Fruitbookmagazine IDEE TENDENZE MERCATI BUSINESS
ELNATHEDITORE
LA REGINA È SOTTO ASSEDIO. RESISTERÀ? Pink Lady è stata la prima. È tutt’ora la numero uno. Ma quanto durerà? Nuove varietà club sono già sul mercato, altre stanno per arrivare. Una di queste promette molto bene N.2 l GENNAIO 2013 l TRIMESTRALE
Rosaria. La salute vien mangiando. E bevendo. Ricca di vitamine A, B, PP e C, ideale come coadiuvant della cura degli stati influenzali Ricca di antiossidanti contro l'invecchiamento
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Editoriale
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Eugenio Felice
Prezzi: una politica distruttiva Berlino, febbraio 2012, Galeria Kaufhof: mele Gala origine Italia vendute a 2,99 euro al chilo. Perpignan, aprile 2012, Carrefour: mele Golden origine Francia vendute a 2,50 euro al chilo. Madrid, ottobre 2012, Hipercor: mele Golden origine Italia vendute a 2,60 euro al chilo, Gala e Fuji origine Spagna rispettivamente a 2,75 e 3,15 euro al chilo. Tutte sfuse, categoria prima, calibro 80/85. Tre grandi nazioni, tre grandi città, tre grandi retailer: prezzi sempre superiori alla soglia dei 2 euro al chilo. Cosa succede in Italia? Le stesse mele nella grande distribuzione vengono vendute sempre a prezzi inferiori a quella soglia, anche di un 30/40 per cento, e sono sempre più sovente oggetto di promozione. Le motivazioni? Semplici. Da una parte il noto potere, anzi strapotere contrattuale della grande distribuzione, la quale, a ben guardare lo scenario europeo, soffre anche lei di nanismo e arretratezza. Dall’altra la stessa volontà della distribuzione moderna di non favorire lo sviluppo e la crescita del sistema ortofrutticolo nazionale, riconoscendo prezzi franco magazzino da fame che azzerano qualsiasi investimento. Pochissime le catene che escono da questa logica, e una di queste - sì, ci sbilanciamo - è Coop Italia. Le conseguenze? Le grandi organizzazioni di produzione del Trentino Alto Adige, grazie a economie di scala, marchi riconosciuti e sovvenzioni pubbliche, non si possono lamentare; gli altri gruppi sono obbligati invece a guardare oltre confine o a livellare la qualità, dei prodotti e del servizio, verso il basso. A rimetterci, alla fine della fiera, non è solo il sistema produttivo, ma anche il consumatore finale, che per trovare un po’ di qualità deve ricorrere al negozio specializzato o all’ambulante. Un invito quindi alla grande distribuzione: basta essere ossessionati dal prezzo, iniziate a competere sulla qualità, siate aperti alle novità, promuovete di più il consumo di ortofrutta. Ne trarrà beneficio tutto il sistema.
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FRUITBOOKMAGAZINE
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PAG.
EDITORIALE SOMMARIO IMMAGINI
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BUONE NOTIZIE I PIONIERI DICONO DI NOI IL DETTAGLIO MENS SANA MARKETING
CONTENUTI
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SI CHIAMA ENVY: SARÀ LEI L’EREDE DI PINK LADY? 34 IN VENTI ANNI MELETI DIMEZZATI IN VENETO
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26 / LA REGINA È SOTTO ASSEDIO MA TIENE LA CORONA
38 / L’ECCELLENZA ABITA IN ALTO ADIGE: IL CASO MARLENE
AGGREGAZIONE NECESSARIA, LO RIBADISCE NOMISMA 78 LE CINQUE REGOLE D’ORO PER SALVARSI DALLA CRISI PANORAMA iFRESH
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IDEE, TENDENZE, MERCATI, BUSINESS.
46 / SAPORE, RESIDUI, 52 / SI PUÒ MIGLIORAETICA: LA QUALITÀ SECONDO RE L’ESPOSIZIONE NEL COOP APPLICATA A MELINDA PUNTO VENDITA?
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l N.2 l GENNAIO 2013
58 / L’IMBALLO PIÙ IGIENICO? IL CARTONE
VINCE SULLA PLASTICA RIUTILIZZABILE
62 / IL VASSOIO E LA RIVINCITA DELLA CARTA SULLA PLASTICA
FRUITBOOKMAGAZINE
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ELNATHEDITORE Direttore responsabile: Eugenio Felice Hanno collaborato: Marta Baldini, Alice Capiaghi, Camilla Madinelli, Steven Maxwell, Irene Pasquetto, Maurizio Pisani, Andrea Settefonti
66 / NON SOLO FRAGOLE 70 / A VOLTE RITORNAA HUELVA. IL BOOM DEI NO. CHE SIA GIUNTO IL FRUTTI DI BOSCO
MOMENTO BUONO?
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Redazione e Pubblicità: Via Poiano 53 37029 - San Pietro in Cariano (Vr) Tel. 045.6837296 redazione@fruitbookmagazine.it adver@fruitbookmagazine.it Abbonamenti: Spedizione in abbonamento postale Abbonamento Italia: 60,00 euro Abbonamento Europa: 100,00 euro abbonamenti@fruitbookmagazine.it Graphic designer: Marco Fogliatti Fotolito e stampa: Vergraf Srl - Via della Metallurgia 11 37139 - Verona Tiratura numero gennaio 2013: 8.000 copie
74 / I CASTAGNI STANNO 86 / IL MESSICO CRESCOMPARENDO. MA CHI SCE E CERCA PIÙ SPAZIO L’HA DETTO?
IN EUROPA
Testata registrata presso il Tribunale di Verona
Associato all'Unione Stampa Periodica Italiana
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91 / PINKBERRY, LA FRUTTA CON LO YOGURT
CHE SPOPOLA NEGLI USA
FRUITBOOKMAGAZINE
94 / RETAILER SPAGNOLI IN AFFANNO, CON UNA ECCEZIONE
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Mani pulite Candidoni (Rc), 15 novembre 2012 Dal Sud del mondo al Sud Italia. Per il secondo anno sul mercato frutta equo solidale made in Italy. Protagonisti gli agrumi biologici della Piana di Gioia Tauro, venduti con il marchio Solidale Italiano Altromercato. A sostenere il progetto è CTM Agrofair, mentre il partner produttivo è la cooperativa Goel.
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Fuori dal tunnel Cologna Veneta (Vr), 12 dicembre 2012 A cinque anni dall’ottenimento dell’IGP, finalmente il radicchio rosso di Verona torna protagonista, grazie agli sforzi e alla perseveranza della OP Geofur di Legnago e, da ultimo, di OPO Veneto, che proprio da questa campagna è autorizzato a commercializzare l’oro rosso di Verona con il marchio europeo.
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La via della seta Cesena (Fc), 10 gennaio 2013 Si prepara il container per la spedizione in Cina, uno dei mercati di riferimento per il kiwi a polpa gialla Jingold, che cresce ogni anno di pi첫, a dispetto della batteriosi e della crisi. A dimostrazione che i progetti innovativi pagano. Peccato che la grande distribuzione italiana non se ne sia ancora accorta.
buone notizie |
Eugenio Felice
La nazione più obesa dice basta alle bevande gassate 14
Il declino di Coca-Cola e Pepsi sembra ormai inarrestabile. Il consumo della soda negli Stati Uniti è calato del 16 per cento dal 1998 ad oggi. Il che equivale a decine di miliardi di litri in meno in 15 anni. La motivazione? L’invecchiamento della generazione dei baby boomer e la maggiore consapevolezza sui danni che arrecano tali bevande. E se vanno alla grande energy drink e caffè, anche i succhi di frutta vivono una seconda giovinezza Tramonta il mito della bibita gassata negli Stati Uniti, la nazione con il più alto tasso di obesità nella popolazione. Coca-Cola, Pepsi, Dr Pepper & Co. registrano dal 2005 consumi inesorabilmente in calo. Dal 1998 ad oggi la flessione è stata del 16 per cento. Sono le nuove generazioni a tradire le abitudini dei genitori, i cosiddetti baby bommer, cresciuti ad hamburger, patatine e gli immancabili bicchieroni da litro della loro bevanda preferita. Nell’America di oggi che si stringe per la seconda volta intorno al presidente nero nulla è davvero più come prima. Una società sempre più salutista ha tolto gas alle bevande che hanno fatto la storia di questo grande Paese. L’America di oggi è nera come i caffè dei 14 mila Starbucks che si trovano agli angoli di ogni strada. FRUITBOOKMAGAZINE
Solo nell’ultimo anno il crollo a volume è stato per il comparto del 3,5 per cento, l’ottavo di perdite consecutive. E se finora i giganti delle bibite erano riusciti a far quadrare i conti alzando i prezzi, i volumi di vendita hanno comunque continuato a scendere. La tendenza nel resto del mondo seguirà prima o poi l’andamento degli States? Probabile, intanto il 60 e il 50 per cento delle vendite di Coca-Cola e Pepsi riguardano il resto del pianeta. Solo in Italia si consumano ogni anno 3 miliardi di litri di bibite gassate (53 per cento cole, 21 per cento aranciate, 9 per cento gazzose, 3,5 per cento chinotto). Più che sulle bollicine, la battaglia vera è contro il contenuto di zucchero, colpevole di aver trasformato gli Stati Uniti nella nazione più obesa della terra, con almeno un americano su quattro sovrappeso. Questo spiega la tenuta delle bevande cosiddette “diet”, che detengono una quota del 30 per cento nel mercato delle bibite gassate. Pepsi sarebbe addirittura vicina al dolcificante che non ingrassa ma purtroppo, come spiega l’ad Indra Nooy, “ci manca ancora un 10 per cento che è la parte più difficile da scoprire”. Aspettando la “cola perfetta”, i nemici del gas hanno preso le loro contromisure. L’esempio più eclatante: nella capitale morale d’America, New York, il sindaco salutista Mike Bloomberg, dopo aver spento le sigarette perfino nei parchi e sulle spiagge, ha imposto per decreto lo stop ai bicchieri da mezzo litro. Ma se scende il consumo delle bevande gassate e cresce quello dei caffè lunghi, sale anche quello degli energy drink, dei succhi di frutta (+25 per cento le vendite nel 2012 dei succhi “Naked” della Pepsi) e dell’acqua minerale. Tutte categorie su cui la santa trinità delle bevande a gas sta da tempo facendo shopping. l N.2 l GENNAIO 2013
i pionieri |
Eugenio Felice
DimmidiSì, in tre anni protagonista in Spagna 16
Innovazione, freschezza, qualità e servizio sono la parola d’ordine de La Linea Verde di Manerbio (Bs), azienda che nel 2009 ha aperto a Navarra la divisione spagnola, intuendo le ampie possibilità di sviluppo di un settore ancora acerbo. Ha creato il mercato delle insalate “baby leaf”, come la rucola e il lattughino, prodotti poco noti prima del suo ingresso in Spagna e che oggi valgono già un terzo dell’intero mercato Tra gli espositori italiani presenti all’ultima edizione di Fruit Attraction, in Spagna, lo scorso ottobre, c’era anche La Linea Verde, azienda bresciana specializzata nella quarta gamma, nelle zuppe fresche, nei frullati e da ultimo anche nei brodi freschi. Un’azienda che proprio con la quarta gamma è diventata leader nazionale. Un’azienda che ha fatto dell’innovazione di prodotto la sua missione. Un’azienda che ha investito da subito in una forte politica di branding, marchiando DimmidiSì tutti i suoi prodotti e aprendo degli store monomarca a insegna La Frescheria, il primo a Milano, dove i prodotti sono disponibili per l’acquisto o per il consumo in loco. Un’azienda che ha saputo internazionalizzarsi, creando una divisione in Spagna. FRUITBOOKMAGAZINE
“Il progetto spagnolo cresce in un humus favorevole alla nostra offerta” ci spiega Andrea Battagliola, responsabile marketing di Vegetales Línea Verde Navarra. “In Spagna la quarta gamma è un business ancora in via di sviluppo e rappresenta, pertanto, una piazza estremamente interessante e strategica per un player come La Linea Verde che mira sempre più a espandere la propria attività a livello europeo. Anche dal punto di vista economico, i risultati sono positivi, soprattutto considerando che lo start up è avvenuto nel 2009, nel pieno della crisi macroeconomica mondiale. Il 2011 si è chiuso con un fatturato complessivo di 18 milioni di euro. Ci aspettiamo buoni risultati anche per il futuro, considerando che il brand DimmidiSì è ben accolto dai consumatori spagnoli, un popolo dalla cultura simile alla nostra che può, quindi, ben apprezzare l’offerta di prodotti sani, buoni come fatti in casa e subito pronti. Anche in Spagna, come del resto in Italia, puntiamo su freschezza, qualità, innovazione e servizio, che da sempre costituiscono i nostri principali fattori di successo. Abbiamo esportato il nostro “sistema del fresco”, un modello organizzativo che consente di presidiare all’interno del perimetro aziendale le varie fasi di produzione: in campo, grazie alla partnership con il Gruppo AN, nei processi produttivi e in stabilimento. Come in Italia anche la sede di trasformazione spagnola è situata in un’area vocata alla coltivazione delle insalate di quarta gamma, favorendo così la qualità del prodotto finale. l N.2 l GENNAIO 2013
dicono di noi |
Eugenio Felice
Un consiglio? L’attenzione va sulla qualità, non sul prezzo 18
Alexander Frenkel è un nome che ai più non dirà nulla. Si tratta di uno degli imprenditori della frutta più potenti in Russia, essendo il fondatore e amministratore di Nevskaya Co., società nata nel 1994 a San Pietroburgo, capace di importare 215 mila tonnellate di frutta e ortaggi nel solo 2011, con un aumento del 31 per cento sull’anno precedente e tra le poche ad aver superato indenne la crisi finanziaria del 2008 Nevskaya Co. può vantare tra i suoi clienti, oltre a un centinaio di grossisti sparsi per le sconfinate regioni russe, anche alcune delle maggiori catene distributive, come X5, Metro, Real, Auchan, Atak, Lenta, Semja, Seventh Continent, Billa, Victoria, Giperglobus. La grande distribuzione rappresenta già la parte prevalente del business aziendale. Non si tratta solo di uffici, ma anche di magazzini per la conservazione, il confezionamento e la logistica del prodotto, presenti sia a San Pietroburgo che a Mosca. “Nel corso degli ultimi anni - spiega Gennadiy Frenkel, direttore del dipartimento import e figlio di Alexander - abbiamo sviluppato la distribuzione regionale tanto che oggi il nostro raggio d’azione copre un’area enorme, che va da Arkhangelsk a nord a Novorossiysk a sud, e da KaFRUITBOOKMAGAZINE
liningrad ad ovest fino a Krasnoyarsk in Siberia. I nostri principali fornitori di frutta e ortaggi sono l’Argentina, il Cile, il Sud Africa, il Marocco. A seguire diversi Paesi europei. L’Italia contribuisce con il 30 per cento delle nostre importazioni dall’Europa. Con le aziende italiane abbiamo stretto rapporti stabili e duraturi, grazie anche a pregi quali la flessibilità, il modo di fare gentile e informale, l’apertura al dialogo. Non abbiamo ad oggi particolari conflitti o tensioni con produttori italiani, a volte riscontriamo dei problemi legati alla qualità del prodotto, ma ciò riguarda anche ogni altro fornitore di altri Paesi, essendo frutta e ortaggi beni deperibili che possono essere facilmente compromessi durante il trasporto. Cosa dovrebbero fare gli italiani per migliorare la loro competitività? Quello che dovrebbe fare ogni altro fornitore di qualsiasi area del mondo: migliorare la qualità dei prodotti e assicurarsi che quella qualità arrivi fino alle nostre piattaforme”. Facendo parte dei Paesi Bric, assieme a Brasile, India e Cina, non potevamo non fare una domanda sull’andamento del mercato russo con riferimento alla dinamica dei consumi. “Il mercato è dinamico e si sta evolvendo velocemente - dichiara Frenkel - soprattutto per quanto riguarda la grande distribuzione. Mai come oggi catene regionali e internazionali stanno emergendo e diventando sempre più attive sul mercato. Questo per noi significa un aumento delle importazioni di frutta e ortaggi e spiega la crescita della nostra azienda in termini di volumi e fatturato. Altro elemento che sta favorendo l’aumento delle importazioni è la crescente consapevolezza dei consumatori russi dell’importanza di adottare uno stile di vita sano, che significa maggiore attività motoria ma anche maggior consumo di frutta e verdura”. l N.2 l GENNAIO 2013
il dettaglio |
Eugenio Felice
Frutta e vino. Binomio vincente per il negozio? 20
Frutta e ortaggi della migliore qualità, scelti sapientemente ogni mattina al Centro agroalimentare di Verona. Un’ampia offerta di frutta secca e ricoperta di cioccolato. Completare l’assortimento con vini nazionali e francesi. Condire il tutto con servizi a elevato valore aggiunto, come la consegna a domicilio e la preparazione e confezione dei pacchi natalizi. Ecco la ricetta con cui Magosso di Verona ha rilanciato il suo negozio specializzato Abbiamo incontrato Cristiano Magosso, classe 1973, lo scorso ottobre a Madrid, durante Fruit Attraction, la più importante fiera di settore in Spagna. Era seduto a un tavolo dello stand collettivo della Regione Veneto, assieme a Eleonora e Matteo Mosca della Garden Frutta, azienda veronese con radici trentine specializzata nelle fragole, nei frutti di bosco e nell’esotico di importazione. La cosa ci ha sorpreso, perché non ci saremmo mai aspettati di vedere un dettagliante specializzato a una fiera del genere. “Cosa c’è di strano?”, esordisce Magosso. “Nel negozio di famiglia teniamo frutta e ortaggi della migliore qualità e diversi prodotti provengono proprio dalla Spagna. Per me è un occasione sia per vedere di persona i fornitori sia per FRUITBOOKMAGAZINE
restare aggiornato sulle ultime novità. A parte le fiere, viaggio per andare a trovare i fornitori nel sud Italia. Muoversi è importante per allargare i propri orizzonti”. Il negozio di famiglia si trova a Dossobuono di Villafranca, in provincia di Verona. L’attività ha avuto inizio nel 1974. All’interno non si trovano solo frutta e ortaggi della migliore qualità, di tutte le provenienze, di prima, quarta e quinta gamma, ma anche frutta secca, disidratata, ricoperta di cioccolato, appositamente confezionate dai migliori laboratori del sud Italia. A completare l’offerta un’ampia selezione di vini nazionali e francesi, in particolare Champagne. “Quindici anni fa - spiega Magosso, che sotto le feste prepara anche qualche migliaio di confezioni natalizie - abbiamo deciso di arricchire l’offerta con il vino, ci siamo appassionati, siamo diventati sommelier. Prima poche bottiglie, poi sempre di più, fino ad arrivare ad avere, oggi, oltre 800 etichette. Per noi è stata un’evoluzione naturale: oltre che scuole, mense e asili serviamo infatti anche ristoranti e bar, con consegne a domicilio che facciamo ogni mattina”. Per l’approvvigionamento di frutta e ortaggi Magosso si rivolge al Centro agroalimentare di Verona. “Ogni mattina alle 3 mi reco al mercato per fare gli acquisti, visito mediamente una ventina di posteggianti al giorno, assaggiando sempre la merce per assicurarmi che la qualità sia eccellente”. Aspetto sul quale Magosso non transige: “Vede, in questi anni avremo anche perso qualche cliente per il prezzo, ma ne abbiamo guadagnati per la qualità”. l N.2 l GENNAIO 2013
mens sana |
Marta Baldini (dietista)
5 porzioni al giorno... ma attenzione alle quantità 22
Mangiare frutta e verdura fa bene, ma attenzione a non esagerare. Attenzione soprattutto a non considerare equivalenti frutta e verdura, perché la frutta è anche ricca di zuccheri semplici, che possono essere depositati come grasso corporeo se eccessivi. Al contrario la verdura è un alimento ricco di vitamine, minerali e fibra solubile e povero di carboidrati e calorie, caratteristiche che ne rendono il consumo libero, in funzione dei gusti personali Mangiare ogni giorno cinque porzioni di frutta e verdura è alla base della piramide alimentare ed è uno dei consigli offerto maggiormente dai dietologi per mantenere un buon stato di salute fisica. Con questo messaggio la maggior parte della gente si sente libera di “abusare” di quantità di frutta e verdura a qualsiasi ora della giornata. In realtà, la chiave di questo metodo salutare sono le porzioni. La regola è semplice: consumare 5 volte al giorno piccole porzioni di frutta (100-150 grammi al pezzo) e verdura (200 grammi) ogni circa 3 ore, così da rendere stabile la concentrazione di zucchero nel sangue (glicemia) durante la giornata e migliorare il senso di sazietà. I frutti possono essere inseriti tre volte al giorno alla fine di un pasto principale e/o come spuntino “spezza fame”; mentre le FRUITBOOKMAGAZINE
verdure non dovrebbero mai scendere al di sotto delle due volte al giorno, come contorno o piatto di pietanza principale. La verdura, in tutte le sue forme, è un alimento ricco di vitamine, minerali e fibra solubile (rallenta lo svuotamento intestinale e favorisce il senso di sazietà a livello intestinale) e povero in carboidrati semplici e calorie (in media 10 kcal per 100 g di prodotto). Queste caratteristiche bromatologiche (la bromatologia è la scienza dell’alimentazione che studia la natura chimica, il valore nutritivo, la conservazione e le alterazioni delle sostanze alimentari) e caloriche rendono la porzione di verdure giornaliera “libera”, valutata in funzione dei gusti personali e non condizionata dell’apporto energetico. Si potrebbe consigliare un aumento del consumo di verdura amara (cicoria, radicchio, porro, indivia, ecc), rispetto a quella più dolce (carote, zucchine, zucche, ecc) per incrementare e velocizzare parte del processo digestivo. Al contrario, non bisogna dimenticare che la frutta è un alimento ricco non solo di fibra e micronutrienti, ma anche di zucchero semplice (fruttosio-calorico), che può essere depositato come grasso corporeo se eccessivo e non utilizzato a scopo energetico. Per esempio, una mela media contiene 15 grammi di fruttosio, contro i 24 dell’uva e i 22 della banana, quantità paragonabile a 2/3 cucchiai di zucchero da tavola (88 kcal). Se da un lato le indicazioni della piramide alimentare di consumare cinque porzioni giornaliere tra frutta e verdura sono corrette per una sana alimentazione, dall’altra, è altrettanto importante rispettare le quantità delle porzioni massime consigliate (n 3/d di frutta: 350 grammi) per non superare la quota di zucchero giornaliera e indurre un processo di aumento ponderale o di intolleranza glucidica. l N.2 l GENNAIO 2013
marketing |
Maurizio Pisani
Se avete un bollino, avete una marca. O no? È recente la notizia dell’accordo tra Alce Nero e Brio, con il debutto della marca Alce Nero nel mondo dell’ortofrutta. Questa è una buona mossa per Brio (dando per scontato che sia stata fatta la due diligence del caso, e che la marca Alce Nero sia risultata sufficientemente conosciuta ed apprezzata da aggiungere valore ai prodotti commercializzati). E si. Avere una marca forte aiuta. Ma attenzione: una marca non è solo un bollino appiccicato sui prodotti C’è una bella differenza tra un bollino e una marca. Un bollino esiste sulla frutta o verdura. Una marca esiste nella mente del consumatore. E per arrivare nella mente del consumatore, si deve percorrere una strada lunga. Il primo passo, certo, è quello di mettere un bollino o qualcosa di simile sulla frutta. Scegliere un nome che identifichi i prodotti. Un nome basato su un’idea forte, differenziante, motivante per il consumatore (no, a meno di non chiamarsi Rana o Barilla e di avere tanti milioni di euro da investire in comunicazione per tanti anni, il nome del fondatore dell’azienda di solito non è granché rilevante per chi va a fare la spesa…). Se fatto bene, questo è un ottimo punto di partenza. FRUITBOOKMAGAZINE
Ma non basta. Per arrivare nella mente del consumatore si deve comunicare. Si deve far sapere a chi acquista perché è giusto spendere di più per le albicocche che hanno il bollino “x” rispetto a quelle che hanno il bollino “y” o non ne hanno nessuno. Altrimenti, l’idea forte, differenziante, motivante per il consumatore su cui ho sviluppato il mio nome e il mio bollino rimarrà un bello spunto di conversazione per le cene con gli amici e i parenti, ma non porterà ad alcun risultato commerciale significativo. Cioè, non permetterà di spuntare un prezzo più alto rispetto ai prodotti simili. Oggi, nell’ortofrutta, mancano un po’ tutte e due le cose. Cioè sono poche le marche fondate su idee forti, differenzianti, uniche. E pochissima è la comunicazione che ne viene fatta. Tutto questo porta tanti produttori in un circolo vizioso, in cui l’unica leva commerciale rimane il prezzo, e l’unico modo per vendere è avere un prezzo più basso degli altri. Ma non può essere più cosi. Produrre e vendere non basta più - o meglio, basta ancora se si produce a costi più bassi di tutti gli altri e si è disposti a lavorare con margini tendenti a zero. Bisogna iniziare a fare marketing seriamente. Si deve iniziare a capire che il marketing non serve solo alle aziende grandi. Serve anche a quelle piccole, per sopravvivere. Anche perché oggi, con i moderni strumenti del marketing e la rivoluzione digitale, non è necessario spendere milioni di euro per far arrivare i messaggi di marca ad un numero significativo di consumatori. Foto: Andrea Felice
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l N.2 l GENNAIO 2013
La regina è sotto assedio ma tiene la corona Strada in salita per le altre varietà club, non per Ambrosia Eugenio Felice
Pur non raggiungendo i livelli del Regno Unito, dove è diventata nel 2012 la terza varietà più venduta, Pink Lady continua il suo ritmo di crescita nel centro-nord Italia. Più difficile il percorso per le altre varietà club presenti sul mercato: Modì, Kanzi e Jazz fanno fatica a trovare spazio su uno scaffale già pieno. E spesso la promozione è l’unica strada percorribile. Discorso diverso per Ambrosia, una mela di successo e molto esclusiva, perché disponibile solo da Esselunga Lo diciamo subito, Pink Lady rimarrà la regina ancora per molti anni. Ha il vantaggio di essere stata la prima. Ha il vantaggio di avere un colore unico e distintivo. Ha il vantaggio di essere ormai riconosciuta dal consumatore italiano e di essere disponibile in grandi quantità. Questa l’opinione dei buyer di importanti catene distributive italiane che abbiamo intervistato e cui diamo spazio in questo articolo. Per le altre mele club, invece, la strada è decisamente in salita. Modì, Kanzi e l’ultima arrivata, Jazz, devono sgomitare a forza di promozioni per ritagliarsi uno spazio sullo scaffale che è già saturo. Inoltre sono tutte mele rosse bicolori, che l’italiano medio non è ancora in grado di riconoscere al primo sguardo. Ci vorrà del tempo, quindi, e molti investimenti in comunicazione prima di avere risultati apprezzabili. Sempre che arrivino, perché nulla è scontato. Fa eccezione la Ambrosia, la mela più esclusiva venduta in Italia, perché disponibile solo da Esselunga. Prodotta in Piemonte dalla Rivoira (ma impor-
tanti investimenti sono in atto anche in Val Venosta, come abbiamo anticipato sul numero di ottobre di Fm), ha saputo acquisire negli anni un pubblico di fedelissimi. Il suo unico difetto, che le impedisce di competere con Pink Lady, è proprio la ridotta disponibilità. Abbiamo citato le cinque principali varietà club presenti oggi in Italia. Di nuove ne arriveranno. Ci sono infatti investimenti in corso su altre varietà, come Evelina su cui sta puntando Melinda, o Envy su cui scommettono i grandi consorzi dell’Alto Adige. Ci sono poi delle varietà club che sono state selezionate in Italia ma che hanno successo all’estero, come Rubens. Infine, ci sono dei marchi che sono associati a una singola varietà (non soggetta però a licenza) e sono gestiti in modo simile ai club, come MelaPiù con la Fuji. La partita, comunque, per le mele club, si gioca soprattutto nel nord Italia. Il Meridione è più tradizionalista e l’unica mela di fascia premium è la Melinda, una marca che dà ai consumatori precise garanzie di qualità. Anche in questo caFRUITBOOKMAGAZINE
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Lady vale l’1 per cento del venduto mele “maPink cresce di anno in anno. Modì è in prova per il secondo anno. Non vedo possibilità per nuove varietà: lo spazio dedicato alle mele sullo scaffale è quello, non è che possiamo andare a rubarlo ad altri articoli ” , Stefano Cherubini (Coop Italia) 28
so, come per Pink Lady, essere partiti per primi, con una politica di branding e con campagne di comunicazione rivolte direttamente al consumatore finale, ha pagato molto bene. Le mele club, pur proposte, sono degli oggetti misteriosi e incompresi. Nel nord Italia, invece, la musica è diversa: la popolazione è più moderna e incline a sperimentare. Assomiglia, da questo punto di vista, al Regno Unito, dove guarda caso Pink Lady è stata nel 2012 la terza varietà più venduta a volume. Un fatto straordinario considerato quanto sia forte la private label oltre la Manica (42 per cento secondo ultimi dati) e quanto questo abbia ostacolato lo sviluppo di una marca commerciale come Pink Lady. Perché è bene ricordare che la formula a club nasce per valorizzare al meglio una nuova varietà, per dare reddito ai produttori e per contrastare il potere, o meglio lo strapotere, della distribuzione moderna. Come? Creando proprio una marca forte, con masse critiche tali da poter comunicare direttamente con il consumatore finale così da poter imporre alla distribuzione di commercializzare il prodotto senza banalizzarlo. Ci vogliono dei requisiti ben precisi: la programmazione e il controllo della produzione, la garanzia di standard qualitativi elevati, costanti e distintivi, una politica di prezzo coerente al posizionamento che il prodotto deve avere sul mercato, un’attenta politica di marketing e “brandizzazione”. FRUITBOOKMAGAZINE
Coop Italia. “Da due anni registriamo una flessione nella categoria mele per tutto il nostro sistema”, dichiara Stefano Cherubini, category manager Coop Italia, che ogni anno distribuisce circa 60 mila tonnellate di mele. “L’anno scorso il calo è stato del 2 per cento circa a quantità e del 4,5 per cento a valore. Non ci aspettiamo un cambio di tendenza nel 2013, almeno a quantità, mentre sui prezzi dovrebbe incidere la produzione di mele più bassa sia a livello nazionale che europeo. Se guardiamo un arco temporale più ampio e consideriamo le singole varietà, la Golden rimane la regina assoluta, con una quota del 50-55 per cento,
Kanzi, parola Swahili che significa “tesoro nascosto”, è un incrocio varietale tra Gala e Braeburn e sintetizza le migliori caratteristiche di queste tipologie di mela. La tipica dolcezza della Gala è infatti bilanciata dalle note aromatiche e acidule della
pur se in calo, dato che solo setteotto anni fa la quota era del 65 per cento. È la varietà più promozionata, quella dai grandi volumi. C’è poi la Red Delicious, con una quota del 17 per cento, che si mantiene perché negli anni, con l’adozione dell’atmosfera dinamica per la conservazione, è aumentata la sua disponibilità fino a giugno. Al terzo posto con il 15 per cento abbiamo la Gala, con trend calante. È disponibile dal 10 agosto a fine febbraio, potremmo tenerla di più ma siamo contrari all’utilizzo di Smartfresh e preferiamo sostituirla con la Pinova, prodotta in Alto Adige, varietà che per certi aspetti le assomiglia e che dura fi-
Braeburn. La proprietà è di GKE (Greenstar Kanzi Europe), che ha sede in Belgio. Il frutto è disponibile dalla prima settimana di ottobre in padella o in vassoio da quattro o sei frutti e viene prodotto e commercializzato in Italia dai consorzi altoatesini VOG eVI.P. Le ottime doti di conservabilità ne permettono l’offerta anche nella seconda parte della campagna, spesso in sostituzione di Gala. Quest’anno il raccolto complessivo delle mele Kanzi ha toccato in Europa le 45 mila tonnellate, con un incremento del 20% rispetto al 2011. In Italia ne sono state raccolte circa 5.500 tonnellate. Altre importanti aree di produzione sono l’Olanda, il Belgio, la Germania il Regno Unito e la Svizzera.
