Fm luglio 2013

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Fruitbookmagazine IDEE TENDENZE MERCATI BUSINESS

ELNATHEDITORE

LA PANDEMIA È GLOBALE. IL KIWI RISCHIA GROSSO Quest’anno il cancro batterico ha colpito pesantemente anche Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Nessuno lo potrà sconfiggere, dicono gli esperti, ma entro massimo tre anni ci potremo convivere N.4 l LUGLIO 2013 l TRIMESTRALE


Rosaria. La salute vien mangiando. E bevendo. Ricca di vitamine A, B, PP e C, ideale come coadiuvant della cura degli stati influenzali Ricca di antiossidanti contro l'invecchiamento

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Editoriale

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Eugenio Felice

Salviamo i frullati freschi Lo ammettiamo, fino a poche settimane fa non eravamo a conoscenza della differenza tra un frullato e un frullato fresco. Sì, sapevamo che quello fresco lo si trova nel banco frigo e ha durata breve, ma no, non sapevamo che essendo fresco è molto più ricco di valori nutrizionali perché non è altro che frutta fresca frullata, senza aromi, conservanti, zuccheri, coloranti, o acqua. In altre parole è come mangiare, o meglio bere, frutta fresca. Il frullato “normale” invece non è molto diverso da un succo e polpa 100 per cento frutta. Quindi non va in frigo, si conserva per svariati mesi, deriva da succo concentrato o purea e subisce degli shock di processo come la centrifuga e la pastorizzazione che ammazzerebbero un toro. Praticamente un altro mondo. Il problema però, è che il consumatore finale non ha la percezione di questa differenza con la conseguenza che, causa differenziale di prezzo, il frullato fresco sta morendo. La motivazione la si capisce facendo una visita al più vicino supermercato. Nel reparto ortofrutta si trova, nella maggior parte dei casi, un bel totem del campione dei frullati “non” freschi: le Storie di Frutta del Mulino Bianco. Enorme visibilità, tante referenze, marca di richiamo, prezzi impegnativi. Nel banco frigo, dove si trovano anche i prodotti di quarta gamma, forse troverete anche i frullati freschi, quasi sicuramente solo quelli proposti da Dimmidisì. Un decimo, anche meno, della visibilità dei “falsi” colleghi, un paio di referenze, prezzo ancora più impegnativo, anche se giustificato dal fatto che parliamo di un prodotto completamente diverso e quindi non comparabile. Il frullato fresco quindi sta morendo perché nel reparto freschissimi si trova un frullato che non centra nulla con il fresco. Com’è possibile? Perché quel prodotto viene promosso in televisione da Antonio Banderas e ha alle spalle un gruppo come la Barilla che ha una potenza contrattuale tale che il totem potrebbe metterlo anche all’ingresso del supermercato. Peccato, perché un consumatore consapevole forse sceglierebbe il frullato fresco. Come mai ne parliamo? Perché in fin dei conti, per citare una frase cara al cinema, abbiamo sempre avuto un debole per le cause perse.

l N.4 l LUGLIO 2013

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PAG. EDITORIALE SOMMARIO IMMAGINI

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I PIONIERI 12 BESANA E L’INTUIZIONE DI UN FRUTTO STRAORDINARIO: IL GOJIBERRY TREND 14 CRESCITA INARRESTABILE PER I FRUTTI DI BOSCO MARKETING 16 IN TEMPI DI CRISI SI PUÒ FARE A MENO DEL MARKETING? MENS SANA 18 RICCA DI VITAMINE E MINERALI: LA FRUTTA SECCA FA BENE! PANORAMA È ARRIVATO LENI’S, IL MARCHIO 76 DELLE MELE TRASFORMATE DEL TRENTINO ALTO ADIGE AGROVERDE COSTRUIRÀ A GELA IL 76 PIÙ GRANDE IMPIANTO FOTOVOLTAICO D’EUROPA SU SERRE MODÌ CHIUDE LA CAMPAGNA CON 76 PIÙ VOLUMI E PIÙ MERCATI ESTERI SERVITI FRUIT ATTRACTION INVITA 77 600 BUYER. SALE LA ATTESA PER LA QUINTA EDIZIONE BUONE PERFORMANCE PER LA MINI 77 PINK LADY. QUASI 70 MILA FAN SULLA PAGINA FACEBOOK È REALIZZATA AL 100% CON LA 77 PLASTICA DEI TAPPI LA CASSETTA “AMICA DELL’AMBIENTE” QUALITÀ E CUSTOMER EXPERIENCE: 78 ASPIAG SERVICE PREMIATA PER EUROSPAR PREMIUM FRATELLI ORSERO METTE LA FIRMA 78 SU UN’AMPIA GAMMA DI FRUTTA ESOTICA BUONA LA SECONDA DI MAGIC CODE. 78 IL CONCORSO COINVOLGE 350 DETTAGLIANTI MACFRUT, FOCUS SUL 79 MEDITERRANEO, SUMMIT SUL KIWI E INCONTRI BUSINESS TO BUSINESS VIENE ESTESO ALL’ANANAS DOLE 79 EARTH, IL SITO PER SCOPRIRE I LUOGHI DI ORIGINE iFRESH 80 E-COMMERCE DI FRUTTA E VERDURA IN ESPANSIONE, ANCHE IN ITALIA

l N.4 l LUGLIO 2013

CONTENUTI

26 / C’È CHI TAGLIA E 20 / LA FERITA È CHI VA CONTROCORRENTE. APERTA, I DANNI INGENTI MA IL KIWI CE LA FARÀ

UNA SCELTA VINCENTE?

28 / LA BANANA CON 34 / QUALITÀ E SERVIZIO, SHELF LIFE DA 10 GIORNI. ORTOROMI CRESCE E CON SMARTFRESH SI PUÒ

SI RIORGANIZZA

42 / AGRICOLA DON CAMILLO PROTAGONISTA

46 / IL MELONE GALIA NON SI VENDE IN ITALIA.

DI MELONI E ANGURIE

UN TABÙ DA SFATARE?

FRUITBOOKMAGAZINE

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ELNATHEDITORE Direttore responsabile: Eugenio Felice Hanno collaborato: Marta Baldini, Camilla Madinelli, Irene Pasquetto, Maurizio Pisani.

48 / INNOVAZIONE E VOCAZIONE: LA QUALITÀ 4

SECONDO ALEGRA, ARMI VICENTI PER CRESCERE

52 / LA VIA ITALIANA AGLI IMBALLI IN PLASTICA RIUTILIZZABILI. IL CASO CPR SYSTEM

Redazione e Pubblicità: Via Poiano 53 37029 - San Pietro in Cariano (Vr) Tel. 045.6837296 redazione@fruitbookmagazine.it adver@fruitbookmagazine.it Abbonamenti: Spedizione in abbonamento postale Abbonamento Italia: 60,00 euro Abbonamento Europa: 100,00 euro abbonamenti@fruitbookmagazine.it Graphic designer: Marco Fogliatti Fotolito e stampa: Vergraf Srl - Via della Metallurgia 11 37139 - Verona Tiratura numero luglio 2013: 6.000 copie Testata registrata presso il Tribunale di Verona

60 / AL CLIMA NON SI 64 / LE ULTIME NOVITÀ COMANDA. RACCOLTO DEL POST RACCOLTA. SCARSO IN EUROPA PER PATATE E CIPOLLE

L’OPINIONE DI RETARDER

Associato all'Unione Stampa Periodica Italiana

Pubblicità

70 / SI CHIAMA EAT’S 72 / NON SOLO FARMER MA FARINETTI NON CENTRA. MARKET. È BOOM PER I COIN PORTA IL LUSSO NELL’ORTOFRUTTA

FRUITBOOKMAGAZINE

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41 III 33 23 17 19 5 25 2 69 13 IV 31 27 47 15 51 II 59 75

l N.4 l LUGLIO 2013


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Non solo Fucino Brunico (Bz), 3 luglio 2013 Un campo di radicchio sulle montagne altoatesine della OP Geofur di Legnago (Vr). In queste zone si coltiva, da luglio a settembre, anche pan di zucchero di eccellente qualitĂ . La produzione si affianca a quella di Avezzano (Aq), nella Piana del Fucino, e viene destinata alle catene distributive italiane.



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Foto: Andrea Felice

Il primato Milano, 13 giugno 2013 Zespri ha introdotto quest’anno, primo caso nel mondo, un bollino pienamente compostabile nella linea biologica. La multinazionale neozelandese ha lavorato per quattro anni a stretto contatto con Sinclair, leader nei sistemi di etichettatura, per superare le numerose difficoltà e raggiungere il risultato.



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Impianto pilota Velo Veronese (Vr), 21 giugno 2013 Si trova sui monti Lessini il più grande impianto d’Europa per la coltivazione fuori suolo e sotto serra di fragole. Nel complesso quasi quattro ettari e 220 mila piantine che dovrebbero dare da luglio a ottobre circa 2 mila quintali di prodotto. L’iniziativa è di Ceradini Group, il marchio è Fragolà.



i pionieri |

Eugenio Felice

Besana e l’intuizione di un frutto straordinario: il gojiberry 12

Si deve all’azienda napoletana e al suo presidente Pino Calcagni l’arrivo in Europa di questa bacca ricca di proprietà nutraceutiche. Le prime importazioni risalgono al 2000 anche se è solo dal 2008 che si sono fatte più importanti. Il gojiberry viene proposto sia in versione convenzionale che biologica (a marchio Almaverde Bio), in diversi formati, tra cui quello snack da 40 grammi. Tutte le bacche sono sottoposte a due processi di pastorizzazione Ma quale crisi? L’industria della frutta secca è probabilmente il comparto alimentare che meno sente la crisi che sta imperversando nel mercato europeo. Besana, la più grande di tutte, ha chiuso il bilancio 2012 con un fatturato di 130 milioni di euro e un progresso sull’anno precedente del 16 per cento. Le previsioni per il 2013 parlano di un +5 per cento. La chiave del successo? L’innovazione continua, la qualità - elemento imprescindibile della produzione, fanno sapere da San Gennaro Vesuviano, dove ha sede l’azienda - e il business globale: ben l’86 per cento della frutta secca ed essiccata va all’estero, il 67 per cento nel solo Regno Unito, dove saranno a breve investiti 5 milioni di sterline per costruire un nuovo e avveniristico FRUITBOOKMAGAZINE

stabilimento. Non se la passa male nemmeno la numero due, la Noberasco di Albenga, ben più conosciuta nel nostro Paese, dove si focalizza oltre il 90 per cento del suo business. Il bilancio 2012 ha chiuso con un valore della produzione pari a 72 milioni di euro, (più 6 per cento sull’anno precedente). Ma torniamo alla Besana di Giuseppe Calcagni e al motivo per cui la abbiamo scelta per questa rubrica. Si deve a lui e alle sue peregrinazioni in giro per il mondo l’arrivo in Europa di un frutto eccezionale: il gojiberry (noto anche come wolfberry). Si tratta di una bacca rossa lunga tra i 10 e i 20 millimetri, della famiglia dei pomodori, talmente salutare ed energetica da essere venduta anche in farmacia e nelle erboristerie. Tra le altre cose, è considerata anche un viagra naturale. Le diverse specie sono oggi coltivate nelle regioni dal clima temperato dell’Asia Orientale, in particolare in Cina. In Occidente vengono consumati per lo più essiccati come snack, al pari dell’uva passa e data la ricchezza di valori nutrizionali rientrano nella categoria dei “superfood”, come acaì, melograno e mirtilli. Oggi Besana è il principale importatore in Europa di gojiberry. I frutti sono venduti sia nelle linee convenzionali che in quelle biologiche Almaverde Bio, sia all’interno di mix che nelle pratiche confezioni monoporzione da 40 grammi, un’altra invenzione targata Besana. Tutti vengono poi sanificati attraverso doppia pastorizzazione, perché qualità, per l’azienda fondata nel 1921 dai fratelli Emilio e Vincenzo Besana, significa innanzitutto food safety. l N.4 l LUGLIO 2013



trend |

Eugenio Felice

Crescita inarrestabile per i frutti di bosco 14

Mirtilli, lamponi e more sono tra i pochissimi prodotti ortofrutticoli a registrare consumi in crescita. La tendenza è globale e viene dagli Stati Uniti, dove crescente è la sensibilità verso prodotti ad alto contenuto salutistico. I cestini da 125 grammi vanno a ruba nelle grandi città del nord Italia. Il consumatore tipo è single e lo vuole trovare sullo scaffale per 12 mesi all’anno. I prezzi, intanto, sono diventati più accessibili Ci siamo sorpresi quando nel mese di giugno, facendo la spesa presso un superstore a insegna Famila, abbiamo trovato un cestino di lamponi della Driscoll’s di provenienza Marocco. Non ci era mai capitato. La Driscoll’s, per chi non lo sapesse, è il maggior produttore mondiale di piccoli frutti. Ha sede negli Stati Uniti ma sta sviluppando in modo importante anche questa parte del globo sia a livello produttivo che di mercato. “I frutti di bosco sono uno dei pochissimi articoli che registrano consumi in crescita, soprattutto nelle grandi città del nord Italia. Il cliente tipo è single e lo compra tutto l’anno”, ci riferisce Marco Varalta, buyer di Maxi Di, importante catena distributiva associata a Selex con sede a Belfiore (Vr). “Fino a cinque anni fa spiega - era un articolo tipicamente estivo, oggi lo teniamo FRUITBOOKMAGAZINE

per 365 giorni all’anno, anche perché l’acquirente lo vuole trovare tutto l’anno. Ci appoggiamo a tre fornitori italiani, che si occupano anche degli acquisti di prodotto di importazione. Il prezzo al consumatore è molto lineare nel corso dei dodici mesi, oscillando tra 1,48 e 2,48 euro per il cestino da 125 grammi. Il differenziale lo fa proprio la provenienza: questi sono prodotti che arrivano in alcuni periodi dell’anno via aerea e in questo caso solo il trasporto incide per 50 centesimi”. La moda di mirtilli, lamponi, ribes e more è nata prima negli Stati Uniti, per migrare nel Regno Unito, per raggiungere anche il sud Europa. Basti pensare che negli Stati Uniti il consumo pro capite dei mirtilli freschi era nel 1990 di 0,18 libbre mentre nel 2010 era di 1,11 libbre (0,5 chili). E siamo solo all’inizio, con la produzione che fatica a star dietro alla crescente domanda dei consumatori. Oggi in Italia ci sono 350 ettari in produzione, di cui 200 in Piemonte, 100 in Trentino Alto Adige e 30 in Lombardia. “Da una parte c’è l’attenzione al mangiar sano e il mirtillo è considerato un superfood, ricco di proprietà benefiche. Dall’altra ci sono prezzi più accessibili che incentivano il consumo. Per finire con la completa destagionalizzazione che contribuisce a fidelizzare il consumatore”. È questa la chiave di lettura di Renzo Passerini, amministratore di Garden Frutta, aziende che ha sede a Verona e impianti produttivi in Trentino, Veneto e Uruguay. “Siamo anche i maggiori importatori italiani di piccoli frutti, un’attività che si è sviluppata molto negli ultimi anni a causa della destagionalizzazione dei consumi. Le provenienze più importanti sono Messico, Cile, Argentina, Uruguay che arrivano via aerea, poi Spagna e Marocco. Ci aspettiamo un aumento costante per i prossimi 10 anni”. l N.4 l LUGLIO 2013



marketing |

Maurizio Pisani

In tempi di crisi si può fare a meno del marketing? 16

Una sera, nella sede europea di una grande multinazionale, c’era molto subbuglio tra i top manager. Era appena arrivata una mail dal quartiere generale, firmata dal CEO in persona. E tutti, quella sera, ne parlavano a bassa voce. La mail del capo, soggetto molto temuto per la sua particolare visione manageriale che prevedeva assoluta obbedienza e rapida esecuzione degli ordini, per quanto strani o controversi potessero apparire, recitava più o meno così: “È un momento difficile, questo. La crisi mondiale sta impattando sulle nostre vendite. I clienti ci pagano in ritardo. I soci ci stanno monitorando con attenzione. Non è certo se riusciremo a rispettare le previsioni di profitto”. E poi continuava: “In questo momento dobbiamo essere più rigidi. Dobbiamo cercare di aumentare le vendite, in tutti i modi. Dobbiamo ridurre l’organico. E dobbiamo eliminare tutte le spese inutili, dalle più piccole alle più grandi: le spese di intrattenimento, gli sprechi di materiale per l’ufficio, le spese di marketing…”. Sì, avete letto bene: in quell’azienda, una grande multinazionale della frutta come dicevamo, il marketing veniva paragonato alla carta per fotocopiare. FRUITBOOKMAGAZINE

Ad un qualcosa, cioè, da usare il meno possibile, e che non porta nessun risultato tangibile sul conto economico. Purtroppo, questo approccio è molto diffuso nel mondo dell’ortofrutta. Non si sa bene a che serva il marketing, è qualcosa di oscuro, indecifrabile, si pensa che non possa certo aiutare a guadagnare di più. Anzi, al contrario, si crede spesso che il marketing sia solamente un costo, che quindi peggiora i risultati di fine anno. Quindi, lo si tratta come una spesa sacrificabile, da minimizzare. Proprio come la carta per fotocopiare. E invece è vero il contrario: il marketing, se fatto bene, migliora i profitti dell’azienda. Certo bisogna fare gli investimenti giusti, perché sbagliare è facile. Un investimento azzeccato in un macchinario che permette di automatizzare alcune fasi della produzione migliora i profitti dell’azienda nel tempo, permettendo di ridurre i costi. Allo stesso modo, un investimento in attività di marketing ben riuscito migliora i profitti dell’azienda nel tempo, permettendo di aumentare le vendite o i prezzi della frutta e verdura venduta. L’obiettivo economico del marketing, però, sfugge ai più. E quindi, il marketing continua ad essere considerato da molti, in campo ortofrutticolo, qualcosa di cui si può tranquillamente fare a meno. Per poi lamentarsi, ogni fine anno, del fatto che i profitti sono sempre più bassi. E quindi, dedicare ancora meno risorse al marketing l’anno successivo. l N.4 l LUGLIO 2013



mens sana |

Marta Baldini (dietista)

