiuti che, in non pochi settori, è fra le più avanzate d'Europa. Abbiamo intere Regioni dove le raccolte differenziate sono intorno al 50% e settori come quello degli imballaggi dove si ricicla il 64% dell'immesso al consumo”. “Nonostante la contrazione della produzione e della domanda interna, che ha avuto inevitabili riflessi negativi anche sui volumi riciclati, le raccolte sono

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in crescita e i tassi di riciclo (già elevati) si avvicinano sempre più ai picchi di eccellenza europei - ha evidenziato il Presidente di UNIRE, Corrado Scapino - Ma per poter compiere quel salto di qualità necessario ad uscire definitivamente dalla crisi le aziende devono vedere affiancati i propri sforzi da un reale impegno del Governo per un sistema davvero efficiente sotto diversi aspetti: quello della concorrenza nel mercato (in particolare tra soggetti pubblici e privati), quello della semplificazione delle norme e delle procedure, in una parola, quello della convenienza a investire in tecnologie e rimanere in Italia. Altrimenti si corre il rischio che, come è avvenuto per altri settori economici, anche il riciclo si sposti all’estero, in particolare nelle economie emergenti, sottraendo occupazione e risorse attualmente impiegate nel nostro Paese”. Il Rapporto è stato costruito con la partecipazione delle diverse filiere del riciclo, attivamente coinvolte nella stesura degli approfondimenti di 15 settori merceologici: si tratta di una peculiarità di grande importanza poiché consente di guardare più dall’interno al campo delle attività, delle iniziative e delle problematiche del settore. Di seguito viene riportato il quadro sintetico dei vari settori. Rottami ferrosi Il commercio mondiale dei rottami d’acciaio è sceso da 105,1 a 94,9 milioni di tonnellate, ma le loro quotazioni internazionali sono calate solo alla fine del 2010, per poi risalire subito, tendenza confermata nei primi mesi del 2010. Ciò è avvenuto, in buona parte, grazie al forte aumento delle importazioni di rottami d’acciaio da parte della Cina: nel 2009 pari a 13,7 milioni di tonnellate, circa quattro volte quelli del 2008; aumenti delle importazioni, sia pure minori, ci sono state anche in India e in Sud Corea. In Europa, dove nel 2009 le acciaierie


hanno ridotto la produzione, con numerosi e prolungati fermi degli impianti, la produzione di acciaio è calata nel 2009 rispetto all’anno precedente di ben 58,2 milioni di tonnellate, passando da 198 a 139,8 milioni di tonnellate e quindi anche l’impiego di rottami è calato di 30,4 milioni di tonnellate, scendendo da 111,3 milioni di tonnellate nel 2008 a 80,9 milioni di tonnellate (nel 2008 i rottami di acciaio contribuivano alla produzione del 56,2% dell’acciaio europeo, nel 2009 tale quota è lievemente salita al 57,8%). In Europa, grazie all’aumento delle esportazioni di oltre il 22%, soprattutto in Cina, ed a una riduzione delle importazioni di oltre il 29%, i prezzi dei rottami di acciaio non sono crollati, ma hanno registrato un’altalena di alti e bassi trimestrali e, all’inizio del 2010, erano già più alti di quelli dell’inizio del 2009, e in ripresa. In Italia, nel 2009, la produzione di acciaio ha subito una vera e propria caduta: da 30,6 milioni di tonnellate nel 2008 a 19,8 milioni di tonnellate nel 2009, con una riduzione del 35%, seguendo la produzione di prodotti siderurgici, caduta, nel 2009, del 37,4%. L’impiego del rottame in produzioni nazionali ha seguito la medesima dinamica di riduzione della produzione di acciaio, scendendo da 19,5 milioni di tonnellate nel 2008 a 14 milioni di tonnellate nel 2009, caduta un poi attenuata poiché la quota di acciaio prodotta con forni elettrici, con l’impiego di rottame, è

aumentata dal 64% del 2008 al 71% nel 2009. L’impatto della forte contrazione del riciclo di rottami di acciaio su quelli di provenienza nazionale è stato attenuato perché l’Italia ne importa quantità significative e, nel 2009, ha ridotto tali importazioni al 25% (rispetto ad una media degli anni precedenti intorno al 30%), utilizzando per il 75% rottami di provenienza nazionale. Carta La carta da macero, altro settore del riciclo di grande importanza, ha fatto registrare, per effetto della crisi, una riduzione degli impieghi e dei prezzi nei mercati europei già alla fine del 2008, ma, anche in questo caso, l’aumento delle importazioni cinesi ha fatto da traino alle esportazioni europee e alla ripresa dei prezzi, proseguita per tutto il 2009 e anche per la prima parte del 2010. In Italia la produzione di carta è scesa dal 2008 al 2009 da 9,5 milioni di tonnellate a 8,6 milioni di tonnellate, con una riduzione di oltre l’11%. L’utilizzo nazionale di carta da macero è quindi sceso di circa 580.000 tonnellate, da 5,33 a 4,75 milioni di tonnellate (-11%). Ma la raccolta apparente di carta da macero da avviare al riciclo è stata mantenuta abbastanza elevata: circa 6,2 milioni di tonnellate nel 2009 (con un lieve calo rispetto alle 6,3 milioni di tonnellate del 2008) grazie al peso delle esportazioni e ad

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un loro significativo aumento: da 1,5 milioni di tonnellate nel 2008, a 1,85 milioni di tonnellate nel 2009 (mentre sono calate le importazioni di carta da macero, da 520.000 tonnellate nel 2008 a 412.000 tonnellate nel 2009). Plastica Nella seconda parte del 2009, dopo il crollo della fine del 2008, la domanda e la quotazione delle materie prime seconde costituite da materiali plastici sono riprese: quelle di HDPE con una certa stabilità, con una moderata crescita per il PE e una crescita più sostenuta per il film in LDPE. Anche per le plastiche le esportazioni verso i mercati orientali e in Cina, favorite dal basso costo dei trasporti, hanno frenato la caduta dei prezzi e compensato il forte calo della domanda interna. In Europa nel 2009 le importazioni sono rimaste stabili e contenute, mentre le esportazioni di materie prime seconde costituite da plastiche sono aumentate del 45%. In Italia questa dinamica europea è stata ancora più accentuata, con un calo delle importazioni del 31% nel 2009 rispetto al 2008 e con un aumento nel 2009 delle esportazioni di materie prime seconde costituite da plastiche del 54%. Tutto ciò, unito ad un aumento del riciclo delle plastiche nei contenitori in particolare per alimenti, ha spinto al rialzo i prezzi e portato il settore fuori dalla crisi.


Legno La filiera del legno ha risentito in misura rilevante la crisi con cali importanti della domanda e dei prezzi. Il quantitativo totale di rifiuti di legno riciclati in Italia nella produzione di manufatti lignei (essenzialmente truciolati) viene stimato in circa 2,6 milioni di tonnellate nel 2009, di cui circa 1 milione di tonnellate da rifiuti d'imballaggio, pari al 38% del totale. Nel 2008, anno dove già era iniziata la crisi, il riciclo del legno era stato di 2,72 milioni di tonnellate (-5% rispetto al 2007), nel 2009 si è registrato un calo ulteriore del 4,4%. Il legno, a causa dell'ampio utilizzo nel settore degli imballaggi secondari, delle costruzioni e dell’arredamento, è uno dei comparti che ha risentito maggiormente della crisi poiché forte è stato il rallentamento nell’industria del mobile e delle costruzioni e perché il rallentamento dei consumi ha prodotto anche una riduzione dell’utilizzo di pallet e di altri imballaggi industriali in legno. Anche per il legno è cresciuto il ruolo della Cina, diventato nel 2009 il principale importatore mondiale, seguita dalla Turchia che, nel 2009, ha aumentato le importazioni di wood chips del 50%. Ma ciò non è bastato a rivitalizzare il mercato mondiale che nel 2009 ha fatto registrare una riduzione delle quantità scambiate poiché radizionali importanti importatori hanno ridotto le loro importazioni di wood chips: Australia (-22%), Stati Uniti (-25%) e Sud Africa (-45%). Pur in condizione di prezzi poco remunerativi e di riduzione dei fatturati per il settore, poiché l’Italia è un forte importatore di legno (ben il 30% delle importazioni europee del settore), il riciclo di materia prima seconda nazionale di legno non ha avuto problemi di quantità: le importazioni di wood chips (di dimensione notevole anche nel 2009, pari a 525.000 tonnellate) infatti, nonostante la crisi, sono aumentate del 14% e sono aumentate pure le esportazioni che però mantengono un volume relativamente basso (solo 7.300 tonnellate nel 2009). Vetro A livello europeo, tra ottobre 2008 e marzo 2009, la domanda di prodotti di vetro è crollata improvvisamente sia per i contenitori, sia per il vetro piano, utilizzato nel settore edile e automobilistico. Si è generata così anche una crisi nel settore del riciclaggio del vetro e, in tutta l’Europa, a causa dell’aumento

della raccolta del vetro, si sono formati degli extra-costi per lo stoccaggio dei vetri raccolti ma non riciclati. Il settore del riciclo, a livello europeo, è rimasto complessivamente schiacciato da una domanda ridotta, prezzi calanti e costi crescenti, causati dall’accumulo di materiali presso gli impianti. Ciononostante, nel 2009, in Italia sono state riciclate 1,77 milioni di tonnellate di vetro (1,36 di imballaggi) con un calo modesto (quasi nullo per gli imballaggi), del 3,2% rispetto alla produzione del 2008 che era stata pari a 1,82 milioni di tonnellate (1,36 di imballaggi). Il riciclo del vetro ha una grande rilevanza nel settore poiché il 65% della produzione nazionale è realizzata con vetro riciclato (dati del 2008). Nel 2009 le quantità di vetro riciclato esportate dall'Italia sono cresciute del 28% ma, nonostante la crisi, sono rimaste basse, pari a sole 5.398 tonnellate. L'industria vetraria italiana ha continuato a ricorrere, anche nel 2009, all'importazione di rottami di vetro dall'estero in quantità notevoli, pari a 231.000 tonnellate. Alluminio L'industria nazionale dell’alluminio nel 2009 ha fortemente risentito della crisi: nel corso dell'anno si è assistito alla chiusura di 4 dei 25 impianti esistenti nel 2008 e sono state effettuate numerose sospensioni di attività. Nel complesso nel 2009 l'industria nazionale ha impiegato circa 683.000 tonnellate di rottami di alluminio, il 49% di provenienza nazionale e il 51% di provenienza estera (di cui 31.200 tonnellate di rifiuti d'imballaggio, pari al 4,6% del riciclo complessivo di alluminio). Nel 2008 l’impiego di rottami di alluminio era stato pari a 949.000 tonnellate (di cui 38.500 quello degli imballaggi riciclati). La crisi che ha colpito il settore dell'alluminio è di particolare rilievo poiché l'Italia, in Europa, è seconda solo alla Germania e Italia e Germania insieme sono, in termini produttivi, primi in Europa e terzi a livello mondiale dopo Stati Uniti e Giappone. Nel corso del 2009 si è attivato un sistema di stoccaggi di rottame di alluminio in attesa di una ripresa dei loro listini. Anche nel settore del riciclo dell’alluminio sono aumentate notevolmente le esportazioni di rottami e cascami, del 46%, da 56.000 tonnellate a 82.000 tonnellate, soprattutto indirizzate verso il Far East (grazie al ruolo della Cina), a fronte di importazioni in forte calo,

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del 28,6%, da oltre 377.000 nel 2008 a 269.000 nel 2009. Pile e Accumulatori Il mercato del piombo e quello degli accumulatori al piombo hanno un legame molto stretto: oltre il 50% della produzione di piombo a livello mondiale si dirige verso la produzione di accumulatori al piombo, e gli stessi, quando a fine vita vengono riciclati, restituiscono nuovamente il metallo a circa un terzo dei costi necessari alla sua produzione da minerale (in massima parte poi riutilizzato per la produzione di nuove batterie). Dalla fine 2006 è iniziato un trend in aumento nelle quotazioni del piombo, che hanno raggiunto il loro valore massimo nel mese di ottobre 2007. A tale fase di espansione è seguito un periodo di forte diminuzione delle quotazioni, anche per effetto della crisi economica del 2008, i cui effetti si sono registrati anche sul prezzo del piombo e dei metalli in generale. Il 2009 è stato invece un anno ad inversione di tendenza rispetto al precedente, con la quotazione del piombo in crescita per l’intero anno, trascinata dalla domanda dei Paesi emergenti, che hanno portato il settore del riciclo del piombo delle batterie fuori dalla crisi. Oli minerali esausti La raccolta dell’olio minerale usato nell’anno 2009 in Italia è stata pari a 194.209 tonnellate, inferiore dellí8,6% rispetto al 2008. Il calo della raccolta è stato influenzato prevalentemente dalla forte contrazione subita dal mercato degli oli lubrificanti e della conseguente ridotta produzione di olio usato. Dal confronto tra oli usati raccolti e gli oli lubrificanti immessi al consumo si evidenzia comunque una crescita, passando dal valore di 42,6 % del 2008 al 48,7% del 2009. Nel 2009, la quantità di oli usati lavorati presso le raffinerie è stata pari allí80% dell’olio raccolto da cui sono state ricavate 99.800 tonnellate di oli base rigenerati, il 25% del totale oli lubrificanti finiti immessi al consumo nel corso del 2009. Oli e grassi vegetali e animali esausti Gli oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti e riciclati nel 2009 sono stati 42.000 tonnellate, con un incremento del +5% rispetto all’anno precedente.


Inerti Per i rifiuti da costruzione e demolizione gli ultimi dati ufficiali sono del 2006. Il quantitativo totale di rifiuti speciali non pericolosi da C&D prodotto in quell’anno è stato di 52.083 milioni di tonnellate. Tuttavia si ritiene che tale dato sia fortemente sottostimato poiché non esiste un censimento ufficiale degli impianti autorizzati e non esistono dati oggettivi che permettono di conoscere la reale entità del flusso di rifiuti da costruzione e demolizione. Esiste, inoltre, una notevole quantità di rifiuti che non è smaltita/riciclata regolarmente ed è ancora diffuso il fenomeno di abbandono di rifiuti inerti in discariche abusive. Secondo le stime effettuate da ANPAR (Rapporto ANPAR 2009), in Italia si ricicla circa il 10% dei rifiuti inerti risultando così il nostro Paese in una posizione di forte arretratezza rispetto agli altri Paesi europei. Infine, il riciclo della frazione organica e verde dei rifiuti è passato da 3,2 milioni di tonnellate nel 2007 a 3,3 nel 2008 con una crescita del 3%. Da questa ricognizione, sintetica ma sufficientemente rappresentativa, emerge un quadro dell’industria del riciclo che ha risentito della crisi del 20082009, ma che, con non poche difficoltà, è in via di superamento. Con alcune osservazioni che vale la pena di sottolineare. La tenuta rispetto alla crisi di intere filiere è stata resa possibile dalla presenza e dall’azione di strut-

ture di filiera, i consorzi, che hanno ammortizzato gli effetti della crisi sui mercati, mantenendo alte le raccolte e assicurando uno sbocco, anche in presenza di prezzi in caduta o non convenienti. Il peso crescente dell’export, come abbiamo visto ha attenuato gli effetti della crisi e costituisce un fattore dinamico di ripresa, ma non è senza conseguenze. Intanto una parte delle imprese che interviene nel trattamento e nel riciclo dei rifiuti non è attrezzata per spostare, in parte più o meno grande, la sua attività sui mercati globali, per dimensione troppo piccola e/o tipologia di attività: per queste aziende la congiuntura economica negativa può voler dire riduzione delle proprie attività o addirittura scomparsa. Senza rendere dello stesso colore un settore che presenta, come abbiamo visto, rilevanti e diverse specifiche tonalità, tuttavia in fase di valutazione generale, è bene ricordare che questa crescita dell’export delle filiere del riciclo, accentuata come abbiamo verificato dalla crisi del 20082009, è una tendenza di fondo nella nuova geografia economica mondiale e che quindi occorre essere attrezzati, nelle filiere organizzate italiane oltre che nelle singole imprese, per gestire e valorizzare con capacità d’iniziativa tale internazionalizzazione. Va prestata attenzione inoltre ad un altro dato di fondo: è vero che risulta una situazione dei settori del riciclo

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forse più dinamica e positiva di quella media del resto dell’industria italiana; ma anche nei settori del riciclo non si può ignorare la diffusa convinzione che la domanda globale non tornerà ai livelli verso cui tendeva - dati i tassi di crescita ormai più modesti - prima della crisi. E che “la caduta della produzione industriale italiana iniziata nella primavera del 2008 si è trasformata in collasso nell’autunno di quell’anno e nell’inverno 2009. Il livello di attività è precipitato sotto quello di oltre venti anni prima. L’intensità e la rapidità di questo crollo non hanno riscontro in alcun altro episodio della storia industriale dell’Italia del secondo dopoguerra. La violenta contrazione è venuta dopo una prolungata fase recessiva nel quadriennio 2001 - 2005, seguita da una ripresa durata non più di un biennio. Cosicché gli anni Duemila costituiscono nel complesso un periodo di regresso produttivo” (Scenari industriali, Centro Studi di Confindustria, giugno 2010). Data la sua portata e vastità, quindi, la crisi in Italia non è ancora stata superata: ciò determina la necessità di un approccio accorto ed incisivo nei settori del riciclo perché possano continuare a garantire gli stessi risultati, se non incrementarli considerato quanto richiesto dagli obiettivi di legge nazionali ed europei, anche in un quadro economico generale nazionale che potrebbe non essere positivo.


Pubblicati due Rapporti che confermano la riduzione delle emissioni UE

L’EUROPA È SULLA BUONA STRADA PER RAGGIUNGERE L’OBIETTIVO DI KYOTO

Rimangono fuori dal conteggio quelle nascoste sotto il tappeto cinese

Alla vigilia del Consiglio Ambiente del 14 ottobre 2010 che doveva adottare una posizione comune in vista della Conferenza UNFCCC di fine anno a Cancún, sono state pubblicati il 12 ottobre due importanti Rapporti: - “Tracking progress towards Kyoto and 2020 targets”, redatto dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) che valuta i progressi compiuti dall’Unione europea nella riduzione delle emissioni per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto e quelli fissati al 2020; - “Progress towards achieving the Kyoto objectives”, la relazione annuale che la Commissione UE invia al Parlamento europeo e al Consiglio, sulla base dell’Art. 5, comma 2 della Decisione n. 280/2004/CE, per valutare i progressi realizzati nella riduzione delle emissioni, in base agli impegni assunti dalla Comunità con la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) e nell’ambito del Protocollo di Kyoto.

lo di Stati membri fornita dall’EEA si basa sulle emissioni effettive del solo 2008. Le due relazioni, quindi, andrebbero lette alla luce di queste diverse ipotesi per capire le differenze nella valutazione presentata in ognuna di esse. Il Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente attesta che l’Unione europea sulla base dei dati relativi al 2008 e 2009, è sulla buona strada per rispettare l’obiettivo di riduzione dell’8%, rispetto al 1990, anno base fissato dal Protocollo di Kyoto. L’UE-15 ha tagliato mediamente, nei due anni considerati, di 250 milioni di tonnellate le CO2 equivalenti, pari

Quantunque entrambi i documenti abbiano per fine lo stesso oggetto, differiscono leggermente nell’impostazione in quanto il primo esamina i progressi compiuti dall’UE nei confronti degli impegni di Kyoto, il secondo tiene conto delle emissioni effettive e delle proiezioni fino alla fine del periodo di impegno 2008-2012. Inoltre, l’analisi a livel-

al 5,9% in più rispetto alle riduzioni necessarie per raggiungere l’obiettivo, raggiungendo al 2009 il 12,9%. Tuttavia Austria, Danimarca e Italia non stanno garantendo il loro contributo al conseguimento del comune obiettivo, tanto che l’Agenzia prevede che dovranno conseguire ulteriori riduzioni delle emissioni nei settori non coperti dal Sistema comunitario di scambio delle quote di emissione (EU ETS), quali trasporti, riscaldamento domestico, agricoltura e rifiuti, o acquistare crediti di carbonio più di quanto abbiano già previsto. C’è da osservare che l’Italia, pur avendo fatto registrare nel 2009 una consistente riduzione dei gas serra, nel complesso è ancora molto indietro rispetto al suo obiettivo specifico del 6,5% di riduzione rispetto al 1990. Infatti, il nostro Paese fino al 2008 aveva addirittura aumentato la produzione di gas serra del 4,7% e della CO2 del 7,4% rispetto al 1990. Pertanto, il calo delle emissioni registrato nell’ultimo anno difficilmente riuscirà ad annullare l’aumento conseguito negli anni precedenti. Le proiezioni dell’EEA mostrano che anche l’UE-27 è in grado di centrare il suo obiettivo di riduzione delle emissioni del 20% entro il 2020, dal momento che le stime delle emissioni al 2009 indicano un -17,3% rispetto all’anno di riferimento. Inoltre, 10 dei 12 Stati membri dell’UE che vi hanno aderito successivamente hanno raggiunto

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individualmente obiettivi di riduzione tra il 6% e l’8% e che 9 di questi (l’eccezione è la Slovenia, mentre Malta e Cipro non hanno obiettivi di emissioni) non avranno bisogno di acquistare crediti di carbonio o di utilizzare i carbon sink. “Non possiamo permetterci di aspettare fino a dopo la fine del periodo di Kyoto per avviare l’attuazione di politiche mirate a settori che non rientrano nel sistema ETS, come i trasporti e il riscaldamento residenziale - ha osservato Jacqueline McGlade, Direttore esecutivo EEA - Questi settori sono cruciali per il conseguimento degli obiettivi UE fissati per il 2020”. Il Rapporto dell’EEA ha registrato anche l’aumento dell’uso di energie alternative, cresciute dell’8,3% (biomasse escluse), mentre è calato del 5,5% quello dei combustibili fossili (carbone, petrolio e metano), in modo particolare in alcuni settori ad alto consumo energetico, come le industrie del cemento, della chimica e dell’acciaio.

e di attività programmate di rimboschimento. In sintesi, i progressi compiuti dall’Unione europea sono tali da essere in anticipo rispetto ai tempi previsti, confermando, quindi, che saranno rispettati gli impegni sottoscritti nel quadro del Protoccolo di Kyoto. “L’Unione europea non si è limitata a firmare il Protocollo di Kyoto e non si è limitata ad assumere impegni a questo riguardo - ha affermato Connie Hedegaard, Commissaria UE

incaricata dell’Azione per il Clima - I fatti dimostrano che il mondo può fare affidamento sull’Unione europea; noi manteniamo i nostri impegni. In questo caso stiamo andando oltre l’obiettivo prefissato”. Le attuali politiche e misure, vale a dire quelle già attuate, dovrebbero portare a riduzioni delle emissioni del 10,4% sotto i livelli dell'anno base. Oltre a ciò, i piani di 10 degli Stati membri dell’UE-15, relativi all’acquisto di crediti di emissioni nell’ambito dei meccanismi di

Proiezioni delle emissioni dell’UE-15 e dell’UE-25 alla conclusione del periodo di Kyoto (fonte: EEAA)

Secondo l’EEA, la crisi economica che ha ridotto le attività industriali dell’UE ha di certo influito su questi dati, tuttavia il declino delle emissioni sarebbe destinato a continuare, anche se l’eventuale ripresa facesse temporaneamente rallentare il trend di riduzione. Come si diceva, il Rapporto della Commissione UE, che si è incentrato essenzialmente sulle proiezioni fino alla fine del periodo di impegno (2012), mette in rilievo che l’UE-15 ridurrebbe le emissioni totali di gas ad effetto serra del 14,2% tra l’anno base e il periodo di impegno 20082012, sempre che gli Stati membri continuino nella politica di acquisto di crediti di emissione internazionali

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mercato di Kyoto, porterebbero ad un’ulteriore riduzione globale di circa il 13,2%. Le attività programmate di rimboschimento, che creano dei “pozzi” biologici che assorbono l’anidride carbonica dall’atmosfera, contribuirebbero con un’ulteriore riduzione dell’1,0%. Anche le proiezioni del Rapporto della Commissione UE confermano l’effetto cumulativo della recessione economica sulla diminuzione delle emissioni. Tuttavia, “The Guardian” il 13 ottobre, nel riportare una sintesi delle statistiche sopra richiamate, dà notizia che in un Rapporto di prossima pubblicazione Policy Exchange, think tank britannico per politiche pubbliche, sostiene che le emissioni generate da prodotti e

servizi importati dai Paesi europei sono aumentate di oltre il 40%, dato che mette in discussione la reale portata degli eventuali obiettivi del Protocollo di Kyoto raggiunti. Certo, la responsabilità delle emissioni causate da tali produzioni sono dei Paesi esportatori, dal momento che non sarebbe possibile effettuare una doppia contabilità. Tuttavia, c’è anche una questione di carattere etico che deve essere tenuta in debito conto, visto che gran parte delle emissioni globali sono generate nei Paesi in via di sviluppo per produzioni di beni e servizi consumati dai Paesi ricchi. “Per il sistema climatico globale non importa da dove si originano le emissioni - ha dichiarato Steven J. Davis, autore dello studio Consumption based accounting of CO2 emissions (Proceedings of National

Academy of Science of the United States, march 8, 2010, n. 106) - Una politica efficace presuppone uno scopo globale. Nella misura in cui i vincoli da imporre alle emissioni dei Paesi in via di sviluppo sembrano essere il principale ostacolo ad una soluzione politica efficace sul clima a livello internazionale, assegnare una parte di queste emissioni ai consumatori finali che risiedono altrove, potrebbe costituire un’opportunità per un equo compromesso”. Sempre che non si voglia continuare a nascondere le nostre sporcizie sotto il tappeto cinese!

Emissioni esportate di anidride carbonica (Mt CO2 y-1). I principali Paesi esportatori sono in blu, mentre i principali Paesi importatori sono in rosso (con l’Europa occidentale raggruppata assieme) fonte: Steven J. Davis - Carnegie Institution for Science - PNAS

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QUALITÀ E AMBIENTE

Presentato il 1° Rapporto nazionale sulla pianificazione paesaggistica

“PAESAGGIO, LA TUTELA NEGATA” Il brand non vende senza identità del territorio “Conosci tu la terra dove fioriscono i limoni, gli aranci dorati rilucono fra le foglie scure, una mite brezza spira dal cielo azzurro, il mirto immoto resta e alto si erge l’alloro, La conosci tu, forse? Laggiù, laggiù Con te, amore mio, io vorrei andare”. (Johann Wolfang Goethe, “Wilhelm Meister. Gli anni dell’apprendistato”, Adelphi, Milano, pp. 127-128) È la prima strofa della celeberrima poesia, divenuta un vero e proprio testo sacro del Romanticismo tedesco, che canta Mignon all’inizio del Libro III del Wilhem Meister, romanzo di formazione di Goethe, e che ispirò celebri Lieder a Beethoven, Schubert, Schuman. Nel Settecento i giovani di famiglie aristocratiche e borghesi di Inghilterra, Germania e Francia, che potevano permetterselo finanziariamente, intraprendevano un viaggio nel sud dell’Europa, per completare la loro formazione, prima di intraprendere le loro carriere professionali. Si considerava il Grand Tour una specie di investimento per il futuro, un po’ come è percepito oggi un Master in qualche prestigiosa Università statunitense. L’Italia costituiva l’epilogo e il vero obiettivo del viaggio, quale luogo ricco di testimonianze storiche e culturali, ma anche territorio che paesaggisticamente permetteva un’esperienza sensoriale in grado di far emergere la soggettività e i sentimenti, tale che il viaggio di istruzione diventava in epoca preromantica il “sentimental journey” (Sterne).

mio di successo e competitività economica. Promuovere un territorio significa far emergere non solo l’economia e il patrimonio storico-culturale, ma anche identità e valori, di cui il marchio diviene il simbolo che permette a quel territorio di essere identificato anche presso Paesi, comunità di persone e mercati lontani sia geograficamente che culturalmente. All’Expo Universale di Shanghai il Padiglione Italiano non è forse il più bello, ma di certo “è il più visitato” dalla popolazione cinese, come ha affermato il 7 ottobre il premier Wen Jiabao nel corso della sua visita in Italia. Questo successo testimonia che per la Cina, l’Italia costituisce un’attrattiva che potrebbe avere positive ripercussioni economiche per il nostro Paese, allorché l’impetuosa e continua crescita del Paese asiatico pemetterà ad un potenziale grande numero di cinesi di effettuare viaggi, sempre che nel frattempo l’Italia non abbia dilapidato il suo “bene”, come purtroppo sta accadendo. “Questa erosione di un patrimonio immenso e irriproducibile peserà inesorabilmente sui nostri figli, nipoti e pronipoti ammoniva Vittorio Emiliani, Presidente del Comitato per la bellezza, nel bel libro “La colata”, curato da Ferruccio Sansa (Chiarelettere, 2010) - In termini di imbruttimento, di involgarimento, di peggioramento dell’ambiente, della vita individuale e collettiva, di dissipazione di un patrimonio nazionale per secoli ammirato, la più formidabile attrattiva turistico-culturale da noi posseduta”.

Di certo, quell’ambiente “naturale” che Goethe aveva potuto “assaporare” nei sui viaggi in Italia non può più essere lo stesso, ma sarebbe grave la perdita della sua “identità culturale” (del “senso del luogo” come definita dal sociologo Franco Ferrarotti), senza della quale ogni operazione di “sostenibilità” diventa impossibile. Nell’era della globalizzazione, territorio e brand costituiscono un bino-

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In tal senso, speriamo che raggiunga il fine prefissato di sollecitare Stato e Regioni al rispetto del “bene comune” costituito dal paesaggio, peraltro tutelato dalla nostra Costituzione, la pubblicazione da parte di Italia Nostra del 1° Rapporto nazionale sulla pianificazione paesaggistica, che porta il titolo significativo “Paesaggio, la tutela negata”. La presentazione è avvenuta il 21 ottobre 2010, in occasione delle celebrazioni del decennale della Convenzione Europea del Paesaggio, adottata dal Comitato dei Ministri della Cultura e dell’Ambiente del Con-


siglio d’Europa il 19 luglio 2000 e ufficialmente sottoscritto a Firenze il 20 ottobre 2000. L’obiettivo iniziale, spiega Italia Nostra, era di fornire un quadro aggiornato e ragionato della co-pianificazione paesaggistica che avrebbe dovuto essere, ad oltre due anni e mezzo dalla definitiva approvazione del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (le ultime modifiche sono state introdotte con i D.Lgs n. 62 e n. 63 del 26 marzo 2008), a un avanzato grado di elaborazione su gran parte del territorio italiano, ma “Ci siamo invece resi conto che si trova in uno stato di scandalosa impasse - hanno dichiarato Maria Pia Guermandi e Vezio De Lucia, curatori del Rapporto. Le regioni italiane non hanno un Piano paesaggistico sebbene il Codice prevedesse che entro il 31 dicembre 2009 tutte si dotassero di un piano che mettesse ordine nel far west della legislazione sul territorio.

“Una mancanza questa, che colloca l’Italia - si legge nel Rapporto - agli ultimi posti della classifica europea, rispetto ad altri Paesi all’avanguardia come Germania e Francia che, invece, si sono già dotati di ottimi piani paesaggistici”. Il quadro che emerge è a dir poco drammatico: mentre da un lato le Regioni hanno prodotto piani scarsamente efficaci, prevalentemente descrittivi, il Ministero beni culturali, chiamato dal Codice ad un’operazione di vitale importanza per la costruzione di un sistema delle tutele finalmente aggiornato, sta trascurando i suoi compiti di indirizzo e coordinamento, abbandonando la pianificazione paesaggistica in un limbo indeterminato per quanto riguarda tempi, criteri e metodi. Sfibrato da anni di riduzione delle risorse finanziarie, di riorganizzazioni spesso fra loro contraddittorie e, comunque, incoerenti rispetto ai compiti prescritti dal Codice: da ultima la cancellazione di una Direzione generale autonoma del

Ravello (SA). L’Auditorium di Oscar Niemeyer (fonte: Italia Nostra)

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paesaggio, sembra aver ridotto il proprio intervento a un mero ruolo di Segreteria amministrativa, mentre gli Organi periferici procedono in ordine sparso e con grandi difficoltà determinate non solo dalla scarsità delle risorse a disposizione, quanto soprattutto da un’inadeguatezza, eccezioni personali a parte, delle competenze di pianificazione. Il risultato è il massacro del territorio italiano, con alcune regioni dove la situazione è particolarmente grave, prime fra tutte Calabria e Lombardia. Ci siamo invece resi conto che si trova in uno stato di scandalosa impasse. “Eppure, anche se la situazione appare per certi versi drammatica, la vicenda della co-pianificazione paesaggistica non può abbandonata nel novero delle battaglie perdute. Troppo importante è la sua rilevanza: la pianificazione del paesaggio è la madre di tutte le battaglie per le sorti del territorio e del patrimonio culturale italiano”. Il Rapporto è frutto, nel suo insieme, dello sforzo collettivo di Italia Nostra, che attraverso i suoi Consigli regionali e oltre duecento sezioni ha consentito un’indagine estesa praticamente all’intero territorio nazionale. Pur con i limiti derivati, fra l’altro, dalla difficoltà di reperimento di informazioni affidabili, e con una disomogeneità che rispecchia,

d’altronde, quella territoriale, il Rapporto è il primo di questo genere in Italia, fornendo un quadro drammaticamente chiaro della situazione italiana. A partire da questo primo risultato Italia Nostra intende costituire un Osservatorio indipendente e permanente sul paesaggio che assicuri un monitoraggio duraturo della pianificazione paesaggistica e che estenda, nelle prossime tappe, la propria analisi a tutti i fattori che agiscono sul nostro paesaggio. Italia Nostra vuole, inoltre, rilanciare con fermezza la copianificazione congiunta di Stato e Regioni, introdotta dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, invitando il Ministro Sandro Bondi a dare seguito all’art. 145 c.1 del Codice in base al quale “L’individuazione, da parte del Ministero, delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità di indirizzo della pianificazione, costituisce compito di rilievo nazionale, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di principi e criteri direttivi per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali”. Per vivere in un paese migliore occorre una cultura del paesaggio che sia il perno del governo del territorio.

Milano. Lavori in corso per la conversione di un vecchio centro commerciale in un nuovo (e molto più grande) centro commerciale allo svincolo fra la A4 (tratto urbano area metropolitana milanese) e SS36, nel quadro degli altri lavori per il tunnel da 3 Km di raccordo fra le due infrastrutture e la Tangenziale Nord (fonte: Italia Nostra)

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SERVIZI AMBIENTALI

GRUPPO GE.SE.N.U.

IGIENE AMBIENTALE: 30 ANNI DI SUCCESSI Ma anche green economy Stiamo attraversando un periodo in cui i processi antropici che stanno determinando modificazioni all'ambiente, si sviluppano così in fretta da dubitare delle capacità dell'uomo di capirne gli effetti e adottare in tempo le dovute contromisure. Per questo motivo, le Istituzioni devono cercare modalità di "eco compatibilità" o "eco sostenibilità", e le norme giuridiche a tutela dell'ambiente rappresentano lo sforzo per raggiungere i necessari equilibri fra le attività umane e l'ambiente.

smaltimento volti al recupero spinto di materiali o energia, in modo da minimizzare il conferimento in discarica, massimizzare il riciclaggio e ridurre gli impatti sull’ambiente. Oggi la società è diventata punto di riferimento sicuro, oltre che per il Comune di Perugia, per altre realtà nazionali ed internazionali, grazie alla costituzione di Società collegate e partecipate che si caratterizzano sia per la specificità dell'ambito territoriale di operatività che per la specificità del settore di intervento.

GE.SE.N.U., Società per azioni a capitale misto pubblico-privato fondata nel 1980 tra il Comune di Perugia (45%) ed il Gruppo Sorain Cecchini (55%), che associa l'indirizzo generale, la visione dei problemi, la sensibilità ambientale, tipiche del settore pubblico, con la managerialità, lo spirito di iniziativa, la ricerca del risultato economico attraverso la gestione ottimale dell'azienda, peculiari dell'impresa privata. Che la formula societaria si rivelasse vincente, lo dimostrano i 30 anni di vita festeggiati proprio quest'anno. Per cercare di capire con maggiori dettagli i segreti di tale successo, abbiamo incontrato l'Ing. Carlo Noto La Diega, Amministratore Delegato Gesenu.

Quest'anno la società festeggia i 30 anni di attività. Quali sono state le strategie che hanno permesso di raggiungere questo traguardo? In questi trenta anni abbiamo assistito alla nascita di una Società, al suo consolidamento in Umbria ed al suo affermarsi sui mercati nazionali ed internazionali. Siamo stati la prima azienda costituitasi nel settore con capitale misto pubblico-privato e siamo stati in questi anni un esempio seguito da moltissime altre realtà e ad oggi in rapida diffusione. Anche la formula del capitale sociale, in maggioranza privato, sembra essere stata antesignana rispetto alle più recenti normative di riordino del settore. È stata una scelta lungimirante, abbiamo visto con decenni di anticipo le preziose sinergie che potevano scaturire da una sana cooperazione tra pubblico e privato.

Ing. Noto La Diega, di che cosa si occupa in particolare il Gruppo GE.SE.N.U.? La GE.SE.N.U., direttamente o attraverso le varie società del Gruppo, gestisce per conto di amministrazioni locali, i servizi di Igiene Ambientale, che vanno dallo spazzamento stradale alla raccolta differenziata di rifiuti, fino allo smaltimento e al recupero. Le attività impiantistiche rappresentano il fiore all'occhiello del Gruppo, per le quali si distingue sia a livello nazionale che internazionale. Le nostre proposte progettuali prevedono sistemi integrati di

Giunti ad un traguardo così importante, è indispensabile un momento di riflessione: sono stati raggiunti gli obiettivi che i Soci si erano prefissi nel costituire la società nel lontano 1980? Va riconosciuto al Socio Pubblico, il Comune di Perugia, l’intuizione, per primo in Italia, di ricorrere ad una SpA mista a prevalente capitale privato per la gestione del Servizio di Igiene Urbana. La GE.SE.N.U. ha gestito al meglio il Ciclo dei Rifiuti con il pieno

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consenso dei cittadini-utenti senza aver attraversato in questi 30 anni un solo momento di crisi, pur nel rigoroso e costante rispetto di normative in continua evoluzione. Il modello della SpA mista si è poi dimostrato tanto valido da essere oggi assurto a modello nazionale di riferimento nelle ultime disposizioni di legge sui sistemi di gestione dei Servizi Pubblici Locali. La società si è via via sviluppata prima in Umbria, poi in Italia anche nel panorama internazionale. Si pensi soltanto alla gestione dei rifiuti di metà della città di Il Cairo. Abbiamo appena firmato con il Presidente della CCBA Ahmed Ali Ahmed, alla presenza del Ministro delle Finanze Youssef Boutros Ghali, del Ministro dell’Ambiente egiziano George Maged e del Governatore del Cairo Abdel Azim Wazir, un contratto che proroga e integra la precedente gestione nella capitale egiziana. Fino al 2018 gestiremo il ciclo integrato dei rifiuti (dalla raccolta allo smaltimento) di metà della città di Il Cairo, su un territorio di 64 km quadrati, per una popolazione di 5,5 milioni di abitanti attraverso 5.500 operatori e impiegati, per un importo complessivo annuo del valore di 50 milioni di euro.