l N.2 l GENNAIO 2013
Lady cresce nonostante i prezzi alti e per “noiPink è già la sesta varietà più venduta. Il consumatore finale ormai la riconosce, è una varietà affermata, disponibile tutto l’anno grazie al prodotto di importazione. Modì non ha dato riscontri, forse proveremo Kanzi ” , Giuliano Canella (Alì/Selex) no a metà maggio. Al quarto posto c’è il vero fenomeno degli ultimi anni: la Fuji, di pianura e di montagna, oggi al 12 per cento ma che potrebbe arrivare al 15. Solo una parte trascurabile di queste, inferiore al 3 per cento, è venduta col brand MelaPiù. Il resto sono nicchie e tra queste c’è Pink Lady,
Pink Lady è il nome commerciale della varietà Cripps Pink, originaria dell’Australia, che fece il suo ingresso “down under” nel mondo delle mele nel 1973, conquistando il mercato 15 anni più tardi. L’Europa era ai suoi piedi poiché, con le sue caratteristiche di robustezza e resistenza, grazie alla
non è per tutti, così acidula e dura. La proponiamo da novembre ad aprile. Abbiamo fatto dei test con il prodotto dell’Emisfero Sud ma non hanno funzionato: la gente in estate vuole mangiare altri tipi di frutta, legati alla stagione e alla tradizione. Quest’anno, essendoci scarsità di mele rosse, abbiamo poi
sua particolare forma e al suo colore ha saputo conquistare numerosi consumatori. Una mela gradevole che non seduce solo per il suo aroma rinfrescante e il suo colore, ma anche per il suo particolare sapore. La richiesta di Pink Lady è in continua crescita, anno dopo anno. Dal 1999 VOG fa parte delle aziende dotate di licenza per la vendita di Pink Lady e ne garantisce oggi più della metà della produzione europea. Il raccolto italiano 2012 per questa varietà è stato di 58 mila tonnellate, non tutte imputabili al VOG. Altre importanti società di produzione si trovano infatti in Emilia-Romagna (Salvi, Mazzoni, Apofruit, Zani) e Veneto (COZ). Questa varietà cresce bene infatti anche in un ambiente di pianura.
Pink Lady
15 58 147 93% 94% 88% ma
campagna in corso in Italia
mila tonnellate
raccolto 2012 Italia
raccolto 2012 Europa
mila
tonnellate
degli italiani la considerano la più croccante
degli italiani la giudicano la più gustosa
che vale 650 tonnellate, quindi poco più dell’1 per cento del totale. È la varietà che spunta i prezzi più alti, la vendiamo sia confezionata che sfusa, ogni anno fa numeri maggiori in termini di vendite. È un prodotto diverso, con una grande personalità, piace a una parte dei nostri clienti anche se l N.2 l GENNAIO 2013
inserito nell’assortimento le Modì. L’anno scorso avevamo fatto un test tra febbraio e marzo, ma non era andato bene: il sapore, che per Coop Italia è un aspetto importantissimo, era inferiore rispetto ad altre varietà. Vediamo come andrà in questa campagna. Non vedo possibilità per altre varietà club.
degli italiani la ritiene la più succosa
FRUITBOOKMAGAZINE
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Teniamo Pink Lady e Modì. Abbiamo un assorti“mento già molto ricco, che comprende otto varietà. A meno che non si tratti di particolari offerte del fornitore, come l’anno scorso con la Golden Rosè di Rivoira, non c’è spazio per inserire nuove varietà club ” , Nicola Aldegheri (Maxi Di/Selex) 30
Selezionata in Italia dal Consorzio Italiano Vivaisti, con il giusto equilibrio tra dolcezza e acidità, croccantezza e succosità, Modì è la prima mela con misurazione del Carbon Footprint: le sue emissioni di anidride carbonica sono pari a 28 g di CO2 per
Le conosciamo, potremmo anche fare delle prove, ma lo spazio che possiamo dedicare alle mele nel punto vendita è quello, non è che possiamo andare a rubarlo ad altri articoli. Bisogna fare delle scelte”. Maxi Di (Selex). “Non c’è spazio per inserire nuove varietà club”, sostiene Nicola Aldegheri, da 15 anni alla guida dell’ufficio acquisti ortofrutta di Maxi Di Srl (già Commerciale Brendolan), assieme al collega Marco Varalta. Il gruppo veronese, associato a Selex, conta circa 300 punti vendita distribuiti nel Nord Italia, dagli ipermercati Galassia ai discount Dpiù. Quattro le piattaforme, di FRUITBOOKMAGAZINE
ogni kg prodotto, vale a dire il 49% in meno rispetto ad altre varietà di riferimento. Modì, incrocio tra le varietà Liberty e Gala, raccolto 2012 di 12 mila tonnellate, nasce ecologica grazie alla naturale resistenza ai principali patogeni e alle teciche di produzione integrata in campo; l’intervento dell’uomo nella coltivazione è ridotto, con effetti positivi sull’ambiente e sul benessere dei consumatori. La commercializzazione e promozione è affidata al consorzio Modì Europa, costituito nel 2007 da primarie aziende italiane. Oggi i partner produttivi nel nostro Paese sono AFE (Salvi), Agrintesa (Alegra), Apofruit, CICO (Mazzoni), Patfrut (Naturitalia), TC Frutta (Tagliani e Clementi) e VOG.
cui le primarie si trovano a Belfiore (Vr) e a Vercelli, da cui transitano 300 mila colli a settimana. “Abbiamo già un assortimento molto ricco, che comprende otto varietà. A meno che non si tratti di particolari offerte del fornitore, come è stato l’anno scorso il caso della Golden Rosè (si tratta di una Ambrosia sotto colore, ndr) proposta da Rivoira, non vedo come potremmo fare aggiunte. Le mele, in generale, non stanno andando male. Se è vero che i consumi di frutta sono in contrazione a causa della crisi, è vero anche che la mela è un prodotto di base cui difficilmente i nostri clienti rinunciano. Quindi i consumi non sono, per
Modì
12 7 6 web 28 49%
mila tons raccolto 2012
partner produttivi in Italia
Salvi Alegra Apofruit Mazzoni Naturitalia TC Frutta VOG
Consorzio Modì Europa
anni fa nasce
asse portante strategia comunicazione
emessa per ogni Kg prodotto
grammi di CO2
in meno di emissioni di CO2 rispetto a varietà standard
l N.2 l GENNAIO 2013
Modì finora non ha dato risultati positivi: è il “secondo anno che la proviamo, ma le vendite non sono entusiasmanti, anche perché si va a scontrare con le altre mele rosse e quindi c’è un problema di posizionamento, non sempre risolvibile con la vendita a vassoio ” , Fabio Chiesi (Conad Tirreno) questo articolo, in flessione. La parte del leone la fa la Golden, con trend stabile negli ultimi anni. A seguire la Red Delicious, che cala un po’ così come la Gala. Al quarto posto abbiamo la Fuji, con trend positivo, non solo a marchio MelaPiù. Per questa varietà preferiamo il prodotto di pianura, perché anche se difetta per colore, risulta superiore a quello di montagna per tenore zuccherino. Al quarto posto nelle vendite si colloca la Pink Lady, anche questa con trend in crescita, un gran bel prodotto, dal colore unico, che si è ritagliato il suo pubblico di affezionati. Chiudono il quadro la Renetta e la Granny, stabili, e un’altra mela club, la Modì, che teniamo in assortimento per via delle promozioni. Fa fatica a prendere piede, perché è bella da vedere ma il sapore non convince tutti. Lo stesso colore poi la fa andare in diretta competizione con la Red Delicious, che a quel punto viene preferita dal consumatore, dato che la conosce di più. Riguardo all’imballaggio, noi vendiamo per lo più sfuso, ad eccezione proprio delle mele club, che per questioni di prezzo e quindi di segmentazione vengono vendute nel vassoio da sei frutti. Questo permette di evitare che il cliente commetta errori nella pesatura e prezzatura dei frutti”. Conad Tirreno. “Pink Lady ha preso piede, ma è l’unica tra le mele club”, dichiara Fabio Chiesi, responsabile ortofrutta per Conad Tirreno. La signora in rosa “si dil N.2 l GENNAIO 2013
stingue dalle altre per la sua colorazione e con gli anni trova un sempre maggiore apprezzamento da parte del consumatore finale. Anche i nostri test confermano questo trend. Non possiamo dire lo stesso per Modì: è il secondo anno che la proviamo, ma le vendite non sono entusiasmanti, anche perché
MelaPiù è il marchio commerciale che contraddistingue il meglio della produzione della varietà Fuji della pianura Emiliano-Romagnola. Come nei club, anche in questo caso a promuovere e tutelare il marchio c’è un consorzio, con sede a Ferrara, nato nel 1994 proprio per rilanciare la meli-
si va a scontrare con le altre mele rosse e quindi c’è un problema di posizionamento, non sempre risolvibile con la vendita a vassoio. Permangono quindi delle perplessità, anche se è presto per fare un bilancio. Discorso analogo per Kanzi, che dalla scorsa campagna teniamo in prova, solo nella linea
confezionata in vassoio: è una buona mela, forse potrebbe trovare il suo spazio nella seconda metà della campagna, da marzo in poi, quando termina la Gala. Per le nuove mele club il problema è uno solo: lo spazio a scaffale è sempre lo stesso, mentre l’offerta varietale aumenta e aumenterà sempre di
coltura nelle aree di pianura. Come nei club, inoltre, il brand è associato a una singola varietà, la Fuji, dolce, croccante e succosa, la varietà più di successo degli ultimi anni. È disponibile tra ottobre e giugno, periodo durante il quale conserva inalterate tutte le sue caratteristiche qualitative. Produzione e vendite si concentrano in Italia. Fanno parte del consorzio AFE (Salvi), APO Conerpo, CICO (Mazzoni), Patfrut (Naturitalia), Minguzzi e Pempacorer. MelaPiù è coltivata con passione ed esperienza nel rispetto dell'ambiente e della salute del consumatore, grazie a metodi di produzione integrata regolati da uno specifico disciplinare che le permette di fregiarsi anche del marchio regionale “Qualità Controllata”.
più. Non possiamo andare a toccare le varietà tradizionali, che continuano a vendere regolarmente, a partire dalla Golden, che ha un trend stabile negli ultimi anni e domina nelle aree che serviamo, così come dominano le rosse Red Chief, pur se in calo, e Fuji, in aumento”. FRUITBOOKMAGAZINE
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Le mele club non fanno numeri nel sud Italia, “sono per veri intenditori. Ogni anno ci riproviamo, ma i risultati sono sempre deludenti. Non convincono il consumatore e il motivo è semplice: non si chiamano Melinda, che qui è l’unica mela marchiata apprezzata ” , Maurizio Aita (Gam/Despar) 32
Alì (Selex). “Abbiamo venduto più mele nel 2012 rispetto all’anno prima”, spiega Giuliano Canella, responsabile acquisti ortofrutta di Alì Spa, catena aderente a Selex, 100 punti vendita distribuiti nel Nordest, una piattaforma a Padova e 160 mila colli movimentati a settimana. “È un articolo che per ora non risente della crisi. Anche Pink Lady, che per noi è la sesta varietà più venduta dopo Golden, Fuji, Red Delicious, Gala e Morgenduft, si è comportata molto bene, nonostante i prezzi elevati. Il consumatore finale ormai la riconosce, è una varietà affermata, disponibile tutto l’anno grazie al prodotto di importazione. Se guar-
Nella mitologia greca Ambrosia significa cibo degli dei. Originaria del Canada, è stata scoperta casualmente dalla famiglia Mennel e registrata nel 1993. Con la sua colorazione unica (domina il rosso, è presente anche il giallo e delle sfumature rosa), la croc-
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diamo al trend degli ultimi anni, a quantità, la varietà che sta crescendo di più è la Fuji, sia quella di pianura a marchio MelaPiù sia quelle di montagna. Sta crescendo poi la Golden, anche se su questa varietà hanno inciso molto le promozioni, che hanno favorito anche le Morgenduft. Cresce anche la Gala, mentre una lieve flessione interessa le Red Delicious. Cresce poi la Renetta, per via del riposizionamento verso il basso del prezzo, ormai lontano dai 2 euro di pochi anni fa. Stazionaria la Granny Smith. In generale sull’andamento delle vendite ha inciso in modo determinante la promozione. Riguardo alle varietà club, nel 2012
cantezza fuori dal comune e il sapore dolce e inebriante, ha conquistato in pochi anni moltissimi estimatori, in ogni parte del mondo. In Europa Ambrosia è prodotta dalla Rivoira Giovanni e Figli Spa, azienda piemontese che ne detiene l’esclusiva di produzione in Europa e di commercializzazione in Europa, Medio Oriente e Nord Africa. Di pochi mesi fa è l’accordo con la VI.P per la produzione della Ambrosia anche in Val Venosta, accordo finalizzato ad aumentare l’offerta per meglio soddisfare la crescente domanda. Ambrosia viene venduta in Italia in esclusiva da Esselunga, dove non è mai stata oggetto di una promozione. il raccolto 2012 è stato di 9 mila tonnellate.
Ambrosia
1993 9 25 2 100 250
anno di registrazione in Canada
mila tonnellate
raccolto 2012 Italia
mila tonnellate raccolto stimato 2018 in Italia
regioni produttive
in Italia (Piemonte e Val Venosta)
ettari nuovi
investimenti in Val Venosta
mila piante
nuovi investimenti in Piemonte
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La tendenza degli ultimi anni? Non è rilevante, “perché ogni anno fa storia a sé. In questa campagna, ad esempio, la produzione è scarsa e i prezzi sono più alti. Quindi si vendono meno mele. Ma questo cosa significa? Che le mele risentono forse della crisi? Tutt’altro ” , Antonio Agresta (Carrefour) 33
abbiamo avuto una prova di due mesi con la Modì, con tanto di attività promozionale in store, ma non ha avuto riscontro positivo da parte del consumatore e quest’anno non la riproponiamo. Forse faremo una prova con Kanzi, anche se la varietà non ci convince del tutto. Per quanto riguarda l’imballaggio, nei nostri punti vendita funzionano lo sfuso e il sacchetto, mentre il vassoio non è mai decollato”. Carrefour. “Man mano che ci vengono proposte le mettiamo in assortimento e le testiamo, non abbiamo preconcetti”, dichiara Antonio Agresta dell’ufficio acquisti di Carrefour, che ricordiamo essere il primo distributore europeo e il secondo al mondo, presente in Italia con le insegne Iper (grandi superfici), Market (medie superfici) ed Express (piccole superfici). “Sui nostri scaffali si trovano Pink Lady, Modì, Kanzi e MelaPiù. Le vendite sono limitate, parliamo di piccoli numeri, vanno bene solo quando sono soggette a promozione. I grandi volumi si fanno sempre sulla Golden, la mela più promozionata. La tendenza degli ultimi anni? Non è rilevante. E lo sa perché? Perché ogni anno le cose cambiano perché cambiano le variabili che vanno a incidere sul prezzo. In questa stagione, ad esempio, la produzione è scarsa e i prezzi sono naturalmente più alti. Quindi si vendono meno mele. Ma questo cosa significa? Che le mele sono un articolo che risente della crisi? Tutt’altro”. l N.2 l GENNAIO 2013
Jazz è il marchio che contraddistingue le mele di migliore qualità della varietà Scifresh, selezionata in Nuova Zelanda e di proprietà di Enza. Nasce dall’incrocio di Royal Gala e Braeburn. Grazie al suo sapore piacevole, alla sua croccantezza e ai suoi
Gam (Despar). “Le mele club non fanno numeri nel sud Italia, sono per veri intenditori”, commenta Maurizio Aita, da dodici anni responsabile ortofrutta per Gam Spa, catena aderente a Despar Italia. La piattaforma di San Marco Argentano (Cosenza), muove 60/70 mila colli a settimana e si occupa non solo di logistica ma anche di confezionamento per i punti vendita, 80 di proprietà e una ventina associati distribuiti tra Calabria, Basilicata e Campania. Le mele non hanno per ora registrato flessioni nelle vendite e il 90 per cento di queste sono vendute sfuse. “Ogni anno ci riproviamo, ma i risultati sono deludenti. Que-
colori, questa mela ha avuto subito molto successo a livello internazionale. Particolarmente diffusa in Europa, è recentemente arrivata anche nei meleti altoatesini. Questa è la prima stagione che VOG propone Jazz nella grande distribuzione italiana, con un raccolto 2012 pari a 2.045 tonnellate. La polpa croccante è ricca di aromi, il sapore è dolce con una lieve sfumatura acidula che le dona il giusto tocco di freschezza. Questa armonia è dovuta alla sua origine: dalla Royal Gala ha ereditato la dolcezza, mentre dalla Braeburn ha ereditato il sapore leggermente acidulo. Quanto al colore, su un fondo giallo-verde spiccano delle strisce aranciate che piano piano virano in un rosso acceso.
st’anno avevamo anche l’iniziativa “la festa della mela”, dal 20 novembre al 15 dicembre, con schierate ben quattro varietà club, la Pink Lady, la Kanzi, la Modì e la Jazz, ma è andata via al massimo mezza pedana per varietà. Non c’è niente da fare, non convincono il consumatore. Il motivo è semplice: non si chiamano Melinda, che qui è l’unica mela “marchiata” veramente apprezzata e riconosciuta. Piacciono le mele di montagna, fresche, croccanti e di qualità. Tutto il resto viene venduto senza marchi a 0,89 o 0,99 euro al chilo, altrimenti non si fanno volumi”.
FRUITBOOKMAGAZINE
Si chiama Envy: sarà lei l’erede di Pink Lady? Nasce in Nuova Zelanda, come Jazz, Gala e Braeburn Eugenio Felice
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Rossa fuori, bianca dentro. Una varietà superiore sotto molti punti di vista, di proprietà di Enza, già prodotta in Nuova Zelanda e apprezzata in Asia. Su questa varietà scommettono i grandi consorzi dell’Alto Adige, VOG e VI.P, che si sono assicurati l’esclusiva di produzione per l’Italia. Gli alberi prova in quest’area hanno dato i migliori risultati. Abbiamo intervistato Marc Leprince (nella foto a lato), European manager di Enza, all’indomani della firma dell’accordo L’invidia è uno dei sette peccati capitali. Il rosso il colore della passione e del desiderio. Aspetti quasi banali, scontati, ma non nel settore ortofrutticolo, dove spesso ci si dimentica anche delle cose più elementari e si è digiuni delle tecniche per attirare il consumatore. Bisogna dire che a un esame di marketing emozionale Enza - storica società neozelandese che nel 2003 si è fusa con la connazionale Turners & Growers, altro grande player globale - sarebbe promossa a pieni voti. Nome non poteva essere più adatto per strizzare l’occhio al consumatore moderno e spingerlo ad assaggiare questa mela rossa, dolce e croccante. Quando ce la siamo trovata davanti all’ultima edizione di Asia Fruit Logistica, lo scorso settembre a Hong Kong, a fianco alla sorella Jazz (ecco, in questo caso il nome ci piace di meno), non sapevamo di essere al cospetto della varietà che entro dieci anni potrebbe togliere la corona a Pink Lady. Questa almeno è l’opinione che ci siamo fatti. Le carte vincenti sono il sapore dolce, la croccanFRUITBOOKMAGAZINE
tezza, il colore, il calibro grande, la lunga conservabilità. Caratteristiche appannaggio anche di altre varietà. Non potrebbero farne una vera regina se non si aggiungessero altri tre assi: l’aroma straordinario, l’aspetto emozionale (a partire dal nome, come dicevamo), per finire con una caratteristica unica, quella che i fun dell’informatica chiamerebbero “killer application”: una volta tagliata, grazie a degli enzimi naturalmente presenti nella polpa, la mela non subisce il processo di ossidazione, non imbrunisce per dirla in parole più semplici, rimane bianca per svariate ore, fino a dieci. Una cosa incredibile, se non lo avessimo potuto constatare con i nostri occhi allo stand di Enza. Una caratteristica molto apprezzata nei mercati asiatici, dove per tradizione la mela viene tagliata prima di essere servita a tavola e dove, guarda caso, Envy sta avendo un ottimo riscontro di mercato. Così, durante una breve chiacchierata con Tim Jacometti, export manager per Delica Group, partner statunitense di Enza, abbiamo
Tra i pregi di Envy c’è una caratteristica unica: una volta tagliata, grazie a degli enzimi naturalmente presenti nella polpa, la mela non subisce il processo di ossidazione, non imbrunisce per dirla in parole povere, rimanendo bianca per svariate ore.
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Foto: Andrea Felice
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appreso che Envy ha gli stessi padri di Jazz, essendo un incrocio tra Braeburn e Gala - varietà, queste, selezionate molti anni fa proprio in Nuova Zelanda - e sarà presto prodotta anche in Süd Tyrol. Abbiamo quindi chiesto e ottenuto un incontro con Marc Leprince, da dieci anni European Manager di Enza, per avere maggiori dettagli in merito. L’incontro è avvenuto a Bolzano a inizio dicembre. “Chiariamo subito una cosa - ci ha detto il manager francese, con alle l N.2 l GENNAIO 2013
spalle una lunga esperienza presso il retailer francese Casino Jazz ed Envy sono entrambe un incrocio tra Braeburn e Gala ma il sapore è completamente differente. Envy ha un tenore zuccherino più alto e un minor grado di acidità. Anche la forma è diversa, essendo Envy più larga e piatta. Sono in sostanza due mele differenti che si rivolgono a due differenti tipi di consumatori. Hanno una caratteristica importante che le accomuna: mantengono a lungo la
croccantezza e il sapore grazie a una grande densità della polpa”. “Mi trovo qui a Bolzano - ha spiegato - perché stiamo definendo i dettagli del piano produttivo e commerciale con i nostri partner VOG e VI.P, che avranno l’esclusiva produttiva in Italia per Envy. I test che abbiamo svolto negli ultimi anni hanno dato degli ottimi risultati in quest’area, i migliori d’Europa. Qui si concentrerà quindi la produzione, affiancata dal Sud Ovest della Francia e dal Nord della FRUITBOOKMAGAZINE
Envy INCROCIO TRA
ORIGINE
PROPRIETARIO
Nuova Braeburn e Gala Enza Zelanda VOG e VI.P Jazz 2015 LICENZIATARI PER L’ITALIA
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Spagna, ma con superfici meno estese. Un certo numero di alberi sarà piantato il prossimo marzo, ma le superfici maggiori saranno occupate nel 2014 e 2015. A livello commerciale quindi, le prime quantità made in Italy raggiungeranno il mercato non prima del 2015”. Il raccolto si svolge nella seconda metà di ottobre, come per la varietà Fuji. Leprince non si è voluto sbilanciare subito su quanti ettari saranno effettivamente investiti a Envy, ma ha dichiarato che i programmi “sono ambiziosi, anche se non dovremo superare, a livello europeo, la superficie dedicata a Jazz, che secondo i nostri obiettivi dovrebbe raggiungere gli 850 ettari entro il 2014, divisi tra Francia, Regno Unito, Süd Tyrol, Svizzera e Austria”. Jazz a regime coprirà tra i produttori associati alle cooperative del VOG circa 120 ettari, il 15 per cento del totale europeo. A noi è giunta spontanea la domanda: come mai la Jazz viene piantata soprattutto in Francia mentre la Envy sarà piantata soprattutto in Süd Tyrol? Leprince non ha avuto dubbi: “Per due motivi. Il primo, come dicevo, perché qui gli alberi prova hanno dato i migliori risultati, sotto tutti i punti di vista. Il secondo, è che sia VOG che VI.P si sono mostrati entusiasti di questa nuova varietà e molto disponibili a investirvi”. Dal punto di vista commerciale, “i due consorzi altoatesini potranno vendere liberamente sul mercato italiano, tenendo conto di un best maximum FRUITBOOKMAGAZINE
SORELLA DI
PRIMI FRUTTI MADE IN ITALY NEL
Lo stand di Enza all’ultima edizione di Asia Fruit Logistica, importante fiera di settore che si tiene a Hong Kong ormai da diversi anni. In quest’area del mondo la nuova varietà Envy sta avendo un ottimo riscontro di mercato.
advised price indicato da Enza, mentre le vendite saranno sotto la regia di Enza stessa in Germania, Regno Unito e Scandinavia. Nelle aree scoperte le vendite saranno coordinate. La produzione europea servirà principalmente il mercato interno e quello mediterraneo”. Le aree più produttive oggi sono la Nuova Zelanda, con una produzione 2013 che sarà doppia rispetto alla precedente campagna, grazie alla progressiva entrata in produzione dei nuovi impianti. Il periodo di commercializzazione in questo caso va da maggio a settembre e già quest’anno sono arrivati dei piccoli quantitativi in Germania e
nel Regno Unito. Mercato di riferimento in questo caso rimane quello asiatico. Altra area produttiva significativa è - o meglio sarà - il Nord America, con campagna commerciale analoga a quella europea, quindi con avvio delle vendite a ottobre. Mercati di riferimento in questo caso saranno quello interno, che già ha manifestato grande apprezzamento per Envy, e di nuovo quello asiatico, che così potrà avere una fornitura ininterrotta per 365 giorni all’anno, grazie anche alla produzione programmata in Corea del Sud.