Ricca di vitamine e minerali: la frutta secca fa bene! 18

Il consumo abituale della frutta fresca e la sua importanza salutistica è ormai cosa nota a tutti, mentre la frutta secca e disidratata a fatica rientra nelle nostre abitudini alimentari giornaliere. La si mangia generalmente solo a Natale e per le festività con tanti sensi di colpa perché convinti che abbia un effetto drammatico per la nostra dieta, facendoci aumentare la massa grassa. Le cose in realtà sono diverse: pistacchi, anacardi e noci fanno bene La frutta secca e disidratata/oleosa, ad esempio pistacchi, anacardi, mandorle, noci, fichi e datteri, pur essendo una fonte concentrata dei nutrienti e componenti bioattivi presenti nella corrispondente frutta fresca, non rientra nelle abitudini alimentari giornaliere dell’italiano medio, convinto che sia un prodotto grasso e quindi poco salutare. Ma una recente revisione degli studi internazionali sulla correlazione tra l’assunzione di frutta secca e il peso corporeo sfata questo mito, concludendo che il consumo di frutta secca non è associato ad un maggiore rischio di obesità, neanche a lungo termine. In realtà il suo consumo moderato e abituale fa bene in generale alla salute. Diversi studi epidemiologici riportano che il consumo frequente di frutta oleosa, in quantità non superiore a 30 FRUITBOOKMAGAZINE

grammi (esempio: 20 anacardi naturali o 23 mandorle) due o tre volte alla settimana è inversamente associato all’incidenza di malattie coronariche come ictus e aterosclerosi, diminuendo la concentrazione ematica di colesterolo totale e LDL (colesterolo cattivo) ed aumentando quella di colesterolo HDL (parte di colesterolo buono, poiché agisce da vero e proprio “spazzino” in grado di raccogliere l’eccesso di colesterolo presente nelle vene, veicolandolo al fegato). Mandorle, noci, pistacchi … moltissime sono le tipologie presenti sul mercato e ognuna di queste porta con sé preziose proprietà salutistiche. Per esempio, il pistacchio (30 g/d= 25 pezzi= 162 kcal) può essere considerato un ottimo spuntino spezza fame a metà mattina/pomeriggio, o un’ottima merenda per attività fisica, in quanto importante fonte energetica di tipo lipidico (grassi vegetali, buon livello di sazietà) a bassi volumi e a impatto glicemico controllato (risposta insulemica ridotta). Inoltre rappresenta un’importante fonte di folati e vitamina B6 (micronutrienti fondamentali per mantenere normali i livelli di omocisteina nel sangue e ridurre i fattori di rischio cardiovascolare). Anche le noci (30g/d= 5noci= 186,3kcal) possono essere una buona scelta alimentare, ricche di acidi grassi polinsaturi e di calcio, quindi particolarmente indicate per le donne in menopausa. Ottimale il loro consumo all’interno di insalata mista di verdura o di frutta, perché grazie al loro apporto lipidico ne aumenta il senso di sazietà a lungo termine. Questi sono solo alcuni esempi su un’ampia gamma di prodotti disponibili, ma rende già l’idea di come siano tanti i motivi per inserire il consumo di frutta secca/ oleosa nella dieta di ogni giorno senza sentirsi in colpa, cercando di rispettare il quantitativo consigliato per non eccedere in apporto calorico. l N.4 l LUGLIO 2013




La ferita è aperta i danni ingenti ma il kiwi ce la farà Lo spettro dell’estinzione di una specie in cui l’Italia è leader Eugenio Felice

Comparsa a Latina nel 2008, quest’anno la batteriosi ha colpito pesantemente anche il Veneto, l’EmiliaRomagna e il Piemonte. “C’è una guerra in corso - ha dichiarato un noto vivaista e produttore - ci stanno sparando addosso ma non sappiamo ancora quali sono i nostri cannoni”. Non esiste una cura e probabilmente non si troverà mai. La soluzione però è a portata di mano. Ne è convito Marco Scortichini, uno dei massimi esperti mondiali di PSA “Un batterio killer uccide i kiwi italiani. Allarme nelle coltivazioni a sud di Roma: a rischio 150 mila tonnellate di frutta. L’actinidia può morire”. Era questo il titolo d’effetto di un lungo articolo pubblicato il 10 giugno 2010 sull’edizione romana del Corriere della Sera. A distanza di tre anni possiamo dire che la coltura - per fortuna - è viva e vegeta, a Latina come nel resto d’Italia. Diciamo che se nell’area più produttiva del Paese, definita anche la Piccola Nuova Zelanda, la situazione è oggi sotto controllo, l’allarme si è spostato nel centro-nord Italia, in particolare in Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna, dove la pandemia quest’anno ha colpito duro fino a estate inoltrata a causa delle abbondanti piogge, il principale evento scatenante della malattia. Ciò che domina oggi è l’incertezza, perché non si è ancora trovata una cura e forse non la si troverà mai. I produttori quindi non sanno che tecniche utilizzare e proliferano fitofarmaci di ogni genere e dai nomi più fantasiosi che promettono ma, per ora, non mantengono.

Esplicativo quanto successo in provincia di Verona a metà maggio: una nota azienda italiana specializzata in tutto ciò che ruota attorno ai kiwi, ha organizzato una visita in campo presso un’azienda agricola per promuovere il suo prodotto, cui è seguito un convegno dal titolo “Nuovi aggiornamenti sulla batteriosi del kiwi ed esperienze di campo nel controllo”, con tanto di produttore neozelandese che rassicurava sull’efficacia del prodotto. A distanza di 40 giorni abbiamo contattato il produttore veronese per sapere come stava evolvendo la situazione, è lui ci ha detto: “Ci siamo fidati ma abbiamo fatto male, quel prodotto non ha per ora dato risultati apprezzabili, sarebbe andata meglio se avessimo fatto i classici trattamenti rameici”. La convivenza. Più che di cura ormai è acquisito che si andrà verso una convivenza. Non è la prima volta che una coltura viene attaccata da un batterio e non sarà nemmeno l’ultima. Ne sanno qualcosa i produttori di mele dell’Alto FRUITBOOKMAGAZINE

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La batteriosi è un grandissimo problema. La “priorità oggi è difendere gli impianti in essere che sono stati attaccati ferocemente. Nessuno più è in grado di piantare perché non c’è più certezza sulla sanità delle piante. È in corso un ridimensionamento della specie ”, Gianni Amidei (Alegra) 22

KIWI - PRODUZIONE ITALIANA PER REGIONE Fonte: CSO Servizi

CONS. 2011

dati in tonnellate

CONS. 2012

% Comm. su Tot.

Prod. Comm. (Tonn)

129.264

95%

122.784

32.973

95%

31.325

-74

VENETO

75.013

92%

69.012

100.498

97%

97.483

+34

EMILIA ROMAGNA

94.121

90%

84.709

71.918

91%

65.445

-24

159.460

91%

145.109

133.670

93%

124.313

-16

55.419

91%

50.315

61.551

94%

57.762

+11

512.260

92%

417.929

400.610

94%

376.327

-22

REGIONE

PIEMONTE

LAZIO ALTRE REGIONI ITALIA

Prod. Totale (Tonn)

Adige, che solo pochi anni fa hanno dovuto affrontare il colpo di fuoco, “una delle malattie più devastanti che colpisce le pomacee” come la descrive wikipedia. Esaustive le parole di Marino Silva, responsabile per l’Italia e gli altri Paesi del Mediterraneo di Zespri, che sull’argomento ha dichiarato: “La batteriosi non sarà debellata nel breve termine. Colpisce in Italia, come in Nuova Zelanda e in Cile. Non c’è bacchetta magica che possa liberare il settore da questa malattia. In Nuova Zelanda abbiamo fatto progressi nell’imparare a convivere con la batteriosi ma alla fine la soluzione sarà data da una combinazione tra varietà tolleranFRUITBOOKMAGAZINE

Prod. Totale (Tonn)

ti e nuove tecniche di gestione dei frutteti. In collaborazione con Kiwifruit Vine Health abbiamo 80 programmi di ricerca in corso e circa 300 prodotti in fase di test”. Situazione critica per il kiwi a polpa gialla. Ad essere più colpiti sono i kiwi a polpa gialla e quelli precoci. Lo ZespriGold, il giallo per antonomasia, probabilmente tra qualche anno non esisterà più. Basti pensare che in Nuova Zelanda il raccolto negli ultimi due anni ha subito un calo del 50 per cento. Le nuove varietà gialle, come il SunGold, sembrano essere più tolleranti. Certo per il produttore nostrano ci vuole un gran coraggio a

% Comm. su Tot.

Prod. Comm. (Tonn)

Variazione % 2012/2011

piantare qualcosa che non sia il classico Hayward. Anche il Soreli, giallo precoce selezionato dall’Università di Udine, piantato in diverse aree, soprattutto del nord Italia, sembra essere piuttosto sensibile alla malattia. Il JinGold, invece, che lo ricordiamo è il kiwi giallo più prodotto nell’Emisfero Nord, tiene perché le forze messe in campo per contrastare la batteriosi dalla società che ne detiene i diritti sono imponenti, soprattutto nelle tecniche di prevenzione circa i rischi di diffusione della malattia. “La PSA è un’avversità che accomuna tutti i produttori e tutte le varietà di kiwi, chi più chi meno, incluso Hayward. Nonostante i l N.4 l LUGLIO 2013


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catastrofisti, noi siamo convinti che comunque non si smetterà di fare kiwi in Italia, ma dovrà cambiare il modo di farlo, per questo investiamo molto nella cura di tanti dettagli agronomici. In attesa di ulteriori risultati dalla ricerca, tante piccole precauzioni fanno al momento la differenza”. La situazione italiana. Tutto è iniziato a Latina nel 2008, esattamente 5 anni fa, in una delle aree a maggiore vocazione nazionale, in quella in cui maggiori sono le superfici investite a kiwi. Un anno più tardi la malattia ha iniziato a manifestarsi anche in Piemonte. Il clima è l’evento scatenante: il freddo d’inverno e la pioggia in primavera fanno esplodere la malattia che può rimanere all’interno della pianta in modo latente anche per alcuni anni senza manifestarsi. “Questa primavera - dichiara Marco Scortichini, direttore dell’Unità di Ricerca per la Frutticoltura di Caserta, uno dei massimi esperti mondiali della malattia - sono stati colpiti pesantemente gli impianti in Veneto, Emilia Romagna e Piemonte, a causa delle continue piogge. Parliamo di centinaia di ettari e di una vera e propria epidemia. Va detto però che a Latina, dove tutto ha avuto origine, la situazione è in via di miglioramento, inizia a essere sotto controllo, almeno per quanto riguarda il kiwi verde. L’agricoltore inizia a convivere con la malattia a seguito dell’applicazione di misure di difesa sempre migliori. Sono in fal N.4 l LUGLIO 2013

FRUITBOOKMAGAZINE


ITALIA - KIWI: STORICO DELLE PRODUZIONI 600.000 tonnellate 500.000 400.000 300.000 200.000 100.000 0 2006

Fonte: CSO Servizi

2007

2008

2009

Produzione totale

2010

2011

2012

L’Italia è il maggiore esportatore mondiale di kiwi. Nel 2012 ne ha prodotte 352 mila tonnellate. Il primato produttivo spetta invece alla Cina anche se i frutti, salvo alcune eccezioni, hanno scarso valore commerciale. Altri produttori importanti sono la Nuova Zelanda, con un output 2012 di 348 mila tonnellate e il Cile con 208 mila tonnellate. Negli ultimi anni sta crescendo molto la Grecia, che ha raggiunto le 100 mila tonnellate prodotte l’anno scorso. Una produzione interessante c’è anche in Iran (80 mila tonnellate) e in Argentina (15 mila tonnellate), dove la batteriosi non si è ancora manifestata e la qualità dei frutti è elevata.

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se di avanzata sperimentazione nuovi prodotti alternativi all’uso dei composti rameici, di efficacia verificata. La corretta tecnica di difesa consisterà in una combinazione di prodotti che agiscono con modalità differenti nei confronti del batterio e che andranno applicati sulla pianta nei diversi periodi fenologici”. L’unica zona che pare per ora essere stata risparmiata dalla batteriosi è la Calabria, dove peraltro gli investimenti sulla coltura sono in espansione grazie a condizioni pedoclimatiche favorevoli che danno anche al kiwi una buona qualità. “In effetti - precisa Scortichini, che parteciperà anche al primo Simposio internazionale sulla PSA in calendario dal 19 al 22 novembre in Nuova Zelanda - in questa FRUITBOOKMAGAZINE

regione i focolai sono pochi e isolati, almeno apparentemente non sembra esserci un allargamento dell’epidemia. Cosa si devono aspettare i produttori di kiwi dal futuro? Sicuramente non un’estinzione della specie in Italia. Ci sono già dati confortanti a Latina e sono convinto che in due o tre anni al massimo la PSA rientrerà tra quelle patologie con cui si convive. Non dimentichiamo che anche in Alto Adige solo pochi anni fa il mondo della mela ha dovuto affrontare una malattia analoga, il colpo di fuoco, che altro non è che una batteriosi, altrettanto virulenta. Oggi ci si convive e nessuno più ne

parla. Questo succederà anche per il kiwi. Almeno per quello verde. Per il giallo il discorso è diverso: andranno selezionate varietà meno sensibili alla malattia, perché quelle tradizionali sono destinate a scomparire”. L’origine: la Cina. La malattia batterica che ha rovinato interi impianti di kiwi nelle maggiori aree produttive del mondo ha avuto origine in Cina. Evidenze scientifiche di una recente ricerca hanno dimostrato infatti che la PSA responsabile della pandemia in corso in Italia, Nuova Zelanda e Cile proviene da quelle aree. Sarebbe arrivato nel nostro Paese attraverso materiale di propagazione oppure polline. Il cancro del kiwi si è diffuso in più di mille iml N.4 l LUGLIO 2013


La batteriosi è un’avversità che accomuna tutti i “produttori e tutte le varietà di kiwi, chi più chi meno, incluso Hayward. Nonostante i catastrofisti, noi siamo convinti che comunque non si smetterà di fare kiwi in Italia, ma dovrà cambiare il modo di farlo ”, Alessandro Fornari (Jingold) pianti in Nuova Zelanda da quando è stato scoperto nella regione di Bay of Plenty nel novembre 2010. Gli scienziati della University of Otago hanno evidenziato, in base a quanto pubblicato lo scorso febbraio, che i batteri hanno iniziato il loro viaggio in Cina, prima di partire per l’Italia e il Cile nel 2008 e la Nuova Zelanda nel 2010. La ricerca è stata effettuata grazie ad un lavoro investigativo sul

DNA. Per analizzare l’origine geografica dei PSA i ricercatori hanno sequenziato e confrontato i genomi di ceppi provenienti da Giappone, Cile, Cina, Italia e Nuova Zelanda. Il team di ricercatori ha scoperto che i genomi di base dei ceppi cinesi, cileni, italiani e neo zelandesi erano quasi identici e probabilmente hanno condiviso un antenato comune circa 10-15 anni fa. Tuttavia la sequenza del genoma

dimostra che i ceppi italiani sono un clone distinto. I ceppi neozelandesi formano un altro clone di una zona geografica differente. Questi risultati dipingono un quadro chiaro di un’indipendente origine cinese per la PSA italiana e per le epidemie in Nuova Zelanda e suggeriscono che anche i ceppi cileni provengono dalla Cina.

Fragole, lamponi e ciliegie dell’Alto Adige

In Alto Adige le fragole maturano da giugno a fine settembre, i lamponi da giugno a ottobre e le ciliegie da fine giugno a fine agosto. Crescono in montagna e all’aria pura. Per questo hanno un sapore più intenso, sono profumati, genuini e ricchi di vitamine. www.fragolealtoadige.com

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C’è chi taglia e chi va controcorrente. Una scelta che potrebbe rivelarsi vincente Eugenio Felice

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“A Verona la batteriosi ha colpito quest’anno a macchia di leopardo, alcune zone sono state risparmiate. è arrivata con qualche anno di ritardo rispetto a Latina ma sapevamo che presto o tardi sarebbe arrivata. La situazione non è tragica come alcuni la descrivono, almeno per chi ha preso delle precauzioni e non si è affidato all’improvvisazione. Ne ho sentite di tutti i colori, chi ha provato con il

Lo scorso gennaio Ceradini Group ha piantato 7 ettari di kiwi verde a Bussolengo, di fronte al mercato ortofrutticolo delle pesche, coltura peraltro da tempo in crisi nel Veronese. Una scelta coraggiosa ma intelligente che tiene conto di due fattori: nei prossimi anni la produzione mondiale di kiwi, proprio a causa della batteriosi, è destinata a scendere; le tecniche di difesa stanno facendo progressi e presto dovremmo arrivare a una convivenza “pacifica” con la malattia

latte, chi con il miele..” A parlare è Massimo Ceradini, alla guida di un gruppo dinamico che fin dal suo esordio, nel 1975, si è specializzato nel kiwi, dapprima sugli aspetti produttivi per poi ampliare l’attività anche a quelli commerciali. Oggi Ceradini Group esporta kiwi in ogni angolo del pianeta - è suo il primo container arrivato in Corea del Sud quest’anno - e da due anni sta investendo anche sulla fragola di montagna, prodotta nei mesi estivi e griffata con il marchio Fragolà. Un impianto modello, di cui potete vedere un’immagine a pagina 10 e 11.

“Se un produttore segue le forme di prevenzione adeguate si tutela”, prosegue Ceradini. “Siamo sulla strada giusta e sono fiducioso che entro pochi anni potremo convivere con la malattia. Se all’inizio c’erano mille teorie, oggi ce ne so-no cento. Qualcosa quindi si è delineato, ci sono meno incertezze. Certo per il giallo e per il precoce la situazione è difficile, anche noi abbiamo degli investimenti e quest’anno non andranno in produzione”. E c’è da credergli quando dice che è fiducioso: lo scorso gennaio ha piantato 7 ettari di kiwi verde in zona Bussolengo (nella foto di

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questa pagina), proprio di fronte al mercato ortofrutticolo locale, portando così a 70 gli ettari investiti e gestiti direttamente dal gruppo, che negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente. Nell’ultima campagna, chiusa a fine giugno, Ceradini Group ha commercializzato 9 mila tonnellate di kiwi, di cui il 70 per cento all’estero. Nella precedente campagna erano state 7 mila tonnellate, quella prima 5.500. Negli ultimi due anni la crescita è stata quindi del 30 per cento all’anno.

