Fm ottobre 2013

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Fruitbookmagazine IDEE TENDENZE MERCATI BUSINESS

ELNATHEDITORE

LA TECNOLOGIA PUO´ FARE LA DIFFERENZA? Si trova in Piemonte il più avanzato impianto d’Europa per la lavorazione di pesche, nettarine, susine e kiwi. Peccato che questi frutti vadano all’estero perché la GDO italiana guarda solo al prezzo N.5 l OTTOBRE 2013 l TRIMESTRALE


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Editoriale

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Eugenio Felice

La grande fuga La nave che, mentre scriviamo, si appresta a portare i primi container di mele e pere made in Italy verso gli Stati Uniti. Un grandissimo risultato per Assomela, il CSO e la diplomazia italiana. La presenza record di espositori italiani all’ultima edizione di Asia Fruit Logistica (seconda presenza dietro solo ai locali cinesi). Il premio per il miglior prodotto innovativo vinto da La Linea Verde in Russia per l’insalata tricolore (su quel mercato ha appena introdotto anche zuppe fresche e insalatone arrichite), così come la decisione di spingere sulla gastronomia fresca nel mercato domestico (l’esempio dei tramezzini presentati al Macfrut). La denuncia del Gruppo Trasversale Agricoltori datata 19 agosto che annuncia “la morte del sistema ortofrutticolo romagnolo (dis)organizzato per la svendita del lavoro e della dignità degli agricoltori” ad opera del mondo cooperativo: viene preso l’esempio della promozione Lidl con pesche a 0,98 euro al chilo, quello di Conad e della DICO con 0,99 euro al chilo, quando le pesche spagnole vengono vendute a 1,30 euro al chilo. “Cosa ci rimane a noi? Non più di 30-35 centesimi, in un anno che manca il 20 per cento di produzione. Direttori, cda, presidenti, inutili consorzi commerciali che non valorizzano le nostre produzioni e che creano solo poltrone: questa gente va mandata a casa!” Parole forti, più o meno condivisibili, ma che fanno capire lo stato d’animo del mondo produttivo. Ma potremmo citare molti altri esempi, come l’allarme lanciato da Roberto Della Casa, affermato docente universitario, che durante l’inaugurazione del nuovo magazzino per la quarta gamma della cooperativa San Lidano a Latina, ha evidenziando che “un ulteriore calo dei listini alla produzione comporta il rischio di uno strisciante peggioramento qualitativo dell’offerta che va ostacolato in tutti i modi”. Questi sono sintomi di una malattia di cui si è accorta, finalmente, anche l’antitrust: il prezzo (spesso sottocosto) lo fa la GDO e non sempre il beneficio dei minori costi di approvvigionamento viene trasferito al consumatore finale. La conseguenza è la grande fuga - per citare il film del ’63 con Steve McQueen - del sistema produttivo italiano verso i mercati esteri.

l N.5 l OTTOBRE 2013

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FRUITBOOKMAGAZINE


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PAG. EDITORIALE LA GRANDE FUGA SOMMARIO IMMAGINI

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INSIDER GF GROUP, SALE L’INDEBITAMENTO IL DESTINO IN MANO ALLE BANCHE BUONE NOTIZIE GERMANIA, VEGETARIANI PER LEGGE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA I PIONIERI LA BABY ANGURIA SENZA SEMI SOLINDA CRESCE OGNI ANNO DI PIÙ FIERE ITALIANI IN MASSA A HONG KONG PER CERCARE NUOVI SBOCCHI ANALISI L’ANTITRUST DENUNCIA: PRODUTTORI STRITOLATI DAL POTERE DELLA GDO TREND LA PUGLIA INVESTE NELLE UVE SEEDLESS MA FORSE È TARDI IL DETTAGLIO NEGOZI SPECIALIZZATI, A VERONA NUOVE STRATEGIE INNOVAZIONE VARIETALE SI CHIAMA ANGELLO IL PEPERONE DOLCE SENZA SEMI DI SYNGENTA MARKETING CATEGORY MANAGEMENT PER SVILUPPARE L’ORTOFRUTTA? MENS SANA SUCCO DI FRUTTA ACIDA A DIGIUNO, UN TOCCASANA PER LA SALUTE!

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PANORAMA

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iFRESH AZIENDE E BLOGGER, LA COLLABORAZIONE VINCENTE

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CONTENUTI

16 18 20 22

34 / LA LINEA VERDE SEMPRE PIÙ VERSO LA GASTRONOMIA FRESCA

SOLUZIONI AVANZATE

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46 / MERCATO EUROPEO, 50 / TORNA L’EPATITE A OBIETTIVI AMBIZIOSI IN ITALIA. COLPA DEI PER DRISCOLL’S

MIRTILLI SURGELATI

52 / USA, AGRUMETI A RISCHIO ESTINZIONE.

60 / SICILIA ALLE PRESE CON IL VIRUS “TRISTEZA”,

IL BATTERIO KILLER SPAVENTA L’EUROPA

l N.5 l OTTOBRE 2013

44 / SAN LIDANO RADDOPPIA A LATINA CON

NON CI SONO CURE MA PIANTE RESISTENTI

FRUITBOOKMAGAZINE

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ELNATHEDITORE Direttore responsabile: Eugenio Felice Hanno collaborato: Marta Baldini, Camilla Madinelli, Steven Maxwell, Irene Pasquetto, Maurizio Pisani

62 / RIVOIRA, NUOVO MAGAZZINO HI-TECH E CAMBIO DI STRATEGIA

68 / OP VALLI TRENTINE, È NATO IL TERZO POLO DELLE MELE TRENTINE

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Redazione e Pubblicità: Via Poiano 53 37029 - San Pietro in Cariano (Vr) Tel. 045.6837296 redazione@fruitbookmagazine.it adver@fruitbookmagazine.it Abbonamenti: Spedizione in abbonamento postale Abbonamento Italia: 60,00 euro abbonamenti@fruitbookmagazine.it Graphic designer: Marco Fogliatti Fotolito e stampa: Vergraf Srl - Via della Metallurgia 11 37139 - Verona Tiratura numero ottobre 2013: 7.500 copie Testata registrata presso il Tribunale di Verona