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L’eccellenza abita in Alto Adige. Il caso Marlene La nostra visita alla cooperativa Cafa Merano Eugenio Felice
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Zone montane altamente vocate, tecniche di produzione rispettose dell’ambiente e dei consumatori, stabilimenti per la conservazione e il confezionamento delle mele all’avanguardia, un’organizzazione commerciale forte organizzata in poli capace di guadagnare nuovi mercati e collocare più di 400 mila tonnellate di mele, un marchio riconosciuto e apprezzato sul mercato italiano. È questo l’identikit del consorzio VOG. Ecco la storia di una delle sue cooperative Benvenuti nel futuro. Potrebbe esserci questo cartello all’ingresso della Cafa, una delle più importanti tra le sedici cooperative aderenti al VOG, a sua volta il maggior consorzio melicolo del Trentino Alto Adige, conosciuto dai consumatori italiani per il suo marchio commerciale Marlene e la qualità dei suoi frutti. Prendete l’autostrada e uscite a Bolzano Sud, dirigetevi verso Merano imboccando una comoda superstrada e in pochi minuti sarete arrivati. Se starete attenti noterete, a poche centinaia di metri dalla meta, la storica sede della cooperativa, visibile sulla destra anche dalla superstrada, una struttura imponente che porta il peso degli anni, ormai in disuso da 1964 e ancora in attesa di nuova destinazione. Se non starete attenti, invece, com’è successo a noi, imboccherete la strada sbagliata e vi troverete in un attimo a Marlengo, davanti alla sede della cooperativa Cofrum. Stessa vallata, poche centinaia di metri di distanza in linea d’aria, altra importante cooperativa aderente al VOG. Non c’è da FRUITBOOKMAGAZINE
sorprendersi, del resto ci troviamo nel più importante distretto melicolo d’Europa. Non sapevamo, quando ci siamo diretti alla Cafa, acronimo di Consorzio Anonimo Frutticoltori Associati, che ci saremmo trovati di fronte a uno stabilimento così avanzato. La ragione della nostra visita era un’altra: vedere cosa sta dietro a una mela Marlene, a parte l’ambiente montano in cui vengono prodotte, e capire quanto si è spinta avanti la recente riorganizzazione commerciale del consorzio VOG. Per questo ci siamo rivolti direttamente a una delle sedici cooperative associate, non solo una delle più antiche, essendo nata nel lontano 1933, ma anche una delle maggiori per dimensioni, con 354 soci, una superficie netta a frutteto di oltre mille ettari e un potenziale produttivo di 60 mila tonnellate in un’annata normale. Annata normale, sì, lo precisiamo perché quella appena passata invece non lo è stata affatto: la straordinaria gelata della domenica di Pasqua si è portata via il 27,5 per cento del raccolto, in una delle aree più col-
pite in Alto Adige. Il raccolto 2012 conferito alla Cafa è stato quindi di sole 47 mila tonnellate contro le 65 mila del 2011. 80 anni e non sentirli. Diciamolo subito, di cooperative che lavorano mele ne abbiamo visitate diverse in giro per il nord Italia. E poche settimane prima della nostra missione a Merano eravamo stati a Segno di Taio, sulle montagne trentine, allo stabilimento della cooperativa Cocea, aderente a Melinda. Quindi un’idea di cosa avremmo visto alla Cafa ce la eravamo fatta. Bene, ciò che abbiamo visto è andato ben oltre le aspettative. Ci accoglie Stefan Mittermair, direttore della cooperativa l N.2 l GENNAIO 2013
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dal 1998 e membro del board direttivo del Polo di Merano (ne parleremo dopo). Dal suo ufficio ci guida verso la sala riunioni, passando attraverso ambienti ordinati e rigorosi, con luci che si accendono automaticamente al passaggio, così come automaticamente si aprono le porte. Lungo il percorso delle ampie vetrate lasciano ammirare le montagne circostanti. “Per essere precisi - esordisce Mittermair - la denominazione corretta è Cafa Merano perché nel 2006 abbiamo incorporato la Cooperativa Frutticoltori Merano. Un anno dopo abbiamo avviato un’importante ristrutturazione dello stabilimento, cercando, tra le altre cose, di automatizzare il più possil N.2 l GENNAIO 2013
Golden e Red Delicious a Merano esprimono una qualità eccellente. A seguire Gala, Braeburn, Fuji, Granny Smith e Pink Lady
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COOPERATIVA
FOND
SEDE
FRUBONA KURMARK-UNIFRUT GRUFRUT FRUCHTHOF CAFA COFRUM LANAFRUIT EGMA DODICIVILLE MELIX EOFRUT KAISER ALEXANDER NEOFRUCHT LAGUNDO LANA BIO SÜDTIROL
2010 1960 2011 1975 1933 1937 2009 1954 1923 1944 1959 1933 1960 1893 1972 2002
TERLANO MAGRÈ BRONZOLO FRANGARTO MERANO MARLENGO LANA CALDARO BOLZANO BRESSANONE TERMENO LAIVES EGNA LAGUNDO LANA LANA
RACCOLTO 2012 (tons) 51.570 45.880 44.930 44.490 43.615 43.375 42.275 38.110 33.920 32.085 26.370 24.490 24.235 19.490 18.795 6.175 TOT. 539.805
BIO SÜDTIROL POLO MERANO POLO SUD
POLO MERANO 199.635 tons LAGUNDO COFRUM CAFA LANA LANAFRUIT MELIX POLO BOLZANO SUD 103.340 tons DODICIVILLE GRAFRUT KAISER ALEXANDER POLO BOLZANO OVEST 96.060 tons FRUCHTHOF FRUBONA POLO SUD 134.595 tons NEUFRUCHT EGMA EOFRUT KURMARK-UNIFRUT BIO SÜDTIROL 6.157 tons
POLO BOLZANO SUD
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POLO BOLZANO OVEST l N.2 l GENNAIO 2013
È stato implementato un magazzino automatico a bassa temperatura e umidità controllata alto 20 metri, servito da quattro trasloelevatori nel quale viene stoccato il prodotto già calibrato in attesa di essere confezionato, con una capacità di 7.560 bins, vale a dire 2.400 tonnellate di mele.
Foto: Andrea Felice
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bile le fasi di logistica interna”. Ci siamo informati con System Logistics Spa, azienda leader negli automatismi con sede a Fiorano, nel Modenese, per avere qualche dettaglio su quanto realizzato alla Cafa. È stato installato, ed è operativo dal 2008, un sistema automatico di stoccaggio di prodotto precalibrato in bins completamente integrato nei processi di calibratura e confezionamento. Alla Cafa bisognava risolvere il problema della gestione del magazzino di prodotto calibrato, che normalmente ha una rotazione molto elevata e richiede accessibilità unital N.2 l GENNAIO 2013
ria sul prodotto e dunque grandi spazi. Per minimizzare le superfici occupate, è stato implementato un magazzino automatico a bassa temperatura e umidità controllata alto 20 metri, che insiste su una superficie di 1.250 metri quadrati, servito da quattro trasloelevatori nel quale viene stoccato il prodotto già calibrato in attesa di essere confezionato, con una capacità di 235 vagoni, pari a 7.560 bins, vale a dire 2.400 tonnellate di mele, collegato ai reparti calibratura e confezionamento da dodici navette sterzanti indipendenti che agiscono su monorotaia.
Stefan Mittermair è direttore della cooperativa Cafa dal primo settembre 1998. Fa parte del board direttivo del polo di Merano, il più grande del consorzio VOG con un output di 220 mila tonnellate, assieme ai direttori delle cooperative Lagundo, Cofrum, Lana, Lanafruit e Melix. È responsabile, all’interno del polo, dell’area strategica 5, quella del Mediterraneo, che comprende anche il Sud Europa, ad esclusione dell’Italia. Spagna, Libia ed Egitto le destinazioni più rilevanti.
FRUITBOOKMAGAZINE
Il Consorzio Anonimo Frutticoltori Associati, da cui l’acronimo Cafa, è stato costituito nel 1933 a Merano. Dal 1945 fa parte del Consorzio VOG. Nel 2006 ha incorporato la Cooperativa Frutticoltori Merano, assumendo così il nome Cafa Merano. È una delle maggiori cooperative dell’Alto Adige, con 354 soci, una superficie a frutteto di oltre mille ettari e un potenziale produttivo di 60 mila tonnellate. Nel 2007 è stato avviato un importante processo di ristrutturazione dello stabilimento. Le varietà di punta sono le Golden e le Red Delicious ma non mancano investimenti in varietà nuove come Kanzi ed Envy.
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“Il magazzino è alto 20 metri - ci spiega Mittermair durante la visita - noi lo avremmo fatto ancora più alto ma il Comune di Merano non ci ha dato il permesso”. Credeteci, siamo rimasti a bocca aperta. Tanti anni che lavoriamo nel settore ma una struttura del genere non la avevamo mai vista. Ci siamo documentati, un sistema similare è stato installato dalla System Logistics anche alla Fruchthof di Frangarto, sempre in provincia di Bolzano, un’altra cooperativa aderente al VOG. In questo caso, al posto delle navette sterzanti indipendenti su monorotaia vengono utilizzati gli AGV (Automatic Guided Vehicles), sostanzialmente dei transpallet che si muovono senza operatore. In Italia si contano su una mano i magazzini che adottano tecnologie così avanzate nel settore ortofrutta. E guarda caso si trovano quasi tutti qui in provincia di Bolzano. Altrettanto all’avanguardia sono infatti anche i magazzini delle cooperative Mivor e Texel, aderenti al consorzio VI.P (Val Venosta). Per tornare alla Cafa e chiudere il quadro tecnico, segnaliamo che si utilizzano due calibratrici con 51 uscite ciascuna che lavorano in parallelo e quattordici linee di confezionamento, di cui due dedicate alla ceratura. Le celle per la conservazione delle mele utilizzano l’atmosfera dinamica controllata (DCA) e consentono di stoccare 58 mila tonnellate di prodotto, praticamente il 90 per cento di un raccolto record. “Su specifica richieFRUITBOOKMAGAZINE
COMPOSIZIONE VARIETALE - RACCOLTO 2012 VS 2011
1 vagone = 10 tonnellate
VARIETÀ Gala Elstar Golden Delicious Red Delicious Jonagold Granny Smith Braeburn Fuji Morgenduft Nicoter/Kanzi® Cripps Pink/Pink Lady® Altri tipi + Industria CAFA Merano Polo Merano
Raccolto 2012 Raccolto 2011 vagoni
vagoni
432,85 3,59 2.203,04 777,04 11,29 194,76 338,26 112,36 77,52 17,78 171,14 336,48 4.676,11 20.005,86
514,65 5,71 2.835,64 1.148,30 48,22 284,59 489,36 178,76 87,32 26,33 242,10 596,69 6.457,67 26.537,28
+/-15,89 -37,14 -22,31 -32,33 -76,59 -31,56 -31,05 -37,14 -11,22 -32,48 -29,31 -43,61 -27,58 -24,61
% % % % % % % % % % % % % %
Fonte: EO VOG / Polo Merano
sta del cliente - precisa Mittermair - si utilizza il sistema Smartfresh, indicato per le lunghe destinazioni e nella seconda fase della commercializzazione. Alcune catene, come quelle inglesi, lo richiedono, altre, come quelle italiane, non vogliono sentirne parlare, dato che comunque si tratta di un trattamento chimico post raccolta”. La seconda giovinezza delle Red Delicious. Nella vallata di Merano si producono delle ottime Golden e Red Delicious. “Storicamente svela Mittermair - siamo conosciuti in Europa per la qualità di queste due varietà. Le Golden rappre-
sentano mediamente il 45-50 per cento del nostro raccolto, le Red Delicious poco meno del 20 per cento. Altre produzioni significative riguardano la Gala, la Braeburn, la Granny Smith, la Pink Lady e la Fuji. Riscontriamo negli ultimi anni una domanda crescente per le Red Delicious, soprattutto nei mercati esteri. Abbiamo in corso investimenti nella varietà club Kanzi, che rappresenterà a regime circa il 2 per cento del nostro raccolto, vale a dire 10-12 mila tonnellate. Parliamo quindi di una nicchia. Quest’anno poi inizieremo a piantare anche la varietà Envy, i cui alberi prova, nella nol N.2 l GENNAIO 2013
Quest’anno inizieremo a piantare la varietà “Envy, i cui alberi prova, nella nostra vallata, hanno dato i migliori risultati. Si tratta di una mela molto interessante, originaria della Nuova Zelanda, con una croccantezza unica, dolce e dal colore rosso rubino, dall’ottima shelf life ” , Stefan Mittermair 43
stra vallata, hanno dato i migliori risultati. Si tratta di una mela molto interessante, originaria della Nuova Zelanda, con una croccantezza unica, dolce e dal colore rosso rubino, molto affascinante e dall’ottima shelf life. Il piano dei prossimi tre anni prevede per questa nuova varietà l’impianto di 40 mila alberi su una superficie di 20 ettari”. Più rispetto che competizione. Il Consorzio VOG esiste dal 1945, ma nei fatti le vendite sono sempre state gestite in autonomia dalle singole cooperative. Lo stesso Mittermair ci ha spiegato che Esselunga, ad esempio, acquista da quattro diverse cooperative adel N.2 l GENNAIO 2013
renti al VOG, compresa la Cafa. Non c’è da stupirsi, perché le cooperative hanno strutture diverse e un’offerta varietale diversa. Una Golden della valle di Merano è diversa da una Golden della Bassa Atesina. Esiste però un ufficio vendite centralizzato del VOG, nella sede di Terlano, che con gli anni è cresciuto molto, facendo da apripista per alcune nuove destinazioni. Nel 2010 poi è stata varata una importante riorganizzazione del consorzio, che ha comportato la centralizzazione delle vendite in capo a cinque poli (si veda il grafico di pagina 40). Ma cosa fanno nei fatti questi poli? “I direttori delle cooperative si riuniscono per discutere delle problematiche e delle
opportunità di mercato”, ci spiega Mittermair, che dirige assieme ad altri cinque direttori di altrettante cooperative il polo di Merano, il più grande per volumi con un raccolto 2012 di poco sotto le 200 mila tonnellate. “Sostanzialmente - aggiunge - dialoghiamo per migliorare e coordinare la nostra azione. Il nostro polo, così come gli altri quattro, segue tutti i mercati, divisi in cinque destinazioni strategiche: canale tradizionale Italia, distribuzione moderna Italia, Europa Centrale, Nord ed Est Europa, Mediterraneo e oltremare. Io mi occupo di quest’ultima destinazione. Anche tra poli ovviamente dialoghiamo, in tavoli strategici presieduti dal direttore generale del FRUITBOOKMAGAZINE
La riorganizzazione del VOG ha comportato la “centralizzazione delle vendite su cinque poli. Una parte dei rapporti commerciali sono ancora tenuti dalle singole cooperative che operano in modo concorrenziale tra di loro. Anche se c’è più rispetto che competizione ” , Stefan Mittermair 44
POLO DI MERANO - VENDITE PER DESTINAZIONE
CAMPAGNA 2011/12 Valori arrotondati in tonnellate
DESTINAZIONE SGF 1 SGF 2 SGF 3
SGF 4
SGF 5
Ingrosso Italia GDO Italia Centro Europa Germania Benelux Nord/Est Europa Inghilterra/Scandinavia From Mediterraneo/Oltremare Fr, Es, P GR, CY, Malta Mediterraneo Est Maditerraneo Ovest TOTALE
GJ 2011/12 52.302 25.421 45.560 38.508 6.531 39.340 20.283 5.235 54.796 16.467 8.678 6.118 23.158 217.420
% 24,1 11,7 21,0 17,7 3,0 18,1 9,3 2,4 25,2 7,6 4,0 2,8 10,7
GJ 2010/11 50.985 27.774 51.648 46.584 4.637 41.246 20.621 4.682 34.546 14.875 8.813 1.502 9.222 206.190
% 25,0 13,0 25,0 23,0 2,0 20,0 10,0 2,0 17,0 7,0 4,0 1,0 4,0
Fonte: EO VOG / Pool Merano dati di vendita Periodo 01.08.2011 - 31.07.2012
VOG Gerhard Dichgans o dal direttore commerciale Dietmar Pircher. I rapporti commerciali con i clienti storici, comunque, quelli per intenderci preesistenti alla riorganizzazione, sono tenuti dalle singole cooperative, le quali agiscono in modo concorrenziale tra di loro. Anche se direi che c’è più rispetto che competizione. Nulla vieta poi alle cooperative di intraprendere nuovi rapporti commerciali direttamente. Per quanto riguarda la Cafa, un ruolo importante viene svolto da società commerciali esterne, ad eccezione del mercato interno e di quello spagnolo, che seguiamo per lo più diFRUITBOOKMAGAZINE
rettamente”. Il polo di Merano ha esportato nella passata campagna il 65 per cento del prodotto, vale a dire 140 mila tonnellate su 217 mila. La destinazione strategica più importante è diventata la cinque, quella del Mediterraneo seguita proprio dal direttore della Cafa (nell’ordine Spagna, Libia ed Egitto le destinazioni più rilevanti). Destinazione che vale il 25 per cento della produzione del polo, poco sopra la destinazione uno, vale a dire i mercati all’ingrosso italiani (24 per cento). Nella passata campagna queste sono state le uniche aree in crescita. In calo invece la storica destinazione tre,
quella della Germania (ha assorbito il 21 per cento del prodotto, -12 per cento), la quattro, quella di Regno Unito, Scandinavia e Russia (vale il 18 per cento delle vendite) e la due, quella della GDO italiana (vale il 12 per cento delle vendite). A dare le maggiori soddisfazioni è stato il Nord Africa (destinazione cinque), con una performance del +175 per cento solo nell’ultimo anno. Per fare un paragone, Melinda destina all’estero il 25 per cento delle sue mele mentre il canale tradizionale Italia ne assorbe ben il 50 per cento.
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Sapore, residui, etica: la qualità secondo Coop applicata al caso Melinda La nostra visita alla cooperativa Cocea in Val di Non Eugenio Felice
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Melinda è fornitore storico della maggiore catena distributiva italiana. Con lei è cresciuta, fino a raggiungere livelli di eccellenza. Oggi il 50 per cento delle mele fornite dal consorzio nonese sono vendute a marchio Coop, ma mentre queste registrano un trend di vendita stabile, salgono addirittura del 12 per cento le mele vendute a marchio Melinda. A dimostrazione che l’esito della battaglia tra private label e marca commerciale non è poi così scontato Percorrendo i tornanti che dalla Val di Non scendono verso la Val d’Adige, in un pomeriggio soleggiato di fine novembre, chiuso l’incontro con Maurizio Brasina e Massimiliano Gremes, rispettivamente responsabile qualità ortofrutta Coop Italia e responsabile qualità Melinda, terminata la visita alla Cocea, il più grande dei sei centri di confezionamento nonesi, maturano in noi due convinzioni: la prima, che non esiste sul mercato italiano un prodotto più sano, buono ed etico di quello a marchio Coop; la seconda, che molte aziende italiane sono cresciute proprio grazie a Coop Italia, migliorando i propri processi e i propri prodotti, a tutto beneficio dei consumatori. Non solo dei clienti del maggior gruppo distributivo nazionale, ma di tutti quanti, dato che in alcuni casi i disciplinari richiesti sono poi stati applicati ed estesi a tutta la produzione. Emblematico il caso di Melinda: ogni mela che esce da uno dei suoi sei centri di confezionamento è abilitata per Coop Italia. Solo in Val Venosta c’è un esempio altrettanto virtuoso. FRUITBOOKMAGAZINE
Una marca leader. È curiosa la storia delle cooperative della Val di Non: nasce prima il marchio Melinda, nel 1989, che racchiudeva tutta la produzione delle 16 cooperative, e solo otto anni più tardi, nel 1997, il consorzio vero e proprio. A distanza di 24 anni è la marca italiana maggiormente conosciuta nel settore ortofrutticolo. Nel 2001 erano 16 cooperative, ognuna con il suo centro di confezionamento. Oggi sono sempre 16 cooperative, ma i centri di confezionamento sono diventati sei, tre dei quali lavorano il 75 per cento delle mele prodotte dai 4 mila soci produttori. Mille i dipendenti del consorzio, di cui l’80 per cento stagionali (8-10 mesi all’anno), soprattutto personale femminile occupato nella fase di confezionamento. I processi sono stati centralizzati a partire dal reparto commerciale per il prodotto da industria nel 1995, per finire nel 2002 con il marketing e con la gestione della produzione, della lavorazione e del confezionamento. In termini di vendite, il mercato italiano è di gran lunga quello più
MELINDA milioni di euro
237 5 25% 340 6 50%
di fatturato nel 2011/12
varietà di mele
(Golden, Red, Fuji, Gala, Renetta)
vendite all’estero mila tonnellate raccolto 2012
centri
di confezionamento
vendite ai Mercati
all’ingrosso italiani
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Foto: Andrea Felice
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importante: in una stagione come questa, in cui le gelate hanno causato una flessione del raccolto attorno al 5 per cento, rappresenterà circa il 75 per cento delle vendite, mentre l’estero, vale a dire 40 Paesi, assorbirà il restante 25 per cento. Il normal trade italiano, il canale tradizionale per intenderci, che serve anche la piccola distribuzione organizzata, incide da solo per il 50 per cento delle vendite. Melinda, in sostanza, è l’organizzazione melicola che vende di più in questo canale dal sud al nord Italia, e la motivazione sta proprio nella notorietà del suo marchio: il consumatore lo riconosce, lo apprezza e lo richiede. Le principali varietà attualmente coltivate sono Golden Delicious, Red Delicious e Renetta, che sono le uniche mele italiane a potersi fregiare del riconoscimento europeo DOP. È in costante aumento anche la produzione di Gala e di Fuji ed in corso di esecuzione un importante prol N.2 l GENNAIO 2013
gramma di impianto per la nuova varietà club Evelina, la cui commercializzazione inizierà tra unodue anni. Qualità sicura Coop. Nel 2011 Coop Italia ha venduto il 36 per cento dell’ortofrutta fresca a proprio marchio, che tradotto in cifre significa, parlando di produzione integrata, 220 mila tonnellate per un valore di vendita stimato di 305 milioni di euro. In tutto 37 prodotti, 113 varietà e 551 referenze, per 103 fornitori, 167 stabilimenti abilitati alla consegna diretta a Coop e 10.536 aziende agricole aderenti all’iniziativa. La qualità dei prodotti viene costantemente monitorata attraverso un articolato sistema di controlli, con l’obiettivo di garantire prodotti sicuri, buoni e che soddisfano le esigenze dei consumatori. Coop Italia ha effettuato 183 verifiche ispettive nel 2011 controllando l’intero processo produttivo.
Riguardo ai residui di fitofarmaci, il capitolato fissa requisiti molto più restrittivi della legislazione vigente, con un abbattimento del 70 per cento rispetto al residuo massimo ammesso e la riduzione della contemporanea presenza di fitofarmaci sullo stesso prodotto. Al fine di garantire il rispetto di tali requisiti, viene realizzato un imponente piano di analisi: nel solo 2011 Coop e i fornitori hanno effettuato ben 65 mila determinazioni analitiche. Riguardo alle caratteristiche organolettiche, Coop è impegnata dal 1998 a migliorare la gradevolezza dell’ortofrutta con il progetto Frutta Saporita. Nel 2011 è continuato il processo di miglioramento attraverso l’aggiornamento delle schede prodotto esistenti e la stesura di nuove (ananas a marchio Coop). La conformità alle schede prodotto è stata verificata nel 2011 attraverso controlli sistemici sui prodotti ortofrutticoli lungo tutta la filiera. La FRUITBOOKMAGAZINE
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gradevolezza dell’ortofrutta è stata testata direttamente da personale addestrato attivo presso le piattaforme e i punti vendita, sia Coop che della concorrenza. Sono stati condotti anche dei consumer test. Si è dato ulteriore risalto, nel 2011, all’attività di miglioramento dell’offerta attraverso l’identificazione di varietà con le prestazioni organolettiche migliori, oltre che all’individuazione di zone di produzione particolarmente vocate. Altro aspetto importante è la rintracciabilità: sulle etichette dei prodotti a marchio Coop è riportato un codice che riconduce direttamente all’azienda agricola di provenienza. Per finire con la certificazione etica Sa 8000: sono state individuate le filiere di produzione maggiormente critiche (uva, clementine, agrumi, pomodoro, fragole) e sono state sottoposte a verifiche sugli aspetti di responsabiliFRUITBOOKMAGAZINE
tà sociale. I risultati, nel complesso confortanti, hanno fatto emergere aree di miglioramento che sono state attentamente valutate e gestite assieme ai fornitori coinvolti. Da ultimo, ma non meno importante per Coop, la sicurezza sui luoghi di lavoro: dopo la stesura, nel 2011, delle linee guida per la sicurezza dei lavoratori nelle aziende agricole, si sta procedendo con l’implementazione da parte dei fornitori dei requisiti richiesti. Parola d’ordine: collaborazione. Nel 1988, giusto 25 anni fa, nasceva il progetto filiera controllata di Coop. “Siamo stati - spiega Massimiliano Gremes, responsabile qualità Melinda - tra i primi in Italia ad aderire a questo percorso. Allora eravamo ancora divisi in tante cooperative, ognuna che ragionava con la propria testa, e solo una parte di queste venne abilita-
Il sistema “produttivo italiano è disorganizzatissimo, Melinda è una delle rare isole felici ” , Maurizio Brasina (Coop
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L’ortofrutta di Coop Italia nel 2011 (compreso bio, IV gamma e frutta secca) referenze miliardi a marchio Coop a marchio
1,2 887 36% 244 117 429 di euro di fatturato
vendute a marchio Coop
mila tonnellate
Coop
fornitori
a marchio Coop
(private label)
di fatturato a marchio Coop
milioni di euro
Foto: Andrea Felice
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Mauzio Brasina è entrato in Coop Italia nel 1992. Coniugato, un figlio, è responsabile qualità ortofrutta dal 2004. La più grande catena distributiva italiana da sempre è paladina del made in Italy, tanto che il 97 per cento dell’ortofrutta venduta che si produce anche in Italia, viene dal nostro Paese. Questo significa che quando in Italia è periodo di pesche, difficilmente troverete articoli di provenienza Spagna nei suoi punti vendita. “Anche se - spiega Brasina - sarebbe più facile acquistare in Spagna: abbiamo 40 fornitori per pesche e nettarine, ne basterebbero due spagnoli. In Italia abbiamo tanti interlocutori, poco organizzati, livello qualitativo non sempre omogeneo, differenziale di prezzo anche elevato da fornitore a fornitore”. Nella pagina a fianco, sulla destra, Massimiliano Gremes, responsabile qualità Melinda.
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ta. Con i responsabili Coop si andava a fare la visita nei singoli frutteti per scegliere quelli più adatti. Con il tempo, oltre all’organizzazione di Melinda, sono cambiati i criteri di Coop e ora ad essere abilitata è l’intera valle. È stato ed è un percorso di crescita comune, sempre improntato sul dialogo e sulla collaborazione, finalizzato a migliorare la qualità del prodotto, le tecniche di produzione in campo, la sicurezza della forza lavoro, l’impatto sull’ecosistema, i metodi di conservazione e confezionamento”. Ecco alcuni esempi concreti dei requisiti richiesti da Coop: l’eliminazione dei trattamenti post-raccolta, possibile solo adottando una perfetta catena del freddo e tecnologie molto avanzate come l’atmosfera dinamica controllata (DCA); oppure l’obbligo di dotare i trattori utilizzati nei frutteti con un arco di protezione al
fine di garantire la sicurezza dei melicoltori; o ancora l’utilizzo responsabile delle risorse energetiche, con lo sfruttamento dell’energia solare. Scopriamo che non è una coincidenza, allora, che la copertura del centro di confezionamento della Cocea che abbiamo visitato è rivestito di pannelli solari. “Vede - spiega Maurizio Brasina - noi ci caliamo nelle singole realtà produttive per capire dove stanno i problemi e quali sono le vie di miglioramento. Una volta condivise, cerchiamo di metterle in pratica. Abbiamo un approccio completamente diverso rispetto ad altre catene, soprattutto tedesche, che da un giorno all’altro possono decidere, come è successo, di cambiare il capitolato di fornitura in base agli imput che vengono loro dall’opinione pubblica”.