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The heart of business

International Exhibition of the Fruit and Vegetable Industry

25 26 27 September 2013 Cesena ITALY www.macfrut.com


Una banana con shelf life da dieci giorni? Con SmartFresh si può La scoperta che ha rivoluzionato il mondo della conservazione Eugenio Felice

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È in corso in Spagna una sperimentazione sulle banane che sta dando ottimi risultati. SmartFresh, composto atossico che non lascia residui, scoperto negli Stati Uniti a fine anni ’90, già ampiamente utilizzato anche in Italia per diverse tipologie di frutta a partire dalle mele, potrebbe regalare alle banane una durata eccezionale a beneficio dei distributori e del consumatore finale, come ci spiega Jochen Kager, responsabile commerciale sud Europa di AgroFresh Partiamo da una considerazione che è anche un dato di fatto ormai acquisito: SmartFresh è la più importante scoperta degli ultimi decenni per la conservazione di diversi tipi di frutta. Per capire le dimensioni del fenomeno basti pensare che oggi il 40 per cento delle mele e delle pere raccolte in Italia e quasi tutte le susine sono trattate con questo prodotto. Ma di cosa si tratta esattamente? Lo abbiamo chiesto a Jochen Kager, responsabile commerciale per l’area del sud Europa di Agro-Fresh e dal 2006, anno in cui la Comunità Europea ne ha autorizzato l’utilizzo su certi frutti e sul pomodoro, impegnato a promuoverne il suo utilizzo nei magazzini di stoccaggio e confezionamento. FM - Cos’è SmartFresh? Quale la sua origine? JK - Si tratta di un fitoregolatore, il cui principio attivo è 1 metilciclopropene (1-MCP) utilizzato in via sperimentale sulle mele dal 1997 negli Stati Uniti, sotto la supervisione dell’Università del South Carolina. Gli innumerevoli FRUITBOOKMAGAZINE

studi hanno dimostrato che questa tecnologia molto moderna, per nulla tossica, non solo non lascia alcun tipo di residuo sui frutti ma dà anche dei benefici notevoli in termini di freschezza, colore e croccantezza. In sostanza è una molecola simile all’etilene che a contatto con i frutti rallenta tantissimo la produzione dello stesso etilene che, ricordiamolo, non è altro che la sostanza che fa maturare la frutta e che viene prodotta naturalmente sia dalle piante che dai frutti climaterici come appunto le mele. Negli Usa SmartFresh viene utilizzato dal 2002 mentre in Europa dal 2006 ed è registrato ad oggi in 42 Paesi nel mondo. FM - Quindi un trattamento post raccolta che non lascia residui e permette una migliore conservazione della frutta. Su quali prodotti si può utilizzare? JK - Sulle mele, le pere, le susine, i kiwi, i pomodori insalatari, i kaki

e gli avocado. Stiamo lavorando anche su altre colture. Chiaro quindi che l’Italia rappresenta per AgroFresh il mercato più importante dati gli innumerevoli primati produttivi. Siamo partiti in Italia con le mele nel 2006 perché su questo frutto i risultati sono stati da subito più evidenti e perché è il frutto che più si presta a lunghe conservazioni. Si fa l’applicazione quando i frutti vengono messi nelle celle e si preservano così la croccantezza, la freschezza e il colore. Un altro grosso vantaggio apprezzato dai nostri clienti è che riduce notevolmente l’incidenza degli scarti. Quando poi i frutti escono dalle celle frigorifere e tornano a temperatura ambiente, riprendono a maturare, ma più lentamente rispetto a un frutto non trattato. In altre parole aumenta la shelf life, a tutto beneficio dei retailer e dei consumatori finali. SmartFresh quindi, in abbinamento alle normali tecniche di conservazione, come il raffreddamento e l’atmosfera controllata o dinamica, permette di avere il miglior risultato possibile in termini di conservazione e aiuta a superare i problemi

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Foto: Andrea Felice

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Jochen Kager, 37 anni, originario di Bolzano, coniugato, due figlie, perito agrario, lavora dal 2006 presso AgroFresh e riveste oggi il ruolo di responsabile commerciale per l’area del sud Europa. È anche titolare di un’azienda agricola che produce mele in Alto Adige.

legati alle possibili “falle” nella catena del freddo. Pensiamo per esempio alle mele che in quantitativi sempre maggiori raggiungono l’Africa: oggi sono quasi tutte di qualità SmartFresh. FM - Alcuni retailer come Coop Italia ed Esselunga sono contrari ai trattamenti post raccolta.. JK - Vede, va considerato il periodo storico in cui è stata presa quella decisione. Quando 15 anni fa quelle catene hanno preteso che

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non fossero utilizzati trattamenti chimici post raccolta sui frutti destinati alle linee a proprio marchio, si usavano, generalmente, prodotti come la difenilammina (DPA) che lasciavano residui persistenti e che avevano un elevato grado di tossicità. Ogni cooperativa e magazzino aveva una vasca per fare questi trattamenti, che agivano in generale come antiriscaldo e solo da poco peraltro sono vietati in Europa mentre in alcuni Paesi come il Sudafrica sono ancoFRUITBOOKMAGAZINE


Sulle pere non abbiamo avuto subito i risultati “sperati, i frutti rimanevano duri e verdi. Abbiamo risolto il problema portando in positivo la temperatura nelle celle. Oggi possiamo dire di aver rivoluzionato la conservazione della pera, soprattutto della Abate ”, Jochen Kager (AgroFresh) 30

LE PREFERENZE DEI CLIENTI COOP SULLE MELE RED DELICIOUS CROCCANTEZZA 100%

1%

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SUCCOSITÀ

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6%

NORMALE Leggermente troppa

NORMALE Corretta

ra utilizzabili. SmartFresh invece è un composto moderno, una formulazione volatile che non lascia residui, non ha tossicità e non ha alcuna precauzione di rischio, nemmeno per l’utilizzatore. È sufficiente un cucchiaino di prodotto per una cella da 3 mila quintali di mele. Inoltre, a garanzia che tutto venga fatto in modo corretto, non vendiamo un prodotto tal quale, ma forniamo un servizio, poiché sono i nostri tecnici che vanno a fare le applicazioni presso le celle del cliente. In sostanza non è più il trattamento post raccolta di una FRUITBOOKMAGAZINE

3%

Leggermente poca

Troppo poca

volta e in aggiunta ci sono dei benefici reali per il distributore e il consumatore finale che vanno oltre la migliore conservabilità. L’unica alternativa oggi forse praticabile è l’atmosfera dinamica su alcune specifiche varietà (DCA). FM - Ci spieghi meglio. JK - A fine anni ’90 ci si è resi conto che in condizioni di conservazione con ossigeno estremamente basso, si ha una notevole riduzione di alcune fisiopatie, quali ad esempio il riscaldo supeficiale. La tecnologia oggi permette di mante-

A lato un grafico relativo a un consumer test effettuato nel 2009 in punti vendita Coop, da cui emerge una netta preferenza per le mele di qualità SmartFresh. Sopra, nella pagina a fianco, alcuni dei prodotti su cui può essere utilizzato SmartFresh.

nere livelli di ossigeno dello 0,60,7 per cento durante la conservazione, ed anche più bassi per periodi di breve durata. Questa pratica può essere efficace come anti riscaldo ma presenta delle criticità: andando molto vicino al limite di tollerabilità del frutto, a volte si rischia di superarlo, il che può significare avere dei danni sui frutti conservati nella cella. È una tecnologia che per le mele di montagna forse più facilmente può andare bene come alternativa allo SmartFresh. Questi frutti di per sé sono già più croccanti, più conservabili e meno soggetti al riscaldo superficiale. Se da un lato i produttori di mele di montagna potrebbero quindi fare a meno della nostra tecnologia per il prodotto venduto in inverno, diventa invece difficile rinunciarvi per le mele vendute in primavera ed estate e quindi soggette a una lunga conservazione. In quel caso la maggiore shelf life garantita dal nostro prodotto fa la differenza se consideriamo il tempo e i passaggi necessari per portare le mele dalla cella al punto vendita. In realtà oggi abbiamo sviluppato un sistema che abbina le due tecnologie: prima si utilizza SmartFresh, poi si portano le mele in atmosfera a l N.4 l LUGLIO 2013


bassissimo ossigeno ma senza spingerla vicino al limite. In questo modo otteniamo i migliori risultati possibili per il confezionatore, per il distributore e per il consumatore finale. Non per niente questo è il sistema oggi adottato dai magazzini più specializzati. FM - Immagino che per le pere il discorso sia analogo. JK - Va detto intanto che il conte-

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sto, per il settore delle pere, negli ultimi anni, non è sempre stato molto favorevole. Da una parte la produzione crescente, soprattutto per le Abate, ha spinto gli operatori a cercare delle tecnologie per prolungare il calendario di commercializzazione. Dall’altra, un po’ come per le mele, è stato vietato l’uso dell’antiossidante tradizionalmente utilizzato. SmartFresh sembrava quindi la soluzione a

entrambi i problemi. Dico sembrava perché subito non ha dato i risultati sperati: le pere rimanevano un po’ dure e verdi. Come fare allora? Abbiamo avuto un’intuizione: perché non innalzare la temperatura nella cella? Una cosa da temerari, considerando che finora nessuno aveva mai utilizzato una

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Stiamo facendo tanto lavoro di sperimentazione “sulle banane. I risultati sono molto positivi. Utilizzando SmartFresh in abbinamento con particolari accorgimenti, potremmo prolungare in modo significativo la shelf life dei frutti, arrivando fino a una settimana in più ”, Jochen Kager (AgroFresh) 32

temperatura sopra lo zero nelle celle. Oggi con SmartFresh possiamo dire di aver rivoluzionato la conservazione della pera, soprattutto della Abate, perché diamo due mesi in più di vita al prodotto, preservando le caratteristiche qualitative dei frutti in modo ottimale e permettendo una riduzione dei consumi di energia grazie al mantenimento di una temperatura positiva nella cella. FM - Diceva che state lavorando anche su altri prodotti. Ci sono delle novità in vista? JK - Oltre a fare un gran lavoro con le susine, dove abbiamo delle altissime quote di mercato, siamo partiti sui kaki, in Italia ma ancoFRUITBOOKMAGAZINE

Nelle foto qui sopra due dei prodotti su cui SmartFresh viene oggi più utilizzato in Italia: le mele, frutto su cui è partita la ricerca e sperimentazione a fine anni ’90 negli Stati Uniti, e le pere. È molto utilizzato anche sui kiwi e sulle susine.

ra di più in Spagna ed in Israele con le varietà a polpa dura, e stiamo crescendo fortemente con il kiwi. Stiamo facendo tanto lavoro di sperimentazione sulle banane che è pur sempre il frutto che in Europa detiene i volumi di mercato maggiori. Per quanto siamo ancora in fase di sviluppo, possiamo affermare che i risultati sono molto positivi, e siamo convinti che alla banana farebbe fare un bel

salto di qualità. Se infatti tradizionalmente le macchioline marroni, indice di maturazione avanzata, si presentano dopo 36-48 ore dall’esposizione nei punti vendita, utilizzando la tecnologia SmartFresh in combinazione con particolari accorgimenti, le stesse macchioline si presentano dopo 7-10 giorni. Un grande vantaggio non solo per il distributore ma anche per il consumatore finale. Ci sono ricerche di mercato condotte sia negli Stati Uniti che in Europa che hanno dimostrato che se aumenta la shelf life dei frutti, se in altre parole si mantengono freschi più a lungo, aumentano anche i consumi di quei frutti.

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Qualità e servizio, OrtoRomi cresce e si riorganizza Le sue ciotole arricchite elette Prodotto dell’Anno 2013 Eugenio Felice

Foto: Andrea Felice

Alle spalle dei leader di mercato della quarta gamma, Bonduelle e La Linea Verde, sta crescendo anno dopo anno la cooperativa OrtoRomi, specializzata nelle insalate di quarta (e prima) gamma, sia baby leaf che adulte. I mesi a venire vedranno l’inaugurazione di un nuovo stabilimento da 20 mila metri quadri a Borgoricco (PD), l’ampliamento della gamma a prodotti ad elevato contenuto di servizio e il lancio di un nuovo marchio ombrello fresco e glamour Potremmo iniziare dicendo che per la prima volta il mercato italiano della quarta gamma è in flessione a valore e a volume, tanto che Ismea Gfk-Eurisko parlano per il primo trimestre addirittura di un 4,8 per cento a volume, schiacciato dal ridotto potere d’acquisto dei consumatori e dalla forte pressione delle promozioni imposte dalla grande distribuzione. Preferiamo invece rilevare che se il mercato ha preso una certa direzione ci sono comunque aziende che non hanno smesso di innovare e spingere sull’acceleratore riuscendo così a mantenere il trend di crescita. E questo è un bene, perché solo presentando ai consumatori prodotti nuovi e innovativi, ad elevato contenuto di servizio, si possono difendere le marginalità. Una di queste aziende è la padovana OrtoRomi, nata nel 1996 per volontà dei due soci fondatori Rino Bovo ed Elio Pelosin e oggi terzo player della quarta gamma in Italia dietro a Bonduelle (225 milioni di euro nel 2012) e La Linea Verde (185 milioni), con una quota di mercato attorno all’8 per cento e

un fatturato 2012 di quasi 60 milioni di euro (+9 per cento sul 2011) e un obiettivo per il 2013 di 70 milioni di euro. Non male considerando che nel 2005 lo stesso fatturato era di 20 milioni di euro. Ebbene, le sue ciotole di insalate pronte all’uso, arricchite di ingredienti e complete di dressing monodose, chiamate Tenerelle Pausa Pranzo, sono state elette Prodotto dell’Anno 2013 per la categoria insalate. Si tratta del più importante riconoscimento in Italia basato sul voto dei consumatori finali. L’elezione avviene attraverso una ricerca di mercato, la più rilevante e rappresentativa in Italia per numero di individui coinvolti. Questa ricerca, svolta dall’ente internazionale SymphonyIri Group, ha coinvolto un campione di oltre 12 mila individui e misura atteggiamenti, sensibilità e attese dei consumatori nei confronti dell’innovazione. Il prodotto che, all’interno della sua categoria, ottiene la media più alta tra attrattività e valore d’uso viene eletto Prodotto dell’Anno. FRUITBOOKMAGAZINE

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ORTOROMI IN CIFRE (Rif. 2012)

3 60 644 27 8% 3 o player

in ITALIA

aziende agricole

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Controllo della produzione. Diversi i punti di forza dell’azienda che dal 2012 ha sede a Borgoricco, in provincia di Padova, dove è in fase di completamento il nuovo stabilimento di lavorazione e confezionamento da 20 mila metri quadri e dove sono già stati trasferiti tutti gli uffici. Tra questi il fatto di essersi trasformata nel 2006 in una cooperativa, così da poter controllare direttamente l’intera filiera, dalla semina alla vendita del prodotto finito. “Abbiamo abbracciato - spiega Fabio Ferrari, che dal mese di febbraio ha sostituito Maurizio Beltramello alla direzione commerciale di Ortoromi - la scelta di gestire direttamente la filiera di produzione, dalla semina al raccolto, dalla lavorazione al confezionamento, per fornire al consumatore un prodotto alimentare pratico e veloce che conservi intatte quelle caratteristiche di bontà e genuinità delle verdure fresche appena raccolte”. Il risultato è che nel 2012 sono state lavorate 21.330 tonnellate di ortaggi, di cui 10.800 provenienti dai soci. Vale a dire che il 50 per cento della materia prima è prodotta direttamente dai soci. Una percentuale così alta è un caso unico in Italia per un’azienda di quarta gamma (escludendo quelle di modeste dimensioni). La superficie produttiva è di 644 ettari distribuiti su tutto il territorio nazionale: OrtoRomi può contare su undici aziende agricole in Veneto, dieci in Campania, tre in Abruzzo, due in Lombardia e una nelle FRUITBOOKMAGAZINE

milioni di euro di fatturato

quota di mercato

ettari la superficie dei soci

stabilimenti

Marche, in grado di fornire materia prima controllata e sicura per 365 giorni all’anno. “Grazie al controllo diretto sulla produzione afferma Ferrari - riusciamo a consegnare A per A, nel senso che raccogliamo la mattina, lavoriamo il prodotto nel pomeriggio e raggiungiamo i cedi della grande distribuzione nelle prime ore della notte, per avere il prodotto nei punti vendita la mattina seguente”. Specialisti delle insalate, anche di prima gamma. A differenza dei due leader di mercato, Bonduelle e La Linea Verde, che producono anche prodotti diversi dalle insalate, come i legumi in scatola nel primo caso o i frullati e le zuppe l N.4 l LUGLIO 2013


Produciamo anche insalate fresche di prima “gamma, un business per noi strategico perché una fetta di consumatori continua a preferire questo articolo. Intendiamo distinguerci proprio per le insalate, di qualità, baby leaf e adulte, in tutte le varie declinazioni ”, Fabio Ferrari (OrtoRomi)

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Foto: Andrea Felice

fresche nel secondo caso, OrtoRomi è specializzata nelle insalate, di quarta ma anche di prima gamma. Nel 1996, quando è stata costituita, in realtà produceva solo insalate e aromi di prima gamma (non lavate). Tre anni più tardi nel portafoglio prodotti entravano le prime referenze di quarta gamma. “Oggi - spiega Ferrari - le insalate fresche non pronte al consumo rappresentano il 20 per cento della nostra produzione. Provengono per lo più da soci dislocati nel nord Italia, e sono destinate in buona parte ai mercati esteri di tutta Europa. La riteniamo una parte strategica della nostra produzione, anche perché una fetta di consumatori continua a preferire il prodotto di prima gamma. Noi vogliamo distinguerci proprio per le insalate, baby leaf e adulte, in tutte le varie declinazioni, che sono e rimarranno il nostro core business”. Restando sul tema dell’innovazione, OrtoRomi ha presentato pochi mesi fa un packaging nuovo ed ecocompatibile per l’assortimento di prima gamma, alternativo al classico polistirolo: un bauletto particolare nel formato - 250 grammi, fruibile quindi per il consumatore finale - e nella forma, essendo un cartoncino rivestito internamene e ricoperto nella parte superiore da un film di PLA (materiale ottenuto dalle fibre del mais). Tutto l’imballo è eco-compatibile, riciclabile nel bidone della carta e della plastica, come indicato in modo chiaro nella confezione stessa, che è dotata anche di una pratica

apertura apri-e-chiudi finalizzata a migliorarne la conservazione e consentirne un consumo più comodo e prolungato. “Da una parte sottolinea il direttore commerciale di OrtoRomi - vogliamo proporre prodotti a elevato valore aggiunto, in cui l’imballaggio non è fine a sé stesso ma ha un’elevata funzionalità. Dall’altra cerchiamo di ridurre al minimo l’imballaggio e di azzerare il suo impatto ambientale. Un accorgimento in più verso l’ambiente e un atteggiamento di attenzione che i consumatori più attenti alle tematiche green apprezzano già da tempo”.

Fabio Ferrari, 37 anni, una figlia, origini emiliane, ha assunto lo scorso febbraio il ruolo di direttore commerciale di OrtoRomi al posto di Maurizio Beltramello. Ha lavorato precedentemente a La Linea Verde, per sette anni, come responsabile area nord-ovest, a stretto contatto con clienti chiave sia italiani che esteri. A lui è stato affidato il compito di traghettare la cooperativa da una dimensione sovraregionale a una nazionale. “L’estero non è al momento una nostra priorità - ha dichiarato - dobbiamo prima consolidarci sul mercato interno, nelle aree dove siamo ancora scoperti”.

FRUITBOOKMAGAZINE


Nella foto le serre di Marcon, in provincia di Venezia, dell’azienda agricola Corradi della famiglia Pelosin, gestita oggi da Fabio Pelosin, figlio di Elio. L’azienda si estende su 55 ettari, di cui 25 a serre, tutte collegate tra di loro. All’interno si produce tutto l’anno, in modo prevalente insalatina baby leaf, valeriana e rucola, con metodi di lotta integrata per ridurre al minimo l’utilizzo della chimica. Si tratta di una struttura unica: per lavorare nelle corsie, larghe 4 metri, sono state personalizzate le macchine agricole, tutte fuori standard.

