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ELNATHEDITORE
DELOCALIZZARE LA PRODUZIONE CONVIENE? Ha 37 anni ed è italiano l’imprenditore che ha portato in Europa i primi aerei cargo completi di meloni. Obiettivo: anticipare la campagna con un prodotto di qualità che non ha nulla di esotico N.3 l APRILE 2013 l TRIMESTRALE
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Editoriale
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Eugenio Felice
Coop, Dico e lo spremiagrumi Che le cose non andassero troppo bene alla Dico, la catena discount della Coop, era cosa risaputa tra gli addetti ai lavori. Il fatturato nel 2011 era stato di circa 560 milioni di euro, una ventina in meno dell’anno precedente. E parliamo del canale discount, che in Italia negli ultimi anni è cresciuto più di ogni altro. La vendita dei 342 punti vendita al gruppo laziale Tuo (aderente a Despar), completata a fine marzo, non deve quindi sorprendere più di tanto. La scelta di Coop è motivata dall’esigenza di focalizzarsi sul core business dei supermercati e dei negozi di vicinato. L’operazione infatti comporta anche l’acquisizione da parte di Coop di 54 supermercati a insegna Despar e Ingrande presenti nel Lazio. Allo stesso tempo il gruppo Tuo consolida il suo orientamento sul canale discount, andando ad aggiungere la rete Dico agli 89 discount a insegna Tuodi di cui è già in possesso. Un’operazione fatta quasi in famiglia, considerando che entrambe le realtà aderiscono a Centrale Italiana, che è la maggiore centrale di acquisto in Italia. Tutti contenti quindi? Non proprio. I fornitori della Dico, chiamati a Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna, dove ha sede Coop Italia, sono stati “informati” che sì, avranno buone possibilità di proseguire i rapporti di fornitura, ma no, i pagamenti delle fatture già emesse, ma non ancora saldate, non potranno essere fatti prima del prossimo anno. “Una vergogna, sono schifato!”, dichiara un fornitore di ortofrutta che preferisce tenere l’anonimato. “Non abbiamo accettato le loro condizioni e abbiamo passato la pratica al nostro legale. Già acquistavano a prezzi da fame, ora anche questa. E poi diciamola tutta, questa storia dei pagamenti è uno scandalo. I supermercati incassano subito, perché parliamo di prodotti altamente deperibili, e ci pagano a 60 giorni. Come si fa ad andare avanti così? Ormai ci hanno spremuto come limoni. Una vergogna”. E una caduta di stile, aggiungiamo noi, per Coop Italia.
l N.3 l APRILE 2013
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FRUITBOOKMAGAZINE
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3AVE KILOS OF #/ Uno studio indipendente effettuato da Fraunhofer
273 milioni di chili di CO2 rispetto all’utilizzo
Institute e l’Università di Stoccarda, rivela che
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EDITORIALE SOMMARIO IMMAGINI
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BUONE NOTIZIE TREND DICONO DI NOI MARKETING MENS SANA
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KIWIFRUIT OF ITALY SBARCA IN COREA CON IL NUOVO MARCHIO KIWAY
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INFIA, CON IL NUOVO SISTEMA DI FISSAGGIO DEL MANICO IL CESTINO È MONOMATERIALE 62 PANORAMA iFRESH
CONTENUTI
30 / MELE, 22 / PRODURRE IN È ORA DI CAMBIARE PASSO AFRICA. LA SFIDA, VINTA, DI BRUNO FRANCESCON
SULL’INNOVAZIONE
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IDEE, TENDENZE, MERCATI, BUSINESS.
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LEGGERE FA CRESCERE
36 / SOTTO PRESSIONE 38 / ZESPRI, CONVIVERE LA COOPERAZIONE CON LA BATTERIOSI IN TRENTINO
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l N.3 l APRILE 2013
46 / IN ITALIA IN 36 50 / L’INNOVAZIONE ORE: LA QUALITÀ SECONDO VARIETALE FA CRESCERE FRÉSON DE PALOS
LA FRAGOLA SCALIGERA
FRUITBOOKMAGAZINE
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ELNATHEDITORE Direttore responsabile: Eugenio Felice Hanno collaborato: Marta Baldini, Camilla Madinelli, Irene Pasquetto, Maurizio Pisani, Isidoro Trovato
54 / VARIETÀ RIFIOREN- 56 / PIÙ PRODUTTIVITÀ, TI, COLTIVATE FUORI SUOLO. UN SOLO MATERIALE: ECCO 4
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Redazione e Pubblicità: Via Poiano 53 37029 - San Pietro in Cariano (Vr) Tel. 045.6837296 redazione@fruitbookmagazine.it adver@fruitbookmagazine.it Abbonamenti: Spedizione in abbonamento postale Abbonamento Italia: 60,00 euro Abbonamento Europa: 100,00 euro abbonamenti@fruitbookmagazine.it Graphic designer: Marco Fogliatti Fotolito e stampa: Vergraf Srl - Via della Metallurgia 11 37139 - Verona Tiratura numero aprile 2013: 6.000 copie Testata registrata presso il Tribunale di Verona
64 / EUROSPIN A QUOTA 70 / CONSUMI IN MILLE, VA FORTE LA SPESA FLESSIONE, COSTI IN INTELLIGENTE
AUMENTO, BRACCIO DI FERRO TRA GLI SCAFFALI
LOGO USPI DA METTERE Associato all'Unione Stampa Periodica Italiana
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72 / EATALY DI NEW YORK: FRUTTA E VERDURA VENGONO DALL’HUDSON ( E DA TREVISO )
FRUITBOOKMAGAZINE
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IV 69 27 5 2 75 33 55 66 19 III 53 17 13 21 II 15 29 35 63
l N.3 l APTILE 2013
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Foto: Andrea Felice
L’innovazione Berlino, 7 febbraio 2013 Ha fatto il suo esordio a Fruit Logistica ed è piaciuto molto ai retailer del Nord Europa l’involucro di cartoncino brevettato dell’Azienda Agricola Fornari di Cannetto sull’Oglio (Mn) capace di garantire una conservazione ottimale in frigo di riccia e scarola per una settimana. Vendita a pezzo, non a chilo.
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Foto: Andrea Felice
L’intraprendenza Montichiari (Bs), 5 aprile 2013 In corso le operazioni di sbarco dei bins di meloni provenienti dal Senegal. Dalla fusoliera del DC-10 della Avient usciranno 80 tonnellate di prodotto, in meno di due ore. Ăˆ il primo anno che degli aerei cargo completi di meloni arrivano in Europa e il merito e dell’italianissima OP Francescon.
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L’imprevedibile Fumane (Vr), 26 marzo 2013 Da pochi giorni è iniziata la primavera e scende l’ultima neve sulle gemme dei ciliegi sulle colline di Verona. Bisognerà aspettare fino al 12 aprile per vedere l’inizio della tanto attesa bella stagione. Il primo trimestre dell’anno verrà ricordato come uno dei più freddi e piovosi del secolo in tutta Europa.
buone notizie |
Eugenio Felice
Italia sul podio europeo della sicurezza alimentare 12
A due settimane dallo scandalo dell’insalata romana al topicida, arriva una notizia positiva a rasserenare l’opionione pubblica europea: secondo l’EFSA l’Italia conquista il primato nel mondo della sicurezza alimentare con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento), inferiori di cinque volte a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte a quelli extracomunitari (7,9 per cento) Il più recente programma di test sui pesticidi negli alimenti disponibile a dimensione europea ha evidenziato che oltre il 97 per cento dei campioni conteneva livelli di residui entro i limiti ammissibili, ha dichiarato l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). La valutazione dell’esposizione a breve termine attraverso la dieta ha escluso un rischio per i consumatori nel 99,6 per cento dei campioni alimentari. I programmi nazionali di monitoraggio hanno riscontrato che il 97,2 per cento dei campioni conteneva residui entro i limiti legalmente ammessi in Europa, noti come “livelli massimi di residui” (LMR). I più bassi tassi di eccedenza rispetto ai LMR sono stati riscontrati negli alimenti di origine animale, con lo 0,1 per cento di campioni soFRUITBOOKMAGAZINE
pra i limiti consentiti. I tassi di eccedenza ai LMR negli alimenti importati nell’Unione Europea, in Norvegia e in Islanda erano oltre cinque volte più alti rispetto a quelli degli alimenti originari di queste nazioni: il 7,9 per cento rispetto all’1,5 per cento. I valori dei LMR applicabili ai prodotti alimentari da agricoltura biologica nell’Ue sono identici a quelli previsti per i prodotti non biologici. L’analisi di 3.571 campioni di alimenti biologici ha mostrato una percentuale di eccedenza dei LMR dello 0,8 per cento. I risultati del programma coordinato dall’Ue per il 2010 hanno evidenziato che il 98,4 per cento dei campioni analizzati era in linea con i limiti ammissibili. I tassi di eccedenza dei LMR sono rimasti ampiamente stabili negli ultimi quattro anni - con una percentuale dei campioni oltre i limiti legali che oscilla tra il 2,3 per cento nel 2007 e l’1,2 per cento nel 2009. La relazione 2010 ha riscontrato che gli alimenti con la più alta percentuale di campioni oltre i LMR erano l’avena (5,3 per cento), la lattuga (3,4 per cento), le fragole (2,8 per cento) e le pesche (1,8 per cento). Il rapporto ha concluso che non ci sono rischi di lungo termine per la salute dei consumatori derivanti dai residui di pesticidi assunti tramite la dieta. Nel valutare l’esposizione a breve termine, la relazione indica che non può essere escluso un rischio per lo 0,4 per cento dei campioni (ossia 79 su un totale di 18.243). Questa conclusione è basata sulla peggiore delle ipotesi, che prevede un consumo superiore alla media degli alimenti contenenti i più alti livelli di residui rilevati per ciascun pesticida. Secondo i dati contenuti nel rapporto un prodotto su due che circola nel Vecchio Continente è completamente privo di “tracce” di residui chimici. l N.3 l APRILE 2013
trend |
Eugenio Felice
Uva indiana sempre più presente nei mercati mondiali 14
Non solo Perù, Cile e Sudafrica. Anche l’India, storicamente legata al mercato inglese e quindi abituata ad alti standard merceologici, si sta proponendo come interessante produttore ed esportatore di uva da tavola controstagione, con una ampia gamma di varietà seedless. La domanda mondiale in forte crescita sta stimolando gli investimenti produttivi, così come la domanda interna indiana, favorita dallo sviluppo continuo delle catene distributive Abbiamo provato una certa sorpresa quando l’anno scorso, nel mese di aprile, in un punto vendita a insegna Famila della provincia di Verona, ci siamo trovati di fronte a dei cestini di uva da tavola indiana dell’azienda Freshtrop Fruits, uno degli esportatori più importanti del Paese. “Un buon prodotto, del resto sono abituati a servire il mercato inglese che di sicuro non scherza quanto a requisiti merceologici. Lo abbiamo provato per la prima volta quest’anno e i risultati sono stati più che soddisfacenti”, ci comunicò a distanza di pochi giorni Nicola Aldegheri, buyer di Maxi Dì Srl. Tra i primi ad importare in Italia l’uva indiana sono stati la Fruttital Distribuzione di Albenga (SV) e la Villafrut di Villafontana di Oppeano (VR). FRUITBOOKMAGAZINE
La tendenza ormai sembra ben delineata e gli investimenti sull’uva da tavola in India crescono ogni anno di più. L’Europa poi, da quando i cileni e i sudafricani hanno capito che è più remunerativo andare verso altre destinazioni, meno afflitte dalla crisi, è diventata per gli esportatori indiani un mercato strategico. A testimonianza di ciò il commento raccolto a fine marzo da un importatore olandese: “Importiamo uva dalla metà di febbraio. Data l’esigua fornitura, in particolare dal Cile, c’è molto interesse per l’uva da tavola indiana. Quest’anno la richiesta arriva anche dalla Germania. A livello di prezzi, la stagione è cominciata benissimo, con quotazioni maggiori del 30-40 per cento rispetto al 2012. Per l’attuale campagna commerciale, prevediamo che non ci saranno volumi sovrabbondanti in arrivo dall’India e che il rischio di sovrapposizione con la merce di altre origini sarà minimo, del resto la fornitura del Sudafrica è più o meno terminata”. A crescere comunque non è solo la domanda dall’Europa ma anche quella mondiale nonché quella del mercato interno, il quale richiede peraltro una qualità pari a quella esportata. “Il Sudest asiatico è in piena espansione - dichiara Nitin Agrawal di Euro Fruits che esporta uva da tavola da 21 anni - e anche il mercato interno indiano è sempre più forte, soprattutto grazie al grande numero di catene di vendita al dettaglio che hanno aperto i battenti negli ultimi anni. I coltivatori hanno semplicemente l'imbarazzo della scelta per la vendita delle proprie uve”. Beati loro.. l N.3 l APRILE 2013
dicono di noi |
Eugenio Felice
L’Italia regge, ma attenzione a etichettatura e imballaggio 16
Cesare Calai lavora nell’ufficio italiano di IPL, azienda del retailer inglese ASDA che si occupa dell’approvvigionamento diretto di ortofrutta dalle aree di produzione e della logistica. IPL è anche il primo importatore di ortofrutta del Regno Unito. L’Italia vale circa 20 mila tonnellate, con un trend stabile negli ultimi anni. Il 20 per cento della frutta viaggia su rotaia, un sistema a minore impatto ambientale e più economico rispetto alla gomma Partiamo da una buona notizia: negli ultimi anni la seconda catena distributiva inglese, ASDA, non ha ridotto gli approvvigionamenti di frutta dall’Italia. Rimangono per lo più stabili, nel loro complesso. Il che significa che la competitività del nostro sistema Paese tutto sommato ha retto all’avanzata dei Paesi emergenti. “Diciamo che su molti articoli si registra un trend in flessione, più o meno marcata, e parliamo di frutta estiva a nocciolo, meloni e angurie, pere, kiwi, uva da tavola e agrumi. Per le mele c’è invece un buon andamento, grazie anche alla recente partnership con Melinda. Gli ortaggi, più che altro broccoli e pomodori, hanno un peso molto marginale. Il volume annuale è di circa mille camion, equivalenti grosso modo a 20 mila tons di frutta”. Parole di Cesare Calai, che FRUITBOOKMAGAZINE
dal 2008 è responsabile tecnico dell’ufficio italiano di International Procurement and Logistic Ltd (IPL), società di proprietà di ASDA che dal 2004 si occupa dell’approvvigionamento diretto dalle più importanti aree di produzione nel mondo. L’ufficio italiano è nato nel 2006 e analoghe strutture si trovano, oltre che nel Regno Unito, anche in Spagna, Francia, Olanda, Marocco, America Latina e Sud Africa. Calai, agronomo con competenze economiche, prima di iniziare il percorso con ASDA ha avuto esperienze in Apo Conerpo (tre anni) e Granfrutta Zani (otto anni). Oggi IPL è il primo importatore di ortofrutta del Regno Unito e si occupa anche della logistica: “Il 20 per cento circa della frutta viaggia su rotaia, perché ha un minore impatto ambientale e costi più contenuti”. ASDA è stata la prima catena inglese ad attivare il direct sourcing, seguita in anni recenti da Tesco. “Siamo partiti prima e per questo ora siamo anche i più strutturati: siamo in tre persone e dal 2010 ci occupiamo anche di prodotti alimentari trasformati come formaggi, pasta, tortellini, aceto balsamico, pesto, etc. Un segmento importante, che potremmo definire delle eccellenze alimentari italiane, che cresce a due/tre cifre ogni anno. Questo sistema permette di razionalizzare i costi, perché va a bypassare gli intermediari. Il rapporto diretto tra ASDA e i suoi fornitori dà come risultato un prezzo di vendita al consumatore inglese che è tra i più bassi del mercato, e, allo stesso tempo, il prezzo riconosciuto al produttore italiano è tale da dargli soddisfazione, non c’è la classica operazione di strozzinaggio. Inoltre diamo il supporto tecnico per guidare i fornitori a conformarsi ai requisiti richiesti in termini di legalità, salubrità e qualità. Le maggiori criticità che riscontriamo oggi riguardano l’etichettatura e il packaging”. l N.3 l APRILE 2013
marketing |
Maurizio Pisani
Attenzione, la segmentazione sta arrivando anche da noi 18
Anche nel settore ortofrutta sta arrivando la segmentazione del mercato, che significa proporre prodotti tagliati per gruppi specifici di consumatori. Più un messaggio è specifico, più sono le probabilità che abbia successo. L’ortofrutta in questo deve solo imparare dal largo consumo. L’operazione - che non è semplice, bisogna saperla fare - non può che avere un effetto positivo su tutta la filiera perché agevola i consumatori nelle loro scelte di acquisto È un momento importante. Uno dei principi base del marketing sta arrivando finalmente anche nell’ortofrutta. Signori, parliamo della segmentazione del mercato. Cioè della divisione del mercato dei consumatori in gruppi omogenei, effettuata con l’obiettivo di sviluppare offerte specifiche per ciascuno di essi. La segmentazione del mercato fa parte dei principi fondamentali del marketing che vengono insegnati in università e corsi post universitari. Eppure, fino a un paio di anni fa, questo concetto era del tutto ignorato in ortofrutta. Un’arancia era un’arancia. Venduta sfusa o impacchettata, sempre un’arancia era. Ed era esattamente la stessa per tutti, grandi e piccini, single e famiglie, del nord o del sud Italia. FRUITBOOKMAGAZINE
Nessuno segmentava il mercato, chiedendosi se la stessa arancia potesse essere confezionata e promozionata specificamente per target diversi, se fosse più efficace proporre una varietà diversa a gruppi di consumatori con esigenze diverse, se si potessero raccontare storie diverse a persone diverse. Tutte cose che invece le aziende del largo consumo fanno da anni, perché sanno che più un messaggio è specifico, più sono le probabilità che abbia successo. Ma ora sembra proprio che qualcosa si stia muovendo, finalmente, anche nell’ortofrutta. Ci sono vari esempi. Pensate alle mele a marca Crocville, commercializzate da VI.P in un packaging che contiene anche piccoli gadget per catturare l’attenzione dei piccini. O all’inziativa di La Linea Verde con il frullato fresco Hello Kitty by DimmidiSì, destinato ad accattivarsi le attenzioni di bambini e mamme. Questi sono segnali positivi. L’ortofrutta, in questo, non deve inventarsi nulla, deve solo imparare dal largo consumo. Perché segmentare il mercato e creare offerte specifiche per i diversi segmenti non può che avere un effetto positivo per le aziende che lo fanno, per i retailer che le vendono e per i consumi di ortofrutta in generale che vengono agevolati nelle loro scelte di acquisto. Certo, segmentare il mercato non è semplice. Bisogna saperlo fare. Bisogna saper analizzare i dati di consumo, strutturare ricerche apposite, sviluppare idee e testarle per vedere se funzionano. Non è semplice - ma chi riuscirà a farlo con successo, avrà un vantaggio competitivo su tutti gli altri. l N.3 l APRILE 2013
mens sana |
Marta Baldini (dietista)
Certi frutti con certe verdure danno più gusto e più salute 20
Con il passaggio dall’inverno alla primavera la comparsa di alcuni sintomi, come stanchezza, spossatezza, calo delle energie psico-fisiche, sono abbastanza diffusi nella popolazione. Per prevenire il cosiddetto “mal di Primavera” è bene seguire una dieta sana, e sfruttare a pieno le potenzialità presenti nella molteplicità di frutta e verdura disponibili sul mercato, abbinando ad esempio verdure ricche in ferro con la vitamina C e i carotenoidi Il cambio di stagione è un momento molto delicato per l’organismo umano e una fase di passaggio critica sia per il sistema immunitario che per il cervello. Per prevenire il cosiddetto “mal di Primavera” è bene seguire una dieta sana, e sfruttare a pieno le potenzialità presenti nella molteplicità di frutta e verdura disponibili sul mercato. Diversi studi scientifici individuano la frutta e la verdura come veri e propri integratori naturali. Per trarne un pieno beneficio salutistico è opportuno, però, seguire alcune regole di base sulla loro conservazione, cottura e combinazione. Sembra ormai certo che il consumo contemporaneo di alcuni tipi di frutta e di verdura ne potenzia gli effetti benefici. Per esempio, è possibile aumentare la biodisponibilità (frazione di nutriente che l’organismo riesce ad assorbire ed FRUITBOOKMAGAZINE