Ritengo quindi, che si possa dare una risposta alla domanda posta: sì, GE.SE.N.U. ha risposto positivamente alle aspettative dei Soci, a quelle dei suoi Dirigenti, dei suoi Dipendenti e delle loro famiglie. Questa ricorrenza avviene in un periodo particolarmente difficile. Come state affrontando la crisi? Dobbiamo resistere e approfittare della congiuntura per ridefinire il modello aziendale e nel contempo stimolare le istituzioni affinché vengano prese quelle decisioni che ci consentano, all’uscita dalla crisi, di trovare un quadro razionale in cui espletare i nostri servizi nel modo più efficiente. Aumentare l’efficienza aziendale consente, inoltre, di poter raggiungere questi obiettivi con il conseguimento di utili che, a mio avviso, debbono diventare fonte importante di entrate per il Socio pubblico che, anche in futuro, si troverà sempre più in difficoltà nel far coesistere la quadratura dei bilanci con un livello di welfare degno di una società evoluta. Qual è il rapporto della GE.SE.N.U. con il territorio? In questi 30 anni sono state diverse migliaia le famiglie che hanno trovato in GE.SE.N.U. un punto di riferimento sicuro per la realizzazione del proprio progetto di vita. Ed oggi i 1.700

dipendenti del Gruppo, che ogni giorno sono impegnati nei vari ruoli aziendali, conoscono bene il valore di appartenenza al “GRUPPO GE.SE.N.U.”, ne sono orgogliosi e costituiscono la forza motrice per andare avanti. Anche la comunità civile ha potuto apprezzare in questi anni il valore di GE.SE.N.U.: siamo nati a Perugia nel 1980 e da Perugia ci siamo proposti con successo in numerose altre regioni. Del resto la GE.SE.N.U. è stata sempre discreta, mai troppo aggressiva, con il rispetto di tanti valori, in primis l’onestà, anche intellettuale, che sta diventando merce sempre più rara nella nostra società. A 30 anni di distanza dalla nascita e in presenza dell'evoluzione esponenziale delle sfide dei nuovi mercati in termini di qualità ed economicità dei servizi, qual è il futuro del Gruppo GE.SE.N.U.? I nostri 30 anni di attività non devono essere intese soltanto un punto di arrivo, ma, lo stimolo e la base per un nuovo punto di partenza. Oggi la nostra Società è pronta ad affrontare con serenità il compimento delle idee e delle iniziative che costituiscono il frutto di trenta anni di appassionata attività. Il valore dei nostri uomini e il costante confronto tra spirito di impresa e responsabilità politica ed amministrativa continuano a rappresentare la carta vincente del nostro operare. Negli ultimi anni ci siamo cimentati anche in quella che oggi si chiama Green Economy, attraverso due società estremamente innovative, anche per come sono amministrate, operiamo infatti nel campo delle energie rinnovabili. Ritengo che anche questa sia stata una scelta importante, al passo con i tempi, che offre oggi alla collettività umbra altri due soggetti imprenditoriali importanti che possono offrire spazi occupazionali ed opportunità di confronto alla collettività regionale. Certo, dovranno essere affrontate problematiche nuove che in un contesto globale non potranno essere ne sottovalutate né tanto meno ignorate, ma siamo pronti a confrontarci con i nuovi scenari conseguenti alla crisi economica in atto, ai nuovi mercati e soprattutto alle nuove e crescenti richieste di efficienza, di capacità e di esperienza che in futuro interesseranno il settore ambientale. Tutto questo patrimonio di esperienza e professionalità è stato esposto alla Fiera ECOMONDO, nel corso della quale l' Amministratore Delegato di GE.SE.N.U. Carlo Noto La Diega si è intrattenuto il Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, che si è soffermata presso lo Stand del Gruppo e alla quale ha illustrato le attività innovative svolte dal Gruppo: per GE.SE.N.U. e le sue società controllate che da anni operano e investono nella tutela della salvaguardia ambientale e della corretta raccolta e smaltimento dei rifiuti un riconoscimento del valore delle attività svolte.

Presidenza e Sede Amministrativa Via Danzetta, 7 - 06121 Perugia Sede legale Via della Molinella, 7 - 06125 Ponte Rio Perugia Tel. 075 57431 - fax 075 5899732 - gesenu@gesenu.it Sede di Roma Via G. Mercalli, 80 - 00197 Roma - Tel. 06 8077668 - fax 06 8075225 www.gesenu.it

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Digitall srl

RE-BOARD: RE-INVENTA IL TUO SPAZIO, RISPETTANDO L’AMBIENTE di Anna Rita Rossi

- affidabilità, accuratezza, rapidità ed efficienza dei suoi servizi a prezzi competitivi; - qualità comunicativa resa più efficace attraverso soluzioni originali e creative; - ricerca di nuove tecnologie e materiali all’avanguardia. La Digitall, compresa nel suo desiderio costante di evolversi e forte della sua passione di soddisfare anche il più ambizioso progetto dei suoi clienti, ha attualmente investito le sue energie creative e logistiche nel Re-Board, interessante materiale che è proprietà di una Società svedese. Digitall srl, azienda che si occupa di stampa digitale, dispone di molte carte vincenti per rispondere in modo puntuale e attento alle più svariate esigenze dei suoi clienti: - elevato profilo qualitativo dei suoi prodotti;

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caratteristiche costituisce un’ottima alternativa a diversi materiali tradizionali, offrendo anche molte opportunità di risparmio, in termini di: - denaro - spazio, - trasporto - stoccaggio - montaggio - smaltimento La duttilità del Re-Board consente di risolvere in modo nuovo un’infinità di esigenze legate al settore della grafica e del design, permettendo di dare corpo a molte differenti e nuove idee, creando, immaginando e costruendo in piena libertà, in quanto, questo materiale è facilmente sagomabile e personalizzabile e può essere stampato su entrambe le superfici con qualsiasi immagine, texture, decorazione e colore, con risultati di notevole brillantezza.


Re-board resta compatto e flessibile per l'uso: non si piega, ma si può tagliare, fresare, curvare, incastrare, avvitare, bordare e modellare per le strutture e le applicazioni più diverse, con ottimi risultati funzionali ed estetici. È facile da assemblare con incastri o mediante piccoli e semplici accessori di giunzione oppure con colle naturali a base d’acqua.

Prendendo in considerazione questo materiale, non si deve sottovalutare il suo basso impatto ambientale: Reboard viene recuperato al 100% e, a fine utilizzo, può essere facilmente smaltito nei comuni contenitori per la raccolta della carta. Re-board reagisce al fuoco in classe C2, perciò risulta sicuro e conforme alle norme per l'utilizzo in spazi pubblici e possiede anche una buona idrorepellenza.

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI Pubblicate dalla Commissione UE le Linee Guida per conciliare energia eolica e biodiversità

EOLICO E AREE PROTETTE POSSONO COESISTERE L’inadeguatezza della progettazione mette in pericolo specie ed habitat “Sebbene in generale l'energia eolica non costituisca una minaccia per la fauna selvatica, la presenza di parchi eolici inadeguatamente progettati o collocati in zone critiche può incidere negativamente su specie e habitat vulnerabili”. Per questo motivo, la Commissione europea ha pubblicato il 29 ottobre le Linee Guida per conciliare lo sviluppo dell’energia eolica e le politiche sulla biodiversità: “Sviluppo dell’Energia Eolica e Natura 2000” (Wind energy developments and Natura 2000). Fino ad oggi non c’era mai stato un chiaro orientamento in relazione alla rete Natura 2000, uno degli assi portanti della politica dell’Unione europea in materia di biodiversità e uno strumento fondamentale per conseguire il suo obiettivo di arrestare ed invertire la perdita di biodiversità entro il 2020. Istituita dalla Direttiva “Habitat” del 1992, la rete ecologica transnazionale di Natura 2000 è costituita da quasi 26.000 siti ubicati nei 27 Stati membri e che copre quasi il 18% del territorio dell’Unione europea, includendo le Zone di Protezione Speciale (ZPS), Siti di Interesse Comunitari (SIC) e Important Bird Areas (IBAs). Il suo scopo è di assicurare la conservazione e l’uso sostenibile di aree di grande valore per la biodiversità, nonché la sopravvivenza a lungo termine delle specie e degli habitat europei più preziosi e maggiormente in pericolo. Natura 2000 non è un sistema di rigorose riserve naturali da cui è esclusa ogni

attività umana, perché, pur comprendendo riserve naturali, gran parte del suo territorio continuerà a rimanere di proprietà privata che pone la necessità di una futura gestione sostenibile, dal punto di vista ecologico, economico e sociale. L’energia eolica riveste un ruolo importante per riuscire a centrare l’obiettivo dell’UE di ottenere il 20% del totale del fabbisogno energetico europeo da energie rinnovabili entro il 2020; di conseguenza, la presenza di impianti eolici all’interno di aree Natura 2000 non è automaticamente esclusa. La percentuale di energia eolica prodotta è cresciuta rapidamente nel corso degli ultimi 10 anni e nel 2009 rappresentava circa il 4,8% del consumo totale di elettricità nell'UE. Entro il 2020 tale cifra sembra destinata a triplicare. D’altro canto, è importante valutare tali impianti caso per caso, perché l’impatto di erigere turbine eoliche in un determinato ambiente naturale dipendono fortemente dal tipo di fauna selvatica, nonché dalla progettazione del parco eolico. “I nuovi orientamenti forniranno agli Stati membri e all'industria indicazioni più chiare su come sviluppare attività e parchi eolici che rispettino i requisiti di Natura 2000 - ha affermato Janez Potočnik, Commissario europeo per l’Ambiente - Non sono stati apportati cambiamenti alla normativa o alle politiche in materia, si tratta semplicemente di orientamenti più precisi sulla legislazione vigente. Lo scopo è quello

La cartina che indica la distribuzione della Rete di Naura 2000 al gennaio 2009 (fonte: Wind energy developments and Natura 2000)

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di assicurare che gli obiettivi legati all’energia rinnovabile siano raggiunti nel pieno rispetto della normativa UE sulla protezione delle specie naturali”. Il documento elenca i potenziali impatti sugli uccelli e habitat affinché gli installatori evitino rischi che uccelli e pipistrelli possano collidere con le turbine e che la perdita di habitat costringano gli animali a cambiare direzione durante le migrazioni o nel corso delle normali attività di foraggiamento. Gli orientamenti sono intesi a evitare, quindi, l’insorgere di eventuali contrasti tra la presenza di impianti eolici e la conservazione della biodiversità all’interno di aree protette Natura 2000. Si sottolinea, inoltre, l’importanza di una programmazione strategica e la necessità di sottoporre i progetti di nuovi parchi eolici a valutazioni adeguate e di qualità. Gli orientamenti contengono anche esempi di buone pratiche e mostrano come evitare che gli impianti eolici arrechino danni ad aree naturali sensibili. La progettazione strategica di nuovi impianti eolici all'interno di un’ampia zona geografica rappresenta uno dei modi più efficaci per minimizzarne l’impatto sulla natura e sulla fauna selvatica, a partire dalla progettazione stessa. Così facendo, secondo la Commissione UE, non solo si ottiene un quadro di sviluppo più integrato, ma si dovrebbero anche ridurre, in fase successiva, i rischi di difficoltà e ritardi a livello dei singoli progetti. La European Wind Energy Association (EWEA) non ha tardato a rallegrarsi per la pubblicazione del documento della Commissione UE, “che fornisce indicazioni chiare alle autorità nazionali e regionali su come garantire che lo sviluppo di parchi eolici sia compatibile con le aree europee di protezione degli uccelli e dei loro habitat”. “Già ora, l’implementazione delle fattorie del vento presuppone una valutazione dell’impatto ambientale prima della loro costruzione - prosegue la nota EWEA - Inoltre, la direttiva “Habitat” include garanzie sostanziali che devono essere

offerte dai progetti eolici ritenuti suscettibili di avere un effetto negativo su un sito Natura 2000. Nel complesso, l’impatto dell’energia eolica su uccelli, pipistrelli, fauna selvatica ed altri habitat naturali è estremamente basso rispetto ad altre numerose attività umane connesse”. In effetti, i paragrafi 6 (1) e 6 (2) dell’articolo 6 della Direttiva prevedono che, all’interno di Natura 2000, gli Stati membri: - adottino misure di conservazione adeguate per mantenere e ripristinare gli habitat e le specie per cui il sito è stato designato come luogo di conservazione; - evitino attività dannose che potrebbero significativamente disturbare queste specie, o il deterioramento degli habitat di specie protette o di tipi di habitat. I paragrafi 6 (3) e 6 (4) stabiliscono le procedure da seguire in sede di pianificazione di nuove infrastrutture che possano incidere su un sito Natura 2000. Così: - qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito Natura 2000, singolarmente o in combinazione con altri piani o progetti, è sottoposto ad un’opportuna valutazione per determinare le sue implicazioni. Le autorità competenti non possono accettare il piano o il progetto se non dopo aver accertato che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in questione; - in circostanze eccezionali, ad un piano o progetto può essere consentito il proseguimento, nonostante negativa, purché non vi siano soluzioni alternative e il piano o il progetto è considerato di rilevante interesse pubblico; in tal caso lo Stato membro deve adottare le misure compensative per garantire che la coerenza globale della rete Natura 2000 sia tutelata. Al momento, non ci sono delle prese di posizione ufficiali da parte delle associazioni ambientaliste, in particolare di BirdLife International che in passato aveva escluso ogni possibilità di localizzare wind farms in nelle ZPS e IBAs (Position Statement on Wind Farms and Birds, 9 dicembre 2005).

La fattoria eolica pressi il lago Ostrowo (Polonia), situata in una zona con più di 200 specie di uccelli che coesistono armonicamente

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EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE

Si diffonde a Parigi l’attivismo di Guerrilla Gardening

“UN FIORE È NATO SULLA STRADA”

Contro il degrado e il grigiore della vita urbana

di Massimo Lombardi

“… Un fiore è nato sulla strada… È brutto. Ma è un fiore. Ha forato l’asfalto, la noia, lo schifo e l’odio.” (Carlos Drummond De Andrade, Il Fiore e la Nausea (1945), in “Cuore numeroso”, a cura di V. Arsillo, Donzelli editore (2002), pag. 57)

Vengono alla mente i versi del poeta brasiliano, forse il più grande in lingua portoghese, quando, passeggiando per le vie di Parigi, è sempre più facile trovare in un angolo appartato, su un parapetto scalcinato, lungo uno spartitraffico polveroso, piantine fiorite e cespi verdeggianti. Spesso la presenza di un vicino cartone infisso sul terreno o tenui scritte stampigliate sui muri accanto, avvertono che non si tratta di nuove forme di arredo urbano deliberate dalla Mairie, bensì di azioni libere e spontanee praticate da un movimento “ambientalista” che vuole comunicare l’importanza di curare e migliorare i luoghi in cui si vive, si opera e si concorre a modificare, conosciuto come “Guerrilla Gardening”. Il termine è stato utilizzato per la prima volta a New York nel 1973, quando il gruppo Green Guerrilla, trasformò un lotto privato ed abbandonato in giardino che a tutt’oggi è ben tenuto, essendo passato sotto la protezione del Dipartimento Parchi di New York City. L’azione più clamorosa è avvenuta, però, nel 1996 quando a Wandsworth, quartiere meridionale di Londra, 500 attivisti di “The Land is Ours” (La Terra è nostra), tra cui George Monbiot, noto giornalista del “The Guardian”, nonché scrittore ambientalista (“L’era del consenso”, “Calore!”, “Apocalisse quotidiana”, per citare quelli che sono stati tradotti in italiano), occuparono oltre 500 m2 di terreno abbandonato sulle rive del Tamigi, per sottolineare “Il terrificante disuso della terra urbana”.

A dispetto della denominazione, i “guerriglieri” non esprimono azioni contro qualcuno o qualcosa, ma vogliono stimolare la responsabilità e l’attenzione delle persone su un determinato problema, per lo più sulla necessità di riappropriazione degli spazi urbani per renderli più vivibili. Compiono i loro “attacchi” in piena notte, in gruppetti o individualmente, muniti di terriccio, pale, rastrelli, semi e piantine, dopo aver individuato preventivamente i luoghi dell’intervento, che sono per lo più aree marginali o abbandonate, anche recluse tra edifici e isolati o transennate lungo i viali o all’interno di piazze. In quest’ultimo caso, vi penetrano furtivamente o scagliano, se impossibilitati ad entrare, le loro “seed bombs” (bombe di semi), costruite con un miscuglio di compost e argilla, appallottolato e umidificato, in cui hanno inserito i semi delle piante prescelte, perenni o stagionali, a seconda dei casi. In alternativa, si utilizzano i cordoli di delimitazione del traffico e di aree pedonali e ciclabili o i muri di vecchi edifici e porticati, sulle cui crepe e fessure vengono inseriti e otturati con sfagno e torba, gli apparati radicali delle piantine. La speranza che anima questi green warriors è che il mattino seguente gli abitanti del quartiere, di fronte alla prospettiva di un abbellimento del luogo, continuino a mantenere in vita il fiore e il verde appena nati, come se epifanicamente riscoprissero le potenzialità di spazi urbani grigi e senza vita. Quantunque questi “guerriglieri” che lottano per la valorizzazione dei propri quartieri siano prevalentemente dei giovani, non disdegnano di praticare “sortite” di giardinaggio anche anziani, a dimostrazione che questa forma di attivismo urbano è scevro da ideologie politiche e può essere praticato da chiunque sia spinto a far qualcosa per la città in cui si vive. È il caso di Elise, una signora di 72 anni che abita a Rue Lohomond, nel 5e arrondissement in Val-de-Grâce (Quartiere latino) che ha confessato ad un blog di guerrilla gardening di essere praticamente una di loro, considerata anche la sua

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indole fortemente indipendente e contraria ad ogni forma di autoritarismo e conformismo. Dopo aver svolto la sua attività in una grande fioriera lungo la sua via, priva di ogni forma di vegetazione, ma ricca di ogni sorta di rifiuto, che i proprietari di un palazzo avevano lì posto per evitare che in quell’angolo riparato dalla pioggia si rifugiassero i barboni per dormire, ora predilige rivolgere le sue attenzioni e cure alle piccole aiuole degli “Arbres d’alignement”, le caratteristiche filiere di alberi lungo le vie e i viali, che il “Départment des Espaces verts de la Ville de Paris” ha piantato in modo uniforme e lineare per decorare ed ombreggiare. Elise ha dichiarato di aver posto in ognuna di quelle zolle di terra, protette da un cancelletto circolare in ferro, ben 12 bulbi di tulipani rossi per 12 alberi, perché si augura che in primavera il viale “si infiammi”. Naturalmente, precisa che le sue “azioni”, contrariamente a quelle praticate dai “guerriglieri” più giovani, vengono svolte al mattino, perché per lei di notte sarebbero pericolose. Dal giardinaggio all’orticoltura il passo è breve, tant’è che molti “ex guerriglieri” si dedicano a trasformare aree dimesse in orti urbani, piantumando anche alberi da frutta, Nel qual caso, il movimento assume un’impostazione più ideologica, utilizzando semi non trattati e astenendosi dai fitofarmaci e fertilizzanti chimici, in ossequio alle indicazioni di quello che considerano il loro maestro, come si evidenzia nei loro siti web, il giapponese Masanobu Fukuoka (1913-2008), il cui metodo naturale o della Rivoluzione del filo di paglia, qual è il titolo del libro appena uscito in Italia, ispirato dalla permaculture, tenta di riprodurre quanto più fedelmente condizioni naturali. Il terreno non viene arato e la germinazione avviene direttamente in superficie, se necessario avendo preventivamente mescolato i semi con argilla e fertilizzante, pratica che consente di ridurre il numero di semi necessari. Nel terreno intatto, dove idealmente sono state fatte crescere piante poco invadenti che fissano l'azoto (es. trifoglio), che trattengono il terreno e impediscono lo sviluppo di infestanti, viene coltivata simultaneamente la coltura voluta.

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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE

Conclusa la 10a Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (18-29 ottobre 2010)

A NAGOYA ANCHE IL CAPPELLO DI INDIANA JONES SUL TAVOLO NEGOZIALE

Adottato un Piano di mediazione con obiettivi inferiori a quelli preventivati

Pheidole harrisonfordi (in alto) Calponia harrisonfordi (in basso)

Pochi sanno che Harrison Ford, il bravo attore divenuto famoso per la serie di Indiana Jones, è un convinto ambientalista e testimonial di varie campagne in difesa degli ecosistemi, promosse soprattutto dall’ONG Conservation International, di cui è divenuto Vice-presidente dopo una militanza di quasi 20 anni. Per questo suo impegno di leadership ambientalista ha ottenuto il Global Environmental Citizen Award, e in suo onore sono stati chiamati: un ragno con 8 occhi, scoperto in California nel 1993 dall’aracnologo Norman I. Platnik (Calponia harrisonfordi); una formica polimorfica trovata nel 2002 in Honduras dal famoso biologo e naturalista Edward O. Wilson (Pheidole harrisonfordi). Dopo aver esplicitamente invitato il Presidente USA Barack Obama a far ratificare al Congresso la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), Ford si è presentato a Nagoya dove era in corso la 10a Conferenza delle Parti della

Convenzione sulla Diversità Biologica (18 - 29 ottobre 2010) “per incoraggiare le Parti ad essere più audaci e decise, e di fare ogni sforzo per aumentare le loro azioni di protezione delle rimanenti riserve di biodiversità - ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa il 28 ottobre (27 per l’America) - Siamo stati capaci di esprimere la volontà politica per la nostra leadership di adottare decise e forti azioni. Come individui, abbiamo dato i nostri piccoli contributi, ma la dimensione necessaria per cambiare le cose non è alla portata individuale, poiché è di massa. Ho la sensazione che questi siano negoziati difficili, come complicate siano le questioni, ciò nonostante sono fiducioso che alla fine avremo un accordo molto forte”. Non sappiamo quanto abbia pesato il cappello di Indiana Jones lanciato sul tavolo negoziale, tuttavia i colloqui, che fino a quel momento sembravano avviati al dejà vu del film

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di Copenhagen sul clima, per il forte divario esistente tra le posizioni dei Paesi in via di sviluppo e quelli industrializzati, hanno avuto un’inaspettata e “positiva” conclusione soprattutto con l’adozione del Protocollo ABS di Nagoya (così verrà denominato) sull’Accesso alle risorse genetiche e sulla Ripartizione dei Benefici derivanti dal loro utilizzo (Access and Benefit Sharing). Il Protocollo, raggiunto dopo 6 anni di negoziati estenuanti, è il secondo importante accordo ambientale globale che viene definito in Giappone dopo il Protocollo di Kyoto, città che dista, peraltro, poco più di 100Km da Nagoya. Obiettivo del Protocollo che si compone di 30 articoli “è la ripartizione giusta ed equa dei benefici derivanti dall’utilizzazione delle risorse genetiche, compresi un loro adeguato accesso e un opportuno trasferimento delle relative tecnologie, tenendo conto di tutti i diritti su tali risorse e tecnologie, mediante adeguati finanziamenti, contribuendo così alla conservazione della diversità biologica e l’uso sostenibile dei suoi componenti (articolo 1)”. In pratica, il Protocollo garantisce ai Paesi che dispongono di una ricca biodiversità la ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo di queste risorse, incoraggiandoli, quindi, alla conservazione di questa ricchezza. Ciò significa che le multinazionali dovranno condividere il loro profitti con le comunità locali non solo per l’utilizzo della risorsa originaria, ma anche per tutti i prodotti da essa derivati. Per esempio: se un’industria farmaceutica sviluppa un nuovo farmaco sulla base dei principi attivi e degli ingredienti derivati da una pianta che cresce all’interno di una regione abitata da una comunità locale e che da questa viene coltivata, d’ora in poi dovrà garantire ai suoi componenti dei benefici economici. L’accordo, che attribuisce un valore alle risorse genetiche, definisce, inoltre, le diverse fasi della procedura di accesso e di ripartizione dei benefici: - colui che intende utilizzare la risorsa (un’impresa o un ricercatore) presenta una domanda d'accesso al Paese fornitore della risorsa genetica; ogni Stato deve istituire un servizio nazionale dove centralizzare le domande; - i Paesi fornitori, e eventualmente le comunità locali, devono dare il loro assenso preliminare con conoscenza di causa per un impiego mirato della risorsa genetica; - dovranno essere stabilite delle clausole contrattuali fra le due parti che definiscano la modalità di ripartizione dei benefici con le comunità o con i Paesi fornitori; - l’autorizzazione è emanata da un autorità nazionale del Paese fornitore; - le informazioni sono comunicate al Centro di scambio sull’accesso e la ripartizione dei benefici; - dovrà essere avviata una procedura a livello nazionale per la sorveglianza del rispetto degli obblighi. L’adozione del Protocollo ha spianato la strada all’approvazione delle altre importanti decisioni che erano in agenda, quali il Meccanismo di Finanziamento della Convenzione e il Piano Strategico per salvare la biodiversità, anche perché alcuni Paesi non avrebbero aderito ad alcuno dei tre accordi, se non fossero stati approvati gli altri: che è stato poi quel che è avvenuto. Il Piano di Finanziamento, però, non ha potuto specificare quanto denaro è necessario per raggiungere gli obiettivi di salvaguardia della biodiversità, avendo concordato i Governi

che la sua definizione avverrà entro il 2012, perché la maggior parte dei Paesi sviluppati “era venuta a Nagoya con le tasche vuote”, come ha osservato il Direttore di WWF international, John Leape (il Giappone è stato l’unico ad aver promesso una cifra cospicua, pari a 2 miliardi di dollari). Migliori aspetti di concretezza derivano, invece, dal Piano Strategico, prevedendo che entro il 2020 dovranno essere adottate misure ed intraprese azioni per proteggere il 17% della superficie terrestre, rispetto all’attuale livello del 13%, e il 10% dei mari e delle coste, anche se l’obiettivo originario era ben più elevato, rispettivamente del 25% e del 15%. È stato raggiunto anche un accordo per la moratoria sulla geoingegneria e su qualsiasi sperimentazione pubblica o privata che, per contrastare gli effetti collaterali indesiderati delle attività umane, soprattutto quelle avveniristiche per la riduzione del riscaldamento globale, potrebbero avere enormi impatti sugli ecosistemi e sulla biodiversità. I 193 Paesi firmatari, che hanno trovato un compromesso dopo che si è deciso di escludere dal blocco le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), chiedono ai Governi che non vengano svolte attività geoingegneristiche senza che siano state prese in considerazione in maniera approfondita le conseguenze ambientali e gli impatti culturali ed economici. Questa decisione, di fatto, riconduce il problema all’interno dell’ONU, dove è possibile ad ogni Paese aver accesso alle informazioni e poter osservare e influenzare gli esperimenti che vengono proposti, senza ledere per questo la legittima ricerca scientifica. Merita menzione, inoltre, la richiesta condivisa dai Governi di inserire il valore della biodiversità nei bilanci nazionali e la modifica dei sussidi alle attività di pesca, agricoltura e trasformazione del territorio, che tanti guai e guasti hanno prodotto sugli ecosistemi. I partecipanti alla Conferenza hanno poi convenuto che la politica climatica e la politica di conservazione della biodiversità debbano essere coordinate e, pertanto, alla Conferenza di Cancún saranno trasmesse delle raccomandazioni affinché anche il Programma di riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado forestale (REDD) contribuisca alla conservazione della biodiversità. “La storia ricorderà che è stato qui a Nagoya che è sorta una nuova era di vivere in armonia con la natura ed è nata una nuova alleanza globale per proteggere la vita sulla terra ha dichiarato Ahmed Djoghlaf, Segretario esecutivo della CBD - Se Kyoto è entrato nella storia come il luogo dove è nato l’accordo per il clima, Nagoya sarà ricordata come la città in cui è stato fatto l’accordo per la biodiversità” Purtroppo, come accennato, gli USA, il Paese maggior utilizzatore di tali risorse, non ha ratificato la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) e, pertanto, rimane esclusa dagli obblighi previsti dal Protocollo di Nagoya, come è avvenuto per quello di Kyoto sui limiti alle emissioni climalteranti, con le conseguenze che sono tuttora evidenti.

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A Nagoya presentato il Report del WWF International

L’AMAZZONIA CHE VIVE La necessità di preservare questa risorsa “vitale” Se sono stati molti i documenti e le relazioni portati a Nagoya sul tema della perdita della biodiversità, una ricerca diffusa durante la Conferenza delle Parti dal WWF “Amazon Alive” mette in luce la straordinaria ricchezza di specie dell’area amazzonica e dei rischi per la biodiversità connessi ai pericoli che tuttora incombono su questa regione, dove in appena 10 anni, tra il 1999 e il 2009, sono state scoperte e descritte 1.200 nuove specie: praticamente una nuova specie ogni tre giorni (e si tratta di animali vertebrati - mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci - e piante, tralasciando

le migliaia di specie scoperte di invertebrati), che sono state identificate dagli scienziati di numerose istituzioni aventi sede in tutto il mondo, compresi musei, università, enti governativi e organizzazioni non governative. Il dato conferma che l’Amazzonia è uno dei luoghi della Terra dove si riscontra la maggiore diversità di vita e, dunque, è un patrimonio inestimabile di cui tutti noi inconsapevolmente beneficiamo: malgrado la maggior parte della regione sia ancora al riparo da disturbi, le minacce stanno aumentando velocemente. Durante gli ultimi 50 anni l’uomo ha causato la distruzione

Mico acariensis

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di almeno il 17% della foresta pluviale amazzonica, un’area più vasta del Venezuela e pari a due volte la Spagna. Una delle principali cause di questa trasformazione è rappresentata dalla rapida espansione dei mercati regionali e globali della carne, della soia e dei biocombustibili, che fanno aumentare la domanda di terreni. Si stima che l’80% delle aree deforestate dell’Amazzonia siano destinate a pascoli per il bestiame. Inoltre, i modelli di sviluppo non sostenibili, la rapida crescita economica regionale e il crescente fabbisogno energetico stanno esercitando un forte impatto


sull’Amazzonia. Nella prefazione al Rapporto del WWF, il Segretario esecutivo della Convenzione sulla Diversità Biologica Ahmed Djoghlaf afferma che “Oggi , quando il mondo sta annaspando sotto la minaccia dei cambiamenti climatici, la conservazione di intatti e ampi tratti di foresta pluviale assume un’importanza fondamentale, non solo per i popoli dei Paesi amazzonici, ma per tutti gli individui del mondo”. L’Amazzonia è una risorsa “vitale’” che va preservata proprio nell’interesse delle popolazioni locali: Ranitomeya amazonica solo in Brasile sono oltre 30 milioni le persone che dipendono dalle risorse Nagoya ai quali è stata fatta una richiee dai servizi offerti dagli ecosistemi sta: inserire l’Amazzonia nella mappa di quest’area. Una gestione respon- mondiale dei luoghi prioritari per la sabile dell’Amazzonia è dunque un conservazione e costruire un forte sofattore cruciale, in quanto garantirebbe stegno pubblico attorno alle iniziative servizi ambientali alla popolazione an- di conservazione su grande scala in che al di là dei confini dell’Amazzonia Amazzonia. e, non ultimo, per via del ruolo che Per le nazioni amazzoniche, una parte questa area svolge nell’ambito della della soluzione per la protezione delle battaglia contro i cambiamenti clima- specie e degli habitat amazzonici è tici globali. attualmente oggetto di valutazione da Per il WWF è importante garantire lo parte dei Governi per creare, nella resviluppo delle strategie di conservazio- gione amazzonica, un sistema di aree ne a livello regionale, promuovendo protette completo ed efficacemente la gestione sostenibile delle risorse na- gestito. turali e uno sviluppo ben pianificato delle infrastrutture, che si tradurranno Scorrendo il Report del WWF, si spapoi in sviluppo economico, tenendo in lanca un vero caleidoscopio di forme considerazione, tra gli altri elementi, e colori: 637 piante, 257 pesci, 216 anche gli impatti sociali e ambientali. anfibi, 55 rettili e 39 mammiferi, tra Questo il senso dell’appello lanciato cui 6 nuove scimmie compresa la Miai delegati dei 193 paesi presenti a co acariensis scoperta nel 2000. Ve

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ne sono di straordinarie come la nuova specie di Anaconda, prima nuova specie di anaconda identificata dal 1936 che si aggiunge alle altre tre già note alla scienza, nella provincia boliviana dell’Amazzonia, lunga ben 4 metri; il delfino rosa boliviano del Rio delle Amazzoni, nuova specie scoperta grazie alle ricerche genetiche, sull’orlo dell’estinzione; la nuova specie di pesce gatto cieco dal colore rosso brillante che vive nelle acque sotterranee, e poi diversi pappagalli e altre specie di uccelli. Ma i veri dominatori sono gli invertebrati (principalmente i ragni), che da soli rappresentano il 90% degli animali presenti, con 50.000 specie diverse in appena 2,5 km2 di foresta tropicale. Il Report elenca il numero di specie descritte in ciascun paese dove il record di scoperte è diviso tra Brasile, Perù e Ecuador. Viene anche illustrato il ruolo determinante dell’Amazzonia nell’ambito della regolazione del clima globale: le sue foreste immagazzinano, infatti, un’enorme quantità di carbonio e in caso di gestione inadeguata c’è un enorme rischio potenziale di alterazione del clima a livello globale. L’Amazzonia contiene 90-140 miliardi di tonnellate di carbonio, ed il rilascio anche solo di una porzione di questo quantitativo accelererebbe in modo significativo il processo di riscaldamento globale. Attualmente la riconversione dei terreni e la deforestazione in


Amazzonia comportano un rilascio che arriva a 0,5 miliardi di tonnellate di carbonio l’anno, senza includere le emissioni causate dagli incendi forestali. Grande importanza riveste anche lo scambio energetico generato dalla evapotraspirazione dalla superficie delle foglie, dato che l’area ospita la più estesa, densa e ininterrotta copertura di vegetazione presente sulla Terra. L’energia coinvolta in questo processo contribuisce alla regolazione del clima globale pompando acqua nell’atmosfera e fornendo energia al regime dei venti a livello globale. L’effetto di raffreddamento dato da questo particolare “sistema di condizionamento d’aria globale” è cruciale per il sostegno della vita sulla Terra. “Questo rapporto dimostra chiaramente l’incredibile diversità della vita in Amazzonia - ha dichiarato Francisco Ruiz, Responsabile dell’Iniziativa Living Amazon del WWF - E ci ricorda anche quanto dobbiamo ancora apprendere riguardo a questa regione unica e cosa potremmo perdere se non cambieremo il nostro modo di concepire lo sviluppo e promuovere la conservazione a livello regionale, garantendo così benefici economici, sociali e ambientali alle popolazioni di questa regione e della vasta zona soggetta all’influenza climatica dell’Amazzonia”.

Attraverso la sua Iniziativa Living Amazon, il WWF sta lavorando a un approccio complessivo finalizzato alla collaborazione con i Governi, la società civile e il settore privato, per promuovere il processo di trasformazione necessario per dare vita a uno scenario alternativo che possa preservare più efficacemente la biodiversità dell’Amazzonia. L’obiettivo è una visione condivisa della conservazione e dello sviluppo che risulti ambientalmente, economicamente e socialmente sostenibile, l’adeguata valutazione degli ecosistemi naturali in base ai beni ambientali che forniscono, la pianificazione della destinazione d’uso e dei diritti di proprietà della terra e delle risorse, l’implementazione delle migliori pratiche di gestione per l’agricoltura e l’allevamento e l’ottimizzazione della pianificazione delle infrastrutture energetiche e dei trasporti per ridurre al minimo gli impatti ambientali e l’impoverimento della diversità culturale. “Molte delle scoperte di nuove specie sono avvenute nell’ambito della rete delle aree protette amazzoniche - ha dichiarato Yolanda Kakabadse, Presidente del WWF-Internazionale Quest’anno, l’Anno della Biodiversità, rappresenta un’ccellente opportunità per i Capi di Stato per contribuire a proteggere ancora di più la biodiversità amazzonica per garantire la sopravvivenza delle specie che vivono in queste aree e la continuità della fornitura dei beni e servizi ambientali dai quali tutti traiamo beneficio”.