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Un’attenzione non nuova infatti: era il 2010 quando l’azienda padovana lanciò La mia Insalata, linea di prima gamma in busta di carta e PLA, declinata in cinque referenze baby leaf da 250 grammi. A chiudere il portafoglio prodotti c’è anche la linea Presto Cotti, verdure fresche già pulite e preparate per essere cotte velocemente direttamente in pentola o in padella, una soluzione facile per risparmiare tempo, fornire idee e ricette nuove senza rinunciare al gusto e ai principi nutritivi della verdura fresca. La presenza nel sud Italia, l’attenzione al mercato interno. Altro punto di forza di OrtoRomi è lo stabilimento di Bellizzi (3.500 metri quadri), in provincia di Salerno, che si affianca a quello storico di Loreggia (Padova, 7.500 metri quadri, 100 mila buste prodotte al giorno) e a quello di Villanova di Camposampiero (Padova, 4 mila metri quadri). Nel 2008 infatti è entrata a far parte della compagine societaria l’azienda agricola campana di Giuseppe Senese, che insiste su un’area particolarmente vocata per le insalate di prima e quarta gamma. Proprio dallo stabilimento di Salerno, che serve l’area da Roma in giù, arrivano le migliori performance: nel 2010 il fatturato sviluppato è stato di 10,5 milioni di euro (il 21,5 per cento del fatturato complessivo di Ortoromi), nel 2011 è salito a 14,5 milioni di euro (26,5 per cento), nel 2012 ha raggiunto i 17,5 milioFRUITBOOKMAGAZINE

FATTURATO ORTOROMI, Centri di Padova e Salerno 59.522 54.656 48.834

TOTALE

SALERNO

17.552 14.456 10.500 42.000 40.200 38.334

PADOVA 2012

ni di euro (29,5 per cento), a testimonianza che nel sud Italia la quarta gamma ha ancora buoni margini di crescita. Per ora non sono in programma aperture di stabilimenti all’estero, al contrario di quanto sta facendo, con successo, La Linea Verde. “Siamo ancora un’azienda giovane - commenta Ferrari - dobbiamo prima consolidarci sul mercato interno, soprattutto nel nord Ovest dove praticamente non siamo ancora presenti. In pochi mesi abbiamo riorganizzato la forza vendita nel nord Italia, prima costituita da agenti ora da venditori diretti, col fine di valorizzare le esperienze e le persone. Il nostro interlocutore naturale è la GDO, che serviamo sia a nostro marchio che come private label, in una proporzione di

2011

2010

30 a 70. Esportiamo da diversi anni all’estero, in diversi Paesi dell’Europa, raggiungendo la Russia con la prima gamma e la Polonia con la quarta, ma come dicevo per ora l’internazionalizzazione non rientra tra le nostre priorità. Abbiamo una clientela polverizzata in Italia, non serviamo ancora le catene leader se non in modo marginale, quindi ritengo che abbiamo grandi potenzialità di crescita”. Presto dovrebbe diventare operativo il nuovo stabilimento di Borgoricco (Padova), con sale di lavorazione estese su un’area di 20 mila metri quadrati. Per fare un paragone, i tre stabilimenti produttivi di La Linea Verde a Manerbio (Bergamo) - azienda che, ricordiamo, fattura il triplo di OrtoRomi - hanno una superficie di quasi 25 mila metri quadrati. Quindi parliamo di un investimento molto importante fatto in un’ottica di crescita. Oltre a rispondere l N.4 l LUGLIO 2013


Nel 2006 Ortoromi si è trasformata in una cooperativa così da controllare direttamente l’intera filiera, dalla semina alla vendita del prodotto finito. Nel 2008 è entrata nella compagine sociale l’azienda agricola campana di Giuseppe Senese che ha portato in dote lo stabilimento di Bellizzi (SA).

Foto: Andrea Felice

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a tutti i massimi standard qualitativi grazie a importanti innovazioni tecnologiche, su cui la società preferisce non fare anticipazioni, sarà anche certificato secondo rigidi standard. L’ampliamento della gamma, un nuovo marchio ombrello. “Vorremmo allargarci a prodotti a maggior contenuto di servizio, valorizzando al massimo tutto ciò che deriva dall’insalata, trasformando quello che viene considerato un contorno in un protagonista della tavola, con soluzioni innovative anche nel modo di gustare e concepire l’insalata”, spiega Ferrari. “Nel medio termine, auspichiamo entro la primavera del 2014, ci sarà quindi un rilancio completo del portafoglio prodotti con l’inserimento di linee ad elevato contenuto di servizio come le ciotole arricchite o il purè non pastorizzato che già oggi proponiamo. l N.4 l LUGLIO 2013

Il tutto accompagnato da un nuovo marchio ombrello, fresco e glamour, che vada a riposizionarci sul mercato e a darci una nuova immagine, più chiara, incisiva e coerente, soprattutto più in linea con ciò che è diventata oggi l’azienda. Ora abbiamo una pluralità di linee e di marchi, tipici di un’azienda media in evoluzione, manca un’uniformità di presentazione. I valoFRUITBOOKMAGAZINE


Nella foto i vertici della cooperativa OrtoRomi. A sinistra Elio Pelosin, socio fondatore e presidente. Al centro Giuseppe Senese, dal 2008 all'interno della compagine societaria con il ruolo di amministratore delegato. A destra Rino Bovo, anch’egli socio fondatore nonché vicepresidente della società. Tutti e tre sono anche titolari di importanti aziende agricole che conferiscono la materia prima a OrtoRomi.

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ri che dovrà esprimere il nuovo marchio saranno la qualità del prodotto, in cui OrtoRomi primeggia già da anni, e il valore aggiunto del servizio”. Non rientrano nei progetti i frullati freschi. “Perché - spiega Ferrari - è un mercato decadente in questo momento, che potrebbe anche morire, soffocato dai frullati pastorizzati da frutta concentrata o purea. C’è una certa confusione a livello di consumatore, che non percepisce le differenze tra i due prodotti, pur essendo completamente diversi. Da una parte c’è frutta fresca frullata che non subisce shock di processo come la centrifuga o la pastorizzazione, che mantiene le caratteristiche di sapore e le proprietà nutrizionali, che va tenuta in frigo e ha breve scadenza; dall’altra c’è un succo da purea o da concentrato, pastorizzato o centrifugato, che dura alcuni mesi e non va tenuto in frigorifero, un “falso” fresco lo definirei, tenuto a volte in modo inappropriato dalle catene distributive nel reparto ortofrutta. Sarebbe un mercato interessantissimo, purtroppo compromesso”. La qualità: sicurezza alimentare prima di tutto. Inutile far finta di niente, capita spesso che all’attenzione dell’opinione pubblica giungano casi di contaminazione di prodotti ortofrutticoli. Tra gli ultimi l’allarme lanciato a inizio giugno dalla fondazione tedesca Warentest, ripresa anche in Italia da diversi organi di stampa, in cui si FRUITBOOKMAGAZINE

La Mare e Sole è la new entry per l’estate 2013 della linea di ciotole Pausa Pranzo OrtoRomi, premiate con il riconoscimento “Eletto Prodotto dell’Anno 2013”. Un mix inedito, grazie alla nota esotica data dalle foglie intere di tatsoi, mizuna e red chard, varietà di insalate orientali dal

parla di “muffe e batteri nelle insalate confezionate presenti anche prima della scadenza e potenzialmente nocivi per la salute dei consumatori”. Nella ricerca si dice anche che “la pericolosità, però, non riguarda tutti i prodotti: esistono, infatti, insalate imbustate di diverse marche e di varie qualità e non tutte necessitano obbligatoriamente di un secondo lavaggio al momento del consumo”. “La qualità della materia prima è un nostro punto di forza e uno dei nostri valori fondanti”, afferma Ferrari. “OrtoRomi ha deciso di diventare

gusto unico, e al sapore intenso dello sgombro in tranci. Una ricetta tanto gustosa quanto leggera e sana, con solo 64kcal ogni 100 grammi. Gli ingredienti sono il lattughino verde e rosso, la bieta rossa, il tatsoi, il mizuna, le olive nere, lo sgombro sott’olio sgocciolato in tranci. A parte il condimento: sale, olio extravergine d’oliva e aceto balsamico. Il peso della ciotola è 140 grammi. Ogni linea di prodotti OrtoRomi è pensata per unire il gusto e una qualità sopra la media, alla praticità di confezioni ideate per ogni esigenza: le Pausa Pranzo OrtoRomi sono insalate ricche di ingredienti e gusto, pronte in ciotola con condimento e dressing, delle meal-solution sane e veloci.

cooperativa proprio per controllare nel migliore dei modi la fase produttiva, in cui si applicano la lotta integrata e tecniche rispettose dell’ambiente, con il minore utilizzo possibile di prodotti chimici. La tracciabilità è garantita lungo tutta la filiera e negli stabilimenti di lavorazione utilizziamo tutti gli accorgimenti possibili per evitare contaminazioni. A maggiore garanzia poi abbiamo un laboratorio di analisi interno che effettua controlli a campione continui. La grande distribuzione e i consumatori con i nostri prodotti possono stare tranquilli”.

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Alegra è l’azienda leader dell’ortofrutta italiana. Con oltre 10.000 produttori associati in cooperative, porta sul mercato una gamma completa di prodotti a filiera corta, controllati dal campo alla tavola. È partner delle grandi insegne della

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Agr. Don Camillo protagonista di meloni e angurie Nella terra amata da Giovannino Guareschi Eugenio Felice

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lia-Romagna e Lazio. In tutto 800 ettari investiti a melone, 100 ettari a mini anguria e 100 ad anguria tradizionale. “Anno dopo anno la domanda è sempre andata crescendo, tanto che i nostri maggiori sforzi sono dedicati alla ricerca di nuove superfici coltivabili e nuovi soci”, dichiara Ettore Cagna, presidente e fondatore della OP, nel corso di una visita che abbiamo svolto a fine giugno presso la sede di Brescello, paese che fa da sfondo ai racconti di Giovannino Guareschi, con protagonisti Don Camillo e Peppone, cui la OP si ispira nel nome e nella grafica. L’attenzione verso i produttori è molto alta, e lo capiamo quando chiediamo il motivo per cui le mini angurie - o mini cocomera come usano chiamarla da quelle parti - non sono seedless. “Perché la resa per ettaro è maggiore e sono più facili da produrre - spiega Cagna - e non vogliamo complicare troppo la vita ai nostri produttori. Ma anche per-

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Investire sui produttori, sulle nuove varietà, sulle strutture di confezionamento. È questo il segreto del successo di Agricola Don Camillo, OP con sede a Brescello, in provincia di Reggio Emilia, oggi il secondo maggiore produttore italiano di meloni e tra i maggiori produttori di mini angurie. Nel 2012 il raccolto di meloni è stato pari a 21 mila tonnellate, quello di mini angurie di 5 mila tonnellate. Quest’anno, pur a fronte di un clima sfavorevole, le ultime previsioni parlano di 24 mila tonnellate di meloni e 6 mila di mini angurie. A cui bisogna sommare 10 mila tonnellate di angurie tradizionali. Nel complesso 40 mila tonnellate di prodotto, collocato da aprile a ottobre. I soci si trovano in tutte le aree vocate del Paese, partendo dalla Sicilia, dove ci sono investimenti per 180 ettari e una produzione che quest’anno ha raggiunto, nei mesi di aprile e maggio, le 5 mila tonnellate, in considerevole aumento sul 2012 e oltre le previsioni di inizio campagna. Altre importanti zone di produzione si trovano in Veneto, Lombardia, Emi-

Foto: Andrea Felice

Un sempre più stretto rapporto con le insegne della grande distribuzione, nazionale ed estera, ha permesso alla OP costituita nel 2005 - e che vede tra i suoi soci anche il Gruppo Battaglio - di crescere al punto di diventare il secondo produttore nazionale di meloni e tra i primi di mini angurie con investimenti su 800 ettari, che entro due anni daranno solo produzioni certificate GlobalGAP. Ettore Cagna, presidente della OP, ci ha aperto le porte del magazzino di Brescello

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ché, tutto sommato, hanno semi piccoli e poco fastidiosi, non sono certo i semi delle angurie normali. Il mercato chiede angurie rosse, piccole e buone, e questo noi produciamo. È la misura che oggi fa la differenza. Le senza semi sono più che altro un’esigenza dell’estero, una nicchia di mercato che ora non ci interessa servire e a cui, a dire la verità, non crediamo nemmeno”. Le mini angurie vengono prodotte in Sicilia (a Licata e Pachino), in Veneto e in centro Italia e coprono un periodo che va dal 20 aprile a fine ottobre. Proprio sulle varietà l’azienda ha un’attenzione particolare. In collaborazione con le maggiori ditte sementiere vengono sperimentate le l N.4 l LUGLIO 2013

ultime novità in appositi campi prova, per una superficie complessiva di 10 ettari. Parlando di meloni, la tipologia di gran lunga più coltivata, dal sud al nord del Paese, è il retato ovale con solcatura della fetta. Il classico melone italiano quindi. Agricola Don Camillo ha puntato quest’anno, all’interno di questa tipologia, sulla varietà Pregiato della Clause, per il sapore aromatico, il profumo intenso e la lunga shelf life che soddisfa anche le esigenze dei mercati più lontani e piace alla grande distribuzione che può così attuare una migliore programmazione commerciale. “Produciamo comunque anche altre varietà - tiene a precisare Cagna - quelle che riteniamo

Il magazzino di Brescello (RE), dove ha sede la OP, sarà ampliato nel 2014 per arrivare a 10 mila metri.

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Agricola Don Camillo è tra i maggiori produttori nazionali di mini anguria. Nel 2012 ne ha prodotte 5 mila tonnellate. La scelta è ricaduta sulle varietà con semi, perché danno una maggiore resa per ettaro e sono più semplici da produrre. “Il mercato - ci ha spiegato Ettore Cagna - chiede varietà rosse, buone e piccole. È la misura che fa oggi la differenza più della presenza o meno dei semi. Che comunque sono piccoli e poco fastidiosi, nulla a che vedere con i semi delle angurie tradizionali”. Oltre alle mini la OP di Brescello produce anche 10 mila tonnellate di angurie tradizionali.

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DON CAMILLO IN CIFRE

2 3 800 2 40 7 prodotti

meloni e angurie

stabilimenti Brescello Sabaudia Licata

ettari

più congeniali in funzione della zona di coltivazione, del periodo di commercializzazione e del mercato da servire”. Proprio durante la visita allo stabilimento abbiamo avuto un esempio di questa ricerca, quando ci siamo imbattuti in un bins che era appena stato portato da un socio. Si trattava di una varietà in prova della tipologia Galia, che per i non addetti ai lavori è un retato rotondo, dorato fuori e bianco con sfumature verdi dentro, ad alto tenore zuccherino, che piace ai mercati del nord Europa. Cagna ne ha preso uno e, dopo un esame visivo, ne ha tagliato qualche fetta per assaggiarlo e farcelo assaggiare. Bello e buono, il suo e il nostro giudizio. FRUITBOOKMAGAZINE

o

produttore

italiano di meloni

I maggiori volumi produttivi, anno dopo anno, hanno richiesto un adeguamento delle strutture di confezionamento. Proprio quest’anno lo stabilimento siciliano di Licata, che due anni fa nemmeno esisteva, è stato ampliato da mille a 5 mila metri quadrati, mentre il magazzino di Brescello, dopo che questa primavera è stata costruita una tettoia da 1.500 metri quadrati per l’area di conferimento, sarà portato nel 2014 da 5 mila a quasi 10 mila metri quadrati. Le linee di confezionamento peraltro saranno tutte dotate di etichettatrici e pallettizzatori automatici. Il magaz-

mila tons

previste nel 2013

mesi di fornitura

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Il fotovoltaico? Abbiamo fatto una scelta diversa, “puntando a un impianto a biomasse da 1 MegaWatt, che produce energia elettrica ma anche ammendante e fertilizzante organico per i terreni, con risultati decisamente migliori se paragonato ai prodotti chimici ”, Ettote Cagna (Agr. Don Camillo) 45

Da sinistra: Ettore Cagna, presidente di Agricola Don Camillo, e il nipote Walter Benelli, direttore commerciale. Ettore Cagna è anche titolare di un’azienda agricola da 360 ettari di cui 100 dedicati ai meloni ed è socio di Cagna e Benelli Spa, azienda nata nel 1973 e specializzata nella fornitura di ortofrutta alla ristorazione collettiva e nella piccola distribuzione attraverso otto negozi ubicati tra Reggio Emilia e Parma. Sotto il digestore di Brescello.

zino di Brescello, capace oggi di lavorare fino a 500 tonnellate al giorno di prodotto, è dotato delle più moderne tecnologie, come le celle all’ozono per la conservazione e l’abbattimento della carica batterica dei frutti o la tecnologia NIR per il controllo non invasivo della qualità degli stessi. Negli uffici, affianco ai poster che ritraggono sequenze del film Don Camillo del ’52, tra cui una molto bella in cui il protagonista addenta una fetta di anguria, non abbiamo visto l’ormai consueto monitor che mostra l’energia elettrica prodotta dai pannelli solari. “Abbiamo fatto una scelta diversa ci spiega Cagna - puntando su un impianto a biomasse da 1 MegaWatt, acceso l’anno scorso, che oltre a generare energia elettrica produce anche ammendante e fertilizzante che andiamo a utilizzare integralmente nei campi. In pratica l’impianto è alimentato da un mix tra scarto di l N.4 l LUGLIO 2013

meloni, trinciato di mais e liquame. Ne esce energia elettrica e un digestato organico, sia in forma solida che liquida, che va a coprire il fabbisogno della nostra azienda agricola di famiglia”. Sì perché, non lo abbiamo detto, il presidente della OP è anche titolare di un’azienda agricola da 360 ettari, di cui 100 dedicati ai meloni. “In generale - prosegue Cagna - ci stiamo spostando sempre di più da fertilizzanti chimici a prodotti naturali che danno anche risultati migliori sui frutti”.

A livello commerciale l’OP si affidata a Waler Benelli, nipote di Ettore Cagna. La GDO assorbe quasi la totalità delle vendite, ciò permette di programmare la produzione ed evitare la variabilità dei mercati. L’estero, che significa centro, nord ed est Europa, incide per il 15 per cento circa. Un lavoro significativo viene fatto anche con Dubai: in questo caso i meloni vengono inseriti dentro appositi sacchetti ad atmosfera modificata che ne garantiscono la durata.

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Il melone Galia non si vende in Italia. Quale sarà la prima catena a spezzare l’incantesimo? Eugenio Felice

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Bello e buono, come abbiamo scritto nell’articolo precedente. Lo abbiamo assaggiato a fine giugno presso il magazzino di Brescello di Agricola Don Camillo, era appena arrivato da un campo prova (lo vedete, tagliato, nella foto). Di cosa stiamo parlando? Del melone Galia, praticamente sconosciuto al mercato italiano, tanto che pensavamo si trattasse di una novità assoluta. Chi lo avrebbe mai detto

Dorato fuori, bianco con riflessi verdi dentro, buccia sottile, retato in modo uniforme, di lunga conservabilità. Caratteristiche distintive: dolcissimo e fragrante. Nel Nord Europa è considerato il principe dei meloni, quello con il prezzo maggiore. Prodotto per lo più in America Latina, il Galia è stato sviluppato in Israele nel 1970 come ibrido delle varietà Cantalupo e Honeydew. In Italia viene coltivato (poco) nel Mantovano per poi essere esportato

invece che questo attraente melone è stato sviluppato oltre 40 anni fa in Israele e oggi copre la fascia premium nei supermercati inglesi? Facendo una breve ricerca su internet abbiamo scoperto poi che le grandi aziende sementiere non solo lo hanno nel catalogo prodotto ma continuano a sviluppare nuove varietà all’interno della tipologia. “Il melone Galia? Non ha mercato in Italia, non ha alcun senso parlarne” ci riferisce tra il sorpreso e l’infastidito un chain manager di una di queste aziende. “In Italia aggiunge - viene coltivato da trent’anni in quantità limitate, da non

più di due-tre aziende del Mantovano, e va tutto all’estero. È un melone che non rientra nella nostra cultura”. Più possibilista un altro chain manager che abbiamo interpellato: “L’italiano è tradizionalista, ha una conoscenza limitata e ha in mente un solo ideotipo di melone. Tutt’altra musica all’estero. Sono stato recentemente in un supermercato in Svizzera e sono rimasto sbalordito nel vedere che c’erano sette, dico sette diverse tipologie di melone esposte. Un assortimento che da noi non hanno nemmeno i produttori. In Italia, per uscire dalla logica monopro-

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dotto, ci vorrebbe l’intervento della GDO, con presenza sul banco, comunicazione e degustazione”. Allora siamo a posto, pensiamo noi. I supermercati italiani, così piccoli e divisi, attenti solo al prezzo, incapaci di fare strategia, chi glielo fa fare di investire nell’ampliamento dell’assortimento? Meglio il monopolio varietale che complicarsi la vita. Però a noi il Galia è piaciuto, ci è bastato assaggiarlo una volta, lo compreremmo, a prescindere dal prezzo. E poi diciamolo: che noia il solito melone!