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In venti anni meleti dimezzati in Veneto Come cambia la geografia italiana delle mele Eugenio Felice
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Crescono l’Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia, tiene il Trentino, calano il Piemonte, il Veneto e la Lombardia, crolla l’Emilia-Romagna. L’ultimo censimento agricoltura documenta il successo del sistema associativo delle due province autonome, che sono riuscite a difendere il reddito dei produttori. Ancora più marcata la flessione per quanto riguarda il numero di aziende. L’Italia ha perso quasi 30 mila ettari di meleti in vent’anni e più di 100 mila aziende In una calda serata di agosto, nella sala consiliare del Comune di Zevio, mentre stava terminando la presentazione dei dati previsionali di raccolto delle mele, a cura del bravo Alessandro Dalpiaz, presidente di Assomela nonché uno degli oltre 4 mila produttori associati a Melinda, è arrivata la notizia che nessuno si aspettava: secondo l’ultimo censimento agricolo, che si svolge ogni 10 anni, le superfici a melo in Veneto si sono dimezzate negli ultimi vent’anni, passando dagli 11.865 ettari del 1990 ai 5.957 ettari del 2010. È rimasto sorpreso anche il presidente di Coldiretti Verona, Damiano Berzacola (dallo scorso dicembre sostituito da Claudio Valente), che ha commentato che sì, la melicoltura in Veneto è in crisi da molto tempo, ma no, non c’era la consapevolezza di una flessione così marcata. Il confronto rispetto a trent’anni fa è ancora più pesante: le superfici destinate a melo in Veneto ricoprivano 14.703 ettari, vale a dire una flessione del 60 per cento, quindi ogni 100 ettari ne sono stati persi 60. FRUITBOOKMAGAZINE
Un trend inequivocabile, su cui ha influito la minor vocazione del territorio per determinate varietà come la Golden rispetto alle aree di montagna, ma sicuramente, a detta di Dalpiaz, ha influito anche la mancanza di organizzazione del sistema produttivo, che non ha preso a esempio quanto accaduto in Trentino Alto Adige, dove ci sono una moltitudine di piccoli produttori, con superfici medie attorno ai due ettari, che grazie proprio alle forme associative sono stati in gradi di difendere il proprio reddito. Il confronto è impietoso: in vent’anni in Trentino Alto Adige gli ettari dedicati alle mele sono passati da 29.471 a 29.338, restando praticamente invariati. Se guardiamo al solo Alto Adige, e quindi alla provincia di Bolzano, gli ettari sono addirittura aumentati, passando da 17.329 a 18.540, registrando un +7 per cento. Per chiudere il quadro, in sala qualcuno, quasi a giustificare questa debacle, ha fatto notare che nelle due province autonome di Trento e Bolzano sono sempre piovuti copiosi i sostegni alla melicoltura.
Minore vocazione del territorio, mancanza di aggregazione dell’offerta e minori sovvenzioni pubbliche hanno ridimensionato di molto il settore in Veneto, che deve accontentarsi ormai di prendere gli spazi non coperti dai grandi consorzi del Trentino Alto Adige
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Le superfici a melo in Veneto si sono dimezzate negli ultimi vent’anni, passando dagli 11.865 ettari del 1990 ai 5.957 ettari del 2010. Nello stesso periodo in Trentino Alto Adige gli ettari dedicati alle mele sono passati da 29.471 a 29.338, restando praticamente invariati.
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Numero di aziende e SAU - MELO Trend generali
ANNO
1982
1990
2000
2010
Numero di aziende
Superficie ettari
Numero di aziende
Superficie ettari
Numero di aziende
Superficie ettari
Numero di aziende
Superficie ettari
120.576,00 Piemonte 18.155,00 Lombardia 5.578,00 Trentino Alto Adige 17.779,00 Provincia Autonoma Bolzano 8.216,00 Provincia Autonoma Trento 9.563,00 Veneto 6.706,00 Friuli-Venezia Giulia 796,00 Emilia-Romagna 15.858,00 Resto d’Italia 55.702,00
88.988,23 8.664,40 2.711,45 28.073,29 16.408,30 11.664,99 14.703,69 1.635,53 19.552,15 13.647,72
158.656,00 19.510,00 5.780,00 17.617,00 8.203,00 9.414,00 7.295,00 834,00 13.814,00 93.806,00
83.617,17 121.925,00 6.760,07 10.627,00 3.138,00 2.855,49 29.471,13 16.222,00 8.086,00 17.329,49 8.136,00 12.141,64 6.803,00 11.865,67 883,00 1.309,84 7.055,00 13.773,32 17.581,65 11.197,00
64.398,69 5.222,47 1.902,31 30.040,66 17.956,38 12.084,28 8.101,01 1.513,85 5.929,03 11.689,36
50.625,00 4.980,00 2.071,00 13.142,00 7.278,00 5.864,00 2.929,00 580,00 3.947,00 22.976,00
54.731,06 4.793,64 1.764,49 29.338,02 18.540,46 10.797,56 5.957,10 1.543,47 4.514,86 6.819,48
TIPO DATO TERRITORIO ITALIA
Rielaborazione Assomela su dati ISTAT
Fatto sta che questi tre elementi minore vocazione del territorio, mancanza di aggregazione dell’offerta, minori sovvenzioni pubbliche - hanno ridimensionato di molto il settore in Veneto, che deve accontentarsi ormai di prendere quegli spazi di mercato che i grandi consorzi del Trentino Alto Adige ancora gli lasciano. In termini di periodo di commercializzazione, dato che la produzione veronese arriva sul mercato con almeno un mese di anticipo, addirittura due se il confronto è con la Val Venosta (che in estate vende ancora le mele raccolte l’anno precedente, peraltro perfettamente conservate). Oppure in termini di varietà, dato che le Granny Smith, le Pink Lady e per certi aspetti anche le Fuji e l N.2 l GENNAIO 2013
le Red Chief in Veneto esprimono una qualità elevata. Il censimento ha preso in esame anche il numero di aziende. In generale si riscontra un calo superiore rispetto a quello delle superfici. Ad esempio in Veneto le aziende melicole sono calate in vent’anni del 60 per cento, in Trentino Alto Adige del 25 per cento. Infine uno sguardo alle altre regioni: in Piemonte in vent’anni le superfici a mele sono scese da 6.760 a 4.793 ettari (-29 per cento), in Emilia-Romagna si registra il record negativo, un vero crollo, essendo passate da 13.773 a 4.515 ettari (-67 per cento). Unica regione in controtendenza, ma dai numeri marginali, il FriuliVenezia Giulia (+18 per cento).
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Si può migliorare l’esposizione nel punto vendita? Intervista ad Alberto Lucchese, sales manager di Polymer Logistics Eugenio Felice
Foto: Andrea Felice
La multinazionale nata in Israele nel 1994, già fornitore in Italia di catene come Carrefour e Finiper, non offre alle catene distributive solo servizi di pooling con le cassette in plastica riutilizzabili e i pallet in plastica, ma anche un insieme di soluzioni logistiche ed espositive volte a migliorare la redditività e l’efficienza dei punti vendita. I centri di lavaggio si trovano nelle province di Milano, Roma e Ragusa. La percentuale di lavaggio delle cassette è del 100% Accettare le sfide più difficili, con apertura mentale e approccio innovativo e alternativo. Questo ha portato Polymer Logistics a sviluppare nel 2006 il servizio di pooling per Carrefour Italia. In pochi mesi e senza avere una sola cassa preposta a quel fine. Non stiamo parlando di un pooler puro, come CPR System, Euro Pool System o Ifco Systems, quindi di società nate per quello scopo e che svolgono unicamente quel tipo di servizio. Stiamo parlando di una multinazionale nata nel 1994 in Israele, forte nella produzione di imballaggi in plastica (i polimeri appunto), nel noleggio e, da ultimo, nel pooling. Ma parlare di contenitori è un po’ riduttivo. Polymer Logistics collabora con numerose catene distributive in tutto il mondo - tra queste Tesco e Carrefour, per citare solo le più grandi - per semplificare la gestione della supply chain, offrendo loro ciò che cercano in termini di servizi logistici ed esposizione dei prodotti, dalla produzione direttamente al punto vendita, rafforzando la loro posi-
zione competitiva e permettendo loro di risparmiare tempo e denaro. Ci siamo recati presso la sede di Agrate, poco fuori Milano, per conoscere più nei dettagli l’attività che viene svolta in Italia, parlandone con il Sales and Business Development Manager Alberto Lucchese. FM - Come nasce l’attività di pooling in Italia? AL - Era il 2005 quando Carrefour, già nostro cliente per diverse soluzioni logistiche, ci ha chiesto di sviluppare un servizio di pooling. Per noi era una novità, non solo per la filiale italiana ma per l’intero gruppo a livello globale. Abbiamo accettato la sfida e nel giro di sei mesi abbiamo prodotto da zero lo stock di casse necessario a fare tutti i movimenti previsti su base annua per il settore ortofrutta. Ce l’abbiamo fatta. E con grande soddisfazione del cliente, che è poi la cosa per noi più importante. A Carrefour si sono aggiunti Finiper, Unes e altre catene più piccole come Ecor-NaturaSì. Oggi siamo arriFRUITBOOKMAGAZINE
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Ma chi l’ha detto che l’esposizione della frutta e degli ortaggi con le cassette riutilizzabili è meno bella rispetto alle cassette in cartone monouso? Come si evince dalla foto a lato, la presentazione risulta più ordinata e omogenea, pertanto l’attenzione del cliente / consumatore finale viene portata direttamente sulla merce che deve comprare. Con le cassette di cartone c’è poi il rischio di trovarsi dei prodotti che non sono forniti dall’azienda indicata nella cassetta. A quanti sarà successo? Questo per l’abitudine diffusa dei responsabili del reparto ortofrutta dei supermercati di svuotare le cassette piene in quelle già posizionate sugli scaffali.
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vati a 40 milioni di movimenti e a una saturazione per Carrefour e Finiper attorno al 70 per cento. La sfida non consisteva solo nel produrre le cassette a sponde abbattibili, i cosiddetti RPC, ma nell’organizzare tutta la logistica. Abbiamo quindi creato un primo centro di lavaggio, vicino alle piattaforme dei nostri clienti, a Melegnano, a sud di Milano, lungo l’autostrada A1, che oggi lava circa 22 milioni di cassette all’anno. Abbiamo poi investito in un centro a Santa Palomba, poco fuori Roma, che può essere considerato all’avanguardia in Europa per soluzioni tecniche e che lava oggi circa 12 milioni di cassette. Abbiamo infine un centro a Comiso, in provincia di Ragusa, FRUITBOOKMAGAZINE
che lava 6 milioni di cassette. Tutti e tre i centri sono di nostra proprietà e, ad esclusione di quello di Melegnano, prestano servizi di lavaggio e sanificazione anche per utilizzatori locali e pooler nazionali. FM - Svolgete attività di pooling all’estero? AL - Noi siamo un pooler atipico e giovane. Atipico perché non nasciamo come pooler, ma lo siamo diventati sulla base di una precisa richiesta di mercato. E proprio l’Italia ha fatto da capofila per il gruppo. Polymer Logistics ha una presenza globale e nasce come produttore di contenitori massivi in polimeri per una moltitudine di prodotti legati al
food and beverage e non solo, di cui l’ortofrutta rappresenta solo una parte. Piccola ma che negli ultimi 10 anni si è sviluppata molto generando volumi impressionanti. Siamo partiti dall’Italia, quindi, perché qui abbiamo avuto le prime opportunità di sviluppare il servizio di pooling. Oggi questa attività viene svolta anche in altre aree d’Europa, negli Stati Uniti, con sviluppi in partnership in Australia e Nuova Zelanda, ed estensione anche al mercato asiatico. L’attività non riguarda solo le cassette a sponde abbattibili, ma anche i pallet. Nel mondo il pooling ha circa queste dimensioni: 75-80 milioni di movimenti di cassette a sponde abbattibili, 6 milioni di movimenti di minibins, l N.2 l GENNAIO 2013
un pooler atipico e giovane. Atipico per“chéSiamo non nasciamo come pooler, ma lo siamo diventati sulla base di una precisa richiesta di mercato. E proprio l’Italia ha fatto da capofila per il gruppo, che nasce come produttore di contenitori massivi in polimeri ” , Alberto Lucchese 55
FM - Non solo cassette quindi. AL - L’ho detto, considerarci solo dei pooler per noi è riduttivo. Abbiamo una moltitudine di prodotti a catalogo, visibili dal nostro sito polymerlogistics.com, alcuni dei quali più basici, altri molto innovativi, già utilizzati all’estero ma considerati ancora fantascienza dal mercato italiano. Come le cassette a sponde abbattibili trasparenti, che danno la massima visibilità al prodotto ospitato. Oppure il Dynamic Shipper, un bin con piano elevatore automatico che permette di tenere il contenuto sempre all’altezza corretta, adatto per prodotti come cipolle, patate, arance, limoni, angurie o meloni. Questo articolo peraltro ha vinto nel 2011 l’Oscar Macfrut all’innovazione nella categoria “packaging e materiali di imballaggio”. O ancora i pallets con le ruote oppure i dollies. Riguardo ai pallets, stiamo spingendo molto su quelli in plastica, completamente riciclabili, riutilizzabili, lavabili, gestibili quindi in pooling e con un grande vantaggio rispetto al legno: la tara costante a prescindere dalle condizioni più o meno critiche cui viene sottoposto. Finiper ha già sostituito tutti i pallet con quelli Polymer in plastica e la stessa cosa sta facendo Carrefour, non solo per l’ortofrutta ma anche per la carne e altri settori. l N.2 l GENNAIO 2013
Foto: Andrea Felice
17 milioni di movimenti di pallets, 10 milioni di movimenti di contenitori usati per le bevande.
FM - Il mercato italiano quindi può essere considerato arretrato? AL - Il mercato italiano soffre della frammentazione delle catene distributive, oltre che del sistema produttivo. Questo rallenta in modo determinante lo sviluppo dell’utilizzo delle cassette a sponde abbattibili, che ha bisogno di grandi numeri e di grandi snodi logistici per essere efficace e dare risultati. Il pooling crescerà in Italia quando cresceranno le catene distributive e il mondo produttivo. Detto questo, noi abbiamo delle trattative in corso con alcune catene e siamo soddisfatti dei risultati raggiunti finora, perché sia Carrefour che Finiper hanno un grado di satu-
Alberto Lucchese ripreso negli uffici della sede italiana di Polymer Logistics, che da due anni si trova ad Agrate. Lucchese, che dal 2010 riveste il ruolo di sales and business development manager, ha avuto in precedenza un’esperienza di cinque anni in Chep (come business development and retail manager). La multinazionale isreliana ha tre centri di lavaggio in Italia per il servizio di pooling: uno a Melegnano (Mi), operativo dal marzo 2007, uno a Santa Palomba (Rm) operativo da agosto 2007 e uno a Comiso che dallo scorso settembre sostituisce la struttura di Vittoria, che era operativa da settembre 2009.
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Sul sito polymerlogistics.com si possono vedere tutti i prodotti a catalogo, rigorosamente di plastica. Non solo cassette nelle più diverse delinazioni, ma anche pallets in plastica, con e senza ruote, che hanno un grande vantaggio rispetto al legno: la tara costante a prescindere dalle condizioni più o meno critiche cui viene sottoposto. Oppure i dollies (nella foto a lato), che altro non sono che dei piani dotati di ruote su cui possono essere impilate le cassette. O ancora il Dynamic Shipper, un bin con piano elevatore automatico che permette di tenere il contenuto sempre all’altezza corretta, vinccitore nel 2011 dell’Oscar Macfrut all’innovazione.
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razione degli imballi riutilizzabili pari al 70 per cento, una percentuale che supera quel 60 per cento che è la soglia che permette di avere dei reali risparmi e benefici per la catena distributiva. C’è poi un problema di mentalità in Italia, legato alle dimensioni dei retailers, per cui la leva commerciale vince ancora su quella logistica. E quando parlo di leva logistica non mi riferisco solo alla supply chain del distributore ma anche al layout del punto vendita, gestito in modo oggi inefficiente. Ho letto con attenzione l’intervista a Emanuele Timpanaro di Euro Pool System pubblicata sul numero di ottobre di Fm e devo dire che condivido l’analisi fatta su questi aspetti. La logistica deve essere il driver del risparmio e deve spingere le vendite. C’è un grande gap in questo senso tra il modo di esporre il prodotto nei supermercati italiani e il modo di esporre il prodotto in grandi catene come Tesco, Sainsbury’s, Edeka, Aldi o Mercadona. Queste catene hanno capito da tempo che la logistica è un driver importante per il risparmio ma anche per aumentare le vendite, mentre in Italia un prodotto come il display pallet non viene ancora compreso. FM - Imballaggi in cartone, quale futuro? AL - Intanto è bene fare una precisazione, anche sulla base di alcune ricerche presentate recentemente al Macfrut: i pooler in Italia non lavorano tutti allo stesFRUITBOOKMAGAZINE
so modo. Noi laviamo e sanifichiamo tutte le cassette per dare le massime garanzie in termini di igiene. Nella ricerca, che comparava cassette in plastica riutilizzabili con cassette in cartone monouso, sono state prese in esame cassette di CPR System, pooler leader peraltro in Italia, che dichiaratamente però non lava tutte le cassette, avendo una percentuale di lavaggio attorno al 50 per cento. CPR System peraltro garantisce solo il lavaggio del 25/30 per cento delle movimentazioni annue effettuate dai singoli soci. Le nostre cassette danno le massime garanzie in termini di sicurezza perché vengono tutte accuratamente lavate e asciugate. Processi peraltro costosi. Quindi, da questo punto di vista, ritengo che il cartone non sia superiore alla plastica Polymer. Rimane poi la superiorità della plastica per il fatto che viene riutilizzata e quindi c’è un minore impatto ambientale, anche in termini di anidride carbonica prodotta. Infine l’aspetto economico: la riduzione dei costi è tanto più elevata quanto più spinta è la standardizzazione degli imballi riutilizzabili. Ritengo comunque che la classica cassetta in cartone monouso non scomparirà, per quanto vedo un futuro in progressivo ridimensionamento. Dalla sua sicuramente ha la possibilità di enfatizzare graficamente i prodotti ospitati.
Abbiamo “numerosi prodotti a catalogo, alcuni molto innovativi, già utilizzati all’estero ma considerati ancora fantascienza dal mercato italiano. Come le cassette a sponde abbattibili trasparenti oppure il Dynamic Shipper ” , Alberto Lucchese
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L’imballo più igienico? Il cartone ondulato vince sulla plastica riutilizzabile Alla fiera Macfrut lo scorso ottobre presentata una ricerca svolta dall’Università di Bologna Eugenio Felice
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L’imballaggio che dà le maggiori garanzie in termini di igiene? Le cassette in cartone ondulato. Questo almeno il responso di una ricerca effettuata dall’Università di Bologna e commissionata dal Consorzio Bestack, che ha confrontato delle cassette in cartone monouso con delle riutilizzabili CPR System, il più grande pooler in Italia, che non lava però tutti gli imballi, a differenza degli altri principali operatori, i quali invece li lavano e sanificano dopo ogni utilizzo Fino a dieci anni fa l’imballaggio per ortofrutta migliore era considerato la cassetta in cartone ondulato monouso. Migliore dal punto di vista dell’igiene, migliore per le infinite possibilità di personalizzazione grafica. Poi ha preso piede, in Italia e prima ancora nel nord Europa, l’utilizzo di cassette in plastica riutilizzabili, con o senza sponde abbattibili. Un sistema complesso, detto di “pooling”, che prevede la consegna delle cassette vuote, chiuse e pulite al magazzino di confezionamento, l’invio delle stesse aperte e piene di frutta o ortaggi alla piattaforma della catena distributiva, a fine utilizzo il prelievo dei vuoti chiusi e sporchi e il relativo trasporto al più vicino centro di lavaggio per l’opportuna sanificazione prima del nuovo utilizzo. Un sistema che ha tra i punti di forza il basso impatto ambientale, la logistica efficiente, la robustezza del materiale utilizzato, la drastica riduzione degli imballaggi inviati a riciclaggio o in discarica. Oggi le più grandi catene distributive italiane, da Coop Italia in giù, FRUITBOOKMAGAZINE
hanno sposato il sistema degli imballi in plastica riutilizzabili a sponde abbattibili. Le cassette in cartone ondulato hanno comunque retto bene il colpo e sono ancora l’imballo più utilizzato nel canale distributivo tradizionale, quello per intenderci del grossista e del negozio specializzato o ambulante. Il pooling infatti funziona quando i distributori sono in grado di sviluppare grandi numeri. La situazione è in continua evoluzione e per il cartone ondulato è facile prospettare un ulteriore ridimensionamento. Anche se, va detto, su certi aspetti rimane ancora l’imballo migliore. È prima di tutto il materiale che più di ogni altro richiama la natura, mentre la plastica è un derivato del petrolio che è sinonimo di inquinamento. Permette poi una personalizzazione grafica pressoché infinita e quindi una valorizzazione del prodotto ospitato. Rimane poi l’imballo più igienico. Questo almeno sostiene una ricerca svolta dall’Università di Bologna, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari, resa pubblica all’ultima edizione
della fiera Macfrut e commissionata dal Consorzio Bestack, che riunisce le più grandi aziende del cartone ondulato che operano in Italia. Perché è vero che le cassette in plastica riutilizzabili vengono lavate e sanificate a una temperatura compresa tra 50 e 60 gradi, ma è anche vero che il più grande pooler italiano, CPR System, quello preso in esame dalla ricerca, ha una percentuale media di lavaggio attorno al 50 per cento. Sottolineiamo media perché con alcuni distributori il lavaggio può raggiungere percentuali alte, con altri come Coop o Conad siamo attorno al 30%. Va considerato poi che il riutilizzo comporta, abrasioni, tagli e scalfiture in cui si annidano e moltiplicano i microrganismi. L’opinione di Coop Italia. Prima di passare all’esposizione della ricerca vogliamo però fare delle considerazioni. Abbiamo chiesto al responsabile qualità di Coop Italia Maurizio Brasina, proprio durante la fiera, cosa pensasse del risultato della ricerca. Teniamo conto che l N.2 l GENNAIO 2013
PR System non lava tutte le cassette. Ma lei lo “sa Cquante contaminazioni patogene collegate al
consumo di ortofrutta ci sono state in Italia negli ultimi anni? Nessuna. E lo sa dove frutta e verdura ricevono la maggior carica batterica? Nella cucina del consumatore finale ” , Maurizio Brasina (Coop) 59
PLASTICA vs CARTONE challange test con E. coli (contaminazione deliberata) Run
Tempo commercializzazione (ore)
Numero lesioni
Temperatura stoccaggio (°C)
% FRUTTA con cariche confezionati in RPC
% FRUTTA con cariche confezionati in cartone
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20
29.0 58.0 29.0 58.0 29.0 58.0 29.0 58.0 43.0 43.0 14.0 72.0 43.0 43.0 43.5 43.5 43.5 58.0 58.0 29.0
1 1 3 3 1 1 3 3 2 2 2 2 0 4 2 2 2 0 0 0
9 9 9 9 19 19 19 19 14 14 14 14 14 14 4 24 14 19 9 9
55 15 75 0 95 70 70 50 85 70 75 60 90 85 0 90 70 25 0 65
0 10 0 5 0 10 20 5 0 0 15 25 25 0 0 10 0 15 0 5
Coop Italia è socio fondatore e utilizzatore delle cassette in plastica riutilizzabili CPR System. “CPR non lava tutte le cassette. È noto, certo preferiamo non sbandierarlo. Io l’ho detto - dichiara Brasina - ai miei colleghi che si occupano della logistica che per questioni igieniche andrebbero lavate tutte quante. Ma vede, è quasi più una questione di principio la mia. Perché nella pratica quotidiana, l N.2 l GENNAIO 2013
quanti casi di contaminazioni patogene collegate al consumo di ortofrutta ci sono state in Italia negli ultimi anni? Nessuna. Si figuri contaminazioni causate dagli imballaggi utilizzati. Altro aspetto da non trascurare: nelle cassette, che siano in cartone ondulato o in plastica, viene nella maggior parte dei casi, almeno per la frutta, inserito un alveolo monouso, quindi nei fatti la frutta non sta nemme-
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no a contatto con la cassetta. Ma non è finita: lo sa qual è il luogo dove la frutta o gli ortaggi ricevono la maggior carica batterica? Nel frigorifero o nella fruttiera del consumatore finale. È in cucina insomma che si annidano le insidie maggiori. Quindi, in questi tempi di crisi, stiamo attenti anche all’aspetto economico, perché lavare e sanificare tutte le cassette è un costo, non marginale”. FRUITBOOKMAGAZINE
Negli imballaggi analizzati è stata riscontrata la presenza di una carica microbica non pericolosa per il consumatore ma in grado di alterare e ridurre la durata del prodotto fresco mentre le cariche presenti negli imballaggi riutilizzabili sono risultate superiori a quelle riscontrate nel cartone.
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La ricerca. Cibo e salubrità sono legati a un doppio filo, molto spesso dato per scontato, e che quindi, quando si rompe, fa molto rumore. Nel 2011 il consumo di germogli di soia freschi contaminati con Escherichia Coli ha infettato in Germania oltre 2.200 persone e ne ha uccise 22 così come negli Stati Uniti nello stesso anno la Listeria presente nei meloni ha intossicato 84 persone e ne ha uccise 15. Sono casi ancora vivi nei ricordi dei consumatori italiani e soprattutto nelle tasche dei produttori. L’effetto infatti di qualche titolo negativo sui quotidiani per qualche giorno crea enormi ricadute sui consumi e sui prezzi alla produzione per l’intera campagna con grandi danni alla filiera. Per questo l’imperativo è - soprattutto se si parla di frutta e verdura, di programmi di stimolo al consumo, di un prodotto che fa stare meglio al centro di tutte le diete e le campagne di wellness - garantire l’igiene assoluta per mettersi al riparo dagli scandali, dalla fase di produzione a quella di consumo. E tutto questo per un motivo molto semplice: se ci si riesce si è più competitivi, come azienda e come sistema produttivo nazionale. Occorre pertanto che l’asticella della garanzia di igiene e salubrità dei prodotti ortofrutticoli in Italia sia costantemente alzata, per distinguersi dagli altri. Il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna ha condotto un’analisi durata due anni che ha FRUITBOOKMAGAZINE
analizzato il contributo dell’imballaggio alla contaminazione microbiologica dei prodotti ortofrutticoli per cercare di comprendere quale tipologia ad oggi risulta più pulita ed idonea a contenere frutta e verdura, quali sono le altri variabili che favoriscono la contaminazione e, di contro, i comportamenti per prevenirla ed evitarla. Si tratta del primo studio in questo ambito. Ad oggi la ricerca scientifica sugli aspetti igienico sanitari dei prodotti alimentari si era concentrata prevalentemente sulla parte produttiva e distributiva, mai sulle tipologie degli strumenti di trasporto, mai sugli imballaggi. Per questo la ricerca, presentata dalla professoressa Rosalba Lanciotti nel corso dell’ultima edizione del Macfrut assume particolare valore di pregio e testimonia le competenze dello staff di ricerca, locale, che lo ha sviluppato. L’analisi ha riguardato le principali tipologie di imballaggio per ortofrutta impiegate sul mercato - cartone ondulato monouso Bestack e cassette di plastica a sponde abbattibili riutilizzabili CPR System - ed è partita dall’analisi dello stato delle cose e cioè cosa accade se si analizza l’igiene degli imballaggi usati per l’ortofrutta. Complessivamente negli imballaggi analizzati è stata riscontrata la presenza di una carica microbica non pericolosa per il consumatore ma in grado di alterare e ridurre la durata del prodotto fresco mentre, nello specifico, le cariche presenti negli imballaggi riutilizzabi-
li sono risultate superiori a quelle riscontrate nel cartone. Quindi sono stati riscontrati microorganismi inoffensivi per l’uomo ma dannosi per il prodotto in quantità maggiore sulle plastiche riutilizzabili che riducono la shelf life e fanno aumentare scarti e marcescenze. Sappiamo però che la filiera ortofrutticola è caratterizzata da infinite variabili che influiscono sulle condizioni dei prodotti stessi e che quindi rendono complessa l’attribuzione univoca di responsabilità all’assenza di igiene dell’imballaggio. Il secondo step della ricerca ha quindi previsto una situazione asettica nella quale cartone ondulato e plastica riutilizzabile sono stati messi alla pari, con la medesima carica batterica al fine di misurare quanto incide il materiale di imballaggio nel trasferire le cariche batteriche. Il cartone, per natura stessa del materiale, trattiene parte della carica batterica trasferendone meno sul prodotto contenuto rispetto alla plastica riutilizzabile grazie alla maggiore porosità del materiale che “affoga” i potenziali microrganismi. È un primo risultato dopo due anni di ricerca condotta con il Consorzio Bestack, è il primo gradino di un più ampio progetto di ricerca volto a contribuire a rendere ancora più igienica e quindi competitiva la frutta e la verdura italiana. La presentazione integrale della ricerca può essere scaricata dal sito bestack.com.