Dall’alto: Pirylia aurantiocephala; Apistogramma baenschi; Ephebopus cyanognathus

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Presentato il Rapporto finale del TEEB

METTERE AL CENTRO L’ECONOMIA DELLA NATURA Il valore dei servizi ecosistemici deve far parte delle decisioni politiche ed imprenditoriali Come avevamo anticipato nel numero di ottobre, in occasione della 10a Conferenza delle Parti CBD di Nagoya (ndr.: per i risultati conseguiti si veda l’articolo “A Nagoya anche il cappello di Indiana Jones sul tavolo negoziale” a pag. 46 di questo stesso numero), è stato presentato il 20 ottobre 2010 il Report finale del TEEB (acronimo che sta per “L’economia degli Ecosistemi e della Biodiversità”), dal titolo “Mainstreaming the Economics of Nature”. Si è trattato del Documento riassuntivo finale di 5 relazioni interconnesse, precedentemente pubblicate e singolarmente da noi analizzate sulle pagine di Regioni&Ambiente: la Relazione intermedia rilasciata a Maggio del 2008, in occasione della 9a Conferenza delle Parti della Convenzione CBD di Bonn; la Relazione sul Clima del Settembre 2009; quelle indirizzate ai Decisori politici internazionali e nazionali (Novembre 2009), alle Imprese (Luglio 2010) ai Governi locali (Settembre 2010), agli Economisti e Ecologisti (Ottobre 2010) e ai Cittadini (Ottobre 2010). Il Rapporto conclude un lavoro imponente durato 3 anni che ha avuto per fine la divulgazione del valore economico del patrimonio naturale e dei costi socioeconomici connessi alla sua perdita, dal momento che mentre la questione climatica in questi ultimi due decennio ha assunto rilievo nell’agenda politica al alto livello, la perdita di biodiversità, invece, è rimasta ai margini della governance internazionale.

all’Ambiente Stavros Dimas, ed è stato successivamente patrocinato dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), con il supporto economico della Commissione UE, tanto che l’attuale Commissario all’Ambiente Janez Potočnik, presente a Nagoya, dopo averne rivendicato l’originaria proposta e il convinto sostegno ha sottolineato che “la Commissione UE ha intenzione di avviare uno studio per esaminare più in dettaglio i dati disponibili in un contesto comunitario e nelle aree per implementare le analisi sviluppate dal TEEB nelle nostre politiche”.

valore dei servizi della natura sia visibile e divenga un elemento esplicito nel prendere decisioni sia a livello politico che imprenditoriale - ha affermato Sukhdev - L’inazione non soltanto ci fa perdere migliaia di miliardi equivalenti agli attuali e futuri benefici per la società, ma fa impoverire ulteriormente chi è già in difficoltà e mette a rischio le future generazioni. Il tempo dell’ignorare la biodiversità e del persistere con il pensiero convenzionale relativo alla creazione della ricchezza e dello sviluppo è finito: dobbiamo proseguire nel percorso verso un’economia verde”.

Il Progetto è stato coordinato dall’economista indiano Pavan Sukhdev, Direttore a Londra della Sezione Mercati globali della Deutsche Bank e Direttore della Green Economy Initiative dell’UNEP. “L’approccio del TEEB permette di reimpostare la bussola economica e di inaugurare una nuova era in cui il

La natura fornisce alla società umana una serie di benefici, quali il cibo, il legname, l’acqua, le medicine, i suoli, ecc. che sono pubblici e non hanno mercato, nonostante si riconosca che stanno subendo gravi conseguenze a seguito delle pressioni antropiche, sono putroppo ignorati dai convenziali sistemi di contabilità. Il Rapporto dimostra che i costi economici della perdita di biodiversità e la relativa diminuzione dei servizi ecosistemici in tutto il mondo sono pesantissimi, per cui occorre che i sistemi nazionali di contabilità misurino i significativi vantaggi che offrono, perché in tal modo sarebbe più facile adottare misure legislative e di progettazione per meccanismi di finanziamento per la loro conservazione. Nella Relazione finale “Mettere al centro l’economia della natura”, ci sono tre scenari: un ecosistema naturale (le foreste); un insediamento umano (città); un settore di attività (miniere), per illustrare come i concetti economici e gli strumenti descritti nel TEEB possono aiutare a dotare la società dei mezzi necessari per integrare i valori della natura nel processo decisionale

Il progetto era nato in occasione del G8 Ambiente di Potsdam (Marzo 2007) su proposta dell’ex Ministro dell’Ambiente della Germania, Gabriel Sigmar e dell’allora Commissario UE

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a tutti i livelli. Con oltre la metà della popolazione umana che vive nelle aree urbane, le città hanno un ruolo determinante da svolgere nel riconoscere come il capitale naturale sia necessario per mantenere e migliorare il benessere dei propri abitanti. Stanno emergendo innovativi strumenti economici e politiche di governo che premiano le buone pratiche. Ad esempio, la città giapponese di Nagoya che ha ospitato la COP-10, ha implementato un nuovo sistema di sviluppo dei diritti negoziabili per cui chi desidera superare i limiti esistenti in materia di altezza degli edifici può compensare l’impatto che ne consegue con l’acquisto e la conservazione di aree del paesaggio agricolo tradizionale del Giappone. Sono previsti sconti sui prestiti bancari per gli edifici che conseguono elevati punteggi basati su sistemi di certificazione green che, progettati dalle autorità cittadine, hanno anche creato incentivi per maggiori spazi verdi all’interno dei progetti della città. Un altro importante risultato che consegue dai molti studi realizzati dal TEEB è il contributo delle foreste e degli altri ecosistemi per il sostentamento di famiglie rurali povere, e quindi il potenziale significativo che hanno gli sforzi di conservazione nel contribuire alla riduzione della povertà. È stato stimato che i servizi ecosistemici e gli altri beni naturali non commerciabili costituiscano tra il 47% e l’89% del cosiddetto “PIL dei poveri” (cioè il PIL effettivo o il totale delle fonti di sostentamento delle famiglie povere che vivono nelle aree rurali e forestali), in alcuni grandi Paesi in via di sviluppo. “In passato solo settori tradizionali come il manifatturiero, il minerario, della vendita al dettaglio, delle costruzioni e della produzione di energia sono stati più in alto nella mente dei pianificatori economici e dei ministri delle finanze, dello sviluppo e del commercio - ha

osservato Achim Steiner, Direttore esecutivo dell’UNEP - Il TEEB ha portato all’attenzione del mondo che i beni e i servizi offerti dalla natura hanno un egual peso, se non addirittura di più, per la ricchezza delle nazioni, poveri compresi, aspetto questo che avrà un maggior rilievo, visto che il pianeta ha risorse limitate per una popolazione destinata ad aumentare a 9 miliardi di individui entro il 2050”. Il Rapporto contiene anche il messaggio che il mondo degli affari è incapace di tener conto del valore del capitale naturale, in particolare settori come quello minerario possono rappresentare significativi rischi commerciali e sociali. La società di consulenza britannica Trucost ha stimato che gli impatti negativi o le “esternalità ambientali” delle 3.000 compagnie mondiali quotate assommano a circa 2.200 miliardi di dollari annui. Approcci del tipo impatto positivo netto, mitigazione delle zone umide e bio-banking possono aiutare ad assicurare che questi attuatori si assumano la responsabilità del loro impatto ambientale. Allo stesso modo consumatori e governi che optano per scelte di acquisti più verdi offrono al settore imprenditoriale l’opportunità di conseguire guadagni considerevoli: - entro il 2020 la dimensione del mercato annuale dei prodotti agricoli certificati è stimato nell’ordine di 210 miliardi di dollari; - i pagamenti per i servizi ecosistemici legati all’acqua, in 6 miliardi di dollari; - i compensi per azioni volontarie per la biodiversità, in 100 milioni di dollari annui. Molti Paesi stanno già prendendo provvedimenti per adottare l’approccio TEEB, come nel caso dell’India che, come ha spiegato il suo Ministro dell’Ambiente Jairam Ramesh, “Ha in animo di adottare le linee guida dello studio TEEB per la contabilità nazio-

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nale che possa concretizzarsi entro il 2015, al fine di prendere decisioni che non si basino su obiettivi a breve termine, ma che gettino le basi per uno sviluppo sostenibile ed inclusivo del Paese”. Altrettanto si appresta a fare il Brasile dove “Governo ed Imprese stanno prendendo in seria considerazione di muoversi verso l’approccio pratico e sostenibile del processo decisionale, secondo le raccomandazioni del TEEB”, ha affermato a sua volta Braulio Dias, Segretario per la Biodiversità e Foreste del Brasile. Lo studio TEEB si conclude con le seguenti Raccomandazioni: 1. La comunicazione al pubblico e la responsabilità per gli impatti sulla natura dovrebbero essere i risultati essenziali della valutazione della biodiversità. 2. L’attuale sistema di contabilità nazionale dovrebbe essere rapidamente aggiornato per includere il valore della variazione delle scorte di capitale naturale e dei servizi ecosistemici. 3. Una priorità urgente è quella di elaborare coerenti conti “fisici” degli stock forestali e dei servizi ecosistemici, entrambi i quali sono necessari, ad esempio, per lo sviluppo di nuovi meccanismi e incentivi di carbonio delle foreste. 4. Le relazioni annuali e i conti delle imprese e di altre organizzazioni devono indicare tutte le “esternalità” importanti, compreso il danno ambientale che colpisce la società e le variazioni del patrimonio naturale che non sono attualmente pubblicate nei bilanci pubblici. 5. I principi di “No Net Loss” o “Net Positive Impact” dovrebbero essere considerati come normale prassi commerciale, utilizzando il solido “Biodiversity Performance Benchmark and Assurance Process”, al fine di prevenire e limitare i danni, insieme con gli investimenti pro-


biodiversità, per compensare gli impatti negativi che non possono essere evitati. 6. I principi del “chi inquina paga” e del “pieno recupero dei danni” sono potenti linee guida per la riorganizzazione delle strutture di incentivazione e di riforma fiscale. In alcuni contesti, il principio del “chi ne beneficia paga” può essere invocato a sostegno di nuovi incentivi positivi, come i pagamenti per i servizi ecosistemici, agevolazioni fiscali e altri trasferimenti fiscali che mirano ad incoraggiare gli attori del settore pubblico e privato a fornire servizi ecosistemici. 7. I Governi dovrebbero puntare alla completa divulgazione dei sussidi, alla misurazione e alla rendiconta-

zione annuale, in modo che le loro componenti perverse possano essere riconosciute, monitorate e, infine, eliminate. 8. Dovrebbe essere perseguita l’istituzione di sistemi di gestione completi, rappresentativi, efficaci ed equi delle aree protette regionali e nazionali (in particolare in alto mare) al fine di conservare la biodiversità e mantenere una vasta gamma di servizi ecosistemici. La valutazione degli ecosistemi può aiutare a giustificare la politica delle aree protette, ad identificare le opportunità di finanziamento e di investimento, ad informare sulle priorità di conservazione. 9. La tutela e il recupero dell’ecosistema dovrebbero essere considerati come una valida opzione di in-

Le mangrovie uno degli ambienti naturali che offre numerosi servizi ecosistemici

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vestimento a sostegno delle azioni di mitigazione e adattamento dei cambiamenti climatici. Nell’ambito del processo REDD-Plus dell’UNFCCC, dovrebbe essere prioritario accelerarne l’attuazione, a partire da progetti pilota e dagli sforzi per rafforzare la capacità dei Paesi in via di sviluppo, aiutandoli a creare sistemi credibili di monitoraggio e di verifica che consentano la completa diffusione di tale strumento. 10. La dipendenza dell’uomo dai servizi ecosistemici e, in particolare, il loro ruolo come ancora di salvezza per molte famiglie povere, deve essere maggiormente integrata nelle politiche. Ciò vale sia per mirare gli interventi per lo sviluppo, sia per valutare l’impatto sociale delle politiche che incidono sull’ambiente.


Le Risorse Fitogenetiche Mondiali per l’Alimentazione e l’Agricoltura

LA BIODIVERSITÀ AGRICOLA: USARLA O LA SI PERDE! In natura varietà poco studiate in grado di resistere ai cambiamenti climatici “La diversità genetica delle piante che coltiviamo e che ci alimentano, e i loro parenti selvatici potrebbero andare perduti per sempre con grave minaccia per la sicurezza alimentare, se non si farà uno sforzo non solo per conservarli ma anche per utilizzarli, specialmente nei Paesi in via di sviluppo”. È questo uno dei messaggi chiave del secondo Rapporto sullo “Stato delle Risorse Fitogenetiche Mondiali per l’Alimentazione e l’Agricoltura” (The State of the World’s Plant Genetic Resources for Food and Agriculture), presentato dalla FAO il 26 ottobre 2010. In 350 pagine il Dossier, che copre ogni aspetto del problema dalla raccolta nelle banche genetiche agli effetti del cambiamento climatico sulla diversità, rappresenta lo studio più accurato sullo stato di salute della biodiversità delle colture alimentari e su cosa viene fatto per proteggerla. “La perdita di biodiversità avrà un notevole impatto sulla capacità dell’umanità di nutrirsi nel futuro, di nutrire i nove miliardi di esseri umani che abiteranno il pianeta per l’anno 2050, con i più poveri a essere i più colpiti - ha sottolineato il Direttore generale FAO, Jacques Diouf - Il cambiamento climatico e la crescente insicurezza alimentare rappresentano grandi sfide per i sistemi agricoli mondiali, sfide che non possono essere affrontate senza la raccolta, la difesa e l’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche”. Con lo sconvolgimento che il cambiamento climatico sta apportando ai cicli produttivi in molte parti del mondo, specialmente nei Paesi in via di sviluppo, le informazioni genetiche contenute in certe varietà di colture saranno cruciali per lo sviluppo di nuove varietà resistenti al caldo, alle infestazioni, alla salinità ed alle malattie, a crescita veloce e con alta resa. “Incrementare l’impiego sostenibile della diversità delle piante potrebbe essere la chiave per affrontare le minacce alle risorse genetiche in agricoltura - ha proseguito Diouf - In natura esistono migliaia di varietà selvatiche della stessa famiglia delle colture alimentari che ancora devono essere raccolte, studiate e documentate perchè racchiudono importanti segreti genetici che li mette in grado di resistere al

caldo, alla siccità, alla salinità, alle inondazioni ed alle infestazioni”. Il 50% dell'aumento di produttività agricola è stato generato da nuove varietà di sementi. Irrigazione e fertilizzanti hanno rappresentato l’altro 50%. Ne è un buon esempio recente il Nuovo Riso per l’Africa, che matura molto velocemente e che ha trasformato le economie locali in molte parti dell’Africa. Secondo gli esperti FAO, bisogna fare di più a livello dei piccoli agricoltori per generare interesse e costruire le capacità necessarie per preservare ed utilizzare la biodiversità genetica ancora esistente. “Sono ormai passati dodici anni dal primo rapporto sullo Stato delle Risorse Fitogentiche Mondiali per l’Alimentazione e l’Agricoltura e da allora il panorama globale è cambiato drasticamente”, si legge nel Rapporto. La fame è calata in alcuni Paesi, ma è aumentata in altri. I prezzi delle derrate e del carburante sono aumentati notevolmente. La globalizzazione si è estesa e in alcuni Stati le importazioni alimentari a basso prezzo sono andate a scapito della ricchezza della biodiversità locale. Nonostante il Rapporto non tenti di quantificare la perdita di biodiversità, a livello empirico ci sono molti elementi che indicano una continua perdita di biodiversità che ha eroso la diversità delle colture alimentari tradizionali arrivateci dal secolo scorso. La FAO stima che tra il 1900 e il 2000 sia andato perduto il 75% delle diversità colturali, anche a causa della globalizzazione che ha portato in alcuni Paesi importazioni alimentari a basso prezzo che sono andate a scapito della ricchezza della biodiversità locale. Uno studio recente, riportato nel Rapporto, prevede che tra il 16% ed il 22% dei parenti selvatici di colture importanti di arachidi, patate e fagioli entro il 2055 scomparirà a causa dei cambiamenti climatici. Su un versante più positivo, il Rapporto fa notare come vi sia oggi rispetto a 12 anni fa una maggiore presa di coscienza

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sull’importanza di proteggere e utilizzare le diversità genetiche delle colture alimentari. Le banche di geni sono cresciute sia di numero che di dimensioni, tanto che nel mondo oggi ne esistono più di 1.750, e circa 130 posseggono oltre 10.000 acquisizioni. Nel 2008 è stata aperta in Norvegia la più importante banca fitogenetica del mondo, la Global Seed Vault che ospita duplicati di varietà uniche delle colture mondiali più importanti (cfr.: “L’arca della biodiversità. Purché dopo l’Apocalisse ci sia chi sappia coltivarli”, in Regioni&Ambiente n. 3, marzo 2008, pag. 28 e segg.). Su un totale di 7,4 milioni di campioni conservati nel mondo, le banche dei governi nazionali ne conservano circa

a una carenza di agronomi specializzati come selezionatori di sementi, specialmente nei Paesi in via di sviluppo, dove i giovani in mancanza di incentivi si sono indirizzati verso attività più proficue.

6,6 milioni, il 45% dei quali in soli 7 Paesi rispetto ai 12 del 1996. Questa crescente concentrazione di raccolte di diversità genetica in pochi Paesi e Centri di Ricerca, evidenzia ancor di più l’importanza di meccanismi che ne assicurino e facilitino l’accesso come quello fornito dal Trattato Internazionale per le Risorse Fitogenetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura (International Treaty on Plant Genetic Resources for Food and Agriculture) della FAO. Il Trattato, adesso ratificato da 125 nazioni, prevede un meccanismo per compensare i contadini poveri per la loro attività di conservazione della varietà genetica delle colture.

settore delle sementi è abbastanza remunerativo da renderlo interessante dal punto di vista commerciale ed economico. Purtroppo, questo non avviene nei Paesi poveri dove gli Enti pubblici fanno fatica ad assicurare sementi di buona qualità a tutti gli agricoltori e l’accesso a nuove varietà”. Un uso migliore e più ampio delle risorse genetiche e della biodiversità nelle colture alimentari ne stimolerà la conservazione. Ma occorrono, sottolinea il Rapporto, sistemi adeguati per far sì che nuove varietà arrivino nelle mani degli agricoltori tramite il settore pubblico o privato.

Sono stati fatti grossi progressi in campo biologico e nelle tecnologie informatiche nel corso degli ultimi 12 anni, ma ancora manca una loro piena applicazione nel campo dell’agro-biodiversità, al fine di incrementare la sicurezza alimentare ed anche le biotecnologie procedono per tentativi: “Molti sistemi di sementi, il meccanismo mediante i quali le sementi vengono riprodotte, testate e distribuite, non hanno funzionato - si legge nel Rapporto - Nei Paesi sviluppati, il

Il Rapporto denuncia, infine, il calo di investimenti nell’agricoltura a partire dagli anni ’80 che ha portato inevitabilmente

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AGENDA 21

PARTE ENERGY FOR MAYORS Il Progetto si propone di aumentare le adesioni al Patto dei Sindaci di Elisabetta Mutto Accordi

Il target “20-20-20?” Si raggiungerà solo con un’azione capillare ed è per questo che l’Unione europea ha dato il proprio appoggio, all’interno del Programma Energia Intelligente, al nuovo progetto Energy for Mayors che mira a creare una forte rete di Strutture di Supporto in grado, grazie al reciproco sostegno

garanzie affinché il successo sia raggiunto.”

e allo scambio di buone pratiche, di assistere i Comuni e le Città che hanno sottoscritto il Patto dei Sindaci. “È evidente - spiega Emanuele Burgin, Presidente del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane - che sono necessarie competenze specifiche per mettere in piedi le azioni richieste dal Patto dei Sindaci, per questo motivo la UE ha scelto di finanziare un’iniziativa che possa creare a monte le

“Proprio perché l’obiettivo è essere più capillari possibili - sottolinea Burgin - l’opportunità di accedere alle informazioni di Energy for Mayors è aperta a tutti.” Il “20-20-20” in particolare prevede entro il 2020 il raggiungimento del 20% della produzione energetica da fonti rinnovabili, il miglioramento del 20% dell'efficienza e un taglio del 20% nelle emissioni di anidride carbonica.

Iniziato da soli sei mesi, Energy for Mayors vede in Italia la Provincia di Genova come capofila di tutto il progetto e come partner la Provincia di Modena, il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane e Sogesca.

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“Quindi tutte le Strutture di Supporto italiane che fossero interessate, le amministrazioni o le organizzazioni che avessero intenzione di diventare una Struttura di Supporto - aggiunge Dario Miroglio, coordinatore di Energy for Mayors per la Provincia di Genova - è sufficiente visitare il sito del progetto http://www.energyformayors.

eu che verrà costantemente aggiornato o contattarmi all’indirizzo miroglio@ provincia.genova.it.” Gli aspetti più complessi legati alla sottoscrizione del Patto dei Sindaci riguardano gli inventari di emissioni di CO2 e i Piani di Azione per l’Energia Sostenibile. “Uno degli obiettivi del progetto - mette in evidenza Miroglio - è mettere a di-


sposizione delle Strutture di Supporto quelle che vengono chiamate “le cassette degli attrezzi”, l’insieme degli strumenti necessari ad assistere in modo adeguato Comuni e Città”. Inoltre, vengono organizzati momenti formativi cadenzati.

“Si è tenuto proprio a metà novembre a Huelva, in Spagna - conclude Miroglio - un seminario formativo di due giorni durante il quale, oltre ad una serie di presentazioni per lo scambio di buone pratiche, sono stati illustrati i risultati di un’indagine conoscitiva

che verrà resa pubblica prossimamente e che individua le necessità e le problematiche che stanno affrontando le Strutture di Supporto nel fornire il loro servizio”.

PROGETTO ENERGY FOR MAYORS Durata: 3 anni Termine previsto: Maggio 2013 Aderenti: Provincia di Genova, Provincia di Modena, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane e Sogesca Il progetto Energy for Mayors contribuisce alla corretta attuazione del Patto dei Sindaci, al raggiungimento degli obiettivi energetici e climatici fissati dall’UE coinvolgendo le città europee nella pianificazione di uno sviluppo energetico sostenibile, riducendo i consumi e incrementando la quota derivata da fonti rinnovabili (RES). Energy for Mayors mira a ottenere 180 nuove città aderenti al Patto dei Sindaci, accompagnare 60 Comuni nello sviluppo e nell'attuazione del proprio Piano d’azione per l’energia sostenibile (SEAP), creare 34 nuove strutture di supporto, organizzare 10 giornate dell’energia nelle regioni aderenti al progetto, attuare 8 sistemi pilota Energy Management System (EMS). Inoltre Energy for Mayors ha come obiettivi: • il potenziamento delle Strutture di Supporto, per permettere loro di assistere i Comuni nella sottoscrizione del Patto dei Sindaci e di rafforzare il ruolo politico e amministrativo degli enti locali; • l’assistenza nello sviluppo e nell’attuazione dei Piani di Azione per l’Energia Sostenibile (SEAP) nei Comuni selezionati; • la verifica dell’attuazione dei SEAP e dei relativi risultati al fine di migliorare l’efficienza nella gestione energetica nei Comuni selezionati; • l’aumento del numero delle Strutture di Supporto del Patto dei Sindaci. Per maggiori informazioni: http://www.energyformayors.eu

STRUTTURE DI SUPPORTO Le Strutture di Supporto del Patto dei Sindaci sono organismi in grado di fornire il sostegno necessario ai Comuni aderenti al Patto nonché alleati chiave dell’Ufficio del Patto dei Sindaci. Coordinano le attività dei Comuni ed assicurano che questa importante iniziativa possa essere accessibile anche ai Comuni più piccoli. Esistono due tipi di Strutture di Supporto: 1. le Amministrazioni Pubbliche che forniscono un orientamento strategico ed il sostegno finanziario e tecnico ai Comuni firmatari del Patto dei Sindaci che non dispongono di competenze e risorse necessarie per raggiungerne gli obiettivi (ad esempio: monitoraggio delle emissioni di CO2, redazione ed attuazione dei SEAP); 2. Reti di enti locali e regionali che si impegnano a promuovere l’iniziativa del Patto dei Sindaci fra i loro membri facilitando lo scambio di esperienze e salvaguardando gli interessi comuni. Le Amministrazioni che sono strutture di supporto in Italia sono: Regione Abruzzo, Regione Piemonte, le Province di Arezzo, Grosseto, Lecce, Massa Carrara, Matera, Milano, Salerno, Chieti, Teramo, La Spezia, Benevento, Roma, Torino, Bergamo, Modena, Pescara, Perugia, Foggia, Siena, Macerata, Venezia, Ragusa, Messina, Crotone, Potenza, Catania, Genova, Bologna, Isernia, Alessandria, Novara, L’Aquila, Vicenza, Napoli, Caserta, Siracusa, Agrigento, Pisa, le Comunità Montane della Valle Brembana e della Valle Sabbia.

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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

Presentato in anteprima “State of the World 2011”

“NUTRIRE IL PIANETA”: LA MADRE DI TUTTI I PROBLEMI

A Terra Madre 2010 il Workshop del WorldWatch Institute

A “Terra Madre 2010”, il 24 ottobre 2010 WorldWatch Institute ha presentato, nel corso del Workshop “Innovazione sostenibile per combattere la fame e la povertà”, la pubblicazione preliminare di State of the World 2011. La scelta dell’evento collaterale del “Salone del Gusto” (21-25 ottobre 2010) che si svolge ogni anno al Lingotto di Torino, organizzato da Slow Food, trova opportuna giustificazione nel fatto che molti progetti supportati in Africa da Slow Food International, relativi all’Obiettivo di sviluppo del millennio che mira a dimezzare la fame entro il 2015, presuppongono le tematiche dell’innovazione che costituiscono il tema prevalente del Rapporto del celebre Istituto fondato da Lester Brown, che ha per titolo, appunto, “Innovations that Nourish the Planet”, che verrà diffuso il prossimo gennaio. Il fulcro dell’edizione 2011, infatti, è costituito dai risultati della ricerca “Nutrire il pianeta” (Nourishing the Planet), un progetto che ha per obiettivo di evidenziare gli esempi di successo sul terreno di innovazioni che permettano il sostentamento alle popolazioni agricole e prodotti per le fondazioni e le comunità benefattrici, in grado di essere diffusi e replicati.

uno degli uomini più influenti del Pianeta, nel suo ultimo libro “Piano B 4.0. Mobilitarsi per salvare la civiltà”, recentemente tradotto e pubblicato anche in Italia, evidenzia come il maggior problema ecologico, economico e sociale della Terra è la scarsità di cibo: “Se esistono alternative al greggio, per il cibo non ce ne sono”. Sintetizzando il suo pensiero che sfamare tutti è la nostra unica possibilità di salvezza ha sottolineato che “un mondo povero resta insensibile alle sfide ambientali”. La sicurezza alimentare è tema al centro del dibattito globale ed è divenuta una questione sia di politiche nazionali che di interesse pubblico. Molti si chiedono se e come il mondo possa nutrire 9 miliardi di individui nel 2050. Lo sviluppo agricolo è stato storicamente uno dei principali motori di riduzione della povertà rurale, ma le recenti tendenze, quali il rallentamento della produttività, la crescente emarginazione dei contadini poveri e gli impatti dei cambiamenti climatici, pongono delle sfide alle convenzionali strategie di riduzione della povertà che i Governi hanno intrapreso, come gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio adottati dall’ONU. Queste sfide scoraggianti hanno provocato molto pessimismo e sconforto, ma hanno anche mobilitato notevole innovazione in tutto il mondo, dai piccoli agricoltori alle politiche nazionali, dalle imprese agricole alle ONG, alle organizzazioni degli agricoltori, alle agenzie governative e alle comunità di ricerca, secondo diversi paradigmi, ideologie e visioni con lo scopo di conseguire una futura sicurezza alimentare mondiale.

“Ciò che abbiamo cercato di puntualizzare nello State of the World 2011, sono le innovazioni utilizzabili su larga scala tramite una serie di impostazioni che possono essere adattate localmente e che sono soprattutto a basso costo per gli agricoltori - ha affermato Brian Halweil, co-Direttore di Nourishing the Planet e relatore del Workshop, assieme alla collega Danielle Nierenberg - Le soluzioni ai problemi dell’agricoltura in terra africana possono contribuire a fornire soluzioni per il mondo intero. Si tratta di una sorta di approccio, di soluzione dei problemi globali con l’agricoltura locale e regionale, che, alla fine, attirerà l’attenzione dei Governi e dei cittadini sia in Africa che altrove”.

Il Rapporto del WorldWatch Institute cerca, appunto, di evidenziare quelle innovazioni che possono affrontare le sfide di ridurre la fame, migliorare la sostenibilità ambientale e agricola, migliorare le condizioni di vita di donne e ragazze, ed essere al contempo

Lester Brown, considerato

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economicamente fattibili e implementabili per gli agricoltori e le comunità di donatori e/o investitori. Lo scopo dichiarato è di: - incoraggiare la crescita degli investimenti in agricoltura da parte di Fondazioni, Governi, investitori privati e nuove potenziali comunità di donatori; - incrementare la consapevolezza che investire nell’agricoltura è l’unico modo efficace per ridurre la fame e la povertà nel mondo; - sollecitare i responsabili politici, le imprese agro-alimentari, gli agricoltori e i benefattori di includere i criteri di sostenibilità ambientale nelle loro decisioni e nelle modalità di concessione dei prestiti; - offrire maggior visibilità a progetti ed innovazioni efficaci che non godono attualmente del dovuto interesse, in grado di generare una più ampia riflessione. Il gruppo di ricercatori di “Nutrire il Pianeta” ha viaggiato in 25 Paesi dell’Africa sub-Sahariana e visitato oltre 150 progetti, apprendendo direttamente sul campo dalle singole

comunità rurali come le innovazioni apportate in agricoltura abbiano migliorato il relativo sostentamento. “In tutti i luoghi visitati in Africa, ho visto esempi di innovazioni per l’Africa che operano in modo sostenibile per alleviare la fame e la povertà - ha affermato Danielle Nierenberg, che è anche Project Director di State of the World 2011 “Nourishing the Placet”. Nel corso dell’evento, Carlo Petrini, ideatore del Salone del Gusto e Presidente di Slow Food International che in Africa è presente con alcuni Presidi a protezione dei prodotti agricoli locali che rischiano l’estinzione, ha invitato agricoltori ed aziende agricole a sostenere il Progetto “1.000 orti in Africa nel 2011”, perché “La pressione delle multinazionali, delle monocolture finalizzate all’esportazione, dei pesticidi, dell’urbanizzazione, dell’avanzata del deserto, ha stravolto equilibri secolari - ha affermato Petrini - Nelle bidonville in crescita violenta si è persa la memoria dei saperi alimentari che consentivano di sopravvivere anche in condizioni molto difficili e i prodotti della tradizione sono stati sostituiti dai fast food”.

Il Padiglione dedicato all’Africa al “Salone del Gusto” di Torino (21-25 ottobre 2010) fonte: Salone del Gusto

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all’esaurimento delle risorse programmate.

MATTM Cofinanziamento progetti in materia di educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile

Obiettivi Promozione di progettualità in materia di educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile di cui al “Fondo per lo sviluppo sostenibile”. Assi prioritari di intervento Asse I - Qualità dell’aria ed energia pulita In questo asse saranno privilegiati i progetti di educazione ed informazione ambientale riferiti ai seguenti settori: Mobilità sostenibile; Energie alternative; Risparmio energetico; Ecoarchitettura e bioedilizia. Asse II - Valorizzazione della biodiversità In questo asse saranno privilegiati i progetti di educazione ed informazione ambientale riferibili ai seguenti settori: Valorizzazione turistica delle aree naturali protette nazionali; Tutela e valorizzazione degli habitat nazionali; Conoscere il mare/conoscere il territorio. Asse III - Raccolta differenziata dei rifiuti e lotta alle ecomafie In questo asse saranno privilegiati progetti di educazione ed informazione ambientale riferibili ai seguenti settori: Il riuso dei materiali; La raccolta differenziata di qualità; Il recupero e riciclo dei rifiuti; La lotta alle ecomafie. Per i tre Assi sopra indicati potranno anche essere proposte su scala nazionale buone prassi già sperimentate con successo a livello locale. Saranno, inoltre, valutate positivamente le proposte capaci di tradurre le azioni di monitoraggio in concreti strumenti di sensibilizzazione delle istituzioni locali e dell’opinione pubblica e, in particolare, dei più giovani sulle complesse problematiche ambientali. Risorse programmate e modalità di erogazione del finanziamento. L’ammontare delle risorse destinate ai progetti è di 1.500.000,00 euro. Il contributo finanziario del Ministero non potrà eccedere l’80% del totale dei costi del progetto, così come individuati nell’apposito allegato B del presente avviso. Tale contributo non potrà comunque superare la somma di 150.000,00 euro per ogni singolo progetto. Almeno il 20% del totale dei costi dovrà pertanto essere sostenuto dalle associazioni o enti promotori dei progetti o da altri enti pubblici o privati che intervengano in qualità di partner. I progetti saranno finanziati sulla base di un’apposita graduatoria stilata secondo i appositi criteri di valutazione e fino

Soggetti proponenti, attuatori e partenariati istituzionali. Per proponente si intende l’associazione o ente, costituita da almeno due anni e operante sul territorio nazionale, che presenta il progetto e lo realizza almeno per la maggior parte delle attività programmate. Il proponente è responsabile esclusivo della rendicontazione del progetto presentato. Possono essere soggetti proponenti: 1) le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni di cui all’art. 13 della legge n. 349/1986; 2) le cooperative sociali (di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381); 3) gli enti di promozione sociale (di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383); 4) le fondazioni, gli enti morali e le associazioni culturali il cui statuto o atto costitutivo preveda tra le finalità istituzionali la tutela dell’ambiente, l’educazione ambientale o specifiche di tali finalità; 5) le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS). A pena di inammissibilità, ciascun proponente può presentare un solo progetto e partner di massimo due progetti. Una parte (non superiore al 49% delle attività) della realizzazione del progetto o parte di esso può essere affidata a uno o più soggetti terzi attuatori che non si trovino in condizioni o in situazioni di incompatibilità con le finalità del presente bando. I soggetti proponenti possono, altresì, avvalersi di forme di collaborazione con enti privati, diversi dall’eventuale ente attuatore, per la fornitura di servizi e/o per la realizzazione di specifiche attività necessarie alla completa realizzazione del progetto. In qualità di partners possono partecipare anche centri di ricerca, università ed enti pubblici o privati. Durata dei progetti. Ai fini del presente avviso saranno ammessi alla valutazione progetti della durata massima di 12 mesi. Modalità e termini di presentazione della domanda. I progetti dovranno essere predisposti in originale ed in duplice copia conforme all’originale ed eventuale cd-rom in formato compatibile Ms World, con tutta la documentazione prevista dall’avviso ed inviati entro e non oltre il giorno 17 dicembre 2010 al seguente indirizzo: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Direzione Generale per lo Sviluppo Sostenibile, il Clima e l’Energia Via Cristoforo Colombo n. 44 00147 Roma Chiarimenti in merito all’Avviso in questione possono essere

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richiesti, entro e non oltre 10 dicembre 2010, all’indirizzo di posta elettronica staiano.antonella@minambiente.it o al numero di telefono 06-57223504 oppure visitando il sito internet all’indirizzo: www.minambiente.it, dal quale si possono scaricare anche le copie informatizzate dell’avviso stesso e degli allegati A e B, selezionando la sezione “Bandi”.

Ministero dello Sviluppo Economico Bandi per l’innovazione delle industrie del Mezzogiorno Decreti 6 agosto 2010 (G.U. n. 211 del 09.09.2010; G.U. n. 212 del 10.09.2010; G.U. n. 213 dell’11.09.2010) I tre Bandi colmano il vuoto creatosi con la scadenza della Legge 488/92 “Concessioni di agevolazioni a favore delle imprese che intendono promuovere programmi di investimento” e attuano il regime di aiuti di cui al D.M. 23 luglio 2010 in favore di investimenti produttivi riguardanti le aree tecnologiche individuate dal comma 842 dell’Art. 1 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007). Si tratta in sostanza di specifici decreti che destinano complessivamente 500 milioni di euro a favore di imprese di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia che effettuano investimenti nei seguenti settori innovativi: - programmi di innovazione, miglioramento competitivo e tutela ambientale; - programmi per la produzione di beni strumentali per lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili e per il risparmio energetico in edilizia; - programmi di ricerca industriale e sviluppo sperimentale. “La pubblicazione dei tre decreti rappresenta un traguardo importante per il dicastero - ha dichiarato Gianluca Esposito, Direttore generale del MSE - che, grazie a un percorso di rinnovamento degli aiuti alle imprese, ha superato la vecchia logica degli aiuti a pioggia e ha introdotto la cultura del risultato. Questo vuol dire che se le imprese non realizzeranno l’investimento, nel rispetto di tutti gli standard stabiliti sin dai primi stadi di avanzamento, non beneficeranno di alcun aiuto”.

Bando “Termini, modalità e procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore dei programmi di investimento finalizzati al perseguimento di specifici obiettivi di innovazione, miglioramento competitivo e tutela ambientale”. Interventi ammissibili I programmi ammissibili ad agevolazioni devono riguardare una delle seguenti attività:

a) attività del settore alimentare di cui alla classificazione delle attività economiche ATECO 2007, limitatamente a quelle riguardanti la produzione di prodotti da forno, prodotti surgelati, gelati e dolci, piatti pronti, paste alimentari, bevande analcoliche (ad esclusione di acque minerali), omogeneizzati e prodotti dietetici, alimenti per animali; b) attività di fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche, di cui alla classificazione delle attività economiche ATECO 2007, limitatamente a: - fabbricazione di motori, generatori e trasformatori elettrici e di apparecchiature per la distribuzione e il controllo dell’elettricità; - fabbricazione di batterie di pile ed accumulatori elettrici; - fabbricazione di cablaggi e apparecchiature di cablaggio; - fabbricazione di apparecchiature per illuminazione; - fabbricazione di apparecchi per uso domestico; - fabbricazione di altre apparecchiature elettriche. c) attività di produzione di biotecnologie limitatamente a: - processi biomedici e farmaceutici come l’individuazione di organismi in grado di sintetizzare farmaci o antibiotici o sviluppo di tecnologie di ingegneria genetica per la cura di patologie; - processi biotecnologici di interesse industriale come la costituzione di microrganismi in grado di produrre sostanze chimiche; - processi agricoli come la modificazione di organismi per renderli in grado di crescere in determinate condizioni ambientali o nutrizionali a minore impatto ambientale rispetto ai processi agricoli classici; - bioinformatica. Beneficiari Il bando è destinato a programmi riferiti a piccole, medie e grandi imprese ubicate nei territori delle regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, nell’ambito dell’obiettivo Convergenza in possesso dei seguenti requisiti: a) essere regolarmente costituite ed iscritte nel Registro delle Imprese; se si tratta di imprese di servizi, essere costituite sotto forma di società; b) essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti civili, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali; c) trovarsi in regime di contabilità ordinaria. Risorse disponibili Le risorse complessivamente stanziate per questo bando sono pari a 100 milioni di euro a valere sul PON (Programma Operativo Nazionale) “Ricerca e Competitività 2007-2013” 2013, per “promuovere il riposizionamento competitivo del

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sistema produttivo e la valorizzazione dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo delle imprese”.

componenti e sistemi, funzionali al miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici.