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Innovazione e vocazione: la qualità secondo Alegra, armi vincenti per crescere Sono quasi sessanta i Paesi esteri serviti dalla business unit di APO Conerpo Eugenio Felice

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Ha compiuto 10 anni di attività la commerciale di Faenza che vede come socio forte la maggiore cooperativa italiana del settore, Agrintesa (250 mila tonnellate di ortofrutta conferita ogni anno). Abbiamo intervistato il suo amministratore delegato, Gianni Amidei, uomo di grande esperienza e concretezza, con le idee chiare su come dare reddito ai produttori. “Se non innovi dichiari la tua morte. Sul futuro sono positivo: le persone continueranno a mangiare frutta e ortaggi” Estero, organizzazione, dimensione, cooperazione, qualità. Sono queste le parole chiave che descrivono uno dei maggiori gruppi ortofrutticoli italiani, che vede nella parte produttiva alcune importanti cooperative aderenti ad APO Conerpo, tra cui la più grande di tutte, Agrintesa (nata nel 2007 dalla fusione tra Intesa, Emiliafrutta e Agrifrut), e nella parte commerciale Alegra e Valfrutta Fresco. “I soci di Alegra - spiega l’amministratore delegato Gianni Amidei sono Agrintesa, Italfrutta e OVR, i soci di Valfrutta Fresco sono Agrintesa, Italfrutta e Fruit Modena Group. Commercializziamo anche frutta e ortaggi di altre realtà produttive, italiane ed estere, che non vanno a sovrapporsi alle produzioni dei nostri soci, per integrare la gamma e assicurare ai nostri clienti una fornitura continuativa per 365 giorni l’anno. Abbiamo accordi importanti quindi con tante realtà del centro e sud Italia, per prodotti quali pomodoro, uva da tavola, agrumi, frutta estiva a nocciolo precoce, patate e cipolle, verdure in genere”. FRUITBOOKMAGAZINE

PRINCIPALI PRODUZIONI (tons) NETTARINE KIWI PERE SUSINE PESCHE MELE PERCOCCHE

80.000 49.000 40.000 20.000 18.500 14.500 2.500

Gli uffici di Alegra si trovano nello stesso stabile di quelli di Agrintesa e Valfrutta Fresco. Dalle finestre si può intravedere lo stabilimento di stoccaggio e confezionamento di Faenza, uno dei cinque della cooperativa. Ci troviamo in una delle aree a maggiore vocazione per frutta estiva e kiwi. “Pesche e nettarine - ammette Amidei, che fino alla fine dello scorso anno è stato direttore di Agrin-

Anno agricolo 2012/2013

KAKI ALBICOCCHE FRAGOLE CILIEGIE ALTRA ORTOFRUTTA VERDURA INDUSTRIA UVA DA VINO

6.000 3.500 900 1.000 14.500 45.000 150.000

tesa - non stanno certamente passando un buon periodo: sono anni difficili, in cui la domanda che si pone il produttore non è tanto cosa piantare ma se piantare. I produttori, non facendo reddito, spesso preferiscono tagliare. Per quanto ci riguarda, pur a fronte di una indubbia contrazione, abbiamo rinnovato gli impianti con varietà attente alle richieste del mercato, in termini di colore, pezzatura, sal N.4 l LUGLIO 2013


Foto: Andrea Felice

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pore e shelf life. L’innovazione, lo dico sempre ai nostri soci, è fondamentale. Chi non innova dichiara la sua morte. Abbiamo la fortuna di avere una base sociale ancora in grado di rinnovare, grazie anche ai contributi che arrivano dall’OCM. Una base sociale che ha una caratteristica positiva in questi momenti di crisi: ama diversificare su tre-quattro prodotti differenti. Come fanno a scegliere cosa piantare? In base alla vocazionalità di quel terreno e alla loro esperienza. Inutile improvvisare. Questo è anche il motivo per cui la pesca piatta non va oltre l’1 per cento della nostra produzione: non siamo ancora riusciti a trovare delle varietà adatte alle nostre zone di produzione. E non è detto che sia un male, considerando che l’offerta, soprattutto spagnola, è già abbondante e in certe occasioni abbiamo riscontrato dei prezzi più bassi rispetto alle pesche o nettarine tradizionali”. l N.4 l LUGLIO 2013

Gianni Amidei è da pochi mesi amministratore delegato di Alegra. Riveste lo stesso ruolo in Valfrutta Fresco, fin dalla sua costituzione, nel 2008. È stato dal 1994 al 2012 direttore generale di Agrintesa, oggi tra le più grandi cooperative ortofrutticole italiane.

“Questo rinnovamento - prosegue Amidei - ci dovrebbe permettere di affrontare il mercato nei prossimi anni con una certa serenità. Anche perché oggi serviamo molti più mercati esteri rispetto a qualche anno fa”. Alegra è nata 10 anni fa come business unit di APO Conerpo assieme a Naturitalia. L’anno scorso ha commercializzato poco più di 170 mila tonnellate di prodotto e fatturato quasi 150 milioni di euro. È il primo fornitore italiano di nettarine e susine, tra i primi di kiwi. Le esportazioni valgono il 70 per cento del fatturato. “Negli ultimi 5 anni - dichiara Amidei - il mercato è cambiato e noi ci siamo adeguati: la Germania assorbiva il 50 per

cento del nostro prodotto, ora siamo al 30 per cento; il Regno Unito assorbiva il 17-18 per cento, ora vale il 10 per cento. Queste quote si sono spostate verso l’Europa dell’Est, la Russia, il Medio Oriente, la Cina e il Nord Africa, Egitto in particolare. Sui mercati tradizionali a pesare è la concorrenza del prodotto greco, più che di quello spagnolo. In generale la nostra offerta è e rimarrà competitiva fintanto che riusciremo a esprimere qualità. Se possiamo definirci soddisfatti di come va il mercato estero, non possiamo dire lo stesso del mercato interno. La GDO italiana va riorganizzata, ci sono tante insegne e troppi punti vendita, fa fatica a fare strategia ed economie di scala. In questo periodo di crisi soffrono, pur avendo ricarichi doppi rispetto alle catene estere. Hanno sempre più bisogno di mungere. Morale della favola: per prendere due soldi bisogna andare all’estero”. FRUITBOOKMAGAZINE


La GDO italiana va riorganizzata, ci sono troppe “insegne e troppi punti vendita, non riesce a fare strategia ed economie di scala. Ha sempre più bisogno di mungere. Per prendere due soldi bisogna andare all’estero dove caricano e pagano di più ”, Gianni Amidei (Alegra e Valfrutta Fresco) 50

ALEGRA IN CIFRE (2012)

3 10 148 170 90% 70% coop socie

anni

di attività

milioni di fatturato

Gianni Amidei è anche amministratore delegato di Valfrutta Fresco, società nata nel 2008 per “firmare” l’ortofrutta di prima e quarta gamma ottenuta nelle aree più vocate del Paese con tecniche di coltivazione moderne e rispettose dell’ambiente e della salute dell’uomo. Parliamo quindi di prodotti di fascia premium che utilizzano lo storico marchio creato nel 1972. Il mercato di riferimento è quello interno. Tra i soci di riferimento c’è, oltre ad Agrintesa e Italfrutta, anche Fruit Modena Group, che è di gran lunga la più grande organizzazione di produzione di pere. “Il business è in crescita ma speravamo di fare meglio”, spiega l’amFRUITBOOKMAGAZINE

ministratore delegato. “Non avevamo messo in preventivo la crisi che ha colpito e sta colpendo pesantemente il portafoglio degli italiani. Ci rivolgiamo sia al normal trade che alle catene della distribuzione moderna. Con queste incontriamo una certa difficoltà a fare grandi numeri, perché in generale preferiscono la private label e fanno fatica a comprendere che con un prodotto di alta qualità offri qualcosa in più al consumatore finale, gli dai una scelta maggiore e ottieni anche una remunerazione più alta a metro quadro. In altri termini aumenti lo scontrino”.

mila tons

commercializzate

vendite alla GDO

vendite all’estero

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La via italiana agli imballi riutilizzabili Il caso CPR System In quindici anni mai alzate le tariffe Eugenio Felice

Foto: Andrea Felice

La cooperativa romagnola si conferma leader indiscusso in Italia per gli imballi in plastica riutilizzabili. L’80 per cento dei movimenti sono assicurati da Coop e Conad. Praticamente assente all’estero, CPR System si distingue dagli altri pooler per non lavare tutte le cassette. O meglio, “per lavare solo quelle sporche”, ci ha spiegato il direttore Monica Artosi. Scelta giustificata da motivi di ordine economico, a beneficio di tutti gli attori della filiera, e ambientale Un’eccezione nel panorama degli imballi in plastica riutilizzabili: l’unica società del settore - tecnicamente pooler - che non lava tutte le casse, con tutti i pro e i contro che questa operazione comporta. Non solo: è anche l’unico pooler che gestisce l’intera filiera in forma cooperativa. Un’eccezione tutta italiana, dato che a quanto ci risulta non ci sono altri casi analoghi nel mondo (escludendo i sistemi proprietari di singole catene distributive). I competitor in Italia, aziende internazionali che si chiamano IFCO, Polymer Logistics ed Euro Pool System, le casse le lavano e sanificano tutte quante. Ma si tratta di un’eccezione positiva o negativa? Si tratta della solita soluzione all’italiana per risparmiare sui costi o di una felice intuizione che crea valore lungo la filiera? Questo era il pensiero più ricorrente mentre percorrevamo, nel mese di maggio, l’autostrada che ci avrebbe condotto alla sede di CPR System, a Gallo, in provincia di Ferrara, dove si trova anche uno dei tre centri di lavaggio (il primo ad essere realizzato).

Ma partiamo dagli ultimi risultati. Il bilancio 2012 si è chiuso con un fatturato di 46,1 milioni di euro, in linea con l’anno precedente, e un utile di 1,5 milioni di euro. Ai soci saranno ristornati 3,5 milioni di euro, proporzionalmente alle movimentazioni effettuate e il capitale sociale, pari a 17,8 milioni di euro, verrà remunerato al 3 per cento. Le rotazioni sono state in linea con il 2011: 116 milioni di movimenti di cassette. Valore che fa di CPR System il leader di mercato in Italia delle cassette riutilizzabili a sponde abbattibili, con una quota pari al 38 per cento. A questo numero si aggiungono circa 0,5 milioni di movimenti di minibins e 4,4 milioni di movimenti di pallet. “Pur a fronte di una congiuntura sfavorevole - afferma Monica Artosi, che da circa un anno ha sostituito Gianni Bonora alla direzione generale della cooperativa nata nel 1998 - è stato un anno positivo, in cui abbiamo mantenuto i movimenti per quanto riguarda le cassette a sponde abbattibili e siamo cresciuti con i pallet. Abbiamo potuto così garanFRUITBOOKMAGAZINE

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Nello stabilimento di Gallo CPR System sta sperimentando dallo scorso febbraio un macchinario all’avanguardia progettato dalla Unitec in grado di fotografare ogni cassetta e con un software sofisticato verificarne l’effettiva pulizia. Se, come sembra per ora, si dimostrerà efficace, sarà adottato anche negli altri centri di lavaggio con il risultato che le cassette non lavate saranno solo quelle che avranno superato l’esame della macchina. Con questa tecnologia CPR System potrà dare ancora maggiori garanzie di portare sul punto vendita della catena distributiva ma anche al magazzino di confezionamento solo cassette pulite.

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tire anche quest’anno, come facciamo ormai da 10 anni, un dividendo ai soci, che per noi sono molto importanti essendo CPR System una cooperativa e senza apportare nessun aumento alle tariffe, che sono invariate da 15 anni. Per il presente e il futuro prossimo non ci aspettiamo grandi passi avanti per quanto riguarda i movimenti nel settore ortofrutta, non solo per via della crisi dei consumi ma anche perché il sistema degli imballi in plastica riutilizzabili ha già raggiunto una quota importante in Italia, con l’adesione di tutte le maggiori catene distributive. Ci aspettiamo di crescere invece sia in altri settori legati al fresco, come la carne, sia nei pallet”. FRUITBOOKMAGAZINE

A differenza degli altri player presenti oggi sul mercato nazionale, CPR System è una cooperativa che vede tra i suoi soci sia produttori di ortofrutta che distributori e aziende di servizio. Nel consiglio di amministrazione, presieduto da Renzo Piraccini (Apofruit Italia), siedono Claudio Gamberini (Conad, seconda catena distributiva italiana), che è anche vice presidente, Sebastiano Alba (Oranfrizer), Gianni Amidei (Agrintesa), Giuseppe Battagliola (La Linea Verde), Cesare Bellò (OPO Veneto), Nicola Giuliano (Giuliano Srl), Lauro Guidi (Agribologna/Conor), Antonio Orsero (Fruttital), Fabio

Palo (Finagricola), Rosanna Rossi (Sud Ortaggi), Salvatore Giardina (F.lli Giardina), Josef Wielander (VI.P) e Sandro Zani (Granfrutta Zani). Fino al mese di giugno sedeva nel consiglio, con il ruolo di vice presidente, assieme a Gamberini, anche Roberto Fiammenghi di Coop Italia, recentemente scomparso. Nel complesso i soci hanno superato nel 2012 le mille unità in rappresentanza di tutta la filiera. “Caso più unico che raro - spiega la Artosi - abbiamo messo insieme produttori e distributori per creare un circuito virtuoso che non mira a massimizzare il profitto bensì a ridurre i costi e non è un caso che le nostre tariffe sono le più competitive nel settore. Nel 1998, quando la cooperativa è stata l N.4 l LUGLIO 2013


ci aspettiamo grandi passi avanti per quan“toNon riguarda i movimenti nel settore ortofrutta, per via della crisi dei consumi ma anche perché il sistema di pooling ha già raggiunto quote importanti. Ci aspettiamo di crescere invece in altri settori legati al fresco e nei pallet ”, Monica Artosi

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Foto: Andrea Felice

costituita, i soci erano nove produttori. Poi ha aderito Conad. Il salto dimensionale lo abbiamo fatto con Coop Italia, che ci ha fatto diventare grandi. Sono seguite diverse catene distributive tra cui Pam, Bennet, Realco (Sigma), Il Gigante, L’Abbondanza (Selex) e CeDi Marche (Selex). Ancora oggi circa il 60 per cento dei movimenti sono fatti da Coop Italia, il 20 per cento da Conad. Il grado di saturazione raggiunge oggi l’80 per cento, nel senso che nei punti vendita i quattro quinti dell’ortofrutta viaggia sui nostri imballi, e difficilmente può crescere, considerando che ci sono anche le vendite a collo o le promozioni”. Oltre ad essere una cooperativa, a dare la possibilità ai soci di acquistare o noleggiare le casse - gli altri pooler permettono solo il noleggio - e avere un business quasi esclusivamente nazionale - nessuna catena estera vi aderisce, per cui gli unici movimenti esteri arrivano dai fornitori spagnoli delle catene italiane socie - l’altra differenza di peso rispetto agli altri pooler operanti in Italia è che le cassette non vengono lavate tutte. La percentuale di lavaggio nel 2012 è stata infatti del 54 per cento. Il che significa che quasi la metà delle cassette vengono riutilizzate senza essere state lavate. Su 116 milioni di movimenti fatti l’anno scorso, il lavaggio c’è stato su circa 70 milioni di movimenti,

di cui 26 nel centro di Casei Gerola (Pavia), 22 in quello di Lastra a Signa (Firenze) e altri 22 in quello di Gallo. “Perché lavare una cassetta quando questa è ancora pulita?”, ci chiede la Artosi. “Non è uno spreco e un’offesa all’ambiente? Più che non lavare tutte le cassette, preferisco sottolineare che laviamo solo quelle sporche, puntando alla sostenibilità e al risparmio di risorse. Ritengo che da questo punto di vista siamo un’eccellenza nel panorama degli imballi in plastica riutilizzabili. Tutte le nostre cassette vengono sottoposte a un esame visivo dal nostro personale all’interno dei 19 depositi presenti sul territorio nazionale. Gli imballi che non superano questo esame vengono inviati in uno

Monica Artosi, 41 anni, coniugata, due figli, laurea in Economia e Commercio all’Università di Bologna, figlia di agricoltori, lavora presso CPR System fin dal 1998, anno della sua fondazione, prima come direttore amministrativo, poi come direttore operativo e infine, dal 2012, come direttore generale al posto di Gianni Bonora, che ora segue, sempre all’interno dell’azienda, lo sviluppo di nuovi progetti. Una curiosità: nel mondo degli imballi in plastica riutilizzabili a rivestire i ruoli di maggiore responsabilità sono oggi delle donne: Laura Sabbadini (Polymer Logistics), Eleonora Gemini (IFCO) e appunto Monica Artosi. Unica eccezione Emanuele Timpanaro di Euro Pool System.

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Il bilancio 2012 si è chiuso con un fatturato di 46,1 milioni di euro, in linea con l’anno precedente, e un utile di 1,5 milioni di euro. Ai soci saranno ristornati 3,5 milioni di euro. Nel 2012 sono stati di 116 milioni i movimenti di cassette, di 0,5 milioni quelli di minibins e di 4,4 milioni quelli di pallet.

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CPR SYSTEM: LE CIFRE DEL 2012 quota lavaggio

15 54% 46 38% 116 20 anni

di attività

quota di mercato ITALIA

milioni

movimenti

milioni di euro

fatturato

depositi in ITALIA

Foto: Andrea Felice

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dei nostri tre centri di lavaggio. Nello stabilimento di Gallo stiamo sperimentando da febbraio un macchinario all’avanguardia progettato dalla Unitec in grado di fotografare ogni cassetta e con un software sofisticato verificarne l’effettiva pulizia. Se, come sembra per ora, si dimostrerà efficace, sarà adottato anche negli altri centri di lavaggio con il risultato che le cassette non lavate saranno solo quelle che avranno superato l’esame della macchina. Infine c’è un controllo anche da parte del produttore e confezionatore: se proprio dovesse arrivare una partita di cassette non idonee basterà segnalarcelo e noi provvederemo alla sostituzione. Come abbiamo l N.4 l LUGLIO 2013

sempre fatto finora, grazie anche alla forma cooperativa che rende i nostri soci molto collaborativi. È grazie alle loro segnalazioni e osservazioni che il sistema si è affinato negli anni. I risultati alla fine sono due: da una parte riduciamo i costi in modo sensibile rispetto ai sistemi che prevedono un lavaggio al 100 per cento; dall’altra siamo comunque sicuri di portare sul punto vendita della catena distributiva delle cassette pulite”. Per i mesi a venire ci saranno delle novità, per migliorare ancora il servizio ai soci e la presenza sul territorio. “I risultati del 2012 -

spiega la Artosi - ci danno la possibilità di crescere ancora”. Lo stabilimento di Gallo, dove ha sede la cooperativa, che abbiamo visitato e che ha oggi una percentuale di lavaggio del 67 per cento su 32 milioni di casse movimentate (rif. 2012) sarà presto ampliato e ammodernato: sarà migliorata l’antisismicità delle strutture, colpite dal terremoto del 2012; sarà realizzato un nuovo impianto di lavaggio, completamente robotizzato e capace di lavare 5 mila casse l’ora contro le 3.600 di oggi; sarà infine costruito un nuovo magazzino di 6 mila metri quadri dedicato alle attività di deposito e stampaggio, un’importante novità che dal 2014 permetterà di chiudere il riFRUITBOOKMAGAZINE


Lo stabilimento di Gallo, dove ha sede la cooperativa, sarà presto ampliato e ammodernato. Sono in corso poi i lavori di realizzazione del nuovo centro di lavaggio di Aprilia (Latina), che dal prossimo anno consentirà di servire meglio l’area del centro-sud e portare a quattro i centri di lavaggio.