70 / LO SPECIALISTA GEOFUR SPINGE SUL

RADICCHIO DI VERONA IGP

74 / NEW YORK: “BUONI SALUTE” PER L’ACQUISTO DI FRUTTA E ORTAGGI

Associato all'Unione Stampa Periodica Italiana

Pubblicità AGROFRESH ALEGRA ALEXANDRA GROUP APOFRUIT ITALIA AWETA BESTACK CIESSE PAPER CPR SYSTEM DOLE EURO POOL SYSTEM FRANCESCON FRUIT LOGISTICA FRUTTEXPORT QUALITÀ GEOFUR INFIA NAPOLEON+VOL ORTOFRUIT ITALIA ORTOROMI PANNITTERI PEMPACORER RETARDER VALFRUTTA FRESCO VOG VOG PRODUCTS

FRUITBOOKMAGAZINE

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l N.5 l OTTOBRE 2013


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Lezione americana Hong Kong, 6 settembre 2013 Stand importante ad Asia Fruit Logistica per POM Wonderful, azienda basata a Los Angeles che produce e vende a livello globale melograni freschi e suoi derivati. Come questi succhi 100 per cento, presentati in diversi e accattivanti formati, che vanno forte anche nel Regno Unito e in Francia.



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Charm & Sweet Hong Kong, 5 settembre 2013 I numeri uno non hanno disatteso la presenza ad Asia Fruit Logistica. Ăˆ stato il loro lo stand piĂš bello e divertente. Debutto mondiale per i nuovissimi Zespri Charm (polpa gialla) e Zespri SweetGreen, che arriveranno sul mercato europeo nel 2014. Sotto i riflettori anche il SunGold, ora anche organic.



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Eisberg si sposta Monterotondo (Rm), 6 settembre 2013 Eisberg Italia, fornitore di Mc Donald’s, ha trasferito lo scorso agosto il sito produttivo per la quarta gamma da Campogalliano (Mo) a Monterotondo (Rm) per essere piÚ vicina ai clienti del Centro e Sud Italia. Il servizio nelle regioni del Nord sarà garantito dal partner strategico SAB Ortofrutta di Bergamo.



insider |

Eugenio Felice

GF Group, sale l’indebitamento Il destino in mano alle banche 14

Il colosso di Albenga ha chiuso il bilancio 2012 con una perdita di 49 milioni di euro, in buona parte dovuta a svalutazioni su partecipazioni (circa 36 milioni). L’indebitamento finanziario ammontava a fine 2012 a 255 milioni di euro, di cui 186 in scadenza quest’anno. Come si legge nella relazione della Deloitte, “esistono significativi elementi di incertezza rispetto alla capacità della società di proseguire nella propria attività aziendale” “Antonio Orsero: così romperemo il monopolio delle banane”. “Orsero sfida i colossi delle banane”. “F.lli Orsero, una sfida italiana alle multinazionali”. Sono solo alcuni dei titoli d’effetto di inizio 2012 che annunciavano il divorzio del più grande gruppo ortofrutticolo italiano, il ligure GF Group, dalla multinazionale Del Monte e la nascita del nuovo marchio premium F.lli Orsero, con investimenti pubblicitari ciclopici per un’azienda del settore, pari a svariati milioni di euro. Dodici mesi dopo la situazione è ben diversa: le banane e gli ananas F.lli Orsero, pur con volumi importanti (11 milioni di cartoni di banane e 4,6 milioni di cartoni di ananas importati nel 2012), si trovano nei supermercati come prodotti da primo prezzo; Antonio FRUITBOOKMAGAZINE

Orsero ha lasciato la carica di amministratore delegato del gruppo (mantiene comunque il ruolo di presidente e consigliere), sostituito dalla sorella Raffaella; il bilancio 2012 ha registrato una perdita di 49 milioni di euro, dovuto in buona parte a svalutazioni su partecipazioni; l’indebitamento ha raggiunto livelli record, pari a 255 milioni di euro nei confronti delle sole banche a fine 2012, di cui 186 esigibili entro fine 2013. In più ci si è messa la Banca d’Italia, a inizio settembre, a denunciare conflitti di interessi e pesanti lacune nella gestione del credito da parte di Banca Carige, il maggiore istituto bancario ligure, nei confronti di alcune imprese tra cui proprio GF Group, che avrebbero beneficiato di importanti affidamenti senza le dovute garanzie. In un simile contesto il consiglio di amministrazione dell’azienda si è prontamente attivato per valutare tutti i possibili rimedi e ha predisposto e approvato, con l’assistenza di una primaria società di consulenza, un nuovo piano industriale, articolato su quattro anni, che prevede un significativo intervento sul gruppo volto a riguadagnare la necessaria competitività e a favorire il ritorno ad una condizione di redditività. Il vero problema però rimane l’indebitamento, come evidenzia la relazione al bilancio 2012 della società di revisione Deloitte: “La società non dispone delle risorse finanziarie per far fronte ai finanziamenti in scadenza nel 2013. Esistono significativi elementi di incertezza rispetto alla capacità della società di proseguire nella propria attività aziendale in futuro”. l N.5 l OTTOBRE 2013