utilizzare per le proprie funzioni fisiologiche) di diversi microalimenti, come il ferro. Il ferro vegetale presente in alcune verdure (ad esempio spinaci, cavolfiori, asparagi), è notoriamente meno assimilabile (solo il 40% dell’apporto totale) dall’organismo rispetto al ferro animale (carne rossa, carni trasformate, frattaglie). Consumando contemporaneamente verdure ricche in ferro con la vitamina C, il rame e i carotenoidi presenti nella frutta fresca (arance, uva, kiwi, melograno, succo di limone, succo di cedro e pompelmo) o nella frutta secca (noci, nocciole, mandorle e pistacchi), la biodisponibilità del minerale considerato sarà maggiore (assimilabile all’80%) con minori perdite per l’organismo umano. Questa semplice metodica può aiutare a raggiungere più facilmente il fabbisogno minimo giornaliero (RDA) del ferro (10/18 mg/d) e di altri minerali essenziali; una pratica ancora più importante per le persone vegetariane o vegane, spesso caratterizzate da forti carenze ematiche di minerali per un consumo limitato di alimenti di origine animale. È bene ricordare che, invece, esistono sostanze che inibiscono l’uso e l’assorbimento del ferro alimentare, come per esempio: i polifenoli presenti nel tè verde, le spezie (cumino, curry, ecc), il caffè, la liquirizia, il calcio e il sodio presente nei formaggi e l’abuso di fibre (crusca, cereali integrali, ecc). Seguire queste facili regole alimentari di base, permetterà all’organismo umano di utilizzare a pieno le proprie energie, prevenendo o superando così la classica spossatezza indotta dal cambio di stagione e dall’arrivo della Primavera. Quindi, via libera ad agrumi spremuti sugli spinaci e su altre verdure a foglia verde e, invece, semaforo rosso per la classica “spolveratina” di formaggi stagionati come grana o pecorino. l N.3 l APRILE 2013
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Produrre in Africa: la sfida, vinta, di Bruno Francescon Nonostante il maltempo buoni i risultati della prima campagna Eugenio Felice
Foto: Andrea Felice
La più importante organizzazione di produzione italiana di meloni, OP Francescon, ha investito 100 ettari in Senegal, grazie alla partnership con un produttore spagnolo, per destagionalizzare il consumo, anticipando la campagna a marzo. Il risultato sono dei meloni che appaiono uguali, anche nel confezionamento, a quelli disponibili in Italia nel periodo estivo, con prezzi competitivi e una qualità eccezionale grazie al trasporto via aerea che ne garantisce la freschezza Sono stati 400 i chili di melone di origine Senegal affettati e offerti in degustazione a inizio febbraio durante la fiera Fruit Logistica da OP Francescon. Un bel risultato, che ha confermato i test svolti con i clienti nel corso del 2012. Il melone prodotto nella ex colonia francese piace perché non sembra il classico frutto in controstagione proveniente dal Centro o Sud America. Si presenta infatti proprio come se fosse un melone italiano, con lo stesso confezionamento e le stesse qualità organolettiche. Per certi versi addirittura migliore. “Un aspetto per noi molto importante, per non far percepire al consumatore differenze rispetto alla tradizionale produzione italiana”, spiega Bruno Francescon, che riveste diverse cariche all’interno dell’OP, tra cui presidente e amministratore, nonché titolare di una delle aziende agricole. “Abbiamo trasferito in Senegal il nostro know how, piantando le stesse varietà che piantiamo in Italia quindi il cantalupo retato con solcatura della fetta - e utilizzando le stesse tecniche agronomiche e gli
stessi mezzi di coltivazione. Il resto lo fanno il terreno e il clima: gli elevatissimi sbalzi termici, con massime di giorno anche di 45 gradi e minime di notte di 15 gradi, e la terra argillosa, rendono i frutti buoni e con una retinatura ottimale”. Il progetto Senegal è partito su larga scala proprio quest’anno, dopo due anni di preparativi, con circa 1.800 tonnellate di meloni importate nei mesi di marzo e aprile, la maggior parte di queste via aerea (una piccola parte via nave con varietà long life). Si tratta del primo caso in Europa di aerei cargo completi di meloni. Un primato di cui può andar fiera OP Francescon ma anche il sistema produttivo italiano, troppe volte accusato di essere poco organizzato e poco propenso a delocalizzare le produzioni all’estero. Un primato che si aggiunge ad altri: la OP di Rodigo è infatti, con oltre 30 mila tonnellate commercializzate nel 2012, di gran lunga il maggior produttore italiano di meloni e il secondo d’Europa dietro ai francesi di Soldive (che produce peraltro anche FRUITBOOKMAGAZINE
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in Marocco e Senegal). A guidare l’organizzazione è Bruno Francescon, il vero protagonista del melone italiano. L’azienda agricola di famiglia produce meloni nel Mantovano dagli anni ’70, anche se il vero salto di qualità c’è stato 15 anni fa, sul finire degli anni ’90, con l’inizio delle forniture dirette alla grande distribuzione. “Siamo cresciuti - dichiara Francescon con le catene distributive. Col tempo a quelle nazionali si sono aggiunte quelle estere e dove siamo entrati ogni anno abbiamo aumentato le forniture, senza perdere mai un cliente”. Proprio le catene distributive hanno accolto con favore la nuova produzione senegalese. Dalle catene discount, le prime a credere nell’iniziativa, a quelle più convenzionali, su tutto il territorio nazionale. Circa il 20 per cento del prodotto viene mandato nei Mercati all’ingrosso, un’analoga percentuale prende la via del nord Europa. “In generale - sostiene Francescon tutti i nostri clienti hanno richiesto i meloni del Senegal, per vedere come rispondevano i clienti e sicuri della nostra affidabilità. I primi riscontri di vendita sono stati molto positivi, un ottimo risultato considerando che il clima freddo e piovoso che ha insistito sull’Europa fino alla prima decade di aprile non ci ha certo aiutato. Qui non parliamo di una semplice attività di importazione, ma di una vera e propria delocalizzazione produttiva. Siamo noi, in sostanza, a produrre in Senegal, grazie FRUITBOOKMAGAZINE
all’accordo che abbiamo raggiunto con un importante partner spagnolo. Sono tre i siti produttivi, uno più a nord, sul confine con la Mauritania, che può dare frutti precoci, e due a circa 80 chilometri a sud di Dakar. Le aziende agricole insistono su 700 ettari complessivi. Di questi, 600 sono gestiti dal partner spagnolo che produce meloni varietà Piel de Sapo, quelli a buccia verde e polpa bianca e croccante per intenderci. Gli altri 100 sono gestiti da noi: 60 sono per i meloni, varietà retata con fetta, e 40 per la zucca Delica, con risultati eccezionali e costi competitivi. Il prezzo di vendita alla piattaforma è stato tra 2 e 2,5 euro al chilo, a seconda del calibro e del tipo di confezionamento. Il prezzo di vendita al pubblico si è aggirato tra 2,99 e 3,49 euro al chilo. Quindi un prezzo ragionevole”. I meloni del Senegal si confrontano nei mesi di marzo e aprile con il prodotto del Costa Rica (varietà Charentais) e con quelli del Brasile (varietà Gialletto e Piel de Sapo), che arrivano via nave dopo 15/18 giorni di navigazione. “Sono varietà desuete in Italia - spiega Francescon - quindi il consumatore italiano non le riconosce. I tempi di trasporto richiedono poi un raccolto anticipato, quando il frutto non ha ancora raggiunto il giusto grado di maturazione. Quindi la qualità organolettica, per forza di cose, non è ottimale. Anche il prodotto del Marocco, con varietà che assomigliano di più alle nostre, arriva via nave e gomma e l N.3 l APRILE 2013
Produrre in Senegal non è come produrre nel “Mantovano. Anche il gasolio è di bassa qualità, manca di tutto. Nei tre siti produttivi ci sono dei generatori di corrente e dei pozzi per l’acqua. Abbiamo dovuto portare tutti i mezzi tecnici e formare la manodopera ”, Bruno Francescon
Foto: Andrea Felice
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non esce quindi di molto da quella logica. I nostri meloni vengono invece raccolti maturi durante il giorno, imbarcati a Dakar sul volo cargo la notte, per arrivare cinque ore dopo all’aeroporto Montichiari di Brescia e già in tarda mattinata nel nostro magazzino di confezionamento a Rodigo, che dista solo 45 km dall’aeroporto, per poi ripartire verso le piattaforme dei clienti il giorno stesso. Sostanzialmente un A per B, vale a dire tempi più veloci rispetto alla Sicilia, che ci permettono di offrire un prodotto freschissimo, bello da vedere e buono da mangiare, in gral N.3 l APRILE 2013
do di durare una settimana sul banco del supermercato, aspetto fondamentale quando la rotazione del prodotto non è elevata”. Produrre in Senegal, Paese di 13 milioni di abitanti e lingua francese, non è come produrre nel Mantovano o in Sicilia. “Manca di tutto”, spiega Francescon. “Anche il gasolio è di bassa qualità. L’elettricità viene fornita dai generatori e l’acqua la abbiamo raggiunta trivellando il terreno. Abbiamo dovuto portare tutti mezzi tecnici e formare, per quanto possibile, la manodopera. Parliamo di un mondo completamente diverso dal nostro,
Bruno Francescon, 37 anni, coniugato, due figli. La famiglia emigrò da Vicenza nel dopoguerra per stabilirsi nel Mantovano. È alla guida della OP Francescon che oggi è di gran lunga il primo produttore italino di meloni e il secondo d’Europa dietro ai francesi di Soldive con oltre 30 mila tonnellate di prodotto commercializzatto nel 2012 e un obiettivo per il 2015 di 40 mila tonnellate. In quell’anno ricorrerà il decennale della nascita dell’OP.
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Cinque ore di volo richiede la tratta Dakar Brescia. L’aereo cargo, un DC-10 della compagnia Avient, a temperatura controllata, ha una capacità di circa 80 tonnellate. I bins vengono imbragati, otto alla volta, su delle piastre di metallo, poi fissate alla fusoliera dell’aereo. Dopo l’atterraggio le piastre vengono prese in consegna da delle piattaforme mobili, tecnicamente “loader”, che le portano nel magazzino, anch’esso a temperatura controllata, per liberare i bins e prepararli al carico sui camion. Tutte le operazioni durano circa due ore. Montichiari è ad oggi l’aeroporto più efficiente del nord Italia per il trasporto merci.
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SENEGAL 2013
60 1800 2 1200 5 80
Foto: Andrea Felice
ettari
con ritmi di vita molto più blandi. Impieghiamo 1.200 lavoratori, quando in Italia ne basterebbero 200. Rispettiamo comunque le loro tradizioni e abbiamo contribuito a migliorare la loro situazione di vita. Oltre a un lavoro, pagato il 20 per cento più del minimo sindacale, offriamo un pasto al giorno che viene consumato nelle mense poste all’interno dei siti produttivi e garantiamo assitenza medica di primo soccorso attraverso delle ambulanze. Abbiamo poi posto dei rubinetti fuori dagli stessi per consentire a tutte le tribù locali di accedere all’acqua potabile, che altrimenti sarebbe distante svariati chilometri. Tutta la produzione è certificata GlobalGAP”. L’idea del Senegal risale a pochi anni fa e risponde all’esigenza di ampliare il periodo di commerciaFRUITBOOKMAGAZINE
lizzazione del melone. In un primo momento Francescon aveva cercato una partnership con un grande operatore franco marocchino, senza però trovare un accordo. Accordo che invece è stato raggiunto con un importante produttore spagnolo che da 4-5 anni ha delocalizzato in Senegal per offrire sul mercato spagnolo già dal mese di gennaio il melone della varietà Piel de Sapo (letteralmente “pelle di rospo”). “In Spagna questa operazione di destagionalizzazione ha avuto un grandissimo successo - commenta Francescon - e la motivazione risiede nel fatto che viene offerto un prodotto raccolto maturo,
tons di meloni
mesi di fornitura
(marzo - aprile)
lavoratori
ore di volo
(Dakar - Bergamo)
tonnellate
di portata a volo
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Pregiato F1 SUD + SICILIA Stagione di raccolta
maggio
giugno
luglio
NORD
I meloni che conservano la qualità
Gaudio F1* SUD + SICILIA
aprile
maggio
Stagione di raccolta
(CLX MC844)
giugno NORD
* Varietà in corso di iscrizione con APV.
CLAUSE ITALIA S.p.A. - Via Emilia 11, 10078 Venaria Reale (TO) - Tel. 011/453 00 93 - Fax. 011/453 15 84 - info-italia@hmclause.com Foto non contrattuali - Tutti i diritti riservati - © 2013 Clause - Aprile 2013.
Produrre in Senegal significa innanzitutto antici“pare l’offerta di tre mesi, perché già dal prossimo anno la campagna potrà partire a inizio febbraio, e coprire così, grazie anche ai nostri partner in Sicilia, un periodo di quasi nove mesi che arriva fino a metà ottobre ”, Bruno Francescon
Foto: Andrea Felice
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Arrivando allo stabilimento di Francescon a Rodigo non si può non notare una enorme “vela” di pannelli solari. Al primo sguardo potrebbero sembrare le gradinate di un campo sportivo. Aggiungendo quelli posizionati sui tetti dei magazzini (foto) e nelle aziende agricole la OP raggiunge i 5 mega watt di potenza, il triplo rispetto al suo fabbisogno energetico.
ottimo da mangiare e con prezzi abbordabili. Quello che stiamo facendo noi è semplicemente adattare questa esperienza al mercato italiano. E i riscontri di questa prima campagna sembrano darci ragione”. Ma cosa vuol dire produrre in Senegal? Significa innanzitutto anticipare l’offerta di tre mesi perché già dal prossimo anno la campagna potrà partire a febbraio - e coprire così un periodo di quasi nove mesi che va da febbraio a metà ottobre. Da maggio a metà giugno infatti parte la Sicilia, dove Francescon ha diversi soci conferitori, tra cui i Fratelli Lo Giudice nella provincia di Agrigento, che assicurano circa 3 mila tonnellate di prodotto pregiato. Si passa quindi alla produzione estiva nel Mantovano, che dura fino a setFRUITBOOKMAGAZINE
tembre, affiancata nuovamente da quella siciliana che arriva a metà ottobre. L’offerta su 12 mesi è a portata di mano? “Sarebbe possibile, sfruttando proprio le potenzialità del Senegal - riferisce Francescon - ma per ora non ci interessa. In autunno arrivano sul mercato frutti importanti come le mele e le pere, non vogliamo andare a sovrapporci. Non è un caso che anche le fragole non registrano grandi vendite in quel periodo. Più interessante invece l’inizio dell’anno, quando il consumatore è più invogliato a provare qualcosa di nuovo”. Quest’anno Francescon conta di commercializzare 35 mila tonnellate di meloni, in aumento rispetto alle 31 mila del 2012, grazie alla nuova produzione senegalese e a un incremento di quella mantovana. Obiettivo dichiarato
per il decennale della OP, nata nel 2005, è di raggiungere il traguardo delle 40 mila tonnellate. Il secondo obiettivo è quello della destagionalizzazione, che è partita col piede giusto. Sull’ampliamento della gamma ad altri articoli Francescon ha le idee chiare: “Anche se avremmo la strada agevolata dal punto di vista commerciale, dati i nostri rapporti con le catene distributive, non ci interessa: vogliamo rimanere specialisti del melone, restando fedeli al nostro motto always and only melons”.
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I meloni retati nati per fare molta strada Syngenta conferma la propria attenzione all’innovazione e alle esigenze della filiera con THALES ed ELFO, due varietà di melone retato che possiedono le caratteristiche di prodotto ideali per soddisfare le esigenze della distribuzione moderna e dei consumatori di tutta Europa. Entrambe le varietà uniscono qualità organolettiche e consistenza di polpa a shelf-life superiore, caratteristiche imprescindibili per avere successo sul mercato interno ed estero. Vediamo in dettaglio le peculiarità dei due prodotti.
Thales La lunga stagione della qualità Retato classico, con buccia a viraggio giallo e dalla retatura bella uniforme. Il frutto si distingue per una qualità interna costantemente elevata in termini di colore, consistenza, aroma e grado zuccherino della polpa. THALES, inoltre, assicura una buona resistenza alle manipolazioni e una conservabilità che si colloca al top nel segmento dei meloni retati a buccia gialla.
Elfo (MB6193) La taglia giusta per un’estate di gusto Retato italiano, a buccia gialla, di cui esalta le caratteristiche olfattive e organolettiche. Il frutto, molto regolare, dalla forma rotondeggiante e dalla retatura coprente e ben definita, ha una eccellente conservabilità e una pezzatura più contenuta rispetto ai meloni appartenenti al segmento del retato estivo. La polpa è di colore arancio salmone, compatta, aromatica e con grado zuccherino mediamente elevato. La tessitura rappresenta un compromesso tra i meloni classici e quelli a lunga conservazione. Tutte queste caratteristiche permettono al retato italiano, particolarmente importante in termini di consumo nel nostro Paese, di ritagliarsi una fetta di mercato anche all’estero, elevando inoltre gli standard qualitativi del segmento.
Syngenta è uno dei principali attori dell’agro-industria mondiale. Il gruppo impiega più di 26.000 persone in oltre 90 paesi che operano con un unico proposito: Bringing plant potential to life (Sviluppare il potenziale delle piante al servizio della vita).
www.syngenta.it
Mele, è ora di cambiare passo sull’innovazione La nuova frontiera delle varietà a polpa rossa Eugenio Felice
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Il direttore di Assomela Alessandro Dalpiaz ritiene sia giunto il momento di orientare la ricerca verso varietà completamente nuove, che siano subito riconoscibili dal consumatore finale, come le mele a polpa rossa o quelle con dimostrato contenuto salutistico. Auspica quindi un percorso di cooperazione tra mondo produttivo da una parte e centri di ricerca dall’altra per rendere più efficace l’azione di ricerca e selezione varietale a tutto vantaggio del sistema Paese Nel numero di gennaio di Fm abbiamo dedicato la copertina alle mele club. La prima e più blasonata, la Pink Lady, e quelle che potremmo definire followers: Modì, Kanzi, Ambrosia, Melapiù e l’ultima arrivata Jazz. Allo stand che riuniva le tre OP del Trentino all’ultima edizione di Fruit Logistica - Sant’Orsola, La Trentina e Melinda - abbiamo raccolto un commento molto interessante da parte del direttore di Assomela e di APOT Alessandro Dalpiaz, che peraltro è anche uno degli oltre 4 mila produttori di mele associati a Melinda. Dapprima compiaciuto della presenza di una sagoma vuota che lasciava intendere, secondo la sua lettura attenta, che la varietà che fa la differenza non è ancora sul mercato, è poi rimasto perplesso per non dire deluso dall’apprendere che per noi quella sagoma era destinata alla varietà Envy, originaria della Nuova Zelanda e proprietà di Enza, ora in fase di impianto nei meleti dell’Alto Adige, presso selezionati produttori associati a VOG e VI.P. “Se escludiamo Pink Lady - ci ha spieFRUITBOOKMAGAZINE
gato - che ha una colorazione unica e distintiva, si accorgerà che sono tutte varietà rosse. E se mi parla di Envy, Evelina o tante altre, certamente con un buon profilo gustativo, parliamo ancora, quasi sempre, di varietà rosse. Ma secondo lei il consumatore finale riuscirà effettivamente a distinguere queste varietà l’una dall’altra? Sono queste le varietà che dovrebbero fare la differenza? È questo il massimo dell’innovazione che oggi è possibile fare?” “Vede - continua Dalpiaz - oggi ci sono, se ricordo bene, 52 cloni di Gala sul mercato. Due o tre sono ancora in via di valutazione e la colorazione è talmente rossa ed omogenea che cominciano ad assomigliare a delle Red Delicious. Ho l’impressione che ci stiamo avvicinando ad una soglia oltre la quale non si riesce più a creare distintività. Perché alla fine è quella la caratteristica che crea valore sul mercato. Dare al consumatore
Oggi ci sono circa 52 cloni di Gala sul mercato. Due o tre sono ancora in via di valutazione e la colorazione è talmente rossa ed omogenea che cominciano ad assomigliare a delle Red Delicious. È questo il massimo dell’innovazione che oggi è possibile fare?
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Foto: Andrea Felice
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Alessandro Dalpiaz, 55 anni, coniugato, tre figli, è direttore di Assomela dal 2003 nonché produttore di mele associato a Melinda. Nella pagina a fianco, lato titolo, la varietà Redlove Era, a buccia e polpa rossa, selezionata dal vivaista svizzero Markus Kobelt e proprietà dell’azienda inglese Suttons. I primi frutti dovrebbero arrivare sul mercato nel 2015.