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Il vassoio e la rivincita della carta sulla plastica, un primato tutto italiano Fabrizio Govi di Ciesse Paper ideò nel 1986 il prodotto che oggi sta rivoluzionando il mercato Eugenio Felice
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Se è vero che la plastica negli ultimi anni ha preso sempre più quote al cartone ondulato per quanto riguarda i plateaux, nei suoi diversi formati, è vero anche che il cartone sta tornando alla ribalta grazie al crescente utilizzo dei vassoi in cartoncino a microonda o teso. Un’invezione di un’azienda italiana, la Ciesse Paper di Mantova, che detiene oggi il primato a livello europeo quanto a expertise, quote di mercato e soluzioni proposte Plastica in crescita, carta in flessione. Negli ultimi dieci anni il trend è stato questo per gli imballi per ortofrutta, soprattutto da quando anche in Italia hanno preso piede le cassette di plastica riutilizzabili a sponde abbattibili. La carta però sta vivendo, oggi, una seconda giovinezza, e l’esempio più eclatante è il successo crescente dei vassoi in cartoncino, a microonda o teso. Una soluzione nata e sviluppata nella seconda metà degli anni ’80 da un’azienda italiana. “Era il 1986 quando ebbi l’idea dei vassoi di carta”, ci spiega Fabrizio Govi, titolare della Ciesse Paper di Mantova, fondata nel 1947 dal padre Leonello e oggi leader in Europa per questo articolo. “Ci volle un anno - continua - per sviluppare l’idea. Nel 1987 avevamo i primi campioni e l’anno successivo li abbiamo presentati per la prima volta al pubblico specializzato al Macfrut di Cesena, una fiera che allora era riferimento a livello europeo, ben altra cosa rispetto a quello che è diventata oggi”. Ciesse Paper da tre anni non è più presente con stand alla fiera FRUITBOOKMAGAZINE
cesenate mentre è espositore da dieci anni alla Fruit Logistica di Berlino, la rassegna professionale di settore oggi più importante a livello europeo (che nel 1988 non esisteva ancora, essendo nata cinque anni più tardi come appendice alla maggiore fiera agricola tedesca, la Grüne Woche). “Operiamo con tutte le maggiori catene distributive tedesche, austriache e svizzere. Siamo ben posizionati anche in Francia. Non solo con i vassoi, che sono il nostro prodotto di punta, ma anche con i plateaux di cartone, gli alveoli in polpa di legno riciclata e con i fogli di carta per foderare le casse di legno e le cassette di plastica riutilizzabili a sponde abbattibili. Il vassoio è un prodotto che chiaramente va collocato sui banconi dei supermercati, non trova spazio nei negozi specializzati o presso gli ambulanti in cui tradizionalmente la merce viene venduta sfusa o a cassetta. L’Italia è partita in ritardo, dapprima con i prodotti biologici, che per legge andavano e vanno venduti confezionati, salvo rare eccezioni. Negli ultimi anni c’è sta-
Le spiegazioni del successo dei vassoi sono molteplici e legate al concetto di imballo di dimensioni ridotte. Per spingere le vendite bisogna suscitare emozioni nei consumatori e la carta, con le sue infinite personalizzazioni grafiche, è un materiale imbattibile.
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ta un’accelerazione, sia per determinati frutti come le banane biologiche, fairtrade e ultimamente anche convenzionali, sia per ogni altro tipo di frutta e ortaggi. La carta poi, in questo caso, sta facendo scomparire la plastica, in tutte le sue declinazioni. Perché ha prezzi competitivi. Perché è maggiormente personalizzabile a livello grafico. Ma ciò che più conta, perché oggi i consumatori europei cercano prodotti eco-responsabili, anche nell’imballaggio, e la carta ha un’immagine sicuramente più naturale rispetto a quello che è a tutti gli effetti un derivato del petrolio”. Le spiegazioni del successo dei vassoi sono molteplici e legate non solo al vassoio in sé e per sé ma anche al concetto di imballo di dimensioni ridotte. Per spingere le vendite bisogna suscitare emoziol N.2 l GENNAIO 2013
ni nei consumatori e la carta, con le sue infinite personalizzazioni grafiche e di forma, è un materiale imbattibile. Il prodotto confezionato, inoltre, riduce enormemente il danneggiamento della merce all’interno del punto vendita, conseguente alla manipolazione del consumatore finale, e ne migliora quindi la redditività. Si fa poi un reale servizio al cliente, perché il vassoio è già prezzato e non bisogna quindi ricorrere alla pesatura. A quanti sarà successo, davanti alla bilancia, di non ricordarsi più il codice del frutto preso? Infine la stessa catena distributiva si tutela da possibili comportamenti fraudolenti dei clienti, che in questi tempi di crisi potrebbero essere tentati di applicare per il prodotto scelto il prezzo di un prodotto che costa meno o bluffare sulla quantità. Cose purtroppo all’ordine del
Nella foto sopra uno scatto preso allo stand Ciesse Paper all’ultima edizione della fiera Interpoma (Bolzano, 15-17 novembre). L’azienda mantovana ha sempre avuto un forte legame con il Trentino Alto Adige: agli inizi degli anni ’70 iniziò a fornire le cooperative melicole della zona con i fogli di carta per rivestire le casse di legno, qualche anno più tardi fu la prima a proporre un prodotto che diventerà con gli anni lo standard per il settore, il plateaux di cartone ondulato.
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Era il 1986 quando ebbi l’idea dei vassoi di “carta. Ci volle un anno per svilupparla. Nel 1987
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giorno e che spiegano come mai, in tanti punti vendita della grande distribuzione, si trovano ormai mele di diverse varietà vendute sfuse allo stesso prezzo, anche se gli operatori sanno bene che una varietà Golden ha costi di produzione diversi rispetto a una varietà Fuji. Infine, aspetto non trascurabile, la crisi può spingere il cliente ad acquistare due mele anziché tre, ma con il vassoio è obbligato a prendere quel quantitativo predeterminato. Ad avvalorare queste tesi gli ultimi dati sui consumi in Italia, che nel 2012 sono rimasti sostanzialmente stabili per l’ortofrutta confezionata, mentre sono scesi per quella sfusa. “Abbiamo il prodotto giusto per il mercato - dichiara Govi - e, proprio perché siamo stati i primi a svilupparlo, abbiamo l’expertise per farlo meglio di tutti gli altri, con il servizio migliore, i prezzi più competitivi, i tempi di consegna più veloci, grazie anche ai camion di nostra proprietà. E lo proponiamo in tutte le sue varianti: a microonda, più resistente, oppure teso; con carta vergine o con carta rigenerata; rivestiti con polipropilene o con vernici alimentari per rendere la carta impermeabile, idonea quindi a certe tipologie di prodotti molto “bagnati” come le carote, le insalate o i radicchi. Non è un caso che abbiamo clienti in tutta Europa”. Nel 2012 Ciesse Paper ha venduto 200 milioni di vassoi, 27 milioni di plateaux e 30 mila tonnellate di fogli di carta. Il fatturato nello FRUITBOOKMAGAZINE
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avevamo i primi campioni e l’anno successivo li abbiamo presentati per la prima volta al pubblico specializzato del Macfrut, fiera che allora era riferimento a livello europeo ” , Fabrizio Govi
Fabrizio Govi, alla guida della Ciesse Paper di Mantova, leader europeo per i vassoi in cartoncino. L’azienda, che all’inizio si occupava di carta in genere, fu fondata nel 1947 dal padre Leonello.
stesso anno è cresciuto del 15 per cento ed è stato sviluppato per l’80 per cento nel settore ortofrutta e per il 40 per cento all’estero. La deforestazione? Sfatiamo un luogo comune: per produrre carta, almeno quella utilizzata per produrre imballaggi per ortofrutta, non si toglie un solo albero dal pianeta. O meglio, se ne piantano di nuovi. In un rapporto che è di tre alberi piantati per uno tolto. Come è possibile? Ce lo piega Govi: “Il nostro è un sistema virtuoso, la carta può essere riciclata dieci volte e la fibra vergine non è certo frutto della deforestazione in Amazzonia ma proviene dai boschi della Scandinavia, che è il più grande produttore al mondo di cellulosa per la carta. Gli alberi più
utilizzati sono gli abeti e si tratta sempre di boschi preposti a quel fine e per ogni albero tolto se ne piantano di nuovi per soddisfare la domanda futura. Ben altra cosa quindi rispetto al petrolio, che è una fonte non rinnovabile e causa spesso di disastri ambientali. Eppure la normativa sull’igiene degli imballaggi a contatto con gli alimenti non ci viene per nulla in aiuto: vede, noi possiamo usare solo fibra vergine, quella rigenerata è ammessa se internamente al vassoi c’è un film di polipropilene o una vernice alimentare. Mentre le casse di plastica a sponde abbattibili possono essere riutilizzate anche più volte senza l’adeguata pulizia e sanificazione”.
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Non solo fragole a Huelva. Il boom dei frutti di bosco Davide e Golia esistono davvero Eugenio Felice
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Nel distretto spagnolo di Huelva, nel sud-ovest della Spagna, in un ambiente naturale unico, si trovano delle cooperative che da sole immettono sul mercato, da dicembre a maggio, più fragole di quante ne produca la Campania, che in Italia è la regione più produttiva. Il primato spetta a Fresón de Palos, che nel 2012 ne ha prodotte 86 mila tonnellate. La segue da vicino il consorzio Onubafruit, che ha numeri da primato anche per i lamponi e altri piccoli frutti Dieci a uno. Queste le proporzioni tra le maggiori cooperative che producono fragole in Spagna e quelle italiane. Questo spiega il motivo per cui in molti supermercati, soprattutto del nord Italia, si trovano più fragole spagnole che nazionali nella prima metà dell’anno, anche quando in Italia siamo in piena produzione. Ma non è solo questione di dimensioni. Provate a chiedere a un buyer italiano se preferisce acquistare in Italia o in Spagna. La scelta cade sempre sulla Spagna non solo per la qualità del prodotto ma anche per il servizio. In Italia manca l’organizzazione, la massa critica, la continuità di fornitura, la standardizzazione della qualità, la logistica. Ai produttori italiani non resta che far leva sul made in Italy, con quelle catene come Coop e Conad che ancora danno un valore aggiunto al made in Italy. La Spagna dalla sua ha anche la ricerca, aspetto tutt’altro che marginale, tanto che le principali varietà prodotte nel sud Italia, come Candonga e Sabrina, sono della spagnola Planasa. FRUITBOOKMAGAZINE
Ma chi sono questi produttori spagnoli? All’ultima edizione di Fruit Attraction, in Spagna, lo scorso ottobre, abbiamo preso contatto con i più grandi, che hanno siti produttivi e stabilimenti a Huelva, piccolo comune dell’Andalusia, affacciato sul mare e a ridosso del confine con il Portogallo: Fresón de Palos, Onubafruit, Cuna de Platero e Grufesa. Il più piccolo di questi, la cooperativa Grufesa, produce da sola quattro volte più dei nostri campioni nazionali, l’APO Scaligera di Verona e la cooperativa Sole di Caserta, entrambe attorno alle 6 mila tonnellate (fonte: www.fruit-book.com). Tutte aziende dinamiche, quelle spagnole, che in fiera si presentavano con stand e materiale promozionale accattivanti. Tre di queste anche con brochure in italiano, e una, Fresón de Palos, addirittura con dvd in lingua italiana, a testimonianza dell’elevata internazionalizzazione di queste imprese e dell’importanza che riveste per loro il mercato italiano, solitamente la terza destinazione estera dopo Germania e Francia.
Nella foto una serra di Fresón de Palos, la più grande cooperativa di Huelva, con 150 soci, 1.100 ettari dedicati alle fragole, un magazzino di confezionamento di 30 mila metri quadrati e un output annuale di 80 mila tonnellate, destinato per il 60 per cento ai mercati esteri. Huelva è un piccolo comune dell’Andalusia, affacciato sull’oceano Atlantico e a ridosso del confine con il Portogallo, immerso nel parco nazionale di Doñana, ricco di pinete, con terre arenose e calcaree soggette a un clima mite e bagnate da acqua di eccellente qualità, caratteristiche ideali che danno alle fragole dimensione, consistenza e colore eccellenti.
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Lo specialista: Fresón de Palos. 69 mila tonnellate di fragole prodotte per il mercato fresco e altre 17 mila tonnellate per l’industria: quella del 2012 è stata una campagna record per la più grande cooperativa di Huelva, nata nel 1982 e guidata da principi quali l’innovazione permanente, la capacità di crescere e il lavoro di squadra. La crescita sulla campagna precedente è stata addirittura del 40 per cento in termini di volumi per il prodotto fresco e del 67 per cento per quello da industria. Oggi Fresón de Palos è il più grande produttore al mondo di fragole, un’azienda leader che rappresenta l’unione di oltre 150 soci e il lavoro, stagione dopo stagione, di oltre l N.2 l GENNAIO 2013
5 mila addetti. Il magazzino di lavorazione ha una superficie coperta di 30 mila metri quadrati. Le serre si estendono per più di 1.100 ettari a Palos de la Frontera, nel parco nazionale di Doñana, circondate dalle pinete e dalla costa dell’Oceano Atlantico, su terre arenose e calcaree, soggette a un clima mite e bagnate da acqua di eccellente qualità, caratteristiche ideali che danno alle fragole dimensione, consistenza e colore impareggiabili. “I nostri punti di forza - ci spiega il responsabile marketing Jaime Zaforas sono l’innovazione costante e la qualità totale, che assieme alla tradizione agricola e al massimo rispetto dell’ambiente ci hanno
Onubafruit è leader europeo nella produzione ed esportazione di lamponi e su scala mondiale è seconda solo a Driscoll’s.
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Fresón de Palos in cifre mila tons
di fragole fresche nel 2012
mila tons
di fragole da industria nel 2012
1.100 7 30 4
mila tons stima export 2013 in Italia
ettari
di serre
mila mq
mesi di fornitura
di magazzino
(febbraio - maggio)
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fragole, confezionate nei differenti formati: flowpack da 250 grammi, 500 grammi e 1 chilo, oppure cassette di legno da uno o due chili protette da film plastico”. Il che equivale a dire che la cooperativa spagnola venderà in Italia più fragole di quante ne producano, singolarmente, i maggiori produttori italiani.
permesso di crescere campagna dopo campagna, rispondendo sempre al meglio alle esigenze del mercato e alle aspettative dei nostri clienti, che vedono nella nostra marca un sinonimo di garanzia, qualità e servizio”. Le principali varietà prodotte per la campagna 2013 saranno Sabrina, Fortuna, Candonga e Antilla. Sabrina e Candonga, varietà selezionate dalla spagnola Planasa, sono anche le varietà di punta prodotte nel sud Italia. La campagna, tenendo conto dei fattori climatici, inizierà a febbraio e si concluderà a maggio. Le premesse sono per ripetere la campagna 2012, non solo per quantità ma anche per la qualità eccellente. “I nostri principali mercati esteri - continua Zaforas sono la Germania, la Francia, l’Italia, il Portogallo e il Regno UniFRUITBOOKMAGAZINE
to, mercati verso i quali prevediamo di esportare circa il 60 per cento della produzione 2013. L’Italia è per noi un mercato molto interessante, i nostri clienti apprezzano ogni anno di più le nostre fragole e la nostra marca Fresón de Palos, così come il consumatore finale. È un mercato esigente in termini di qualità e servizio, aspetti su cui siamo particolarmente forti. A testimoniare ciò abbiamo le principali certificazioni sia per la fase produttiva, come GlobalGAP e produzione integrata, sia per la fase di confezionamento, come Iso 9001, Iso 14001 e IFS. La campagna 2013 si presenta come una delle più importanti degli ultimi anni, a causa della particolare congiuntura socio-economica che stiamo vivendo. Contiamo di collocare in Italia 8 mila tonnellate di
Non solo fragole: Onubafruit. È un consorzio di recente costituzione che racchiude sei importanti cooperative di Huelva. Alla fiera madrilena non aveva lo stand più grande tra i produttori di fragole ma sicuramente il più elegante. Inizia a produrre fragole già dal mese di dicembre per finire a luglio. Un colosso che con fragole, piccoli frutti e in parte minoritaria agrumi, cachi e albicocche, ha fatturato 128 milioni di euro nel 2012, registrando nonostante le difficoltà del periodo una crescita rispetto all’anno precedente (120 milioni). Un trend positivo che continua dal 2004, anno in cui Onubafruit è stata costituita. La produzione annuale è superiore alle 65 mila tonnellate, le superfici coltivate raggiungono i 27 mila ettari. La coltura più importante per volume sono proprio le fragole, prodotte nelle varietà più richieste dal mercato europeo. Alle fragole si affiancano i piccoli frutti: Onubafruit è leader europeo nella produzione ed esportazione di lamponi e su scala mondiale è seconda solo alla statunitense Driscoll’s. Ogni anno 7 mila tonnellate di l N.2 l GENNAIO 2013
L’Italia è per noi un mercato molto interessante, “i clienti apprezzano ogni anno di più le nostre fragole. In questa campagna, una delle più importanti degli ultimi anni per la particolare congiuntura socio-economica, contiamo di collocarvi 8 mila tonnellate ” , Jaime Zaforas (Fresó n de Palos) lamponi vengono inviati in tutta Europa, un numero destinato a cresceredato dato che è in atto in alcune delle cooperative associate, a partire dalla SAT Contado (35 produttori per 175 ettari), un progressivo passaggio dalle fragole ai frutti di bosco. La rete commerciale prevede anche un ufficio vendite in Germania, guidato da Mario Gómez, che parla diverse lingue tra cui l’italiano. “In otto anni - ci spiega Gómez - siamo diventati i maggiori esportatori di piccoli frutti in Europa. Abbiamo avuto
rapporti commerciali anche con il Canada e Hong Kong. Il segreto del nostro successo? È la passione dei nostri produttori e la qualità eccellente dei nostri frutti, lavorati da sei cooperative che hanno avuto il coraggio di unire le proprie forze per raggiungere risultati altrimenti inaccessibili”. Le sei cooperative associate sono dotate anche delle certificazioni oggi più richieste dalla grande distribuzione, come GlobalGAP, BRC, Tesco Nurture, Iso 9001, Iso 22000, Iso 14000. l N.2 l GENNAIO 2013
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Gli outsider. Sia Grufesa che Cuna de Platero stanno crescendo molto. Grufesa nasce nel 1983 nella località di Moguer, nell’areale di Huelva, e può contare oggi su 40 soci, 500 ettari di serre, un magazzino da 17 mila metri quadrati e una produzione annuale attorno alle 28/30 mila tonnellate. La cooperativa ha sempre puntanto sugli investimenti in innovazione. Come spiega la responsabile commerciale Loli García Rojas, da noi interpellata durante la fiera: “Non saremo i primi in termini di volumi ma siamo sicuramente i primi per la qualità delle nostre fragole, che rimane intatta dalla fase di raccolta a in quella di commercializzazione, che significa per noi anche massimo rispetto per l’ambiente. Per la campagna entrante abbiamo ulteriormente aumentate le superfici investite, che ora hanno raggiunto la soglia dei 500 ettari per 31 milioni di piantine con numerose varietà tra cui Sabrina, Splendor, Primoris, Candonga. Il raccolto inizia a dicembre per concludersi a giugno”. Chiudiamo con Cuna de Platero, che proprio nel 2013 festeggia i 25 anni di attività. Anche in questo caso numeri “monstre”: 110 soci, 900 ettari, 57 mila tonnellate di fragole e 3 mila di piccoli frutti, un magazzino da 58 mila metri quadrati.
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A volte ritornano. Che sia giunto il momento buono? Dopo gli insuccessi degli anni ’90 torna alla ribalta il nashi Eugenio Felice
Foto: Andrea Felice
Alla scoperta di uno dei frutti più controversi della storia frutticola europea, il nashi. Abbandonato vent’anni fa perché troppo complicato e costoso da produrre e lavorare. Oggi torna di attualità, perché un’azienda piemontese riesce a esprimere una qualità eccellente e si è ritagliata la sua nicchia di mercato. Ma torna di attualità anche perché è salutare, buono, praticamente privo di residui. Una grande e nuova opportunità per il sistema produttivo italiano Un frutto che aveva raggiunto una certa notorietà negli anni ’90, ma che oggi è diventato quasi introvabile. Una vera nicchia insomma. Il nashi, o pera nashi, originario del Giappone, ce lo siamo trovati di fronte per caso in un superstore della Migross, piccola catena distributiva con sede a Bussolengo, in provincia di Verona (400 punti vendita tra diretti e affiliati in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, con format di medie e piccole dimensioni). Di bell’aspetto e ben presentato, grazie a un bollino accattivante applicato su ogni frutto, con riportato il marchio Trybeca e l’indicazione del sito internet. Una grafica di gusto internazionale, tanto che siamo stati un po’ sorpresi nello scoprire che questi frutti in realtà vengono prodotti a Centallo, paesino della provincia di Cuneo, dalla famiglia Oderda. La prima è andata male. Negli anni ’90 il kiwi italiano, ancora destinato prevalentemente al mercato interno, stava attraversando un momento di forte difficoltà e il nashi sembrava la coltura che
poteva riportare il reddito alle aziende agricole. Tutto il mondo agricolo non asiatico ci si buttò, non solo in Italia, ma dopo alcuni anni di sperimentazione, a diversi livelli, ci si accorse che non si potevano raggiungere risultati soddisfacenti, come colore, forma, sapore. Per giunta, il frutto una volta staccato dalla pianta non maturava più, quindi andava raccolto al giusto punto di maturazione con un problema non di poco conto: l’epidermide molto sottile e la pol-pa ricca di acqua e quindi tenera pur se croccante mal sopportava la lavorazione meccanizzata. Il processo di calibratura era quindi impraticabile con frutti maturi. Un frutto ingestibile, insomma, dalle grandi cooperative. Così la coltura è stata abbandonata e dimenticata. Qualcuno ha resistito. Un uomo tenace della provincia di Cuneo, però, tra i primi a coltivare le pesche e nettarine negli anni ’60 e tra i primi a coltivare i kiwi negli anni ’70, non ha accettato la sconfitta e ha continuato a sperimenFRUITBOOKMAGAZINE
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A fianco e nell’altra pagina il magazzino di lavorazione della Trybeca a Centallo. Tutto il lavoro di calibratura e confezionamento viene fatta manualmente a causa dell’epidermide molto sottile dei nashi e della polpa ricca di acqua e quindi tenera, per quanto croccante. I frutti vanno infatti raccolti al giusto grado di maturazione perché una volta staccati dall’albero non maturano più. Nel magazzino si trovano anche delle celle a bassa temperatura per portare la conservazione dei frutti fino a maggio. In realtà, dati i volumi ancora limitati, il nashi raccolto nel 2012 è finito già prima di Natale. Quest’anno previsti quantitativi doppi.
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tare e ad affinare le tecniche agronomiche. Si chiama Giovanni Oderda, oggi ha 73 anni e, con l’aiuto del figlio Maurizio, cui si è recentemente affiancata la sorella Sabrina, produce i migliori nashi d’Europa, stimati anche da chi i nashi li ha sempre prodotti per tradizione, vale a dire i giapponesi. “È stato un percorso non privo di difficoltà - ci spiega - ma oggi abbiamo raggiunto l’80 per cento del suo potenziale in termini di colore, sapore e forma. Abbiamo comprato le prime piante in Francia nel 1988, un amico mi portò dei frutti dagli Stati Uniti, ci piacquero, decidemmo così di iniziare questa avventura. Ci abbiamo messo diversi anni per prenderne le misure e capire il know-how necessario per ottenere buoni frutti. Vede - continua Oderda - probabilmente quasi tutti i terreni agricoli sono adatti a fare nashi, ma nessun terreno può dare nashi di qualità senza il know-how messo a punto in anni di prove ed errori. Noi continuiamo a lavorare ogni giorno per renderlo sempre migliore, o meglio per portarlo al massimo del suo potenziale”. Analogie con le uve apirene. Questi concetti ci hanno fatto tornare con la mente a un convegno di Rutigliano svoltosi lo scorso aprile, in cui si parlava dell’uva da tavola. Secondo molti produttori non si otterrebbero in Puglia, come nel Metaponto o in Sicilia, risultati soddisfacenti per le varietà apirene (senza semi). Tanto vale andare FRUITBOOKMAGAZINE
avanti con le varietà tradizionali. Quasi come se il luogo di produzione incidesse sul risultato. In realtà, come spiegato da Giuseppe Sicuro, agronomo di Apofruit, durante lo stesso convegno, il tempo ha dimostrato che adottando specifiche e corrette tecniche agronomiche i risultati sono eccellenti. Certo ci vuole qualcuno che spieghi queste tecniche ai produttori. Il nashi è stato sperimentato nei maggiori Paesi frutticoli non asiatici 25 anni fa, con lo scopo di ripetere il boom del kiwi. Inizialmente la Nuova Zelanda, poi la California, l’Oregon, la Francia, la Spagna, l’Italia, il Cile e l’Argentina. Tutti hanno cercato di produrlo, ma nessuno ci è riuscito, o per lo meno non è riuscito a fare un frutto di qualità. Rivoluzione verde. Tutti ad eccezione della famiglia Oderda. “Sul mercato si trovano altri nashi, prodotti da altre aziende, italiane o spagnole, ma devono fare ancora diversa strada per raggiungere il livello che abbiamo raggiunto noi. Per certi aspetti siamo all’avanguardia anche rispetto ai produttori giapponesi, perché là le piante e i terreni sono stanchi e la crisi globale ha rallentato la domanda interna, bloccando di fatto gli investimenti. Come mai otteniamo frutti così buoni? Perché rispettiamo le piante e l’ecosistema che le circonda. Noi la chiamiamo “rivoluzione verde”. Utilizziamo la chimica solo per lo stretto indispensabile, ad esempio non utilizziamo
i diserbanti, e le stesse piante ci vengono in soccorso perché sono molto resistenti, immuni ad esempio dalle malattie fungine come la ticchiolatura. L’irrigazione di soccorso e la confusione sessuale sono altre tecniche adottate. Il risultato è che i residui presenti sono quasi nulli. Certo ci vuole parecchia manodopera, il diradamento e la raccolta sono manuali. Non utilizziamo i bins ma le casse di legno, per non danneggiare i frutti. Per lo stesso motivo la bollinatura e il confezionamento sono anch’essi processi che avvengono manualmente. Produrre i nashi e portarli sul mercato quindi costa, ben di più rispetto ad altri frutti”. Una nicchia che cresce. La produzione attesa nel 2013 dovrebbe raggiungere i 20 mila quintali. La superficie investita e direttamente gestita è di circa 50 ettari. Il raccolto inizia il 4/5 settembre e si protrae fino a fine ottobre. La conservazione nelle celle a bassa temperatura si protrae fino a maggio senza perdita apprezzabile di qualità. Tre le varietà prodotte: la Try, originaria del Giappone, molto succosa, aromatica, croccante, non troppo dolce, ideale quindi anche per chi deve contenere gli zuccheri nella sua dieta; la Dely, originaria della Corea, varietà medio tardiva, con pasta più fine, meno succosa ma sempre croccante, con profumo e gusto vanigliato e dolce; infine la Plumpy, originaria anch’essa della Corea, frutto grande e sferico, sapore marcato con l N.2 l GENNAIO 2013
Probabilmente quasi tutti i terreni agricoli sono “adatti a fare nashi, ma nessun terreno può dare frutti di qualità senza il know-how messo a punto in anni di prove ed errori. Lavoriamo ogni giorno per portarlo al massimo del suo potenziale ” , Giovanni Oderda di Trybeca
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vago sentore di noce, polpa consistente. “I nashi - spiega Oderda si possono considerare oggi come frutti nuovi e dagli indiscutibili pregi: dietetici e diuretici, raccomandati per tutte le età, croccanti e succosi, dal gusto delicato e dolce, con una spiccata freschezza e particolarmente dissetanti. Sono poi altamente digeribili e poco calorici, con alto contenuto di magnesio e altri minerali e vitamine, ben accettati anche da chi ha problemi di diabete. Sono con il loro sapore nuovo la vera novità in campo frutticolo, una grande opportunità per il futuro”. Dissetanti. buoni, croccanti. Non possiamo che confermare quanto sostenuto da Giovanni Oderda. I due plateau inviati come campione e da noi prelevati presso il distributore Fruttital sono stati divorati in pochi giorni dalla nostra redazione e dai familiari. Tutti commenti entusiasti. Provare per credere. A fare la differenza rispetto agli altri frutti sono la freschezza, la croccantezza, il sapore delicato ma persistente, la succosità. Proprio sul sapore Oderda ha le idee chiare: “Il vero sapore è quello che rimane in bocca dopo aver mangiato il frutto. Un frutto, quando è buono veramente, deve lasciare la bocca buona”. L’unica cosa che non ci ha convinto pienamente è l’aspetto esteriore: la buccia marrone e la forma a volte irregolare non li rendono molto aggraziati. “Il colore e la forma - ha ammesso Oderda - sono aspetti su cui l N.2 l GENNAIO 2013
dobbiamo ancora lavorare. L’ho detto, siamo all’80%, ci manca un 20% per raggiungere il frutto ideale. Dobbiamo poi lavorare molto sulla promozione del nashi, che oggi il consumatore italiano praticamente non conosce e di cui la distribuzione ha un ricordo poco felice, legato agli insuccessi degli anni ’90”. Da settembre a gennaio. Abbiamo detto che il prodotto si conserva bene fino a maggio. La campagna per il Trybeca si è chiusa a metà gennaio: tutti i frutti sono stati venduti, quasi interamente sul mercato italiano, attraverso distributori selezionati come Fruttital e Spreafico. Il prezzo franco magazzino è stato variabile tra 1,10 e 2,00 euro al chilo, variazio-
ne su cui ha inciso anche il confezionamento e la pezzatura (il frutto di per sé è grande, in alcuni casi supera anche il chilogrammo). “Potevamo tranquillamente spuntare 20/30 centesimi in più - tiene a precisare Oderda - ma a volte c’è fretta di vendere per timore di non collocare tutto il prodotto. Visti i tempi, comunque, non ci lamentiamo. Per le prossime campagne siamo ottimisti, perché abbiamo un frutto unico e straordinario. Ma lo sapeva ad esempio che il nashi è l’unico frutto che se mettete in una vasca va a fondo e non galleggia? E lo sa perché? Perché è fatto per l’85% da acqua: è il frutto in assoluto con il più alto contenuto di acqua”.