Spese ammissibili Le spese devono riferirsi all’acquisto, anche in leasing, di immobilizzazioni: - suolo aziendale, fino al 10% dell’investimento complessivo; - opere murarie e infrastrutture specifiche aziendali, fino al 30%; - macchinari, impianti ed attrezzature nuovi di fabbrica; - programmi informatici, brevetti e licenze. Solo per le PMI sono ammissibili le spese per consulenze esterne, fino al 3% dell’importo complessivo. I programmi devono essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di agevolazioni e devono essere realizzati in un arco di tempo non superiore a 36 mesi e comunque entro il 30 giugno 2015.

Beneficiari Il bando è destinato a programmi riferiti a piccole, medie e grandi imprese ubicate nei territori delle regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, nell’ambito dell’obiettivo Convergenza in possesso dei seguenti requisiti: a) essere regolarmente costituite ed iscritte nel Registro delle Imprese; se si tratta di imprese di servizi, essere costituite sotto forma di società; b) essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti civili, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali; c) trovarsi in regime di contabilità ordinaria.

Domande e Scadenze Ciascuna domanda di agevolazione deve essere correlata a un solo programma di investimenti, uno stesso programma non può essere suddiviso in più domande di agevolazione. La domanda deve essere compilata esclusivamente per via elettronica, utilizzando la procedura informatica messa a disposizione sul sito www.sviluppoeconomico.gov. La stampa della domanda, insieme agli allegati previsti, deve essere presentata al Soggetto Gestore (Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.) entro 7 giorni dalla data di trasmissione elettronica della domanda, mediante raccomandata A/R. La data di presentazione della domanda è quella della trasmissione elettronica. La domanda può essere presentata dall’8 dicembre 2010 (essendo festivo si presenteranno dal 9 dicembre 2009) al 7 aprile 2011. Tuttavia, poiché la procedura valutativa è “a sportello” e i finanziamenti non sono particolarmente cospicui, è opportuno presentare la domanda quanto prima.

Bando “Termini, modalità e procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore dei programmi di investimento riguardanti la produzione di beni strumentali funzionali allo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili e al risparmio energetico nell’edilizia”. Interventi ammissibili I programmi ammissibili ad agevolazioni devono riguardare una delle seguenti attività: - i programmi di investimento riguardanti la produzione, con le più innovative tecnologie disponibili, di apparecchiature o macchinari finalizzati alla produzione di energia da fonti rinnovabili; - programmi di investimento riguardanti la produzione di

Risorse disponibili Per l’attuazione degli interventi sono disponibili 300 milioni di euro a valere sul POI (Programma Operativo Interregionale) “Energie Rinnovabili e risparmio energetico” 2007-2013, così ripartite: - per la linea di attività “Interventi a sostegno dello sviluppo dell’imprenditoria collegata alla ricerca e all’applicazione di tecnologie innovative nel settore delle fonti rinnovabili” sono previsti 210 milioni di euro; - per la linea di attività “Interventi a sostegno dell’imprenditorialità collegata al risparmio energetico con particolare riferimento alla creazione di imprese ed alle reti” sono previsti 90 milioni di euro. Almeno il 60% del totale è destinato alle piccole e medie imprese e almeno il 20% alle imprese che abbiano sottoscritto un contratto di rete. Spese ammissibili Le spese ammissibili sono quelle per: - realizzazione di nuove unità produttive; - ampliamento di unità produttive esistenti; - diversificazione della produzione di un’unità produttiva in nuovi prodotti/servizi aggiuntivi; - cambiamento fondamentale del processo di produzione complessivo di un’unità produttiva esistente. Le spese devono riferirsi all’acquisto, anche in leasing, di immobilizzazioni: - suolo aziendale, fino al 10% dell’investimento complessivo; - opere murarie e infrastrutture specifiche aziendali, fino al 30%; - macchinari, impianti ed attrezzature nuovi di fabbrica; - programmi informatici, brevetti e licenze. Solo per le PMI sono ammissibili le spese per consulenze esterne, fino al 3% dell’importo complessivo. I programmi devono essere realizzati in un arco di tempo non superiore a 36 mesi e comunque entro il 30 giugno 2015.

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Domande e Scadenze Ciascuna domanda di agevolazione deve essere correlata a un solo programma di investimenti, uno stesso programma non può essere suddiviso in più domande di agevolazione. La domanda deve essere compilata esclusivamente per via elettronica, utilizzando la procedura informatica messa a disposizione sul sito www.sviluppoeconomico.gov. La stampa della domanda, insieme agli allegati previsti, deve essere presentata al Soggetto Gestore (Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.) entro 7 giorni dalla data di trasmissione elettronica della domanda, mediante raccomandata A/R. La data di presentazione della domanda è quella della trasmissione elettronica. La domanda può essere presentata dal 9 dicembre 2010 all’8 aprile 2011. Tuttavia, poiché la procedura valutativa è “a sportello” e i finanziamenti non sono particolarmente cospicui, è opportuno presentare la domanda quanto prima.

Bando “Termini, modalità e procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore dei programmi di investimento finalizzati all’industrializzazione dei risultati di programmi qualificati di ricerca e sviluppo sperimentale”. Interventi ammissibili Gli interventi ammissibili ad agevolazioni devono riguardare una delle seguenti attività: - attività manifatturiere; - attività di produzione e distribuzione di energia elettrica e calore, limitatamente agli impianti alimentati da fonti rinnovabili o che concorrono all’incremento dell’efficienza energetica e al risparmio energetico, con potenza non superiore a 50 MWe; - attività di servizi di cui all’allegato 1 (singole attività ammissibili fanno riferimento, al fine di una loro corretta e puntuale individuazione, ai codici della Classificazione delle attività economiche Ateco 2007, alla quale, pertanto, si rimanda per ogni ulteriore approfondimento). Le spese ammissibili sono quelle per: - realizzazione di nuove unità produttive; - ampliamento di unità produttive esistenti; - diversificazione della produzione di un’unità produttiva in nuovi prodotti/servizi aggiuntivi; - cambiamento fondamentale del processo di produzione complessivo di un’unità produttiva esistente. Sono ammessi alle agevolazioni i programmi il cui importo complessivo delle spese ammissibili non sia inferiore a 1.500.000 euro e non sia superiore a 25 milioni di euro. Beneficiari Il bando è destinato a programmi riferiti a piccole, medie e grandi imprese ubicate nei territori delle regioni Cam-

pania, Puglia, Calabria e Sicilia, nell’ambito dell’obiettivo Convergenza in possesso dei seguenti requisiti: a) essere regolarmente costituite ed iscritte nel Registro delle Imprese; se si tratta di imprese di servizi, essere costituite sotto forma di società; b) essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti civili, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali; c) trovarsi in regime di contabilità ordinaria. Risorse disponibili Le risorse complessivamente stanziate per questo bando sono pari a 100 milioni di euro, a valere sui fondi PON (Programma Operativo Nazionale) - “Ricerca e Competitività” 2007-2013 per “promuovere il riposizionamento competitivo del sistema produttivo e la valorizzazione dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo delle imprese”. Spese ammissibili Le spese devono riferirsi all’acquisto, anche in leasing, di immobilizzazioni: - suolo aziendale, fino al 10% dell’investimento complessivo; - opere murarie e infrastrutture specifiche aziendali, fino al 30%; - macchinari, impianti ed attrezzature nuovi di fabbrica; - programmi informatici, brevetti e licenze. Solo per le PMI sono ammissibili le spese per consulenze esterne, fino al 3% dell’importo complessivo. I programmi devono essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di agevolazioni e devono essere realizzati in un arco di tempo non superiore a 36 mesi e comunque entro il 30 giugno 2015. Domande e Scadenze Ciascuna domanda di agevolazione deve essere correlata a un solo programma di investimenti, uno stesso programma non può essere suddiviso in più domande di agevolazione. La domanda deve essere compilata esclusivamente per via elettronica, utilizzando la procedura informatica messa a disposizione sul sito www.sviluppoeconomico.gov. La stampa della domanda, insieme agli allegati previsti, deve essere presentata al Soggetto Gestore (Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.) entro 7 giorni dalla data di trasmissione elettronica della domanda, mediante raccomandata A/R. La data di presentazione della domanda è quella della trasmissione elettronica. La domanda può essere presentata dal 10 dicembre 2010 al 9 aprile 2011. Tuttavia, poiché la procedura valutativa è “a sportello” e i finanziamenti non sono particolarmente cospicui, è opportuno presentare la domanda quanto prima.

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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE a cura di Leonardo Filippucci

Esistono divieti per l’attività di ricerca di idrocarburi in mare? Sì. L’art. 6, comma 17 del D. Lgs. 152/2006 - introdotto dall’art. 2 del D. Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 - stabilisce che, ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione, nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della Legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia marine dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, oltre che per i soli idrocarburi liquidi nella fascia marina compresa entro cinque miglia dalle linee di base delle acque territoriali lungo l’intero perimetro costiero nazionale. Al di fuori delle medesime aree, le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del D. Lgs. 152/2006, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle predette attività. Tali disposizioni, in deroga alla disciplina transitoria prevista dall’art. 4 del D. Lgs. 128/2010, si applicano anche ai procedimenti autorizzatori in corso alla data di entrata in vigore dello stesso D. Lgs. 128/2010, vale a dire alla data del 26 agosto 2010. Peraltro, resta ferma l’efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla stessa data. Il detentore di un immobile abusivo può sottrarsi alla demolizione del medesimo invocando il fatto che è trascorso molto tempo dalla sua realizzazione? No. Come recentemente ribadito anche dal TAR Puglia, Lecce, con sentenza 9 novembre 2010, n. 2631 (ma si veda anche Consiglio Stato, sentenza 31 agosto 2010, n. 3955), il presupposto dell’ordine di demolizione di opere abusive è solo la constatata esecu-

agenda

zione delle medesime in totale difformità o in assenza della concessione edilizia, con la conseguenza che tale provvedimento, ove ricorrano i predetti requisiti, è atto dovuto ed è sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera, essendo in re ipsa l’interesse pubblico alla sua rimozione: l’abuso, quindi, anche se risalente nel tempo, non giustifica alcun legittimo affidamento del contravventore a veder conservata una situazione di fatto che il semplice trascorrere del tempo non può legittimare. Nel caso in cui una discarica abusiva sia realizzata da uno solo dei comproprietari di un fondo, come opera la confisca dell’area? Secondo la Corte di Cassazione (cfr. sentenza 9 ottobre 2007, n. 2477, recentemente confermata dalla sentenza 19 ottobre 2010, n. 37199), la confisca “... non può essere disposta dal giudice - in caso di comproprietà indivisa dell’area - nei confronti di quei comproprietari che non siano responsabili, quanto meno a titolo di concorso, del reato di discarica abusiva, non potendo applicarsi la misura di sicurezza, ablativa della proprietà, in danno di persone che non hanno commesso alcun illecito penalmente rilevante e non avendo l’area medesima natura intrinsecamente criminosa (vedi Cass., Sez. 3, 26.2.2002, n. 7430, Bessena). La restituzione dell’intero bene, però, ad uno o più titolari della comproprietà indivisa rimasti estranei al reato, consentirebbe anche al proprietario condannato di riacquistare la piena disponibilità dell’immobile, con evidente elusione della ratio della norma, che va individuata nell’opposta esigenza di evitare che l’area interessata rimanga nella disponibilità del proprietario il quale la abbia già utilizzata come strumento del reato. Affinché, pertanto, il diritto del terzo estraneo al reato non venga sacrificato, la quota di spettanza di esso estraneo potrà essergli restituita come proprietà singolare sulla quale il reo non abbia diritto di disporre”.

Eventi e Fiere

Torino, 25-28 novembre 2010 RESTRUCTURA - L’ambiente naturale dell’edilizia Sede: Lingotto Fiere Organizzazione: GL events Italia spa Via Nizza, 294 - 10126 Torino Tel. 011 6644111 - fax 011 6646642 info@restructura.com

Lione (Francia), 30 novembre - 3 dicembre 2010 POLLUTEC - Salone Internazionale delle Attrezzature, Tecnologie e Servizi per l’Ambiente Sede: Eurexpo - Avenue Louis Bleriot - Chassieu Organizzazione: Reed Exposition France Tel. +33 (0)1 47565000 - fax +33 (0)1 47565100 Informazioni: www.pollutec.com

Ancona, 26-28 novembre 2010 ECO&EQUO - Mostra mercato dei prodotti ecosostenibili ed equosolidali Sede: Fiera della Pesca Informazioni: Assessorato Servizi Sociali, Immigrazione e Ambiente Tel. 071 8062718 www.ecoandequo.it

Milano, 2-4 dicembre 2010 ECOABITARE - all’interno de “L’artigiano in fiera” Sede: Fiera Milano Rho Organizzazione: Ge.Fi spa - Viale A. Papa, 30 - 20149 Milano Tel. 02 31911911 - fax 02 31911920 ecoabitare@gestionefiere.com - www.ecoabitare.net

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17

N째

OTTOBRE 2010



INDICE Regione Abruzzo La gestione dei rifiuti in Abruzzo dalle attuali criticità alle buone pratiche ambientali a cura della Direzione Protezione Civile Ambiente - Servizio Gestione Rifiuti p. 5 Gestione rifiuti Nuove regole per smaltire i rifiuti inerti di Silvia Barchiesi p.

Ambiente e sostenibilità Il “compost Abruzzo” scende “in campo”: al via i campi dimostrativi di Silvia Barchiesi p.

22

Manifestazioni e convegni L’invito alla tutela delle aree protette di Silvia Barchiesi

p.

24

Adriatica Oli S.r.l. Oli esausti da utenza domestica: la realtà abruzzese di Silvia Barchiesi

p.

26

15

Rifiuti: la mappa dello smaltimento in regione di Silvia Barchiesi p. 16 Rifiuti: al via la proroga per il conferimento fuori ATO di Silvia Barchiesi

p.

19

Consorzio Comprensoriale Smaltimento Rifiuti Lanciano Verso l’ottimizzazione del ciclo integrato dei rifiuti di Silvia Barchiesi p. 28

ARTA Abruzzo Obiettivo: sostenibilità ambientale di Alberto Piastrellini

p.

20

ACIAM spa Raccolta differenziata: esperienze a confronto di Germano Contestabile p. 30

EDITORIALE SULLA QUESTIONE RIFIUTI L’ABRUZZO CERCA SOLUZIONI DEFINITIVE E DURATURE “Il tema dello sviluppo è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale. Questo è stato donato da Dio a tutti e il suo uso rappresenta per noi una responsabilità”. Sono parole significative quelle del Pontefice, Benedetto XVI, espresse nell’Enciclica “Caritas in veritate”, tanto più quando il problema da affrontare è legato allo smaltimento dei rifiuti e, quindi, al rispetto per la salute umana e al futuro dell’ecosistema. Per questo nella nostra regione, l’Abruzzo, noi che abbiamo la responsabilità di governare siamo consapevoli di dover affrontare la questione con impegno, nella ricerca di soluzioni definitive e durature e nel pieno rispetto della legalità. E questo deve tradursi in azioni razionali e concrete che consentano di superare un nemico insidioso come l’emergenza che spesso è la principale responsabile di decisioni provvisorie e non sempre adeguate. Di fronte ad un problema che investe i cittadini e che ci richiama alla responsabilità del bene comune, l’impegno della Regione, dunque, è di mettere a punto un sistema che coinvolga tutto il ciclo integrato dei rifiuti, la cui gestione dipende ancora troppo dallo smaltimento in discarica, che deve invece rappresentare una soluzione residuale. Sappiamo, inoltre, che è indispensabile coordinare l’azione su più fronti, nella consapevolezza che la criticità del problema dei rifiuti è anche culturale. È necessario, infatti, far comprendere ai cittadini l’importanza di pratiche virtuose come la raccolta differenziata, ma soprattutto educare al rispetto dell’ambiente, riducendo alla base la produzione di rifiuti. Manca, inoltre, una corretta informazione sulle diverse soluzioni tecniche proposte, come il recupero delle materie per il riuso e il recupero energetico. Il lavoro da fare è complesso e articolato, richiede un impegno senza sosta alla ricerca delle soluzioni più efficaci. Tutto questo sta avvenendo in Abruzzo, grazie anche all’apporto del CNR, che collabora alla ricerca delle migliori tecnologie con l’obiettivo del rafforzamento del sistema impiantistico. In tal senso, le parole del Pontefice rappresentano un forte monito: non si può restare inermi davanti al problema dei rifiuti, che invece necessita di una immediata soluzione risolutiva, altrimenti continuerà ad aggravarsi, provocando irreversibili danni sociali e ambientali. Gianni Chiodi Presidente della Regione Abruzzo



REGIONE ABRUZZO

LA GESTIONE DEI RIFIUTI IN ABRUZZO DALLE ATTUALI CRITICITÀ ALLE BUONE PRATICHE AMBIENTALI a cura della Direzione Protezione Civile - Ambiente - Servizio Gestione Rifiuti

1 IL SISTEMA DI GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI Il settore della gestione dei rifiuti urbani nella regione presenta, allo stato attuale, alcune criticità, come di seguito sintetizzabili: - un’eccessiva frammentazione istituzionale nella gestione dei servizi (n. 14 Consorzi intercomunali e/o loro Società) ed un insufficiente coordinamento e/o sinergie tra le diverse realtà; - differenze operative anche tra aree contigue, con numerose carenze gestionali, da parte dei soggetti interessati, dell’impiantistica dedicata al trattamento ed allo smaltimento dei rifiuti; - disomogeneo sistema di regolazione dei costi (TARSU/TIA, tariffe di conferimento, tariffe “ecoristoro”, etc.) ed insufficiente utilizzo di politiche e strumenti di “ecofiscalità”; - “performance ambientali” in ritardo rispetto agli obiettivi nazionali e regionali (obiettivi di RD, riciclo, recupero energetico, smaltimento in discarica, etc.), salvo alcune realtà positive. Nel settore, a seguito delle politiche regionali, si stanno delineando nuove caratteristiche come: - essere un settore economicamente rilevante e di crescente interesse; - con un livello tecnologico ed impiantistico in fase di sviluppo secondo modelli più avanzati, colmando ritardi storici (dallo smaltimento al recupero/riciclo); - con tendenze sempre diffuse da parte degli EE.LL. ad attuare buone pratiche ambientali di settore (es. riorganizzazione dei servizi, raccolte differenziate “porta a porta”, iniziative per la riduzione della produzione dei rifiuti, etc.). Nell’ambito del settore della gestione dei rifiuti speciali, a fronte di una “rete diffusa” di impianti di operatori privati, per le attività di stoccaggiotrattamento-recupero, si riscontra una mancanza di impianti di smaltimento

per rifiuti speciali pericolosi e non, con la conseguente mobilità in uscita degli stessi1. 2. LA NORMATIVA REGIONALE VIGENTE Con la L.R. 19.12.2007, n. 45 “Norme per la gestione integrata dei rifiuti”, la Regione Abruzzo si è dotata di un Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR). Le priorità assunte dal PRGR sono le seguenti: • invertire l’attuale tendenza alla crescita della produzione di rifiuti (nel periodo 2000/2005 si è registrato un aumento del + 19.4%); • massimizzare le opportunità di recupero di materia dai rifiuti, attraverso lo sviluppo delle raccolte differenziate (prioritariamente con sistemi domiciliari), finalizzate sia al reinserimento nei cicli produttivi di materie prime da esse derivate, sia alla produzione di compost con valorizzazione del contenuto organico del rifiuto in termini agronomici; • garantire il pretrattamento dei rifiuti non intercettati dalle raccolte differenziate, al fine di assicurare un miglior controllo delle fasi di smaltimento finale ed una riduzione degli impatti ambientali ad esse associati; • valorizzare le opportunità di recupero energetico dei rifiuti, a determinate condizioni, attraverso processi di assoluta garanzia dal punto di vista delle prestazioni ambientali associate; • minimizzare le necessità di smaltimento in discarica, puntando sul lungo periodo al tendenziale annullamento del flusso di rifiuti così destinati. Il PRGR ha individuato e delimitato n. 4 Ambiti Territoriali Ottimali (ATO)2: • ATO n. 1, comprendente tutti i Comuni della Provincia di Teramo; • ATO n. 2, comprendente Comuni delle Province di Pescara e Chieti; • ATO n. 3, comprendente Comuni della Provincia di Chieti; • ATO n. 4, comprendente tutti i Comuni della Provincia di L’Aquila.

ATO

Province interessate

n. Comuni

n. abitanti

ATO n. 1

Teramo

47

301.869

ATO n. 2

Pescara, Chieti

67

445.702

ATO n. 3

Chieti

83

256.265

ATO n. 4

L’Aquila

108

304.393

-

305

1.308.229

Totale

Fonte: PRGR - Servizio Gestione Rifiuti Gli Enti Locali partecipano obbligatoriamente negli ATO, in cui deve essere costituita una Autorità d’Ambito (AdA) ed alla quale è trasferito l’esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti. Negli ATO devono essere garantiti: • gli obiettivi di raccolta differenziata definiti nel PRGR; • l’autosufficienza di smaltimento; • la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, con discarica di servizio. Il PRGR prevede inoltre: • la predisposizione di Programmi straordinari per la promozione della diffusione delle raccolte differenziate, programmi per la prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti, programmi per la riduzione dei rifiuti organici da conferire in discarica, programmi per la diffusione degli acquisti verdi; • l’obbligatorietà di attivazione di servizi di RD per la frazione organica, il verde, la carta ed il cartone, le pile ed i farmaci scaduti; • in particolari contesti territoriali lo sviluppo della pratica del compostaggio domestico (autocomostaggio); • utilizzo di ammendanti compostati e frazioni organiche stabilizzate per gli usi consentiti; • lo sviluppo tecnologico dell’impiantistica (impianti di trattamento FOS/ CDR, impianti di compostaggio, impianti di digestione anaerobica, etc.) • la realizzazione di una rete regiona-

5


le di “stazioni ecologiche - centri di raccolta” e “piattaforme ecologiche” per il conferimento e trattamento di rifiuti riciclabili; • la verifica del raggiungimento degli obiettivi di RD al fine di attivare il recupero energetico dei rifiuti urbani. La Regione, gli Enti Locali singoli o associati ed i gestori dei servizi devono promuovere la diffusione degli “acquisti verdi” e provvedere all’approvvigionamento di beni attraverso prodotti provenienti dal mercato del riciclaggio. Per l’attivazione di iniziative collegate all’attuazione del D.M. 203/03 (GPP), il PRGR prevede l’approvazione di un “Programma d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi pubblici” (art. 25). 3. GLI INDIRIZZI PROGRAMMATICI DEL GOVERNO REGIONALE La gestione dei rifiuti in Abruzzo deve essere concepita sempre più secondo un’ottica industriale, essere allineata ai più avanzati modelli europei, trasformarsi da problema sociale, economico, di sicurezza e di legalità, a risorsa sotto il profilo occupazionale, sociale, economico e di trasparenza, nonché possa costituire una nicchia per sperimentare ricerca ed innovazione anche al fine della riduzione a monte dei rifiuti ed alla produzione sostenibile di energia. Le più efficaci forme di applicazione riguardanti la gestione dei rifiuti, ed in particolare dei rifiuti urbani, prodotti dalla società moderna, evidenziano il ruolo fondamentale del cosiddetto approccio integrato, in cui confluiscono le pratiche della riduzione dei rifiuti, del recupero di materie prime e di energia. La Giunta Regionale d’Abruzzo, presieduta da Gianni CHIODI, ha definito con il “Programma di Governo - Schede Obiettivo Macroarea di Intervento n. 9”, alcuni prioritari indirizzi programmatici nel settore della gestione dei rifiuti3. Il Presidente della Giunta Regionale, con nota prot.n. 193/Seg/PE del 16.07.2009, ha puntualizzato alcuni aspetti della gestione del ciclo integrato dei rifiuti su cui basare l’aggiornamento del vigente quadro normativo regionale di settore. Si riportano alcuni passaggi della nota inviata al competente Assessore alla Protezione Civile - Ambiente: “Omissis ... Si ritiene che sia molto im-

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portante raggiungere alcuni obiettivi di rilievo delineati dalla L.R. 19.12.2007, n. 45 “Norme per la gestione integrata dei rifiuti”4 e s.m.i., in particolare per le seguenti priorità: 1. eliminazione della frammentazione istituzionale del settore, oggi caratterizzata dalla presenza di ben n. 14 Consorzi Comprensoriali Rifiuti, attraverso una prima rilevante razionalizzazione degli stessi con la costituzione delle Autorità d’Ambito di cui agli articoli 14 e 16 della legge regionale richiamata; 2. realizzazione di un ciclo integrato dei rifiuti che preveda, soprattutto, la finalizzazione utile e certa dei materiali derivati dalle attività di recupero (es. CDR ed ammendante compostato) ed in cui lo smaltimento finale dei rifiuti (discarica), sia effettivamente una fase residuale. In relazione agli indirizzi politicoprogrammatici, si è provveduto ad approvare, da parte della Giunta regionale un documento denominato: “Linee di indirizzo per l’aggiornamento della normativa regionale in materia di gestione dei rifiuti”5 e ad insediare un “Tavolo di concertazione” che vede la partecipazione dei soggetti coinvolti (Province, Consorzi intercomunali e/o loro Società, Associazioni, etc.). 4. IL SISTEMA DI GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI In Abruzzo la gestione dei rifiuti urbani spetta ai Consorzi intercomunali e/o loro Società SpA, quindi ai soggetti pubblici o a prevalente capitale pubblico. Vi è attualmente una forte frammentazione. Sono ben n. 14 gli attuali “Comprensori” di gestione dei rifiuti urbani. Gli assetti societari sono diversi. I comprensori sono organizzati in Società SpA a prevalente capitale pubblico o interamente pubbliche, altri sono Consorzi Intercomunali o Unione di Comuni, completamente pubblici. In molti comprensori i servizi non sono gestiti in modo associato dagli stessi. Infatti i soggetti gestori dei servizi, sono oltre 150 (suddivisi per le attività di smaltimento, trattamento, raccolta, raccolte differenziate, spazzamento strade, etc.), in molti casi i servizi sono gestititi dagli stessi Comuni in forma diretta (in economia) e/o affidati a ditte terze private, a Società SpA pubblico/privato, a Coop sociali, etc.

Per fare un solo esempio6, nella Provincia di L’Aquila, il servizio di raccolta indifferenziata nella provincia presenta un assetto gestionale con n. 61 operatori, su n. 91 comuni esaminati, compresi i n. 49 Comuni che gestiscono direttamente il servizio di raccolta dell’indifferenziato (in economia). Esiste, pertanto, in regione, una grande varietà di sistemi gestionali dei servizi pubblici di settore che negli anni si sono stratificati a causa della mancata riforma del sistema (realizzazione ATO). La Legge n. 42 del 26/03/2010, pubblicata sulla G.U. n. 72 del 27/03/2010, prevede la soppressione delle Autorità d’Ambito Territoriali previste dagli articoli 148 e 201 del D.Lgs 152/2006 s.m.i. Entro un anno dalla pubblicazione delle Legge, gli atti compiuti dagli ATO, ove già costituiti, saranno considerati nulli e le Regioni dovranno attribuire con legge le funzioni già esercitate dagli ATO. Si dovrà rivedere la legge regionale per definire a chi spetteranno le competenze sino ad ora attribuite agli ATO che dovranno essere soppressi, dopodichè ogni atto compiuto da queste autorità dovrà considerarsi nullo. 5. DATI GENERALI DEL SISTEMA DI GESTIONE DEI RU Nella Tab. 1 che segue si rappresenta il quadro sintetico della produzione, raccolta differenziata e smaltimento dei rifiuti urbani riferito ai dati 2009. Si segnala il ritardo con cui le Province (OPR) inviano le informazioni alla Regione Abruzzo (ORR), secondo le disposizioni di cui all’art. 5, comma 7 della L.R. 45/07 e s.m.i. (entro febbraio di ogni anno). La L.R. 19.12.2007, n. 45 “Norme per la gestione integrata dei rifiuti”, ha previsto il raggiungimento dei seguenti obiettivi minimi di RD: 40% entro il 2007; 50% entro il 2009; 60% entro il 2011. La Regione Abruzzo ha avviato con DGR n. 1090/2006 (Bando pubblico), un’attività tesa a promuovere la riorganizzazione dei servizi di raccolta differenziata. I Comuni interessati dalla riorganizzazione dei servizi di RD sono circa n. 70. È in preparazione un “Piano straordi-


Tab. 1 - Sintesi dati Produzione RU e RD Regione Abruzzo - 2009 Produzione RU (t/a) 2002/2009 - Abruzzo 2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

Var. 2002/2009

Var. 2007/2009 -2,26%

L’Aquila

139.960

147.449

155.085

157.697

157.065

158.981

161.251

157.606

12,61%

Teramo

159.112

159.080

170.964

175.058

175.598

170.667

175.442

175.701

10,43%

0,15%

Pescara

130.261

144.303

159.709

157.719

162.874

164.235

165.102

163.644

25,63%

-0,88%

Chieti

182.216

180.861

195.266

203.596

201.407

204.816

201.959

193.924

6,43%

-3,98%

Abruzzo

611.549

631.693

681.024

694.070

696.944

698.699

703.754

690.875

12,97%

-1,83%

Fonte: Servizio Gestione Rifiuti - RR. Dati in fase di verifica da parte degli Enti/ORR. Sintesi dati Produzione RU e RD Regione Abruzzo - 2009

Fonte: Servizio Gestione Rifiuti -ORR. Dati in fase di verifica da parte degli Enti/ORR. RIEPILOGO DATI RD 2009 - ABRUZZO

L'Aquila

Superficie (kmq)

Nr. Abitanti (Ab/a)

5.036,80

310.414

RD

(t/a)

28.026,98

RUI

(t/a)

129.578,70

RU totale (t/a)

RU pro capite (kg/ ab*a)

%RD

157.605,68

507,73

17,78%*

Teramo

1.944,93

311.002

51.715,17

123.986,32

175.701,49

564,95

29,45%*

Pescara

1.224,67

319.215

38.288,60

125.355,14

163.643,74

512,64

23,78%* 28,90%* 24,98%*

Chieti Abruzzo

2.588,35

398.114

56.933,72

136.990,33

193.924,05

487,11

10.794,75

1.338.745

174.964,47

515.910,49

690.874,96

516,06

Fonte: Servizio Gestione Rifiuti/ORR. Ottobre 2010. *Dati calcolati dall’ORR mediante sistema regionale CARIREAB in corso di verifica in collaborazione con gli Enti interessati. nario per la RD”, ai sensi dell’art. 24, comma 3 della L.R. 45/07 e s.m.i., che dovrebbe essere assistito da fondi FAS di cui al QSN 2007 -20137. La RD è stata generalmente concepita, fino dal recente passato, come un servizio aggiuntivo al normale circuito di raccolta del rifiuto destinato a smaltimento, mediante l’introduzione di contenitori stradali dedicati (campane, cassonetti, etc). Questo schema organizzativo si è mostrato inadeguato rispetto alle nuove linee di tendenza ed agli obiettivi di legge previsti. Si può affermare che necessita continuare lo sforzo che la Regione Abruzzo ha in corso per promuo-

vere e diffondere sul territorio le raccolte differenziate secondo “sistemi integrati”, basati su servizi di raccolte differenziate domiciliari e/o di prossimità. 6. LE ATTUALI CRITICITÀ DEL SISTEMA DI GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI Nell’ultimo “Rapporto sulle attività di smaltimento al 15.08.2010)8, sono state evidenziate le diverse situazioni che hanno causato le criticità ambientali nel sistema di smaltimento dei rifiuti urbani, in particolare esistenti nelle Province di Teramo e L’Aquila. Con la DGR 2.01.2007, n. 1190 “L.R.

28.04.2000, n. 83 e s.m.i. - art. 32. Attività di smaltimento dei rifiuti urbani. Provvedimenti regionali straordinari”9, la Regione Abruzzo, ha delineato ai soggetti territoriali (Province, Consorzi comprensoriali, Comuni, etc.), un “programma-quadro” di azioni ed interventi per l’uscita dalle situazioni di criticità. Agli Enti territoriali sono state delegate le relative decisioni per la scelta definitiva dei siti e delle tipologie degli impianti di smaltimento/ trattamento da attivare e/o ri-attivare. Il “criterio di priorità” seguito per la realizzazione/riattivazione di impianti di smaltimento/trattamento, è stato sempre quello di intervenire su siti già interessati

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dalla presenza di impianti di smaltimento e/o “compromessi” sul piano della situazione dei luoghi (destinazione d’uso di PRG modificata, impianti esistenti, etc.). 6.1. IL SISTEMA IMPIANTISTICO REGIONALE - RETE INTEGRATA Il sistema impiantistico di recupero, trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani definito dal PRGR, si basa sulla flessibilità impiantistica e sull’integrazione di processi impiantistici specificamente orientati alla ottimale gestione delle diverse tipologie di rifiuti urbani derivanti dalle raccolte e dei flussi di rifiuti derivanti dai trattamenti stessi. Sono previsti in ogni ATO, in linea generale, almeno: • impianti a supporto delle raccolte differenziate (Piattaforme, Stazioni ecologiche e/o Centri di raccolta). • n. 1 impianto di compostaggio o di digestione anaerobica; • n. 1 impianto di TMB (CDR, FOS, etc.); • discariche di servizio agli impianti complessi; In considerazione anche di sperimentazioni in fase di avvio nel contesto regionale, lo sviluppo dell’impiantistica di compostaggio é comunque da considerarsi estendibile e compatibile con il ricorso anche a tecnologie integrative di tipo semplificato impianti di comunità, autocompostaggio, favorendo ed incentivando una partecipazione allargata da parte della popolazione e degli operatori agricoli presenti sul territorio. In particolare, si ritiene che possa avere pari dignità l’ipotesi di sviluppo di impianti basati su processi di trattamento di tipo anaerobico con recupero di biogas. Il PRGR individua nel trattamento termico e nel recupero energetico dei rifiuti urbani o di derivazione urbana una componente non prevalente, complementare al riciclaggio (art. 26). In particolare, si prevede che il trattamento termico di frazioni non altrimenti riciclabili di rifiuti urbani o di derivazione urbana sia ammissibile al raggiungimento di un valor medio regionale di RD pari al 40%. Le potenzialità di trattamento termico di rifiuti urbani e flussi derivati in impianti dedicati non potranno comunque superare complessivamente il 25% del quantitativo di rifiuti urbani prodotto in Regione (circa 170.000 t/a). Un’ulteriore quota di CDR, pari a 60.000 t/a può essere destinata ad impianti indu-

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striali (es. cementifici) in sostituzione di combustibili fossili. L’analisi del sistema di gestione degli impianti è stata effettuata con il “4° Rapporto sulle raccolte differenziate - dati 2008”10. Nella tabella alla pagina seguente si riporta il quadro generale del sistema impiantistico di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani. 7. PROVVEDIMENTI VARATI DALLA REGIONE ABRUZZO PER GARANTIRE LA CONTINUITA’ DELLE ATTIVITA’ DI SMALTIMENTO/TRATTAMENTO DI RU Per affrontare le situazioni di insufficiente autonomia per le attività di smaltimento dei RU, in alcune aree territoriali, si è provveduto nel 2010, ad emanare, anche a seguito dell’evento sismico del 6 aprile 2009, i seguenti provvedimenti: 1. DGR n. 780 del 21/12/09 “L.R. 19.12.2007, n. 45 “Norme per la gestione integrata dei rifiuti” e s.m.i. - Art. 4, comma 1, lett. v). Autorizzazione sino al 30.06.2010 a conferire rifiuti di origine urbana in impianti di smaltimento e/o trattamento ubicati in Province e/o Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) diversi e disposizioni regionali inerenti l'esercizio di impianti di gestione dei rifiuti ubicati nella Provincia di L’Aquila”11. 2. DGR n. 513 del 24.06.2010 “L.R. 19.12.2007, n. 45 "Norme per la gestione integrata dei rifiuti" e s.m.i. - Art. 4, comma 1, lett. v). Autorizzazione sino al 31.12.2010 a conferire rifiuti di origine urbana in impianti di smaltimento e/o trattamento ubicati in Province e/o Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) diversi e disposizioni regionali inerenti l'esercizio di impianti di gestione dei rifiuti ubicati nella Provincia di L’Aquila”12. Inoltre si è provveduto da parte del Servizio Gestione Rifiuti (SGR) a: 1. attivare collaborazioni tra operatori pubblici del settore di realtà extraregionali (es. discarica di Isernia, località “Tufo colonico”) ed abruzzesi; 2. a sollecitare la sottoscrizione di un “Accordo di programma” con la Regione Molise approvato con DGR n. 428 del 10.08.0913; 3. accelerare e definire le procedure per il rilascio di nuove autorizzazioni per la realizzazione ed esercizio di impianti di smaltimento/recupero.

La Regione Abruzzo - Servizio Gestione Rifiuti, ha sempre garantito soluzioni alle attuali difficoltà nelle attività di smaltimento, con l’emanazione ed attuazione di provvedimenti e specifiche azioni ed interventi, nonché con grande dispendio di energie, considerate la precarietà dell’assetto logistico e del personale esistente. Si riassumono alcune azioni: a. Approvazione di DGR per l’attuazione di accordi tra Province/ATO/ Consorzi diversi per garantire la continuità delle attività di smaltimento dei RU. b. Riorganizzazione e diffusione dei servizi di RD secondo modelli domiciliari (porta a porta e/o dii prossimità). Si è varato un documento nell’ambito del Programma regionale FAS-PAR per la definitiva predisposizione il 1° Programma straordinario per la riorganizzazione delle RD e completamento dei programmi in materia di raccolta differenziata ai sensi della L.R. 45/07 e s.m.i. Inoltre, a seguito del raggiungimento degli obiettivi di RD (incrementi di %RD) previsti dal “Sistema Premialità - FAS”, si stanno predisponendo gli atti per l’ottenimento delle risorse assegnate (ca. 6.5 mil/Eu). c. Attuazione iniziative in materia di promozione dell’utilizzo degli ammendanti compostati di (Accordo di Programma Regione - CIC), avviato ad Aielli con il marchio di qualità “Compost Abruzzo”14, protocollo d’intesa “Campi dimostrativi” per l’utilizzo degli ammendanti compostati, etc. d. Attuazione di Piani e programmi, inerenti le attività di riuso, riciclo e recupero di energia dai rifiuti (Piano RUB, Piano di raccolta rifiuti portuali, Piano imballaggi e rifiuti di imballaggio, rifiuti agricoli, etc.). e. Accelerazione dei procedimenti amministrativi (AIA, AU, CdS, rinnovi, diffide, approvazione PdA, procedure di bonifiche, etc.), che richiedono anche più personale, per il quale il SGR, da tempo, é in una fase di “forte insufficienza”, inadeguato rispetto alla mole di lavoro da dover portare avanti15; f. Attuazione del nuovo Accordo quadro regionale Regione Abruzzo - CONAI, per il potenziamento delle raccolte differenziate degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio,


Sistema impiantistico regionale di trattamento e smaltimento rifiuti urbani TIPOLOGIA

Piattaforme Ecologiche autorizzate

Discariche in esercizio

Discariche autorizzate - non in esercizio

Impianti TMB e Impianti di compostaggio autorizzati

Impianti mobili di trattamento RU

IMPIANTI n.