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ciclo, recuperando anche le cassette rotte o non più utilizzabili. Sono in corso poi i lavori di realizzazione del nuovo centro di lavaggio di Aprilia (Latina), che dal prossimo anno consentirà di servire meglio l’area del centro-sud e portare a quattro i centri di lavaggio. A Cesena, infine, prenderà avvio il nuovo polo logistico CPR Servizi. “Per noi - conclude la Artosi - si mantiene massima l’attenzione verso l’ambiente, per questo continueremo a non lavare tutte le cassette e a ricercare le soluzioni migliori per ridurre ulteriormente i costi e rendere ancora più efficiente il nostro sistema”. CPR System rappresenta quindi un’eccezione positiva o negativa nel panorama degli imballi in plaFRUITBOOKMAGAZINE

Il centro di lavaggio di Gallo (Fe) sarà presto ammodernato per aumentarne la produttività. Oggi vengono lavate fino a 3.600 cassette l’ora a una temperatura tra i 48 e i 50 gradi centigradi. Nel 2012 CPR System ha lavato il 54 per cento delle cassette movimentate.

stica riutilizzabili? Anche se non spetta a noi esprimere giudizi, possiamo però fare delle considerazioni. Innanzitutto è riduttivo limitare la questione solo all’aspetto del lavaggio. Parliamo infatti di una cooperativa che vede tra i suoi soci sia catene distributive che confezionatori, con un grado di soddisfazione elevato, almeno a giudizio degli operatori che abbiamo interpellato. L’entusiasmo che abbiamo respirato du-

rante la visita, gli importanti progetti di sviluppo volti a migliorare il servizio, la voglia di fare e sperimentare nuove strade, i conti in ordine anno dopo anno, sono sicuramente altri segnali positivi. Il lavaggio delle sole cassette sporche poi, se è vero che potrebbe in linea teorica esporre a dei rischi igienici - ma va detto che finora non ci sono mai stati problemi di questo genere in Italia - è vero anche che permette un risparmio notevole sulle risorse impiegate e quindi sui costi di gestione a beneficio dell’ambiente e di tutta la filiera, con tariffe che, pur a fronte di un ventaglio di servizi meno ampio rispetto ai pooler “tradizionali” (ad esempio non è compresa la consegna a domicilio delle cassette), sono del 40-50 per cento inferiori. E, di questi tempi, scusate se è poco.

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Al clima non si comanda. Raccolto scarso in Europa per patate e cipolle Le conseguenze delle alluvioni di primavera Eugenio Felice

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La primavera fresca e piovosa ha ritardato e ridotto la produzione di patate e cipolle in diverse aree d’Europa. In Italia il calo è nell’ordine del 30 per cento. Ne abbiamo parlato con Oscar Sambugaro, direttore commerciale del Gruppo Napoleon di Verona che vanta una grande esperienza su un’ampia gamma di ortaggi inviati alle catene della grande distribuzione italiana ed estera. Da due anni è il primo fornitore di ortaggi di Lidl Italia e sta crescendo anche con la frutta Chi fa impresa nel mondo dell’ortofrutta non si annoia di sicuro. Ogni stagione è diversa dalle altre, imprevedibile nella sua dipendenza dalle condizioni climatiche. Questo vale più che mai quest’anno, in cui una primavera eccezionalmente piovosa e fresca ha creato su scala europea i presupposti per un raccolto di patate e cipolle quanto mai ridotto. Problemi ci sono stati in tutte le principali zone di produzione, basti pensare a eventi straordinari come le alluvioni in Europa centrale di inizio giugno che hanno messo sott’acqua non solo le zone agricole ma intere città. Cosa c’è da aspettarsi allora per la campagna che sta prendendo il via? Lo abbiamo chiesto a Oscar Sambugaro, direttore commerciale del Gruppo Napoleon, storica azienda veronese, fondata nel 1935 e giunta alla terza generazione. “Mancherà sicuramente del prodotto, la situazione è difficile in tutta Europa”, ci riferisce Oscar Sambugaro, che abbiamo incontrato presso la sede di Arcole (Vr), dove si trovano, su un’area di ben FRUITBOOKMAGAZINE

30 mila metri quadrati, i magazzini per il ritiro, la conservazione, la lavorazione e il confezionamento dei prodotti, indirizzati in modo quasi esclusivo alle catene della grande distribuzione nazionale ed estera. “In Italia prevediamo un raccolto più basso del 30 per cento. A causa delle piogge continue i campi erano impraticabili, le semine sono state ritardate di oltre un mese nei principali areali produttivi, andando dai primi di marzo fin anche a metà aprile. Questo ha comportato un ritardo sull’avvio della campagna commerciale, iniziata a luglio inoltrato e non a fine giugno come succede di solito. Sul calo dei quantitativi hanno contribuito inoltre le temperature più fredde della norma durante la primavera, che non hanno favorito lo sviluppo dei tuberi. Anche la disponibilità delle patate novelle non è stata particolarmente elevata quest’anno, il raccolto è stato più scarso sia nel sud Italia che in Israele, Egitto e Tunisia”.

Oscar Sambugaro, 48 anni, coniugato, rappresenta con i cugini Stefano, Federica e Andreina la terza generazione di una delle più importanti realtà imprenditoriali di Verona: il Gruppo Napoleon, fondato nel 1935 dal nonno Luigi. Oscar riveste il ruolo di direttore commerciale.

Il Gruppo Napoleon può vantare una grande esperienza nella lavorazione e nel commercio delle patate con una fornitura continuativa che copre i 12 mesi. Al prodotto nazionale si affianca quello di importazione. “Un’attività normale spiega Oscar Sambugaro - considerando che l’Italia produce meno patate di quelle che consuma. Per questo le importazioni vengono fatte durante tutto il periodo dell’anno. È importante sposare il territorio, e noi lo facciamo nei limiti del possibile, fintanto che la produzione rimane competitiva. Ma bisogna essere consapevoli che il mondo è sempre più globalizzato e, nello specifico caso delle patate e delle cipolle, il consumatore ital N.4 l LUGLIO 2013


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liano è già abituato a trovare prodotto di origine estera. Le principali aree di approvvigionamento sono per noi la Grecia, la Francia, Israele e la Tunisia. Parliamo sempre di prodotto controllato e di qualità in linea con quanto richiesto dalla clientela, che nel nostro caso sono le catene della grande distribuzione”. I tuberi giungono al magazzino di Arcole per essere lavorati e ripartire verso il mercato interno o quello estero, in particolare l’Europa dell’Est, dalla Polonia a Cipro. Nell’ufficio del direttore commerciale del Gruppo Napoleon non possiamo non notare sul tavolo la presenza, uno accanto all’altro, di numerosi bozzetti grafici (che riproponiamo nella pagina che segue). “A partire da questa campagna - ci viene riferito - con l’ausilio dell’agenzia Mo.Da Comunicaziol N.4 l LUGLIO 2013

ne stiamo rinnovando completamente l’immagine delle confezioni, differenziandola a seconda del tipo di preparazione che intende riservare il consumatore finale alle patate. La nuova veste grafica, fresca e accattivante, riguarda sia i sacchetti a rete con fascia filmata ad alta comunicabilità che i cartoni. Per il nostro gruppo gli investimenti sono sempre stati un aspetto cruciale per restare competitivi: se ti fermi dichiari la tua morte. Per noi gli investimenti più importanti sono di due tipi: quelli tecnologici, che riguardano essenzialmente nuovi e più performanti macchinari, e quelli sulle persone, in particolare le relazioni con il mondo produttivo. Perché oggi se

Il Gruppo Napoleon, con un fatturato di 60 milioni di euro, ha una grande tradizione nelle patate e cipolle, nazionali e di importazione.

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Per noi gli investimenti più importanti sono di “due tipi: quelli tecnologici e quelli sulle persone, in particolare con il mondo produttivo. Perché oggi se non hai un preciso controllo della produzione rischi di diventare inaffidabile e di andare velocemente fuori mercato ”, Oscar Sambugaro 62

IL GRUPPO NAPOLEON IN CIFRE

88 3ªª 60 20 12 30

anni di attività

a

generazione milioni di euro di fatturato

referenze di ortaggi

mesi di fornitura mila mq

di magazzini ad Arcole (Vr)

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non hai un preciso controllo della produzione rischi di diventare inaffidabile e di andare velocemente fuori mercato”. Negli ultimi anni il gruppo si è riorganizzato proprio per essere più vicino alla produzione, costituendo due agenzie di intermediazione - VOL e Perla Rossa - e tre aziende agricole assieme ad alcuni storici conferitori, giunti alla seconda o terza generazione e quindi di grande esperienza. Considerando anche l’apporto di qualificati fornitori localizzati nelle aree più vocate d’Italia e l’attività di importazione, il Gruppo Napoleon è oggi in grado di offrire una ventina delle più comuni referenze di ortaggi per 365 giorni l’anno. “La gamma è così ampia che possiamo

soddisfare buona parte delle richieste, in termini di assortimento, delle catene distributive”, precisa Oscar Sambugaro. “Ci siamo strutturati per essere flessibili e pronti al cambiamento. Non è un lavoro semplice, ma cresce di anno in anno a dimostrazione che anche in tempi di crisi, chi lavora bene, chi fa sistema col mondo produttivo, condividendo dei progetti e rispettando i ruoli di ciascuno, può ancora togliersi delle soddisfazioni. Lo stesso discorso vale anche per il rapporto con la grande distribuzione: prima di poter fare dei programmi e sposare dei progetti devi dimostrare di essere flessibile, disponibile, meritevole e affidabile. Un lavoro che richiede anni”. Ha le idee chiare insomma Oscar Sambugaro e le sue parole trovano riscontro nei fatti: il Gruppo Napoleon da due anni è il primo forl N.4 l LUGLIO 2013


Il Gruppo Napoleon da una decina di anni ha affiancato ai prodotti di prima gamma una linea di quarta gamma. Nei magazzini di Arcole (Vr) si trovano infatti, in un’area specifica, macchinari per lavare, pelare, tagliare e insacchettare patate (nella foto una confezione da 5 kg), carote e cipolle, destinate poi a operatori della ristorazione collettiva. Le produzioni ad alto contenuto di servizio rientrano nei piani del gruppo scaligero, anche in vista della entrata in funzione di un nuovo magazzino che si trova sempre ad Arcole, adiacente agli altri.

nitore di ortaggi di Lidl Italia, la seconda catena discount del Paese dietro a Eurospin (altro cliente della famiglia Sambugaro). Lidl Italia che tiene il quartier generale proprio ad Arcole, in provincia di Verona, a poche centinaia di metri dai magazzini del Gruppo Napoleon. “Gli ortaggi valgono circa il 70 per cento del nostro business”, aggiunge il direttore commerciale della ditta scaligera che

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tiene anche un ampio posteggio all’interno di Veronamercato, dove ha sede il gruppo. “Stiamo crescendo con la frutta, grazie anche all’agenzia Perla Rossa che segue i rapporti con i produttori dell’Emilia-Romagna per articoli come pere, mele, albicocche, pesche, nettarine, oltre ad alcune verdure. Sarà poi presto operativo un nuovo magazzino ad Arcole, destinato alla lavorazione dei prodotti, anche

ad elevato valore aggiunto, su cui abbiamo già una certa esperienza avendo da una decina di anni una linea di patate, carote e cipolle sbucciate, tagliate e insacchettate, pronte al consumo, rivolta alla ristorazione collettiva”.

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Le ultime novità del post raccolta secondo Retarder Le soluzioni che migliorano le performance della filiera Eugenio Felice

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Gli alveoli in polpa di legno e quelli di carta, i sacchetti in atmosfera modificata, la ceratura per le mele che piace tanto alle catene estere ma che viene snobbata - per ora - da quelle italiane. Sono queste le ultime soluzioni che migliorano la conservazione dei prodotti ortofrutticoli e al tempo stesso la loro presentazione, senza lasciare residui chimici e preservandone il sapore. Ne abbiamo parlato con Aldo Rivoira, titolare della Retarder, grande conoscitore della materia Quali sono le ultime tendenze in fatto di tecnologia per la conservazione e il confezionamento dei generi ortofrutticoli? Lo abbiamo chiesto ad Aldo Rivoira, che nel 2001, dopo diversi anni di esperienza presso un’altra azienda, ha fondato a Verzuolo, in provincia di Cuneo, in zona ad elevata vocazione frutticola, la Retarder Srl, società affermatasi proprio per l’ampia proposta di soluzioni innovative legate al post raccolta. Non parliamo di una semplice società commerciale ma di un’azienda alla continua ricerca di soluzioni, tecnologie e prodotti in grado di coprire tutte le esigenze, siano comuni o specifiche per un singolo cliente. “Ricerchiamo - spiega Rivoira - analizziamo, proponiamo e seguiamo i prodotti e le singole applicazioni. Il cliente ha un ruolo fondamentale, perché le sue osservazioni non sono solo il risultato di un’esperienza ma il punto di partenza per quella successiva. Rispetto a quando la società è nata, ormai dodici anni fa, ciò che più è cambiato è l’attenzione verso la qualità, intesa sia in senso organoFRUITBOOKMAGAZINE

lettico che estetico, la sensibilità verso l’ambiente e la salubrità dei frutti, che si traduce soprattutto in un minore utilizzo di chimica, e la necessità di aumentare il periodo di conservazione, conseguenza di una sempre maggiore destagionalizzazione e dell’apertura di nuovi mercati, anche molto lontani”. La c eratura. La provincia di Cuneo è tra le aree più importanti d’Italia per la produzione di mele, kiwi e frutta estiva. Vi si trovano aziende storiche e affermate sia private - le maggiori fanno capo alle famiglie Rivoira e Gullino che cooperative come Lagnasco Group e Sanifrutta. Probabilmente la mela, in particolare le varietà rosse, è tra i frutti coltivati quello che riesce a raggiungere in queste terre, alle pendici del Monviso, la maggiore qualità. Ed è proprio sulla mela che negli ultimi anni viene applicato con sempre maggiore frequenza, non solo in Piemonte ma in tutte le aree vocate, a partire dal Trentino Alto Adige, un trattamento che dà benefici sia

in termini di conservazione che di estetica: la ceratura. “Abbiamo iniziato cinque anni fa, con una cera completamente alimentare, di cui abbiamo l’esclusiva di vendita in tutta Italia. Il trattamento viene fatto con apposito macchinario nel momento del confezionamento. La cera che proponiamo noi, chiariamolo, è tutta naturale e priva di tossicità. Sono due i benefici tangibili per il confezionatore, il distributore e il consumatore finale: da una parte le mele diventano più attraenti e sappiamo quanto oggi l’occhio voglia la sua parte; dall’altra aumenta la shelf life perché la pellicola rallenta il processo di maturazione. Chiaramente i risultati in termini estetil N.4 l LUGLIO 2013


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ci sono migliori sulle mele colorate. Siamo partiti con il prodotto destinato al Medio Oriente, per passare in anni più recenti all’Europa, per arrivare ultimamente alla Russia. Il mercato italiano ha un certo ritardo rispetto ad altri Paesi, quindi il potenziale è elevato, ritengo sia solo questione di tempo, probabilmente la GDO nazionale deve ancora digerire e assimilare questa novità”. Gli alveoli in polpa di legno. La Retarder non propone solo soluzioni per la conservazione ma anche per il confezionamento. Una delle maggiori novità degli ultimi anni sono gli alveoli in polpa di legno, sempre più utilizzati, come afferl N.4 l LUGLIO 2013

La ceratura delle mele dà benefici sia in termini di conservazione che di estetica. Le catene italiane sono in ritardo sull’estero.

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In questa foto registratori di temperatura digitali. Si usano soprattutto nei trasporti, all’interno dei container o dei camion, e possono registrare la temperatura da 10 fino a 75 giorni. La versione digitale, rispetto a quella meccanica, ha il vantaggio di essere dotata di USB e permette di scaricare il file PDF con i dati di temperatura rilevati durante il servizio sia in forma grafica che numerica. Il vantaggio è che i dati possono essere spediti con grande semplicità. La Retarder punta molto anche sui registratori di temperatura calibrati che hanno valore legale e possono quindi essere usati come prova documentale in caso di contestazione.

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ma Aldo Rivoira: “Anche in questo caso parlare di confezionamento è riduttivo. L’alveolo in polpa di legno è innanzitutto riciclabile e compostabile, ha un impatto visivo e tattile migliore rispetto alla plastica, ma permette anche una migliore conservazione, dato che assorbe l’umidità, che come è noto è una delle cause della deperibilità dell’ortofrutta. È diverso tempo che sono sul mercato ma solo da tre anni possiamo dire che l’interesse è tangibile e crescente. I colori utilizzati sono certificati e non danno trasmigrazione di piombo sul prodotto. I costi peraltro sono competitivi rispetto alla plastica, la differenza vera è data dalla logistica, perché su una pedana di alveolo in polpa di legno ci stanno 7 mila pezzi, su una pedana di alFRUITBOOKMAGAZINE

veoli in plastica ce ne stanno 36 mila, quindi 5 volte tanto. La logistica fa la differenza ma è anche uno dei nostri punti di forza, perché siamo in grado, da Cesena in su, di consegnare A per B, che sia una pedana o un autotreno. Noi riusciamo a gestire situazioni anche molto complesse grazie all’esperienza maturata nel tempo, un progetto che ci ha richiesto 5 anni di affinamento e impegno. Un altro punto di forza legato alla logistica è che noi, per determinate aziende che ci affidano la gestione completa dei materiali da magazzino, ci accolliamo le giacenze, nel senso che il materiale che a fine campagna non è stato utilizzato noi lo ritiriamo senza farlo pagare. Questo per il cliente significa tagliare un costo”.