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buone notizie |

Eugenio Felice

Germania, vegetariani per legge una volta alla settimana 16

Il 3,7 per cento della popolazione tedesca non consuma carne. Rispetto al 2006 è raddoppiato il numero dei vegetariani. Questa è la conclusione raggiunta dagli scienziati delle Università di Hohenheim e di Göttingen a seguito di un sondaggio rappresentativo della popolazione tedesca sul consumo di carne. Due terzi delle persone che non mangiano carne sono donne. Il 9,5 per cento degli intervistati ha dichiarato che mangerà meno carne nel futuro Il nome l’hanno già trovato: “Veggie Day”. Il resto potrebbe succedere dopo le elezioni tedesche del prossimo settembre. Se i verdi andranno al governo, promettono di istituire (è tra i punti del programma) la giornata vegetariana: un giorno in cui la carne sarà bandita dalle mense degli uffici pubblici e delle scuole tedesche. L’obiettivo dichiarato è di ridurre il consumo della carne, che vede la Germania tra i maggiori consumatori d’Europa, con 98 chili di carne a testa all’anno. “Una fantastica occasione per provare come ce la possiamo cavare senza salsicce”, dice Renate Kunast, il capogruppo verde. Cucinare vegetariano non significa solo rinunciare alla carne. Non a caso la Germania, patria del più grande partito ecologista d’Europa, è da anni un supermarket monFRUITBOOKMAGAZINE

diale del bio. Ci sono mercatini bio, caffè bio, ristoranti bio, anche la Bionade, una bibita gassata naturale nei sapori di varia frutta esotica, che anni fa insidiò il primato di vendite della Coca Cola. L’obiettivo dei verdi è duplice. Da una parte, un’alimentazione più sana, che protegga l’uomo dalle malattie cardiovascolari, obesità e altro. Dall’altra, si mira a proteggere l’ambiente. Gli animali da pascolo, infatti, sono visti dagli ecologisti come uno dei responsabili del cambiamento climatico. La logica del “giorno senza carne”, in fondo, è simile a quella che ha portato il padrone di Google, Sergey Brin, a finanziare il primo hamburger prodotto in laboratorio e mangiato ieri a Londra: un’ideologia, quella del vegetarismo consapevole o anche radicale, che ha molti adepti tra i geni tecnologici della Silicon Valley. Il ragionamento degli anti-carne è lineare. Il 30 per cento della superficie sfruttabile della Terra è coperta da pascoli, contro il 4 per cento usato dall’agricoltura. Non solo. La biomassa prodotta dagli animali è doppia rispetto a quella creata dagli uomini, ed è responsabile del 5 per cento delle emissioni di diossido di carbonio e del 40 per cento del metano, un gas serra ben più pericoloso. Inoltre, se i consumi di carne dei Paesi emergenti (Cina e India, in primo luogo) cresceranno con i trend attuali, nel 2050 gli animali da pascolo produrranno emissioni pari a metà del traffico stradale e aereo. Una tendenza che, credono anche i verdi tedeschi, bisogna cominciare a contenere. E il “Veggie Day”? In Germania ha scatenato una valanga di reazioni, finendo tra gli argomenti del giorno di Twitter. A leggerle, però l’idea dei verdi (con diversi esponenti politici costretti a spiegarsi o a precisare) più che adepti ha trovato contestatori. l N.5 l OTTOBRE 2013


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i pionieri |

Camilla Madinelli

La baby anguria senza semi Solinda cresce ogni anno di più 18

Solinda fa furori. Le mini angurie non superano i tre chili di peso, partendo da un chilo e 400 grammi. Peso minimo, massimo risultato: polpa rossa e croccante, molto zuccherina, niente semi, poca buccia. Si conservano più a lungo delle angurie classiche, formato “maxi”, e alla fine hai pure pochi scarti. Oltre che buone da mangiare, sono anche pratiche da trasportare e consumare. Nascono dall’intuizione e dalla caparbietà di Gino Peviani Anguria take away, da mangiare dove ti pare senza troppa fatica, come pratico spuntino a casa o in ufficio. Solinda sembra fatta apposta per il consumo da single, monoporzione al bisogno o a misura di dieta. I primi test sulle mini angurie risalgono al 2002. “Sondammo il mercato affiancandole a un altro prodotto a quel tempo innovativo, l’anguria seedless di calibro medio Capriccio italiano”, spiega Gino Peviani, presidente della Peviani Spa, sede operativa a Siziano (Pv). “Abbiamo testato diverse varietà e trovato nel 2004 la più adatta”. Nel 2005 il debutto. E Solinda stupisce tutti per caratteristiche e capacità di unire qualità e praticità, sempre più ricercate dal consumatore di mezzo mondo. Oggi il 50 per cento della produzione FRUITBOOKMAGAZINE

viene esportato e Peviani è leader nel mercato delle baby angurie. Per quanto riguarda la produzione 2013, inoltre, Gino Peviani annuncia un 30 per cento in più rispetto allo scorso anno, a testimonianza del successo qualitativo della varietà e della richiesta. L’inizio non è stato per niente facile, però. “Nei primi anni il mercato non era pronto ad accettare il cambiamento: è stata dura, con enormi quantità di invenduto” continua Peviani. Ma le stagioni passano, i gusti cambiano e arriva il tempo giusto pure per Solinda: “Non ci siamo fatti scoraggiare, credevamo nelle caratteristiche vincenti del prodotto. Abbiamo pensato da consumatori”. Tanta convinzione è stata ripagata. Oggi piace più che mai ai consumatori, e non solo per la polpa. Attira pure l’assenza di semi, in grado di far risparmiare tempo e fatica. I pochi scarti, infine, fanno bene sia a chi compra, che mangia più prodotto, che allo smaltimento finale. Sul mercato, dopo la strada aperta da Solinda, ci sono oggi altre varietà mini concorrenti. “Molte però hanno i semi o non sono della stessa qualità” precisa Gino Peviani, che aggiunge: “Le quantità crescono ed erodono spazio alle varietà tradizionali”. Ma dove nasce tanta bontà? Solinda viene coltivata in zone altamente vocate, tra Centro e Sud Italia, inoltre la Peviani sceglie solo produttori certificati GlobalGAP. Solinda ispira fiducia, insomma, a partire da chi la coltiva fino a chi la mangia. Fa anche tenerezza, così piccola, quasi sia un peccato mangiarla. Ma, dopo il primo morso, chi si ferma più? l N.5 l OTTOBRE 2013