UBICAZIONE

PROVINCIA

TITOLARITÀ

GESTIONE

Aielli

AQ

ACIAM SpA

ACIAM SpA

Sulmona

AQ

COGESA Srl

COGESA Srl

Avezzano*

AQ

ACIAM SpA

ACIAM SpA

Cupello

CH

CIVETA

CIVETA

Lanciano

CH

Consorzio RSU

Consorzio RSU

Loreto Aprutino*

PE

Ambiente SpA

-------

Alanno*

PE

Comune di Alanno

Mantini (P)

Notaresco

TE

CIRSU SpA

SOGESA SpA

Sant’Omero*

TE

Unione di Comuni

-------

Spoltore (Colle Cese)

PE

Ambiente SpA

DECO SpA (P)

Chieti (Casoni)

CH

Comune di Chieti

DECO SpA (P)

Lanciano (Cerratina)

CH

Consorzio RSU

Ecologica Sangro SpA (P)

Cupello (Valle Cena)

CH

CIVETA

CIVETA

Villa S.Lucia (Saette Lunghe)

AQ

Comune di Villa S.Lucia

Comune di Villa S.Lucia

Comune di Sante Marie (Santa Giusta)

AQ

SEGEN SpA

SEGEN SpA

Magliano dei Marsi (Topanico)

AQ

Comune di Magliano dei Marsi

Tecnologie Ambiente Srl (P)

Castel di Sangro (Bocche di Fòrli)

AQ

Comunità Montana

ASA Ambiente Srl

Sulmona (Noce Mattei)

AQ

COGESA Srl

COGESA Srl

Atri (Santa Lucia)**

TE

Consorzio Piomba – Fino - Atri

-

Notaresco (Casette di Grasciano)**

TE

SOGESA SpA

SOGESA SpA

Villavallelonga (La Parata)

AQ

Comune di Villavallelonga

ACIAM SpA

Poggio Picenze (Le Tomette)

AQ

Comune di Poggio Picenze

DECO SpA (P)

Ofena (Piedicellara)

AQ

Comune di Ofena

Comune di Ofena

Navelli (Pagano)

AQ

Comune di Navelli

Nuova MC Srl (P)

S. Benedetto dei Marsi (Sbirro Morto)**

AQ

Comune di S. Benedetto dei Marsi

-------

Gioia dei Marsi (Valle dei Fiori)**

AQ

ACIAM SpA

-------

Aielli (La Stanga)

AQ

ACIAM SpA

ACIAM SpA

Avezzano (Borgo Incile)

AQ

Cesca Contestabile (P)

Ecocompost Marsica (P)

Castel di Sangro (Bocche di Fòrli)

AQ

Comunità Montana

ASA Srl

Sante Marie (Santa Giusta)

AQ

SEGEN SpA

SEGEN SpA

Sulmona (Noce Mattei)

AQ

COGESA Srl

DANECO SpA

Cupello (Valle Cena)

CH

CIVETA

CIVETA

Chieti (Casoni)

CH

DECO SpA (P)

DECO SpA (P)

Notaresco (Casette di Grasciano)

TE

CIRSU SpA

SOGESA SpA

Teramo (Carapollo)

TE

TE.AM. SpA

TE.AM. SpA

Ancarano

TE

Ecoconsul (P)

Ecoconsul (P)

Lanciano (Cerratina)

CH

Consorzio RSU

Ecologica Sangro SpA (P)

9

9

8

8

3

Fonte: Servizio Gestione Rifiuti - Ottobre 2010. (P) Privato. * Piattaforma non in esercizio. ** Impianto di smaltimento da realizzare.

9


approvato con DGR n. 275 del 1.06.200916. g. Attuazione di altri accordi volontari interessanti altre filiere (CIC per produzione compost qualità, Consorzi per “campi dimostrativi”, rifiuti agricoli, rifiuti portuali, rifiuti da C & D, rifiuti sanitari, GDO, prevenzione e riduzione rifiuti, controlli ambientali, lotta all’inquinamento, etc.). Sono n. 19 gli Accordi volontari in fase di gestione e/o conclusione, da parte del SGR/ORR17. 8. LE MODIFICHE PROPOSTE ALLA LEGISLAZIONE REGIONALE Con la DGR n. 611 del 2.11.200918, la Giunta Regionale ha proposto: a. di stabilire la necessità e l’urgenza di procedere all’adeguamento/aggiornamento della normativa regionale, ai sensi delle disposizioni del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. e della normativa regionale riferita alla gestione dei rifiuti urbani ed alla bonifica dei siti contaminati, costituita dalla L.R. 19.12.2007, n. 45 e s.m.i., secondo gli indirizzi e le fasi dettati nei seguenti punti b) e c); b. in materia di gestione integrata dei rifiuti urbani 1. valutazione, in riferimento alle nuove disposizioni comunitarie e nazionali, delle modifiche, opportune e/o necessarie, da apportare alle norme regionali di settore al fine di consentire il conseguimento degli obiettivi di cui alla L.R. 45/07 e s.m.i.; 2. verifica delle disposizioni riferite all’art. 3 “Definizioni”; 3. valutazione delle norme in materia di “Sistema di gestione integrata dei rifiuti urbani” (art. 13); 4. valutazione ed eventuali modiche alle disposizioni inerenti le “Competenze istituzionali” (artt. 4, 5, 6, 7 e 8); 5. modifiche alle disposizioni inerenti la “Valorizzazione energetica dei rifiuti urbani” (art. 26), riferite alle modalità di avvio a recupero energetico del CDR e dei rifiuti urbani in impianti di incenerimento dedicati, introducendo eventualmente meccanismi di carattere competitivo tra ATO diversi (es. riferiti ai livelli di % RD da raggiungere) ed a cui far seguire, una volta approvate le nuove norme dal Consiglio Re-

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6.

7.

8

9.

gionale, l’approvazione di un “Documento di indirizzo”, da parte della Giunta Regionale, attuativo delle stesse, contenente in particolare: • criteri per l’individuazione delle aree maggiormente vocate in relazione all'ottimizzazione dei costi gestionali e, comunque, nel rispetto dei criteri di localizzazione degli impianti fissati dal presente piano regionale; tenendo conto che in tal caso l’ambito territoriale ottimale per la gestione di tali rifiuti è l’intero territorio regionale; • le migliori tecnologie applicabili in funzione delle più significative esperienze maturate nel contesto nazionale ed internazionale; • indirizzi operativi al fine di garantire la prevalente partecipazione delle AdA alle attività di gestione; • specifiche prescrizioni per garantire misure e campionamenti in continuo ed analisi. modifiche ad alcune disposizioni in materia di “Procedure semplificate per l’autosmaltimento ed il recupero dei rifiuti” (art. 51); verifica ed eventuali modifiche e/o integrazioni delle disposizioni riferite al “Sistema sanzionatorio” (art. 64); verifica delle disposizioni in materia di “Ambiti Territoriali Ottimali - ATO”, riferite al procedimento amministrativo di istituzione e funzionamento delle “Autorità d’Ambito - AdA” (artt. 14, 15, 16, 17 e 18), con particolare riferimento: • alle modalità per la costituzione anche attraverso i Consorzi comprensoriali; • all’iter di cessazione delle attività dei Consorzi comprensoriali esistenti; • all’esercizio dei poteri sostitutivi; verifica delle norme (artt. 19, 20 e 21), in tema di affidamento diretto dei servizi pubblici locali (in house providing) e gestioni esistenti, in ragione dell’evoluzione della giurisprudenza nazionale (Cassazione, Consiglio di Stato, TAR, etc.) e comunitaria (Corte Europea di Giustizia);

10.valutazione delle ipotesi e delle risultanze ai fini della consultazione e del confronto con Enti locali, le organizzazioni del settore e le parti sociali (Tavolo di concertazione); 11.verifica di ulteriori interventi normativi, compatibili con gli indirizzi politico-amministrativi e le finalità del DDLR, in relazione a proposte che potranno essere avanzate nel corso della consultazione e del confronto di cui ala punto i); c. in materia di bonifica dei siti contaminati 1. valutazione, in riferimento alle nuove disposizioni comunitarie e nazionali (D.Lgs. 4/08), delle modifiche, opportune e/o necessarie, da apportare alle norme regionali di settore al fine di consentire il conseguimento degli obiettivi di cui alla L.R. 45/07 e s.m.i. e valutazioni in rapporto alle pregresse disposizioni già applicate; 2. aggiornamento dell’anagrafe dei siti contaminati di cui alla DGR n. 1529 del 27.12.2006 e della DGR n. 257 del 19.03.2007 avente per oggetto: “Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale - Titolo V - Disposizioni di indirizzo in materia di siti contaminati”, nelle quali sono riportati tutti i siti per i quali sono state avviate le procedure ai sensi del Titolo V del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. (es. verifica del superamento delle CSC, etc.). L’anagrafe dei siti contaminati costituisce l’insieme complesso delle informazioni relative ai siti da bonificare e rappresenta il mezzo per la registrazione dei dati necessari alla gestione degli interventi di bonifica; 9. LE PRINCIPALI PROPOSTE RISOLUTIVE PER IL SISTEMA DI SMALTIMENTO RIFIUTI URBANI AL FINE DI USCIRE DALLE CRITICITA’ GESTIONALI 9.1 In Provincia di Teramo con il rilascio delle AIA per la discarica di “SOGESA SpA” di Notaresco e per la discarica del “Consorzio Piomba-Fino” di Atri, è possibile entro 1l 31.12.2010 ripristinare l’autosufficienza delle attivi-


tà di smaltimento dei RU in questo ATO (se realizzate), per un medio periodo superiore ai 5 anni. Rimane da decidere sul futuro della discarica di Tortoreto (iniziativa da parte di: Comune, Provincia e Regione). Non sono state presentate altre proposte concrete dai Consorzi intercomunali della Provincia di Teramo e dagli EE.LL. interessati, che abbiano il requisito della condivisione e della concretezza. Non vi sono notizie sui vari siti indicati dalla Provincia di Teramo, ai sensi della DGR 23.11.2009, n. 119019. 9.2 In Provincia di L’Aquila il percorso d’uscita dalle attuali criticità, almeno nel comprensorio marsicano (Gioia dei Marsi) e pelino (Sulmona), è stato delineato concretamente e condiviso dagli Enti interessati (COGESA Srl, ACIAM SpA, Comunità Montana Alto Sangro e Segen SpA). È necessario individuare e realizzare per il comprensorio di “L’Aquila capoluogo” un invaso che garantisca per i prossimi anni un servizio alle aree interessate anche in funzione dello smaltimento dei residui delle macerie (ipotesi di ampliamento della discarica di Barisciano, previo parere favorevole del Comune di Barisciano). 9.3 In Provincia di Pescara è necessario attivare, in tempi brevi, l’iter amministrativo per la realizzazione di un nuovo sito di smaltimento per garantire le attività per il medio-lungo termine (8-10 anni), considerato che l’ampliamento della discarica di “Colle Cese” (in istruttoria da parte del SGR), potrà garantire una autosufficienza di ca. 2 anni. Risulta necessario, a tal proposito, che la Provincia di Pescara aggiorni urgentemente il PPGR. 9.4 In Provincia di Chieti si rende necessario definire l’eventuale ampliamento della discarica di “Cerratina” di Lanciano (in corso di valutazione), la realizzazione dell’impianto di TMB (impianto fisso di trattamento dei RU) e potenziamento della piattaforma RD e valutare da parte del CIVETA le ulteriori necessità di smaltimento per il periodo di lungo termine nonché il potenziamento delle linee di trattamento delle frazioni organiche (ammendante compostato) e dei fanghi da depurazione. Inoltre necessita prioritariamente: • Avviare le politiche di prevenzione e riduzione della produzione dei ri-

È •

fiuti urbani secondo i nuovi indirizzi europei20. Sono pochissimi i Comuni impegnati in queste politiche. Potenziare tutte le iniziative finalizzate alla diffusione delle raccolte differenziate secondo sistemi integrati (porta a porta e/o di prossimità), da parte dei Consorzi e/o Comuni, per conferire meno rifiuti in discarica ed avviare più materiali a riciclo (Filiere CONAI e filiera CIC dell’organico)21. Molte realtà stanno assumendo la consapevolezza delle attuali criticità e la necessità di profondere un maggior impegno per il potenziamento e diffusione delle RD secondo sistemi domiciliari, come auspicato dal Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo22. necessario inoltre23: In Provincia di Teramo - decidere per la riattivazione della discarica di Tortoreto. Per la discarica di “Irgine” di Notaresco si attendono gli ultimi pareri tecnici richiesti. Permane una situazione di opposizione del Comune di Notaresco. In Provincia di L’Aquila - accelerare le procedure per l’esercizio del 2° lotto dell’impianto di smaltimento di Sulmona ca. 90.000 mc), per il quale vi è la previsione apertura il 1° ottobre 2010 e la realizzazione del nuovo invaso di “Gioia dei Marsi”, definire la volontà di realizzazione della discarica di Capistrello e per quella di San Benedetto dei Marsi. Decidere per la realizzazione di un nuovo sito di smaltimento per il comprensorio di L’Aquila Capoluogo24. In Provincia di Chieti - Decidere per l’ampliamento della discarica di “Cerratina” di Lanciano e sulle esigenze di smaltimento per il comprensorio del vastese. In Provincia di Pescara - accelerare le procedure per l’ampliamento (variante non sostanziale di ca. 90.000 mc) della discarica di “Colle Cese” di Spoltore, definire la realizzazione di un nuovo bacino di smaltimento ai fini dell’autosufficienza per il lungo periodo. Definire il completamento dell’iter amministrativo per la discarica di Pianella, costruita per attività emergenziali. Inoltre, decidere per la realizzazione di un impianto di trattamento-recupero delle frazioni organiche da RD che, nel frattempo, dovranno continuare ad essere conferite in impianti di compostaggio

extra-provinciali. In sintesi, vi è la necessità di realizzare un sistema di smaltimento RU basato su pochi e medio - grandi bacini di smaltimento per un’autosufficienza decennale, almeno n. 1 bacino grande e/o n. 2 bacini medio-grandi, per Provincia/ATO, nella previsione di una continua diminuzione dei conferimenti in discarica. La Regione Abruzzo intende, inoltre, portare avanti tutte le diverse iniziative in corso che si basano sinteticamente su alcune priorità riguardanti il sistema impiantistico e dei servizi di RD: • Realizzazione della “rete regionale delle piattaforme ecologiche, stazioni ecologichee centri di raccolta” (rispettivamente in esercizio, in fase di istruttoria e/o autorizzazione). • Attuazione dei programmi di rafforzamento e diffusione dei servizi delle “raccolte differenziate domiciliari”, in particolare per completare, secondo il programma regionale RUB, le RD delle frazioni organiche e Attuazione dei programmi di “minimizzazione della produzione dei rifiuti urbani” (Programma regionale per la riduzione della produzione dei rifiuti “Ridurre e riciclare per vivere meglio” di cui alla DGR n. 1012 del 29.10.2008)25. • Attuazione dei programmi regionali relativi agli imballaggi e rifiuti di imballaggio (sistema CONAI). • Attuazione dei programmi regionali relativi ai Rifiuti Urbani Biodegradabili (Programma regionale RUB - Accordo CIC per il programma di utilizzo del “Compost Abruzzo” di cui alla DGR n. 604 del 26.10.200926). Iniziative relative ai “Campi dimostrativi”27 e “Mondo Compost”28. • Ristrutturazione degli “impianti di TMB” esistenti (compostaggio, digestione anaerobica e bioessicazione) e realizzazione degli impianti di nuova programmazione. • Approvazione di “nuovi bacini di smaltimento” e dei “Piani di Adeguamento” (PdA) delle discariche (procedura d’infrazione UE - D.Lgs. 36/03 e s.m.i. - Procedura di infrazione UE 2003/4506” “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti” nei confronti del nostro Paese. • Attuazione dei programmi e de-

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gli interventi di “bonifica dei siti potenzialmente contaminati” (Procedura di infrazione UE 2003/2077 “Discariche abusive e incontrollate” nei confronti del nostro Paese)29. • Altre iniziative, che per brevità si ritiene opportuno non segnalare in questo rapporto, possono essere reperite anche sul sito web della Regione Abruzzo. CONCLUSIONI La situazione regionale relativa alle attività di smaltimento RU richiede la massima attenzione ed un impegno straordinario da parte di tutti gli attori del sistema, al fine di: - garantire, prioritariamente, la continuità delle attività di smaltimento dei rifiuti urbani evitando possibili emergenze ambientali; - delineare l’uscita definitiva dalle attuali situazioni di criticità e di “non autosufficienza” degli ambiti provinciali (in particolare: L’Aquila e Teramo) delle attività di smaltimento dei RU; - diffondere le iniziative di riduzione della produzione dei RU, di preparazione al riutilizzo e di recupero di materia (riciclo); - attivare le iniziative, già previste nell’ambito della L.R. 45/07, finalizzate alla chiusura del ciclo integrato

1 12

dei rifiuti urbani, attraverso la previsione del recupero energetico dei rifiuti urbani (impianto-i dedicato-i), tenendo conto delle migliori tecnologie disponibili (MTD) - utilizzare, nel miglior modo possibile, tutte le risorse pubbliche messe a disposizione dalla Regione Abruzzo nel comparto ambientale della gestione dei rifiuti; - attuare la programmazione regionale di settore come delineata dal PRGR di cui alla L.R. 45/07 e s.m.i. Occorre, infine rammentare che un miglioramento della situazione per le attività di smaltimento è determinato soprattutto dalla diminuzione dei rifiuti da conferire in discarica, rafforzando tutte le attività di riduzione della produzione dei rifiuti e di riciclo (raccolte differenziate con sistemi domiciliari). Si ribadisce, altresì, la necessità di prendere urgenti e definitive decisioni, da parte delle Autorità preposte ai vari livelli, istituzionali ed operativi (es. Comuni, Consorzi comprensoriali, etc.), non più rinviabili, in merito alla realizzazione di nuovi siti di smaltimento e/o loro ampliamento, come proposto nella DGR n. 1190/07, rammentando, comunque, la “residualità” di tale segmento nel ciclo integrato di gestione dei rifiuti e considerando che rimangono prioritarie le attività di prevenzione,

di riduzione della produzione dei rifiuti, di preparazione al riuso e di riciclaggio e recupero energetico, anche ai sensi della nuova Direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti30. Se non si realizzeranno i nuovi impianti di smaltimento autorizzati dalla Regione Abruzzo31, si prevede, stante l’attuale produzione di RU e livelli di RD ed aumenti di volumetrie nell’ambito delle modifiche non sostanziali delle autorizzazioni (+10%), la saturazione degli impianti esistenti entro il 2011-2012. Infatti, si è avuto un leggero slittamento rispetto alle previsioni del PRGR (vedasi a tal proposito il PRGR a pag. 270, cap. 7.6.7), in relazione alle nuove volumetrie che sono state realizzate e/o reperite (es. Avezzano, Sante Marie, Sulmona, Notaresco, Cupello, etc.) o vi è stato il supporto di altri siti di smaltimento, anche extra-regionali32, che sono state soluzioni tampone, comunque, insufficienti. Si ritiene, altresì necessario, definire l’Accordo di programma proposto alla Regione Molise con DGR n. 428 del 10.08.200933. Le modifiche all’impianto normativo della L.R. 45/07 e s.m.i. (è stata redatta una proposta di DDLR), al fine di prevedere la chiusura del ciclo integrato dei rifiuti con il ricorso al “recupero energetico dei rifiuti non altrimenti


riciclabili” attraverso l’utilizzo delle migliori tecnologie del settore (MTD BAT)34, sono attualmente al vaglio del “Tavolo di concertazione”. Le riunioni sono state sospese in attesa dell’approvazione definitiva delle modifiche al “Codice ambientale”, in discussione in Parlamento35. La Regione Abruzzo ha previsto inoltre risorse finanziarie per il “settore rifiuti” per la realizzazione di impianti (RD, Trattamento, etc.) di cui al PRTTRA 2006-2008 e s.m.i. (oltre 15 Mil/Eu) e con il programma FAS/PAR 2007-2013 (RD, Impianti di trattamento, compostaggio, riduzione rifiuti, etc. - 24 Mil Eu) e POR/FESR 2007-2013 (bonifiche siti contaminati - 23 Mil/Eu). Inoltre ha richiesto alle Province di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo, di verificare puntualmente nei confronti dei Comuni e dei Consorzi comprensoriali l’attivazione di tutte le azioni obbligatorie e/o necessarie per diminuire i quantitativi di rifiuti urbani ed assimilati conferiti in discarica ed in modo particolare l’attuazione del Programma regionale sui Rifiuti Urbani Biodegradabili (RUB), di cui alla DGR n. 167 del 24.02.200736, nonché una verifica dello stato delle proprie competenze in materia di promozione, controlli e sanzioni nei confronti degli Enti inadempienti, soprattutto in riferimento: • all’attivazione obbligatoria dei servizi di raccolta differenziata (RD), ai sensi della L.R. 19.12.2007, n. 45 e s.m.i., programmi e direttive regionali di applicazione; • al rispetto delle disposizioni in materia di Tributo Speciale (L.R. 17/06 e s.m.i.); • al rispetto delle disposizioni contenute negli atti autorizzatori rilasciati per gli impianti (art. 208 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. - D.Lgs. 59/05 e s.m.i., etc.); • all’attuazione del Sistema Sistri di cui al D.M. 9.07.2009 e s.m.i.37 • all’attuazione delle disposizioni di cui al D.M. 8.04.2008 e s.m.i. (Centri di Raccolta)38.

Note al testo 1

Vedi Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti – L.R. 19.12.2007, n. 45 e s.m.i. – www.regione.abruzzo.it 2 Con nota prot.n. 16401/DR4 del 17.09.2009, il SGR ha provveduto a relazionare al Presidente della Giunta regionale sullo stato di attuazione degli ATO al Settembre 2009. 3 www.regione.abruzzo.it 4 BURA n. 10 Straordinario del 21.12.2007. 5 DGR n. … 6 Rapporto RD 2009. 7 Delibera CIPE 82/2007. 8 www.regione.abruzzo.it - Gestione Rifiuti e Bonifiche. 9 Pubblicata sul BURA Speciale Ambiente n. 2 del 2.01.2007, reperibile sul sito web della Regione Abruzzo - Gestione Rifiuti e Bonifiche. 10 DGR n. 588 del 26.07.2010. www. regione.abruzzo.it 11 BURA n. 2 Speciale Ambiente del 29.01.2010. 12 BURA n. 43 Speciale Ambiente del 28.07.2010. 13 BURA n. 44 Speciale Ambiente del 4/11/2009. 14 DD n. DR4/203 del 28.10.2009. 15 Si rammenta che sono in fase di scadenza i contratti dei collaboratori (co. co.pro.) del SGR (dicembre 2010). Si stanno gestendo delicate procedure d’Infrazione UE. Si sta portando avanti un poderoso programma di bonifica dei siti contaminati. Sono in fase di esercizio i programmi FAS e POR, etc. 16 Pubblicata sul BURA Speciale Ambiente n. 27 del 17.07.2009. 17 www.regione.abruzzo.it 18 BURA n. 49 Speciale Ambiente del 20.11.2009. 19 BURA Speciale Ambiente n. 2 del 2.01.2008. 20 Direttiva 2008/98/Ce. 21 Rappresenta la priorità del PRGR e quindi dell’azione del Servizio Gestione Rifiuti. 22 Si rimanda l’analisi della situazione alla pubblicazione del Rapporto RD 2008. www.regione.abruzzo.it 23 Sono riportati i principali provvedimenti su cui concretizzare l’azione amministrativa e di “decisione politica”. 24 Alcune proposte sono state già avanzate nell’agosto 2007 c/o Provincia di L’Aquila (Comuni di Barisciano e e/o Poggio Picenze). 25 BURA Speciale Ambiente n. 85 del

28.11.2008. 26 BURA Speciale Ambiente n. 604 del 26.10.2009. 27 DD n. 119 del 14.07.2010. 28 DGR n. 349 del 3.05.2010. 29 La realizzazione dei programmi descritti, può dipendere molto dal rafforzamento o meno delle unità lavorative a disposizione del SGR. 30 GUCE L 312 del 22.11.2008. 31 Es. Notaresco, Atri, Gioia dei Marsi. 32 Ampliamenti di siti esistenti ed utilizzo di impianti extra-regionali (Molise). 33 BURA Speciale Ambiente n. 44 del 4.11.2009. 34 Progetto Obiettivo n. 9 – Schede progettuali del Programma di Governo. 35 Schema di decreto legislativo approvato dal CdM il 16.04.2010. 36 BURA Speciale Ambiente n. 71 del 5.09.2007. 37 G.U. 13.07.2010, n. 161. 38 G.U. 4 maggio 2010, n. 102.

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GESTIONE RIFIUTI

Dalla Giunta regionale una Delibera sulla tracciabilità dei rifiuti da costruzione e demolizione

NUOVE REGOLE PER SMALTIRE I RIFIUTI INERTI di Silvia Barchiesi

Costituiscono una quota percentuale rilevante della produzione totale di rifiuti in tutti i paesi della Unione Europea e rappresentano circa il 25% in peso di tutti i rifiuti prodotti in Europa. Si tratta dei rifiuti da demolizione e costruzione (come terriccio, calcestruzzo, ferro, laterizi, porcellana, ceramica, gesso, asfalto, legno, vetro, ecc.), la cui produzione pro-capite a livello europeo, secondo i dati più recenti sul flusso dei rifiuti C&D nei Paesi dell’Unione Europea, supera i 480 kg/ ab anno e la cui produzione complessiva ammonta a circa 470 Mt/a. Di questi, circa 180 Mt/a derivano da costruzione e demolizione di fabbricati e oltre 350 Mt/a da costruzioni stradali e escavazioni. Se poi si guarda i rifiuti di casa nostra, si nota che in Italia si producono 354 Kg annui/abitante di rifiuti da demolizione e costruzione: la maggior parte, circa il 53%, proviene dal settore della microdemolizione residenziale; una parte consistente, circa il 39%, da attività di microdemolizione del patrimonio edilizio non residenziale; mentre una minima parte, circa il l’8%, proviene dalle demolizione di interi edifici. E in Abruzzo? In questa regione la produzione dei rifiuti da C&D, essenzialmente rifiuti inerti, secondo i dati più recenti, ammonta a circa 206.309 tonnellate, pari al 22% del totale dei rifiuti speciali prodotti. Di questi ben l’83.8% viene avviato a recupero. Ecco la mappa regionale della produzione di rifiuti da C&D: - L’Aquila, 38.814 tonnellate; - Chieti, 68.740 tonnellate; - Pescara, 55.216 tonnellate; - Teramo 48.039 tonnellate. Al di là della quantità, varia da provincia a provincia anche la composizione dei materiali da C&D, sia per la diver-

sa origine dei rifiuti, sia per le diverse tecniche costruttive locali, il clima, l’attività economica e lo sviluppo tecnologico della zona, nonché per la disponibilità locale di materie prime e materiali da costruzione. Ricostruire l’analisi dei flussi dei rifiuti da C&D risulta dunque problematico: questo genere di rifiuto, molto spesso estraneo a qualsiasi quantificazione e monitoraggio, viene, infatti, prodotto da settori diversi e segue percorsi differenti e difficilmente “tracciabili”. Di qui la necessità di definire e uniformare sul territorio regionale le modalità applicative, di competenza dei Comuni, ai sensi dell'art. 39, comma 2, della L.R. 19.12.2007, n. 45 e s.m.i., della tracciabilità dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) e per accertare le loro quantità. Per questo, la Giunta regionale ha approvato con la D.G.R. n. 514 del 28 giugno 2010 una Direttiva sui rifiuti da costruzione e demolizione, “Direttive regionali per l’applicazione da parte dei Comuni delle disposizioni di cui all’art. 39, comma 2 della L.R. 19.12.2007, n. 45 e s.m.i.”, condivisa da tutti gli attori del settore: rappresentanti degli Enti Locali (Unione delle Province e Lega delle Autonomie Locali) e delle Associazioni di categoria (Confindustria, Associazione Nazionale Costruttori Edili - ANCE). Con questa Delibera, ogni Comune deve prevedere che per ogni intervento edilizio derivante da concessione edilizia, autorizzazione, dichiarazione di inizio attività o altro atto comunale di assenso, il titolare del provvedimento autorizzativo o il direttore dei lavori, dichiari la stima dell’entità e della tipologia dei rifiuti da C&D prodotti, l’autocertificazione attestante la presenza o meno di sostanze contenenti amianto nell’unità catastale oggetto di intervento ed il luogo o impianto ove si intende conferire i rifiuti da C&D.

Alla domanda di permesso/comunicazione/DIA presentata al Comune territorialmente interessato, dovranno essere allegati i seguenti documenti: - Modulo 1 “Rifiuti da C&D”, che contiene le informazioni relative alla stima dell’entità e della tipologia dei rifiuti inerti da C&D prodotti, specificando il tipo di intervento edilizio, l’ubicazione, la gestione dei rifiuti, il luogo e/o impianto di destinazione finale, la tipologia e le quantità dei rifiuti - Modulo 2 “Dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà”, che contiene informazioni sulla presenza o meno di amianto nei rifiuti stessa. La rimozione dei materiali pericolosi è infatti di fondamentale importanza per poter ottenere, dal processo di demolizione, materiali non contaminati che possano essere facilmente avviati al riciclo. Alcune sostanze rilasciate durante la demolizione possono, infatti, contaminare non solo gli altri rifiuti da C&D, ma anche penetrare nell’atmosfera o nel terreno, oltre ad esporre a rischi gli operatori che eseguono la demolizione. Identificare la natura dei rifiuti da C&D prodotti e soprattutto quantificarli è utile ai fini del loro riutilizzo, ad esempio per sottofondi stradali, riempimenti, ripristini ambientali, ecc. Insomma, la Direttiva volta a “fotografare” e “tracciare” i rifiuti da C&D non è altro che un passo in avanti verso la promozione di una cultura del riciclo degli stessi che, invece, troppo spesso vengono abbandonati e/o smaltiti in modo incontrollato e illegale. Alla Delibera, volta a disciplinare e monitorare una parte del ciclo dei rifiuti speciali, farà presto seguito la definizione di un Accordo quadro regionale su tutta le gestione dei rifiuti da C&D.

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“Rapporto sulle attività di smaltimento dei RU-2010”

RIFIUTI: LA MAPPA DELLO SMALTIMENTO IN REGIONE Criticità, proposte e soluzioni presentate dal Servizio Gestione Rifiuti della Regione di Silvia Barchiesi

Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, la situazione in Abruzzo non ha mai assunto la valenza di “emergenza ambientale”. È quanto emerge dalla nuova edizione del “Rapporto sulle attività di smaltimento dei RU-2010”, elaborato dal Servizio Gestione Rifiuti (SGR) della Regione Abruzzo e disponibile sul sito www.regione.abruzzo.it, volto a scattare la fotografia del flusso dei rifiuti in Abruzzo e a delineare la mappa delle criticità ambientali in regione. A finire sotto la lente di ingrandimento del Rapporto del 2010 è la produzione e lo smaltimento dei rifiuti urbani del 2008. Sono, infatti, in corso di acquisizione da parte dell’Osservatorio Regionale Rifiuti i dati provinciali riferiti al 2009. Sebbene non sfoci ancora nell’emergenza, la situazione, in Abruzzo, non è confortante. L’Abruzzo arranca e il Rapporto 2010 conferma le stesse problematiche già segnalate dall’edizione del 2009, specie nelle attività di smaltimento delle province di Teramo e L’Aquila. Nella mappa dei rifiuti abruzzesi sono proprio in queste province le criticità più gravi. Tanto per cominciare nel comprensorio de L’Aquila, da circa 15 anni vi è la mancanza di un sito volumetricamente adeguato in grado di garantire il regolare conferimento dei RU prodotti principalmente dal Comune che, invece, conferisce i propri rifiuti urbani, insieme ad altri piccoli Comuni, negli impianti di Aielli (ACIAM SpA) e Sulmona (Cogesa SpA) e in località “Tufo colonico” di Isernia (Molise). Mentre è in corso di analisi uno studio per l’individuazione di un nuovo sito di smaltimento per il comprensorio aquilano e sono in corso di valutazione 10 ipotesi, le piccole discariche esistenti (Poggio Picenze, Navelli, Pizzoli, Villa S.Lucia Ofena, ecc.), sono già al colasso, perchè chiuse o in fase di saturazione o inadeguate secondo il D. Lgs. 36/03 e s.m.i. Risulta in esercizio solo quella di Navel-

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li (in cui conferiscono rifiuti i Comuni di Navelli, San Benedetto in Perillis e Collepietro). È in corso di chiusura definitiva quella di Pizzoli, ed è in previsione di riattivazione quella di Poggio Picenze, attualmente chiusa, in vista della finale saturazione della volumetria ancora disponibile (ca. 6.000 mc). La situazione sfiora l’emergenza e rischia il collasso nel comprensorio della Marsica, dove le discariche attualmente in esercizio (Sante Marie e Magliano dei Marsi), sono prossime alla saturazione e garantiscono un’autonomia operativa solo per i prossimi mesi. Di qui l’avvio del nuovo impianto di Gioia dei Marsi (ACIAM SpA - ca. 365.000 mc) tra circa 2 mesi, mentre il nuovo impianto di compostaggio di Aielli punta al potenziamento delle attuali linee di trattamento e la discarica esistente nel Comune di Sante Marie mira all’ampliamento nel Comune di Capistrello. Anche nel Comprensorio di Sulmona, il 1° lotto della discarica di servizio è in fase di saturazione e sono iniziati i lavori di realizzazione di un 2° lotto per ca. 70.000 mc; così come è vicino al limite l’impianto che serve il Comprensorio dell’Alto Sagro. Ma nella mappa dei rifiuti regionali anche la Provincia di Teramo è segnata in “rosso”. Qui i Comuni conferiscono da oltre due anni in località “Carapollo” di Teramo, nella discarica di “Colle Cese” di Spoltore (PE), mentre i rifiuti trattati (FOS) vengono conferiti in altri siti Cerratina di Lanciano, Sogliano sul Rubicone (Emilia Romagna). É stata inoltre rilasciata l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) alla discarica per rifiuti non pericolosi presentata dalla SOGESA SpA di Notaresco che dovrà sorgere in località Casette di Grasciano, nel Comune di Notaresco (TE) per servire i Comuni del comprensorio CIRSU SpA e quelli dell’Ambito Territoriale Ottimale della Provincia di Teramo (ATO n. 1).

Mentre i Comuni del Comprensorio Val Vibrata conferiscono in via temporanea i rifiuti nella discarica “Cerratina” di Lanciano (CH), è previsto un ampliamento della discarica ubicata in località “Salinello” di Tortoreto, impianto attualmente sottosequestro da parte della Magistratura. L’eventuale riapertura della discarica è condizionata dal pronunciamento definitivo sia della Magistratura, che del Comune di Tortoreto. Nell’impianto “Cerratina” di Lanciano conferiscono anche i Comuni del Comprensorio Piomba-Fino. Qui è stata rilasciata l’AIA per la realizzazione di una nuova discarica di 90.000 mc. Ma il “problema rifiuti” in Abruzzo non è circoscritto alle sole province di Teramo e de L’Aquila. Se queste arrancano nella gestione dei rifiuti, la loro “sofferenza” comincia, infatti, a pesare anche sulle province di Chieti e Pescara che, facendosi carico di conferimenti extra-territoriali d’emergenza, rischiano la precoce saturazione delle proprie discariche. Maggiormente a rischio è la provincia di Pescara che può contare su di un’autosufficienza territoriale di smaltimento RU di circa un anno e mezzo, massimo due, in caso di ampliamento della discarica di Colle Cese, unico sito attivo in provincia e attualmente a servizio anche del pescarese e del tramano, per cui è stata presentata una richiesta di ampliamento di circa 97.000 m3. Tra i progetti in cantiere, ma ancora sulla carta, volti a scongiurare il “collasso-rifiuti”, figura la discarica per rifiuti non pericolosi, che dovrebbe essere realizzata dalla DECO SpA in località “Caparrone”, nel Comune di Collecorvino (PE) a seguito della bonifica dell’ex discarica comunale. Il Servizio Gestione Rifiuti ha segnalato in diverse riunioni la necessità di individuare nell’ambito provinciale, un nuovo sito di smaltimento per rifiuti urbani trattati al fine di garantire l’autosufficienza territoriale nel medio-lungo termine.