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qualcosa che riesce ad associare a un buon standard qualitativo ma che riesce anche a riconoscere con facilità. La politica di selezione varietale svolta finora andava fatta, nessuno mette questo in discussione, ma probabilmente ci si avvicina ad un punto oltre il quale è difficile produrre effettive novità. Al consumatore riesce difficile capire le differenze tra una varietà e un’altra, quando alla fine il colore è lo stesso, e cosa ancora più importante diventa progressiva-
mente più difficile, e quindi costoso, comunicare al consumatore queste differenze. Per conto mio è giunto il momento di cercare delle varietà veramente innovative ed esplorare strade, magari più rischiose, ma completamente nuove. Un esempio? Tutta la famiglia delle polpe rosse, ormai da qualche anno in corso di sperimentazione. Ci sono gli scettici, come è normale che sia di fronte a qualcosa di radicalmente nuovo, ma è una strada che va esplorata, bisoFRUITBOOKMAGAZINE
Nella foto una cassetta di mele Envy esposta all’ultima edizione di Fruit Logistica allo stand Enza, che ne detiene i diritti. I frutti provenivano dai campi prova dell’Alto Adige dove, come abbiamo annunciato sul numero di gennaio di Fm, sta per prendere il via un importante piano di investimento sulla nuova varietà neozelandese, sia presso produttori del VOG che presso produttori della VI.P (Val Venosta). Come la sorella Jazz è un incrocio tra Braeburn e Gala. Di ottimo sapore, grazie a degli enzimi naturalmente presenti nella polpa non subisce il processo di ossidazione, rimanendo bianca per svariate ore.
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gna effettivamente verificare la reazione del consumatore finale. Il rischio è insito nell’innovazione, altrimenti non si esce dal consolidato. Un’abbinata potrebbe essere ad esempio la buccia gialla e la polpa rossa”. Nel vedere qualche foto su internet alcune perplessità ci sono venute. Non c’è il rischio, in un Paese tradizionalista nei consumi come l’Italia (basti pensare allo scarso successo finora riscontrato dalle uve e dalle angurie senza semi), che le mele a polpa rossa siano viste come qualcosa di innaturale per non dire mutato geneticamente? “Certo che c’è questo rischio - commenta Dalpiaz - ma non è detto che qualche sorpresa positiva si annidi in queste nuove varietà. Perché non parliamo di mele diverse solo per l’aspetto. Sono mele diverse anche perché ricche di polifenoli e antociani e sono quindi portatrici di un messaggio salutistico. Questo è l’altro fronte su cui dovrebbe indirizzarsi con più decisione la ricerca. Varietà che, pur essendo sostanzialmente tradizionali come impatto visivo, abbiano degli effetti benefici sulla salute chiaramente dimostrati”. Come le patate al selenio di Selenella, solo per citare uno dei casi più eclatanti e di successo in Italia? “Qualcosa del genere”, risponde Dalpiaz. “Ci vogliono delle caratteristiche distintive, dimostrate e quantificabili, che rendano più semplice mettere in atto un’attività promozionale adeguata che riesca a consolidare nella FRUITBOOKMAGAZINE
Produzione italiana di mele per varietà (dati in tonnellate) ITALIA Ton Golden Delicious Red Delicious Morgenduft Stayman Gala Granny Smith Annurca Renette Janagold Braeburn Fuji Cripps Pink Altre Totale Mele da Tavola Industria TOTALE
Prod. 2010 853.400 220.174 70.161 13.911 267.132 99.972 35.000 25.151 13.067 86.994 139.245 61.419 69.803 1.955.429 190.877 2.146.306
Prod. 2011 865.509 221.495 50.523 14.316 273.799 103.162 35.00 24.443 13.536 86.856 140.757 77.967 56.323 1.963.686 321.954 2.285.640
Prod. 2012 811.855 170.611 47.460 10.672 244.692 84.107 35.000 20.065 9.987 69.358 115.139 57.699 54.781 1.731.426 207.588 1.939.014
2012/11 - 6,2% - 23,0% - 6,1% - 25,5% - 10,6% - 18,5% 0,0% - 17,9% - 26,2% - 20,1% - 18,2% - 26,0% - 2,7% - 11,8% - 35,5% - 11,2%
Fonte: ASSOMELA
mente dell’acquirente l’aspetto differente di quel tipo di varietà. Questo ritengo sia lo scatto in avanti che il sistema debba fare oggi”. L’importanza del fare gio-co di squadra. Non sono molte le organizzazioni che fanno ricerca oggi in Italia nel campo varietale melicolo a un certo livello. Tra di esse la Fondazione Edmund Mach in Trentino, il Centro Sperimenta-le di Laimburg in Alto Adige, il Consorzio Italiano Vivaisti (CIV) nel Ferrarese, il Centro Ricerche e Sperimentazione in Agricoltura (CRA) e l’Università di Bologna. “Il sistema della ricerca varietale italiano - dichiara Dalpiaz - non ha finora prodotto una gamma ampia di proposte e non sono certo molte le varietà introdotte dai produttori. Il sistema produttivo della
mela, pur rappresentando il 20 per cento della produzione comunitaria di mele e pur avendo visto di recente qualche proposta varietale interessante, è ancora oggi obbligato a cercare e negoziare varietà con selezionatori di mezzo mondo. Non ci siamo adeguatamente impegnati, neppure come produttori, sul fronte della selezione a casa nostra, pur avendone tutto l’interesse e tutte le potenzialità. Il problema vero è che non abbiamo fatto finora un gioco di squadra adeguato, quel gioco di squadra che cerchiamo di incoraggiare da un po’ di tempo a questa l N.3 l APRILE 2013
Per conto mio è giunto il momento di cercare “delle varietà veramente innovative ed esplorare strade, magari più rischiose, ma completamente nuove. Un esempio? Tutta la famiglia delle polpe rosse, ormai da qualche anno in corso di sperimentazione ”, Alessandro Dalpiaz (Assomela) parte con Assomela: mettere in rete le esperienze e le capacità, incoraggiando un percorso di cooperazione tra mondo produttivo da una parte e centri di ricerca dall’altro per produrre vera innovazione varietale, che distingua non tanto la produzione di una OP da quella di un’altra OP, ma la produzione italiana da quella degli altri Paesi. Ci vuole in sostanza più dialogo e più organizzazione, non
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ci sono altre strade”. Assomela ha sede a Trento e svolge funzioni statistiche - è infatti l’interlocutore italiano alla riunione annuale Prognosfruit in cui si tracciano le previsioni in termini produttivi per le pomacee negli stati comunitari - ma anche e soprattutto una funzione di lobby. Rappresenta gli interessi, in altre parole, del settore melicolo in tutte le sedi in cui ci sono delle decisioni da
prendere riguardanti il mondo dell’agricoltura. Il direttore Dalpiaz si trova quindi spesso a Bruxelles, come parte attiva negli incontri sulla riforma della PAC e dell’OCM nell’ambito del progetto dell’Alle-
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Non parliamo di mele diverse solo per l’aspetto. “Sono mele diverse anche perché ricche di polifenoli e antociani e sono quindi portatrici di un messaggio salutistico. Questo è l’altro fronte su cui dovrebbe indirizzarsi con più decisione la ricerca ”, Alessandro Dalpiaz (Assomela)
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anza delle Cooperative Italiane. L’associazione si adopera anche per superare le barriere che impediscono l’accesso delle mele italiane in alcuni mercati. “In quei pochi non ancora raggiunti - spiega Dalpiaz - perché le mele italiane raggiungono oggi oltre 90 mercati nel mondo. Stiamo lavorando ad esempio su un accordo bilaterale tra Italia e Usa che ci permetta finalmente di raggiungere il mercato a stelle e strisce. Anche a livello comunitario c’è un negoziato in corso, incoraggiato proprio da noi e dai colleghi francesi, finalizzato a medio termine a cambiare e semplificare le regole di accesso al mercato USA. Su precisa sollecitazione del Ministero, grazie anche FRUITBOOKMAGAZINE
Nelle foto qui sopra la varietà Hidden Rose, gialla fuori, rosata dentro, scoperta negli anni ’60, viene prodotta in Oregon fin dagli anni ’80 dall’azienda Thomas Paine Farms. La polpa è ricca di antiossidanti e non subisce il processo di imbrunimento.
all’interessamento efficace e puntuale del ministro Mario Catania, abbiamo però deciso di “rischiare” un’iniziativa bilaterale sulle base delle regole attuali, certamente difficili. Speriamo così di arrivare negli Stati Uniti prima di altri competitors, offrendo un vantaggio importante ai produttori italiani. Abbiamo rilevato una buona disponibilità da parte della nostra controparte e siamo quindi fidu-
ciosi. Il mercato statunitense è interessante perché è vero che produce mele, circa 30-35 milioni di quintali, ma è anche vero che per circa la metà la produzione è concentrata nello Stato di Washington, che si trova nell’estremo nord ovest, sul confine con il Canada, lontano quasi 5 mila chilometri dalle metropoli della costa est come New York City, un’area che potrebbe essere raggiunta tranquillamente dalle nostre mele via nave con costi più che competitivi. I kiwi del resto vi arrivano già. Consideriamo anche che la comunità di origine italiana residente in USA è stimata in circa 18 milioni di persone”.
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Dalle nostre cooperative
Frutta Fresca Valfrutta
VALFRUTTA FRESCO SPA CONSORTILE Via G. Galilei, 5 - 48018 Faenza (RA) Tel. +39 0546 648601 - Fax +39 0546 623156 info@valfruttafresco.it - www.valfruttafresco.it
Sotto pressione la cooperazione in Trentino Spaccata La Trentina, “commissariata” Sant’Orsola Eugenio Felice
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Il processo di campionamento comune e il modo in cui sono stati distribuiti i ricavi dell’ultima campagna commerciale hanno creato più di un malumore all’interno di La Trentina, tanto che la più grande delle cinque cooperative associate, la Sft di Aldeno, ha deciso a fine gennaio di uscire dal consorzio. I soci Sant’Orsola si lamentano invece delle basse liquidazioni. In entrambi i casi la Federazione Trentina della Cooperazione ci sta mettendo una pezza Due delle tre OP del Trentino stanno vivendo un periodo di alta tensione, riconducibile in entrambi i casi a liquidazioni ai soci poco soddisfacenti. I conti non tornano, sostanzialmente. Parliamo di La Trentina, il consorzio delle mele di fondovalle, e di Sant’Orsola, la cooperativa dei piccoli frutti con sede a Pergine Valsugana. Rimane esclusa Melinda, “una delle pochissime isole felici nel nostro Paese” come l’ha definita Maurizio Brasina di Coop Italia, grazie a un manager di alto profilo come Luca Granata e a un processo di centralizzazione - da lui voluto - di tutte le funzioni più importanti avviato già dalla metà degli anni ’90 e conclusosi nel 2002, che ha permesso di massimizzare i processi e ridurre i costi. La Trentina. A scatenare la tensione nel più piccolo dei consorzi delle mele del Trentino Alto Adige, con un output di circa 100 mila tonnellate di mele all’anno, era stata lo scorso 22 gennaio la decisione del cda della più grande delle cinque cooperative aderenti FRUITBOOKMAGAZINE
al consorzio, la Sft di Aldeno, di lasciare La Trentina. Il malumore era nell’aria e non è un caso che un mese prima Mauro Coser, presidente della Sft, avesse rinunciato all’incarico di presidente del consorzio. La motivazione è un disaccordo radicale su come sono stati distribuiti i ricavi dell’ultima campagna commerciale (secondo il nuovo metodo condiviso della calibratura e classificazione unica delle mele fra le cooperative consorziate), che avrebbe provocato, secondo i calcoli aldenesi, un danno alla Sft di quasi 2 milioni di euro. A questo si aggiunge la sfiducia nei confronti del direttore Simone Pilati. “Noi non siamo contro il nuovo sistema - aveva detto a fine gennaio Coser - siamo contro il modo in cui viene gestito”. La Sft (Società frutticoltori Trento) con 541 soci e un fatturato di 14 milioni di euro, è la cooperativa
La cooperativa Sft di Aldeno, presieduta da Coser, prima decide di uscire da La Trentina, poi dice sì al piano per rendere il consorzio un’azienda unica sul modello Melinda. La Federazione Trentina della Cooperazione sta lavorando anche per far rientrare Mezzacorona.
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C’è bisogno di un profondo rinnovamento. ll “passaggio è epocale perché attiene ad una ‘crisi di crescita’ che ha portato la nostra cooperativa a passare in pochi anni dai piccoli numeri di una produzione locale ad una azienda da 50 milioni di euro di fatturato ”, Silvio Bertoldi (Sant’Orsola) che da sola vale il 40 per cento dell’intera produzione del consorzio. È anche quella con il magazzino di lavorazione più moderno, essendo appena stato rinnovato con un investimento di 38 milioni di euro e il contributo a fondo perduto della Provincia di Trento pari al 40 per cento dell’importo, che ha permesso di automatizzare i processi e di avere le ultime tecnologie per il confezionamento e la conservazione delle mele. Il rischio è quindi quello che si ripeta quello che successe qualche anno fa, quando Mezzacorona decise di uscire da La Trentina. Non è esclusa comunque una ricucitura.
Dal cda del consorzio di fine marzo, infatti, è scaturita la storica decisione di diventare azienda unica della melicoltura extra valli del Noce sul modello Melinda, che significa abbandonare la visione plurale delle singole cooperative oggi in vigore a favore di un’ottica unica da OP. La strada è stata indicata dalla Federazione Trentina della Cooperazione e potrebbe favorire anche il rientro di Mezzacorona, il cui presidente Luca Rigotti guarda caso è anche il vicepresidente di FedCoop. Sembra proprio, insomma, che la mossa provocatoria di Sft finirà per dare nuovo slancio a La Trentina.
Conto economico SANT’ORSOLA SCA AGGREGATI Valore della produzione - Spese per materie prime - Spese per servizi VALORE AGGIUNTO - Spese per lavoro dipendente MOL o EBITDA - Ammortamenti e accantonamenti REDDITO OPERATIVO (EBIT) +/- Reddito della gestione atipica +/- Reddito della gestione finanziaria REDDITO CORRENTE +/- Reddito della gestione straordinaria REDDITO ANTE IMPOSTE - Imposte sul reddito REDDITO NETTO l N.3 l APRILE 2013
Es. 2010 52.461.272 - 40.646.125 - 6.179.027 5.636.121 - 5.110.799 525.322 - 1.107.364 - 528.043 985.968 - 221.365 182.560 36.418 218.978 - 88.971 130.007
Es. 2011 50.956.404 - 39.886.700 - 6.108.211 4.961.493 - 4.872.273 89.220 - 1.221.374 - 1.132.154 1.199.178 - 93.823 - 26.798 188.308 161.510 - 112.244 49.266
Sant’Orsola. “Cosa vuole - ci comunica Silvio Bertoldi, presidente della cooperativa - è qualche anno che le liquidazioni ai soci per fragole e piccoli frutti non sono soddisfacenti”. E come spesso succede, quando la squadra non funziona, si cambia l’allenatore. Così il cda ha deciso a fine febbraio di licenziare anzitempo il direttore Michele Scrinzi, anche alla luce del rapporto molto critico da parte del super consulente chiamato qualche mese fa da FedCoop ad affiancare i vertici di Sant’Orsola: quel Fabio Rizzoli, grande esperto di management, che da poco ha lasciato il timone di Mezzacorona. Non si tratta di un giudizio negativo sulla gestione Scrinzi, ma si è preso atto che c’era necessità di intraprendere una strada nuova, soprattutto dal punto di vista commerciale e marketing. “Abbiamo chiesto a Rizzoli - spiega Bertoldi di accompagnarci in questa svolta dalla dimensione artigianale a quella industriale, a breve sceglieremo un nuovo coordinatore”.
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Zespri, convivere con la batteriosi, innovando ancora A maggio inizia la campagna del kiwi origine Nuova Zelanda Eugenio Felice
La più importante organizzazione mondiale legata al kiwi ha dato vita, in collaborazione con Kiwifruit Vine Health (KWH), al più imponente programma di ricerca e sviluppo per capire come sconfiggere la malattia che da qualche anno sta affliggendo le piante di kiwi in diverse aree del mondo. Soprattutto quelle che danno frutti a polpa gialla. Intanto è ai nastri di partenza la campagna del prodotto della Nuova Zelanda, che promette quantitativi stabili e qualità elevata Zespri - la più importante organizzazione del mondo legata al kiwi, nata in Nuova Zelanda nel 1997, una public company di proprietà di 3 mila produttori, il primo ed unico marchio al mondo legato al kiwi a diventare una vera e propria marca riconosciuta e apprezzata a livello globale - è ottimista circa la prossima stagione, nonostante il difficile contesto creato dalla batteriosi (una malattia che colpisce le piante ma innocua per l’uomo), da un cambio valutario sfavorevole e da una situazione recessiva che sta colpendo diversi mercati a partire da quello europeo. Nella più importante zona produttiva della Nuova Zelanda, la Bay of Plenty, dove nel lontano 1928 Hayward Wright selezionò la varietà ancora oggi più prodotta ed esportata nel mondo, la raccolta dei primi kiwi è cominciata l’ultima settimana di marzo e la prima delle navi cariche del prezioso frutto lascerà il porto di Tauranga nel mese di aprile. Ci troviamo nel Paese che ha fatto la storia del kiwi, oltre a dargli il nome.
Originario in realtà della Cina, i suoi semi neri furono portati per la prima volta in Nuova Zelanda da Isabel Fraser nel 1904, per poi essere piantati dal botanico Alexander Allison. Risalgono invece al 1952 le prime esportazioni, dirette verso il Regno Unito. All’inizio il nome del frutto era “Yang Tao” o “Chinese Gooseberry”, ma presto i produttori, per farne capire la provenienza, decisero di chiamarlo kiwi, in omaggio a quello che è il simbolo nazionale della Nuova Zelanda, un grosso e buffo uccello praticamente privo di ali. Tornando alla campagna che sta per iniziare, l’amministratore delegato di Zespri, Lain Jager, ha dichiarato a inizio marzo che la lunga e calda estate dell’emisfero sud è risultata positiva per la crescita del frutto, per cui l’organizzazione prevede di esportare una quantità simile a quella della scorsa stagione, cioè 90 milioni di cassette. Le esportazioni di kiwi biologico a marchio Zespri dovrebbero aumentare leggermente a 3,6 milioni di cassette, mentre FRUITBOOKMAGAZINE
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sono attese ulteriori riduzioni nel volume delle esportazioni di kiwi a polpa gialla ZespriGold, che passeranno dai 22 milioni di cassette della scorsa stagione ai 1315 milioni di questa. Il calo costante nei volumi di kiwi a polpa gialla è la conseguenza delle grandi quantità di piante infette dalla batteriosi che sono state tagliate negli ultimi due anni. Le esportazioni di questa varietà avevano raggiunto 30 milioni di cassette nel 2011, quindi a distanza di due anni il calo è stato di oltre il 50 per cento. Degli ZespriGold raccolti quest’anno, circa 2,5 milioni di cassette saranno della nuova varietà G3, nome commerciale SunGold, mentre 1,8 milioni saranno di un’altra novità, la G9. “L’estate calda e asciutta ha favorito la produzione, traducendosi in un alto tenore zuccherino dei frutti. Si tratta di una premessa ideale per la commercializzazione del prodotto”, ha detto Jager. “Ora la grande questione che rimane aperta è come si comporterà la nuova varietà G3 in inverno e in primavera, che sono i periodi più problematici per la diffusione della batteriosi”. Con 2.700 ettari di frutteti di G3 piantati solo lo scorso anno in Nuova Zelanda, l’industria ha fatto un grande investimento sulla varietà. Che significato hanno le parole del numero uno di Zespri per il consumatore europeo e, più nello specifico, per quello italiano? Lo abbiamo chiesto a Marino Silva, FRUITBOOKMAGAZINE
che da 14 anni lavora per la multinazionale neozelandese e che oggi riveste il ruolo di responsabile per l’Italia e gli altri Paesi del Mediterraneo. FM - Quando dovrebbero arrivare in Europa i primi frutti e che aspettative ci sono? Il prolungarsi della crisi economica rende il mercato europeo meno attrattivo rispetto ad altre destinazioni, come l’Asia? MS - Dovremmo avere una stagione normale per il kiwi verde, lo Zespri Green, con volumi per l’Europa molto simili al 2012. Avremo invece nuovamente una significativa riduzione nei quantitativi di Zespri Gold dovuti a un calo nel raccolto che ha coinvolto anche il nuovo SunGold. La prima nave arriverà in Europa i primi giorni di maggio con i kiwi verdi, mentre lo Zespri Gold arriverà due settimane più tardi. A prescindere dalla crisi e dagli effetti che sta avendo sui consumi, l’Europa rimane una destinazione molto importante per i nostri kiwi verdi e l’Italia è sicuramente uno dei nostri mercati di riferimento, sia dal punto di vista dei quantitativi assorbiti sia da quello della fedeltà alla marca, che è molto alta.