fiere |

Eugenio Felice

Italiani in massa a Hong Kong per cercare nuovi sbocchi 20

Massiccia la presenza italiana quest’anno ad Asia Fruit Logistica, la più importante fiera asiatica di settore, giunta alla settima edizione. Ben 41 espositori sui 372 complessivi erano italiani, con un incremento del 40 per cento sull’anno scorso. Eppure di frutta tricolore nelle numerose destinazioni dell’area ne arriva pochissima e con numerose difficoltà, a partire da quelle logistiche. Uniche chance concrete sono per i kiwi e le mele Anche quest’anno Asia Fruit Logistica non ha tradito le attese. Questa settima edizione, la sesta consecutiva a Hong Kong (solo la prima si era tenuta a Bangkok) ha visto crescere la superficie espositiva (+11 per cento), il numero di espositori (+ 10 per cento) e il numero di Paesi rappresentati (+20 per cento). Buono anche l’afflusso di visitatori, superiore a 6.500 persone, di cui oltre l’80 per cento coinvolto direttamente nei processi di acquisto. La seconda presenza dopo la Cina è stata quella dell’Italia, con ben 41 aziende espositrici, contro le 26 degli Stati Uniti e le 22 dell’Australia. Una presenza massiccia e in crescita del 40 per cento rispetto allo scorso anno, giustificata dalla crisi che sta colpendo pesantemente il mercato europeo. In altre parole le imprese italiaFRUITBOOKMAGAZINE

ne sono andate alla ricerca di nuovi sbocchi e nuove opportunità. In merito facciamo due considerazioni. La prima: la presenza italiana era come da tradizione disorganizzata, con stand sparpagliati un po’ in tutto il padiglione fieristico (quest’anno c’era un unico grande padiglione e la fiera durava tutta la giornata contro le mezze giornate delle passate edizioni). Lo stand collettivo più importante, in posizione centrale, era quello organizzato da CSO, FruitImprese e ICE. C’era poi l’Italy Pavillion organizzato dalla fiera con stand preallestiti e infine diverse aziende hanno deciso di esporre autonomamente come il JinGold che aveva uno degli stand più ampi e che ha fatto da sponsor (uno dei tanto in verità) all’Asiafruit Congress che si è tenuto il giorno precedente all’inizio della fiera. Tutti gli altri grandi Paesi fornitori di frutta si presentavano invece in modo unito: dal Cile al Perù, dal Sud Africa agli Stati Uniti, dall’Argentina all’Egitto. “Voi italiani siete poco organizzati”, ci ha confessato Emy Yang, dell’ufficio vendite del vettore marittimo APL, che si trovava proprio di fronte al nostro stand. “Abbiamo clienti cinesi che cercano i vostri prodotti ma fanno una fatica terribile a trovare l’interlocutore giusto. Parlate poco l’inglese e non si capisce mai se siete una agenzia, una struttura di confezionamento, un produttore o cos’altro”. E veniamo alla seconda considerazione: è vero che la fiera pullulava di buyer provenienti da un’area vastissima, che va dal Medio Oriente fino al Giappone, con una presenza fortissima di indiani, però le finestre aperte durante l’anno per la frutta italiana sono molto limitate e ristrette a due prodotti: il kiwi e le mele. La presenza italiana in fiera quindi non rispecchiava il peso quasi nullo del nostro Paese come fornitore dell’area. l N.5 l OTTOBRE 2013



analisi |

Eugenio Felice

L’Antitrust denuncia: produttori stritolati dal potere della GDO 22

Secondo un’indagine pubblicata a metà agosto dall’Autorità Garante della Concorrenza, sette supercentrali d’acquisto che aggregano 21 catene della grande distribuzione, l’80 per cento del mercato, appiattiscono le contrattazioni nel settore alimentare a danno di fornitori e consumatori. La GDO non si limita a imporre i prezzi ai fornitori, chiede loro anche sempre più contributi per la prestazione di servizi espositivi, distributivi e promozionali Questo contributo, si legge nell’indagine, incide oggi per circa il 40 per cento sull’insieme delle condizioni economiche trattate. I distributori cioè costringono i piccoli produttori all’acquisto di servizi che possono risultare anche inadeguati rispetto al compenso versato e ai quali di fatto condizionano la conclusione del contratto. Un quadro di rapporti complessi e conflit-

tuali che, ribadisce l’Antitrust, “non sembra incentivare il trasferimento al consumatore dei vantaggi di costo degli acquisti”. Apparentemente l’esistenza di supercentrali che trattino con i fornitori per conto di un gran numero di rivenditori potrebbe essere un vantaggio: i prezzi si riducono, il consumatore paga meno il prodotto finale. Alla prova dei fatti però le cose non stanno così: i vantaggi ci sono, ma solo per i rivenditori. “Se le imprese che fanno parte della supercentrale acquistano congiuntamente una parte significativa dei propri prodotti e detengono un potere di mercato rilevante sui mercati a valle, esse potrebbero non avere adeguati incentivi a trasferire a valle i propri risparmi di costo”, si legge nella relazione. In altre parole, perché le imprese, in grado di fare il bello e il cattivo tempo con i fornitori, dovrebbero far risparmiare il cliente finale? In fondo in questo modo possono ampliare il loro margine di guadagno, a scapito dei produttori. L’Antitrust si riserva quindi di “valutare con attenzione i nuovi assetti di mercato” e di ricorrere a “tutti gli strumenti di intervento previsti dalla normativa attuale della concorrenza, valutando gli eventuali effetti anticompetitivi sui consumatori”.

LA CRESCITA DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE Quota di mercato in %