Di qui la proposta del SGR abruzzese di avviare una “procedura sostitutiva”, con la nomina di un “commissario ad acta”, per la progettazione e realizzazione di un impianto di trattamento e riciclaggio delle frazioni organiche (impianto di compostaggio e/o di digestione anaerobica), provenienti dalle utenze domestiche e dalle grandi utenze e da avviare a compostaggio/produzione di biogas. Va meglio e non rischia, invece, l’emergenza lo smaltimento rifiuti nella provincia di Chieti, dove le discariche di “Cerratina” di Lanciano e “Casoni” di Chieti, per le quali è addirittura previsto un ampliamento e potenziamento, proprio in virtù del ruolo di sussidiarità svolto nei confronti di altri territori, sono in grado di assicurare un’adeguata autosufficienza di smaltimento. Se l’autonomia provinciale nello smaltimento rifiuti è l’obiettivo ultimo della Regione Abruzzo e delle sue nuove politiche di gestione dei rifiuti, da raggiungere nel lungo periodo, la ricerca di soluzioni-tampone, volte ad arginare e a contenere le criticità è la preoccupazione più stringente nel breve periodo. Di qui l’impegno del Servizio Gestione Rifiuti nell’attivare piani, interventi, protocolli d’intesa e accordi con Enti, Associazioni e Istituzioni, volti da un lato a tamponare le criticità e a contenere l’emergenza nell’immediato, dall’altro a “ripensare” da capo la gestione dei rifiuti in regione e a ridisegnarne i contorni. Tra le misure ad oggi messe in campo figurano: a. l’approvazione di DGR per l’attuazione di accordi tra Province/ATO/ Consorzi diversi per garantire la continuità delle attività di smaltimento dei RU; b. la riorganizzazione e diffusione dei servizi di raccolta differenziata secondo modelli domiciliari (porta a porta e/o di prossimità). c. iniziative volte a promuovere l’utilizzo degli ammendanti compostati per usi

agricoli o forestali (protocollo d’intesa “Campi dimostrativi”); d. l’attuazione di piani e programmi volti a promuovere le attività di riuso, riciclo e recupero di energia dai rifiuti; e. accelerazione dei procedimenti amministrativi (AIA, AU, CdS, rinnovi, diffide, approvazione PdA, procedure di bonifiche, ..etc); f. attuazione del nuovo Accordo quadro regionale Regione Abruzzo - CONAI, per il potenziamento delle raccolte differenziate degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio, approvato con DGR n. 275 del 1.06.2009.2; g. attuazione di altri accordi volontari interessanti altre filiere (CIC per produzione compost qualità, Consorzi per “campi dimostrativi”, rifiuti agricoli, rifiuti portuali…). Se molto è stato fatto dal Servizio Gestione Rifiuti della Regione, molto altro c’è ancora da fare. La ricetta per uscire dalla “crisi rifiuti” in Abruzzo? A fornirla è sempre il SGR: realizzare un sistema di smaltimento RU basato su pochi e medio - grandi bacini di smaltimento per un’autosufficienza decennale, di almeno uno e/o due bacini medio-grandi, per provincia/ATO, nella previsione di una continua diminuzione dei conferimenti in discarica. È questo l’obiettivo ultimo da realizzare. Le proposte per concretizzarlo vengono sempre dal SGR che, provincia per provincia, individua una serie di misure risolutive, ovvero una lista di azioni volte a superare in maniera definitiva le problematiche gestionali attualmente presenti in Regione relative allo smaltimento dei rifiuti. In Provincia di Teramo, ad esempio, l’autonomia di smaltimento sarebbe possibile per almeno 5 anni con il rilascio delle AIA per la discarica di “SOGESA SpA” di Notaresco e per la discarica del “Consorzio Piomba-Fino” di Atri. In Provincia di L’Aquila, le attuali criticità, almeno nel comprensorio marsicano

(Gioia dei Marsi) e Peligno (Sulmona), verrebbero superate grazie ad un invaso in grado di garantire per i prossimi anni anche lo smaltimento dei residui delle macerie. In provincia di Pescara, considerando che l’ampliamento della discarica di “Colle Cese” di Spoltore potrà garantire un’autosufficienza di circa 2 anni, è necessario attivare a breve l’iter amministrativo di realizzazione di un nuovo sito volto a garantire lo smaltimento per i prossimi 8-10 anni. Di qui l’urgenza di un aggiornamento anche del PPGR di Pescara. In Provincia di Chieti costituiscono priorità l’ampliamento della discarica di “Cerratina” di Lanciano (in corso di valutazione), la realizzazione dell’impianto di TMB (impianto fisso di trattamento dei RU) e il potenziamento della piattaforma RD. Oltre a queste misure strutturali, lo stesso Servizio Gestione Rifiuti individua anche una serie di iniziative e politiche programmatiche da affiancare a questi interventi impiantistici e da attivare in maniera collaterale: • promuovere in tutti i comuni della regione politiche di prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti urbani che ancora stentano a decollare; • potenziare tutte le iniziative finalizzate alla diffusione delle raccolte differenziate secondo sistemi integrati (porta a porta e/o di prossimità), da parte dei Consorzi e/o Comuni, per conferire meno rifiuti in discarica ed avviare più materiali a riciclo. Ma non solo. Il Servizio Gestione Rifiuti continuerà a portare avanti tutte le altre iniziative in corso che si basano sinteticamente su alcune priorità riguardanti il sistema impiantistico e dei servizi di RD: • la realizzazione della “rete regionale delle piattaforme ecologiche, stazioni ecologichee centri di raccolta”; • l’attuazione dei programmi di diffusione dei servizi delle “raccolte differenziate domiciliari”;

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• l’attuazione dei programmi regionali relativi agli imballaggi e rifiuti di imballaggio (sistema CONAI). • l’attuazione dei programmi regionali relativi ai Rifiuti Urbani Biodegradabili (Accordo CIC per il programma di utilizzo del “Compost Abruzzo”, iniziative relative ai “Campi dimostrativi” e “Mondo Compost”); • la ristrutturazione degli “impianti di TMB” esistenti (compostaggio, digestione anaerobica e bioessicazione) e la realizzazione degli impianti di nuova programmazione; • l’approvazione di “nuovi bacini di smaltimento” e dei “Piani di Adeguamento” (PdA) delle discariche; • l’attuazione dei programmi e degli interventi di “bonifica dei siti potenzialmente contaminati”.

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Prevenire la produzione dei rifiuti, ridurla, promuovere il riciclo e il riuso è il modo più virtuoso e intelligente per risolvere le attuali criticità di smaltimento e scongiurare l’emergenza ambientale che grava minacciosa sulla regione Abruzzo. Si tratta, tuttavia, di una strategia di lungo periodo, che guarda lontano. Ma l’Abruzzo è già in difficoltà e per quanto riguarda lo smaltimento già soffre. Ecco allora che gli interventi strutturali e impiantistici non possono più attendere. Questi sono necessari per ripristinare l’autosufficienza di smaltimento su scala provinciale e regionale. È quanto emerge dal Rapporto 2010 elaborato dal Servizio Gestione Rifiuti. “Se non si realizzeranno i nuovi impianti di smaltimento autorizzati dalla Regione

Abruzzo, si prevede - si legge nel Rapporto- stante l’attuale produzione di RU e i livelli di RD, la saturazione degli impianti esistenti entro il 2011-2012”. Insomma, l’Abruzzo non è ancora in “emergenza- rifiuti”, ma l’emergenza è dietro l’angolo. Le misure-tampone messe in atto fino ad oggi (come gli ampliamenti delle volumetrie o i conferimenti extra-provinciali o extra-regionali) non bastano per scongiurarla, ma solo a ritardarla. Di qui l’invito del Servizio Gestione Rifiuti affinché le Autorità preposte ai vari livelli, istituzionali ed operativi (Comuni, Consorzi comprensoriali, ecc.), prendano decisioni urgenti, definitive e non più rinviabili in merito alla realizzazione di nuovi siti di smaltimento e/o loro ampliamento.


Approvato dalla Giunta regionale un provvedimento per arginare le criticità di smaltimento dei rifiuti in Abruzzo

RIFIUTI: AL VIA LA PROROGA PER IL CONFERIMENTO FUORI ATO La proroga slitta al prossimo 31 dicembre

di Silvia Barchiesi

L’Abruzzo non è in emergenza rifiuti, tuttavia, permangono alcune criticità che si trascinano da mesi e che ancora non sono state tamponate, specie nella provincia di L’Aquila. A prendere atto dell’attuale scarsa autonomia di smaltimento rifiuti nell’aquilano è la Giunta regionale che a fronte della scarsa disponibilità volumetriche delle discariche ed impianti di trattamento in esercizio, ha disposto un provvedimento speciale per lo smaltimento dei rifiuti inerti e macerie, volto ad arginare le difficoltà ancora persitenti all’interno del cratere colpito dal terremoto dello scorso anno. Così, grazie alla D.G.R. n. 513 del 28/06/2010 i rifiuti urbani del comune di L’Aquila saranno conferiti per ulteriori sei mesi, ovvero fino al 31 dicembre, presso l’impianto di smaltimento della Cogesa SpA di Sulmona. Ma la proroga concessa non riguarda solamente il comune di L’Aquila. Gravi difficoltà operative nello smaltimento dei rifiuti urbani permangono nell’intera regione, soprattutto per via della mancanza di impianti di smaltimento e per l’insufficiente potenzialità degli impianti di trattamento. Nella mappa dell’emergenza rifiuti in Abruzzo ad aggiudicarsi il bollino rosso, oltre alla provincia di L’Aquila, è quella di Teramo. Per questo, la delibera autorizza sino al prossimo 31 dicembre il conferimento dei rifiuti di origine urbana in impianti di smaltimento e trattamento ubicati in Province e Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) diversi. Consorzi Intercomunali e/o loro Società SpA, Comuni e Gestori dei servizi di igiene urbana potranno ancora per un po’ conferire “fuori ATO”. La decisione, è stata presa a seguito di numerosi incontri, l’ultimo il 14 giugno scorso presso la Provincia di Pescara con le Province di Teramo e Pescara, i Sindaci dei Comuni della Provincia di Pescara e i rappresentanti dei vari Consorzi che hanno concordato un’ulteriore proroga nel conferimento. Per tamponare le difficoltà operative e garantire la continuità degli smaltimenti di rifiuti di origine urbana, infatti, si era già preso un analogo provedimento, che autorizzava sino al 30.06.2009, il conferimento dei rifiuti urbani in impianti di smaltimento e trattamento ubicati in ambiti territoriali diversi (Province e/o ATO). Scaduto il termine, si è così provveduto a fissare un nuovo termine: altri 6 mesi, ovvero da giugno a dicembre, periodo necessario per la realizzazione di impianti recentemente autorizzati e non ancora in funzione: discarica del Consorzio comprensoriale per lo smaltimento RU Area Piomba - Fino di Atri, discarica per rifiuti non

pericolosi di ACIAM Spa a Gioia dei Marsi (AQ) e discarica della SOGESA SpA di Notaresco. Tale lasso di tempo dovrebbe, infatti, essere sufficiente per lo svolgimento dell’iter amministrativo di approvazione dei progetti necessario per l’avvio effettivo dei diversi impianti (richiesta pareri tecnici, organizzazione delle conferenze di servizi, ecc.), nonché per la realizzazione dei programmi in materia di Raccolta differenziata da parte dei soggetti interessati e il potenziamento dei servizi di raccolta differenziata in numerosi Comuni, tramite la concessione di contributi finanziari da parte della Regione Abruzzo. Nell’attesa di risolvere le criticità di smaltimento in via definitiva occorre dunque, prorogare la collaborazione tra le diverse realtà provinciali. Più nel dettaglio, la delibera autorizza: - la proroga dei termini temporali stabiliti dalla DGR n. 780/2010 del conferimento dei rifiuti di origine urbana in impianti di smaltimento e/o trattamento ubicati in Province e/o Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) diversi; - la proroga di ulteriori 6 mesi (ovvero sino al 31.12.2010), delle disposizioni regionali di cui alla DGR n. 780/2010, relativa agli impianti di gestione dei rifiuti ubicati in Provincia di L’Aquila; - l’aumento delle potenzialità annue del 10% degli impianti di trattamento rifiuti della COGESA SpA e di ACIAM Spa, per un periodo di 6 mesi (sino 31.12.2010), per affrontare l’emergenza rifiuti creatasi nel Comune di L’Aquila, nei comuni del cosiddetto “cratere” ed, in caso di ulteriori necessità della Provincia di L’Aquila; - il conferimento straordinario presso la discarica della COGESA SpA di Sulmona per un periodo di 6 mesi (sino al 31.12.2010) e per un quantitativo di ca. 200 t. di rifiuti provenienti dal trattamento delle macerie da crolli e demolizioni provocate dal sisma.

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ARTA ABRUZZO

OBIETTIVO: SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE Il nuovo Commissario dell’ARTA illustra lo stato dell’arte dell’Agenzia regionale per la Tutela dell’Ambiente Abruzzo di Alberto Piastrellini

Organo di supporto tecnico-scientifico per chi ha la responsabilità del governo del territorio, con la responsabilità particolare di fornire dati, monitorare emergenze ed analizzare fenomeni di rilevanza ambientale, l’Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente è il vero e proprio “braccio-tecnico” della Regione allorquando si affrontano problematiche ambientali. Istituita con l’approvazione della L. R. n. 64/98 in attuazione della Legge n. 61 del 21 gennaio 1994 (istituzione ANPA e riorganizzazione dei controlli ambientali), dal 2000 è formalmente costituita e garantisce sul territorio una complessa e specialistica attività di prevenzione, protezione e tutela ambientale fatta di indagini, analisi, monitoraggio e comunicazione dei dati. Per meglio conoscere l’operato dell’ARTA, lo stato dell’arte circa le principali emergenze da affrontare ed i risultati raggiunti dalla struttura, abbiamo intervistato l’Ing. Carlo Visca, Commissario Regionale, attualmente alla guida dell’Agenzia. Ing. Visca, quali sono, secondo ARTA, le emergenze ambientali della regione Abruzzo? Il territorio della nostra regione è a rischio per diverse emergenze ambientali. Ovviamente tra le problematiche di maggiore preoccupazione occupa un posto rilevante la gestione delle macerie del post-terremoto. L’ARTA, su incarico del Presidente della Regione Abruzzo in qualità di Commissario, sta svolgendo un’intensa attività di vigilanza sulle macerie, di individuazione dei siti di stoccaggio o depositi temporanei ed effettua anche sopralluoghi sulle cave per un eventuale ripristino ambientale. Inoltre, al fine della separazione delle macerie; effettua analisi chimiche dei materiali per stabilirne la qualità (se materie prime o secondarie) per un loro possibile riutilizzo. Altre emergenze sono costituite dalle aree del Saline-Alento e di Bussi, individuate dal Ministero dell’Ambiente quali Siti di Interesse Nazionale (S.I.N.) che necessitano di interventi di bonifica. Per il Saline-Alento, sta per essere avviato l’intervento di bonifica in quanto l’ARTA ha già provveduto ad effettuarne la caratterizzazione; mentre per quanto attiene al territorio di Bussi, contaminato da rifiuti tossici, l’ARTA ha predisposto il progetto di caratterizzazione, sul quale il Ministero dell’Ambiente ha espresso parere positivo. Per poter procedere, poi, alla fase esecutiva della caratterizzazione, è previsto un impegno finanziario nazionale che tarda ad arrivare. C’è da dire che spesso la fase di emergenza resta “aperta” anche per anni, a causa dei tempi delle procedure decisionali che dilatano all’infinito i tempi di erogazione dei contributi necessari. Inoltre, l’ARTA, come organismo di monitoraggio e di controllo, affronta quotidianamente, con competenza e professionalità, ogni problematica legata alla conoscenza dello stato dell’aria, delle acque, del suolo e del sottosuolo.

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In qualità di Punto Focale Regionale, su delega della Regione Abruzzo, assicura la disponibilità dei dati e delle informazioni ambientali di interesse nazionale prodotti all’interno del territorio regionale, e ne garantisce l’aggiornamento curandone l’invio alle varie banche dati (ISPRA, Ministeri, ecc.) secondo le metodiche fissate in ambito SINAnet. Va ricordato, poi, che attraverso la Struttura oceanografica Motonave “Ermione”, l’Agenzia effettua campagne di rilievo batimetrico dei porti abruzzesi, utili per le operazioni di dragaggio e di monitoraggio dell’ambiente marino-costiero. Su quali risorse possono contare le attività di monitoraggio ed analisi ambientale? Purtroppo le risorse, sia strumentali che relative al personale, sono estremamente limitate, in quanto abbiamo assistito nel corso degli anni ad una progressiva riduzione delle disponibilità finanziarie che, per oltre l’85% derivano dall’ex Fondo Sanitario Regionale, mentre soltanto una minima parte deriva dai fondi dell’Assessorato all’Ambiente. Da ultimo la Regione ha emanato un’apposita norma che prevede che gli avanzi di amministrazione degli enti strumentali vengano restituiti alle casse regionali; tale trasferimento coattivo ha comportato in pratica per l’anno 2010 la restituzione alla Regione di oltre un milione e 400.000 euro: ben più del contributo ordinario concesso dall’Assessorato all’Ambiente! Va sottolineato che l’ARTA nel corso degli anni aveva proceduto a tali accantonamenti attraverso un’oculata politica di spesa al fine di migliorare il proprio patrimonio immobiliare. È a noto che la sede del Dipartimento di Pescara presenta gravi problemi strutturali e che anche quella di Teramo necessita di interventi urgenti, per non parlare dei recenti lavori di ristrutturazione dell’immobile sede del Dipartimento di L’Aquila, realizzati con proprie risorse, e che è stato irrimediabilmente danneggiato dall’evento sismico (classificato in cat. E). Le già scarse disponibilità finanziarie, poi, vengono ulteriormente depauperate dai costi che l’ARTA deve affrontare per le attività disposte dall’autorità giudiziaria. La novellata normativa regionale prevede un nuovo assetto giuridico dell’Agenzia ed un nuovo Regolamento: si auspica di poter garantire un servizio migliore attraverso il completamento della dotazione organica che, attualmente, stante i numerosi concorsi in atto, non è ancora a regime. Qual è il contributo dell’ARTA nell’ambito delle politiche regionali per la gestione dei rifiuti? Le attività dell’ARTA in materia di rifiuti sono molteplici e coinvolgono tutte le strutture dell’Agenzia. La normativa nazionale e regionale affida all’ARTA un ruolo primario di vigilanza e controllo, inerente il rispetto della normativa vigente da parte di tutti gli operatori coinvolti nella gestione dei rifiuti.


Le attività svolte dai quattro dipartimenti dell’Agenzia sono condotte a supporto degli Enti locali, in particolare di Regione e Province, e riguardano principalmente le attività di controllo svolte sui diversi soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti e le istruttorie tecniche per il rilascio delle autorizzazioni previste per la gestione degli stessi. Parte predominante dell’attività dipartimentale consiste nella effettuazione di sopralluoghi e controlli presso gli impianti di smaltimento, trattamento e recupero, mentre l’attività analitica consiste principalmente nella verifica e controllo dei codici CER e nella caratterizzazione chimico/fisica di rifiuti abbandonati, funzione svolta spesso dietro ordine della magistratura. L’ARTA è, inoltre, organismo tecnico di supporto alla Regione per la predisposizione di linee guida per l’analisi dei siti contaminati ed è interpellata per i pareri tecnici necessari in qualità di componente del gruppo di lavoro regionale per il Piano di gestione dei Rifiuti, oltre alla partecipazione ai numerosi tavoli tecnici sulle diverse tematiche ambientali. Ambiente e ricerca abbisognano entrambi di ottime conoscenze specifiche. Qual è, a suo avviso, il livello di formazione del personale e dei tecnici ARTA? Il livello di formazione del personale e dei tecnici ARTA è costantemente monitorato e in crescita continua, anche grazie alla recente assunzione di giovani laureati nelle discipline ambientali di recente istituzione. L’Agenzia individua le esigenze di aggiornamento del proprio personale e ne garantisce la soddisfazione attraverso piani formativi annuali. I corsi sono aperti anche al pubblico, previo pagamento dei costi di iscrizione. Sono organizzati, altresì, appositi corsi di formazione rivolti al personale sanitario, che perseguono gli obiettivi del programma nazionale sanitario ECM (Educazione continua in Medicina) del Ministero della Salute, attraverso l’attribuzione dei crediti formativi previsti. La professionalità e la consolidata esperienza tecnico-scientifica di coordinatori e docenti rappresentano una garanzia di qualità dei corsi proposti, sia in termini di contenuti trattati che di strumenti didattici utilizzati. Inoltre, al fine di garantire l’informazione, la sensibilizzazione e l’educazione dei cittadini, allacciando e mantenendo relazioni con altri Enti ed istituzioni, soggetti pubblici e privati, associazioni di categoria ed imprese, l’ARTA Abruzzo ha istituito già dal 2006 un’Associazione senza fini di lucro denominata “Scuola EMAS Abruzzo” con l’intento di diffondere i principi di sviluppo sostenibile, ed organizza ogni anno Corsi di formazione superiore e Master per Consulenti in materia ambientale in collaborazione con Università e altri enti.

ci qualche esempio concreto di collaborazione attiva fra ARTA e Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, NOE, ecc.? Esempio concreto di collaborazione attiva è il Protocollo d’intesa con il Comando dei Carabinieri per la tutela dell’Ambiente –Nucleo Operativo Ecologico (NOE) di Pescara sul trasporto transfrontaliero dei rifiuti che dal 2004 prevede, tra l’altro, anche la gestione della dismissione dei prodotti contaminati da PCB e la condivisione per via telematica delle banche dati regionali. È in essere anche una convenzione con la Guardia di Finanza che riguarda il monitoraggio e il controllo delle fonti di inquinamento sul territorio della Regione Abruzzo attraverso l’utilizzo di elicotteri leggeri tipo BREDA NARDI NH500 in dotazione al reparto operativo aeronavale di Pescara. I controlli sulla fascia costiera sono invece effettuati con l’impiego del velivolo P166. In che modo ARTA risponde alla necessità dei cittadini di poter disporre di una corretta informazione ambientale? L’Agenzia assicura un importante apporto di competenze tecnico-scientifiche e produce una grande mole di dati sullo stato dell’ambiente, concede la possibilità per giovani studenti attraverso stages di vivere esperienze di lavoro e ricerca in campo ambientale, mediante l’utilizzo di strumentazioni e metodologie per uscite “sul campo”. Fino a quando, però, il Sistema Informativo Regionale Ambientale (S.I.R.A.) non entrerà a regime, i dati ambientali non potranno essere di disponibilità immediata e intelligibile sul web. Tuttavia l’ARTA, su richiesta, è tenuta a fornire tutte le informazioni e i dati in suo possesso, sia sui monitoraggi che sui controlli, come peraltro accade quasi quotidianamente su richiesta, ad esempio, delle associazioni ambientaliste. Importante è sottolineare che l’ARTA possiede una visione globale e interrelata delle problematiche ambientali e una vocazione e un diretto interesse per la tessitura di relazioni e lo sviluppo della collaborazione tra tutti gli enti e gli stakeholders, nel comune obiettivo della sostenibilità ambientale.

Tanti sono gli attori coinvolti nelle attività di controllo e monitoraggio degli illeciti ambientali. Può raccontar-

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AMBIENTE E SOSTENIBILITÀ

Siglato il Protocollo operativo, volto a disciplinare la gestione e l’organizzazione dei “campi dimostrativi-Compost Abruzzo”

IL “COMPOST ABRUZZO” SCENDE “IN CAMPO”: AL VIA I CAMPI DIMOSTRATIVI Obiettivo del Progetto promuovere l’utilizzo del “compost di qualità” come fertilizzante naturale per coltivazioni agricole e forestali di Silvia Barchiesi

Dopo aver raggiunto l’importante traguardo del Marchio “Compost Abruzzo”, un marchio di qualità per il Compost abruzzese, riconosciuto dal CIC (Consorzio Italiano Compostatori), la Regione non si ferma e nel percorso organizzativo che porta alla gestione integrata della filiera dei rifiuti organici avanza un’altra importante proposta: la realizzazione di campi dimostrativi per avviare la sperimentazione del Compost di qualità come ammendante organico nei terreni utilizzati per coltivazioni agricole e forestali. È dunque proprio nei “campi dimostrativi”, che la strada che conduce alla riduzione della produzione dei rifiuti incrocia quella che porta alla promozione e valorizzazione di un’agricoltura di qualità. Il compost, infatti, fa bene all’agricoltura, ma più in generale fa bene all’ambiente: il suo impiego come ammendante naturale per i terreni, oltre a mantenerne la fertilità, permette di ridurre l’impiego di risorse non rinnovabili utilizzate per produrre fertilizzanti chimici, riducendo allo stesso tempo la quantità di scarti organici da avviare alle operazioni di smaltimento. Trasformare gli scarti organici in compost da usare come fertilizzante (in agricoltura, nel florovivaismo, in ambito di recupero paesaggistico) è quindi un modo per contribuire all’uso sostenibile delle risorse: - funziona come fertilizzante a tutti gli effetti; - migliora la qualità del suolo; - consente di conservarne nel lungo periodo la fertilità, il suo stato strutturale; - ha la capacità di assorbire e rilasciare acqua e di trattenere gli elementi nutritivi in forma facilmente assimilabile da parte della pianta; - promuove tutte le attività biologiche del suolo. Ma non solo. Numerosi studi scientifici e test dimostrativi hanno persino evidenziato, sulla base delle prove effettuate sulle diverse colture orticole, frutticole ed erbacee, che i risultati dell’utilizzo del compost di qualità su terreno agricolo sono in alcuni casi anche migliori a quelli raggiunti tramite l’impiego di altri ammendanti organici convenzionali.

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Promuovere la sua duplice valenza, ambientale e agricola, è l’impegno assunto dalla Regione che, dopo aver istituito un vero e proprio marchio volto a garantire la qualità del prodotto ottenuto dal compostaggio dei rifiuti organici oggetto di raccolta differenziata, ha stipulato un Accordo per la sua sperimentazione operativa, ovvero per la sua messa “in campo”. A siglare il Protocollo operativo, volto a disciplinare il Progetto “Campi dimostrativi-Compost Abruzzo”, oltre alla Regione, sono stati il Consorzio Italiano Compostatori, l’Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo (ARSSA) dell’Abruzzo, la Federazione Regionale Coltivatori Diretti, la Confederazione Regionale Agricoltori. Ma non sono solamente questi gli enti coninvolti nel progetto. Tali “campi dimostrativi” constituiscono, infatti, una sorta di “laboratorio sperimentale” per gli operatori agricoli e una sorta di “palestra didattica” per gli studenti degli istituti agrari. Di qui l’importante coinvolgimento di altri soggetti, quali: - le aziende agricole regionali che utilizzeranno il compost di qualità “Compost Abruzzo”, prodotti dagli impianti di compostaggio sui propri terreni agricoli come surrogato di altri ammendanti agricoli a disposizione; - gli Istituti Tecnici e Professionali per l’agricoltura della Regione che utilizzeranno il compost di qualità su terreni agricoli sperimentali come ammendante compostato per finalità didattico-scientifiche; - altri soggetti, pubblici e/o privati, in relazione alle specificità territoriali in cui si organizzano le attività dei “campi dimostrativi” ed alla necessità di rendere l’esperienza, più partecipata e qualificata. Grazie a tale Accordo, l’esperienza pilota del campo dimostrativo di Aielli (AQ), dove il compost di qualità prodotto nello stesso impianto viene utilizzato per la concimazione naturale dei terreni, è così destinata ad essere replicata. Lo scopo dell’Accordo è infatti quello di diffondere e promuovere l’utilizzo del

“Compost Abruzzo” come ammendante organico nei terreni utilizzati per coltivazioni agricole e forestali, in sostituzione parziale o totale di altri fertilizzanti di uso più comune. Al di là delle sue finalità dimostrative e divulgative, l’importanza dell’Accordo assume anche una duplice valenza: “didattico-culturale”, in quanto prevede che i “campi dimostrativi” siano a disposizione delle attività didattiche degli Istituti Agrari e Professionali e di altri istituti scolastici interessati all’economia ambientale, in quanto tali campi-pilota puntano in realtà allo sviluppo di un vero e proprio mercato del “compost di qualità”, da impiegare nei settori interessati. L’Accordo disciplina operativamente l’organizzazione, il funzionamento e la localizzazione dei campi. Innanzittutto, questi si devono trovare all’interno di aree agricole, preferibilmente in prossimità degli impianti di produzione del compost di qualità o di zone ad alta intensità agricola dove sussistono le maggiori potenzialità d’uso dello stesso oppure nelle aree degli Istituti scolastici con sede sul territorio regionale. In ciascun campo dimostrativo è, inoltre, obbligatoria l’istallazione di tabelle identificative ed esplicative riportanti le seguenti informazioni: enti interessati alla sperimentazione e gestione del campo dimostrativo; riferimenti al “Protocollo operativo” ed altri atti amministrativi ad esso connessi; dati dell’impianto di produzione del “compost di qualità”; informazioni sul soggetto gestore del campo dimostrativo; finalità delle attività svolte nel campo dimostrativo; riferimenti web e contatti e-mail per la promozione dell’iniziativa. Mentre all’ARSSA spetterà il compito di coordinare l’organizzazione, la gestione e la supervisione delle attività nei “campi dimostrativi”, la loro gestione potrà essere affidata ai seguenti soggetti: - il Centro per la Sperimentazione e la Divulgazione delle Tecniche Irrigue (COTIR); - gestori di impianti di produzione del “compost di qualità”;


- Istituti agrari ed altri istituti scolastici interessati all’iniziativa; - le aziende agricole individuate dalle associazioni degli agricoltori e dall’ARSSA sulla base dei seguenti criteri: a. capacità tecniche delle aziende a collaborare alla sperimentazione ed al rispetto del protocollo tecnico operativo; b. vocazionalità delle diverse colture nell’ambito del territorio regionale; c. presenza di infrastrutture che facilitino il raggiungimento delle aziende sia per il trasporto dei mezzi tecnici che per l’organizzazione di visite guidate ai “campi dimostrativi”; d. precedenti esperienze di collaborazione nella gestione di campi

simo di € 45.000,00 nel triennio 2010-2012. Spetterà invece all’ARSSA: a. individuare i metodi ed i criteri per l’attivazione dei campi dimostrativi; b. individuare, in collaborazione con le Associazioni agricole, le aziende per la gestione dei campi dimostrativi; c. individuare, in collaborazione con gli istituti scolastici interessati, le aree di questi ultimi, da destinare a campi dimostrativi; d. coordinare la gestione operativa dei campi dimostrativi; e. valutare la qualità dei substrati attraverso analisi chimico-fisiche dei campioni di terreno prima e dopo l’applicazione del “compost di qualità”; f. collaborare con le istituzioni scolasti-

hanno i loro obblighi e i loro compiti: a. mettere a disposizione uno o più campi dimostrativi per le attività dimostrative; b. fornire il “compost di qualità”, certificato dal CIC con il Marchio “Compost Abruzzo”, necessario per le attività di fertilizzazione dei terreni; c. garantire la qualità dei fertilizzanti attraverso criteri di tracciabilità e fornire all’ARSSA i certificati di analisi e le etichette richieste; d. collaborare con gli altri Enti coinvolti nella comunicazione e partecipare agli eventi organizzati; e. trasportare il “compost di qualità” nei campi dimostrativi mettendo a disposizione i propri mezzi di trasporto, senza alcun onere a carico

dimostrativi e sperimentali. Per quanto riguarda la gestione, il funzionamento e la promozione dei campi dimostrativi, l’Accordo stabilisce e fissa compiti e funzioni di ciascun ente firmatario. Mentre il Consorzio Italiano Compostatori (CIC) si impegna a fornire consigli ed informazioni sulle attività da svolgere nei campi dimostrativi, diffondendone e promuovendonone i risultati tramite i propri strumenti di comunicazione o tramite la partecipazione ad eventi e manifestazioni ad hoc, la Regione Abruzzo si fa carico delle seguenti azioni: a. inserire in programmi di finanziamenti regionali, le risorse destinate all’attuazione delle finalità previste nel presente Accordo; b. verificare, la funzionalità ed efficacia delle modalità e disposizioni di natura tecnico-procedurale previste dall’Accordo, apportando, se necessario, le opportune modifiche ed integrazioni; c. diffondere e promuovere i risultati conseguiti; d. compartecipare, anche dal punto di vista finanziario, all’attuazione del progetto sperimentale con un mas-

che aderenti al progetto o, comunque, interessate; g. redigere per ogni anno di attività un dettagliato “Rapporto Finale” delle diverse attività svolte e dei risultati raggiunti e promuoverne la diffusione. Alle Associazioni di imprese agricole e ai Consorzi Agrari spettano invece attività di supporto e sostegno all’ARSSA nell’individuare le aziende agricole per la gestione dei campi dimostrativi e ai propri associati nel fornire informazioni sull’iniziativa. Tra i compiti che l’Accordo assegna ai Consorzi Agrari c’è anche quello di “spingere” il “compost di qualità” sul territorio attraverso iniziative e attività di comunicazione indirizzate soprattutto all’imprenditoria agricola volte a far decollare un vero e proprio mercato del “compost di qualità”. Compito dei Consorzi sarà, infatti, quello di integrare, per ogni anno di attività, il cosiddetto “Rapporto Finale” delle diverse attività svolte e dei risultati raggiunti, con una sezione dedicata all’andamento commerciale del compost di qualità. Anche i titolari e/o gestori degli impianti di compostaggio, secondo l’Accordo,

dell’imprenditore agricolo e di altri soggetti interessati. Suscettibile di aggiornamenti e modifiche, l’Accordo che apre ai “campi dimostrativi” e ne regola la gestione è comunque aperto a nuove ipotesi e soluzioni organizzative, purché opportunamente comunicate e approvate dal competente Servizio della Regione Abruzzo. Nella strada che porta alla gestione integrata dei rifiuti urbani e che punta alla riduzione, riuso e riciclo degli stessi, la Regione Abruzzo compie, così, l’ennesimo passo in avanti. L’Accordo che regola e disciplina la gestione dei “campi dimostrativi” del “compost di qualità” è, infatti, solo una delle ultime iniziative messe in campo dalla Regione per “spingere” e promuovere buone pratiche ambientali presso imprese e cittadini. Il riutilizzo come fertilizzante naturale dei materiali provenienti dalle raccolte differenziate ed in modo particolare delle frazioni organiche (umido e verde), è solo una di queste. I campi dimostrativi, invece, un osservatorio privilegiato per iniziare a conoscere la pratica e un laboratorio sperimentale per imparare a realizzarla.

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Pescasseroli (AQ), 29 settembre - 3 ottobre 2010

L’INVITO ALLA TUTELA DELLE AREE PROTETTE

Siglato anche un Protocollo d’Intesa tra Regione, Province e Parchi d’Abruzzo per promuovere il turismo sostenibile di Silvia Barchiesi

Nell’Anno Internazionale della Biodiversità, dal cuore verde d’Europa, contro i pesanti tagli di bilancio alle aree protette, i parchi lanciano il loro grido d’aiuto. L’occasione è Europarc Conference 2010, il Congresso europeo dei Parchi, organizzato da Europarc Federation, l’associazione che riunisce la gran parte delle aree protette europee, in collaborazione con Federparchi, svoltasi dal 29 settembre al 3 ottobre a Pescasseroli, nel cuore del Parco Nazionale D’Abruzzo, Lazio e Molise. Proprio qui figure di rilevo internazionale, in rappresentanza di 50 Paesi e 300 Aree protette d’Europa, si sono date appuntamento per cinque giorni di workshop, incontri e seminari, per discutere di aree protette e del loro futuro. “Vivere insieme: biodiversità ed attività umane, una sfida per il futuro delle aree protette” (Living together: biodiversity and human activies, a challenge for the future of protected areas): era questo il tema della Conferenza nell’Anno Internazionale della Biodiversità. Parchi, Riserve naturali, Siti natura ricoprono circa il 25% del territorio UE e rappresentano le ultime ricchezze naturali d’Europa, costituendo l’architrave della conservazione della biodiversità.