ZESPRI
1997 12 4 90 0 º1 -50%
anno di costituzione mesi
di fornitura
linee prodotto Green, Gold, SunGold, Organic
milioni di cassette stima raccolto 2013 NZ
cliente per volumi
della produzione italiana
calo del Gold
in due anni causa batteriosi
l N.3 l APRILE 2013
Zespri, grazie a una collaborazione con Sinclair che è durata quattro anni, introduce in questa campagna, primo caso nel mondo, un bollino pienamente compostabile nella linea biologica. Non sarà quindi più necessario separare il bollino dalla buccia una volta consumato il frutto.
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FM - Guardando all’Italia, che peso hanno i diversi canali di vendita per Zespri? La GDO in Italia è cresciuta, ma sa valorizzare un prodotto di marca e di importazione come il vostro? MS - L’Italia ha un peso del 10 per cento nello scenario europeo, mentre il mercato più grande è la Spagna. La distribuzione di Zespri in Italia è oggi coerente con la distribuzione complessiva di frutta e ortaggi nel nostro Paese: ciò significa che approssimativamente il 45 per cento dei kiwi sono venduti attraverso il canale GDO, il 55% attraverso il canale tradizionale. Guardando agli ultimi anni, va detto che è l N.3 l APRILE 2013
comunque cresciuto il peso del canale GDO. Ciò prova che non solo il canale tradizionale crede nel valore aggiunto del brand Zespri e nelle garanzie che dà ai suoi clienti, ma anche le catene distributive, solitamente orientate a valorizzare la private label, riconoscono il plus in termini di qualità e coerenza che il brand Zespri è in grado di offrire. FM - L’Italia è anche un Paese produttore per Zespri: come stanno andando le cose? MS - Le prime vendite in Europa di Zespri Green di produzione italiana risalgono al 2001. La produzione è venduta in Europa, dove
Zespri ha oggi contratti che prevedono una fornitura continuativa per 12 mesi con diversi distributori e retailer. Recentemente anche in diversi Paesi asiatici sono stati avviati programmi per vendere durante la stagione invernale i kiwi prodotti in Europa. Il trend quindi è in crescita. Quest’anno, ad esempio, pur a fronte di una produzione europea che come è noto è stata più bassa causa avverse condizioni climatiche, noi abbiamo registrato un aumento degli approvvigionamenti da Italia e Francia, raggiungendo i maggiori volumi di sempre e confermandoci ormai da diversi anni come il primo FRUITBOOKMAGAZINE
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cliente per volumi dell’intera produzione nazionale. Un numero crescente di clienti potrà quindi apprezzare la qualità premium Zespri anche in inverno. FM - Quanto sta impattando finora la batteriosi (PSA) sulle produzioni globali di Zespri? MS - La PSA è ancora presente e non sarà debellata nel breve termine. Non c’è bacchetta magica che possa liberare il settore da questa malattia. In Nuova Zelanda abbiamo fatto progressi nell’imparare a convivere con la batteriosi, ma alla fine la soluzione sarà data da una combinazione tra varietà tolleranti alla Psa e nuove tecniche di gestione dei frutteti. C’è un ampio programma di ricerca e sviluppo sulla malattia gestito da Zespri in collaborazione con Kiwifruit Vine Health (KWH), con oltre 80 programmi di ricerca in corso e circa 300 prodotti in fase di test. Abbiamo imparato che sono specialmente le varietà gialle ad essere maggiormente colpite dalla malattia. Ciò nonostante ci aspettiamo risultati positivi per le future produzioni della varietà SunGold. La scorsa estate sono stati piantati circa 2.700 ettari di SunGold e volumi significativi per questa varietà sono attesi sul mercato a partire dal 2014. I test svolti hanno mostrato che questa varietà sembra avere una tolleranza maggiore alla PSA rispetto all’Hort16A, conosciuto sui mercati di tutto il mondo come Zespri Gold. FRUITBOOKMAGAZINE
FM - A proposito di SunGold, lo abbiamo assaggiato e ci è piaciuto molto. Di cosa si tratta? MS - Il SunGold è una nuova varietà gialla, succosa e dal sapore incredibilmente equilibrato, dolce e leggermente acido allo stesso tempo, con la polpa fine e la buccia liscia. È un kiwi attraente, caratterizzato da un ottimo sapore complessivo e dalle dimensioni naturalmente grandi, in questo simile allo Zespri Gold. Le prime piante sono state innestate nel 2010, dopo 10 anni di rigorosa ricerca e sviluppo. Investimenti sono in corso per questa varietà anche in Francia e Italia, dove ci aspettiamo nei prossimi anni una crescita graduale come in Nuova Zelanda.
FM - Uno dei temi più di attualità di questi anni è l’impatto ambientale. Mi fa un esempio di come vi state muovendo in questo campo? MS - Zespri introduce in questa campagna, primo caso nel mondo, un bollino pienamente compostabile nella linea biologica. Non sarà quindi più necessario separare il bollino dalla buccia, una volta consumato il frutto. Una bella comodità per il consumatore finale, un importante traguardo per noi, un concreto segnale di attenzione per il nostro pianeta. Zespri, del resto, ha sempre posto molta attenzione alla sostenibilità dei suoi frutti, investendo risorse significative in ricerca e sviluppo, consapevole anche della crescente attenzione da parte di clienti e l N.3 l APRILE 2013
è una nuova varietà gialla, succosa e “dalIl SunGold sapore molto equilibrato, dolce e leggermente acido allo stesso tempo, con la polpa fine e la buccia liscia. È un kiwi attraente, caratterizzato da un ottimo sapore complessivo e dalle dimensioni naturalmente grandi ”, Marino Silva (Zespri Italy) 43
consumatori finali a queste tematiche. Zespri ha lavorato per quattro anni a stretto contatto con Sinclair, leader mondiale nei sistemi di etichettatura, per superare le numerose difficoltà tecniche e raggiungere questo risultato. Quest’anno 5 milioni di kiwi biologici venduti tra Nord America, Europa e Asia avranno i bollini compostabili, che si decompongono in meno di 22 settimane lasciando una materia secca inferiore al 10 per cento di quella originaria. FM - Zespri è l’unica marca nel mondo per il kiwi, sinonimo di qualità e servizio: si può migliorare ancora? Quali le sfide per i prossimi anni? Quanto ha pagato in termini commerciali investire in una marca forte? MS - Il successo di Zespri a livello mondiale è dovuto all’impegno l N.3 l APRILE 2013
che da sempre abbiamo posto al miglioramento continuo, all’innovazione e alla ricerca dell’eccellenza. Assieme a Plant & Food Research, Zespri ha creato il più imponente programma a livello mondiale di selezione naturale dei kiwi. Test sui consumatori finali vengono svolti sui mercati internazionali per valutare le caratteristiche organolettiche delle varietà esistenti e di quelle nuove. Zespri lavora a stretto contatto con la rete di produttori per condividere conoscenze e competenze in ambito agronomico e per sviluppare e attuare pratiche sostenibili nei frutteti. I produttori più innovativi stanno ad esempio ripristinando l’habitat naturale originario per far tornare gli uccelli e la fauna selvatica nei frutteti così da implementare una lotta naturale contro i parassiti. L’attenta gestione della catena di
fornitura assicura che i clienti e i consumatori ottengano costantemente kiwi di altissima qualità. Ci sforziamo di utilizzare le migliori pratiche in tutti i nostri processi e ci impegniamo ad essere un business sostenibile e un leader di mercato. Da sempre abbiamo implementato una strategia guidata dal marketing, investendo da subito in un marchio forte. Per tutti questi motivi i kiwi Zespri hanno un prezzo da fascia premium, superiore rispetto agli altri kiwi venduti in Europa. Un plus noto e riconosciuto dai consumatori e dai rivenditori.
FRUITBOOKMAGAZINE
Kiwifruit of Italy sbarca in Corea del Sud con il nuovo marchio Kiway Il primo produttore mondiale di kiwi prova a fare sistema Eugenio Felice
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Alcune delle più importanti aziende italiane che commercializzano kiwi hanno costituito il consorzio Kiwifruit of Italy per valorizzare nel mondo il kiwi verde di qualità prodotto in Italia. Prima tappa di questo percorso di integrazione è l’apertura del mercato coreano con il marchio commerciale Kiway, che potrebbe essere utilizzato anche nei nuovi mercati. Del consorzio non fanno parte i grandi esportatori piemontesi che per ora preferiscono agire in autonomia È iniziata nel migliore dei modi la commercializzazione del kiwi italiano a marchio Kiway in Corea del Sud. Dal mese di marzo i consumatori coreani possono acquistare i frutti esportati dal neocostituito Consorzio Kiwifruit of Italy, che riunisce alcuni fra i principali esportatori italiani: Spreafico, Salvi, Naturitalia, Orogel Fresco, Granfrutta Zani, Frutta C2, Pempacorer, e Jingold. Ad approdare in Corea sono stati anche i kiwi di Ceradini Group - suoi, l’8 marzo, i primissimi container ad arrivare e quelli a marchio Made in Blu di Compagnia Italiana della Frutta, una commerciale costituita da aziende del calibro di Alegra, Mazzoni e Apofruit. Il momento era atteso ormai da molti anni, durante i quali le istituzioni e il CSO di Ferrara hanno lavorato per rendere possibile l’apertura del mercato, dando di fatto all’Italia quest’anno, per la prima volta, la possibilità di esportare kiwi in Corea. Il Consorzio Kiwifruit of Italy ha deciso di approcciare questo nuovo e promettente mercato con una politica di marca comune e una FRUITBOOKMAGAZINE
strategia votata alla qualità del prodotto. “Per raggiungere l’obiettivo - ha dichiarato il presidente Alessandro Fornari - abbiamo lavorato fondamentalmente su due fronti. In primo luogo sulla garanzia di caratteristiche qualitative di eccellenza del prodotto da esportare. In particolare garantendo un kiwi con un elevato contenuto di sostanza secca, comunicato sulle confezioni e a punto vendita, consci del fatto che il consumatore coreano è piuttosto sensibile a questo aspetto e in grado di percepire il differenziale qualitativo positivo che ne consegue. Decisiva è stata inoltre la collaborazione con l’importatore coreano, nostro prezioso partner in tutta l’operazione, grazie al quale abbiamo potuto completare la maturazione dei frutti a destinazione. Il secondo importante ambito di intervento ha riguardato l’organizzazione di un piano di marketing in collaborazione con il medesimo importatore e con la catena di supermercati E-Mart, incentrato sull’eccellenza del made in Italy. Nei punti vendita abbiamo organizzato
KIWIFRUIT OF ITALY
2012 8 20% º1 2 8 anno di nascita del Consorzio
aziende
associate
dell’output nazionale varietà
(Hayward)
marchi
Kiwifruit of Italy e Kiway
container inviati in Corea in questa campagna
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L’aspetto più significativo è che alcune imprese “hanno collaborato, con regole comuni e un’unica regia commerciale, alla realizzazione di una strategia di vendita di un prodotto a marchio del produttore collaborando direttamente con una catena di distribuzione ”, Alessandro Pernigo 45
Nelle foto un momento della promozione Kiway all’interno di un punto vendita coreano E-Mart. La foto non tragga in inganno: si fregiano del marchio Kiway solo i kiwi verdi, quelli gialli sono dei Jingold dell’omonima azienda italiana, che ha fatto in questo caso sinergia con Kiwifruit Of Italy, cui peraltro è associata.
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degustazioni e in-store promotion per far conoscere il kiwi Kiway”. E-Mart rappresenta, con i suoi 140 negozi il gruppo distributivo principale del Paese. L’iniziativa è stata vissuta con grande entusiasmo dal cliente, come dimostra l’evento lancio organizzato all’interno di un supermercato, al quale hanno partecipato, fra gli altri, il ceo di E-Mart e l’ambasciatore italiano a Seul. Grande soddisfazione anche da parte dei soci del Consorzio Kiwifruit of Italy che hanno partecipato alle esportazioni. Alessandro Pernigo, della verone-
se Frutta C2, fa sapere che a suo parere “l’aspetto più positivo e significativo di questa operazione è rappresentato dal fatto che alcune imprese hanno collaborato, con regole comuni e un’unica organizzazione commerciale, alla realizzazione di una strategia di vendita di un prodotto a marchio del produttore, collaborando attivamente e direttamente con una catena di distribuzione al dettaglio, una vera novità per il nostro settore ortofrutticolo”.
FRUITBOOKMAGAZINE
In Italia in 36 ore: la qualità secondo Fréson de Palos Innovazione continua significa anche ridurre i tempi della logistica Eugenio Felice
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Nel distretto spagnolo di Huelva, nel sud-ovest della Spagna, in un ambiente naturale unico, si trova la cooperativa Santa María de la Rábida, leader europeo nella produzione e commercializzazione di fragole. Da Natale a inizio giugno, vengono immesse sul mercato europeo oltre 40 mila tonnellate di fragole della migliore qualità. L’Italia è considerato un mercato strategico e in crescita, tanto che quest’anno, clima permettendo, dovrebbe assorbirne 8 mila tonnellate Oltre 2 mila km separano Huelva da Milano. Siviglia, Cordoba, Valencia, Barcellona, Perpignan, Montpellier, Nizza, Genova: queste le maggiori città toccate prima di arrivare nel capoluogo lombardo. Per la precisione 2.060 km. Secondo Google Maps bastano 18 ore e mezzo. Certo, se non ci fermiamo mai, né per mangiare né per dormire, e se non ci sono imprevisti lungo il percorso. Se fino all’anno scorso un camion refrigerato aveva bisogno di 48 ore per portare il suo carico di fragole Fréson de Palos dal magazzino di confezionamento alla piattaforma della catena distributiva in Italia, oggi bastano 36 ore. “Abbiamo migliorato la logistica per consegnare un prodotto ancora più fresco ai nostri clienti”, spiega Simone Pierini, dal 2008 responsabile commerciale Italia di S.C.A. Santa María de la Rábida, la più grande cooperativa di Palos de la Frontera, capace di immettere sul mercato, in una annata normale, un volume di fragole pari a 70 mila tonnellate, cifra che ne fa anche il maggiore produttore mondiale FRUITBOOKMAGAZINE
di questo frutto. Il segreto di tale primato ce lo ha svelato durante l’ultima edizione della fiera Fruit Attraction, tenutasi a Madrid lo scorso ottobre, il responsabile marketing del gruppo, Jaime Zaforas: “L’innovazione continua e la qualità totale, assieme alla tradizione agricola e al massimo rispetto per l’ambiente, ci hanno permesso di crescere campagna dopo campagna, rispondendo sempre al meglio alle esigenze del mercato e alle aspettative dei nostri clienti, che vedono nella nostra marca un sinonimo di garanzia, qualità e servizio”. Non fermarsi mai, quindi, considerare i nuovi traguardi come punti da cui ripartire per elevare ancora di più l’asticella della qualità. Questo fa la differenza. La regione di Huelva si trova nell’estremo sud-ovest della Spagna, affacciata sul mare e vicino al confine con il Portogallo. Da sola rappresenta oltre il 90 per cento della produzione di fragole del Paese. Di quest’area, la cooperativa S.C.A. Santa María de la Rábida - S.C.A. non sta come in Italia per Società
Nella foto una serra di S.C.A. Santa María de la Rábida - nota per il marchio commerciale Fresón de Palos - la più grande cooperativa di Huelva, con 150 soci, 1.100 ettari dedicati alle fragole, un magazzino di confezionamento di 30 mila metri quadrati e un output annuale di 70 mila tonnellate, destinato per il 60 per cento ai mercati esteri. Huelva è un piccolo comune dell’Andalusia, affacciato sull’oceano Atlantico, a ridosso del confine con il Portogallo, immerso nel parco nazionale di Doñana, ricco di pinete, con terre arenose e calcaree soggette a un clima mite e bagnate da acqua di eccellente qualità, caratteristiche ideali che danno alle fragole dimensione, consistenza e colore eccellenti.
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Cooperativa Agricola ma per Società Cooperativa Andaluza - ne costituisce l’azienda leader, forte di 150 soci e del lavoro, stagione dopo stagione, di oltre 5 mila addetti. Il magazzino di lavorazione, certificato Iso 9001, Iso 14001 e IFS, ha una superficie coperta di 30 mila metri quadrati e nei picchi di produzione riesce a lavorare 1,1 milioni di chili di fragole al giorno. Le serre dei soci si estendono per più di 1.100 ettari a Palos de la Frontera, nel parco nazionale di Doñana, circondate dalle pinete e dalla costa dell’Oceano Atlantico, su terre arenose e calcaree, soggette a un clima mite e bagnate da acqua di eccellente qualità, caratteristiche ideali che danno alle l N.3 l APRILE 2013
fragole dimensione, consistenza e colore impareggiabili. Le produzioni sono certificate GlobalGAP e produzione integrata. Le principali varietà prodotte nella campagna 2013 sono Sabrina, Fortuna, Candonga e Antilla. Sabrina e Candonga, varietà selezionate dalla spagnola Planasa, sono anche le varietà di punta prodotte nel nostro sud Italia. “Ogni anno - precisa Simone Pierini, che abbiamo intervistato a metà marzo - selezioniamo le varietà più idonee per soddisfare al meglio i nostri clienti. Privilegiamo aspetti quali il sapore, la shelflife e la produttività. Ogni giorno ci impegniamo per offrire il meglio, anche in termini di rispetto
Il magazzino di 30 mila mq riesce a lavorare nei picchi di produzione fino a 11 mila quintali di fragole al giorno
FRUITBOOKMAGAZINE
52 17
Fresón de Palos in cifre mila tons
di fragole fresche nel 2012
mila tons
di fragole da industria nel 2012
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1.100 8 30 5 ettari
mila tons stima export 2013 in Italia
di serre
mila mq
mesi di fornitura
di magazzino
(gennaio - maggio)
ambientale e di corrette tecniche agronomiche. I nostri soci sono assistiti da 13 agronomi coordinati da un tecnico responsabile, un team capace di gestire in modo competente e tempestivo i momenti più critici legati alle condizioni climatiche. Le avversità atmosferiche che hanno caratterizzato la prima decade di marzo, con nevicate anche a bassa quota e abbondanti piogge ne sono un esempio: lo staff tecnico è riuscito a limitare al massimo le perdite in campo e ad aiutare i soci conferitori a risolvere il problema delle muffe. Questo ci ha permesso di non accusare le perdite registrate da altre organizzazioni, almeno non in quelle proporzioni”. Certo quest’anno non sarà ricordato come uno dei più felici per le fragole di Huelva. Le fragole, è noto, amano climi miti e asciutti. Le condizioni climatiche avverse hanno condizionato la campagna fino a metà marzo, tanto che Alberto Garrocho, presidente Freshuelva (l’associazione dei produttori ed esportatori di fragole di Huelva), ha stimato in un 25-30 per cento la riduzione del raccolto rispetto alla stagione precedente, che invece è stata una delle più produttive degli ultimi anni. Non a caso anche Fréson de Palos aveva raggiunto nel 2012 il suo picco produttivo, con quasi 70 mila tonnellate di fragole commercializzate, di cui 52 mila fresche. Il clima ha influito anche sull’inizio della campagna, partita in ritardo di circa tre settimane per l’organizzazione di Palos FRUITBOOKMAGAZINE
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L’Italia è un mercato strategico, non solo perché “consuma tante fragole, ma anche perché dà il giusto valore ai nostri frutti e al marchio Fréson de Palos. È la terza destinazione, con volumi crescenti. Tempo permettendo, quest’anno vi invieremo 8 mila tonnellate ”, Simone Pierini (Fresón de Palos) 49
Nella pagina accanto Simone Pierini, responsabile commerciale per il mercato italiano di S.C.A. Santa María de la Rábida. Si definisce “agronomo dirottato al commerciale”. Dopo la laurea all’Università Politecnica delle Marche di Ancona nel 2003, ha mosso i primi passi lavorativi in Spagna come responsabile qualità di un magazzino di confezionamento di Huelva e come agronomo con funzioni tecniche in campo. Dal 2008 è in forza all’importante cooperativa andalusa con il compito di sviluppare rapporti diretti con la grande distribuzione italiana. Al momento del suo arrivo la maggior parte delle esportazioni di fragole Fréson de Palos erano gestite dal consorzio Anecoop, di cui S.C.A. Santa María de la Rábida è socia fin dagli anni ’80.