Gli alveoli di carta. Altra novità nell’ambito del confezionamento è l’alveolo in carta, che può avere uno o più strati e un grande vantaggio rispetto a quello in polpa di legno, come spiega Rivoira: “Dà la possibilità di personalizzare e quindi di comunicare. Si apre sostanzialmente un mondo. In questo caso si tratta di materiale completamente riciclabile, con certificato di alimentarietà. Anche questi ci sono da diverso tempo, noi abbiamo l’esclusiva per il mercato italiano da due anni e c’è un certo interesse, ovviamente nell’ambito di iniziative in cui è importante comunicare qualcosa. Sono stati utilizzati ad esempio nella campagna promozionale “Frutta e ortaggi che parlano piemontese” della cooperativa Ortofruit Italia nei punti vendita Nordiconad. Lo cito perché è un caso sintomatico: l’alveolo infatti è stato messo all’interno delle cassette in plastica riutilizzabili, che come noto sono del tutto anonime. Quindi con questo tipo di cassetta l’alveolo di carta rappresenta l’unico metodo per personalizzare e valorizzare i frutti o gli ortaggi. Come ci si può immaginare il costo è leggermente superiore all’alveolo di plastica e non è molto adatto agli impianti con linee di confezionamento ad automazione spinta”. I sacchetti ad atmosfera modificata. Conservazione e confezionamento, lo abbiamo visto, vanno sempre più spesso di pari passo fino a fondersi insieme. Un eseml N.4 l LUGLIO 2013


assorbitore di etilene è usato nelle “fasiIl granulare di conservazione, lavorazione e trasporto. È un composto naturale minerale che depura l’aria, di semplice utilizzo, e che non lascia alcun residuo. Lo stiamo testando sulle mele rosse per verificarne l’efficacia come antiriscaldo ”, Aldo Rivoira pio sono i sacchetti ad atmosfera modificata, che stanno prendendo sempre più piede per i lunghi tragitti e per articoli quali le pesche, le nettarine e le susine, ma anche i kiwi e le ciliegie. “Possiamo dire sottolinea Aldo Rivoira - che per certe destinazioni e per certi prodotti questi sacchetti sono diventati indispensabili. Abbiamo molte richieste dall’Italia ma anche dall’estero. È un articolo che negli ultimi tre anni si sta muovendo molto. I sacchetti creano un’efficiente sistema di atmosfera modificata, composta da una combinazione ideale di ossigeno, anidride carbonica ed etilene, grazie anche a un master ritardante che agisce proprio sull’etilene, che viene espulso attraverso la microporosità del sacchetto stesso. Ogni prodotto vive così in un’atmosfera favorevole che ne preserva la freschezza, sopprimendo la crescita dei patogeni e prolungando conseguentemente la shelf life del prodotto stesso. In questo modo, infatti, si riduce la respirazione, rallentando il processo di maturazione. Ci vogliono degli accorgimenti perché il sacchetto funzioni a dovere: il prodotto va raffreddato e deve essere asciutto prima di essere confezionato; bisogna espellere l’aria dalla sacca dopo aver posizionato il prodotto all’interno e chiuderla ermeticamente utilizzando l’apposita fascetta; dopo averlo confezionato, bisogna conservare il prodotto alla temperatura ottimale raccomandata per ogni tipo di prodotto. Detto questo, invito gli operatori della l N.4 l LUGLIO 2013

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filiera a fare attenzione, perché non tutti i sacchetti ad atmosfera modificata sono uguali, non tutti hanno la stessa efficacia, io stesso è 10 anni che me ne occupo ma solo da cinque posso dire di aver trovato il prodotto giusto. Un prodotto che, peraltro, non lascia alcun residuo chimico sulla frutta”.

Nella foto, da destra a sinistra, Aldo Rivoira e il figlio Luca fotografati all’ultima edizione di Fruit Logistica, lo scorso febbraio, dove per la prima volta l’azienda di Verzuolo nata nel 2001 era presente come espositore, nello storico padiglione dell’Italia, il 2.2. Anche la foto della pagina a fianco si riferisce allo stand della fiera. Alla continua ricerca di soluzioni, tecnologie e prodotti in grado di coprire tutte le esigenze, la società si è affermata negli anni per l’ampia proposta di soluzioni innovative legate al post raccolta.

Il granulare. Altro prodotto di attualità, con cui è nata e cresciuta negli anni la Retarder, tanto da diventare leader a livello nazionale, è il granulare assorbitore di etilene utilizzato sia nelle fasi di conservazione che in quelle di lavorazione e logistica. È un composto naturale minerale, una miscela di argille e permanganato di potassio, che assorbe l’etilene. Si presenta sotto forma di granuli, molto FRUITBOOKMAGAZINE


I sacchetti ad atmosfera modificata stanno pren“dendo sempre più piede per i lunghi tragitti e per articoli quali pesche, nettarine e susine, ma anche kiwi e ciliegie. Possiamo dire che per certe destinazioni e per certi prodotti questi sacchetti sono diventati indispensabili ”, Aldo Rivoira 68

porosi, da mettere nei filtri, che possono trovarsi o all’interno di apposite macchine per il ricircolo forzato dell’aria da collocare nelle celle di conservazione o nella sale di lavorazione della frutta, oppure i granuli possono essere messi in filtri specifici per trasporti, sostanzialmente delle barre, appositamente studiati per poter eliminare l’accumulo di sostanze volatili all’interno di camion, container o stive di navi. “Il granulare - precisa Rivoira - garantisce l’igiene dell’aria trattata, depurandola da microorganismi e sostanze volatili come l’etilene, l’acetaldeide, l’etanolo e il metanolo, che si accumulano negli ambienti di movimentazione e stoccaggio di prodotti ortofrutticoli. Si usa molto per la frutta estiva, per le pere e per i kiwi. Abbiamo in corso dei test sulle mele rosse, per valutarne l’efficacia come antiriscaldo. Nell’ambito dei trasporti si usano solitamente nei viaggi che superano la settimana. Ad esempio un cliente ce lo ha richiesto per i fagiolini prodotti in Egitto. Si usa con diversi ortaggi, come pomodori o anche basilico, e con vari frutti, a partire dalle banane. Quello che rileva in questo caso è che sono sostanze innocue per la salute e di semplice utilizzo, a differenza di altri sistemi, come l’ozono utilizzato nei magazzini, che peraltro vendiamo anche noi, ben più complessi e delicati. Per fare un esempio i lavoratori possono tranquillamente entrare nelle celle che utilizzano queste apparecchiature. Infine, il sapore: con FRUITBOOKMAGAZINE

il nostro sistema, che potremmo definire tradizionale, non viene alterato come capita invece con altri trattamenti”. Registratori di temperatura. Come controllare che la catena del freddo sia garantita lungo la filiera? Ci sono i registratori di temperatura, “un prodotto ormai maturo - spiega Rivoira - nella versione meccanica usa e getta, che noi vendiamo da quando abbiamo iniziato l’attività, nel 2001. Si utilizzano più che altro nei trasporti, all’interno dei container o dei camion, e possono registrare la temperatura da 10 fino a 75 giorni. Il problema è che quelli oggi più utilizzati non sono calibrati, quindi in caso di contestazione non hanno valore legale, non possono cioè essere usati come prova documentale. Per questo noi puntiamo sempre di più ai registratori calibrati, che tutelano di più i nostri clienti e possono essere sia in versione meccanica che digitale. Quelli digitali sono dotati di USB e permettono di scaricare il file PDF con i dati di temperatura rilevati durante il servizio sia in forma grafica che numerica. Il vantaggio è che i dati possono essere spediti con grande semplicità”. Il nuovo magazzino. Come dicevamo in apertura, Retarder fornisce soluzioni per tutte le esigenze relative al post raccolta, ha clienti in tutta Italia e sta sviluppando in tempi recenti anche il mercato estero, con prodotti quali gli assorbil N.4 l LUGLIO 2013


Per gli alveoli in polpa di legno parlare di confezione è riduttivo. Oltre ad essere riciclabili e compostabili, ad avere un impatto visivo e tattile migliore della plastica, permette anche una maggiore conservazione dell’ortofrutta perché ne assorbe l’umidità, una delle maggiori cause della sua deperibilità. Nella pagina a fianco un alveolo di carta. Può essere a uno o più strati, completamente riciclabile, e ha un grande vantaggio rispetto all’alveolo in polpa di legno: può essere personalizzato, permettendo quindi di comunicare. Non adatto alle linee di confezionamento ad automazione spinta.

tori di etilene, i sacchetti ad atmosfera modificata e i generatori di anidride solforosa (utilizzati per l’uva da tavola). Per la prima volta, non a caso, era espositore all’ultima edizione di Fruit Logistica, nel padiglione 2.2. Sopra ci siamo soffermati solo su alcuni prodotti proposti dall’azienda. In realtà ce ne sono molti altri. Ad esempio Retarder è agente per il Piemonte di Sorma (macchinari e

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materiali) ed è rivenditore Infia (cestini di plastica). Un buon lavoro viene fatto anche con gli angolari. Uno dei punti di forza dell’azienda di Verzuolo, come già detto, è il servizio, che significa soprattutto tempi di consegna molto rapidi, in particolare nel nord Italia in cui riesce a garantire un A per B. La crescita aziendale e la necessità di fornire un servizio ancora migliore ai clienti dal sud Italia

all’estero ha spinto l’azienda a investire nell’acquisto, sempre all’interno del comune di Verzuolo, di un nuovo magazzino di stoccaggio, che si estende su un’area di 12 mila metri quadrati, di cui 4.500 coperti, dove entro settembre saranno trasferiti anche gli uffici, in un’apposita palazzina di tre piani da 500 metri quadri complessivi.

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Si chiama Eat’s ma Farinetti non centra. Coin porta il lusso nell’ortofrutta I primi due store aperti a Milano e Verona Camilla Madinelli

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Il Gruppo Coin ha aperto le prime “boutique” della frutta e dell’enogastronomia all’interno di un nuovo format di centro commerciale fortemente orientato al lusso e chiamato, non a caso, Excelsior Milano. Qualità ai massimi livelli, ampio assortimento (sette tipi di pomodoro possono bastare?), esposizione curatissima ed elegante, prezzi adeguati. Tra le proposte anche centrifugati appena fatti, zuppe fresche e comode vaschette di frutta tagliata pronta al consumo Nuove tendenze, gusto dei dettagli ed eccellenze nell’ortofrutta. In una parola, lusso. Mele, insalata o zucchine di primissima scelta e rigorosamente made in Italy sono alla fine tutte uguali? No, la differenza sta anche nel come li presenti e li servi al cliente finale, magari attento alla provenienza del prodotto tanto quanto alla praticità delle confezioni, come le vaschette pronte al consumo, o ad altre comodità. A Verona, nella centralissima via Mazzini, strada pedonale riservata allo shopping per turisti di tutte le nazionalità, il Gruppo Coin ha aperto “Excelsior Milano”, il secondo grande magazzino del lusso che segue a quello milanese. Comprende cinque piani in un palazzo storico, per un totale di 3.700 metri quadrati di superficie. Il reparto food è nel piano interatto, ha un nome internazionale - Eat’s, Bistrò & Food Hall - e uno slogan che è tutto un programma: “Per un pubblico esigente”. Guai, insomma, a chiamarlo supermercato. Casomai, è un supermercato a cinque stelle. Anche perché, oltre che FRUITBOOKMAGAZINE

acquistare, nello stesso luogo si può anche mangiare. Tutto con la massima qualità garantita. L’ambiente è stato studiato caldo e accogliente, come l’intero progetto architettonico e di interior design firmati da Aldo Cibic e Vincenzo De Cotiis, con spazi recuperati e trasformati per uno shopping metropolitano di alto profilo che va dall’abbigliamento al cibo. Oltre ai prodotti freschi da asporto ci sono quelli da gustare al momento, con la cucina a vista sullo spazio bistrot per chi rimane a pranzare “à la carte”, per un vero e proprio viaggio gastronomico tra colori, profumi e sapori italiani, sia che si tratti di spesa da portare a casa che di pietanze da consumare subito, in loco: crudités di pesce e sushi, selezione dei migliori formaggi e salumi, carni pregiate, panetteria, fino alla cucina fusion e vegetariana per chi mangia seguendo convinzioni o diete particolari. Di lusso, per così dire, pure la pasticceria artigianale, tra cui i dolci della “Confetteria Conti” di Milano. In cantina prestigiose etichette nazionali e internazionali,

con alcuni vini che non superano le 10mila bottiglie di produzione. La vendita per frutta e verdura, dunque, è inserita in un contesto generale che si rifà a un nuovo concetto di boutique applicato pure ai rifornimenti di prodotti alimentari in genere. Il Gruppo Coin ha studiato inoltre un sistema innovativo di relazione col cliente, per incentivarlo al consumo: nella food hall viene consegnata la “Eat’s Easy Card”, su cui vengono registrate le diverse consumazioni, consentendo di pagare comodamente all’uscita. Se la perdi, però, è un guaio che ti costa 70 euro. “A Milano, Excelsior è il luogo innovativo e spettacolare dove si esplorano le nuove tendenze in una città che nella moda offre già quasi tutto” spiega Stefano Beraldo, amministratore delegato di Gruppo Coin. “A Verona propone alla città una selezione dei più noti e importanti marchi del lusso

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Oltre ai prodotti freschi da asporto ci sono quelli da gustare al momento, con la cucina a vista sullo spazio bistrot, per un vero e proprio viaggio gastronomico tra colori, profumi e sapori italiani, sia che si tratti di spesa da portare a casa che di pietanze da consumare subito, in loco.

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e ridisegna la mappa dello shopping urbano con un’offerta nuova, coinvolgente, capace di dare visibilità a brand di prestigio all’interno di un unico luogo, per i veronesi e il pubblico internazionale che frequenta la città”. In questa logica, tra abbigliamento donna e uomo, scarpe, borse e altri accessori, ortofrutta, pesce, carne e tutto il banco alimentare di Eat’s non sono da meno. Di primo acchito somiglia al format Eataly di Oscar Farinetti. Le dimensioni però sono più ridotte, le forniture maggiormente di nicchia e ne deriva un naturale incontro tra eccellenze e distribuzione organizzata. Altra differenza, inoltre, la possibilità di mangiare in loco il cibo acquistato nei vari reparti. Eat’s è nato a Conegliano Veneto (Treviso), circa tre anni fa, da una idea di Sergio Menegazzo del Gruppo CM, delle famiglie Canzian e Menegazzo, con una certa tradizione nella piccola distribuzione alimentare veneta. Poi viene “corteggiato” da Stefano Beraldo del Gruppo Coin, con cui scatta la collaborazione e che lo inserisce tra le proposte del multistore “Excelsior Milano” per unire moda e gastronomia in un unico luogo cittadino. E arrivare così - ora sia a Verona che Milano, con in previsione altre aperture - a chi ha il gusto del bello da indossare ma anche quello del buono da mettere sotto i denti.

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Non solo Farmer’s market È boom per i mercatini bio e vegan a New York City Il farm-to-table nella città delle contraddizioni Irene Pasquetto

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Oltre alle grandi catene distributive specializzate nel cibo biologico, come Trader Joe’s e Whole Food, un vero must per ogni newyorkese degno di tal nome, anche i piccoli produttori, organizzati talvolta in cooperative, così come le associazioni di privati cittadini, si sono dati parecchio da fare per ritagliarsi degli spazi nella City dove poter dare sfogo alle proprie ambizioni bio. Stiamo parlando dei Farmer’s market, dei Green- market e dei Community Garden Per molti versi New York City è una città profondamente contraddittoria, e lo è anche per quanto riguarda lo stile di vita dei suoi cittadini. Da un lato ci sono i ritmi frenetici metropolitani, il cibo spazzatura fagocitato in piedi aspettando la metro, il fatto, in generale, di vivere in una città relativamente inquinata e in certe zone maleodorante, dall’altro c’è l’ossessione per l’attività fisica, l’amore smisurato per la cultura del cibo biologico e lo stile di vita vegan. Avevamo già parlato sul numero di ottobre delle grandi catene alimentari di cibo biologico, Whole Foods e Trader Joe’s, e di come rappresentino un vero must per ogni newyorkese degno di tal nome. Anche Dino Borri, consulente acquisti per lo store di Eataly di New York, ci aveva raccontato sul numero di aprile della particolare attenzione che il marchio italo-americano mette nella selezione dei produttori di ortofrutta organic. Al di là dei grandi marchi, anche i piccoli produttori, organizzati talvolta in cooperative, così come le FRUITBOOKMAGAZINE

associazioni di privati cittadini, si sono dati parecchio da fare per ritagliarsi degli spazi nella City dove poter dare sfogo alle proprie ambizioni bio. Stiamo parlando dei Farmer’s market, dei Greenmarket e dei Community Garden. I Farmer’s market altro non sono che i mercatini di frutta e verdura (ma non solo) a chilometro zero: dal contadino al consumatore. A pensarci suona strano, in qualunque modo la si consideri New York sembra a miglia e miglia di distanza da natura, pascoli e vita agreste. Ma a ben vedere si tratta di un mito da sfatare, almeno in parte. Il movimento della filiera corta (farm-to-table) è molto forte, e anche gli chef più in voga si vantano di procurarsi frutta e verdura nelle campagne limitrofe al fiume Hudson. I primi Farmer’s market hanno fatto la loro comparsa nel 1976 e vengono ad oggi organizzati 28 differenti mercatini nei quartieri di Manhattan, Brooklyn,

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Queens, Bronx e Staten Island, di cui 10 sono aperti tutto l’anno. Si è stimato che circa 100 mila visitatori si recano ogni settimana a fare spesa nei Farmer’s market. Circa 200 agricoltori partecipano a questi mercati i quali propongono frutta e verdura, carne, latticini, pesce, e prodotti da forno, miele, sciroppo d’acero, marmellata, vino, piante e fiori. Il più grande e più conosciuto è quello di Union Square, che opera tutto l’anno il lunedì, mercoledì, venerdì e sabato dalle 8:00 fino 18:00. I Greenmarket sono la versione rigorosamente organic e vegan dei Farmer’s market. A parte l’obbligo di vendere solo prodotti bio, questi “mercati verdi” si differenziano da

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quelli farmer anche perché qui si trovano solo i veri produttori, le cooperative agricole non sono permesse. I Greenmarket stanno crescendo enormemente a New York anche grazie al sostegno del Council on the Environment of NYC’s, un’organizzazione no profit che migliora la qualità di vita degli abitanti della Grande Mela attraverso programmi ambientali volti a garantire un ambiente sano e pulito per le generazioni future. Ne sono esempi il “Brooklyn Borough Hall Greenmarket”, un mercato molto vivo, animato da dimostrazioni culinarie, lotterie e diverse attività per le famiglie. Oltre alle mele zuccherine di Wilklow Orchards e le colorate verdure di Phillips Farms si trovano anche banchi di carni (da allevamento ad erba), pesce, yogurt di bufala, vino e formaggi.

I Greenmarket sono la versione rigorosamente organic e vegan dei Farmer’s market. Stanno crescendo enormemente a New York City.

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A New York City, la collaborazione tra i piccoli e medi produttori locali, le comunità di quartiere e le associazioni green ha cambiato il volto dell’agricoltura regionale, rivitalizzando le comunità rurali e gli spazi urbani, contribuendo a educare i residenti circa l’importanza del settore agricolo.