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Tutta la popolazione dipende, infatti, dai servizi ecosistemici che producono: giocano un ruolo fondamentale nella mitigazione del cambiamento climatico, custodiscono ingenti riserve d’acqua, proteggono il suolo, promuovono l’agricoltura sostenibile, contribuiscono al sostegno delle economie locali, offrono risorse ricreative per il benessere e la salute e sono fonte di identità culturali locali e nazionali. Eppure, oggi le aree protette d’Europa sono a rischio. A minacciarle è il vento della crisi e la scure dei tagli ai finanziamenti, fino al 50% in molti paesi d’Europa. Da Pescassaroli e dal Parco Nazionale d’Abruzzo, nel cuore di una delle Regioni più verdi d’Europa, si leva così l’appello a difendere le aree protette attraverso adeguati investimenti. L’invito è a “non svendere l’ambiente”. È quanto si legge nella Dichiarazione di Pescasseroli, il documento finale approvato dall’Assemblea plenaria delle aree protette d’Europa, dal titolo “Svendere l’ambiente. Tagli di bilancio nel breve periodo - conseguenze di lungo termine per la biodiversità in Europa”. “Le aree protette - si legge nella Dichiarazione - hanno aperto la strada allo sviluppo sostenibile e alla conservazione

della Biodiversità. Tuttavia, esse possono massimizzare il loro contributo solo se adeguatamente dotate di risorse e operare in un quadro politico favorevole, sia nazionale che internazionale”. “Questa scarsità di investimenti – prosegue la Dichiarazione - danneggia seriamente la capacità delle aree protette di garantire in modo adeguato il valore delle risorse naturali, di sostenere le economie e di fornire i benefici ecosistemici necessari alla società. A conclusione del Congresso, l’invito a mobilitarsi a difesa delle aree protette è stato ribadito anche da Erica Stanciu, Presidente di Europarc Federation: “Incoraggiamo tutti i partecipanti a utilizzare la Dichiarazione di Pescasseroli per sollecitare i propri governi ad un maggior impegno verso le tematiche dei parchi”. Europarc Federation, a sua volta invita i Governi nazionali e regionali e la Commissione Europea a: - riconoscere e riflettere nelle loro politiche, programmi e allocazioni di risorse adeguate per le Aree Protette, per garantire la conservazione della biodiversità e dei servizi ecosistemici, per la salute dell’ambiente futuro e la ricchezza economica dell’Europa; - utilizzare le competenze e le esperien-


ze maturate nelle Aree Protette per guidare approcci innovativi ad un uso integrato del suolo e allo sviluppo rurale; - integrare le politiche pubbliche in modo tale che consentano alle aree protette di svolgere con successo il loro ruolo di modelli di gestione territoriale, con il coinvolgimento permanente delle comunità locali. Ma da Europarc Conference 2010 non si sono levati solo moniti e appelli. La Conferenza è stata anche l’occasione per sottolineare e premiare esperienze virtuose da replicare e da prendere a modello. In occasione del Congresso, infatti, ben quindici Parchi di Francia, Norvegia, Spagna e altri Paesi d’Europa hanno ricevuto la certificazione della “Carta del Turismo Sostenibile”, riconoscimento all’impegno da parte delle aree protette ad attuare una strategia a livello locale in favore di un “turismo durevole”, definito come “qualsiasi forma di sviluppo, pianificazione o attività turistica che rispetti e preservi nel lungo periodo le risorse naturali, culturali e sociali e contribuisca in modo equo e positivo allo sviluppo economico e alla piena realizzazione delle persone che vivono, lavorano o soggiornano nelle aree protette”. L’europarc Conference lancia così la sfida del turismo sostenibile. A raccoglierla è lo stesso Parco l’ha ospitata, il Parco Nazionale D’Abruzzo, Lazio e Molise che punta al traguardo della certificazione già dal prossimo anno. “Anche il nostro Parco - ha, infatti, rivelato il Presidente del Parco, Giuseppe Rossi - ha avviato le iniziative dirette ad ottenere la Carta Europea per il Turismo Sostenibile (CETS) in occasione della Europarc Conference 2011 che si terrà in Germania”. A sottolineare il ruolo strategico delle

aree protette nello sviluppo del territorio è stato lo stesso Assessore regionale al Turismo Mauro Di Dalmazio: “La tutela delle aree non deve diventare un ostacolo allo sviluppo turistico, anzi bisogna fare in modo che la loro conservazione diventi un valore da rendere fruibile per maggiorare l’attrazione dei flussi turistici. Adesso la vera sfida è riuscire a mettere a sistema tutto questo patrimonio naturale facendo in modo che interagisca con le attività dell’uomo”. Di qui la necessità di una sinergia tra istituzioni affinchè facciano rete nel promuovere il valore delle aree protette e contemporaneamente il turismo sostenibile a queste collegato. È questo lo scopo del recente Protocollo d’Intesa siglato lo scorso 8 ottobre tra la Regione Abruzzo, le Province ed i Parchi dell’Abruzzo. Attraverso il Protocollo, Regione, Province e Parchi, mirano ad una visione unitaria delle strategie turistiche e culturali. “Per la prima volta nella storia della programmazione turistica abruzzese - ha commentato lo stesso Assessore Di Dalmazio - questi enti di programmazione e di attuazione delle azioni turistiche si impegnano a percorrere una strada comune e condivisa per migliorare la competitività dei singoli prodotti turistici regionali, ancor prima di proporli e promuoverli”. “Se scegliamo di dar luogo al sistema Abruzzo - ha continuato l’Assessore - e non ad isolate e sporadiche iniziative, le intese restano punti indefettibili. Occorre una strategia unitaria, solo così potremo rispondere in modo concreto alla dispersione istituzionale, vera criticità per l’ottimizzazione della spesa e l’efficacia degli interventi”. “Un momento epocale”, un’iniziativa storica nel panorama delle relazioni istituzionali: così l’Assessore abruzze-

se al Turismo ha definito il Protocollo d’Intesa, sottoscritto dai Presidenti della Province e dei tre Parchi Nazionali d’Abruzzo, Lazio e Molise, Gran Sasso e Monti della Laga e della Majella e volto a promuovere in maniera virtuosa il valore delle aree protette e ad avviare un’integrazione tra la programmazione regionale e locale. “Tanto le Province con i loro specifici ruoli, quanto i Parchi, affinché si incrementi in maniera virtuosa il valore delle aree protette - ha aggiunto Di Dalmazio - possono contare già da tempo su una serie di attività che la Regione Abruzzo ha avviato per la progettazione in co-marketing”. Una di queste è la possibilità di accedere da subito al riparto di un fondo di cento milioni di euro di risorse statali per finanziare progetti di eccellenza interregionali. L’importanza strategica della partnership e della sinergia istituzionale è stata sottolineata anche da Carol Ritchie, Direttrice di Europarc, nel corso del Congresso: “Dobbiamo capire l’importanza del partenariato nelle strategie che attuiamo: è fondamentale stringere partenariati sia tra noi che con gli altri attori territoriali interessati”. Del resto, la stessa manifestazione che ha raccolto nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise oltre 300 rappresentanti, tra Presidenti e Direttori di aree protette di tutta Europa, ha costituito un’ importante occasione di marketing territoriale. Oltre ai side meeting ed ai venti workshop in programma, i partecipanti non hanno perso l’occasione, infatti, di scoprire e di godere delle ricchezze naturali, storiche, culturali ed enogastronomiche del Parco, grazie al ricco carnet di escursioni e visite guidate a loro disposizione.

La Regione Abruzzo, attraverso il Servizio Gestione Rifiuti e l’Osservatorio Regionale dei Rifiuti proprio in occasione di Europarc 2010, ha elaborato uno specifico Protocollo d’Intesa con il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise con la finalità di sperimentare forme concrete di prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti da adottare durante l’ organizzazione della conferenza stessa. In sostanza, i due Enti coinvolti hanno operato congiuntamente durante la kermesse per sviluppare: 1. diffusione delle informazioni, educazione e sensibilizzazione dei cittadini, dei partecipanti alla conferenza, turisti ed operatori del turismo (albergatori) verso il contenimento ed una effettiva prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti e verso “acquisti verdi”, frutto di scelte più consapevoli; 2. attività di formazione di operatori pubblici ed altri soggetti interessati sui temi della prevenzione e riduzione della produzione di rifiuti; 3. lo scambio di esperienze e di buone pratiche tra gli Enti, le Associazioni ed altri soggetti competenti e/o interessati; Ciò ha consentito di sperimentare sistemi di riduzione della produzione dei rifiuti durante l’evento internazionale succitato e, in più, dall’esperienza applicativa del Protocollo sono scaturite apposite Linee Guida alla riduzione della produzione dei rifiuti in eventi organizzati in aree protette.

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ADRIATICA OLI S.R.L.

OLI ESAUSTI DA UTENZA DOMESTICA: LA REALTÀ ABRUZZESE di Silvia Barchiesi

Trasformare il rifiuto in risorsa e opportunità è da sempre la mission di Adriatica Oli S.r.l., azienda leader in Italia nella raccolta e trattamento degli oli vegetali esausti. Grazie alla sua trentennale esperienza nel settore della raccolta presso le attività di ristorazione, l’azienda è diventata oggi un punto di riferimento anche per le amministrazioni comunali che intendono offrire un servizio di recupero dell’olio di frittura prodotto dai cittadini. A svelare il segreto del successo di Adriatica Oli S.r.l. è Giorgio Tanoni, titolare dell’azienda, nonché membro del Consiglio di Amministrazione del C.O.N.O.E., (Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e trattamento oli e grassi vegetali ed animali esausti), l’organo deputato al controllo e monitoraggio della filiera oli vegetali e grassi esausti al fine di tutelare l’ambiente e la salute pubblica. Sig. Tanoni, la raccolta degli oli esausti rappresenta la vostra principale attività. Ma cosa si intende per oli vegetali esausti? Gli oli vegetali esausti sono tutti gli oli e i grassi che residuano dalla cottura, dalla frittura o dalla conservazione degli alimenti che non possono essere versati negli scarichi domestici o dispersi nell’ambiente. Dopo essere stati utilizzati, gli oli e i grassi diventano un rifiuto e come tali devono essere gestiti, secondo una filiera che prevede la raccolta, i controlli qualità e l’avvio al recupero energetico e di materia. Di qui la scelta politica concretizzatasi con il D. Lgs.22/97 e ribadita dal successivo Testo Unico Ambientale 152/2006, di inserire nell’ambito della costituzione dei Consorzi Ambientali obbligatori il C.O.N.O.E. La nostra azienda, che da 30 anni raccoglie oli vegetali

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esausti nel settore della ristorazione collettiva nelle Marche e in Abruzzo, ha partecipato alla fondazione e tutt’oggi fa parte di questo Consorzio. Perché l’olio vegetale esausto da utenza domestica deve essere raccolto in modo separato? Oltre a ragioni di carattere giuridico, che prevedono il divieto di abbandonare i rifiuti e il raggiungimento da parte dei Comuni di percentuali di raccolta differenziata del 65% entro il 2012, esistono forti motivazioni di carattere tecnico ed economico, che hanno spinto molti enti gestori a intraprendere questa nuova metodologia di raccolta. Infatti, anche laddove esistono impianti fognari adeguati, lo smaltimento di queste enormi quantità di residuo provoca inconvenienti, perché l’olio intasa la rete di adduzione e gli impianti di sollevamento degli impianti di depurazione. Secondo alcuni studi scientifici, per depurare 1 Kg. di olio usato, sono, infatti, necessari 3 kw/h, con un costo per i depuratori e per le tasche dei cittadini che si aggira intorno a 0,50 € per ogni kg. di olio prodotto. Quali sono i soggetti coinvolti nella raccolta? L raccolta La l da d utenza do d domestica, o proprio per la provenienza “urbana” del rifiuto, coinvolge cco necessariamente i Comuni, i loro enti gestori, gli gll Assessori e i Sindaci ma in alcune realtà un forte contributo contr all’iniziativa è stato dato anche da gruppi porta portatori a di interesse, pubblici e privati, come centri comme commerciali, e associazioni di volontariato, scuole ecc. In concreto, com come m avviene la raccolta degli oli esausti? La raccolta da ute utenza e domestica è davvero semplice nella sua attuazio attuazione. o I suoi risultati sono immediati e visibili. Inoltre, la raccolta raccoltt è modulabile in base alle esigenze di o ogni singola realtà, per questo ha avuto una rapida diffusione nei Comuni, grazie ad una sorta di passaparola. Il modulo base consiste nell’installazione di contenitori “OLIVIA” presso isole ecologiche o su strada, presso cui il cittadino può conferire l’olio di frittura. I contenitori sono dotati di doppia camera, ancoraggio a terra e valvola antiversamento, ovvero di tutte le caratteristiche tecniche di sicurezza necessarie.


A questo modulo base è sempre consigliabile affiancare la distribuzione gratuita alle famiglie di tanichette “ECOHOUSE”, grazie alle quali poter conferire l’olio nel contenitore “OLIVIA”, che periodicamente viene svuotato dalla nostra azienda ADRIATICA OLI. Le tanichette allo stesso tempo possono funzionare anche come un coinvolgente strumento di propaganda, personalizzabile con stemmi, loghi e marchi pubblicitari. È a questo punto che si rende utile la concertazione con gruppi di volontari e scuole che potrebbero essere validi attori per apportare un contributo nella distribuzione delle taniche. La raccolta da utenza domestica ha molte declinazioni: ogni progetto realizzato è stato studiato su misura, tenendo conto delle disponibilità economiche, dei soggetti coinvolti, della tipologia di utenze, della viabilità e della densità abitativa delle varie realtà. La raccolta, ad esempio, può essere attuata a livello condominiale, come valida alternativa al porta a porta che, invece, è più idoneo a gestire frazioni merceologiche familiari di larga produzione come carta, plastica e umido, oppure a livello scolastico. A questo scopo abbiamo, infatti, ideato appositi progetti didattici per le scuole elementari con personale docente specializzato.

intenzionati ad incrementare le percentuali di raccolta differenziata e a fare seriamente qualcosa di concreto per i cittadini… e ce ne sono tanti! Ma gli obiettivi devono essere misurabili e poiché negli ultimi anni abbiamo raccolto oltre 1500 tonnellate di olio con la raccolta da utenza domestica, per superare questo primo traguardo abbiamo stipulato ulteriori convenzioni con altri Comuni abruzzesi, grandi e piccoli. Le amministrazioni pubbliche nella nostra azienda trovano non solo un supporto logistico, ma un sostegno attivo in tutto il percorso di collaborazione che parte dall’ascolto delle specifiche istanze, passa attraverso l’implementazione della stessa raccolta e si aggiorna costantemente sui risultati ottenuti. Questo modello “ciclico” è stato applicato ad una varietà di situazioni che negli anni ci ha permesso di crescere confermando sempre l’efficacia del sistema … stiamo lavorando con piccoli Comuni di 1000 abitanti e con realtà metropolitane, come la città di Roma, dove contribuiamo a realizzare per le scuole il progetto Olii@mpiadi con l’associazione culturale Bio@Gea. La nostra esperienza nel settore è unica e costituisce sicuramente un valore aggiunto insostituibile, garanzia per i nostri interlocutori, pubblici e privati.

Quali sono i vantaggi per le amministrazioni comunali? La novità di questo sistema è che implementando la raccolta differenziata, il problema della raccolta degli oli esausti si trasforma in un’opportunità e in un vantaggio per tutti: si abbattono i costi di manutenzione e l’olio recuperato viene trasformato in materia prima utile per fonti energetiche rinnovabili, come ad esempio il biodiesel. Qual è la realtà abruzzese della raccoltà? Dopo aver largamente sperimentato il progetto nelle Marche dove dai 3 Comuni pilota del 2004 aderenti al progetto oggi ne contiamo più di 150, abbiamo implementato la raccolta differenziata anche in Abruzzo. Dal 2009 dal Comune di Tocco da Casauria a quello di Fossacesia si sono affiancate altre realtà più complesse, come Pescara, Teramo e Chieti.

Adriatica Oli srl Contrada Cavallino 39 - 62010 Montecosaro (MC) Tel. +39 0733 229080 - Fax +39 0733 229093 segreteria@adriaticaoli.com - www.adriaticaoli.com

Che aspettative avete in Abruzzo? Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere tutti i Comuni

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CONSORZIO COMPRENSORIALE SMALTIMENTO RIFIUTI LANCIANO

VERSO L’OTTIMIZZAZIONE DEL CICLO INTEGRATO DEI RIFIUTI Al via nuovi progetti, proposte e iniziative

di Silvia Barchiesi

Nella strada che porta alla realizzazione di un Sistema Integrato di Gestione dei Rifiuti, continua l’impegno del Consorzio Comprensoriale Smaltimento Rifiuti Lanciano verso una politica ambientale efficace ed efficiente attraverso nuovi progetti, proposte ed iniziative. Impianto di Biostabilizzazione, nuovi impianti per la selezione di rifiuti

L’Impianto di Biostabilizzazione dei rifiuti in ingresso in discarica consentirà, coerentemente con quanto stabilito dalla normativa vigente, una importante riduzione del peso/volume del rifiuto e l’inertizzazione della componente organica con la conseguente produzione di materiale in output ad alto potere calorifico da avviare a

rifiuti della Regione Campania. Tale procedura permette di eliminare quasi totalmente gli impatti ambientali della discarica (produzione di cattivi odori e/o di percolato inquinante, proliferazione di insetti e roditori) e di poter conferire nel rispetto di quanto previsto dalla vigente normativa. Ma l’impegno del Consorzio sul fronte impiantistico non si limita all’Impianto di Biostabilizzazione. Tra i progetti in cantiere, rivela il Direttore del Consorzio Sandro Fantini, c’è anche quello della nuova Piattaforma Ecologica, un impianto di selezione e valorizzazione dei rifiuti solidi urbani secchi provenienti dalla raccolta differenziata. Dotato di mezzi e attrezzature all’avanguardia, l’impianto con una potenzialità produttiva di circa 16.000 ton./anno, sa-

differenziati e sensibilizzazione della cittadinanza sono, infatti, secondo il Direttore Sandro Fantini, solo alcune delle attività che vedono oggi impegnato il Consorzio Rifiuti di Lanciano, da sempre attento alla ricerca di nuove soluzioni finalizzate al miglioramento dei servizi erogati e dei processi gestionali interni. L’obiettivo? La riduzione dei rifiuti e il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata previsti dalla normativa vigente. Proprio dall’esigenza di gestire in modo integrato il ciclo dei rifiuti urbani nascono, infatti, due importanti progetti tecnologici di prossima realizzazione: un Impianto di Biostabilizzazione e una nuova Piattaforma Ecologica.

recupero energetico e compost per ricoperture in sostituzione degli inerti. Un aspetto interessante del progetto è rappresentato dall’adozione di modalità operative in grado di garantire massima economicità ed efficienza senza comunque incrementare gli attuali costi di smaltimento, garantendo nel contempo una minimizzazione e un controllo totale degli impatti ambientali, quali esalazioni e produzione di percolati. La soluzione che il Consorzio intende adottare prevede l’utilizzo della tecnologia di bioconversione in cumulo statico insufflato confinato con membrana traspirante Gore Cover, la stessa tecnologia adottata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per fronteggiare l’emergenza

rà in grado di intercettare tutti i rifiuti raccolti in forma differenziata dai Comuni consortili, i quali, in linea con quanto stabilito dalla L.R. 45/2007 e s.m.i. in riferimento agli obiettivi di raccolta differenziata, stanno avviando, anche con il supporto del Consorzio stesso, importanti progetti per l’ottimizzazione del servizio di raccolta differenziata. Spingere la raccolta differenziata è infatti uno degli obiettivi primari del Consorzio Comprensoriale Smaltimento Rifiuti Lanciano che da sempre investe tempo e risorse nelle stesse attività di sensibilizzazione, informazione e comunicazione al fine di educare una cittadinanza consapevole ed attenta alle problematiche ambientali in generale e alla raccolta

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differenziata dei rifiuti in particolare. La gestione ottimale del ciclo dei rifiuti parte, infatti, dal cittadino che deve necessariamente conoscere le modalità per il corretto conferimento dei rifiuti secchi differenziati e le tipologie di rifiuti conferibili. Educare alla raccolta differenziata è dunque una delle priorità del Consorzio. Di qui l’impegno verso una capillare campagna di formazione/informazione, soprattutto verso i più piccoli. Di qui la collaborazione con il mondo della scuola e il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche del territorio in numerosi progetti e iniziative. Per diffondere, infatti, una rinnovata cultura ambientale, occorre, secondo il Direttore Fantini, cominciare dalle nuove generazioni. È a loro che il Consorzio guarda con interesse. È a loro che è rivolto, infatti, il nuovo progetto di comunicazione ideato dal Consorzio stesso e sostenuto dal Presidente Gianpanfilo Tartaglia e dall’intero cda, attualmente in fase di avvio per l’anno scolastico 2010-2011, denominato “Ciak si Ricicla”. Pensato per le scuole primarie dei Comuni consortili, il progetto, grazie ad una sorta di concorso di idee, invita gli alunni a realizzare uno spot televisivo

di sensibilizzazione sulle tematiche legate alla raccolta differenziata dei rifiuti. Lo spot vincitore del concorso andrà poi in onda nelle emittenti televisive locali e verrà premiato con una fornitura di materiale didattico. Oltre che a stimolare tra i banchi di scuola la riflessione sull’utilità della raccolta differenziata, il progetto, attraverso il concorso, punta al coinvolgimento diretto dei ragazzi nell’attività di promozione di tale pratica virtuosa, rendendoli protagonisti di una doppia sfida, quella dello spot e quella della raccolta, con un duplice obiettivo: la vittoria del concorso e l’aumento delle percentuali di R.D. Ma l’impegno del Consorzio non si esaurisce di certo qui. Numerose campagne di comunicazione sono già state attivate e numerosi altri progetti sono invece in cantiere.

Sede Legale e Amm.va: Via Isonzo - Arco della Posta n.1 60034 Lanciano Sede Operativa: S.P. Pedemontana - Loc. Cerratina 60034 Lanciano Tel. 0872/716332 - Fax 0872/715087 info@ccsrl.eu sito - www.ccsrl.eu

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ACIAM SPA

RACCOLTA DIFFERENZIATA: ESPERIENZE A CONFRONTO Aciam S.p.A. propone un’interessante analisi dei diversi sistemi di gestione di Germano Contestabile

Differenziare sì, ma quale sistema scegliere? Sulla imprescindibile necessità di effettuare la differenziazione dei rifiuti al fine di garantirne l’avvio a riciclaggio, le istituzioni, le aziende, gli enti di controllo, i cittadini e le realtà associative sembrano concordare appieno; altra cosa è l’individuazione dello specifico sistema di raccolta da applicare sul territorio. La scelta va fatta tra un ampio ventaglio di possibilità, più o meno radicali, più o meno onerose, più o meno efficaci, rispetto alle quali le Amministrazioni Comunali sono chiamate a valutare, l’efficienza e l’economicità dell’intero sistema di gestione rifiuti. La gamma delle possibili modalità va dalle raccolte tramite isole ecologiche stradali (intensive o estensive), alle raccolte di “prossimità”, dalle raccolte domiciliari “porta a porta” (condominiali o a singola utenza), alle stazioni ecologiche e/o

la scelta di un appropriato sistema di gestione rifiuti, Aciam vuole mettere a disposizione degli amministratori pubblici il proprio know-how gestionale e le conoscenze tecniche maturate. In questa sede si vuole mettere in evidenza, per ciascuna tipologia di raccolta, le caratteristiche qualitative e quantitative, i punti di eccellenza e criticità dei vari sistemi. La raccolta differenziata con contenitori stradali pluriutenza. Nella maggior parte dei Comuni marsicani il sistema di raccolta differenziata più diffuso è quello stradale, con cassonetti di grandi dimensioni per carta e plastica e campane multi materiale per vetro-metallo. La raccolta a contenitore stradale è senz’altro il sistema più semplice e più economico, potremmo definirlo il “modello base”, una sorta di “riciclo minimo garantito” a tutti i Co-

Isola ecologica stradale pluriutenza

centri di raccolta, a cui si aggiungono i servizi dedicati per esercizi commerciali, realtà industriali e così via. Da 10 anni a questa parte Aciam S.p.A. effettua la gestione di raccolte differenziate in tutte le modalità qui considerate, riuscendo ad accumulare una notevole esperienza. Consapevole delle difficoltà che devono affrontare i Comuni nel-

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muni del Comprensorio. Nelle realtà comunali con maggiore densità abitativa la dislocazione delle isole ecologiche è fatta secondo il metodo intensivo, con una presenza piuttosto ravvicinata delle singole postazioni, mentre per le realtà più piccole si è scelta la raccolta estensiva, con una o più isole ecologiche all’interno di sin-

goli quartieri o aggregati urbani. La percentuale di raccolta differenziata che si raggiunge col sistema stradale varia dal 8 al 15%; la qualità del materiale è piuttosto buona grazie alla presenza di bocche di conferimento costrittorie che impediscono (o rendono difficoltoso) l’inserimento di materiali non conformi. Il punto di forza del sistema è rappresentato dalla maggiore volumetria disponibile che, da un lato garantisce l’economicità del servizio, permettendo un minor numero di svuotamenti, dall’altro consente di assorbire senza problemi le oscillazioni stagionali di produzione rifiuti. Le criticità rilevate sono attinenti al deposito incontrollato di rifiuto a terra (scatoloni non opportunamente schiacciati, cassette in plastica, damigiane e latte di grandi dimensioni) o di materiale non conforme all’interno dei contenitori stessi. La raccolta di prossimità Nelle zone dove è attivo il servizio di raccolta stradale del rifiuto organico (Avezzano, Pescina, Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio e Ovindoli), la modalità prescelta è stata quella di “prossimità”, con il posizionamento di uno o più bidoncini marroni in ciascuna postazione di rifiuto indifferenziato. Con tale sistema l’utente, trovando all’interno di ogni postazione entrambi i contenitori, viene agevolato nelle operazioni di separazione dei rifiuti e di conseguenza si mostra maggiormente collaborativo. L’implementazione di questa nuova tipologia di raccolta ha permesso di incrementare le rese quantitative di almeno 5 punti percentuali, raggiungendo nei Comuni più virtuosi la soglia del 25%. La qualità del rifiuto risulta anche qui soddisfacente, sebbene qualche inconveniente è stato riscontrato per il mancato utilizzo di sacchetti in mater-bi. La circostanza è dovuta ad un consumo eccessivo della dotazione annuale gratuita spettante alle utenze e alla scarsa propensione delle stesse all’acquisto di ulteriori sacchetti. Inoltre la bassa volumetria dei contenitori, ma soprattutto i problemi igienici


derivanti dall’elevata putrescibilità del materiale organico impongono, specie d’estate, frequenze di ritiro più elevate e quindi maggiori costi di gestione. Altro fattore da tenere in considerazione, se si opta per l’introduzione di una raccolta stradale del rifiuto organico è il lavaggio e disinfezione dei contenitori, effettuato con cadenza mensile nei mesi invernali e più volte al mese nella stagione calda. La raccolta “porta a porta” domiciliare Tra i diversi sistemi di raccolta differenziata il “porta a porta” costituisce senz’altro la modalità più innovativa. Esso risulta di enorme comodità per le utenze servite in quanto permette di selezionare in casa il rifiuto in appositi mastelli colorati, prima della loro esposizione all’esterno dell’abitazione, per il successivo svuotamento da parte degli operatori di raccolta, secondo un preciso calendario. Ogni materiale è contraddistinto da un diverso colore del mastello e a ciascuna utenza è associato un codice alfanumerico che permette un controllo più puntuale dei comportamenti di conferimento. Per impedire la fuoriuscita del rifiuti a seguito dell’azione di cani e gatti randagi o di piccoli animali selvatici, i mastelli devono essere dotati di chiusura antirandagismo. In fase di distribuzione dei diversi contenitori che compongono il kit di raccolta, viene consegnato anche l’opuscolo informativo e un calendario dei ritiri. Attraverso tale attività di comunicazione ambientale il gestore del servizio rende i cittadini compartecipi dell’iniziativa. Il costo di tale tipologia di servizi risulta molto più elevato rispetto ai sistemi tradizionali, in quanto comporta l’utilizzo di un numero elevato di mezzi e personale, ma in compenso, si ottengo altissime rese sia in termini quantitativi che qualitativi. Di recente introduzione nel comprensorio marsicano, la raccolta “porta a porta” è stata salutata dalle popolazioni coinvolte con notevole entusiasmo ed ottimi risultati. Al momento sono due i Comuni interessati (Carsoli e Massa d’Albe), per altro con modalità operative e caratteristiche gestionali diverse. Nel Comune di Carsoli è stato coinvolto per ora il solo capoluogo (circa 2.000 utenze e oltre 3.000 abitanti), mentre nelle frazioni resta in essere la modalità di raccolta stradale estensiva. Si è scelto di mantenere attive su strada le

sole campane pluriutenza per la raccolta del vetro-metallo, mentre è stato rimosso ogni altro contenitore stradale. La presenza di un elevato numero di utenze condominiali (circa il 50% del totale) ha imposto l’utilizzo di bidoncini condominiali; ma, in alcuni casi, la mancanza di idonei spazi presidiati (cortili, piazzali, giardini), ha imposto l’ubicazione all’esterno delle pertinenze, dando luogo ad errati conferimenti da parte di utenze terze, con ovvie ripercussioni sulla purezza del materiale ritirato. All’inconveniente si è posto rimedio con l’apposizione di serrature sui bidoncini che ne limitino l’uso alle sole utenze del condominio. Ottimi risultati hanno registrato i servizi dedicati alle imprese (esercizi commerciali, aziende artigiane, piccole industrie) che nella realtà carseolana sono grandi produttrici di rifiuti da imballaggio in carta e plastica, mentre la presenza di numerosi ristoranti e mense aziendali contribuisce notevolmente alla raccolta differenziata dell’organico. La resa quantitativa della raccolta differenziata nel Comune di Carsoli (frazioni comprese), si aggira attorno al 40%, ma all’interno della zona servita con il “porta a porta”, la percentuale oscilla tra il 60 ed il 70%. Nel Comune di Massa d’Albe, il servizio domiciliare ha invece assunto sfumature diverse. L’amministrazione ha deciso, infatti, di rinunciare alla raccolta di vetro-metallo attraverso le tradizionali campane stradali pluriutenza, inserendo anche tale tipologia di materiale, all’interno del servizio domiciliare. La soluzione, seppur più onerosa in termini gestionali, elimina alla radice il problema del deposito incontrollato di rifiuti a terra nei pressi delle campane, garantendo un maggior decoro alla città. L’assenza di utenze condominiali ha evitato il posizionamento di bidoncini pluriutenza e sono venuti meno di conseguenza, i problemi di purezza del materiale. La particolare composizione dell’utenza ha posto però altre difficoltà; la popolazione servita supera le 3.000 unità con circa 1.000 utenze iscritte al ruolo tarsu, metà delle quali residenti, mentre l’altra metà è rappresentata dalle c.d. “presenze stagionali” (week-end o brevi periodi di ferie). In conseguenza di ciò, si è resa necessaria la realizzazione di un’isola ecologica a servizio di quanti non possono partecipare quotidianamente alla raccolta “porta a porta”. In assenza di contenitori stradali, la scelta

del luogo di ubicazione dell’isola ecologica diventa un momento fondamentale; si consiglia l’ubicazione in un luogo recintato e facilmente controllabile, in modo da garantirne l’utilizzo da parte dei soli non residenti, e non anche dalle utenze che arbitrariamente intendono sottrarsi alle regole del porta a porta. E’ chiaro che in tale situazione, l’attività di controllo assume un ruolo fondamentale. In quest’ottica si sta procedendo alla nomina di ispettori ambientali, da individuare tra il personale Aciam, che possano collaborare con la Polizia locale, attraverso la segnalazione di eventuali anomalie nel conferimento dei rifiuti. A circa un anno dall’attivazione del servizio, la percentuale di raccolta differenziata nel Comune di Massa d’Albe è stabilmente al di sopra del 70%, con punte del 75-80%. La qualità del materiale ritirato è nettamente migliore rispetto a Carsoli, grazie soprattutto alla pressoché totale assenza di contenitori stradali pluriutenza. In tutti e due i casi citati, in attesa dell’attivazione dei “Centri di Raccolta Comunali”, è stato introdotto anche un servizio di ritiro degli ingombranti tramite isole ecologiche mobili, scongiurando il pericolo che tali rifiuti venissero abbandonati ai margini delle strade di periferia. In conclusione, sulla base delle esperienze qui riportate possiamo affermare che la raccolta domiciliare dei rifiuti risulta senz’altro più efficace e produttiva rispetto alle altre tipologie analizzate (stradale e prossimità). Allo stesso tempo però, prevede l’impiego di maggiori risorse economiche. Una raccolta porta a porta ben progettata e ben gestita, studiata ad hoc per adattarsi alle peculiarità del territorio, garantisce l’ottenimento di altissime percentuali di raccolta differenziata e riduce sensibilmente la spesa di smaltimento del rifiuto in discarica; a conti fatti, nel medio-lungo periodo, un servizio di raccolta “porta a porta” efficace ed efficiente risulta anche economicamente sostenibile.

Via Edison 25 (N. Ind.le) 67051 Avezzano (AQ) Tel 0863 441345 - Fax 0863 440651 info@aciam.it - www.aciam.it Numero Verde: 800 220403

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ENTE ABRUZZO NEWS DIREZIONE PROTEZIONE CIVILE - AMBIENTE - Servizio Gestione Rifiuti Via Passolanciano, 75 - Pescara - Tel. 085.7671 - Fax 085.767.2585 - www.regione.abruzzo.it Regione Abruzzo


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NOVEMBRE 2010



INDICE Regione Marche Impianti fotovoltaici a terra: la Regione Marche individua le aree non idonee a cura della Regione Marche

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Approvato il Piano regionale per la bonifica delle aree Inquinate a cura della Regione Marche

Comuni Ricicloni Marche 2010: Appignano 1° classificato con il 78,7% di differenziata Ben 27 i Comuni che hanno superato la soglia di legge del 50% a cura della Regione Marche

La Regione Marche celebra l’Anno internazionale della biodiversità a cura della Regione Marche

ARPA Marche Polveri sottili: informare, non allarmare di Roberto Oreficini

COSMARI L’in house providing dei servizi pubblici: come salvaguardare le esperienze pubbliche delle Marche di Agnese Mengarelli

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REGIONE MARCHE

IMPIANTI FOTOVOLTAICI A TERRA: LA REGIONE MARCHE INDIVIDUA LE AREE NON IDONEE a cura della Regione Marche

L’installazione di impianti fotovoltaici a terra è al centro del dibattito in tema di rinnovabili e paesaggio. In effetti se da una parte occorre rispettare impegni e normative che spingono alla produzione di energia da fonti rinnovabili per ridurre la dipendenza della società dalle fonti Sandro Donati, Assessore all’Ambiente, Energia e fossili, dall’altra ci Fonti rinnovabili sono beni e qualità ambientali che vanno tutelati, come il paesaggio. Un’eccessiva proliferazione di tali dispositivi energetici avrebbe provocato una significativa depauperazione del territorio e, in certi casi, sottratto prezioso suolo agricolo per coltivazioni agroalimentari di qualità. Al fine di governare il fenomeno in atto dell’esponenziale incremento delle domande per l’installazione di tali impianti, la Regione è intervenuta a partire dalla scorsa estate con l’approvazione di provvedimenti ad hoc. Con la modifica alla Legge regionale sulla Valutazione di impatto ambientale (LR n. 12 del 4 agosto 2010 che modifica la LR n. 7 del 14 aprile 2004), è stato abbassato il limite di potenza degli impianti a terra da 1MW a 200kW ai Impianto fotovoltaico a terra - Camerata Picena (AN)

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fini dell’esclusione dalle procedure di VIA. Con lo stesso provvedimento si stabilisce, inoltre, che tale riduzione è valida solo fino al 60° giorno successivo all’approvazione dell’atto con cui la Regione individua le aree non idonee alla installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da conversione fotovoltaica (art. 12 del D.Lgs. 387/2003). In ogni caso i procedimenti autorizzativi avviati prima dell’entrata in vigore della legge (27 agosto 2010) si concludono secondo la precedente disciplina in materia di VIA quindi con il limite a 1 MW. La stessa legge regionale prevede l’esenzione per gli impianti totalmente localizzati in aree classificate dagli strumenti urbanistici comunali quali zone produttive “D” con potenza inferiore a 1 MW, nonché per quelli collocati sulle superfici esterne degli edifici o su elementi di arredo urbano. Con DAAL n. 13 del 30 settembre 2010 l’Assemblea legislativa regionale ha individuato le aree non idonee alla installazione di impianti fotovoltaici a terra ed ha definito indirizzi generali tecnico-amministrativi per l’installazione. Con lo stesso atto è stato demandato ai Comuni la trasposizione cartografica di tali aree entro sessanta giorni dall’approvazione. I principali ambiti territoriali non idonei per il fotovoltaico sono: le aree sottoposte a vincolo del Piano paesistico ambientale regionale; i siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale UNESCO (ambito del centro storico di Urbino); le aree e i beni di significativo rilievo culturale; gli habitat naturali tutelati a diversi livelli (nazionale, regionale, locale) e inseriti nell’Elenco ufficiale delle aree protette (Decreto Ministero Ambiente del 27 aprile 2010) e nell’elenco delle aree


Rete Natura 2000 (SIC e ZPS); le aree agricole interessate da produzioni alimentari di qualità e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale; le aree caratterizzate da situazioni di dissesto e/o rischio idrogeologico. Per l’elenco completo dei siti non idonei si rimanda alla Delibera scaricabile dal sito www.ambiente.regione.marche.it Per quanto riguarda invece gli indirizzi tecnico-amministrativi, si evidenziano quelli relativi agli impatti cumulativi di tali impianti. In particolare sono soggetti alla procedura di screening (procedura di verifica di assoggettabilità a VIA) anche gli impianti al di sotto della soglia di 1MW, qualora siano localizzati a meno di 1.000 metri da un impianto già realizzato o in fase di istruttoria e determinino nei fatti un progetto complessivo che supera il limite di 1MW. “L’intento di tali disposizioni è chiaro, - afferma l’Assessore all’Ambiente, Energia e Fonti rinnovabili Sandro Donati - si intende promuovere una specifica tipologia di impianti fotovoltaici, quella architettonicamente integrata, che esprima al massimo il connubio tra la green economy e il capitale ambientale di un territorio, tra produzione di energia rinnovabile e salvaguardia dell’ambente e del paesaggio.” “I dati sulle istanze di autorizzazione - continua Donati consentono di prevedere un buono livello di occupazione almeno nel medio termine e, in ogni caso, l’orientamento della Regione verso l’installazione di impianti architettonicamente integrati non inficia certamente le aspettative in termini di ricadute occupazionali legate allo sviluppo del fotovoltaico.” “Non possiamo inoltre nascondere - conclude Donati - che i grandi impianti assorbono gran parte delle quote di potenza incentivabile. Ciò significa che questo “portafoglio” viene fortemente ridotto dai grandi impianti a scapito dei piccoli e quindi delle famiglie: basti pensare che mediamente un impianto a terra da 1 MW “sottrae” incentivi a 400 famiglie, tenendo conto che un impianto familiare è in media di 2,5 kW, nonché architettonicamente integrato.”

ALCUNI DATI SUL FOTOVOLTAICO NELLE MARCHE Da una breve analisi delle istanze di autorizzazione unica ai sensi del D.Lgs. 387/2003, si è stimato che già al momento dell’entrata in vigore della L.R. 12/2010, sul territorio regionale erano presenti domande di installazione di impianti fotovoltaici a terra per una potenza installata superiore a 400 MW (in riferimento ai soli impianti di grossa taglia). Tali impianti sono e rimangono soggetti alla previgente normativa VIA con soglia di 1 MW. L’entità di potenza ad oggi in fase di autorizzazione permette di coprire un’importante quota di “burden sharing” (la quota di potenza fotovoltaica installabile spettante a ogni Regione), soprattutto se confrontata con gli obiettivi fissati dal DM 06/08/2010 al 2020 per tutto il territorio nazionale: un minimo di 8.000 MW di potenza da installare ed un massimo 3.000 MW di potenza incentivabile. Inoltre dai dati del GSE aggiornati al 31/08/2010 nelle Marche risultano in esercizio impianti fotovoltaici (di qualsiasi tipologia) per circa 84,5 MW di potenza installata, di cui 10 derivano da 4 grandi impianti. In termini di densità di potenza installata sul territorio la Regione Marche con circa 9 kW/kmq, secondi solo alla Puglia che svetta con più di 15 kW/kmq, ma con una ben altra morfologia ed estensione del suo territorio. Per concludere, si evidenzia il risultato pubblicato da ENEL Distribuzione per l’individuazione delle aree critiche rispetto alla disponibilità della capacità di rete. Dalla classificazione delle aree territoriali per livelli di criticità risulta che, in una scala in cui, in ordine di criticità crescente, i colori sono bianco, giallo, arancione e rosso, l’intero territorio marchigiano è “colorato” in arancione. Questo significa che gli attuali livelli di saturazione della rete rischiano di ostacolare il rilascio da parte dell’Enel dell’autorizzazione all’allaccio di nuovi impianti fotovoltaici, come è peraltro già stato segnalato da cittadini, imprese e progettisti. (La classifica è stata pubblicata il 15/10/2010 per le linee elettriche a media tensione, in attuazione di quanto previsto dalla delibera ARG/elt 125/10 del 04/08/2010 Testo integrato delle connessioni attive - TICA).