de la Frontera, a metà gennaio. Solitamente la campagna delle fragole di Huelva va da dicembre a maggio. “Ci sono aziende - sottolinea Pierini - che iniziano prima, utilizzando delle varietà precoci. Noi abbiamo fatto una scelta diversa, puntando su varietà che danno le massime garanzie anche in termini di sapore, aspetto su cui solitamente difettano le varietà precoci. Non vorrei ripetermi, ma per noi è fondamentale offrire il massimo, in termini di prodotto e servizio, questo ci differenzia dai competitor. Considerato che la campagna è partita tardi e che la produzione è stata minore causa maltempo nella prima parte della campagna, è lecito aspettarsi un boom produttivo nel mese di aprile. La campagna si chiuderà poi con l’arrivo del grande caldo, come ogni anno. Nel 2012 ciò è avvenuto attorno al 10 di giugno”. l N.3 l APRILE 2013
I principali mercati esteri serviti da Fréson de Palos sono, nell’ordine, la Germania, la Francia, l’Italia, il Portogallo e il Regno Unito, mercati verso i quali dovrebbe essere esportata circa il 60 per cento della produzione. Le esportazioni vengono svolte storicamente anche attraverso Anecoop, consorzio di cui S.C.A. Santa María de la Rábida è socia fin dai primi anni ’80. Crescono però i rapporti diretti con i clienti in tutta Europa. “Consideriamo l’Italia un mercato strategico - dichiara Pierini, cui sei anni fa è stato affidato il compito di sviluppare rapporti diretti con la grande distribuzione italiana - non solo perché consuma tante fragole, ma anche perché in grado di apprezzare e dare il giusto valore ai nostri frutti e al nostro marchio Fréson de Palos. È oggi la terza destinazione in termini di volume con un trend di
crescita. L’anno scorso abbiamo inviato 5 mila tonnellate di fragole, per il 90 per cento alle catene distributive. Serviamo poi alcuni grossisti selezionati del nord Italia. Gli obiettivi di questa campagna, clima permettendo, sono di arrivare a 8 mila tonnellate, confezionate nei differenti formati: flowpack da 250 grammi, 500 grammi e 1 chilo, oppure cassetta di legno da due chili protetta da film plastico, o ancora, novità di quest’anno, la cassetta nera monostrato da 1 chilo per la linea premium”. Il che equivale a dire che la cooperativa spagnola venderà in Italia più fragole di quante ne producano, singolarmente, i maggiori produttori italiani, cioè l’APO Scaligera di Verona e la cooperativa Sole di Caserta, che si fermano a circa 6 mila tonnellate.
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Gusto, brillantezza, tenuta: l’innovazione varietale fa crescere la fragola scaligera Le fragole di Verona non sono figlie di un dio minore Eugenio Felice
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Un polo aggregante che sta crescendo in modo importante, anno dopo anno. Non solo nelle fragole, che a fine aprile vanno in piena campagna. Anche e soprattutto negli ortaggi, dove già oggi APO Scaligera detiene un primato a livello nazionale, con 15 mila tonnelate commercializzate tra estivo e invernale. L’arrivo del nuovo direttore generale Alberto Garbuglia (ex Salvi) segna l’avvio di un importante piano strategico volto a dare nuovo slancio all’organizzazione scaligera A guardare le statistiche sulle esportazioni italiane di fragole, si scopre che queste sono concentrate nel periodo che va dall’ultima decade di aprile a fine maggio. Non a caso proprio il periodo in cui si concentra la produzione veronese, che quest’anno dovrebbe essere a pieno regime nella settimana 18, quella a scavalco tra aprile e maggio, in lieve ritardo rispetto al solito causa il prolungarsi anomalo delle temperature rigide. APO Scaligera è oggi il primo esportatore italiano di fragole per volumi, con una produzione che nel 2012 è stata di 6.500 tonnellate. Ben poca cosa rispetto ai colleghi spagnoli, ma quanto basta per metterla sul podio nazionale assieme alla cooperativa Sole di Parete (CS). Sul primato nell’export incidono sia la vicinanza con il confine rispetto alla produzione del sud Italia, sia soprattutto - il fatto che in quel mese si va esaurendo la produzione spagnola mentre deve ancora partire come si deve quella tedesca. La Germania infatti è uno dei maggiori produttori (e consumatori) continentali di fragole. C’è FRUITBOOKMAGAZINE
FRAGOLE - ITALIA: SUPERFICI COLTIVATE
REGIONI
2012
ETTARI
PIEMONTE TRENTO BOLZANO VENETO EMILIA ROMAGNA CAMPANIA BASILICATA CALABRIA SICILIA ALTRE REGIONI TOTALE
var su anno precedente
2013
PIENO COLTURA CAMPO PROTETTA
50 10 75 39 206 19 19 15 12 209 654
68 130 49 570 48 836 572 228 336 207 3.044
TOT
118 140 124 609 254 855 591 243 348 416 3.698 +4
PIENO COLTURA CAMPO PROTETTA
48 8 75 35 200 19 18 13 12 213 641
70 117 55 581 47 871 522 218 341 219 3.041
TOT
118 125 130 616 247 890 540 231 353 432 3.682 =
Fonte: Elaborazioni CSO
quindi una finestra temporale che APO Scaligera è in grado di chiudere egregiamente. Sì, perché non parliamo solo di volumi, ma anche di qualità intrinseca del frutto. Da troppo tempo il sapore è considerato il punto debole della produzione veronese, ed è ora di supera-
re questo concetto. Ne è convinto Alberto Garbuglia, direttore generale da inizio anno di APO Scaligera. “L’innovazione varietale è considerata dalla nostra cooperativa un fattore chiave di competitività, da molti anni ormai”, spiega il manager, che viene da una l N.3 l APRILE 2013
Foto: Andrea Felice
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lunga esperienza nel gruppo Salvi. “In APO Scaligera, grazie alla visione lungimirante del nostro presidente Primo Anselmi, è stato messo a punto un “sistema fragola” per certi versi unico. Più di quindici anni fa è stato avviato un programma di miglioramento varietale in collaborazione con il CRA di Forlì e la Provincia di Verona per trovare varietà che si adattino bene alle specifiche condizioni della piana veronese, che è una delle poche aree dove si utilizza la pianta frigoconservata, messa a dimora ad agosto per dare un primo raccolto autunnale e uno più abbondante da fine aprile ad inizio giugno, nel picco di consumo in Europa. Per questa ragione abbiamo bisogno di individuare varietà che ben si prestino a questa tecnica produttiva oltre che, ovviamente, risultare gradite al consumatore. Quasi tutte le varietà di APO Scaligera vengono da questo programma di miglioramento. Le l N.3 l APRILE 2013
piantine usate dai soci vengono prodotte nel vivaio di APO Scaligera. Infine, la gestione del post raccolta viene svolta con le migliori tecnologie per garantire una catena del freddo, un confezionamento e una distribuzione sui mercati che lascino intatte le caratteristiche del prodotto. Un esempio di questo continuo processo di ricerca e selezione di nuove varietà è la Garda: dopo un biennio di sperimentazione agronomica e commerciale e con l’incoraggiamento dei clienti che hanno fatto dei test nella precedente campagna, quest’anno siamo pronti al lancio. Si tratta di una varietà che regge tranquillamente il confronto con una Candonga prodotta nel sud
Italia. È una varietà precoce, che concilia esigenze di produttori e consumatori: elevata consistenza della polpa, buon grado zuccherino, ottima colorazione e una forma perfetta anche nelle pezzature più piccole e se l’andamento climatico non è favorevole. Il 18-20 per cento dell’output di quest’anno sarà rappresentato dalla Garda. I volumi maggiori, con un’incidenza del 45 per cento, saranno della varietà Eva. Abbiamo in test altre due varietà che, se confermeranno le aspettative, saranno lanciante il prossimo anno. Quello che noi offriamo oggi a clienti e consumatori sono fragole che hanno sapore ben percepibile, colore brillante e shelf life elevata”. La produzione insiste su un’area di circa 250 ettari, ubicati tutti all’interno della provincia di Verona, e consente ad APO Scaligera di offrire fragole da aprile a dicembre, per nove mesi consecutivi, con un picco nel mese di maggio. FRUITBOOKMAGAZINE
varietale è per noi un fattore chia“veL’innovazione di competitività. La nostra ricerca è orientata a varietà che siano buone a livello organolettico ma anche di elevata shelf life. Un esempio è la nuova Garda, che non teme il confronto con Candonga ”, Alberto Garbuglia (APO Scaligera)
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Da sinistra: Nicola Accordi, tecnico di coltivazione, Alberto Garbuglia, da pochi mesi direttore generale APO Scaligera, e Gianluca Bellini dell’ufficio commerciale. Nella foto, scattata lo scorso marzo all’interno del magazzino di Zevio, ora in fase di parziale ammodernamento, due dei prodotti invernali ad elevata rilevanza strategica per l’organizzazione veronese: la lattuga Gentile e i kiwi. Il magazzino di Zevio è riservato anche alle fragole e a tutti gli ortaggi estivi, mentre il magazzino di Minerbe è riservato a mele, pere e meloni.
Durante l’estate la produzione è garantita da alcuni produttori sui monti Lessini, sopra Verona, tra gli 800 e i 1.200 metri. Pur offrendo una gamma piuttosto ampia di frutti e ortaggi, la fragola costituisce la produzione più importante di APO Scaligera, coltivata in agricoltura protetta per difenderla dai danni provocati dalle temperature e dall’umidità. Questo permette di realizzare produzioni primaverili, estive e autunnali contraddistinte da eccellenti caratteristiche organolettiche come la consistenza e il colore rosso brillante. La fragola è un frutto che richiede protezione dai parassiti e dalle malattie fungine, per questo i produttori associati applicano disciplinari di lotta integrata della Regione Veneto. Non solo fragole: il primato negli ortaggi. APO Scaligera non è semplicemente un grande produttore FRUITBOOKMAGAZINE
di fragole, ma anche uno dei maggiori produttori in Italia di ortaggi. “Insalata Gentile e Trocadero in inverno; pomodori, melanzane, peperoni, cetrioli e zucchine in estate. Su questi ortaggi - spiega Garbuglia - siamo già molto ben posizionati e intendiamo crescere ancora secondo le linee del nostro piano strategico di medio periodo, che prevedono per quest’anno una crescita del 10-15 per cento per arrivare a 15 mila tonnellate tra ortaggi estivi e invernali. Su questi articoli possiamo offrire alla grande distribuzione una massa critica che ci permette anche di essere specializzati, di testare nuove varietà e avere tecnici bravi”. Il piano strategico del gruppo veronese prevede anche un maggiore impegno sui meloni, per cui vi è già una produzione importante a giugno, e sui kiwi, ora prodotti in circa 3.500 tonnellate, ma per cui
Garbuglia auspica che APO Scaligera possa diventare polo aggregante, data la vocazione del territorio veronese per questo frutto. È poi prevista una strategia di mantenimento per le mele e le pere: secondo Garbuglia “partiamo da una posizione di svantaggio per questi prodotti rispetto alle realtà di montagna, quindi vogliamo riposizionarci sul mercato, puntando alla nicchia del residuo zero, interessante per un certo tipo di clientela che trasforma i frutti in prodotti per l’infanzia”. Infine è previsto un progressivo disimpegno dalla frutta estiva, fatta eccezione per le susine. Dati i cambiamenti, i due magazzini, quello di Zevio e quello di Minerbe (APO Scaligera si è infatti fusa l’anno scorso con il Consorzio Ortofrutticolo di Minerbe), sono ora in fase di parziale ristrutturazione: a Zevio saranno lavorate orticole, fragole e kiwi; a Minerbe mele, pere e meloni.
l N.3 l APRILE 2013
The heart of business
International Exhibition of the Fruit and Vegetable Industry
25 26 27 September 2013 Cesena ITALY www.macfrut.com
Varietà rifiorenti, coltivate fuori suolo. Impianto pilota sulle montagne veronesi Le condizioni pedoclimatiche hanno permesso di ottenere frutti di alta qualità Eugenio Felice
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Lo scorso anno Ceradini Group di Verona, che produce e commercializza kiwi dal 1975, ha investito due ettari a fragole sui monti Lessini, utilizzando tecniche all’avanguardia e sperimentando le migliori varietà rifiorenti presenti oggi sul mercato. I risultati più convincenti sono venuti da Irma, Portola e Capri. L’impegno raddoppia quest’anno: la produzione da giugno a ottobre sarà su 4 ettari, con 220 mila piante e un output che dovrebbe superare i 2 mila quintali Probabilmente la fragola è il frutto su cui più spinta è l’innovazione varietale. In commercio si trovano tantissime varietà e ogni area geografica ha quelle che meglio si adattano alle specifiche condizioni pedoclimatiche. Nel sud Italia, ad esempio, dominano Candonga e Camarosa, con Sabrina in rapida crescita. Al centro e al nord la situazione è più variegata. In generale comunque nel nostro Paese prevalgono le varietà unifere, che producono con costanza frutti saporiti per un periodo di tempo limitato. Varietà quindi che permettono di programmare la produzione al meglio in funzione delle esigenze dei clienti. Al contrario di quanto succede in California o in alcuni Paesi del nord Europa, Regno Unito in testa, dove vanno per la maggiore le varietà rifiorenti, che producono in modo incostante ma per un periodo di tempo più lungo. “Per noi la rifiorente è stata una scelta obbligata, dovendo produrre da giugno a ottobre”, dichiara Andrea Bonetti, agronomo di Ceradini Group, che da un anno e mezzo segue un impianto pilota FRUITBOOKMAGAZINE
sui monti Lessini, nel comune di Velo Veronese. Nel 2012 la produzione, fuori suolo su due ettari, è stata di 900 quintali, venduti a marchio Fragolà. Dicevamo impianto pilota, non solo per le tecniche all’avanguardia adottate, come il sofisticato sistema di irrigazione che viene alimentato da 5 pozzi che pescano fino a 120 metri di profondità. Impianto pilota anche perché l’azienda scaligera ha deciso di testare le 12 migliori varietà rifiorenti oggi presenti sul mercato per capire quali si adattavano meglio a quello specifico contesto montano. “Abbiamo provato spiega Bonetti - le varietà californiane Portola, San Andreas, Albion e Monterey; le varietà italiane Capri, Ischia, Linosa, Zafir ed Elsinore del CIV, fornite da Salvi Vivai; Thelma e Louise fornite dalla Geoplant e la veronese Irma fornita da Coviro. Ebbene, quelle che hanno dato i migliori risultati sono state, in termini di produttività, sapore e shelf life, la Irma, la
Portola e la Capri. Un gradino più sotto la San Andreas, ottima a livello organolettico ma meno produttiva”. Quest’anno l’investimento sarà di 220 mila piante su quattro ettari, quindi sarà raddoppiata la superficie rispetto al 2012. La scelta del fuori suolo è stata obbligata dalle condizioni ambientali: è un metodo di coltivazione sicuramente più costoso e per questo motivo poco utilizzato in Italia. Ha dalla sua il fatto che non impatta sul terreno, nel senso che il terriccio delle piantine viene cambiato ogni anno e non subisce quindi particolari trattamenti chimici. Ma ha dalla sua anche una raccolta più semplice perché non obbliga le manodopera ad accucciarsi.
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Più produttività un solo materiale: ecco l’Ecopunnet L’evoluzione del cestino retinato secondo Sorma Eugenio Felice
Foto: Andrea Felice
Il gruppo casenate, che celebrerà quest’anno i 40 anni di attività, presente in 45 Paesi nel mondo e con un fatturato di quasi 180 milioni di euro, ha appena perfezionato il suo cestino retinato monomateriale, a un anno dal lancio. Un prodotto rivoluzionario, che piace ai confezionatori perché la nuova macchina FLW aumenta di molto la produttività del magazzino, riducendone al contempo i costi, e piace alla GDO perché monomateriale e quindi completamente riciclabile Aumentare la produttività delle macchine, riducendo al tempo stesso la manodopera. È questa la missione di Sorma Group, azienda leader nella progettazione e realizzazione di macchinari per il confezionamento della frutta e degli ortaggi, con sede a Cesena. Parlare di macchinari per il confezionamento però è riduttivo: del gruppo fanno parte infatti anche la Netpack (materiali per l’imballaggio), la divisione italiana di Sinclair (sistemi di etichettatura) e quella europea di Compac (calibratrici). “Non esiste nel mondo un’azienda che può offrire una gamma così ampia di macchine che seguono il prodotto in tutte le sue fasi di lavorazione. Ci vogliono cinque o sei aziende diverse per fare il gruppo Sorma”, ci spiega Andrea Mercadini, dal 2000 amministratore delegato della società, nonché genero di Nevio Lotti, che proprio 40 anni fa fondò la società cui si deve l’invenzione di prodotti rivoluzionari, quali il cestino retinato all’inizio degli anni ’80, il Vertbag a metà degli anni ’90 e l’Ecopunnet, di cui parleremo in seguito,
poco più di un anno fa. Un’azienda estremamente dinamica, cresciuta negli anni a ritmi vertiginosi: 20 anni fa il fatturato era di 30 milioni di euro, 10 anni fa era cresciuto a 80 milioni di euro, l’anno scorso, in un contesto economico non certo dei migliori, ha raggiunto i 174 milioni di euro. La cosa ha dell’incredibile ma anche una spiegazione semplice: “Noi produciamo continua Mercadini - macchine sofisticate per mercati maturi, macchine che hanno un’elevata produttività e che necessitano di poca manodopera o addirittura la eliminano. Il nostro mercato di riferimento quindi non sono le aree emergenti come il nord Africa ma quelle più industrializzate come l’Europa e il nord America. Gli ultimi tre anni di crisi sono stati per noi un’opportunità perché molti clienti sono stati obbligati a investire in nuove macchine per diventare più efficienti”. Il gruppo, composto da 15 società, ha oggi 650 dipendenti, di cui 350 in Italia e 300 divisi tra Francia, Spagna, Turchia, Olanda, Germania e Stati Uniti. Quattro i siti produttivi FRUITBOOKMAGAZINE
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Netpack è la divisione del gruppo specializzata nella produzione di imballi flessibili quali reti, film, accoppiati, e in generale tutto il materiale di consumo a servizio dell’ortofrutta come etichette, film, angolari, reggette, clip. È nata 25 anni fa e contribuisce oggi al 50 per cento del fatturato di Sorma Group. Quattro i siti che producono materiali nel mondo, utilizzando le ultime tecnologie: in Italia, Spagna, Turchia e, da ultimo, negli Stati Uniti. Del gruppo fanno parte anche Compac Sorma Europe, divisione calibratrici del gruppo, e Sinclair (sistemi per l’etichettatura), di cui il Gruppo Sorma da oltre 20 anni è agente esclusivo per l’Italia.