TRADIZIONALE

GRANDE DISTRIBUZIONE

9,2

AMBULANTI

9,8

10,2

10,3

10,3

10,4

10,2

10,1

27,1

22,1

20,8

19,5

19,2

18,5

18,3

50,2

63,1

67,7

68,9

70,2

70,4

71,3

71,6

1996

2000

2005

2006

2007

2008

2009

2010

40,6

Fonte: Federdistribuzione FRUITBOOKMAGAZINE

l N.5 l OTTOBRE 2013


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trend |

Eugenio Felice

La Puglia investe nelle uve seedless ma forse è tardi 24

Oggi il 30 per cento della produzione pugliese di uva è senza semi. Tra cinque anni salirà addirittura al 50 per cento. Il problema è che la concorrenza del Nord Africa, della Grecia e della Spagna obbliga, soprattutto nei mesi di luglio e agosto, a prezzi non remunerativi. «La situazione è preoccupante - ci riferisce Nicola Giuliano - bisogna sedersi a un tavolo per cercare di programmare il futuro. Bisogna produrre ciò che dà reddito» Un pomeriggio del 10 settembre sentiamo alla radio un annuncio straordinario: alla Lidl uva seedless in promozione. Incredibile, abbiamo pensato, le uve apirene finalmente anche in Italia stanno diventando un prodotto non più di nicchia ma anzi di normale consumo, come accade da anni nel Nord Europa. Ci è venuta in mente anche la brillante relazione di David Hughes durante il convegno GrapePassion di Rutigliano dell’aprile 2012: il professore rilevava come la strada obbligata per restare competitivi fosse puntare a varietà colorate e senza semi, perché quello richiede oggi il mercato. Vedi, abbiamo pensato, aveva ragione il professore. Ma a che punto è arrivato il processo di rinnovamento varietale nelle aree più vocate del Sud Italia? Lo abbiamo chiesto a Nicola GiuliFRUITBOOKMAGAZINE

ano, a capo della omonima azienda di Turi (Bari), ai vertici in Italia per la produzione e commercializzazione di uva da tavola (34 mila tonnellate nel 2012) e altri tipi di frutta come ciliegie, agrumi e frutta estiva. “Negli ultimi anni - ci spiega - i produttori pugliesi hanno investito fortemente nelle uve apirene, tanto che nel giro di cinque anni il 50 per cento dell’output pugliese sarà costituito da uve senza semi. Questo significa che ogni anno di più il mercato sarà investito da un’offerta considerevole di questo prodotto, una situazione che desta una certa preoccupazione perché già quest’anno i riscontri del mercato sono stati sotto le aspettative: nei mesi di luglio e agosto i prezzi che non hanno coperto nemmeno i costi di produzione, abbiamo praticamente lavorato in perdita, mentre sono andate molto bene varietà tradizionali come la Vittoria”. Ma come? Mentre ascoltiamo al telefono Giuliano ci rendiamo conto che il quadro della situazione è decisamente diverso da quello che avevamo immaginato. Da anni sentivamo parlare del ritardo della Puglia nella produzione di uve seedless, indicato come causa principale del cattivo andamento delle ultime campagne, e ora ci sentiamo dire che di uva senza semi se ne sta producendo troppa? “Il problema è che nei primi mesi di campagna - rileva Giuliano - abbiamo competitor che producono a costi più bassi. Mi riferisco all’Egitto, alla Tunisia, al Marocco e alla Grecia. C’è poi la Spagna, che oggi può contare anche su varietà tardive. Se finora è stato corretto investire nelle uve apirene, adesso è giunto il momento di sedersi a un tavolo per cercare di programmare il futuro, tenendo conto che siamo riconosciuti come i migliori del mondo per l’uva con semi e che questa spunta ancora prezzi remunerativi”. l N.5 l OTTOBRE 2013



il dettaglio |

Camilla Madinelli

Negozi specializzati, a Verona nuove strategie 26

Frutta e verdura già lavata o tagliata a pezzi per il minestrone, consigli di cucina, consegne a domicilio gratuite. I dettaglianti di Verona e provincia, riuniti sotto la Faver, ce la stanno mettendo tutta, puntando al servizio, per resistere alla congiuntura economica negativa, ai consumi al ribasso e alla concorrenza. Non tanto dei supermercati, precisa il loro presidente Roberto Costa, ma dei mercatini di vendita diretta dal produttore al consumatore Faver riunisce una sessantina di rivenditori al dettaglio di frutta e verdura, sia a Verona che nei centri della provincia. “E quattro nell’ultimo anno hanno chiuso, non ce la facevano più a tirare avanti”, aggiunge Costa, 57 anni, da 25 in attività. “La grande spesa che i clienti facevano fino a qualche anno fa ormai ce la scordiamo: tutti sono molto più oculati”. Da qui la necessità d’integrare la classica vendita al dettaglio con servizi che possono far comodo ai clienti, dando valore aggiunto all’offerta. Costa la consegna a domicilio, per esempio, la fa in bicicletta. Per comodità e per contenere le spese: “Nel mio quartiere molte strade sono percorribili più facilmente e velocemente così. Poi risparmio su benzina, assicurazione, bollo …”. FRUITBOOKMAGAZINE

In ogni caso il servizio direttamente a casa, apprezzato dalla clientela anziana o che per vari motivi non può spostarsi, va dato gratuitamente. Poi ci sono le ricette o vecchi trucchi del mestiere su come meglio pulire la verdura. Altri negozianti riforniscono di prodotti freschi ristoranti, pizzerie e bar. Altri ancora, avendo spazi idonei, hanno inserito laboratori di gastronomia, proponendo prodotti già pronti al consumo. Non di rado la quarta settimana del mese, critica per le finanze di alcuni clienti, si fa credito fino a quella successiva. Come nel Dopoguerra. “In fondo i nostri negozi tradizionali da sempre sono un servizio alla comunità, dove tutto si basa sulla fiducia tra fornitore e cliente”, continua il presidente Faver. “Se manca quella manca tutto: sarebbe impossibile andare avanti”. Anche perché, Costa ne è convinto, la crisi dei consumi è generale e di là da passare. Intanto i fruttivendoli di Verona s’industriano e tengono duro. Dai punti vendita della grande distribuzione continuano a difendersi bene, secondo Costa: “Finora i negozi specializzati ne hanno risentito poco”. Altra storia, invece, è resistere agli attacchi dei mercatini “a presa diretta”, i cosiddetti a chilometro zero promossi dalle associazioni di categoria degli agricoltori, che pescano clienti nella loro fascia di mercato. “Nascono come funghi, nei quartieri cittadini come nei paesi, un fenomeno spiegabile soprattutto dal regime fiscale che loro hanno. Noi chiediamo regole chiare e che siano rispettate, altrimenti ci troveremo sempre più con quartieri privi di negozi a danno dei cittadini”. l N.5 l OTTOBRE 2013


Rosa

Coltiviamo varietà selezionate offrendo un prodotto fresco 12 mesi l’anno forniamo prodotti di ogni pezzatura con imballaggio a richiesta del cliente. AZIENDA CERTIFICATA: GLOBAL - GAP, TESCO, Q.S. e LEAF O.P.