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I castagni stanno scomparendo. Ma chi l’ha detto? La situazione migliore in Piemonte e Veneto Camilla Madinelli
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Sicuramente il 2012 sarà ricordato come l’anno nero per le castagne a causa della siccità e del cinipide, un parassita che ormai da dieci anni sta falcidiando le piante in diverse aree d’Italia. Nel Viterbese il calo è stato addirittura del 70/90 per cento. Il clima è un fattore contingente, il cinipide no, ma ci si può difendere, come hanno fatto in Piemonte, dove c’è stata la migliore campagna degli ultimi 10 anni, con un calo del 20 per cento legato solo alla siccità Annus horribilis per castagne e marroni made in Italy. Ma non per tutte. Se nelle zone vocate nel Centro e Sud Italia la produzione è crollata, perdendo tra il 60 e il 90 per cento e con una raccolta striminzita, e se in Veneto e a Verona la situazione è stata -50 per cento, in Piemonte invece molti produttori tirano un sospiro di sollievo registrando flessioni fisiologiche del -20 per cento, decisamente meglio rispetto ad annate ben più negative. A livello nazionale il prodotto 2012 rimane scarso e i prezzi per castagne e marroni sono stati in alcuni momenti alle stelle, provocando aumenti anche nel prodotto lavorato, dal miele alle farine per dolci e pani speciali. L’anno nero per il settore, da 46 milioni di euro l’anno e con oltre 34 mila aziende per circa 50 mila tonnellate di prodotto fino al 2007, era preannunciato dalla Confederazione Italiana Agricoltori (Cia), partita dall’analisi degli effetti dovuti al prolungato periodo di siccità. Frutto autunnale per eccellenza, castagne e marroni hanno avuto nel 2012 due nemici: anziFRUITBOOKMAGAZINE
tutto un clima poco favorevole, con scarsissime piogge e caldo torrido; poi il diffondersi di un parassita di origine cinese, il cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus), segnalato in Italia da una decina d’anni e sempre più diffuso. Il primo è un fattore contingente, che varia di anno in anno. In qualche modo, un rischio calcolato. Per il secondo la faccenda si fa più seria e impone di mettere in atto strategie per contenere i danni. Cosa fa questo insetto? Depone le uova sulle foglie del castagno, sui rami più teneri o sulle gemme, impedendone la fruttificazione. Secondo la Cia, il parassita da solo sarebbe in grado di dimezzare la produzione di una pianta, bloccando lo sviluppo dei frutti e debilitandola nel complesso. Laddove i due fattori si sono concatenati l’effetto è stato devastante: in Maremma, lungo le pendici del Monte Amiata, le perdite si sono assestate sul 50 per cento; peggio nel Viterbese, a lutto con zone a raccolta zero, o in Campania, a 70 per cento. Sono zone, tra l’altro, tra le più vocate a livello naziona-
Un castagneto sul Monte Baldo, affacciato sul Lago di Garda, dove si produce il Marrone di San Zeno DOP. Che differenza c’è tra marrone e castagna? Quest’ultima è il frutto della pianta selvatica, schiacciata su un lato, con buccia scura e resistente e polpa saporita. Il marrone, invece, è il frutto della pianta coltivata e migliorata da successivi innesti, è più grosso, con buccia più chiara, polpa più dolce e senza pellicola interna.
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le e a rimetterci sono prodotti di grande qualità come la Dop di Vallerano e le Igp di Montella e di Roccadaspide. Meglio è andata in quelle aree in cui l’insetto non ha attecchito tanto oppure ha piovuto. Bene il Piemonte. Notizie più rassicuranti dal Piemonte, dove il cinipide che viene dall’Oriente non fa più paura e il clima è stato favorevole, con un settembre caldo e asciutto e qualche pioggia successiva che è stata come la ciliegina sulla torta. “Quest’anno abbiamo perso solo un 20 per cento e venduto anche nelle zone italiane del Centro Sud rimaste a secco di prodotto dai consorzi e produttori l N.2 l GENNAIO 2013
locali”, spiega Eugenio Castellino, uno dei proprietari dell’azienda Fratelli Castellino, ai piedi delle Alpi Marittime (Cuneo), che da 25 anni lavora e commercializza marroni e castagne fresche, con produzione anche di semilavorati per l’industria (castagne secche, granella di castagne secche, fiocchi, farina e purea di castagne) e un’esperienza consolidata anche nelle fragole e piccoli frutti. “Siamo molto soddisfatti, e non solo per la quantità che ci ha permesso di coprire la richiesta”, continua Castellino. “La merce è bella e sana, il frutto grosso al punto giusto. Questa per noi è un’ottima annata, la migliore degli ultimi 10 anni”. Il periodo nero se lo sono
Sulle colline di Verona un caso studio regionale: il parassita che viene dalla Cina è presente ma non crea danni rilevanti
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lasciato alle spalle: “Siamo stati tra i primi ad avere il problema del parassita arrivato dalla Cina, alla fine degli anni Novanta. Nel 2005 la produzione andò a zero, proprio come oggi in certe parti d’Italia. È stata dura, ma sono tempi passati. Nei boschi ci siamo organizzati con gli antidoti naturali; ci ha colti di sorpresa i primi anni, ora non più”. Si ritengono soddisfatti e fortunati anche i 45 produttori veronesi, nel Veneto più occidentale, riuniti nella Cooperativa Monte Baldo Veronese. In questa annata disastrosa per tanti, si è salvato circa il 70 per cento del prodotto e le perdite sono imputabili perlopiù alla siccità. Le prime stime agli inizi di novembre parlavano di circa 200 quintali di prodotto, 50 quintali in meno rispetto al 2011. Ma il marrone 2012 è migliore come qualità, più sano e gustoso, e così sono contenti i 45 produttori che si affidano al Consorzio Tutela del Marrone di San Zeno Dop per proteggere e valorizzare un frutto che gode della denominazione d’origine protetta. Il parassita cinese che ha messo su casa anche in Italia pare non abbia attecchito bene nei boschi di castagno concentrati tra San Zeno di Montagna e Brenzone, come spiega il presidente del Consorzio di Tutela, Simone Campagnari: “È presente anche nella nostra zona, ma vuoi per motivi climatici o naturali non si è sviluppato e non ha provocato grossi danni. Stiamo studiando quali possono essere FRUITBOOKMAGAZINE
DOP e IGP: le produzioni in Italia Castagna Castagna Castagna Castagna
di di di di
Cuneo Monte Amiata Montella Vallerano
IGP IGP IGP DOP
PIEMONTE TOSCANA CAMPANIA LAZIO
IGP IGP DOP IGP IGP DOP IGP IGP
PIEMONTE TOSCANA TOSCANA EMILIA-ROMAGNA VENETO VENETO VENETO CAMPANIA
Farina di Castagne della Lunigiana Farina di Neccio della Garfagnana
DOP DOP
TOSCANA TOSCANA
Miele della Lunigiana Miele delle Dolomiti Bellunesi
DOP DOP
TOSCANA VENETO
Marrone Marrone Marrone Marrone Marrone Marrone Marrone Marrone
della Valle di Susa del Mugello di Caprese Michelangelo di Castel del Rio di Combai di San Zeno di Monfenera da Roccadaspide
questi antagonisti, in modo tale da svilupparli se necessario. In ogni caso, teniamo monitorata la situazione”. Quello tra San Zeno e Brenzone è già un caso studio a livello regionale e potrebbe diventarlo anche in ambito nazionale. E se la quantità diminuisce, stando nei limiti, ma la qualità aumenta, ai produttori veronesi non va che bene. “L’anno scorso il mese di ottobre incredibilmente caldo aveva compromesso i marroni, che marcivano con grande facilità” continua il presidente del Consorzio. “Nel 2012 invece abbiamo avuto un l N.2 l GENNAIO 2013
Siamo stati tra i primi ad avere il problema del “cinipide, alla fine degli anni Novanta. Nel 2005 la produzione andò a zero. È stata dura, ma sono tempi passati. Nei boschi ci siamo organizzati con gli antidoti naturali; ci ha colti di sorpresa i primi anni, ora non più ” , Eugenio Castellino (Cuneo) 77
prodotto finale più sano, che valeva al produttore anche 7 euro al chilo. Ma nessun cliente si è lamentato, dato che li meritava”. Non solo miele. Il rialzo dei prezzi è una conseguenza della calata produzione generale, ma a fare da contrappasso, a quanto pare, c’è l’aspetto qualitativo che si riflette pure sul prodotto lavorato. Interessante sotto questo aspetto la promozione e valorizzazione che il Consorzio di Tutela del Marrone di San Zeno Dop sta perseguendo, tramite collaborazioni con i ristoratori locali e nuovi lavorati che hanno i marroni come punto forte. “Il marrone non è solo un frutto” sottolinea Campagnari. Tra le spel N.2 l GENNAIO 2013
cialità degne di segnalazione, come modo per sostenere i produttori, legare con i ristoratori e fidelizzare il consumatore finale: la birra castanea, aromatizzata alle castagne, corposa e ambrata; i marroni sciroppati, un’alternativa al marron glacè in cui lo zucchero copre il reale sapore dell’ingrediente principale. “Noi invece vogliamo proporre una versione dolce in cui si senta il gusto del nostro marrone”, conclude Campagnari. Molti produttori e aziende di trasformatori stanno puntando, in questi ultimi anni, sulla versatilità di questo frutto. Se da secoli la castagna è stata utilizzata per le farine, questa produzione oggi sta diventando marginale e legata a
pasticceria tipica. Rimane un classico senza tempo, invece, il miele di castagno, molto aromatico e con retrogusto amaro. Nel classico, però, si sta facendo strada la versione biologica, come quella proposta da Rigoni di Asiago e prodotta nello stabilimento di Foza (Vicenza), sull’altipiano degli Otto Comuni. Un impianto a ridotto consumo energetico immerso nell’ambiente alpino, che lavora circa 8 tonnellate di frutta all’anno e sforna ogni ora 8 mila vasetti di prodotto finito. Il miele biologico proviene da apicoltori selezionati e di fiducia, che trattano api e alveari secondo natura.
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Aggregazione necessaria per garantirsi un futuro. Lo ribadisce Nomisma Dalle parole ai fatti, bisogna spingere sull’acceleratore Andrea Settefonti
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All’ultima edizione della fiera Macfrut, lo scorso ottobre, presentata una relazione della società di studi economici di Bologna. Le aziende italiane sono ancora troppo piccole, con dimensioni medie di 1,9 ettari, contro i 2,8 della Spagna e i 5,3 della Francia. L’aggregazione rappresenta quindi un percorso obbligato per restare o tornare a essere competitivi e per poter accedere a importanti sostegni economici da parte dell’Unione Europea Aggregazione. È il passaggio obbligato per le aziende ortofrutticole italiane. Le aziende italiane sono troppo piccole, le dimensioni medie sono di 1,9 ettari per impresa contro i 2,8 della Spagna e i 5,2 della Francia. La produzione ortofrutticola italiana, 48,7 miliardi di euro nel 2011, si estende su 880 mila ettari e coinvolge circa 460 mila imprese agricole. Di queste, solo il 30 per cento ha dimensioni medie superiori ai 5 ettari, pur detenendo il 73 per cento della superficie complessiva dedicata a queste produzioni. Dunque, “l’integrazione rappresenta un percorso obbligato per garantire un’efficace valorizzazione dei prodotti agroalimentari”, spiega Ersilia Di Tullio responsabile dell’Unità Sviluppo di Nomisma, importante società di studi economici che ha sede a Bologna, nella relazione presentata lo scorso ottobre a Cesena in occasione della fiera Macfrut. Pensare in termini di collaborazione tra imprese significa attivare “economie di scala attraverso l’efficienza dei processi produttivi, con la riduzioFRUITBOOKMAGAZINE
ne dei costi unitari di produzione. Ma anche attivare economie di scopo, l’efficacia dei processi produttivi che porta alla possibilità di raggiungere mercati/canali e intraprendere investimenti solo in presenza di determinati livelli quantitativi. Tutto questo incide sul potere contrattuale dei diversi attori della filiera e della catena del valore”. Bisogna uscire dalla logica del prezzo più basso. Quando si parla di ortofrutta, ci sono alcuni elementi che contribuiscono ad accrescere l’importanza strategica dei processi di aggregazione. “L’eterogeneità produttiva all’interno del settore, dove si concentrano tante diverse produzioni, ma anche le difficoltà nella differenziazione e valorizzazione del prodotto fresco, per evitare che diventi una commodity. Il vantaggio competitivo è prevalentemente legato al prezzo. Inoltre la lunga ciclicità di alcune colture, la stagionalità e la deperibilità del prodotto richiedono programmazione della produzione e degli investimenti ed interventi l N.2 l GENNAIO 2013
La produzione ortofrutticola italiana, 48,7 miliardi di euro nel 2011, si estende su 880 mila ettari e coinvolge circa 460 mila aziende. Di queste, solo il 30 per cento ha dimensioni medie superiori ai 5 ettari, pur detenendo il 73 per cento della superficie complessiva dedicata a queste produzioni.
coordinati sul mercato, soprattutto ai fini di prevenzione delle crisi di mercato”. L’importanza dell’integrazione diventa evidente quando si parla di commercializzazione. “La GDO è ormai il canale prevalente di vendita e occorre offrire adeguate risposte in termini di volumi, gamma, innovazione, standard di commercializzazione, certificazioni e organizzazione logistica. Poi c’è l’estero, una componente fortemente dinamica del mercato. Ma a livello internazionale la competizione è ancor più amplificata e a volte ostacolata da vere e proprie barriere”. Diventa vitale trovare strumenti di integrazione. Tra i più consolidati ci sono le organizzazioni di produttori (OP). “Grazie allo specifico sostegno dell’Unione Europea sono più attive nell’ortofrutta che in altri settori dell’agroalimentare. Nel 2012 in Italia 206 OP e 12 AOP (associazioni di OP) ortofrutticole hanno presentato un totale di 268 programmi operativi. Le risorse attivate a favore di azioni ed investimenti sono pari a 452,5 milioni di euro (di cui il 10 per cento per misure di crisi). In maggioranza si tratta di imprese cooperative perché i requisiti richiesti - associativi e di concentrazione dell’offerta - sono già di fatto presenti in questa forma di impresa”, commenta ancora Di Tullio. Nelle OP, un ruolo decisivo viene svolto dalle cooperative. “In Italia, fra i settori di rilievo per presenza cooperativa l’ortofrutta ha le maggiori dimenl N.2 l GENNAIO 2013
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IMPORT-EXPORT ORTOFRUTTICOLO Le principali marceologie (2011) PRINCIPALI PRODOTTI ORTOFRUTTICOLI ESPORTATI (valore in milioni di €) Ranking 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Merce Conserve di pomodoro Mele e pere Uve Succhi di frutta Conserve di ortaggi e legumi Fragole Pesche ed altre drupacee Frutta a guscio Agrumi Pomodoro fresco TOTALE EXPORT
Export
% su totale
1.306,3 860,9 579,0 519,7 335,0 408,2 325,5 207,7 182,8 175,4 6.761,9
19% 13% 9% 8% 5% 6% 5% 3% 3% 3% 100%
(milioni €)
export
PRINCIPALI PRODOTTI ORTOFRUTTICOLI IMPORTATI (valore in milioni di €) Ranking
Merce
(milioni €)
Import
% su totale
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Frutta a guscio Ortaggi e legumi freschi e refrigerati Conserve di ortaggi e legumi Banane Agrumi Succhi di frutta Fragole Legumi Patate Pesche ed altre drupacee TOTALE IMPORT
595,3 458,7 452,0 395,8 242,6 230,5 198,8 179,4 179,3 174,1 4.635,4
13% 10% 10% 9% 5% 5% 4% 4% 4% 4% 100%
import
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat FRUITBOOKMAGAZINE
Pensare in termini di collaborazione tra imprese significa attivare economie di scala attraverso l’efficienza dei processi produttivi, ma anche attivare economie di scopo, che significa raggiungere mercati/canali e intraprendere investimenti solo in presenza di determinati livelli quantitativi.
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TOP 10 UE - Produzione ortofrutta* (2011) Ortaggi e frutta fresca Spagna Italia Francia Romania Germania Polonia Olanda Grecia Regno Unito Portogallo Unione Europea 27
Milioni di €
% su tot
11.523 11.389 7.217 4.879 4.513 4.154 3.626 3.442 2.895 1.777 61.628
19% 18% 12% 8% 7% 7% 6% 6% 5% 3% 100%
* Comprende ortaggi, patate, frutta, agrumi, uva da tavola, frutti tropicali e olive da mensa Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Eurostat
TOP 10 UE - Produzione frutta fresca (2011) Frutta fresca Spagna Italia Francia Grecia Polonia Romania Portogallo Regno Unito Olanda Germania Unione Europea 27
Milioni di €
% su tot
6.442 5.006 2.911 1.613 1.312 1.253 1.064 689 619 502 23.170
28% 22% 13% 7% 6% 5% 5% 3% 3% 2% 100%
* Comprende frutta, agrumi, uva da tavola, frutti tropicali e olive da mensa Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Eurostat
FRUITBOOKMAGAZINE
sioni economiche. Sono attive circa 1.300 cooperative che detengono un giro d’affari di 8 miliardi di euro, pari a circa il 24 per cento del fatturato totale cooperativo. Il 16 per cento delle cooperative ortofrutticole ha dimensioni medie superiori a 7 milioni di euro e ha generato l’81 per cento del fatturato di settore nel 2008”. La cooperazione si muove in tutti i settori dell’ortofrutta. “Sia nel fresco che nel trasformato ha raggiunto posizioni di rilievo che le consentono di competere con grandi gruppi, grazie a modelli diversi che rispondono a diverse esigenze di aggregazione. Si va dalla forte specializzazione merceologica, come nel trasformato di pomodoro, a modelli di integrazione specifici per territorio/prodotto, fino a cooperative con ambiti di attività che coprono l’intero territorio nazionale, consentendo di ampliare i volumi e completare la gamma”. I progetti integrati di filiera. Quando si parla di integrazione, non possono essere dimenticati i Progetti integrati di filiera (Pif) e i distretti rurali e agroalimentari di qualità. “I Pif sono stati introdotti nella programmazione nazionale/regionale di sviluppo rurale 2007-2013 con l’obiettivo di mi-gliorare efficacia ed efficienza dell’intervento pubblico in agricoltura e di favorire l’integrazione dei soggetti economici e delle azioni di sviluppo a diversi livelli operativi. Le risorse pubbliche attivate per i Pif sono pari a 1,043 miliardi di l N.2 l GENNAIO 2013
L’importanza dell’integrazione diventa evidente quando si parla di commercializzazione. La GDO è ormai il canale prevalente di vendita e occorre offrire adeguate risposte in termini di volumi, gamma, innovazione, standard di commercializzazione, certificazioni e organizzazione logistica.
euro (7 per cento del totale delle risorse dei Psr). Al febbraio 2012 i progetti ammissibili sono stati 283 dei quali il 22% nel settore dell’ortofrutta e l’importo approvato raggiunge i 692 milioni di euro, il 30 per cento del quale destinato all’ortofrutta con un valore medio per progetto di poco meno di 3,5 milioni di euro, il più elevato fra i diversi settori”. I distretti rurali e agroalimentari di qualità, invece, “sono stati istituiti nell’ordina-
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mento italiano dal D.Lgs. 2282001 con traduzione operativa demandata alle Regioni. Pur con forti differenze sono stati adottati in Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Abruzzo, Lazio, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Umbria e Liguria. Sono quattro le realtà operative nell’ortofrutta: Metapontino, Sibari, Lazio e Piemonte”. Infine esistono i contratti di rete e le politiche di marchio. I primi “favoriscono l’azione congiunta tra
operatori economici con comunione di scopo a favore dell’innovazione, dell’internazionalizzazione e della competitività. Salvaguardano l’autonomia delle imprese partecipanti senza cioè dar vita a un nuovo soggetto di diritto o a una nuova attività d’impresa, distinta rispetto a quelle delle realtà aderenti. Al luglio 2012 risultano attivi 40 contratti di rete nel settore agroalimentare, dei quali il 55 per cento coinvolge almeno quattro
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Nelle OP, un ruolo decisivo viene svolto dalle cooperative. In Italia, fra i settori di rilievo per presenza cooperativa, l’ortofrutta ha le maggiori dimensioni economiche con una quota del 24 per cento. Sono attive circa 1.300 cooperative che detengono un giro d’affari di 8 miliardi di euro.
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CARATTERISTICHE STRUTTURALI DI ALCUNE PRODUZIONI ORTOFRUTTICOLE NAZIONALI (2010)
Patata Ortive Arancio Melo Pesco Ortofrutta
Superficie
Aziende
Dimensioni medie
ha 27.115 299.682 79.551 54.731 65.955 883.071
numero 29.220 111.682 57.724 50.625 52.607 459.607
ha / azienda 0,9 2,7 1,4 1,1 1,3 1,9
SUPERFICIE > 5 ha % n. aziende 36% 36% 22% 30% 42% 30%
% SAU 82% 83% 63% 62% 78% 73%
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat
TOP 10 UE - Produzione ortotaggi e patate (2011) Ortaggi e patate
Milioni di €
% su tot
Italia Spagna Francia Germania Romania Olanda Polonia Regno Unito Grecia Portogallo Unione Europea 27
6.383 5.081 4.306 4.012 3.627 3.008 2.842 2.206 1.828 713 38.459
17% 13% 11% 10% 9% 8% 7% 6% 5% 2% 100%
Regioni Arance Mele Pere Pesche Kiwi
Calabria e Sicilia Trentino AA e Veneto Emilia Romagna e Veneto Emilia Romagna e Campania Lazio e Piemonte
% su tot Italia 83% 78% 81% 54% 47%
imprese, come la rete della pasta dei coltivatori toscani che conta 29 aziende, e il 76 per cento interessa aziende localizzate nella stessa regione. Grande attenzione è posta a obiettivi condivisi di innovazione e internazionalizzazione, innalzamento degli standard qualitativi, valorizzazione del territorio”. Infine, le politiche di marchio. In questo caso si ha integrazione grazie a un marchio comunitario, che consente di avviare azioni promozionali congiunte. Sono 94 le denominazioni di origine italiane nella categoria “ortaggi e cereali freschi e trasformati”. Quasi sempre si tratta di produzioni che soffrono di quantitativi esigui, che non hanno possibilità di affermarsi sul mercato. Con delle eccezioni importanti però, come l’arancia rossa di Sicilia (IGP), la mela Alto Adige (IGP), la mela Val di Non (DOP), la pera Emilia-Romagna (IGP) e la pesca e nettarina di Romagna (IGP).