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E per finire, i Community Garden, una sorta di orti e giardini urbani coltivati dalle comunità di quartiere. Si dice che siano nati ad Alphabet City, ex Little Germany, e oggi se ne trovano diversi a Bushwick, Brooklyn. Grazie ad associazioni come Trees not Trash, Bushwick Green Team e Green Guerrillas, i Community Garden sono anche originali spazi educativi e ricreativi dove vengono svolte attività di riqualificazione urbana: terreni che fino a pochi anni fa erano pieni di spazzatura e perfetto scenario per episodi di microcriminalità, oggi ospitano oasi urba-

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I Community Garden una sorta di orti e giardini urbani coltivati dalle comunità di quartiere. sono anche originali spazi educativi e ricreativi dove vengono svolte attività di riqualificazione urbana. La più recente evoluzione dei sono gli Urban rooftop farms.

ne per rilassarsi, passeggiare o fare un barbecue, nonché spazi dove i bambini possano giocare e imparare i principi dell’alimentazione sana (numerosissimi i workshop e percorsi educativi offerti da queste organizzazioni). La più recente evoluzione dei gardens sono gli Urban rooftop farms, spazi riqualificati e adibiti alla coltivazione di verdura e altre piante sui tetti di palazzi o vecchie

fabbriche. Brooklyn ne vanta un paio molto belli, tra cui quello di Eagle Street a Greenpoint, che la domenica pomeriggio è aperto al pubblico in occasione del mercatino settimanale e per reclutare nuovi volontari. A New York City, la collaborazione tra i piccoli e medi produttori locali, le comunità di quartiere e le associazioni green ha letteralmente cambiato il volto dell’agricoltura regionale, rivitalizzando le comunità rurali e gli spazi urbani, migliorando la salute dei consumatori, contribuendo ad educare i bambini e i residenti circa l’importanza del settore agricolo, e, last but not least, i mercati cittadini forniscono un importante opportunità all’ingrosso per le aziende di piccole e medie dimensioni.

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22esima Fiera Internazionale per il settore agroalimentare

16 - 19 settembre 2013

Expocentre • Mosca • Russia

DOVE L’INDUSTRIA AGROALIMENTARE INCONTRA LA RUSSIA

www.world-food.ru Per ottenere ulteriori informazioni circa le modalità di partecipazione, visitate il sito web tel +44 (0)20 7596 5086, email: food@ite-exhibitions.com


È ARRIVATO LENI’S, IL MARCHIO DELLE MELE TRASFORMATE DEL TRENTINO ALTO ADIGE

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Il reparto ortofrutta si arricchisce di un nuovo protagonista: è Leni’s, il brand degli specialisti dei prodotti derivati di mela, che debutta negli iper e supermercati di tutta Italia. L’offerta comprende oggi fettine di mela pronte al consumo e spremute 100% mela. Le fettine di mela rossa, gialla e verde sono disponibili in bustine da 80 grammi, da conservare in frigo e da gustare come snack fuori e dentro casa. Pratiche e veloci, sono garantite con una shelf life di almeno 12 giorni tramite uno specifico trattamento di vitamina C per prevenire l’ossidazione naturale. Leni’s è una proposta di VOG Products, società controllata dai consorzi VOG, VI.P, Melinda e La Trentina.

AGROVERDE COSTRUIRÀ A GELA IL PIÙ GRANDE IMPIANTO FOTOVOLTAICO D’EUROPA SU SERRE Trasformare la copertura delle serre utilizzate per la produzione di ortofrutta in una grande (e unica nel suo genere) centrale di produzione di energia elettrica dal fotovoltaico. È questo il principio alla base del progetto presentato a Gela e portato avanti dalla cooperativa Agro Verde di cui è presidente Stefano Italiano: “Riusciremo così a garantire una produzione energetica tutto l’anno e una produzione agricola di qualità”.
Un progetto, il più grande del genere in Europa, che ha già ottenuto tutte le autorizzazioni e che vale 300 milioni di investimento in due anni.
Due i canali di finanziamento per la costruzione di nuove serre su un’area di 230 ettari

MODÌ CHIUDE LA CAMPAGNA CON PIÙ VOLUMI E PIÙ MERCATI ESTERI SERVITI La campagna commerciale conclusasi lo scorso maggio ha registrato il collocamento sui mercati internazionali di una produzione melicola di 12.000 tonnellate, in linea con gli obiettivi prefissati dal Consorzio Modi Europa Spa. La stagione è stata segnata dal consolidamento delle relazioni commerciali in particolare in FRUITBOOKMAGAZINE

di cui 110 ettari coperti dalle strutture serricole (un milione circa di metri quadrati coperti da circa 233 mila pannelli solari) saranno coperte dai pannelli garantendo una produzione di energia da fotovoltaico per 80 Mw mentre 40 Mw saranno garantiti da un altro impianto di cogenerazione a biomassa “per produrre caldo, freddo e Co2 per la concimazione carbonica delle piante”, ha spiegato Italiano.

Italia, Germania, Inghilterra e Russia. Feedback positivi anche da player della distribuzione moderna nelle aree dell’Europa Orientale e del FarEast. Il 71% delle vendite è stato realizzato in Germania, Inghilterra, Scandinavia, Russia e Arabia Saudita che si confermano i principali mercati di sbocco. Il mercato domestico con una quota del 21%, rappresenta il secondo mercato più importante e ha visto la presenza consolidata di Modì nelle principali insegne distributive. A rafforzare il posizionamento di Modì e l’entrata nell’assortimento varietale di importanti player europei della distribuzione, è stata la sua caratteristica di mela ecologica, comunicata al consumatore in maniera chiara e diretta attraverso la misurazione del Carbon Footprint: grazie all’innata resistenza produce la metà dei gas serra rispetto alle altre mele. l N.4 l LUGLIO 2013


FRUIT ATTRACTION INVITA 600 BUYER SALE LA ATTESA PER LA QUINTA EDIZIONE Anche quest’anno Fruit Attraction, fiera internazionale del settore ortofrutticolo in programma a Madrid dal 16 al 18 ottobre 2013, ha lanciato il programma “Buyer Internazionali” per permettere alle aziende che parteciperanno alla prossima edizione di selezionare professionisti ed esperti del settore fuori dalla Spagna e di invitarli alla manifestazione. È proprio questa una delle iniziative più apprezzate dagli espositori, data la vocazione all’export del settore ortofrutticolo spagnolo. Anche la prossima edizione conterà poi una buona rappresentanza italiana, con la partecipazione già confermata di oltre 15 imprese provenienti dal nostro Paese.

BUONE PERFORMANCE PER LA MINI PINK LADY QUASI 70 MILA FAN SULLA PAGINA FACEBOOK

A tre mesi dall’apertura dell’evento e con il termine per le richieste di partecipazione che scade in ottobre, la fiera ha già incrementato lo spazio noleggiato di oltre il 12 per cento rispetto alla superficie totale dell’ultima edizione per un totale di oltre 18.000 metri quadrati, riflettendo eccellenti prospettive di partecipazione per quella che è diventata la seconda fiera di settore più importante d’Europa.

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Una campagna dinamica spinta da una domanda sempre più sostenuta ha contribuito a rendere la stagione 2012-13 particolarmente corta, in un contesto di volumi ridotti (110 mila tons corrispondenti al -20 per cento rispetto alla stagione precedente). Quest’anno ha confermato il potenziale della marca PinKids, la mini Pink Lady adatta ai bambini: le performances hanno progredito in maniera significativa beneficiando di un’estesa distribuzione, soprattutto in Francia, Germania, Norvegia, Belgio e Italia (Alì). In Italia, in particolare, un test condotto sull’insegna Alì in settimana 16, ha dato risultati incoraggianti. Nei format Aliper il vassoio 6 frutti Pinkids è stato accompagnato da un’accattivante comunicazione declinata sul tema della marca, evidenziando una buona rotazione.

È REALIZZATA AL 100% CON LA PLASTICA DEI TAPPI LA CASSETTA “AMICA DELL’AMBIENTE” Il 6 maggio 2013, Plastic Nord, azienda padovana leader nel riciclo della plastica, è stata premiata all’edizione 2013 del Made in Padova per la cassetta ortofrutticola in plastica riciclata al 100 per cento, realizzata con il progetto Amico dell’Ambiente. L’iniziativa di costruire una cassettina per il trasporto di frutta e verdura, utilizzando solo materiale plastico riciclato, è nata nel 2012 ed è il frutto del progetto Amico dell’Ambiente, nato della collaborazione tra l’agenzia di marketing Gruppo Icat e Giovanni Giantin, titolare di Plastic Nord: oltre 500 le scuole coinvolte, con visite guidate in azienda, e più di 100 milioni i tappi raccolti. l N.4 l LUGLIO 2013

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QUALITÀ E CUSTOMER EXPERIENCE: ASPIAG SERVICE PREMIATA PER EUROSPAR PREMIUM

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Tra le eccellenze messe in luce dall’edizione 2013 del Retail Award, premio del mondo distributivo italiano organizzato da GDOWeek e Mark Up, Despar raccoglie due primi posti: nella categoria “Store Design” vince il concept “Eurospar Premium” sviluppato da Aspiag Service-Despar Nordest, mentre Ergon si aggiudica il premio “Local Retailer” grazie al progetto “carne locale” e alle sue altre molteplici iniziative.

FRATELLI ORSERO METTE LA FIRMA SU UN’AMPIA GAMMA DI FRUTTA ESOTICA Gli ananas e le banane che si fregiano del bollino nero a forma di camioncino sono ormai per i consumatori sinonimo della qualità extra-premium di Fratelli Orsero. Ed è per soddisfarli sempre di più che oggi la famiglia Orsero amplia la propria gamma offrendo nuovi prodotti di origine esotica, rigorosamente scelti nelle mi-

Parole d’ordine nel concept “Eurospar Premium” sono chiarezza e semplificazione: negli ampi spazi dello store di Verona (via Manin) - 1.200 mq su due piani - i clienti percepiscono e vivono un ambiente confortevole, predisposto con grande attenzione ai dettagli e alla chiarezza della comunicazione instore. Il format prevede anche una particolare sensibilità al risparmio energetico e al minore impatto ambientale con illuminazione completa a led. Sono stati sviluppati sino ad ora tre “Eurospar Premium” nel Triveneto (oltre a Verona, anche Merano e Vicenza), e un “Despar Premium” a Bolzano. L’amministratore delegato di Aspiag Service, Harald Antley, ha spiegato: “In questi format lavoriamo con grande attenzione non solo ai prodotti a marca premium ma anche ad un’equiva-lente customer experience”.

gliori zone di produzione: avocado, bananito, frutto della passione, lime, litchi, mango, papaya, zenzero, carambola, granadilla, kiwano, mangoustan, phisalis, pitaya gialla, pitaya rossa e ramboutan. Questa frutta è in linea con gli alti standard qualitativi a cui F.lli Orsero ha abituato i propri consumatori garantendo una filiera perfettamente controllata che porta a: qualità extra premium della frutta selezionata dai coltivatori nel rispetto di parametri definiti dall’azienda, controllo qualità effettuato in tutte le fasi della catena distributiva. I nuovi prodotti saranno distribuiti su tutto il territorio italiano dal Gruppo GF, attraverso la società Fruttital, le proprie filiali e i propri clienti. La nuova frutta si presenterà al consumatore con diversi packaging: vaschetta brandizzata e flowpackata o vassoio con film termoretraibile.

BUONA LA SECONDA DI MAGIC CODE IL CONCORSO COINVOLGE 350 DETTAGLIANTI Apofruit, Melinda, Sant’Orsola e F.lli Orsero, nuovamente insieme ai migliori Dettaglianti Specialisti dell’ortofrutta nella seconda edizione di Magic Code, il progetto promozionale che lega produzione di qualità e distribuzione specializzata in ortofrutta cresce nelle adesioni e nelle quantità. Il concorso nei primi tre mesi del 2013 ha registrato risultati superiori del 50 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno passato, con particolare incidenza nell’area di Milano (105 per cento in più). Magic Code, dopo la prima fase di test del 2012, è partito a febbraio e coinvolge circa 350 dettaglianti sull’intero territorio nazionale. FRUITBOOKMAGAZINE

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MACFRUT, FOCUS SUL MEDITERRANEO, SUMMIT SUL KIWI E INCONTRI BUSINESS TO BUSINESS L’edizione 2013 della più importante fiera italiana di settore, in agenda dal 25 al 27 settembre a Cesena, sarà incentrata sul ruolo che l’ortofrutticoltura del Bacino del Mediterraneo giocherà nello scenario internazionale nel prossimo futuro. Macfrut è punto di riferimento e appuntamento apprezzato di tutta l’ortofrutticoltura (dalle sementi agli imballaggi, comprendendo l’intera filiera dal campo alla tavola) in quanto somma lo spazio espositivo e l’occasione di business (anche con incontri B2B programmati precedentemente), inoltre, ha la capacità di stimolare il settore con un alto livello di incontri e confronti internazionali per l’elaborazione e la definizione del futuro del settore. Nell’edizione 2013 ci saranno il meeting della Coldiretti, il convegno internazionale su quarta e quinta gamma e l’incontro fra le centrali cooperative, oltre al “Summit Mondiale” che da alcuni anni anticipa l’apertura della rassegna. Quest’anno operatori ed esperti, fra cui alcuni provenienti da Cina, Nuova Zelanda e Cile, martedì 24 settembre, esamineranno i vari aspetti del frutto che è protagonista del mercato globalizzato: il kiwi.

VIENE ESTESO ALL’ANANAS DOLE EARTH, IL SITO PER SCOPRIRE I LUOGHI DI ORIGINE In maggio Dole ha esteso la piattaforma online Dole Earth anche agli ananas dopo il lancio di un anno fa con le banane. Tutti gli ananas di Dole destinati all’Europa sono ora corredati di un cartellino nuovo con un codice a 5 cifre che permette ai consumatori di ripercorrere il percorso fatto dai frutti fino ad arrivare alle piantagioni dove sono stati prodotti. Ai visitatori di DoleEarth.com verrà poi proposto un viaggio virtuale alla piantagione di ananas attraverso un filmato interattivo per scoprire tutti gli aspetti della coltivazione degli anal N.4 l LUGLIO 2013

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Quasi tutti gli anni vengono presentate ricerche e novità: Macfrut non si limita ad essere la “vetrina” dell’ortofrutticoltura, ma cerca di stimolare il settore a proporre innovazioni sia tecnologiche che di prodotto, coinvolgendo tutti gli operatori della filiera. E per rendere ancora più forte lo stimolo è stato istituito l’Oscar Macfrut, che premia le innovazioni nelle produzioni, nei servizi e nelle attrezzature. Il premio viene assegnato in collaborazione con visitatori ed espositori.

nas. È anche l’occasione per documentarsi sulle diverse certificazioni di cui ogni azienda agricola è in possesso. La necessità di trasparenza nella filiera è diventato ormai un tema cruciale nel settore alimentare. Si può poi visitare una piantagione e osservare le varie fasi del processo di produzione, quasi come se ci si trovasse lì. L’attenzione si concentra sulla competenza e la dedizione che ci vuole per produrre qualità. L’obiettivo di Dole Earth è anche far comprendere la filiera: un breve filmato mostra in modo divertente la storia di una banana dalla piantagione allo scaffale del negozio sotto casa. Dole si differenzia dalla maggior parte dei concorrenti per la leadership nell’ambito della responsabilità sociale e ambientale, un messaggio molto importante da far arrivare ai consumatori. Una vasta gamma di video mostra alcuni progetti emblematici della Dole come la fondazione Dale in Ecuador e l’impianto di riciclaggio in Costa Rica, ma anche il ritratto dei dipendenti Dole nella quotidianità del loro lavoro e della loro vita privata. Dole Earth è stato lanciato nella primavera del 2012 prima nel Nord Europa, dove ha riscosso un grande successo, per poi essere esteso ad altri Paesi tra cui l’Italia. Il sito è disponibile in inglese, tedesco, danese e italiano (a breve anche in greco e spagnolo). FRUITBOOKMAGAZINE


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Irene Pasquetto

ecommerce di frutta e verdura in espansione, anche in Italia 80

Sono quasi cinque anni ormai che i cittadini di Seattle comprano online e ricevono direttamente a casa la spesa, compresa la frutta e la verdura, grazie al servizio a domicilio messo in piedi dal re degli ecommerce: Amazon. Il gruppo capitanato da Jeff Bezos deve averci visto del potenziale, tant’è che secondo il Business Insider pare che voglia espandere il servizio a tutti gli Stati Uniti La logica che sta sotto all’ecommerce di Amazon è molto semplice: tutti mangiano, ogni giorno. Nel panorama italiano, tra i grandi marchi che stanno sperimentando questa strada c’è Esselunga e dovrebbe arrivare a breve anche Coop. Ma nessuno ancora “fa i grandi numeri”. Nel mentre, stanno spuntando sul Web una serie di ecommerce dedicati esclusivamente alla vendita di frutta e verdura, sia al dettaglio che all’ingrosso. Tra i più cliccati del momento si distingue l’eShop “Le vedure del mio orto”, http://www.leverduredelmioorto.it, il quale consegna frutta e verdura fresca a domicilio in Piemonte, Lombardia, Emilia, Veneto e Lazio. La piattaforma si autodefinisce “progetto di coltivazione orticola a consumo diretto”. Come funziona? Gli utenti/consumatori possono “adottare” un pezzetto di terreno a distanza e in cambio ricevono direttamente a casa la verdura coltivata nell’area e possono visitare di persona il luogo ogni volta che vogliono. In homepage compare una premessa significativa: nessun prodotto chimico viene utilizzato nelle coltivazioni. Non è l’unico, tra i primi ecommerce italiani della frutta e verdura figurano anche “Frutta e verdura online”, http://www.fruttaeverduraonline.com, e “Frutta Web”, www.fruttaweb.com. Ma che cosa comporta aprire un ecommerce di fresh product? Quali sono i costi e quali le problematiche? Per chiarirci un po’ le idee abbiamo fatto qualche FRUITBOOKMAGAZINE

domanda a Francesco Magagnino, consulente di strategie digitali per una nota agenzia multinazionale di Milano. “Il mercato grocery - spiega - è il più piccolo in Italia in ambito ecommerce e i grandi player non si sono messi ancora sotto seriamente, quindi il mercato è aperto e c’è del potenziale, soprattutto per le nuove realtà. Molto interessante è l’ecommerce di Cortilia, http://www.cortilia.it, il quale mette in contatto produttori e consumatori senza intermediari secondo il paradigma della filiera corta”. “Per fare un ecommerce - continua Magagnino - ad ogni modo, ci sono investimenti importanti da tenere presente e solitamente in Italia si pensa che tutto quello che sta sul Web sia gratis. Nel fare un sito di ecommerce c’è da mettere in conto tutta una serie di costi, ad esempio il marketing sui vari canali a pagamento, la produzione dei video, le versioni mobile del sito, la gestione dei pagamenti, della fatturazione e delle anagrafiche clienti, i software per la gestione dei database, l’affitto dei server e infine le fotografie: ogni foto ha un costo e un prodotto viene fotografato anche più volte e in diverse posizioni, sembra una sciocchezza ma invece è uno dei costi e attività più complesse da gestire”. “Chiaramente - conclude - il grosso limite per ogni ecommerce grocery è il magazzino, sarebbe molto interessante provare a pensare come fare sistema con i piccoli fruttivendoli di quartiere. Proprio su questo tema rifletto da diverso tempo con un amico nel business del biologico per immaginare un servizio di ecommerce grocery della frutta e verdura gestito attraverso una catena di approvigionamento direttamente basata sui fruttivendoli dislocati nel territorio sul modello di interflora per i fiorai”. l N.4 l LUGLIO 2013


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