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innovazione |

Eugenio Felice

Si chiama Angello il peperone dolce senza semi di Syngenta 28

Angello è il primo peperone al mondo dolce e senza semi, un prodotto straordinariamente gustoso e delicato, capace di conquistare tutti i consumatori più esigenti in termini di moderne tendenze di consumo e di incontrare il favore di tutti coloro che fino ad oggi non hanno apprezzato i peperoni. Frutto del costante lavoro di ricerca e sviluppo di Syngenta, Angello è il peperone snack-size che ha vinto l’Innovation Award a Fruit Logistica nel 2012 Votato dai visitatori durante i tre giorni della manifestazione berlinese (correva l’anno 2012), Angello, in lizza con i 10 prodotti e servizi più innovativi dell’anno, ha ricevuto il FLIA 2012, il più importante e prestigioso premio del settore ortofrutticolo. Ma di cosa si tratta? Angello è il peperone formato snack, senza semi, particolarmente adatto al consumo nei diversi momenti della giornata. Un prodotto straordinariamente dolce e gustoso (+ 25 per cento di gusto rispetto allo standard dei peperoni in commercio) e versatile: si presta infatti alle preparazioni culinarie più disparate ed è ottimo da gustare per un moderno aperitivo e persino come dessert, ricoperto di cioccolato. Il gusto e la croccantezza, unitamente all’elevato contenuto in vitamina C, al suo colore rosso inFRUITBOOKMAGAZINE

tenso, e alla caratteristica forma conica, rendono il prodotto unico e accattivante. Panel test sono stati condotti sul mercato europeo e il 75 per cento dei 600 consumatori intervistati ha particolarmente gradito questo prodotto sia per il gusto dolce e l’assenza di semi, sia per l’aspetto invitante. Il peperone Angello offre un’eccezionale combinazione di esperienze sensoriali: è croccante, ha qualità organolettiche eccellenti, è dolce e piace a tutti. Non si tratta quindi solo di un prodotto, ma di una esperienza gustativa completa. Attualmente Angello è venduto attraverso i canali della moderna distribuzione in confezioni da 100 grammi a marchio Angello sweet & seedless pepper. È un prodotto disponibile tutto l’anno grazie al lungo ciclo produttivo che può raggiungere persino dieci mesi e ai diversi areali di produzione. In Italia oggi le aree produttive si trovano in Sicilia e Campania. Il principale areale di produzione in Europa è la Spagna con circa 10 ettari. Esistono coltivazioni anche in Israele e Olanda. Gli ottimi riscontri commerciali confermano i risultati di anni di ricerca sul prodotto e di studio delle caratteristiche più gradite ai consumatori e dimostra come l’integrazione e la combinazione tra impiego di tecnologie avanzate, progettualità ad hoc come Sinergie per l’Orticoltura, e la profonda comprensione delle esigenze della filiera, possano condurre allo sviluppo di prodotti all’avanguardia, accolti con favore dal mercato. Angello non è solo un peperone, ma è il nuovo umbrella brand di Syngenta che identifica prodotti sostenibili ad alto contenuto di innovazione, sinonimo e garanzia per i consumatori di esperienze gustative uniche. Il peperone dolce e senza semi è il primo nato di questa gamma unica nel suo genere. l N.5 l OTTOBRE 2013


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Maurizio Pisani

Category management per sviluppare l’ortofrutta? 30

L’ortofrutta è un settore strategico per ogni punto vendita. È qui, infatti, che i consumatori sostano più a lungo durante la loro visita al supermercato; ed è qui che valutano la qualità e la convenienza dell’offerta del punto vendita. Per cui, molte catene della GDO puntano molto su questo settore, o perlomeno dichiarano di farlo. Eppure, in Italia, la performance della GDO nella vendita dell’ortofrutta può essere sicuramente migliorata Basti guardare ai dati: mentre ormai nel food and beveradge la quasi totalità dei volumi viene venduta nella GDO, la quota di mercato di iper + super nell’ortofrutta è inferiore al 50 per cento in volume. E quante volte, del resto, capita di sentire persone che affermano “compro tutto al supermercato, ma l’ortofrutta no, per quella vado dal mio fruttivendolo di fiducia”? La GDO dovrebbe trarre spunto da tutto ciò per capire come e dove migliorare la propria offerta. Guardando a cosa fanno le migliori catene all’estero, una leva è sicuramente la gestione anche dell’ortofrutta in chiave di category management, che deve essere vero, però, e non solo di facciata: significa capire che cosa lo shopper cerca veramente nel punto vendita, per FRUITBOOKMAGAZINE

costruire assortimenti in linea con le preferenze di chi compra. Studia le marche presenti nel settore attraverso ricerche sui consumatori, per capire quali sono quelle che il consumatore richiede e che aggiungono valore all’assortimento. Testa spesso varie alternative di offerta per capire cosa funziona meglio. Cura il visual merchandising per stimolare gli acquisti d’impulso. Utilizza la comunicazione sul punto vendita per informare chi compra sulle qualità speciali dei prodotti venduti e sul perché certe varietà sono più care delle altre. E cosi via. Il category management, insomma, è una filosofia di gestione che ha come obiettivo la massimizzazione di vendite e profitti attraverso la ricerca della soddisfazione di chi fa acquisti nel punto vendita. Parte sempre, quindi dall’analisi dei bisogni dei consumatori. Quante catene in Italia oggi trattano l’ortofrutta in questo modo? Ancora poche. Molte continuano a gestire l’ortofrutta con una ottica speculativa, orientandosi solo al prezzo quando invece il consumatore cerca la qualità prima di tutto. Altre costruiscono gli assortimenti partendo non da cosa vuole il consumatore, ma da altre logiche sempre basate sugli acquisti e non sulle vendite. Altre ancora si trincerano dietro enunciazioni di principio quali “non vogliamo marche in ortofrutta”, senza magari nemmeno chiedersi cosa vogliono i loro clienti, rinunciando così a sfruttare la forza trainante delle (poche) marche forti del settore. Se vuole sviluppare le sue quote di mercato nell’ortofrutta, una buona parte del trade deve cambiare approccio! l N.5 l OTTOBRE 2013


l’amore

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Marta Baldini (dietista)