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat FRUITBOOKMAGAZINE
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Innovazione ma non solo: le cinque regole d’oro per salvarsi dalla crisi Il settore ortofrutticolo italiano e le sfide poste dai Paesi emergenti Alice Capiaghi
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Secondo una ricerca condotta dalla importante società di consulenza Deloitte, il settore agroalimentare italiano, che vale il 15 per cento del PIL, può rivelarsi il grimaldello dello sviluppo, ma solo a patto che i suoi imprenditori e le sue aziende comprendano come l’attuale contesto macroeconomico non sia solo un ostacolo da superare, ma anche un’occasione per scoprire nuove opportunità che siano vere e proprie leve per il cambiamento Cinque regole d’oro, cinque precetti da seguire per affrontare a testa alta il futuro, stilate in una lista vademecum per superare la crisi e tornare a veder le stelle. Saper affiancare tradizione e innovazione, gestire i passaggi generazionali e le trasformazioni organizzative, valorizzare i prodotti e internazionalizzarli, ripensare ai processi produttivi anche ampliando la gamma di prodotti, gestire al meglio gli aspetti finanziari. È il succo (o la centrifuga) della ricerca che Deloitte ha condotto sul settore agroalimentare italiano, un comparto di oltre 880 mila aziende, 1,7 milioni di addetti, un fatturato che sul PIL pesa per il 15% e che ha ancora ampi margini di crescita. Un settore dai grandi numeri che per l’Italia potrebbe rivelarsi il grimaldello dello sviluppo, ma solo a patto che i suoi imprenditori e le sue aziende comprendano come l’attuale contesto macroeconomico non sia solo un ostacolo da superare, ma anche un’occasione per scoprire nuove opportunità che siano vere e proprie leve per il cambiamento. l N.2 l GENNAIO 2013
Nell’ampia gamma di prodotti compresi nel settore agroalimentare, frutta e verdura giocano una delle parti da protagonista. Grazie alle condizioni climatiche variegate e particolarmente favorevoli all’agricoltura, l’Italia è il Paese che in Europa produce più frutta e verdura, la prima al mondo per produzione di carciofi, kiwi e, fino al sorpasso della Cina nel 2010, di uva, seconda per pesche e olive, terza per pere, quarta per ciliegie, mele e albicocche, e in generale al sesto posto al mondo per il settore ortofrutta. Un comparto di primati, ognuno dei quali è tuttavia oggi sottoposto a sfide su più fronti, come la crescente concorrenza degli altri Paesi produttori, primi tra i quali quelli in via di sviluppo, e a questioni, anche interne, che meritano una risposta rapida ed efficace. “Le aziende italiane riescono ad avere successo anche durante la crisi” commenta Paolo Gibello, presidente di Deloitte&Touche. Ciò però non toglie che le difficoltà siano tante e che pesino sia nella fase di produzione agricola, sia su
quelle successive di trasformazione e commercializzazione. “Oggi una delle maggiori problematiche - continua Gibello - è mantenere nelle produzioni standard qualitativi elevati anche sotto l’aspetto organolettico”. Un problema non da poco, visto che in ultima analisi a soffrirne è la qualità del prodotto, indubbiamente il più importante tra i fattori competitivi dietro cui si nasconde il successo del settore ortofrutticolo italiano cui, tanto il mercato interno quanto quello destinato all’export, chiedono prodotti di sempre più alto livello. “Negli anni più recenti prosegue Gibello - si stanno delineando in molti Paesi industrializzati importanti mutamenti sociali, demografici, economici e comportamentali che determinano una forte spinta verso il cambiamento degli stili alimentari. All’interno delle differenti fasce della popolazione si riscontrano una generale riscoperta del concetto di naturalità e una crescente domanda di genuinità”. In altre parole, la richiesta che i produttori italiani di frutta e verdura devono soddisfare è di FRUITBOOKMAGAZINE
Negli anni più recenti si stanno delineando in “molti Paesi industrializzati importanti mutamenti sociali, demografici, economici e comportamentali. Si riscontrano una generale riscoperta del concetto di naturalità e una crescente domanda di genuinità ” , Paolo Gibello, presidente Deloitte&Touche 84
DIMENSIONI DELLE AZIENDE AGROALIMENTARI IN ITALIA
*
Regioni
Small
Abruzzo Basilicata Calabria Campania Emilia - Romagna Friuli - Venezia Giulia Lazio Liguria Lombardia Marche Molise Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Trentino - Alto Adige Umbria Valle d’Aosta Veneto
157 90 209 718 660 175 609 88 821 215 47 303 541 138 520 798 83 210 9 586
Small - Medium
*
54 17 31 205 284 52 91 35 307 53 10 158 124 32 113 135 45 42 4 213
Medium 26 7 17 86 166 31 42 18 228 24 7 98 64 11 58 56 24 18 3 162
*
*
Large
5 0 0 17 53 4 11 0 84 1 0 26 9 2 3 13 12 10 0 42
Fonte: Deloitte
Categoria / Fatturato in milioni di € Small* Small-Medium* Medium* Large*
FRUITBOOKMAGAZINE
fino a 2,5 da 2,5 a 10 da 10 a 50 oltre 50
un prodotto con i più alti standard qualitativi. “Quello che oggi è definito “cibo di qualità” per molti anni è stato, nella tradizione gastronomica delle generazioni passate, semplicemente il cibo consumato quotidianamente”; per questo, secondo la ricerca Deloitte, è indispensabile saper coniugare tradizione e innovazione, ovvero ricercare nel passato che ci appartiene gli strumenti per affrontare con successo il futuro. “Recuperare
l’antica genuinità e consistenza dei prodotti ed esaltare i valori della tradizione affiancandoli all’innovazione, è la prima regola d’oro che abbiamo individuato nella ricerca” chiosa Gibello. Coniugare il passato con il futuro vuole anche dire rivedere l’organizzazione delle strutture produttive. Con la stragrande maggioranza delle aziende che fanno capo a una persona fisica e che l N.2 l GENNAIO 2013
Le 5 regole d’oro: saper affiancare tradizione e innovazione; gestire i passaggi generazionali e le trasformazioni organizzative; valorizzare i prodotti e internazionalizzarli; ripensare ai processi produttivi, anche ampliando la gamma prodotti; gestire gli aspetti finanziari come cruciali per lo sviluppo.
spesso sono strutturate secondo il modello del family business, dare spazio all’innovazione significa soprattutto investire per un ammodernamento degli impianti, che in molti casi risultano ormai vetusti, e d’altro canto considerare la possibilità di creare una struttura di management che, dove necessario, allontani l’azienda da un modello familiare classico per favorirne la competitività sul mercato. “Quello che constatiamo oggi - prosegue Gibello - è che la mancanza di risorse finanziarie, manageriali e logistiche determina l’incapacità delle aziende di fare un salto qualitativo e quantitativo sul mercato”. Così, se il non disperdere il patrimonio di conoscenze e metodologie di coltivazione è un’esigenza primaria per evitare la standar-
dizzazione nell’offerta dei prodotti, è solo sapendo tramandare questa saggezza, pensando per tempo e gestendo al meglio il passaggio generazionale, che diventa possibile creare un vantaggio qualitativo vincente. La sfida consiste nel coniugare la trasmissione di conoscenze con le necessarie trasformazioni organizzative, volte a modernizzare l’azienda fornendole gli strumenti per essere competitiva sul mercato nazionale e internazionale. “È per questo - continua Gibello - che anche l’aspetto finanziario dovrebbe essere visto in un’ottica di ottimizzazione delle risorse, così come innovazioni dovrebbero essere introdotte nella gestione del canale distributivo”. È qui però che le aziende si trovano a fare i conti con la difficoltà di
aggregazione dell’offerta, l’insufficienza di forme associative per la produzione e la distribuzione dei prodotti a qualità certificata dai marchi Dop, Igp e Bio, ma anche con le problematiche nella gestione della catena del freddo e la generale mancanza di adeguamento della filiera distributiva. Quali dunque le prospettive per il futuro? “Bisogna imparare a far gruppo, - spiega Gibello - ipotizzare l’ampliamento della gamma dei prodotti, ma sempre valorizzando le proprietà e le specificità territoriali di frutta e verdura fiore all’occhiello del made in Italy”. Solo così l’Italia potrà recuperare la mitica mela d’oro e tenere alta la sua competitività.
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MIRTILLO LAMPONE MORA FRAGOLA
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delizie di bosco 100% *8672 %(1(66(5(
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Il Messico cresce e cerca più spazio in Europa Non solo lime, avocado e frutti di bosco Steven Maxwell
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Pur essendo uno dei maggiori produttori mondiali di frutta e verdura, nonché il Paese di origine di un’ampia varietà di frutti (dai pomodori agli avocado), nella veste di Paese esportatore il Messico risulta stranamente sottorappresentato in Europa, dove detiene una quota di mercato nettamente inferiore a quella di Paesi quali il Cile, l’Ecuador e altri concorrenti dell’America Latina. Ma forse le cose stanno per cambiare È quanto auspica, ovviamente, l’agenzia messicana per la promozione delle esportazioni MexicoCalidad Suprema, che sta sostenendo gli sforzi tesi a portare in Europa altri prodotti freschi oltre ai lime e alle more, incoraggiando allo stesso tempo più coltivatori a ottenere la certificazione MexicoGAP, così da offrire garanzie ai rivenditori europei circa la qualità e la sicurezza dei relativi prodotti alimentari. Di recente, Mexico Calidad Suprema si è anche impegnata in prima persona per cercare di ampliare le esportazioni del Messico in Europa, sia attraverso la partecipazione a importanti fiere di settore, sia invitando nel Paese importatori europei per far loro incontrare personalmente i produttori di una ampia gamma di prodotti. L’agenzia auspica che tali sforzi contribuiranno a sostenere il trend in costante crescita delle esportazioni, che ha già visto le esportazioni complessive di frutta aumentare nel 2011 del 18,9 per cento rispetto all’anno precedente. Secondo i dati dell’Eurostat, l’Ufficio StatiFRUITBOOKMAGAZINE
stico dell’Unione Europea, il valore delle esportazioni di cibi e bevande dal Messico nei 27 Stati membri dell’Unione Europea è salito a 878 milioni di euro nel 2010 contro i 762 milioni di euro dell’anno precedente, registrando dunque un aumento di poco inferiore al 21 per cento. Benché la maggior parte degli scambi abbia interessato le bevande alcoliche (25%), nel 2010 frutta e verdura sono rientrate tra le principali merci esportate dal Messico in Europa (rispettivamente 11% e 8,5%). Per Juan Laborin, presidente dell’agenzia per la promozione delle esportazioni Mexico Calidad Suprema, tali cifre sono un chiaro segnale della “crescita costante” che le esportazioni nazionali hanno registrato negli ultimi sei anni, dopo che il Messico ha sottoscritto l’accordo di libero scambio con l’UE. Attualmente, le esportazioni messicane di frutta in Europa sono dominate da quattro diverse categorie: frutti di bosco (lamponi, more e mirtilli), agrumi (lime, limoni senza semi, pompel-
La grande varietà di zone climatiche ed ecosistemi permette al Messico di produrre circa 70 varietà di frutti e ortaggi durante tutto l’anno, e questo rappresenta uno dei principali vantaggi che possediamo rispetto ai Paesi concorrenti
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mi e pomeli), avocado e banane. Nel Regno Unito, che rappresenta uno dei principali mercati per il Messico in Europa, le importazioni di queste quattro categorie di frutti sono passate dalle 7.579 tonnellate nel 2007 alle 17.263 tonnellate nel 2011, un dato che - a detta di Laborin - indica chiaramente una “significativa crescita della domanda” di prodotti messicani, riconducibile a suo parere principalmente alla loro elevata qualità. Ad ogni modo, anche gli ortaggi hanno rappresentato una parte importante delle esportazioni di prodotti freschi dal Messico in Europa, che hanno raggiunto un valore complessivo di 42,9 milioni di dollari americani; ne sono esempi significativi le esportazioni di ceci (20,58 milioni di dollari), di asparagi e cavolfiori (1,2 milioni di dollari) e di aglio (3,3 milioni di dollari). “La grande varietà di zone climatiche ed ecosistemi permette al Messico di produrre circa 70 varietà di frutti e ortaggi durante tutto l’anno, e questo rappresenta uno dei principali vantaggi che l N.2 l GENNAIO 2013
possediamo rispetto ai nostri Paesi concorrenti”, afferma Laborin. Negli ultimi anni il Messico ha notevolmente aumentato la produzione di alcuni prodotti e in particolare dei frutti di bosco, di cui è diventato il terzo esportatore al mondo. Per altri prodotti invece, come le banane, il Messico deve ancora recuperare terreno rispetto ad altri Paesi dell’America Latina anche se, come fa notare Laborin, il Paese ha comunque esportato in Europa poco meno di 10 mila tonnellate di banane nel 2011. Laborin sottolinea come tali esportazioni abbiano contribuito alla crescita stimata del 38% nelle vendite di generi alimentari conseguita dal Messico con l’UE tra il 2007 e il 2011, un aumento che ha portato l’Europa a diventare il secondo mercato di esportazione per il Messico dopo gli Stati Uniti.
Il lime assomiglia ai nostri limoni ma ha una colorazione verde e una pezzatura assai più piccola. È oggi il frutto più esportato dal Messico. Si tratta probabilmente di un ibrido tra il cedro e il limone, ma non tutti gli esperti sono d'accordo sulla sua origine. I frutti sono piccoli, ovali o rotondi, dalla buccia sottile; per raggiungere un chilogrammo di peso ne servono una trentina. Se vengono lasciati a maturare sull’albero, assumono un colore giallo fino a leggermente arancio, ma solitamente vengono colti ancora verdi, quando offrono il massimo del gusto e sono più succosi. La polpa è profumatissima e molto agra, in quanto contiene fino al 6% di acido citrico. Può fruttificare tre volte all’anno. Oggi il lime viene coltivato principalmente nel Sudest asiatico, in Messico, nell'America Latina e nei Caraibi. Il lime viene raramente consumato come frutto fresco, ma è molto usato in cucina, anche come valido sostituto del limone. Il succo viene aggiunto soprattutto alle macedonie di frutta ed ai frutti di mare, e molto spesso in combinazione con il curry. Il succo del frutto viene inoltre utilizzato per la preparazione di diversi cocktail, come la Caipirinha e il Mojito.
Certificazione in corso. Secondo Laborin, un altro fattore che ha contribuito alla crescita degli scambi commerciali, non soltanto con l’Europa ma con tutta una serie di altri Paesi destinatari in FRUITBOOKMAGAZINE
Lo sviluppo da parte di Mexico Calidad Suprema del proprio sistema di certificazione MexicoGAP, effettuato in collaborazione con GlobalGAP, non solo ha fornito agli importatori e ai retailer garanzie circa la qualità e la sicurezza dei prodotti, ma ha portato anche a miglioramenti a livello di tutela dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. Il sistema, che ha registrato un aumento delle adesioni del 125 per cento tra il 2006 e il 2010, è pronto a crescere ancora nei prossimi quattro anni: secondo le previsioni, entro il 2016 saranno certificati nell’ambito di questa iniziativa fino a 2.200 produttori messicani e 40 mila ettari.
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tutto il mondo, è stato lo sviluppo da parte di Mexico Calidad Suprema del proprio sistema di certificazione MexicoGAP. L’accreditamento delle corrette pratiche agricole (GAP), effettuato in collaborazione con GlobalGAP, non solo fornisce agli importatori e ai retailer garanzie circa la qualità e la sicurezza dei prodotti, ma porta anche a miglioramenti a livello di tutela dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. Secondo Mexico Calidad Suprema, il sistema, che ha registrato un aumento delle adesioni del 125 per cento tra il 2006 e il 2010, è pronto a crescere ancora nei prossimi quattro anni: secondo le previsioni, entro il 2016 saranno certificati nell’ambito di questa iniziativa fino a 2.200 coltivatori messicani di ortofrutta i cui terreni copriranno una superficie stimata di 40 mila ettari. Oggigiorno i produttori certificati sono 200, per un totale di 3.600 FRUITBOOKMAGAZINE
ettari, ma Mexico Calidad Suprema si attende una crescita costante del numero di agricoltori nazionali che soddisferanno gli standard per la produzione agricola posti dal programma. In effetti, l’organizzazione prevede che ulteriori 9.900 ettari saranno certificati nell’ambito del sistema di certificazione nella sola stagione 2012/13. Dal 2011 Mexico Calidad Suprema, che è finanziata congiuntamente dai coltivatori messicani e dal governo nazionale, ha sviluppato alleanze sia con i coltivatori sia con le autorità per attuare e rafforzare la conformità con le normative nazionali e internazionali. L’organizzazione sostiene che il fine ultimo di tali attività è quello di incrementare il numero di coltivatori certificati nel programma MexicoGAP, fornendo loro un appoggio adeguato. Per esempio è stata portata avanti per buona
Secondo le previsioni della agenzia Mexico Calidad Suprema entro il 2016 saranno certificati MexicoGAP fino a 2.200 produttori messicani di ortofrutta i cui terreni copriranno una superficie stimata di 40 mila ettari. Oggi sono 200 per un totale di 3.600 ettari
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I lime hanno un enorme potenziale e siamo “sicuri che il loro consumo continuerà a crescere di giorno in giorno nel mercato europeo, anche per la maggiore consapevolezza circa le sue qualità benefiche ” , Auda Bigurra di B&S Grupo Exportador, azienda con base a Veracruz.
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parte del 2012 un’iniziativa di formazione volta a ridurre i rischi di contaminazione e a migliorare la difesa fitosanitaria integrata (IPM) nel settore degli avocado. Per sostenere ulteriormente i produttori, l’organizzazione sta attualmente vigilando su programmi di assistenza tecnica attraverso i quali i produttori vengono assistiti da tecnici, professionisti ed esperti nella procedura di ottenimento della certificazione. Grande potenziale di export. Tra i produttori certificati troviamo il B&S Grupo Exportador, un’azienda con base a Veracruz specializzata nella produzione di lime, che esporta attualmente in Francia, Spagna, Italia, nei Paesi Bassi, in Germania, nella Repubblica Ceca e nel Regno Unito. L’azienda, che ha la propria sede a Martinez de la Torre, nel cuore della principale zona di produzione dei lime in l N.2 l GENNAIO 2013
Messico, ha registrato negli ultimi anni una crescita costante dei propri volumi di produzione, in parte grazie alla domanda proveniente dall’Europa, che sta diventando un’alternativa agli Stati Uniti sempre più interessante. “Per B&S Grupo Exportador, l’Europa rappresenta un mercato alternativo in cui abbiamo avuto un aumento nettamente positivo delle vendite”, afferma Auda Bigurra, convinto che su questo trend influisca la maggiore consapevolezza dei consumatori riguardo ai benefici del consumo di lime per la salute. In effetti, le esportazioni complessive di lime dell’azienda (incluse quelle negli Stati Uniti) sono passate da 2.533 a 3.633 tonnellate l’anno scorso (+43 per cento), confermando il processo di crescita costante della produzione osservato nelle ultime campagne. Bigurra sostiene che B&S punta ad auFRUITBOOKMAGAZINE
MESSICO frutto più esportato
lime
3º
o esportatore
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al mondo di frutti di bosco
mentare ancora di più le proprie esportazioni di lime nei prossimi tre anni e rivela che l’azienda si sta adoperando per immettere i suoi prodotti anche sul mercato polacco, russo e scandinavo. Bigurra ammette tuttavia che ciò comporta delle sfide. Le esportazioni “subiscono un considerevole calo” tra gennaio e aprile a seconda delle condizioni sul mercato, mentre le spedizioni e la logistica, a causa dei costi elevati, del numero ridotto di opzioni e delle attrezzature di scarsa qualità, rimangono un problema per B&S così come per altre aziende messicane. Ciononostante, Bigurra afferma che la certificazione MexicoGAP ha aiutato la società a piazzare i suoi prodotti sul mercato globale, consentendo loro di soddisfare le richieste dei clienti e assicurando che i lime raggiungano i consumatori nelle migliori condizioni possibili. “I lime hanno un enorme potenziale e siamo sicuri che il loro consumo continuerà a crescere di giorno in giorno nel mercato europeo; questa è la ragione per cui crediamo che l’Europa sia un mercato con ottime prospettive per tutti gli esportatori messicani di lime”, aggiunge. Un’altra società che fa sentire la sua presenza in Europa è Mr Lucky, con base a Guanajuato (foto a lato). Tra i principali prodotti di questa azienda vi sono: lattuga, sedano, aglio, asparagi, broccoli, cavolfiori, frutti di bosco, cavoli, granturco dolce, bietola e cipolle. Come spiega il marketing manaFRUITBOOKMAGAZINE
avocado
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e banane gli altri frutti più esportati
mila ettari
certificati MexicoGAP nel 2016
ger della società, Adrian Ortega, durante una visita al principale stabilimento di produzione dell’azienda, fuori della città di Irapuato, Mr Lucky esporta al momento solo aglio in Europa, benché si stia adoperando attivamente per riuscire a immettere sul mercato anche altri prodotti. “Si tratta di un mercato importante nel quale vogliamo essere presenti”, sottolinea. L’azienda esporta ogni anno circa 1.300 tonnellate di aglio, principalmente in Polonia, nel Regno Unito, in Italia e in Francia, dove il prodotto viene venduto sotto tre distinti marchi - Mr Lucky, Don Angelo e Javier’s Pride - nonché con i marchi dei rivenditori. Ortega afferma che Mr Lucky esporta attualmente in Italia a un unico cliente, ma ricorda che l’azienda è aperta a collaborazioni con altri potenziali clienti, in funzione dei programmi di esportazione e delle stagioni. Per Mister Lucky la stagione dell’aglio inizia tipicamente a febbraio di ogni anno, quando il prodotto viene raccolto per poi essere spedito in Europa nei mesi di aprile e maggio. Il fattore cruciale nel ciclo di esportazione, ammette, è che i prodotti dell’azienda giungano in Europa prima di giugno, quando arriva sul mercato l’aglio spagnolo. Ortega afferma che la società mira a esportare prossimamente in Europa anche asparagi e broccoli, e crede che la disponibilità che Mr Lucky ha di questi due prodotti durante tutto l’anno possa dare al-
ceci
l’ortaggio più esportato
19%
aumento
export di ortofrutta nel 2011
l’azienda un vantaggio concorrenziale rispetto agli altri esportatori. Proprio come B&S, anche Mr Lucky ha ottenuto di recente l’accreditamento di MexicoGAP e Ortega ritiene che tale certificazione aiuterà l’azienda a soddisfare i requisiti “sempre più stringenti” posti oggigiorno dai rivenditori europei.
l N.2 l GENNAIO 2013
Pinkberry, il franchising della frutta con lo yogurt che spopola negli Usa Le tendenze oltre oceano che ispirano gli imprenditori italiani Irene Pasquetto
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Al contrario di quanto avviene negli altri franchising del settore, da Pinkberry la frutta è tagliata a pezzettoni di circa un centimetro per due, molto più grandi della media quindi, i quali non sono immersi negli sciroppi ma serviti nature, senza zuccheri aggiunti né condimenti di alcun tipo. I berries poi, vera specialità della catena dai quali ne deriva anche il nome, vale a dire mirtilli, more e lamponi, sono lasciati interi. La frutta è gustosa e matura al punto giusto New York City - “Shame on you!”, traducibile più o meno con un “Che tu sia maledetto!”, esclama sarcastico il commesso newyorkese di Pinkberry dopo che il cliente di turno riferisce di non aver capito come e cosa ordinare. A difesa del cliente, c’è da dire che in effetti la scelta di gusti, aggiunte e dimensioni da combinare tra loro è così ampia che è davvero difficile per un novizio capire al primo colpo come il tutto funzioni. Ma è altrettanto vero che la catena di “frutta con lo yogurt da asporto” è così diffusa e di moda a New York City, come in tutti gli Stati Uniti, che probabilmente non capita tutti i giorni di avere un consumatore ignaro delle sue “regole”. Frutta con lo yogurt, dicevamo, e non il contrario. È infatti proprio nel modo di proporre e servire la frutta che Pinkberry si differenzia dai concorrenti del frozen yogurt classico. Nelle coppette e nei coni Pinkberry la frutta fa da protagonista e non da contorno. I consumatori, dal canto loro, sembrano apprezzare e i bicchieroni di frutta con sopra una spruzzata di yogurt l N.2 l GENNAIO 2013
vanno a ruba, soprattutto tra giovani donne e professionisti, per colazione come a pausa pranzo. Non vi è quello che potremmo definire un cliente standard, il target della catena è variegato quanto la gamma di frutta e yogurt proposti, tant’è che verso mezzogiorno nei negozi siedono uno accanto all’al-
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tro ragazzi, banchieri e nonni con i nipotini. Al contrario di quanto avviene negli altri franchising del settore, da Pinkberry la frutta è tagliata a pezzettoni di circa un centimetro per due, molto più grandi della media quindi, i quali non sono immersi negli sciroppi ma serviti nature, senza zuccheri aggiunti né condimenti di alcun tipo. I berries poi, vera specialità della catena dai quali ne deriva anche il nome, vale a dire mirtilli, more e lamponi, sono lasciati interi. La frutta è gustosa e matura al punto giusto, e da queste parti si tratta di un fatto piuttosto eccezionale, soprattutto per la East Coast, dove è molto difficile trovare una fragola degna di tal nome, in estate come in inverno. Oltre ai frutti di bosco, ad accompagnare lo yoFRUITBOOKMAGAZINE
gurt sono banane, ananas, mango, kiwi e chicchi di melograno. Per quanto riguarda lo yogurt, è proposto in sei gusti, al naturale, al melograno, alla nocciola, allo zenzero, al cocco e al mango. I prezzi, piuttosto competitivi, variano ovviamente in base alle dimensioni della coppetta o del cono, dalla versione mini di 2,95 dollari (poco più di 2 euro) alla large di 7,25. Sono più di 150 i Pinkberry presenti negli Stati Uniti, con 15 punti vendita nella sola New York City (la foto in alto a destra si riferisce proprio a questa città). La catena ha diversi negozi anche in Canada, Regno Unito, Giordania, Egitto, Kuwait, Libano, Marocco, Perù, Filippine, Quatar, Russia, Arabia Saudita, Turchia e Emirati Arabi (nella foto in alto sinistra un
negozio a Dubai). Per ora la catena non sembra intenzionata ad investire sul mercato europeo, ma in Italia c’è già chi ha intuito il vantaggio di abbinare la frutta a pezzi allo yogurt. Stiamo parlando di Almaverde Bio, che ha da poco lanciato un’iniziativa simile e lo scorso maggio ha inaugurato a Bologna la prima “Frutteria Bar”, in versione bio 100 per cento. L’abbinamento dei due prodotti rende infatti possibile vendere la frutta a prezzi ben superiori rispetto a una semplice vaschetta di frutta lavata e tagliata, di quarta gamma. La versione italica non propone solo yogurt e frutta fresca, sono disponibili anche centrifugati, frullati, frappè, coppe gelato, nonché insalate, zuppe, panini e l’immancabile servizio caffetteria. Tornando ai numeri uno americani della frutta da asporto, chiudiamo con una curiosità 2.0. Per le feste natalizie Pinkberry ha lanciato la campagna “dona un eGift”, vale a dire un regalo digitale. L’eGift non è altro che la versione elettronica del classico buono regalo, riproposta tramite un’app per smartphone. Il cliente scarica l’applicazione sul telefonino e tramite esso acquista un buono da 25 dollari da spendere all’interno di un negozio della catena e lo spedisce al destinatario del regalo il quale, per usufruirne, non deve far altro che presentarsi nel Pinkberry di suo gradimento e mostrare la mail.
l N.2 l GENNAIO 2013
Nature is
a perfect machine.
fieramilanocity Milano
26/27/28 novembre 2013
Quando la tecnologia coltiva innovazione produce nuove opportunità di business. Fruitech Innovation mette al centro dell’attenzione la tecnologia per la filiera ortofrutticola, in tutte le sue fasi: post raccolta, logistica, preparazione, confezionamento, conservazione, distribuzione. Un nuovo modo di fare Fiera. Dal 26 al 28 novembre 2013 i produttori di tecnologie si danno appuntamento a fieramilanocity per analizzare i nuovi trend del mercato e incontrare visitatori qualificati. Partecipa anche tu, fai del tuo business una macchina perfetta.
È un’iniziativa di: Ipack-Ima spa - Corso Sempione, 4 20154 Milano - Italy tel +39 023191091 email: ipackima@ipackima.it
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Retailer spagnoli in affanno. Sì, ma con un’eccezione Cosa imparare dalla lezione spagnola Steven Maxwell
Probabilmente non è sbagliato affermare che, quando la fase storica che stiamo vivendo sarà materia per i libri di storia, si guarderà agli ultimi due anni come a un periodo assolutamente da dimenticare per la Spagna. Benché le società che operano nel commercio al dettaglio stiano cercando di incentivare le vendite praticando sconti drastici, gli analisti ritengono che molti degli attori chiave del settore continueranno probabilmente a incontrare difficoltà nel 2013 Serie difficoltà economiche hanno trascinato la Spagna in un clima di tensione sociale con una crescita smisurata della disoccupazione. Una situazione economica così incerta ha avuto indubbiamente un impatto sull’andamento dei consumi privati: gli spagnoli, infatti, cercano di risparmiare in tutti gli ambiti della vita quotidiana, non per ultimo attraverso la scelta del posto in cui andare a fare la spesa. Di certo il clima attuale ha avuto i suoi effetti sulle catene distributive: gli ultimi 12 mesi sono stati caratterizzati da numerose chiusure, acquisizioni e fusioni che rendono evidenti gli sforzi compiuti nel settore per adattarsi a questi tempi di ristrettezze. A fronte di un’economia spagnola che nel 2012 ha subito una contrazione di circa l’1,3%, gli effetti del calo dei consumi sono già evidenti nei risultati del commercio al dettaglio: la multinazionale francese Carrefour, per esempio, ha visto crollare le sue vendite in Spagna del 7,2% nel 2011, mentre la catena di supermercati Eroski, con base nei Paesi Baschi, ha registra-
to un calo delle vendite del 3,2%. Secondo Carlos Hernández, specialista per la Spagna presso la società di ricerche di mercato Planet Retail, il principale problema di Carrefour è stato quello di essere percepita come costosa rispetto a concorrenti che applicano prezzi più convenienti. “I loro supermercati non sono competitivi”, afferma Hernández, “sono piuttosto cari pur non offrendo niente che non possa essere acquistato anche altrove, e questo tra l’altro in un periodo in cui tutti cercano di spendere meno”. Eroski, invece, si è trovata di fronte a una situazione del tutto diversa. Hernández sostiene che la società ha risentito della sua dipendenza dai prodotti non alimentari, tra cui viaggi e tempo libero, per i quali i consumi hanno subito un calo ben più consistente rispetto a quello registrato dal comparto aziendale dei prodotti alimentari e di drogheria. Di conseguenza Eroski è stata costretta a vendere dei punti vendita (inclusi tutti i suoi ipermercati nell’area di Madrid) nel tentativo di ridurre un debito FRUITBOOKMAGAZINE
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A fianco il bancone di un punto vendita Mercadona. Il maggior retailer spagnolo fa ampio uso di cassette in plastica riutilizzabili. In questo caso il pooler è la Logifruit di Valencia, che dispone di undici piattaforme sul territorio spagnolo. A differenza dei pooler italiani, un buon numero di casse non è a sponde abbattibili ma rigide, come quelle nella foto. Non va sottovalutato, infatti, il fatto che chiudere le cassette e riaprirle è un’operazione soggetta a diverse criticità, sia nella piattaforma distributiva che nel centro di lavaggio. Logifruit propone anche a catalogo due tipi di pallet, entrambi in plastica, e diversi bins.