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per le macchine (Italia, Spagna, Germania e Turchia), altrettanti i siti produttivi per i materiali (Italia, Spagna, Turchia, Stati Uniti). In tutto 100 mila metri quadrati di stabilimenti produttivi di proprietà, 30 dealer in altrettanti Paesi, 45 Paesi serviti, 10 filiali solo in Italia sparse sul territorio. “Dinamismo - continua Mercadini - per noi significa essere sempre alla ricerca della soluzione migliore per quel determinato magazzino di lavorazione e per quella determinata catena distributiva. Sono questi oggi i nostri interlocutori. Dinamismo significa quindi innanzitutto flessibilità, capacità di dialogare con i nostri clienti, che sono quelli più competitivi del FRUITBOOKMAGAZINE
settore, e verificare con loro le diverse soluzioni per arrivare ad avere dei prodotti ancora migliori. Solo nel 2012 abbiamo depositato 12 brevetti. Prendiamo l’esempio dell’Ecopunnet, che è l’evoluzione del classico cestino retinato, formato non più da quattro materiali diversi ma dal solo polipropilene, diventando così riciclabile al 100 per cento: lo abbiamo presentato all’edizione 2012 di Fruit Logistica, lo abbiamo testato con i clienti e a distanza di soli 12 mesi ne abbiamo presentato una versione migliorata e ottimizzata. Dinamismo significa, infine, rispondere in tempi brevissimi e con personale qualificato alle richieste di assistenza”. Il portafoglio prodotti del gruppo Sorma conta oggi 160
modelli di macchine in grado di soddisfare ogni esigenza. Per ogni prodotto, che sia l’agrume o il kiwi, la patata o la pesca, ci sono dai tre ai cinque modelli, che rispondono alle diverse esigenze di performance e produttività. La prima caratteristica che deve avere ogni macchina è trattare con delicatezza i prodotti, dando i minori shock possibili. “Venti anni fa - racconta Mercadini - non avevamo più di 15-20 modelli. Oggi siamo presenti in quasi tutti i continenti e all’estero realizziamo i due terzi del fatturato di gruppo. Bisogna essere glocal, che per noi significa pensare e agire in modo globale, ma avere il prodotto specifico per quel determinato mercato. Prendiamo l’esempio della pesca l N.3 l APRILE 2013
macchine sofisticate per mercati ma“turi,Produciamo dall’elevata produttività e che hanno bisogno di poca manodopera o addirittura la eliminano. Il nostro mercato di riferimento quindi non sono le aree emergenti ma quelle più industrializzate come Europa e nord America ”, Andrea Mercadini
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Foto: Andrea Felice
tabacchiera in Spagna: noi abbiamo il 95 per cento di quel mercato perché abbiamo le macchine giuste per quel prodotto. Bisogna poi sapersi innovare in continuazione, perché cambiando le varietà cambiano le caratteristiche dei prodotti e quindi devono cambiare le macchine che li lavorano. Questo spiega perché le nostre macchine vengono rinnovate mediamente ogni 4-5 anni”. Quest’anno il gruppo celebrerà il traguardo dei 40 anni, presentando in occasione della fiera Macfrut a fine settembre una nuova gamma di macchine e materiali per gli agrumi. Mercadini ha parlato di “una nuova confezione che rivoluzionerà il mercato per produttività e costi”. Dal 1973, anno di fondazione, il gruppo ha venduto 1 milione di macchine, dalle più semplici come il tavolo rotante a quelle più complesse. “Ci sono macchine - ci spiega - in funzione da 25 anni, purtroppo per i nostri commerciali, e non produciamo più di dieci macchine uguali, perché vanno sempre customizzate per essere adattate alle esigenze dei clienti e agli spazi dei loro magazzini. Il nostro è un lavoro sartoriale, che non può essere copiato”. Quando chiediamo se non si sentano in qualche modo minacciati dalla produzione cinese, Mercadini non si scompone: “Non abbiamo timori perché loro sono formidabili nel fare prodotti in serie, ma non altrettanto bravi nel fare prodotti su misura”. Tra i passaggi più importanti della storia del gruppo la
costituzione, 25 anni fa, della divisione materiali Netpack, che oggi contribuisce per il 50 per cento al fatturato di gruppo. Il materiale per antonomasia, in tutte le sue varianti, è in questo caso la rete. E Mercadini non ha dubbi che continuerà ad essere così: “Siamo specialisti dei prodotti in rete perché siamo convinti che questo tipo di confezione, per una moltitudine di prodotti, sia la migliore. La rete è prima di tutto il modo migliore per conservare la frutta e gli ortaggi, perché lascia passare al massimo l’aria. È allo stesso tempo anche uno dei modi più economici per confezionare i prodotti. Unendo la rete al film, infine, otteniamo un packaging emozionale che può avere infinite personalizzazioni.
Andrea Mercadini, 46 anni, quattro figli, genero del fondatore Nevio Lotti, lavora in Sorma Group da 20 anni e dal 2000 ricopre il ruolo di amministratore delegato. Si deve a una sua intuizione l’invenzione, nel 1995, del rivoluzionario Vertbag, che ancora oggi, in veste appena rinnovata, rappresenta il 30 per cento del fatturato di gruppo. Sotto la guida di Mercadini Sorma Group ha visto una crescita esponenziale del fatturato, raggiungendo nel 2011 il miglior risultato di sempre, con 180 milioni di euro di fatturato.
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Quest’anno il gruppo celebrerà il traguardo dei 40 anni, presentando a fine settembre, in occasione della fiera Macfrut, una nuova gamma di macchine e materiali per gli agrumi. Mercadini ha parlato di una nuova confezione che rivoluzionerà il mercato per produttività e costi.
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Non credo, quindi, in questi nuovi sacchetti in atmosfera modificata, detti anche intelligenti, di cui si parla da qualche anno, che aumentano la vita dei prodotti ortofrutticoli. E non ci credo perché sono comunque soluzioni più costose e meno naturali. Così come ho delle perplessità sulla IV gamma: alla fine il consumatore cosa mangia? Acqua e fibre, mentre la maggior parte delle proprietà nutrizionali non ci sono più”. Un terzo del giro d’affari del gruppo viene realizzato in Italia. Cosa differenzia il mercato nazionale da quelli esteri? Mercadini delinea un quadro dalle tinte fosche: “In Italia vendiamo più per relazione che non per la bontà della macchina. In molti casi un confezionatore compra un macchinario perché sa che lo stesso è stato installato in un altro magazzino. Prima ancora di fare un’analisi costi benefici si FRUITBOOKMAGAZINE
parla di prezzo. Cadono in secondo piano le caratteristiche della macchina. Il contrario avviene all’estero: si fa un’analisi seria delle prestazioni della macchina in rapporto alle altre, spesso i clienti vengono a visitare i nostri impianti di produzione per rendersi conto di che interlocutore hanno davanti, quasi sempre siamo scelti perché offriamo le soluzioni migliori. Prendiamo l’esempio di Compac: grazie alla partnership con il produttore neozelandese abbiamo da nove anni l’esclusiva per l’Europa, la Turchia e Israele di queste che sono le migliori calibratici in circolazione. Pochi mesi fa è stato installato negli Stati Uniti il più grande impianto al mondo per gli agrumi e sapete chi è stato il fornitore? La Compac. In generale, per le aree di nostra competenza, dopo quasi 10 anni di sforzi possiamo dire che il prodotto è stato capito
Qui sopra una fase della stampa di materiali nello stabilimento Netpack di Cesena, che usa le tecnologie più avanzate per dare i migliori risultati. Nella pagina a fianco due cestini retinati monomateriale Ecopunnet: l’utilizzo del solo materiale plastico li rende riciclabili al 100 per cento; la rete permette la ventilazione e quindi una buona conservazione della frutta contenuta nel cestino; il manico presenta due ampie aree personalizzabili nella zona di fissaggio alla rete, una per il logo dell’azienda, una per i dati variabili. La macchina FLW consente poi una produttività molto superiore e costi inferiori rispetto alle macchine tradizionali per cestini retinati standard.
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40 174º
SORMA GROUP IN CIFRE dipendenti
anni di attività milioni euro di fatturato
650 45
Paesi serviti
12
brevetti depositati nel 2012
10
filiali
in Italia
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solo in Spagna, dove abbiamo 100 impianti e 50 clienti, mentre in Italia, per la logica di cui dicevamo prima, non riusciamo ad avere i risultati che il prodotto si meriterebbe”. L’Ecopunnet. Durante l’ultima edizione di Fruit Logistica, lo scorso febbraio, Sorma Group ha presentato il nuovo Ecopunnet, il cestino retinato monomateriale e quindi al 100 per cento riciclabile, a solo un anno di distanza dal debutto. Si tratta di un prodotto rinnovato per rispondere al meglio alle esigenze sia dei magazzini di confezionamento che delle catene dei supermercati. L’Ecopunnet presentato un anno fa era già di per sé un prodotto rivoluzionario. Da una parte infatti la macchina confezionatrice FLW consente produttività superiore e costi inferiori rispetto alle macchine tradizionali l N.3 l APRILE 2013
per cestini retinati standard, a tutto beneficio del confezionatore. Dall’altra il fatto che il cestino non abbia più quattro materiali (carta, polietilene, ferro e polipropilene espanso) ma uno solo (polipropilene) e che quindi sia completamente riciclabile, piace alle catene della grande distribuzione. Così come piace il fatto che il cestino sia attraente e personalizzabile. Tra le migliorie apportate con il nuovo Ecopunnet c’è una banda più stretta nella parte superiore del cestino (il manico è ora largo solo 2 centimetri) per dare maggiore visibilità al contenuto e delle aree di stampa più ampie vicino alla parte saldata alla rete per dare maggiore resistenza ma anche maggiore spazio al brand da un lato, ai dati variabili del prodotto dall’altro. Non solo: è stata dimezzata la grammatura della rete grazie alla speciale stiratura
e migliorata l’aerazione grazie alla maglia più larga e all’eliminazione del film. Infine la nuova macchina FLW ha una produttività migliorata a 55 confezioni al minuto con cambio materiale ogni 4 ore ed è dotata di un braccio meccanico che permette all’operatore di effettuare il cambio bobina del materiale senza alcuno sforzo in tempi rapidi. Un upgrade notevole se consideriamo che la versione precedente della FLW poteva lavorare in modo continuativo per 2 ore e 20 minuti, mentre con il tradizionale cestino retinato il fermo macchina avviene addirittura ogni 15-20 minuti. Un plus che fa la differenza soprattutto nei momenti di maggior lavoro del magazzino.
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Infia, con il nuovo sistema di fissaggio del manico il cestino è monomateriale Si chiama Infia 4earth il programma di sostenibilità dell’azienda romagnola Eugenio Felice
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L’azienda di Bertinoro (FC) spinge sull’acceleratore in direzione di imballaggi a basso o nullo impatto ambientale. E dopo i cestini con ventilazione laterale concept F, capaci di velocizzare del 25 per cento il precooling nel magazzino di confezionamento e di migliorare la conservazione dei prodotti a tutto beneficio di supermercati e consumatori, porta sul mercato un cestino con manico privo delle borchie di metallo e quindi riciclabile al cento per cento Si chiama One Shot il nuovissimo cestino con manico fatto solo in materiale plastico e quindi completamente riciclabile. L’esclusivo sistema di fissaggio del manico al cestino, ideato dal centro ricerca e sviluppo di Infia, ha permesso di eliminare le due borchie di metallo e azzerare così l’impatto ambientale dell’imballaggio. Il nuovo prodotto si inserisce nell’ambito del programma di sostenibilità Infia 4earth, con cui l’azienda romagnola, che opera nel settore dalla fine degli anni ’40 e realizza all’estero l’80 per cento del suo fatturato, si impegna a sviluppare e fornire soluzioni che aiutino i propri clienti a realizzare i loro obiettivi di sostenibilità. “Siamo consapevoli - fanno sapere dalla società, oggi parte del gruppo multinazionale Linpac - delle nostre resposanbilità come produttori ed è nostra priorità ridurre l’impatto ambientale delle nostre aziende nei processi di produzione. Gli imballaggi in plastica danno già un contributo significativo alla sostenibilità con la riduzione degli scarti alimentari. Collaborando FRUITBOOKMAGAZINE
con i nostri clienti, i più importanti supermercati, le istituzioni governative e le organizzazioni di riciclo e di ricerca, desideriamo migliorare le performance dei nostri prodotti”. L’azienda di Bertinoro (FC) ha cinque linee di prodotto: cestini per ortofrutta, coperchi, linea kit (cestini con coperchio saldato su un lato), contenitori filmabili e contenitori alveolari. Per quanto riguarda l’ambiente, Infia utilizza pannelli solari per coprire parte del fabbisogno energetico e promuove, secondo la vigente legislazione, l’uso del materiale riciclato post-consumo seguendo le linee guida dell’EFSA. Tra i prodotti che rientrano nel programma di sostenibilità c’è anche il cestino con ventilazione laterale, denominato concept F, presentato lo scorso autunno. Il nuovo cestino con fori laterali che consentono una migliore ventilazione è diventato il nuovo standard per uva, fragole e mirtilli. Una buona ventilazione del cestino è la chiave per pre-raffreddare rapidamente il prodotto e quindi bloccare meglio la maturazione l N.3 l APRILE 2013
Zespri® Kiwifruit della frutta, inibendo la comparsa di fattori di decomposizione. Il mercato ha reagito molto positivamente: Tesco, Sainsbury’s, Asda, Morrisons, Waitrose, Marks & Spencer sono solo un esempio di catene che hanno apprezzato questa novità e, in alcuni casi, l’hanno adottata come standard di riferimento. Uno studio accademico del concept F è stato realizzato da Carlos Crisosto, forse il maggior esperto di post-harvest del mondo, professore presso la UC Davis della California, e da un centro di ricerca italiano e israeliano. Da questo studio, i vantaggi emersi sono i seguenti. Per i produttori un precooling del 25% più veloce e quindi una maggiore produttività della packing-house. Un pre-raffreddamento più veloce significa un arresto rapido di maturazione e, di conseguenza, una shelf-life più lunga, ma anche un risparmio energetico del 25% e un minor carbon footprint immesso nell’atmosfera. Per i supermercati il vantaggio sta nell’eliminazione delle condensazioni di vapore acqueo e nella maggiore eliminazione dell’etilene nei punti vendita, il che significa maggiore visibilità e meno muffe e attacchi fungini. Nel caso di termosaldatura, risulta suficiente usare un film standard invece di uno macro-micro perforato, con un notevole risparmio economico. Infia è l’unica azienda che ha al momento la tecnologia per effettuare tali perforazioni.
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Eurospin a quota mille, va forte la spesa intelligente Quest’anno il discounter festeggia i venti anni di attività Camilla Madinelli
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Se è vero che il discount per antonomasia nella mente del consumatore italiano è Lidl, è vero anche che il leader di mercato indiscusso nel nostro Paese è Eurospin. Abbiamo intervistato Luigi Mion, uno dei quattro soci fondatori. Secondo lui il segreto del successo del gruppo distributivo sta nella qualità delle materie prime: “Mai prodotti scadenti, sembra banale, ma è così che ci siamo guadagnati la fiducia dei nostri clienti e che abbiamo costruito il nostro successo” Compie 20 anni e li festeggia con mille punti vendita entro la fine del 2013 Eurospin Italia, il primo gruppo discunt italiano, guidato da quattro soci dislocati tra Veneto, Lombardia e Trentino. Tra questi la famiglia veronese Mion, quella della catena di grande distribuzione organizzata Migross. Il ritmo di crescita, in tempi di crisi, è serrato: un negozio nuovo a settimana, in media, apre i battenti sotto l’insegna Eurospin, creando occupazione in momenti neri. Ogni nuovo punto vendita, inoltre, nasce sotto la buona stella della sostenibilità energetica e ambientale. “Progettiamo edifici che consumino poco e riducano gli sprechi, grazie alle più moderne tecnologie per illuminazioni e banchi frigo” spiega Luigi Mion, 53 anni, a lungo responsabile del settore commerciale Migross, da poco passato alla parte logistica, immobili e sviluppo. Non è solo una questione d’immagine o una moda, garantisce. Consumare meno su larga scala è un modo di fare economia e poter continuare a garantire alla clientela la “spesa intelligenFRUITBOOKMAGAZINE
te”, secondo lo slogan Eurospin. La società ha sede in provincia di Verona, a San Martino Buon Albergo, dove si trova anche una delle piattaforme più avanzate d’Europa per la raccolta e lo smistamento dei prodotti alla rete di punti vendita: inaugurato nel 2008, in occasione dei 15 anni di attività, costato 30 milioni di euro, si estende su 30 mila metri quadrati, con 37 porte di carico e 44 di scarico, ed è dotato di un sistema di stoccaggio gravitazionale dei prodotti. In altre parole, incanalati nei giganteschi scaffali, i pallet si incolonnano scorrendo automaticamente per gravità su rulli volventi intelligenti, inclinati del 4 per cento, che a seconda del peso del pallet ne frenano o accelerano il moto. Il marchio Eurospin è diffuso in Italia da cinque società operative: Spesa Intelligente, Eurospin Tirrenica, Eurospin Lazio, Eurospin Puglia ed Eurospin Sicilia. Una società operativa si trova anche in Slovenia: Eurospin Eko. Il gruppo, infatti, ha superato i confini nazionali ed è arrivata fino in Slovenia, dove funzionano 38 discount. “Una
bella esperienza, difficile ma interessante”, commenta Luigi Mion. “All’estero la normativa nel settore alimentare può cambiare, anche di molto, complicando la gestione. Ma di questa esperienza siamo molto soddisfatti”. Il gruppo può contare oggi su circa 10 mila addetti e una decina di siti produttivo-logistici, dislocati su tutto il territorio nazionale, a partire da quella di “casa” in zona Verona Est. Altrettanto capillare la diffusione dei punti vendita, isole comprese. Nel 2012 Eurospin ha registrato un fatturato superiore ai 4 miliardi e una crescita intorno al 20%, confermandosi il più grande hard discount alimentare d’Italia. Le cose vanno bene anche in casa l N.3 l APRILE 2013
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Migross. Nel settore della grande distribuzione organizzata, infatti, tiene bene il confronto con il mercato in un periodo dove a trend negativi fattura quasi 300 milioni di euro. Al centro mette il consumatore, garantendo servizi che i discount, per logica, non possono garantire. L’esordio. E pensare che, per Eurospin, tutto partì agli inizi degli anni Novanta, dalla curiosità generata - in Migross e nei fratelli Valter, Romano, Giovanni, Giuseppe, Luigi e Stefano Mion alla guida del gruppo - da altri operatori discounter che erano arrivati per primi a coprire fasce di mercato allora inedite in Italia, contrasl N.3 l APRILE 2013
Eurospin è di gran lunga la prima catena discount in Italia con una quota di mercato superiore al 27 per cento (rif. anno 2011).
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QUOTE DI MERCATO PER TIPOLOGIA IN ITALIA ( rif. anno 2011) IPERMERCATI Coop 23,7% 18,1% Esselunga 13,1% Auchan Carrefour 8,2% 6,2% Bennet 69,3%
SUPERMERCATI Conad 16,9% Coop 14,3% Selex 11,9% Carrefour 7,1% Auchan 6,9% 57,1%
LIBERO SERVIZIO Conad 13,2% Sigma 10% Crai 9,0% Despar 8,1% Carrefour 7,9% 48,2%
DISCOUNT Eurospin Lidl Penny Ld Lillo
27,8% 19,1% 8,0% 6,7% 5,8% 67,4%
Fonte: Nielsen
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segnate dall’offerta di prodotti di qualità, ma convenienti come mai prima sul fronte dei prezzi. “Nel 1992 avevamo una quindicina di supermercati tra Verona città e provincia - spiega Luigi Mion - e avevamo aperto da poco un supermercato in Zai, a Verona, con nove casse. Era un periodo di crisi anche allora, seppur non delle dimensioni di quella attuale. Vicino a noi aveva aperto il primo
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negozio Lidl, l’hard discount tedesco: aveva quattro casse appena, una gamma di scelta decisamente minore rispetto alle nostra, ma c’era sempre la coda di clienti.” Partirono così visite esplorative, contatti, scambi di opinioni e valutazioni sul fenomeno, stage in Germania. “Io e Valter tornammo conviti che la formula avrebbe avuto fortuna anche in Italia. Siamo partiti trasformando alcuni
supermercati Migross poco performanti in Eurospin”. Il successo. L’intuizione fu felice. Quei supermercati presero il volo. In provincia di Verona i primi furono a San Giovanni Lupatoto e a Bussolengo, ma era solo l’inizio di una nuova avventura. Oggi il gruppo continua a crescere, le referenze dei prodotti alimentari sono passate da 400 a un migliaio
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avevamo aperto un supermercato in “ZaiEraconil 1992, nove casse e vicino a noi aveva aperto il primo negozio Lidl, l’hard discount tedesco: aveva quattro casse appena, una gamma di scelta decisamente minore rispetto alle nostra, ma c’era sempre la coda di clienti ”, Luigi Mion (Migross)
Settore ortofrutta. Per il comparto ortofrutticolo sono una decina le piattaforme logistiche, distribuite lungo tutta la Penisola, che raccolgono e smistano la merce nei punti vendita dell’hard discount. Viene venduto più prodotto sfuso o confezionato? “Offriamo tutte e due le cose, non solo per soddisfare le diverse esigenze dei clienti” risponde Mion “ma anche per gal N.3 l APRILE 2013
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Foto: Andrea Felice
circa, selezionate secondo un criterio fondamentale che Luigi Mion ripete come un mantra: qualità delle materie prime. Il segreto del successo, secondo lui, è tutto qui: mai prodotti scadenti. “Sembra banale, ma è così che ci siamo guadagnati la fiducia dei nostri clienti e che abbiamo costruito il nostro successo” aggiunge. Poi delinea un profilo dell’acquirente: “Non ci rivolgiamo a un cliente povero, anzi la fascia è medio alta, interessata non tanto a prodotti di marca e altamente pubblicizzati, ma a prodotti buoni proposti al prezzo giusto”. Dove risparmia allora Eurospin per far risparmiare i suoi clienti? “Anzitutto accorciando la filiera, in pratica eliminando tanti passaggi tra produzione e commercializzazione; quindi abbattendo i costi di gestione. Siamo attenti a tutte le spese, fin dall’origine. Le materie prime, invece, non si toccano: le scegliamo da aziende leader nel loro campo, sane e affidabili dal punto di vista produttivo. I fornitori sono parte integrante ed essenziale della nostra fortuna”.
rantire a ogni prodotto il trattamento più adeguato e sicuro dal punto di vista igienico”. Vengono privilegiati frutta e verdura made in Italy? “Tutti si riempiono la bocca con questa espressione, ma bisogna intendersi. Il consumatore vuole agrumi dodici mesi l’anno, ciliegie a Natale, oppure banane e ananas. Non possiamo farli arrivare dall’Italia.” Secondo Mion, anche per tutto quanto arriva da fuori dei confini nazionali, valgono sempre le stesse regole nella scelta dei fornitori: qualità del prodotto e affidabilità aziendale.