Succo di frutta acida a digiuno Un toccasana per la salute! 32

Ormai molto diffusa è l’abitudine di bere acqua tiepida e limone (o frutta acidula come pompelmo, arancia amara o arancia rossa) la mattina appena svegli. Abitudine diffusissima e condivisa da molti medici e nutrizionisti perché considerata un vero e proprio elisir di bellezza e di salute. Diverse ricerche scientifiche confermano infatti che il consumo quotidiano di questa bevanda influisce sullo stato di salute dell’organismo Non solo migliora la digestione ma sono un ottimo remineralizzante, poiché contenente acido citrico, ferro, potassio, manganese, fosforo e rame, oltre a buone dosi di vitamina A, B1, B2, B3 (antiossidanti per eccellenza), C e P. Il succo di limone, pompelmo o arancia ha la sua principale proprietà nel determinare all’interno del nostro organismo un’azione contraria, cioè alcalinizzante, in grado quindi di compensare eventuali situazioni di acidosi corporee che possono portare alla comparsa di diversi disturbi (artrite, artrite reumatoide, aterosclerosi, osteoporosi, diabete, gotta, malattie cardiache, problemi renali e tumori). Infatti, gli acidi presenti nel frutto, una volta introdotti nell’organismo, danno il via a una reazione basica rilasciando in circolo carbonati e bicarbonati di calcio e potasFRUITBOOKMAGAZINE

sio che contribuiscono all’alcalinità del sangue. Il livello di acidità sanguigna (pH) è uno dei più importanti parametri per garantire un buono stato di salute: il sangue richiede un pH costante di 7,4 (basico) per ottimizzare le attività fisiologiche, sotto al quale appaiono fenomeni di acidosi, o al di sopra, di alcalosi. Tanti altri sono i benefici dell’iniziare la giornata con questa abitudine: si rafforza il sistema immunitario (i limoni sono ricchi di vitamina C e di potassio, che stimola le funzioni cerebrali e nervose, il potassio aiuta anche il controllo della pressione arteriosa); perdita di peso (i limoni sono ricchi di fibre di pectina, che aiutano a combattere la fame: è stato anche dimostrato che le persone che hanno una dieta più alcalina perdono peso più velocemente); migliora la digestione, incoraggiando il fegato a produrre la bile, che è un acido richiesto per la digestione; stimola la diuresi. Conseguentemente, al fronte di tante attività, come non consigliare il consumo a digiuno di una tazza di acqua calda o tiepida con spremuto all’interno il succo fresco di mezzo limone o di un limone intero. All’inizio, si può partire con dosi minori, ad esempio un cucchiaino di succo sciolto in acqua per poi abituarsi a concentrazioni di limone più alte. Affinché il limone possa “pulire” l’interno del corpo non si deve assumere nessun altro cibo per almeno un’ora. Questa terapia naturale è consigliata a tutti, ad eccezione di chi soffre di disturbi gravi d’iperacidità gastrica o reflusso gastrico. Nessuna preoccupazione invece per lo smalto dentale: molti dentisti affermano che basandosi sui livelli di pH, il limone è meno corrosivo per i denti delle più comuni bibite dolci, ma consigliamo di risciacquare la bocca con acqua una volta bevuta la limonata, sebbene la saliva rimuova già gran parte dell’acido che può essere rimasto sui denti. l N.5 l OTTOBRE 2013




La Linea Verde sempre più verso la gastronomia Anche se il core business rimangono le insalate di quarta gamma Eugenio Felice

Foto: Andrea Felice

È l’azienda più innovativa in Europa nel settore della quarta gamma. Leader di mercato in Italia assieme a Bonduelle, con un fatturato 2012 di 185 milioni di euro, La Linea Verde, sempre fedele al suo concetto di freschezza, sta spingendo su prodotti a sempre maggiore contenuto di servizio e sui mercati esteri per non fermare il suo processo di crescita. In Italia i margini sono infatti molto bassi e servirebbe un cambio di mentalità da parte della GDO Sono diverse le cose che ci hanno colpito durante la visita che abbiamo fatto a inizio agosto allo stabilimento di Manerbio (Bs) de La Linea Verde, il primo operatore di quarta gamma in Italia assieme a Bonduelle con un fatturato 2012 di 185 milioni di euro. Sicuramente la movimentazione automatizzata con robot elettrici senza operatore che si muovono autonomamente dall’area di confezionamento verso la piattaforma logistica da 3 mila metri quadrati che consentono di effettuare controlli informatizzati continui. Le dimensioni dello stabilimento, rinnovato e ampliato con un investimento da 15 milioni di euro per raggiungere, nel 2011, un totale di 42 mila metri quadrati di superficie produttiva. L’attenzione quasi maniacale agli aspetti igienici, che non ci ha permesso di entrare in alcune aree pur avendo cuffia, camice, sovrascarpe e avendo lavato accuratamente le mani. La camera bianca, quella sì impressionante, dove lavorano persone che ricordano i tecnici della centrale di Fukushima, con la sostanziale differenza

che in questo caso l’abbigliamento serve affinché l’uomo non contamini l’ambiente e non viceversa. Lo spaccio aziendale, dove abbiamo avuto una rappresentazione del vastissimo assortimento di prodotti freschi a marchio DimmidiSì e dove abbiamo trovato delle piacevoli sorprese come la nuova linea di insalatone La Frescheria, quattro referenze che si propongono come pasto fresco e completo, in sostanza una base di ortaggi arricchita da frutta secca, frutta fresca, olive, carne, tonno, formaggio, uova o salumi a seconda della referenza e presentate non nella classica ciotola ma in un elegante vassoio. Ma la cosa che ci ha colpito più di ogni altra è la passione e l’entusiasmo con cui il direttore qualità Giovanni Roncareggi ci ha guidato nella visita e spiegato le diverse fasi dei processi di lavorazione. La stessa passione ed entusiasmo con cui Massimo Bragotto, direttore commerciale e logistico, ci ha descritto i nuovissimi tramezzini che rappresentano l’ulteriore passo dell’azienda verso il mondo della gastronomia fresca. FRUITBOOKMAGAZINE