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SPAGNA: I maggiori retailer Gruppo
Quota di mercato LCC 2010
Quota di mercato LCC 2011
18,6% 7,8% 7,4% 7,3% 4,2% 2,9% 48,1%
19,8% 7,9% 7,5% 7,0% 4,0% 2,9% 49,1%
Mercadona Carrefour Día Grupo Eroski Grupo Auchan Lidl TOTALE
Mercadona: fatturato 2006 - 2011, €m Crescita 2011/2010 = +8,2% 20.000 19.000 18.000 17.000 16.000 15.000 14.000 13.000 12.000 11.000 10.000 2006
2007
2008
2009
2010
2011
Fonte: Kantar Worldpanel
stimato di 2,8 miliardi di euro e che finora è stato ridotto di 600 milioni di euro. Ha fatto eccezione a questa tendenza al ribasso Mercadona, che ha ottenuto invece buoni risultati. Nel 2011 il cosiddetto “soft discounter”, che è anche la maggiore catena di supermercati spagnola, ha registrato un aumento delle vendite dell’8,2% rispetto all’anno precedente, un risultato che Hernández definisce “notevole, considerato lo stato dell’economia spagnola”. Un aumento delle vendite, seppur più modesto (1,7%), è stato registrato durante l’anno anche dal discount Día, che si è separato dalla società madre Carrefour proprio nel 2011. Considerati i loro modelli a basso prezzo e la congiuntura economica, per Hernández non è un caso che nel 2011 i soli attori importanti a registrare una crescita nel settore del commercio al dettaglio siano stati Mercadona e Día. FRUITBOOKMAGAZINE
“Mercadona e Día sono le società meglio piazzate nell’attuale contesto economico”, fa notare lo specialista, “entrambe puntano su grandi offerte di private label e, secondo i consumatori, forniscono un ottimo rapporto qualità/prezzo. Ai primi accenni della crisi, esse hanno reagito abbassando i prezzi e per tagliare le spese hanno modificato gli imballaggi ed eliminato dal listino i prodotti che vendevano meno”. Hernández continua dicendo che il successo di Día dipende anche dal fatto di disporre di 3 mila punti vendita, molti dei quali ubicati in posti molto comodi per i clienti. “In Spagna cresce sempre più la tendenza al “convenience shopping”: si fa la spesa più spesso e in minori quantità”, conclude. Promozioni, sono efficaci? Una delle notizie riguardanti il commercio al dettaglio che ha destato maggiore curiosità nel 2012 è sta-
ta la decisione della catena di grandi magazzini di fascia alta El Corte Inglés di scontare i prezzi di centinaia di articoli alimentari e di drogheria nei reparti alimentari dei suoi grandi magazzini nonché nei supermercati a insegne Supercor e Hipercor. La società ha tagliato del 20% il prezzo di circa 4.500 linee di prodotti, mentre i prezzi dei prodotti freschi sono stati ulteriormente scontati su base settimanale. Per Hernández, la ragione principale dietro a questa iniziativa è stata la minaccia della crescente concorrenza, così come il fatto che i punti vendita El Corte Inglés sono considerati “troppo cari” da molti consumatori spagnoli. Lo specialista tuttavia dubita che questa promozione si rivelerà vantaggiosa per il rivenditore nel lungo termine. “La società ha annunciato un incremento delle vendite alcuni giorni dopo il lancio dell’iniziativa, ma questo aumento sarà sufficienl N.2 l GENNAIO 2013
El Corte Inglés lo scorso giugno ha tagliato in “modo permanente del 20% il prezzo di 4.500 prodotti nei suoi supermercati a insegne Supercor e Hipercor. Dubito che questa operazione si rivelerà vantaggiosa nel lungo termine ” , Carlos Hernández, specialista Planet Retail
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te a compensare la riduzione dei margini di guadagno? Poco probabile, e comunque i prezzi sono sempre più elevati di quelli praticati da Mercadona e dalla maggior parte delle altre catene di supermercati”, fa notare Hernández. Parallelamente all’iniziativa intrapresa nella fascia alta del mercato, El Corte Inglés ha anche annunciato l’intenzione di procedere, specialmente nell’area di Madrid, al rebranding di alcuni dei suoi convenience store Opencor, che passeranno alla nuova fascia Supercor Expres. Hernández è convinto che ciò sia stato in parte mol N.2 l GENNAIO 2013
tivato dalla recente liberalizzazione degli orari di apertura nella regione, che non permetteva più a Opencor di differenziare la sua offerta grazie a orari di apertura più lunghi. “I punti vendita Opencor sono veramente costosi e per niente adatti all’attuale congiuntura economica, perciò in un buon numero di casi saranno trasformati in punti vendita Expres, che sono maggiormente ispirati al tradizionale negozio di quartiere e offrono prezzi più bassi rispetto agli Opencor”, aggiunge. Diverse sfide permangono. Ov-
viamente, El Corte Inglés non è l’unica società a trovarsi in difficoltà. Un portavoce di Eroski afferma che la società sta cercando di affrontare l’attuale crisi di mercato adattando la sua offerta alle “nuove esigenze” dei consumatori. “Abbiamo sviluppato in misura significativa delle gamme di prodotti sfusi che comportano vantaggi in termini di prezzo per i consumatori, consentendo loro di acquistare solo quello che intendono veramente consumare”, spiega. Il rivenditore ha anche incrementato la sua offerta locale, utilizzando produttori con base in prossimità FRUITBOOKMAGAZINE
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dei suoi punti vendita, una pratica che secondo la società ha il duplice vantaggio di aiutare i coltivatori locali e di fornire ai consumatori prodotti di qualità elevata. “Quello che non abbiamo mai fatto in nessuna occasione è compromettere la qualità dei nostri prodotti ortofrutticoli: i consumatori non hanno smesso di esigere prodotti freschi e gustosi”, aggiunge il portavoce, il quale tuttavia ammette come il problema principale che affligge le società come Eroski è quello di porre fine alla guerra dei prezzi fra supermercati scatenata in particolar modo dai discount “aggressivi”. “La frutta e la verdura, che sono una componente assolutamente indispensabile dell’alimentazione quotidiana, vengono usate da questi rivenditori come base per offerte e sconti”, sottolinea. Per Eroski, un altro problema consiste nel riuscire a mantenere invariata la qualità pur facendo fronte allo stesso tempo alla sfida posta dai concorrenti. Il portavoce sostiene che, per riuscire in questo intento, la società ha predisposto un piano teso a ridurre i costi lungo tutta la catena del valore. Tra le altre iniziative, la società starebbe ottenendo dei risparmi in campo logistico grazie alla sottoscrizione di accordi di sostenibilità di medio termine con i produttori; in più, starebbe provvedendo a una migliore rotazione dei prodotti. Il portavoce della società ammette tuttavia che la deflazione registrata nella categoria dei proFRUITBOOKMAGAZINE
dotti freschi ha avuto ripercussioni negative sul fatturato di Eroski e dei suoi fornitori. Ciononostante, a detta del portavoce, Eroski sta beneficiando della crescente popolarità nel mercato spagnolo del consumo di frutta e verdura fresca, dovuta alla stabilità dei prezzi nella categoria e alla crescente domanda di cibi convenienti e sani da parte dei consumatori. Anche la catena concorrente Alcampo (gruppo Auchan) sostiene che si sta impegnando molto per far fronte all’attuale clima economico, avviando una più stretta collaborazione con i produttori. “Il nostro collegamento con i fornitori è continuo e attraverso di esso portiamo avanti numerosi progetti, tra cui il progetto “Dall’albero alla tavola” che offre frutti di stagione appena raccolti, selezionati sul posto e trasportati immediatamente nei punti vendita, senza essere sottoposti ad alcun trattamento di conservazione”, afferma un portavoce. Questi aggiunge che Alcampo ha risposto alle attuali difficoltà “incoraggiando abitudini alimentari corrette” e restando fedele alla sua politica commerciale di offrire “il prezzo più basso”. Un’altra società che sostiene di offrire il miglior rapporto qualitàprezzo è Día, che afferma di avere compiuto dal 2010 “notevoli sforzi” per accrescere la vendita di prodotti ortofrutticoli freschi nei suoi punti vendita, curando maggiormente la loro presentazione e posizionandoli in “posti privilegiati”. Un portavoce del rivenditore afferl N.2 l GENNAIO 2013
Da alcuni anni la Spagna è diventata un mercato primario per i produttori italiani di mele, soprattutto per quelli del Trentino Alto Adige, dato che una delle varietà più richieste è la Golden e i prezzi nei supermercati sono mediamente superiori di un euro/chilo rispetto a quelli italiani.
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ma che questa iniziativa ha già dato buoni frutti, come dimostra l’aumento del 78% delle vendite di prodotti freschi nel 2011 rispetto all’anno precedente. Secondo il portavoce, un’altra risposta di Día all’attuale crisi economica è stata quella di migliorare il suo rapporto qualità/prezzo, focalizzando in particolare l’attenzione sull’ulteriore sviluppo del suo format di “convenience store”, che interessa già l’80% dei punti vendita che la società possiede nella Penisola Iberica. “Non c’è dubbio che la crisi abbia rappresentato una cattiva notizia per tutti noi, ma dovremmo considerarla più come un’altra sfida che non come un problema”, afferma il portavoce. l N.2 l GENNAIO 2013
Qui sopra uno scatto dello scorso ottobre che riprende mele Royal Gala vendute in un ipermercato Hipercor (El Corte Inglés) a Madrid. Le mele, di origine spagnola, sono vendute sfuse a 2,75 euro/chilo. La varietà Renetta è venduta a 2,50 euro/chilo, origine sempre spagnola. Le Golden che si vedono a fianco sono vendute a 2,60 euro/chilo e vengono dall’Italia. Le Fuji, origine spagnola - che qui non si vedono spuntano i prezzi più alti: 3,15 euro/chilo.
Nessuna ripresa nel 2013. Malgrado ciò, Hernández afferma che le prospettive per il settore del commercio al dettaglio sembrano ancora discordanti, con le vendite che secondo le previsioni continueranno a calare durante il primo trimestre del 2013 e rimarranno in calo per gran parte dell’anno. La situazione è stata ulteriormen-
te esacerbata a settembre dalla decisione del governo di aumentare l’Iva per i prodotti non alimentari dal 18 al 21 per cento, aumento che comporterà una contrazione ancora più massiccia dei consumi nonostante l’Iva per i generi alimentari di base sia stata lasciata invariata al 4 per cento. Guardando al 2013, Hernández afferma che le prospettive rimangono “fosche” per i retailer spagnoli e che si prevede un’ulteriore riduzione delle vendite dell’1,5 per cento. “Per alcuni vi sarà una lieve ripresa entro fine anno, ma non penso che vi saranno schiarite prima di allora”, conclude.
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ORTOROMI: SAPORI INVERNALI E PIÙ PRATICITÀ PER LE NUOVE TENERELLE PAUSA PRANZO
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Ingredienti separati, dressing con condimento monodose e packaging accattivante: qualità, innovazione e flessibilità di prodotto per la rinnovata linea invernale Tenerelle Pausa Pranzo di Ortoromi, che si arricchisce di tre nuove referenze che vanno ad aggiungersi alle sei già presenti. Pecorino, funghi, fagioli, sgombro: questi alcuni dei nuovi saporitissimi ingredienti. Un ampliamento non solo quantitativo ma anche qualitativo, studiato ad hoc con nutrizionisti che hanno individuato le tendenze di gusto del consumatore in linea con i bisogni nutrizionali di oggi. Infatti le nuove referenze non guardano solo al sapore, ma anche alla salute.
ALCE NERO SI ACCORDA CON BRIO E NASCE LA NUOVA LINEA DI ORTOFRUTTA FRESCA BIO Pinzimonia, Delicata, Cremoso, Coccola, Generoso, Vellutata, Piccolino, Giusta, Trottola, Esmeralda, Rugginella, Montanara, Crocchia, Rossella, Spicchia e Candido: sono queste le sedici referenze top di gamma presentate alla fiera Macfrut con le quali Alce Nero entra nel mercato del fresco biologico, coltivate con esperienza e passione dagli agricoltori di Brio, socio dell’azienda da giugno 2011. Per offrire sul mercato varietà d’eccellenza dell’ortofrutta biologica, Alce Nero ha scelto nomi di fantasia, che evocano le caratteristiche organolettiche, sensoriali o le peculiarità d’uso dei singoli frutti e ortaggi. Così Pinzimonia è una carota con ciuffo corto che arriva da
MAGIC CODE RADDOPPIA, TRECENTO I NEGOZI COINVOLTI IN 15 CITTÀ ITALIANE Dopo il successo del primo anno di test, ritorna e cresce Magic Code, il progetto promozionale riservato ai dettaglianti Specialisti in Ortofrutta di quattro grandi marche italiane dell’ortofrutta: Melinda (leader nella produzione delle mele), Apofruit (con i marchi Solarelli per la fascia di alta qualità e Almaverde Bio per il biologiFRUITBOOKMAGAZINE
Sicilia, Emilia Romagna, Lazio e Abruzzo; Vellutata è invece una pesca tabacchiera dalla caratteristica forma piatta, proviene dalla Calabria, dove viene coltivata utilizzando un attento diradamento dei frutti che ne consente una migliore crescita. Giusta, per fare un ultimo esempio, è la banana biologica fairtrade Alce Nero, frutto del lavoro di cooperative di produttori in Costa Rica e Santo Domingo.
co), Sant’Orsola (azienda specializzata nei piccoli frutti provenienti da diverse aree di produzione nazionale) e Simba (azienda di GF Group che nel 2012 ha lanciato il nuovo marchio “F.lli Orsero”). L’edizione 2013 di Magic Code, che parte a febbraio e dura un anno, si rivolgerà non solo ai dettaglianti in ortofrutta di Milano, Roma, Brescia, Bergamo e Bari, ma anche a quelli di altre dieci città (Ancona, Bologna, Firenze, Genova, Mantova, Padova, Pescara, Torino, Verona e Vicenza). Salirà così fino a 300 il numero dei negozi coinvolti ed il catalogo dei premi si arricchirà di tante nuove opportunità, innovative e interessanti. Magic Code è un concorso a premi ad accumulazione di punti che vengono totalizzati dai dettaglianti coinvolti con la lettura dei codici QR presenti su tutte le confezioni commercializzate dalle aziende promotrici. l N.2 l GENNAIO 2013
ROSARIA AMPLIA LA GAMMA DEI SUCCHI, NATURALI AL 100% E DI ORIGINE SICILIANA In un momento in cui si discute, anche in maniera accesa, sull’opportunità di aumentare per legge la percentuale minima di frutta nei succhi di agrumi, l’OP Rosaria non ha dubbi e propone i succhi naturali al 100%, fatti con gli agrumi siciliani di alta qualità, a marchio Rosaria. Già da qualche anno è in commercio la spremuta di arancia rossa di Sicilia IGP. Oggi l’OP lancia la spremuta di arancia di Ribera DOP e del mandarino, senza zuccheri aggiunti e con un solo blando processo di pastorizzazione. “Da sempre - spiega il presidente Aurelio Pannitteri - la strategia aziendale si incentra sulla ricerca in campagna di prodotto di alta qualità, ottenuto secondo precise tecniche di produzione, raccolto al momento giusto, altamente selezionato e lavorato con tecniche sperimentate in anni ed anni di lavoro in questo settore. Il consumatore sta premiando questa nostra determinazione e noi lo aiutiamo a farci riconoscere attraverso azioni di comunicazione che hanno portato il marchio Rosaria tra quelli più riconosciuti nel panorama ortofrutticolo italiano. La provenienza è ovviamente una delle leve principali della nostra strategia che non è
DOLE EARTH, IL SITO PER SCOPRIRE I LUOGHI DI ORIGINE DELLE BANANE FA INCETTA DI PREMI Dopo il grande successo riscosso nel Nord Europa, dove è nata la scorsa primavera, la campagna “Dole Earth” è arrivata anche in Italia. A partire da fine novembre tutte le banane Dole hanno una nuova etichetta con un farm code (codice della piantagione) di 5 cifre che invita i consumatori a recarsi virtualmente nella piantagione di provenienza dei loro frutti, visitando Dole-Earth.com. Il sito ha vinto a fine anno due prestigiosi premi come miglior campagna di marketing creativo: gli Hamma Awards di Amburgo e gli Eul N.2 l GENNAIO 2013
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una semplice comunicazione ma semmai il trasferimento all’esterno della nostra azienda delle potenzialità dei terreni, del sole, delle tradizioni e delle professionalità degli agrumicoltori siciliani”. Gli agrumi commercializzati dall’OP sono tutti prodotti con metodi rispettosi dell’ambiente attraverso l’utilizzo delle più recenti tecnologie che consentono, nel contempo, di abbassare i costi di filiera come per esempio il fotovoltaico, ultimo tra gli investimenti aziendali.
ropean Excellence Awards di Londra. Molteplici le esperienze che i consumatori possono fare su Dole Earth. I consumatori possono sperimentare la tracciabilità, monitorando i loro frutti partendo dalla piantagione di provenienza, inserendo il codice a 5 cifre che trovano sulla banana. È anche l’occasione per documentarsi sulle diverse certificazioni di cui ogni azienda agricola è in possesso. La necessità di trasparenza nella filiera è diventato ormai un tema cruciale nel settore alimentare. Si può poi visitare una piantagione e osservare le varie fasi del processo di produzione, quasi come se ci si trovasse lì. L’attenzione si concentra sulla competenza e la dedizione che ci vuole per produrre qualità. L’obiettivo di Dole Earth è anche far comprendere la filiera: un breve film mostra in modo divertente la storia di una banana dalla piantagione allo scaffale del negozio sotto casa. Dole si differenzia dalla maggior parte dei concorrenti per la leadership nell’ambito della responsabilità sociale e ambientale, un messaggio molto importante da far arrivare ai consumatori. Una vasta gamma di video mostra alcuni progetti emblematici della Dole come la fondazione Dale in Ecuador e l’impianto di riciclaggio in Costa Rica, ma anche il ritratto dei dipendenti Dole nella quotidianità del loro lavoro e della loro vita privata. FRUITBOOKMAGAZINE
ORANFRIZER, 50 ANNI DI CRESCITA CON L’ARANCIA ROSSA DI SICILIA
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Oranfrizer ha festeggiato lo scorso 24 novembre davanti a una platea numerosa e ospiti d’eccezione i primi cinquant’anni di attività celebrando il suo prodotto di punta, l’arancia rossa, con un evento di altissimo profilo e un libro unico nel suo genere già disponibile in un circuito selezionato di librerie, nella città che ha permesso all’azienda siciliana di stringere un rapporto strategico e pluridecennale prima con Coop Firenze, poi con Coop Italia. Lo spettacolo ha dato voce alle migliori espressioni culturali e gastronomiche del famoso agrume, ambasciatore della Sicilia nel mondo, l’arancia rossa. L’evento è stato promosso in collaborazione con Terre e Sole di Sicilia, importante Organizzazione di Produttori di agrumi del Sud Italia, e ha avuto come momento clou un breve concerto del cantautore siciliano Franco Battiato, presente all’evento anche nel ruolo di assessore al Turismo della Regione Siciliana. Nello Alba, presidente di Oranfrizer, ha dichiarato: “Abbiamo assunto l’impegno di innovare in questo settore agrumicolo che alimenta l’economia della terra che amiamo, la Sicilia, ne abbiamo raccontato la parte più sana, continue-
COOPERATIVA SOLE, 50 ANNI ALL’INSEGNA DELLA LEGALITÀ NELLA TERRA DI GOMORRA “Una storia di speranza e di impegno concreto” - così il messaggio che don Luigi Ciotti, presidente dell’Associazione Libera, ha voluto far giungere alla Cooperativa Sole di Parete (Caserta), per la festa dei suoi 50 anni di attività. “Una speranza - continua Ciotti - che ha il gusto dei prodotti etici, non degli appetiti insaziabili delle mafie, ma la fame di giustizia, la sete di verità. Nei cinquanta anni della Cooperativa Sole, affondano le radici per un futuro diverso, pulito e sano, dove la tutela dei lavoratori ed il rispetto della natura è più importante del profitto”. In queste parole si potrebbe sintetizzare il lavoro infaticabile dei soci della cooperativa, ”una delle eccellenze nel panorama ortofrutticolo nazionale”, come l’ha definita Renzo Piraccini, direttore generale del Gruppo Apofruit, che con la cooperativa campana ha una stretta alleanza all’interno del Gruppo Mediterraneo. Tantissimi gli ospiti che hanno voluto manifestare la loro amicizia e vicinanza alla cooperativa, che è leader nazionale per la produzione di fragole assieme alla veronese APO Scaligera. Tra questi Michele Scrinzi, direttore di Sant’Orsola, lo specialista trentino dei piccoli FRUITBOOKMAGAZINE
remo a farlo in tutta Italia con Coop e nel resto del mondo con coloro che sapranno apprezzarne il valore come facciamo noi da 50 anni”. Lo chef Carmelo Chiaromonte ed Elvira Assenza, ricercatrice presso l’Università di Messina, hanno poi presentato il libro. Francesco Leonardi, medico nutrizionista, ha svelato i legami tra arance ed antichi rimedi di medicina popolare siciliana. A chiusura dell’evento lo show coocking dello chef Carmelo Chiaramonte ha tradotto il racconto in vera e propria esperienza gastronomica e multisensoriale, con la possibilità per il pubblico di percepire l’essenza, vedere e gustare alcune ricette presentate nel libro.
frutti, che ha in programma di appoggiarsi proprio alla cooperativa campana per ampliare il suo calendario di offerta. Il prodotto principale, come ha spiegato il direttore Pietro Ciardiello, sono le fragole, in particolare la varietà Sabrina. Completano la gamma pesche e nettarine, meloni, lattughe, peperoni, melanzane, percoche, zucchine, albicocche e mela annurca IGP campana. Il fatturato societario ha superato nel 2012 i 21 milioni di euro. Il presidente Antonio Maione, durante i festeggiamenti, ha ricordato l’importanza dei giovani e non è un caso che il taglio del nastro sia stato fatto dal più giovane dei 104 produttori associati. l N.2 l GENNAIO 2013
VALFRUTTA LANCIA LA NUOVA POLPA 100% FRUTTA GUSTO MELA-MIRTILLO Quando si parla di sana alimentazione, ma senza rinunciare al gusto, Valfrutta ha sempre una risposta pronta per i consumatori che ricercano un costante equilibrio nutrizionale, tra salute e benessere. Fedele allo spirito innovativo che le è proprio, ecco quindi che Valfrutta lancia la nuova polpa 100% frutta mela-mirtillo, nuova referenza che unisce la dolcezza della mela all’intensità del mirtillo: un gusto in più tra cui scegliere per una merenda ipocalorica. Ricca di vitamine (A e C) e sostanze benefiche (Calcio e Potassio), polpa 100% frutta mela-mirtillo fornisce un apporto di solo 44 Kcal per 100 grammi di polpa. Il mirtillo ha una benefica azione
“CROCCANTE PERCHÈ MATURA PIÙ IN ALTO” MELA VAL VENOSTA DECOLLA CON RYANAIR
antiossidante che previene le patologie cardiovascolari e rallenta il naturale processo di invecchiamento delle cellule. Utile in casi di fragilità capillare, il mirtillo contiene poche calorie ed è quindi un frutto da prediligere nelle diete ipocaloriche. Alle proprietà del mirtillo si uniscono quelle della mela, ricca di acqua, di vitamina C, di fibre che riducono i livelli di colesterolo nel sangue e di fruttosio.
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Un’operazione di marketing non convenzionale. Mela Val Venosta sponsorizza dal 19 gennaio le cappelliere di 80 aerei Ryanair con annunci in tre lingue dal claim “Croccante perché matura più in alto”. Le rotte interessate sono con partenza (e ritorno) dall’Italia e dalla Spagna. L’operazione sarà attiva per quattro settimane per un totale di 3.280 annunci con un impatto stimato di due milioni e mezzo di viaggiatori raggiunti: gli 80 aerei conivolti nella promozione realizzeranno circa 16.800 voli e trasporteranno una media di 210 passeggeri a volo. “Una frequenza molto elevata che garantisce una presenza in grado di coprire gran parte d’Europa afferma Michael Grasser, responsabile marketing Mela Val Venosta - e di raggiungere potenziali consumatori anche in Paesi oltralpe come Germania, Francia ed Inghilterra”.
AL VIA LA NUOVA CAMPAGNA TV PIZZOLI: «COMUNICHIAMO L’IMPORTANZA DELLA TERRA» Il 2013 di Pizzoli si apre con un importante investimento in comunicazione frutto di una strategia di marca che ne rinnova il posizionamento e la conferma realtà di riferimento del comparto agroalimentare italiano. Ad inaugurare il nuovo anno la campagna TV, in onda durante il periodo natalizio su tutte le principali emittenti nazionali. “Abbiamo deciso di tornare in TV con un nuovo impianto pubblicitario che pur facendo perno sul nostro core brand Patasnella enfatizza al contempo tutto l’universo valoriale della marca Pizzoli e ne trasferisce i valori fondativi attraverso un linguaggio unico e proprietario”, ha detto il direttore marketing Nicola Spanu. l N.2 l GENNAIO 2013
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Irene Pasquetto
Siti internet aziendali, il dominio fa la differenza? 104
Punto di partenza nella costruzione di un nuovo sito aziendale è la scelta del dominio. In parole povere, tutto quello che va dopo l’http://www. Meglio il nome dell’azienda o del prodotto? E per essere visibili su Google, bisogna optare per il “.it” o è preferibile il “.com”? Ma soprattutto, utilizzare un dominio piuttosto che un altro fa davvero la differenza? .it e .com. La scelta del .it o del .com dovrebbe dipendere soprattutto da ragioni commerciali. Se, ad esempio, si opera nel mercato italiano, si dovrebbe prediligere l’estensione nazionale nostrana: nomesito.it. L’estensione .com è l’abbreviazione di “commerciale” e si tratta dell’estensione originale, ovvero quella Usa dove è nato il web. Come spiega Maurizio Miggiano di Promobit Communications, società di Verona specializzata in strategie internet, “questa estensione è ambita dalle aziende quanto quella nazionale ed è l’estensione più famosa”. Nel caso il .it sia già occupato, poco male, gli imprenditori possono tranquillamente utilizzare il .com. Siti in più lingue. Chi ha la necessità di raggiungere i consumatori in diversi Paesi, deve tenere a mente che Google ama avere un dominio apposito per ogni lingua. Le strade da percorrere sono due. Si può caricare il sito in lingua sul dominio dello stato corrispondente (nomeazienda.de, ...), oppure sfruttare il .com utilizzando i cosiddetti “domini di terzo livello”. Miggiano spiega: “Il sito nomeazienda.com potrebbe diventare il fulcro della presenza in lingua inglese ma fare al contempo da “base” anche per le altre lingue. Come? Con il dominio di terzo livello, che si presenta ad esempio così: ita.nomeazienda.com, de.nomeazienda.com e così via”. Quante estensioni comprare. Un’altra questione che spesso ritorna nei discorsi attorno alla scelta del dominio è se sia il caso o meno di comprare tutte le FRUITBOOKMAGAZINE
estensioni disponibili, prima che le prenda qualche omonimo. Visto il costo irrisorio, è un’operazione altamente consigliabile. “Fisicamente su questi domini non ci sarà il sito, anzi non ci sarà niente, semplicemente digitando nel browser “www.nomeazienda.eu” sceglieremo di rimandare in automatico il navigatore al dominio principale”, precisa Maurizio. I costi. Il dominio, di per sé, non costa più di 10 euro. Quello che costa è in realtà il servizio di hosting. Maurizio continua: “Ecco che quando registriamo un dominio, in abbinamento ad esso i principali registrar che sono anche provider (ad esempio Aruba.it) offrono i servizi di hosting, la posta elettronica, il database. Un pacchetto low cost su Aruba può costare intorno ai 25-30 euro e comprende la registrazione del dominio, lo spazio web e 5 caselle di posta elettronica”. Ovviamente esistono anche delle soluzioni più avanzate, che possono arrivare a costare anche centinaia o migliaia di euro, tutto dipende dal tipo di progetto che si vuole mettere online. Brand o nome prodotto. La scelta delle parole da inserire nel dominio deve essere presa in base a che cosa si vuole promuovere. Di solito, o si vuole promuovere un’intera gamma e quindi un’intera azienda, oppure un prodotto nello specifico. Nel primo caso, è opportuno usare il nome dell’azienda (es. nomeazienda.it). Laddove invece l’azienda avesse un prodotto principale o comunque è conosciuta principalmente per un prodotto, la scelta potrebbe essere differente (es. nomeprodotto.it). Una pratica molto diffusa è quella di fare due siti: uno corporate dell’azienda con l’intero catalogo di prodotti e un minisito, focalizzato su un prodotto o una linea in particolare. Con i mini-siti le chance di posizionarsi tra i primi risultati di Google sono di solito più alte. l N.2 l GENNAIO 2013
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