Luigi Mion del gruppo distributivo veronese Migross, uno dei quattro soci fondatori di Eurospin assieme alla famiglia trentina Odorizzi (gruppo distributivo Dao), alla famiglia trevigiana Barbon (gruppo distributivo Vega) e alla famiglia milanese Pozzi. All’inizio degli anni ’90 si recò in Germania per studiare il fenomeno discount: “Tornammo convinti ha dichiarato - che la formula avrebbe avuto fortuna anche in Italia. Siamo partiti trasformando alcuni supermercati Migross poco performanti in Eurospin”.
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Non ci rivolgiamo a un cliente povero, anzi la “fascia è medio alta, interessata non tanto a prodotti di marca e altamente pubblicizzati, ma a prodotti buoni proposti al giusto prezzo. Dove risparmiamo? Anzitutto accorciando la filiera, siamo attenti a tutte le spese ”, Luigi Mion (Migross) 68
MIGROSS
40 290 48 3 100 3
anni di attività milioni
di euro fatturato 2012
punti vendita
Durante una breve visita che abbiamo fatto presso uno dei numerosi punti vendita Eurospin in provincia di Verona abbiamo notato che nel reparto ortofrutta c’è una differenza sotanziale rispetto agli altri reparti: qui la marca commerciale è ben presente, a fianco di quella del distributore. Abbiamo notato ad esempio mele Melinda e Marlene, ananas F.lli Orsero, banane equosolidali Altromercato. Così come una presenza notevole di prodotto di importazione: c’erano meloni a buccia verde dal Brasile, meloni gialli dall’Ecuador e meloni Cantalupo dal Marocco. La storia. Luigi Mion, come tutti i suoi fratelli, insieme a mamma FRUITBOOKMAGAZINE
Bruna, ancora oggi a 87 anni un punto di riferimento, è cresciuto in bottega. In quella del padre, nello storico quartiere San Zeno, a Verona, che però li ha lasciati presto orfani. Sulle spalle, il pesante fardello dell’attività di famiglia e la necessità di mettersi al lavoro, rimboccandosi le maniche. Appassionato di motori, ma con poco tempo da dedicarci, Luigi Mion dichiara però che il lavoro, per lui, Valter, Romano, Giovanni, Giuseppe, Luigi e Stefano, è sempre andato di pari passo alla passione. “Altrimenti a che servono i sacrifici?” domanda. Oggi sono una trentina i nipoti, Mion di terza generazione, e una decina sono impiegati in azienda, nella nuova e tecnologica sede di 20mila metri quadra-
(Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna)
regioni
mila colli di ortofrutta movimentati a settimana
format
market, supermercato e superstore
l N.3 l APRILE 2013
20 o 1º
EUROSPIN IN CIFRE
anni
di attività
discount
italiano
4 28%
ti, a Bussolengo (Verona), operativa dal primo gennaio 2001. Gli spazi a Castel d’Azzano, edificati nel 1979, non bastavano più. Continua Luigi Mion: “Abbiamo bisogno di continuare a gestire e organizzare l’azienda al meglio, strutturandoci. Il mercato non si ferma ed è risaputo che, statisticamente parlando, solo il 7% delle aziende familiari arriva alla terza generazione”.
l N.3 l APRILE 2013
miliardi di euro di fatturato 2012
quota mercato
discount nel 2011
1000 6
Di strada i fratelli ne hanno fatta, se si pensa che tutto partì da una bottega cittadina a livello familiare, associata Crai, per diventare Migross, cioè Mion all’ingrosso, nel 1979. Col tempo è nato pure Eurospin, un’altra storia, ma legata a doppio filo alla famiglia Mion che detiene il 25 per cento della società. Il futuro del comparto alimentare, in tempi di ristrettezze, si gioca tutto sul discount? “L’of-
punti vendita entro 2013
società operative Italia + Slovenia
ferta tradizionale della grande distribuzione, con prodotti di marca e maggiore scelta, può coesistere con quella del discount, che certamente trae dei vantaggi in un momento in cui tutti sono più attenti a quanto e come spendono” risponde Mion. Migross non esclude Eurospin, insomma, ma le due strade possono correre in parallelo.
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Consumi in flessione, costi in aumento, braccio di ferro tra gli scaffali Il crollo dei consumi ha messo all’angolo anche la grande distribuzione Isidoro Trovato - Giornalista del Corriere della Sera
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La flessione nei consumi di ortofrutta, che sembra proseguire anche nei primi mesi del 2013, e l’applicazione dell’articolo 62 (è in vigore, ma forse sarà abrogato) stanno mettendo sotto pressione le catene distributive italiane. Cobolli Gigli (Federdistribuzione): “Nonostante tutto noi non dichiariamo guerra ai piccoli imprenditori, anzi aumenterà ancora di più la loro incidenza nei nostri fatturati. Semplicemente il crollo dei consumi ha messo all’angolo anche noi” I consumi si contraggono sempre di più mettendo in seria difficoltà tutta la catena alimentare italiana che, all’inizio della crisi, sembrava meno soggetta a flessioni. Una simile situazione crea, in modo progressivamente più evidente, un logoramento dei rapporti tra grande distribuzione e piccoli produttori. Questi ultimi lamentano sempre di più comportamenti e manovre che li penalizzano in un periodo in cui l’esistenza stessa delle loro aziende è a rischio. Le lamentele dei piccoli produttori sono di vario tipo: c’è chi accusa la grande distribuzione di finanziare gli sconti delle “carte fedeltà” chiedendo un contributo straordinario a tutti i fornitori delle merceologie fresche, cioè uno sconto pari più o meno al 20 per cento sul consegnato di una settimana. Poi c’è chi si lamenta della prassi consolidata secondo la quale in occasione dell’apertura di nuovi punti vendita, del loro ampliamento o del rinnovo dei locali, la grande distribuzione chiede ai fornitori la remunerazione di presunte attività di co-marketing sui prodotti. Troppo per le FRUITBOOKMAGAZINE
spalle piccole dei produttori. “Alcune prassi sono consolidate da sempre e sono uguali in tutto il mondo”, spiega Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione. “Inoltre non bisogna dimenticare che l’articolo 62 ha portato notevoli benefici ai piccoli produttori, soprattutto quelli della catena del fresco, in particolare a quelli dell’ortofrutta. Nonostante tutto, noi non dichiariamo la guerra ai piccoli imprenditori e non ne abbiamo mai avuto l’intenzione. Anzi, aumenterà ancora di più la loro incidenza nei nostri fatturati. Per molto tempo, la grande distribuzione ha rappresentato l’unica ancora di salvezza per piccole realtà che faticavano con le banche e i fornitori. Adesso anche noi stentiamo, nessuno vuole arricchirsi sulle spalle del più piccolo, semplicemente il crollo dei consumi ha messo nell’angolo anche noi. Bisogna rimettere i soldi nelle tasche dei consumatori e non cedere alla tentazione, sostenuta da Confindustria, di aumentare l’Iva. Potrebbe far crescere l’export del 5 per cento ma contemporaneamen-
te far crollare i consumi di un altro 4 per cento e quello sarebbe davvero un disastro”. Intanto i piccoli tracciano una situazione insostenibile che li vede chiusi tra due fuochi: da una parte l’aumento delle materie prime, dall’altro i prezzi fissi imposti dalla grande distribuzione. Nel mondo dell’ortofrutta poi, incidono anche altri fattori come il costo dei trasporti: l’Italia rimane sempre un Paese che affida gran parte della circolazione delle materie prime al trasporto su gomma. L’esorbitante aumento del carburante ha fatto impennare i costi del trasporto, al punto che alcune grandi catene hanno preferito incrementare l’importazione di frutta e verdura da Paesi stranieri. Una scelta che, accoppiata alle costanti richieste di ribassi, sconti e promozioni, rischia di mettere in ginocchio i piccoli produttori che adesso puntano il dito contro la grande distribuzione. Da diversi mesi i media regil N.3 l APRILE 2013
Il Comitato Economico e Sociale Europeo osserva che le catene che formano l’oligopolio sono in concorrenza fra di loro soltanto in relazione ai consumatori. Esse lottano fra di loro per conquistare il favore dei consumatori, ma non vi è alcuna concorrenza tra loro nei rapporti con i fornitori.
strano un numero crescente di lamentele e proteste da parte di piccole e medie realtà produttive che si sentono vessate dalla Gdo. In pochi hanno il coraggio di attaccare frontalmente perché una netta contrapposizione potrebbe comportare dei tagli e di questi tempi nessuno ha voglia di rischiare. E quindi quali strategie adottare? Contrapposizione di interessi o fronte comune contro la crisi? È su questo snodo che si giocheranno le relazioni tra le due parti nell’immediato futuro. “Dobbiamo fare fronte comune al cospetto di una tempesta perfetta che si è abbattuta su di noi”, afferma sicuro Vincenzo Tassinari, presidente di Coop Italia. “Bisogna capire che se non si restituisce potere d’acquisto alle famiglie ci impoveriamo tutti, grandi e piccoli. La gente non riesce più a spendere, c’è un ignorato spread del cibo, le varie manovre finanziarie hanno eroso ancora di più gli stipendi. E in una simile situazione saremmo noi gli unici colpevoli? Questo, più che mai, è il momento di serrare le fila e provare a dialogare. Il mondo della distribuzione non è più l’isola felice: stiamo garantendo la spesa degli italiani con continui sconti e promozioni, se vogliamo dare una mano anche ai piccoli produttori, servono interventi statali per il rilancio dei consumi e poi investimenti per le infrastrutture e le grandi vie di comunicazione”. Di sicuro c’è che anche in Europa si sono accorti che qualcosa non quadra, basta leggere, a tal l N.3 l APRILE 2013
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ACQUISTI TOTALE ORTOFRUTTA IN ITALIA VARIAZIONE % PER CANALE 2012 vs 2011 -2,0%
FRUTTA E VERDURA
-4,0%
SELF SERVICE NEGOZI TRADIZIONALI AMBULANTE/MERCATO
0,2% -0,8%
IPER + SUPER
2,1%
0,2%
-4,7% -2,8% -7,3% -4,8% 11,1% 10,7% 9,5%
DISCOUNT ALTRI QUOTA ACQUISTI PER CANALE NEL 2012 FRUTTA E VERDURA
VOLUME
16,8% 16,1%
FRUTTIVENDOLO IPER + SUPER SELF SERVICE NEGOZI TRADIZIONALI
2,3% 2,5% 2,0% 2,0%
AMBULANTE/MERCATO DISCOUNT ALTRI
VALORE
0,9%
-3,7%
FRUTTIVENDOLO
VOLUME
1,2% 1,2%
8,5% 8,0%
14,8%
VALORE
46,6% 49,6%
22,7% 20,5%
Fonte: Italiafruit News
proposito, il parere del Comitato Economico e Sociale Europeo, il quale “osserva che le catene che formano l’oligopolio sono in concorrenza fra di loro soltanto in relazione ai consumatori. Esse lottano fra di loro per conquistare il favore dei consumatori, ma non si osserva alcuna concorrenza tra loro nei rapporti con i fornitori. Tuttavia, anche la concorrenza tra le catene della grande distribuzione in relazione ai consumatori si
esplica soprattutto a livello del prezzo di vendita al pubblico e non tiene sufficientemente conto dei diversi aspetti sociali e ambientali che costituiscono la qualità integrale”. Dunque concorrenza solo per fidelizzare il cliente e mai nei rapporti con i fornitori. Un meccanismo rischioso che potrebbe lasciare ancora altre “vittime” sul terreno della crisi.
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Eataly di New York City, frutta e verdura vengono dall’Hudson (e da Treviso) Dall’Italia solo prodotti freschi “unici” e di stagione Irene Pasquetto
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Programma ambizioso di aperture in diversi continenti per Eataly, il supermercato delle eccellenze alimentari made in Italy, ideato da Oscar Farinetti. Abbiamo visitato il mega-store di New York City e intervistato il responsabile acquisti Dino Borri per capire come funziona la catena di approvvigionamento. Sistemata appena prima dell’uscita principale - al contrario di quanto capita da noi - la zona dedicata ai fresh products occupa un’ampia ala del salone open space La sensazione che un turista italiano prova entrando per la prima volta nel mega-store di Eataly, sulla quinta avenue, è quella di recarsi nel supermercato sotto casa: si è circondati dai più conosciuti brand e prodotti italiani del settore alimentare. I prezzi, al contrario, sono decisamente sopra la media nazionale, in parte giustificati dai costi di importazione. Gli interni sono molto curati da un punto di vista estetico, le cui tinte sfumano dal panna al rosso mattone, creando un ambiente caldo e accogliente. Pare di visitare un ampio mercato cittadino, ma al chiuso, dove ad ogni “bancarella” viene proposta una certa tipologia di articolo, dalla caffetteria, alla salumeria, passando per i vini e le infinite tipologie di pasta, per approdare al reparto frutta e verdura. Sistemata appena prima dell’uscita principale - sì, il contrario quindi rispetto a quanto capita da noi - la zona dedicata ai fresh products occupa un’ampia ala del salone open space. La frutta è proposta ai visitatori in pittoreschi e capienti cesti di vimini, mentre le FRUITBOOKMAGAZINE
diverse tipologie di verdure sono stipate nei frigoriferi lungo le pareti. Per quanto riguarda la frutta, la catena propone un po’ di tutto, dalle arance, alle mele e le pere, ai frutti esotici più in voga o ricercati, l’immancabile avocado (senza del quale i newyorkesi Doc non potrebbero vivere), il frutto della passione, i manghi e così via. Dando un’occhiata alle targhette riportanti i paesi di provenienza di questi ultimi, tra gli esportatori figurano la California, il Messico e altre zone del centro America, come Guatemala, Costa Rica e via dicendo. Di provenienza italiana sono invece i kiwi, oltre a quelli neozelandesi. Anche nel reparto dedicato alla verdura non mancano prodotti di nicchia, i quali arrivano dal Medio Oriente e dal Giappone. Balza all’occhio una specialità che difficilmente si poteva immaginare di trovare in un negozio sulla quinta di New York: il radicchio trevigiano tardivo. Sempre dall’Italia provengono una manciata di tipologie di lattuga, tra le quali la Puntarella e la Riccia. Lasciando da parte per un l N.2 l GENNAIO 2013
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secondo i prodotti freschi, è presente un vasto assortimento di frutta secca della linea Bio di Noberasco, come albicocche, fichi, noci in guscio, prugne e così via. Per capire meglio come funziona la catena di approvvigionamento e toglierci qualche curiosità, abbiamo fatto una chiacchierata con Dino Borri, che guida la divisione acquisti di Eataly New York. In che modo viene selezionata la provenienza della frutta e della verdura che vendete nello store newyorkese? “Di norma - dichiara Borri - la nostra filosofia è quella di puntare al locale il più possibile, importando il meno possibile. Ecco perché nel caso di New York buona parte dei nostri fresh product provengono dall’Upstate New York, dalle coltivazioni nell’Hudson Valley. Ad ogni modo, il caso newyorkese è piuttosto anomalo, l N.2 l GENNAIO 2013
perché fatta eccezione dell’Hudson Valley e di una parte di Long Island, la zona di New York produce gran poco, e in una metropoli del genere non puoi fare a meno di vendere prodotti di largo consumo come l’avocado o il mango, che importiamo dalle zone produttrici a noi più vicine: California, Messico, Guatemala e via dicendo. Per quanto riguarda l’Italia importiamo un numero esiguo di prodotti freschi e solo nel caso questi siano “unici”, rispettando inoltre la stagionalità”. Ma quali sono i criteri con cui vengono selezionati i fornitori in Italia? “I nostri produttori - spiega Borri - vengono selezionati accuratamente in base alla qualità e alla bontà dei prodotti. Detto ciò, è logico che le piattaforme di distribuzione da cui ci forniamo a volte siano quelle dei grandi mercati
Dall’Italia arriva un numero esiguo di prodotti freschi e solo nel caso questi siano “unici”, rispettando inoltre la stagionalità.
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Farinetti, dopo New York e Tokyo, Torino, Roma e altre località del Belpaese punta alla Cina e all’India. Il patron di Eataly, il supermercato delle eccellenze di qualità italiana, ha annunciato a fine marzo che tra qualche anno sbarcherà in Cina e in India. La notizia è stata data dall’imprenditore piemontese, noto per Unieuro, nel porto di Genova a bordo di Msc Preziosa, la nuova ammiraglia della flotta Msc Crociere che ospiterà il primo ristorante su una nave al mondo del brand della cucina italiana. Nel 2013 saranno aperti gli store di Milano, Bari, Firenze e Piacenza, e per quanto riguarda l’estero Chicago, Istanbul e Dubai.
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generali, in grado di garantire una continuità e una qualità che possa soddisfare il fabbisogno giornaliero del nostro punto vendita”. Considerando che ogni mercato ha le sue peculiarità, abbiamo chiesto poi al buyer di indicarci le caratteristiche più apprezzate dai clienti Eataly nel mondo. Secondo Borri “in Giappone, ad esempio, sono ossessionati dall’aspetto esteriore della merce, la quale deve essere a dir poco perfetta, e per tale ragione abbiamo scelto di non vendere frutta e verdura negli store giapFRUITBOOKMAGAZINE
ponesi. Siamo convinti che un prodotto deve essere buono oltre che bello, e sposiamo la filosofia secondo la quale non ha senso ed è uno spreco investire troppo in packaging, visto che poi va gettato via. Gli Stati Uniti, invece, sono più simili all’Italia come preferenze. Una curiosità: proprio mentre da noi in Italia a poco a poco stanno scomparendo, negli States assistiamo a un’esplosione dei mercati rionali, i cosiddetti farmer’s market. Alcuni di questi contadini locali sono anche fornitori nostri”. l N.3 l APRILE 2013
Siamo convinti che un prodotto deve essere “buono oltre che bello, e sposiamo la filosofia secondo la quale non ha senso ed è uno spreco investire troppo in packaging, visto che poi va gettato via. Il bio? Dovrebbe essere la norma, non l’eccezione ”, Dino Borri (Eataly New York) In Europa il biologico sta prendendo sempre più piede, di pari passo con la sensibilità verso le tematiche etiche e ambientali. Cosa succede al di là dell’oceano e qual è l’approccio di Eataly? La posizione di Borri è piuttosto netta: “Il biologico dovrebbe essere la norma, non l’eccezione. È assurdo che ci sia ancora la necessità di segnalare se un prodotto è coltivato con metodi naturali, dovrebbe semmai
l N.3 l APRILE 2013
avvenire il contrario. Ad ogni modo, Eataly è dalla parte dei prodotti buoni che vengono dalla terra, al di là delle certificazioni che non sempre rispecchiano dati di fatto”. Entrando nello store newyorkese e vedendo certi prezzi verrebbe da pensare che l’acquirente tipo sia di fascia alta. Così come il richiamo all’italianità dovrebbe attirare la folta colonia di immigrati. Ma chi è il cliente tipo di Eataly in Italia,
USA e Giappone? “Al contrario di quello che si potrebbe pensare commenta Borri - davvero chiunque. Dallo studente, all’impiegata, al top manager, di qualunque nazionalità. Eataly non propone solo l’eccellenza, la nostra sfida quotidiana consta nell’offrire prodotti che sposino il miglior rapporto qualità prezzo”.