Impianto fotovoltaico a terra - Osimo (AN)

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APPROVATO IL PIANO REGIONALE PER LA BONIFICA DELLE AREE INQUINATE a cura della Regione Marche

La Regione Marche ha approvato il “Piano Regionale per la Bonifica delle Aree Inquinate” (Deliberazione Amministrativa del Consiglio regionale n. 11 del 14/09/2007) che, grazie ad un aggiornato censimento dei siti inquinati regionali e all’analisi di rischio relativa applicata ai soli siti contaminati pubblici e/o di interesse pubblico, rappresenta un efficace strumento di programmazione degli interventi prioritari da attuare e permette altresì di accedere a finanziamenti europei e nazionali. Il Piano Regionale per la Bonifica delle Aree Inquinate (PRB), è uno strumento

Operazione di bonifica

Sito nazionale “Basso bacino del fiume Chienti”

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di carattere ambientale, il cui obiettivo principale consiste nell’individuare i siti da bonificare per poi procedere al loro risanamento con i tempi dettati dalla vigente normativa per quelli ad intervento privato e secondo criteri di priorità basati sulla valutazione del rischio per i siti pubblici e/o di interesse pubblico. In altre parole, si tratta di un piano che persegue direttamente obiettivi di sostenibilità ambientale legati al disinquinamento delle matrici ambientali (suolo, sottosuolo, acque superficiali e di falda) e, di conseguenza, alla riduzione del

rischio di esposizione della popolazione a situazioni di pericolo legate al degrado ambientale. L’attuazione delle previsioni del PRB dovrebbe, quindi, determinare impatti ambientali positivi significativi sul suolo, acque, popolazione e salute umana. Il PRB è parte integrante del Piano Regionale di gestione dei rifiuti (approvato dal Consiglio regionale con Deliberazione Amministrativa n. 284 del 15/12/1999) ed è costituito in primo luogo dall’elenco dei siti interessati da fenomeni di inquinamento delle matrici ambientali aggiornato alle notifiche pervenute al 31 dicembre 2006. Per ogni sito sono riportate informazioni relative a: localizzazione, cartografia, tipologia di inquinamento, stato di attuazione delle attività di bonifica a novembre 2009. Considerata la necessità di fornire un quadro aggiornato dello stato ambientale dei siti in questione, il Piano prevede le modalità e i criteri basilari per aggiornare l’Anagrafe dei siti da bonificare in ambito regionale, che viene aggiornata dall’ARPAM sulla base delle documentazioni pervenute in sede di Conferenza dei Servizi. Un’altra funzione del Piano consiste nell’offrire agli enti locali e alla cittadinanza un esaustivo quadro ambientale di ogni sito. Nello specifico il PRB si compone di varie sezioni: 1. Inquadramento normativo generale; 2. Obiettivi e definizioni; 3. Strumenti adottati; 4. Censimento dei siti inquinati; 5. Valutazione di rischio delle aree soggette a bonifica; 6. Siti di Interesse Nazionale (SIN); 7. Possibili interazioni con impianti a rischio di gravi incidenti, con l’Area ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale (AERCA) e con i luoghi oggetto di abbandono di rifiuti; 8. Danno ambientale; 9. Criteri generali per le attività di bonifica;


10. Interventi sui siti di interesse pubblico; 11. Gestione e fasi di bonificazione del territorio; 12. Attuazione del PRB e relativi aggiornamenti. Passando ai numeri del PRB, l’Anagrafe ha contato nelle Marche 422 siti contaminati: 104 nella provincia di Ancona; 63 in quella di Ascoli Piceno; 210 nella provincia di Macerata, e 45 nella provincia di Pesaro-Urbino. Il 36% dei siti inquinati deriva da attività industriali, il 28% da punti vendita dei carburanti e il 3% da discariche dismesse. I Siti di Interesse Nazionale presenti sul territorio marchigiano sono due: il sito di “Falconara Marittima” e quello del “Basso Bacino del fiume Chienti”. I SIN hanno una gestione separata dagli altri siti contaminati, in quanto le operazioni di bonifica sono coordinate direttamente dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con il supporto tecnico dell’ISPRA, dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’ARPAM. Questi siti hanno inoltre grande rilevanza ambientale sia per le superfici interessate, sia per le tipologie di contaminazione presenti. Nel SIN di “Falconara Marittima” vi sono 15 casi di siti contaminati; mentre in quello del “Basso Bacino del fiume Chienti” si registrano oltre un centinaio di siti interessati da fenomeni di inquinamento. Per quest’ultima area si è stipulato un Accordo di Programma in data 7 aprile 2009, che prevede un investimento pari a 3,61 milioni di Euro. Per il SIN di “Falconara Marittima” l’Accordo di Programma è stato siglato il 20 luglio 2010 e può beneficiare di un contributo ministeriale di 3,27 milioni di Euro, che deve essere però ancora erogato. Occorre sottolineare che, secondo il principio comunitario per cui “chi inquina paga”, il responsabile dell’inquinamento è obbligato a intervenire per la bonifica. Nel Piano si distinguono i siti pubblici e/o di interesse pubblico dagli altri di titolarità privata. Tra i primi rientrano anche quelli in cui il soggetto pubblico (es. Comune) si è sostituito al responsabile inadempiente. Per tutti i siti di titolarità o interesse pubblico è stata elaborata l’analisi di rischio relativo, che ha generato una graduatoria di priorità degli interventi di bonifica da effettuare. In questo modo il PRB

ha delineato un efficace programma d’intervento e delle possibili fonti di finanziamento. Di seguito si riporta il grafico relativo ai siti da bonificare suddivisi per provincia. Siti da bonificare. Anni 2002, 2004 e 2006

Fonte: Regione Marche, Servizio Ambiente e Paesaggio - Piano regionale per la bonifica delle aree inquinate

Sito nazionale “Falconara Marittima”

ACCORDO DI PROGRAMMA PER LA BONIFICA DEL SITO NAZIONALE “FALCONARA MARITTIMA” È stato sottoscritto lo scorso 20 luglio a Roma presso il Ministero dell’Ambiente l’accordo di programma per la bonifica del sito di interesse nazionale “Falconara Marittima”. Gli interventi previsti dall’accordo riguardano sia l’area marino-costiera (l’intervento più rilevante con 1.350 ettari da studiare in 12 mesi) che l’area a terra. In particolare gli interventi previsti riguardano: la bonifica dell'area del sottopasso di via Monti e Tognetti (ex area Antonelli); la bonifica dell'area del campetto sportivo al confine con Montemarciano; lo studio e la messa in sicurezza della falda acquifera; lo studio in tutto il territorio comunale dei valori di fondo naturale riferito ai metalli. Hanno sottoscritto l’accordo: Ministero dell’Ambiente, Regione Marche, Provincia di Ancona, Comune di Falconara Marittima e Autorità Portuale di Ancona. L’accordo contiene una vasta e diversificata gamma di operazioni affidate, per la parte di analisi e studio, ad ISPRA ed ARPAM, mentre la Regione, cui sono assegnati i fondi, provvederà al monitoraggio e all'aggiudicazione dei lavori. L’impostazione operativa è stata progettata sulla base della positiva esperienza sull’altro sito di interesse nazionale presente nelle Marche: “basso bacino del fiume Chienti”. Le operazioni previste comporteranno un costo complessivo di 3,27 milioni di Euro e saranno realizzate dopo la redazione del Piano di caratterizzazione (indagini, campionature, analisi) solo nelle aree pubbliche. Nel rispetto del principio “chi inquina paga” l'accordo prevede infatti interventi per le sole parti pubbliche o di interesse pubblico presenti nel sito, mentre le altre operazioni di bonifica sono in capo ai responsabili privati.

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COMUNI RICICLONI MARCHE 2010: APPIGNANO 1° CLASSIFICATO CON IL 78,7% DI DIFFERENZIATA Ben 27 i Comuni che hanno superato la soglia di legge del 50% a cura della Regione Marche

Sandro Donati, Assessore all’Ambiente

Si è tenuta il 22 ottobre scorso a Porto Sant’Elpidio l’edizione 2010 dell’annuale concorso “Comuni ricicloni Marche” organizzato da Regione Marche, Legambiente e ARPAM per sensibilizzare i Comuni sulla raccolta differenziata dei rifiuti. Ha conquistato il primo posto il Comune di Appignano (MC) con il 78,7% di RD nel 2009. Eccellenti anche i risultati raggiunti da Montelupone (MC) con il 77,7% e da Serra de’ Conti (AN) con il 77%. Sono ottimi i risultati di questa ottava edizione del premio “Comuni Ricicloni Marche” che ha evidenziato i

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soddisfacenti obiettivi raggiunti dalle amministrazioni che hanno deciso di scommettere sul sistema porta a porta. Grazie alla presenza organizzativa dei Consorzi, ottengono ottime percentuali e si confermano i leader nella regione i Comuni delle province di Macerata e Ancona. Confermata la presenza della provincia di Fermo, grazie al grande lavoro svolto dalle amministrazioni comunali di Torre San Patrizio (63% di RD) e di Porto Sant’Elpidio (62,16%) che è stato sempre presente nella classifica, avendo avviato il “porta a porta” per primo nella regione. Fa capolino per il primo anno la provincia di Ascoli Piceno con il Comune di Offida che chiude la classifica dei premiati con il 51,2% di raccolta differenziata. Sono purtroppo ancora assenti dalla classifica i campanili della provincia di Pesaro Urbino. Questi risultati sono la prova che, seguendo gli indirizzi regionali e mettendo in pratica le buone azioni locali, si può tranquillamente andare oltre gli obiettivi minimi di legge (50% per il 2009). In totale sono ben 27 sono i Comuni che hanno superato la soglia del 50%, un risultato sorprendente,

tenendo presente che sino a pochi anni fa le buone pratiche ambientali erano considerate una marginale testimonianza del senso civico dei cittadini. “I dati sono estremamente positivi commenta Sandro Donati, Assessore all’Ambiente della Regione Marche premianti di una cultura dell’ambiente e della sua salvaguardia, oltre che di un impegno fattivo diventato pratica quotidiana, che da tanti anni fa parte delle politiche di indirizzo e di programmazione della Regione Marche. Una Regione che in tutti i suoi livelli, dal tecnico-amministrativo al politico, basa la sua azione sul coinvolgimento interistituzionale, su una visione di matrice europea per la risoluzione della problematica, su un approccio non punitivo bensì premiante/promozionale”. Oltre al riconoscimento di merito, i Comuni vincitori sono stati premiati anche con un contributo economico regionale (200mila Euro in totale) definito anche in base al numero di abitanti. Anche l’edizione 2010 di “Comuni ricicloni” conferma il ruolo strategico dei Consorzi obbligatori istituiti dalla legge. Conferma la sua leadership


il COSMARI che è stato insignito del premio speciale “Consorzio Riciclone 2010” per aver raggiunto la maggior percentuale di raccolta differenziata nei primi nove mesi del 2010 con il 60,09% di RD. Sono stati consegnati infine 6 premi speciali agli enti che si sono comunque distinti per il buon lavoro svolto con progetti innovativi di gestione dei rifiuti: - premio speciale “Organizzazione e Gestione RAEE dell’Ambito” al COSMARI, per la pianificazione prima in Italia, sulla raccolta RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed elettroniche) di provenienza domestica; - premio speciale per l’opera giocosa “Il Principe della Differenziata” al Comune di Porto Sant’Elpidio e all’Eco Elpidiense; - premio speciale per la “Comunicazione partecipata in ottica qualitativa” al CIR33; - premio speciale per il progetto “Raccolta Oli Vegetali Esausti” alla Provincia di Ancona; - premio speciale “Piccolo Riciclone Pesarese” al Comune di Montecalvo in Foglia; - premio speciale per il progetto “Gli inerti nel sacco” al Comune di Folignano. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito www.ambiente.regione.marche.it (sezione “Rifiuti”).

Ecotassa ridotta per i Comuni virtuosi: nelle Marche è realtà La Legge Regionale 15/1997 che disciplina il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (ecotassa) prevede una riduzione in funzione della percentuale di RD raggiunta e una addizionale del 20% nel caso di non raggiungimento degli obiettivi minimi. Nella tabella si riporta sia la classifica “Comuni ricicloni 2010” che la riduzione sull’ecotassa regionale della quale beneficiano i Comuni.

Classifica Comuni ricicloni 2010 (RD oltre il 50% nel 2009) Comune

Prov.

% RD

Appignano

MC

78,70

Montelupone

MC

77,70

Serra de' Conti

AN

77,00

Montecosaro

MC

75,90

Urbisaglia

MC

72,50

Corridonia

MC

71,50

Tolentino

MC

71,40

Ripe San Ginesio

MC

70,40

Potenza Picena

MC

70,10

Loro Piceno

MC

69,30

San Severino Marche

MC

67,00

Civitanova Marche

MC

66,30

San Ginesio

MC

65,90

Torre San Patrizio

FM

63,01

Monsano

AN

62,84

Porto Sant'Elpidio

FM

62,16

Camerino

MC

61,90

Barbara

AN

60,24

Recanati

MC

59,70

Ostra

AN

58,89

Ripe

AN

58,86

Senigallia

AN

56,64

Camerano

AN

54,64

Ostra Vetere

AN

54,10

Castelleone di Suasa

AN

53,98

Monterado

AN

52,27

Offida

AP

51,20

riduzione ecotassa

-70%

-60%

-50%

-40%

-30%

Legenda Provincia di Ancona Provincia di Ascoli Piceno Provincia di Fermo Provincia di Macerata Provincia di Pesaro e Urbino

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LA REGIONE MARCHE CELEBRA L’ANNO INTERNAZIONALE DELLA BIODIVERSITÀ a cura della Regione Marche

L’ONU ha voluto ricordare il 2010 come l’Anno internazionale della biodiversità. Ogni anno ormai è dedicato a qualche avvenimento che, girato l’ultimo foglietto del calendario, rischia fortemente di essere dimenticato. Per la biodiversità, però, non può essere così: se le varie connotazioni che la rappresentano, a livello genetico, di specie o di ecosistema, vengono seriamente compromesse, come di fatto sta avvenendo, così da mettere in pericolo la vita stessa sulla Terra, l’attenzione dell’opinione pubblica non può durare un intervallo di dodici mesi. La biodiversità sta dentro e fuori ad ogni essere vivente, è il mosaico risultante dalla combinazione, spesso inestricabile e in parte a tutt’oggi indecifrabile, di ogni tassello che lo costituisce e di ogni ambiente in cui può prosperare, dal singolo filamento di DNA alla estensione incredibilmente vasta della foresta pluviale. Nella grande sinfonia della natura la diversità biologica si compone dell’armonioso ordito relazionale di piante, di batteri, di animali, di funghi… addirittura di ciascun organismo, di per sé unico e irripetibile esemplare nella peculiare rappresentazione dei suoi caratteri ereditari. Ebbene tutto questo sta scomparendo ad una velocità incredibilmente alta (100 volte maggiore a quella che si può desumere dai resti fossili) che al momento sembra difficilmente arrestabile, nonostante l’impegno della comunità internazionale. Gli esseri umani, essendo parte integrante di questo complesso dipendono dai processi naturali della biodiversità e degli ecosistemi, che di fatto erogano un flusso di “servizi” la cui continuità è essenziale per la nostra prosperità economica, per la sicurezza, per la salute e per gli altri aspetti della nostra qualità di vita, in termini di fornitura di beni (cibo, acqua, materie prime, energia…), di supporto al mantenimento dei cicli biogeochimici (idrico, suolo, biomasse...), di regolazione dei fenomeni naturali (clima, malattie, inondazioni..), di valenza culturale, estetica, educativa, spirituale.

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Preso atto della diffusa insufficiente conoscenza dei concetti legati alla biodiversità sopra richiamati, la Regione Marche si è impegnata ad affrontare alcune tematiche ambientali con l’organizzazione di un ricco programma di eventi per celebrare il 2010 come Anno internazionale della biodiversità, coinvolgendo il Coordinamento delle aree protette marchigiane: nell’ambito della Rete ecologica regionale, in via di istituzione, i Parchi e le Riserve debbono svolgere un ruolo di primo piano nel perseguire una mission rivolta allo studio e alla comprensione dei fenomeni correlati alla biodiversità e alle strategie da mettere in atto per preservarne l’integrità. È in fase di svolgimento il ciclo di 12 eventi, uno per ogni area protetta, pensato per affrontare il tema sotto vari aspetti caratterizzanti gli ambiti territoriali degli Enti organizzatori di volta in volta coinvolti o questioni di interesse generale. Si parla di specie e di habitat di elevato interesse naturalistico, come la tartaruga marina (Riserva della Sentina), le farfalle (Parco del Conero), i chirotteri (Riserva di Torricchio), gli insetti impollinatori (Riserva Ripa Bianca), i rapaci (Parco Gola della Rossa), le specie floristiche marchigiane (Riserva di Torricchio), gli habitat forestali nelle Marche (Riserva di Monte San Vicino e Monte Canfaito) e di problematiche che interessano le misure per la conservazione della natura afferenti al Piano di sviluppo rurale (Riserva dell’Abbadia di Fiastra). Di seguito si elencano gli altri 4 eventi ancora in programma:

19 novembre 2010 “La biodiversità ritrovata: azioni di riqualificazione territoriale ed interventi di reintroduzione faunistica” - Parco nazionale Monti Sibillini 26 novembre 2010 “La biodiversità e i servizi eco sistemici” - Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga


3 dicembre 2010 “Gli habitat dei prati-pascoli d'altura” - Parco naturale regionale Sasso Simone e Simoncello 10 dicembre 2010 “Le specie aliene nelle Marche” - Riserva naturale statale Gola del Furlo Tali appuntamenti trattano argomenti di rilevante valore scientifico e al contempo rivestono interesse per gli spunti gestionali e applicativi, in grado di offrire ai decisori politici soluzioni da adottare nelle scelte operative per uno sviluppo del territorio tendente al-

la sostenibilità. Per ogni appuntamento è prevista la partecipazione di molti esperti nelle varie discipline e di rappresentanti di associazioni e di organizzazioni coinvolte nella materia. L’idea che l’intero sistema di aree protette partecipi ad un’iniziativa avente come comune denominatore la biodiversità offre un valore aggiunto allo sforzo compiuto per mettere al centro dell’interesse pubblico questioni che rivestono attualità ambientale, economica e sociale: anche quando i riflettori accesi per l’esposizione internazionale di tali tematiche saranno spenti c’è l’auspicio di mantenere un livello di attenzione elevato e di impegno costante nell’attuazione delle politiche per il miglior governo del territorio.

foto di Paolo Agnelli

LA RETE REGIONALE PER LA CONSERVAZIONE DELLE TARTARUGHE MARINE Nel quadro degli avvenimenti, un significato del tutto particolare ha assunto il primo convegno svoltosi a San Benedetto del Tronto, riguardante la “Biodiversità marina: Adriatico un mare di tartarughe”, per aver contribuito alla promozione della Rete regionale per la conservazione delle tartarughe marine, la prima nell’Adriatico. La Regione Marche, nella primavera del 2010, ha infatti promosso un Accordo inerente l’istituzione di tale rete, sottoscritto dai Servizi regionali Ambiente, Agricoltura e Salute, dalle Aree protette costiere (Parco del Monte San Bartolo, Parco del Monte Conero e Riserva della Sentina), dalla Fondazione Cetacea di Riccione, dal Corpo Forestale dello Stato, dalla Direzione Marittima Regionale (Capitanerie di Porto), dall’ARPAM e dal CNR, con l’obiettivo principale di favorire le azioni di salvaguardia di questi rettili antichissimi che rivestono un’importanza fondamentale per l’ecosistema mare. Tale Accordo dà attuazione al protocollo d’intesa stipulato con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per il Piano d’azione nazionale avente lo stesso oggetto.

Liberazione tartaruga Atlante del 21 ottobre 2010 a San Benedetto del Tronto Si tratta di una Caretta caretta (specie protetta) di 60 chili e 20 anni circa (tradotto in età umana, tra i 70 e gli 80), una femmina che ha appena raggiunto la maturità sessuale. Si tratta di un esemplare piuttosto giovane, dato che le tartarughe marine vivono fino ai 70 anni, ma il suo carapace ha raggiunto già una lunghezza di 70 centimetri, mentre quello di un esemplare adulto varia dagli 80 ai 140 centimetri. È stata pescata nel gennaio 2010 dalla rete a strascico di un peschereccio a largo di Bellaria (RN) e aveva troppa acqua nei polmoni. Così ha trascorso questi mesi all’ospedale delle tartarughe a Riccione presso la Fondazione Cetacea. Sul sito www.ambiente.regione.marche.it (Biodiversità) il link al video della liberazione.

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ARPA MARCHE

POLVERI SOTTILI: INFORMARE, NON ALLARMARE di Roberto Oreficini Direttore Generale ARPAM

“Fondo/Urbano”, cioè di aree delle città fuori dai grandi flussi veicolari e i cui dati sono dunque indicativi delle PM 10 presenti come zoccolo nell’aria, e non invece indicatori dei picchi di traffico. Pur essendo del tutto evidente che i superamenti di Ancona-Bocconi, di Ancona-Porto e di Ancona-Torrette rappresentano un campanello d’allarme per la qualità dell’aria nella città (anche altri siti della regione, però, sono abbondantemente al di sopra dei limiti consentiti).

La Regione Marche è impegnata in queste settimane a raggiungere un’intesa con Comuni e Province su un decreto che fissi norme atte ad affrontare il problema dell’inquinamento atmosferico da polveri sottili. I dati forniti dalle centraline di monitoraggio sparse su tutto il territorio regionale dicono infatti che ci sono aree sulle quali grava un livello di presenza delle PM 10 che va oltre il limite di superamenti fissato in 35 giorni/anno del valore limite (50µg/mc) di polveri sottili nell’aria. Bisogna però evitare una lettura “allarmistica” dei dati, magari suggerita dai dati di alcune stazioni di “Traffico/Urbano” (come quelli delle centraline poste ad Ancona, al porto e nei punti più critici della città per il traffico veicolare), che non sono certo indicativi della condizione dell’aria nella città, ma solo del livello di inquinamento in quel punto. È utile segnalare che stazioni installate nelle stesse condizioni in altre province, come quella di Civitanova-Cecchetti e di Pesaro-Giolitti sono state a suo tempo rimosse e ricollocate in siti di

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Che cosa sono le polveri sottili Le PM 10 sono polveri di diametro pari o inferiore a 10 µ (micron, millesimo di millimetro), e sono costituite da un miscuglio di particelle carboniose, fibre, silice, metalli, particelle liquide le quali a loro volta possono essere costituite da inquinanti allo stato liquido o sciolti in acqua. L’origine delle PM10 è molto varia: dal sollevamento della polvere naturale, ai processi di combustione incompleta di derivati del petrolio (sia di origine industriale che domestica che da traffico autoveicolare), alla formazione di aerosol di composti salini, ecc. Le sorgenti antropiche principali sono: veicoli diesel; ciclomotori e motocicli a due tempi; usura dei freni, pneumatici e asfalto; risospensione; emissioni industriali; impianti termici a combustibili liquidi; combustione legna. Le PM10 sono costituite da una componente primaria ed una secondaria. I precursori di PM10 secondario sono: biossido di zolfo, ossidi di azoto, composti organici volatili e ammoniaca. La tossicità è legata soprattutto alla qualità chimica della polvere e in particolare alla capacità di assorbire sulla sua superficie sostanze tossiche, quali metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, ecc. Questo fenomeno di assorbimento interessa soprat-

tutto il particolato fine e ultrafine con diametro inferiore a, rispettivamente 2,5 µ, 1 µ ( PM2,5, PM1). La rete di monitoraggio La rete di monitoraggio regionale della qualità dell’aria evidenzia come l’inquinamento da polveri sottili, in particolare da PM10, sia presente nelle aree più antropizzate, con situazioni che risultano particolarmente evidenti nei periodi invernali sia a causa delle maggiori emissioni, in quanto alle fonti presenti nell’intero anno si aggiungono le emissioni dovute al riscaldamento domestico, sia a causa delle particolari condizioni meteorologiche che ostacolano la dispersione degli inquinanti. Come si è detto, alcune stazioni di monitoraggio poste in aree urbane hanno registrato superamenti del PM10 sia per quanto riguarda il valore limite su 24 ore che per quanto riguarda il valore limite annuale, per la protezione della salute umana. Diversi studi scientifici hanno dimostrato la pericolosità del materiale particolato per la capacità di raggiungere il tratto tracheo-bronchiale (PM10) o gli alveoli polmonari (PM2,5 e minori) e qui svolgere la loro azione nociva. Pericolosità legata non solo alla capacità di penetrazione nell’albero respiratorio, ma anche alle sostanze che si legano alle polveri quali metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, radicali liberi. Effetti avversi sulla salute possono essere sia di tipo acuto che cronico, determinando conseguenze anche letali, come rilevato da studi condotti negli Stati Uniti ed in vari Paesi europei in cui si evidenzia una stretta associazione fra i livelli di inquinanti atmosferici ed il numero giornaliero di morti o ricoveri in ospedale per cause respiratorie e cardiovascolari. Le fonti di generazione del materiale particolato possono essere moltepli-


ci, sia naturali che antropiche. Fra queste ultime le più rilevanti sono dovute ai processi di combustione di combustibili fossili, emissioni industriali e dal traffico veicolare. Studi e ricerche effettuate in relazione all’inquinamento da polveri sottili confermano come, in particolar modo in ambiente urbano, la loro origine sia prevalentemente antropica e il traffico stradale rappresenta il principale fattore di pressione sulla qualità dell’aria in queste aree. La provata pericolosità di questi inquinanti per la salute umana comporta la necessità di adottare provvedimenti che riducano le emissioni in atmosfera. Va in ogni caso sottolineato che l’aria è la più “globale” delle matrici ambientali, e dunque politiche di mitigazione e adattamento avranno efficacia solo se attuate su base territoriale molto vasta. Per semplificare, nelle Marche si potranno/dovranno attuare misure le più virtuose, ma se lo stesso non accadrà nella fortemente industrializzata e antropizzata Emilia Romagna, le polveri sottili dalla Val Padana raggiungeranno presto con vento da nord, il più frequente, la nostra regione. Le buone pratiche Gli americani le chiamano best practices, buone azioni, da noi si preferisce chiamarle politiche attive, cioè scelte efficaci. Si tratta delle azioni che si possono/si devono intraprendere per contrastare l’inquinamento atmosferico da polveri, sottili e ultrasottili e da altri tossici per fortuna più rari. Ecco dunque le 16 best practices, le sedici buone azioni per contrastare lo smog. Attenzione però; non se ne può scegliere una o l’altra: bisogna attuarle tutte insieme, altrimenti non funzionano.

1. Riduzione del traffico veicolare privato a favore di quello pubblico (parcheggi scambiatori, mobilità ciclopedonale, razionalizzazione distribuzione merci, car pooling, car sharing, mobility manager…) 2. Conoscenza dei flussi di traffico, del parco veicolare, della mobilità 3. Bollino blu veicoli 4. Sostituzione dei veicoli più vecchi “Euro 0” 5. Diffusione veicoli a ridotto impatto (elettrici, ibridi, gas) ed impianti di rifornimento 6. Diffusione di combustibili a basso tenore di zolfo e benzene (Direttiva 2003/17/CE) 7. Disincentivare l’utilizzo dei combustibili liquidi a favore di combustibili ecocompatibili (Direttiva 2003/30/CE) 8. Lotta alle emissioni diffuse (cantieri presenti sulle strade, ecc…) 9. Controlli degli impianti industriali e dei sistemi di abbattimento 10. Supporto della meteorologia alle reti di rilevamento della QA

11. Inventario delle emissioni 12. Bollino blu impianti termici 13. Vietare la combustione incontrollata delle biomasse 14. Corretta caratterizzazione del rilevamento 15. Informazione continua 16. Coinvolgere tutti gli attori (Regione, ARPAM, Comuni, Province, gestori impianti industriali, Aziende Municipalizzate, cittadini)

ARPA Marche Via Caduti del Lavoro, 40 int. 5 60131 Ancona Tel. 071 2132720 - fax 071 2132740 arpam.direzionegenerale@ambiente.marche.it www.arpa.marche.it

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COSMARI

L’IN HOUSE PROVIDING DEI SERVIZI PUBBLICI: COME SALVAGUARDARE LE ESPERIENZE PUBBLICHE DELLE MARCHE di Agnese Mengarelli

“L’in house providing dei servizi pubblici: come salvaguardare le esperienze pubbliche delle Marche” è questo il titolo del Convegno organizzato da COSMARI, che si è tenuto in occasione di ECOMONDO 2010, per discutere della gestione “in house” dei servizi pubblici, nell’ottica di preservare tutte quelle esperienze che nelle Marche, in questi anni, hanno dimostrato qualità nei servizi a costi di mercato, comunque contenuti, e con una gestione certamente virtuosa. Il Convegno è stato aperto dal Consigliere di Amministrazione di COSMARI, Giuseppe Speranzoni, che ha lamentato la difficoltà del Consorzio di fare una programmazione adeguata delle proprie attività a causa dell’incertezza normativa, nazionale e regionale. Si tratta di una problematica sentita da tutti i Consorzi che si occupano di smaltimento rifiuti, che impedisce di fatto la stesura di un piano industriale appropriato. “Tentare di far rimanere il servizio, come servizio pubblico, dove il Comune, che è socio del Consorzio come detentore del servizio, possa avere un ruolo attivo e non una sorta di delega ad altri soggetti, sia nella programmazione, che nella gestione diretta del servizio.” Questo obiettivo, espresso l’Assemblea

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dei Soci COSMARI, è quindi, di vitale importanza, purché salvaguardi quelle esperienze che hanno dato buoni risultati nelle Marche, altrimenti tutto il percorso intrapreso finora rischia di disperdersi in una “privatizzazione selvaggia che non avrà molti effetti positivi per la popolazione”. È seguito, quindi, l’intervento dell’Avv. Daniele Spinelli, che ha fatto un quadro della normativa nazionale in materia di in house providing. “La concorrenza è un valore nel momento in cui i suoi benefici effetti, nati da una corretta allocazione delle risorse, vengono conseguiti - ha sostenuto Spinelli - Se questi risultati non sono conseguiti, quel sistema non è un sistema concorrenziale.” Nel settore dei rifiuti, il Legislatore, prima del 2008, aveva scelto di impedire tout court l’affidamento in house, decretando di fatto l’impossibilità dell’autoproduzione. Con l’articolo 23 bis della L. 133/2008, questa possibilità è stata reintrodotta. Con la nuova normativa in materia di rifiuti, che prevede la soppressione degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), e la creazione delle Autorità d’Ambito (ADA), - ha proseguito Spinelli - “anche nella

Provincia di Macerata stanno scadendo alcuni contratti e ci si chiede che cosa fare. Gli affidamenti in house providing legittimi scadranno tutti il 31 Dicembre 2011, con un anno di tempo per mettere in atto le procedure di liquidazione. Mi sembra evidente che questa attività debba proseguire ex lege, per salvaguardare quella gestione unitaria di cui all’art. 200, che è l’obiettivo della legge.” A seguire l’Ing. Piergiorgio Carrescia, Dirigente PF Ciclo dei rifiuti Regione Marche, ha spiegato che l’ADA da soggetto giuridico autonomo ha assunto una posizione giuridica tutta da definire e le cui funzioni devono essere attribuite ad altri soggetti. La bozza che sta preparando la Giunta regionale in materia di rifiuti era già prevista dalla Legge Finanziaria del 2007, secondo la quale le Regioni avrebbero dovuto ridefinire gli Ambiti Territoriali Ottimali per razionalizzare i costi. Carrescia ha spiegato che gli ATO sono individuati dalle Regioni con apposita legge ed in essi operano le Autorità d’Ambito, enti con personalità giuridica che hanno, non solo il compito di organizzare, affidare e controllare la gestione integrata del servizio, ma anche di svolgere talune funzioni a loro delegate dalla Regione Marche.


Il soggetto gestore, a cui vengono attribuite le funzioni delle ADA, deve essere individuato mediante gara e nel rispetto dei principi comunitari; quindi la forma in house providing è prevista e non è minata dalla Legge Regionale. “Esisterà un soggetto - ha sottolineato Carrescia - al quale devono essere affidate le funzioni che il Decreto 152 e la Legge Regionale hanno riconosciuto e hanno posto in campo alle Autorità d’Ambito; il tutto in un contesto di gestione integrata dei rifiuti. Quindi la disciplina presuppone che vi sia un gestore unico o un unico soggetto che fa la governance nel settore rifiuti.” La questione della dimensione regionale dell’Ambito Territoriale va inquadrata in un’ottica di razionalizzazione della spesa, degli impianti e dell’intero sistema. La partecipazione dei Comuni è assicurata già dalla L.R. 24/2009. “La bozza che la Regione sta redigendo prevede la creazione di un’Agenzia Regionale Unica, alla quale vengono imputate le funzioni che sono richieste dal D.Lgs. 152/2006 e dalla L.R. 24/2009. Sono previste Conferenze Territoriali di Ambito, composte dai Sindaci dei territori interessati e dalle Province, che avranno potere decisionale. Il Direttore avrà una funzione di coordinamento - ha proseguito Carrescia - Il Piano d’Ambito sarà ovviamente regionale; coincidendo col territorio della regione, ma sarà articolato in Piani stralcio, la cui approvazione è affidata alla Conferenza Territoriale di competenza.” Sono previste 9 Conferenze Territoriali (5 per la gestione dei rifiuti e 4 per la gestione delle acque). Gli affidamenti potranno essere effettuati per singoli territori, ma resta comunque la necessità di coordinamento e razionalizzazione. L’affidamento verrà dato in base alla normativa comunitaria e l’effettivo passaggio di gestione avverrà solo dopo la nomina del Direttore dell’Agenzia Unica, per cui non ci sarà un periodo di vacatio legis. Protagonisti del Convegno sono stati gli enti territoriali, che, preoccupati dalla riforma della Regione Marche, sentono minacciata la loro autonomia. Renato Vallesi, Assessore alla Tutela Ambientale della Provincia di Fermo, non condivide l’idea dell’Agenzia Unica Regionale e sostiene che molti Comuni del fermano chiedono maggiore semplificazione procedurale, costi bassi di gestione e rivendicano un peso mag-

giore nei momenti decisionali. “I territori non vogliono essere espropriati di opportunità e del meccanismo positivo che è stato attuato, perché le decisioni che vengono prese dall’alto, spesso non conoscono le realtà territoriali.” Secondo l’Assessore Vallesi il ruolo della Regione dovrebbe essere quello di snellire la burocrazia e facilitare la realizzazione delle scelte dei Comuni e delle Province. La parola è poi passata a Mario Andrenacci, Sindaco del Comune di Porto Sant’Elpidio e Presidente ANCI Marche, che condivide l’obiettivo della Regione Marche di mettere ordine nella materia rifiuti, ma bisogna porre attenzione al cittadino, come principale protagonista di tutta la filiera dei rifiuti. “Serve una maggiore consapevolezza dei cittadini, per renderli protagonisti di un percorso - ha dichiarato Andrenacci - Noi possiamo mettere in piedi qualsiasi percorso legislativo, ma se pensiamo di imporre alcune senza una condivisione degli attori che sono i cittadini della Regione Marche, rischiamo di fare delle sovrastrutture che non raggiungono gli obiettivi prefissati”. Ha poi preso la parola Simone Cecchettini, Presidente CIR 33, che ha criticato la Regione per essere stata poco trasparente nella redazione della bozza della riforma, ma prende atto dell’apertura al dialogo del Dott. Carrescia. “Io vengo dalla Provincia di Ancona, dove c’è ancora la presenza di due Consorzi,

dobbiamo andare verso una struttura consortile di convenzione con i Comuni, modello COSMARI, che dobbiamo far diventare il modello marchigiano”. Secondo Cecchettini, quindi è necessario partire da esperienze virtuose, come quella del COSMARI, per elaborare una riforma regionale sui rifiuti che tenga conto della gestione in house providing. Inoltre, il coordinamento e la regia affidati all’Agenzia Regionale Unica sarebbe inutile, in quanto l’Assessorato Regionale all’Ambiente e la sua Struttura dirigenziale possiedono già tutte le competenze necessarie per svolgere la funzione di coordinamento ed per capire le problematiche che insistono sul territorio. Il convegno è terminato con le conclusioni del Direttore del COSMARI, Giuseppe Giampaoli, anche moderatore degli interventi dei relatori, che ha ribadito la possibilità di continuare con la gestione in house providing, a patto che l’Ambito non sia regionale ma prettamente locale: “Il rischio è quello di creare una struttura ampia e farraginosa, che avrà un effetto più frenante, che di accelerazione, delle nostre azioni”. Dopo le conclusioni, il Direttore Giampaoli ha presentato il IV Rapporto sulla raccolta differenziata “Porta a porta” del COSMARI, a cui sono seguite la Premiazione dei Comuni Virtuosi e la consegna all’Ambalt degli utili derivati dalla raccolta differenziata degli oli vegetali a cura della Adriatica Oli e COSMARI.

IV RAPPORTO COSMARI SULLA RACCOLTA DIFFERENZIATA “PORTA A PORTA” A margine del Convegno è stato presentato il IV Rapporto sulla raccolta differenziata “Porta a porta” attuato in provincia di Macerata e curato dal Direttore del COSMARI, Giuseppe Giampaoli. La media provinciale della raccolta differenziata, in questi anni è tendenzialmente salita: dal 3% del 1997 al 28,19% del 2007. Nel 2009 si è registrato il punto di inversione tra RSU e RD: da un anno si recupera più di quanto si smaltisce. Ad oggi i Comuni con il “Porta a porta” raggiungono almeno il 60% di raccolta differenziata, con eccellenze che superano l’80%. Nel 2009, i Comuni serviti dalla raccolta “Porta a porta” (circa 170.000 abitanti) hanno raggiunto la media del 67,26% di RD. Per quanto riguarda i costi, secondo i dati del bacino COSMARI del 2009 sono stati pari a 79,17 €/ab. anno. Considerando che nel 2010 i costi saranno ulteriormente ridotti, essi risultano sensibilmente inferiori anche a quelli della migliore realtà nazionale presa in considerazione (Lombardia 75,81 €/ab. Anno).

Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti Sede legale e operativa Loc. Piane di Chienti - 62029 Tolentino (MC) Tel. 0733 203504 - fax 0733 204014 cosmari@cosmari.sinp.net - www.cosmari.sinp.net

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