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CIESSE PAPER LANCIA IL NUOVO SMARTPACK, VASSOIO COMPLETAMENTE BIODEGRADABILE
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Imballaggi sempre più verdi all’ultima edizione di Fruit Logistica. L’azienda mantovana Ciesse Paper, leader in Europa nei vassoi in cartoncino a microonda, ha presentato lo scorso febbraio in occasione della più importante fiera del settore il nuovo Smart Pack, vassoio completamente biodegradabile e compostabile, essendo di materiale completamente organico. Nasce infatti dalla lavorazione della canna da zucchero. Una soluzione di imballaggio pratica, comoda, funzionale e rispettosa quindi dell’ambiente, dissolvendosi come parte di essa dopo l’utilizzo. Lo Smart Pack garantisce poi robustezza, flessibilità nella forma e infinite possibilità di stampa.
IL POMODORO EDIOSO DI SYNGENTA VINCE IL BEST NEW VARIETY AWARD IN UK Il premio per la migliore nuova varieta` se lo aggiudica il pomodoro Edioso di Syngenta. Organizzato dalla rivista Horticulture Week/Grower, il premio riconosce il primato delle nuove introduzioni ortofrutticole agli imprenditori agricoli del Regno Unito. Le varieta` in concorso devono dimostrare di avere i requisiti necessari per rispondere alle esigenze della gdo e dei consumatori. I clienti che hanno avuto modo di osservare la varieta` nelle serre dimostrative in Olanda hanno individuato e compreso il potenziale di Edioso: varieta` accattivante e saporita, adatto sia come snack, che per un consumo in insalate. Edioso `e stato lanciato nelle catene ASDA
LA LINEA PAUSA PRANZO DI ORTOROMI ELETTA PRODOTTO DELL’ANNO 2013 Una soluzione pasto pensata appositamente per la pausa pranzo nella vita frenetica di ogni giorno: pratica, economica, dietetica, gustosa, nonché eletta Prodotto dell’Anno 2013, il più importante riconoscimento in Italia basato sul voto dei consumatori. L’elezione avviene attraverso una ricerca di mercato, la più rileFRUITBOOKMAGAZINE
nel 2012 e ha riscosso immediato successo. Peter Geerts di Syngenta ha sottolineato che la varieta` presenta una forma particolarmente accattivante e un ottimo equilibrio di aromi. “Il riconoscimento del Best Variety Award per Edioso rappresenta un esempio importante di collaborazione di filiera e di come genetisti, imprenditori agricoli e distribuzione moderna possono lavorare assieme per ottenere nuovi prodotti”.
vante e rappresentativa in Italia per numero di individui coinvolti, svolta da SymphonyIri Group su un campione di oltre 12 mila individui e misura atteggiamenti, sensibilità e attese nei confronti dell’innovazione. Le Pausa Pranzo sono meal solution ideali per un pranzo leggero da consumare in tutta praticità in qualunque luogo: in ufficio, al parco, in spiaggia, in biblioteca. Dentro c’è tutto l’occorrente per arricchire la base vegetale di insalata fresca con ingredienti saporiti: il condimento può essere dosato secondo i gusti e le esigenze dietetiche; grazie poi alla forchetta e alla salvietta contenute all’interno della confezione si ha tutto l’occorrente per consumare l’insalatona. La linea Pausa Pranzo comprende in tutto nove referenze: Ricca, Greca, Olivia, Caprese, Mediterranea, Mela e Uvetta, Montanara, Contadina, Mare e Sole. l N.3 l APRILE 2013
L’IMPEGNO SOCIALE DI DOLE PREMIATO DAGLI ESPORTATORI DI BANANE DELL’ECUADOR
Copyright: Dole/Laurent Vautrin
Si chiama Fondazione Dale l’organizzazione che sta dietro le iniziative di responsabilità sociale d’impresa della multinazionale Dole in Ecuador e Perù. Le sue attività sono finanziate in parti uguali da Dole e dai suoi produttori, che vi destinano ciascuno 3 centesimi per ogni chilo di prodotto esportato. L’obiettivo della Fondazione, che opera in Ecuador dal 2001 e in Perù dal 2008, è di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e delle comunità in cui sono inseriti. Si calcola che le famiglie coinvolte dall’attività della Fondazione siano 12.500 in Ecuador e 1.800 in Perù. Le maggiori aree di intervento sono la salute, l’educazione, la salvaguardia dell’ambiente, lo sviluppo delle comunità e della produzione. Tra gli obiettivi del programma anche il miglioramento del ruolo della donna nelle comunità, incentivandone le opportunità di lavoro, anche con la costituzione di microimprese, e la sensibilizzazione verso un miglior sistema di raccolta dei rifiuti. Solo in Perù i servizi a salvaguardia della salute sono stati quasi 30 mila nel 2011, rispetto ai 9.500 del 2009, a testimonianza del fatto che l’impegno della Fondazione è sempre più forte. Dal 2001 l N.3 l APRILE 2013
al 2011 la Fondazione ha investito 13,8 milioni di dollari in Ecuador, mentre dal 2008 al 2011 gli investimenti in Perù sono stati di 3,5 milioni di dollari. Un impegno concreto che è stato anche premiato nel 2012 in occasione dell’International Banana Forum ospitato a Guayaquil, in Ecuador, dall’AEBE, l’associazione degli esportatori ecuadoriani di banane. La Fondazione Dale ha ricevuto il premio Segundo Wong Award per l’eccezionale impegno nel perseguire obiettivi a sostegno delle comunità locali. Grazie alla Fondazione Dale sono state realizzate 27 cliniche mediche, diverse campagne di vaccinazione e altre iniziative sociali di cui vanno a beneficiare direttamente 12.500 famiglie di lavoratori agricoli per circa 60 mila persone. La Fondazione ha anche costruito due moderne scuole elementari (nella foto a fianco una delle classi), grazie anche al sostegno dell’importatore e distributore norvegese Bama, per fornire educazione gratuita a oltre 600 bambini, in aree con elevata concentrazione di lavoratori nelle piantagioni di banane. Fanno parte del programma scolastico gli aiuti economici per incoraggiare gli studenti più talentuosi a concludere il ciclo di studi nelle università che si trovano nelle grandi città. Un altro riconoscimento è arrivato da Altroconsumo, importante associazione italiana per la tutela e la difesa dei consumatori, che ha esaminato attentamente le pratiche di responsabilità delle aziende che commercializzano banane. Nell’apertura dell’articolo, pubblicato nell’edizione di settembre 2012, dal titolo “Come vengono prodotte le banane”, si legge: “Questa volta apriamo con una buona notizia: per la prima volta abbiamo trovato una multinazionale delle banane che ha adottato pratiche decisamente soddisfacenti dal punto di vista del rispetto dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Si tratta di Dole, che oggi è in assoluto in prima fila dal punto di vista della responsabilità sociale aziendale nella coltivazione e commercio delle banane. Segno, in primo luogo, che mettere insieme profitto e correttezza è possibile”. L’articolo completo si può leggere su www.altrocon sumo.it. Maggiori informazioni sulla Fondazione Dale sono disponibili su: www.doleearth.com/en/dole-way/dalefoundation.html FRUITBOOKMAGAZINE
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CONAD: FATTURATO IN CRESCITA E NUOVE APERTURE PER PAC 2000A E CONAD ADRIATICA
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PAC 2000A Conad ha chiuso il 2012 con un fatturato di 2,4 miliardi di euro (+8,5 per cento rispetto al 2011), 956 soci, 13.472 addetti (+2,7 per cento) e quote di mercato che lo vedono leader in Lazio (22%), Umbria (25%), Calabria (17,4%) e al secondo posto in Campania (15,7%). La cooperativa opera con 1.185 punti vendita (6 E.Leclerc Conad, 49 Conad Superstore, 371 Conad, 207 Conad City, 343 Margherita, 178 discount Todis e 31 altri diversi negozi), per una superficie complessiva di 597 mila metri quadrati (+8,2 per cento rispetto al 2011). Le vendite, a rete omogenea, sono cresciute del 1,36 per cento rispetto al 2011 e l’incidenza delle promozioni -
MAGIC CODE RADDOPPIA, TRECENTO I NEGOZI COINVOLTI IN 15 CITTÀ ITALIANE È nato in Emilia Romagna il primo marchio commerciale della pera italiana di qualità. Nove imprese altamente rappresentative della filiera produttiva e commerciale della pera made in Italy, alle quali afferiscono anche aziende modenesi, si sono unite nel consorzio PeraItalia per promuovere il consumo della pera di
NEL 2012 ESSELUNGA FATTURA 6,8 MILIARDI LE INSEGNE FAMILA CRESCONO DEL 7,3% Esselunga ha chiuso l’esercizio 2012 con un fatturato pari a 6,8 miliardi di euro, in crescita del 3,2 per cento rispetto al 2011, e un risultato operativo di 360 milioni di euro, in linea con l’anno precedente. Il gruppo distributivo di Limito (Mi), che opera con una rete di 145 punti di vendita (dato 2011), ha investito 380 milioni di euro nel 2012 per ammodernare e sviluppare i negozi. L’organico comprende 20.200 persone ed è aumentato di 500 unità nello scorso anno. Nonostante l’incremento dei listini (+2,5%) praticato dai fornitori, Esselunga ha mantenuto per i propri clienti gli stessi prezzi del 2011, quindi con inflazione pari a zero. FRUITBOOKMAGAZINE
attive in tutti i giorni dell'anno - è salita al 33 per cento. Anche per Conad Adriatico il 2012 è stato un anno record, con un fatturato pari a 934 milioni di euro, in aumento del 4,8 per cento rispetto al 2011. “Il nostro segreto è il rapporto con il territorio, con le imprese fornitrici e con le cooperative dei soci che guidano i nostri punti vendita”, spiegano il direttore commerciale Federico Stanghetta e il direttore sviluppo Lucia Grandoni. Conad Adriatico investirà 25 milioni di euro nel corso del 2013, aprendo 28 nuovi punti di vendita (di cui 15 a insegna Todis) nelle regioni Marche, Puglia, Abruzzo e Basilicata. “L’ambizione è quella di aumentare la nostra quota di mercato”, sottolinea Lucia Grandoni. Sempre più importante il sistema delle promozioni: sono state 256 nel 2012, con un’incidenza del 29 per cento sul fatturato.
qualità italiana - e in particolare dell’Emilia Romagna - nel mondo. Un’inedita alleanza produttiva, organizzativa e commerciale per poter affrontare da protagonisti il mercato internazionale forti di un unico marchio che rappresenta circa 1 milione di quintali di pere da tavola fresche commercializzate, a cui va aggiunto il prodotto destinato all’industria. PeraItalia diventa così la prima azienda italiana nel comparto delle pere: rappresenta circa il 12 per cento del totale della produzione nazionale e oltre il 25 per cento del totale della produzione di Abate Fetel, la qualità più pregiata, vera regina del made in Italy. Presidente di PeraItalia è stato nominato Luciano Torreggiani (Patfrut); vicepresidente Mauro Grossi (Unacoa). Attualmente l’Italia detiene la quota del 40% della produzione europea di pere.
Famila, insegna di punta del Gruppo Selex, cresce e consolida la sua presenza sul territorio. Con 221 punti vendita e una superficie di vendita complessiva di 500 mila metri quadri, presidia infatti le regioni del nord, del centro e del sud, raggiungendo i primi posti nella classifica delle reti di vendita italiane (classe di dimensione 1.500-4.500 mq). Nel 2012, con 6.600 addetti, Famila ha realizzato un fatturato di circa 2 miliardi, con una crescita del 7,3 per cento rispetto all’anno precedente. Un traguardo importante per questa insegna attiva in Italia dal 1984 e da allora in costante crescita. Nel giugno 2002 è stato inaugurato il Famila n.100, nel 2011, a distanza di appena 9 anni, il raddoppio con 200 unità, fino ad arrivare ai 221 di oggi. Nel corso di quest’anno, sono previste 12 nuove aperture. l N.3 l APRILE 2013
F.LLI ORSERO METTE LA FIRMA ANCHE SU KIWI E MELE 100% MADE IN ITALY Dopo il lancio del brand Fratelli Orsero, avvenuto lo scorso anno, gli ananas e le banane che si fregiano di questo bollino a forma di camioncino sono ormai sinonimo di qualità extra-premium per i consumatori. Ed è per soddisfare sempre più le loro necessità che la famiglia Orsero amplia la propria gamma offrendo anche kiwi e mele, rigorosamente scelti nelle migliori zone di produzione italiane. Le mele Golden F.lli Orsero infatti sono coltivate in Trentino Alto Adige e saranno disponibili per tutto l’anno, mentre le mele Deliziose e i kiwi F.lli Orsero sono coltivati in Piemonte e saranno disponibili da ottobre ad aprile. Questa frutta, selezionata dai coltivatori con cura e nel rispetto di parametri definiti dall’azienda, garantisce al consumatore prodotti di alta gamma e qualità extra-premium. Anche il packaging, caratterizzato dai colori e dall’elegante grafica che ormai contraddistinguono la nota marca del camioncino, esalta la qualità premium dei prodotti F.lli Orsero, la famiglia italiana della frutta. Il prodotto sarà distribuito su tutto il territorio italiano dal GF Group, attraverso la società Fruttital, le proprie filiali e i propri clienti.
LA LINEA VERDE: FATTURATO A 185 MILIONI SEMPRE PIÙ ESTERO NEL BUSINESS DEL GRUPPO La Linea Verde chiude il 2012 con il segno più. Il fatturato del gruppo bergamasco, ai vertici del mercato di IV gamma, dei piatti pronti freschi e delle bevande fresche, infatti, tocca 185 milioni di euro con un incremento superiore al 5 per cento. In aumento anche la quota dell’estero, che rappresenta il 27 per cento del totale, frutto dell’attività di esportazione e delle performance delle sedi austriaca e spagnola. “I risultati complessivi raggiunti dal gruppo nel 2012 commenta il presidente Giuseppe Battagliola - conferl N.3 l APRILE 2013
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Da piccola realtà imprenditoriale del dopoguerra a moderna e avanzata struttura internazionale che impiega circa 3.500 persone: da oltre 50 anni la famiglia Orsero è specializzata nel settore dei prodotti ortofrutticoli freschi. Nel febbraio 2012 la svolta: dopo 30 anni di esperienza nel settore Antonio e Raffaella Orsero, decidono di proporsi al trade e soprattutto al consumatore finale direttamente con il proprio nome, mettendoci la firma. Nasce così il brand F.lli Orsero.
mano che abbiamo centrato in pieno gli obiettivi strategici che ci eravamo posti per l’anno: potenziare il nostro business e la nostra presenza all’estero confermandoci, al contempo, come punto di riferimento del mercato italiano”. Una parte rilevante del fatturato generato all’estero da La Linea Verde, circa 20 milioni di euro, deriva da un business importante per il gruppo: l’esportazione di verdura di I gamma evoluta, sfusa oppure confezionata (come baby leaf, cespi e prodotti orticoli “da lavare”) prodotta nella Piana del Sele da Ortomad, società agricola del gruppo che si conferma uno dei principali produttori europei di baby leaf. Il giro d’affari del gruppo lombardo oltre confine comprende inoltre l’esportazione verso i Paesi limitrofi di prodotti di IV gamma a marchio Dimmidisì o destinati alle store brand locali. “Per quest’anno la nostra strategia punta a incrementare le performance all’estero”, spiega Battagliola. “Abbiamo inaugurato il 2013 avviando un primo progetto di penetrazione del mercato russo con Vegetoria, una realtà locale giovane attiva nella produzione e nell’importazione, con cui ci apprestiamo ad avviare, nella seconda metà dell’anno, uno stabilimento per produrre in loco insalate di IV gamma”. Il gruppo sta infine guardando con interesse al Nord America. FRUITBOOKMAGAZINE
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Irene Pasquetto
facebook per aziende: miti, opportunità e limiti 80
Definito di recente dal suo stesso creatore Mark Zuckerberg “Il miglior giornale al mondo”, Facebook si sta avvicinando ad un’importante svolta: il social network per antonomasia sta per lanciare la sua “ultima nuova versione”, detta News Feed. Oltre che voler migliorare la lettura e la distribuzione delle info condivise dagli amici, la mossa sembra essere motivata da un tentativo di andare incontro alle esigenze delle pagine aziendali Per questa ragione immagini e fotografie saranno di dimensioni più ampie e verrà probabilmente concesso in generale più spazio e rilevanza alle inserzioni pubblicitarie. Ma al di là degli aggiornamenti estemporanei, la domanda è: Facebook può davvero essere uno strumento utile alle aziende? Sull’argomento se ne sentono di tutti i colori e la presenza aziendale sui social è ormai una sorta di must in quasi tutti i settori, se non sei su Facebook, non esisti. Quel che è certo è che il social network made in Harvard, quando usato secondo determinati criteri, si rivela un buon strumento di marketing soprattutto per quanto riguarda la cura della cosiddetta brand reputation, vale a dire, l’opinione diffusa che i consumatori hanno di un determinato marchio. Ad ogni modo, l’utilità di Facebook varia anche a seconda del settore merceologico. Per quanto riguarda l’ortofrutta, un ottimo lavoro è quello portato avanti da Melinda: il brand ha raccolto più di 22 mila fan, e, fattore ancora più importante, ottiene decine e decine di “Mi piace” e condivisioni ad ogni singolo post. Restando sul versante italiano, segue Valfrutta con 17 mila affezionati, mentre marchi del calibro di Chiquita e Del Monte staccano i locali di centinaia di migliaia di seguaci. Ma a servirsi di Facebook non sono solo i grandi nomi, sul social
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network sono presenti anche un’infinità di botteghe di fruttivendoli locali, i quali però commettono spesso l’errore numero uno: al posto di creare per la propria attività l’apposita pagina aziendale messa a disposizione da Facebook, aprono dei profili personali, che invece sarebbero destinati alle persone fisiche e non alle aziende. Si tratta di uno sbaglio anzitutto perché le pagine aziendali offrono tutta una serie di opzioni studiate apposta per guadagnare visibilità. Volendo chiudere con qualche spunto utile a sviluppare la visibilità di una pagina aziendale su Facebook, c’è una premessa da fare: alcune azioni sono gratis, altre richiedono degli investimenti. Detto ciò, quando si apre una nuova pagina lo scoglio iniziale è quello di recuperare i primi 500 fan, dopo di che il percorso sarà in discesa. È in questa fase che conviene investire qualche centinaio di euro attraverso la creazione di un annuncio a pagamento. Conquistato un discreto numero di followers l’obiettivo sarà invece quello di fare in modo che la pagina si alimenti da sola pubblicando contenuti che possono essere interessanti per i fan, puntando non tanto ad ottenere apprezzamenti, i “Mi piace”, ma condivisioni dei post da parte degli utenti. È ormai assodato che gli utenti dei social network amano comunicare per immagini e che i contenuti testuali, quando presenti, devono essere brevi ed incisivi. Un esempio può essere quello di pubblicare le fotografie dei propri prodotti, della frutta di stagione, delle verdure più colorate e dalle forme strane, tenendo presente che le immagini devono sempre e comunque essere ben fatte per venire condivise, in altri termini: belle. Le immagini possono essere accompagnate da delle ricette o da qualche curiosità, da citazioni celebri o da brevi poesie, meglio se note al pubblico. Un altro escomotage generalmente apprezzato dal pubblico è quello di postare notizie di attualità inerenti al proprio settore, nel caso dell’ortufrutta vanno bene ricerche di mercato e tendenze, studi medici sui benefici dati da una dieta ricca di frutta e verdura, e così via. l N.3 l APRILE 2013
Solo quando la freschezza incontra il servizio, nasce un business così.
DimmidiSì, lo specialista del freschissimo: è la risposta alle esigenze di bontà, benessere e praticità dei consumatori è garanzia di servizio e di qualità è la gamma di prodotti che completa e amplia l’offerta del banco frigo dell’ortofrutta è il partner ideale per incrementare il tuo business
Il benessere nasce dalla freschezza.
La Linea Verde Soc. Agricola S.p.A. - 25025 MANERBIO (BS) Via Artigianale, 49 - Tel: +39 030.93.73.611 - www.lalineaverde.it - info@lalineaverde.it
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