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Gli integralisti del fresco. A poco più di vent’anni dalla sua nascita, ad opera dei fratelli Giuseppe e Domenico Battagliola, La Linea Verde è oggi ai vertici del mercato dell’ortofrutta fresca pronta al consumo, dei piatti freschi e delle bevande fresche. Il gruppo conta oggi sei stabilimenti produttivi: due nel nord Italia, uno in Campania, uno in Sardegna, uno in Spagna e uno in Austria. Le ragioni alla base del successo aziendale risiedono nell’offerta di un prodotto fresco pronto al consumo fortemente innovativo, concepito all’insegna della freschezza e della naturalità, con un alto contenuto di servizio. Basti pensare a prodotti come le Zuppe Fresche, il Frullato Fresco, il Purè di Patate Fresco e il Brodo Fresco, che hanno creato nuovi mercati in Italia. Con DimmidiSì, brand dinamico e innovativo nato nel 2005, l’azienda ha saputo vivacizzare il mercato attraverso una modalità di comunicazione originale, emozionale e trasversale. La Linea Verde si pone oggi come punto di riferimento per l’assortimento del banco frigo del reparto ortofrutta sia come produttore a marchio proprio sia come affidabile co-packer. Notevoli i volumi prodotti e gestiti ogni giorno: oltre un milione di confezioni e 1.400 quintali di materia prima lavorata. Un risultato possibile grazie alle dimensioni della superficie produttiva che nel suo complesso arriva a 42 mila metri quadrati e alla dimensione della società di trasporti refrigerati che FRUITBOOKMAGAZINE

LA LINEA VERDE: evoluzione del fatturato di gruppo In milioni di euro

166

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2009

2010

176

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142 120

2006

2007

2008

2011

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vanta una flotta di oltre 100 veicoli. “L’innovazione fa parte del nostro Dna - ha dichiarato recentemente Giuseppe Battagliola - per noi è una forma mentis, un approccio a tutti gli aspetti della realtà aziendale. È uno sguardo innovativo a tutto tondo, la base per lo sviluppo di nuovi prodotti. Questo atteggiamento e i continui investimenti in ricerca e sviluppo ci hanno portato all’applicazione dei nostri punti di forza, in quanto produttori di quarta gamma e spel N.5 l OTTOBRE 2013


In Italia i listini sono fermi da anni a fronte di “costi che sono letteralmente esplosi. Il vero problema rimane quindi la contrazione dei margini che sta portando molte aziende a ridurre gli investimenti. Noi reagiamo spingendo di più sui prodotti innovativi e sull’estero ”, Massimo Bragotto

Foto: Andrea Felice

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cialisti del freschissimo, sul mercato dei piatti freschi: i nostri sono preparati con sola ortofrutta fresca e di qualità, senza conservanti, sono buoni come fatti in casa e preparati secondo ricette della tradizione culinaria italiana”. L’alto standard qualitativo, come ci ha spiegato il direttore qualità Giovanni Roncareggi, deriva dall’attento controllo di tutte le fasi di produzione, in campo come nello stabilimento come nella logistica. L’elevata qualità della materia l N.5 l OTTOBRE 2013

prima, ad esempio, deriva dalla partnership con oltre 350 aziende orticole qualificate, presenti sul territorio nazionale, che seguono disciplinari certificati che prevedono il ricorso a tecniche di produzione integrata costantemente monitorata dai tecnici agronomi dell’azienda stessa. “Uno dei percorsi più difficili e più importanti per La Linea Verde - spiega Roncareggi - è stato quello intrapreso per volontà dei titolari e che ci ha portato a consolidare le certifica-

Massimo Bragotto, 48 anni, milanese, origini veronesi, esperienza ventennale in aziende del settore del fast moving consumer goods. Da cinque anni è il direttore commerciale e logistica di La Linea Verde Società Agricola Spa, periodo in cui ha consolidato la relazione con il trade e la presenza del marchio DimmidiSì in tutti i canali distributivi. Ha sviluppato ulteriormente i servizi di marketing intelligence e marketing diretto in linea con il processo di consolidamento della brand awareness avviato qualche anno fa dall’azienda bresciana.

FRUITBOOKMAGAZINE


Foto: Andrea Felice

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zioni di prodotto e di filiera. Questo ha significato per gli agricoltori implementare la metodologia di coltivazione, specialmente per quanto riguarda i trattamenti fitosanitari. Infatti il nostro disciplinare ammette il solo uso di prodotti chimici a basso impatto ambientale e, anche di questi, non consente un utilizzo preventivo, e perciò indiscriminato, ma prevede il monitoraggio dei parassiti e l’utilizzo di fitofarmaci solo quando gli stessi parassiti possono costituire un danno certo”. Dal 2008 i produttori de La Linea Verde sono riuniti nella Organizzazione di Produttori Ortofrutticoli Sole e Rugiada. La stessa attenzione agli aspetti colturali si riscontra anche nei processi di lavorazione, che sono “mild”, quindi il meno impattanti possibile sulla materia prima, così da preservarne le proprietà nutritive e le caratteristiche organolettiche e garantire al consumatore prodotti non solo comodi e pronti al consumo ma anche genuini e buoni. Mercato interno difficile. Ci sediamo di fronte a Massimo Bragotto alla fine della visita aziendale, nel suo ampio ufficio, in cui si fa notare, su una parete, una grande cartina dell’Europa. Siamo giunti alle questioni commerciali. Il manager milanese, di origine veronese, ha avuto esperienze lavorative importanti nell’area commerciale con primarie aziende del settore food and drink prima di approdare, nel 2007, a La Linea Verde. L’espeFRUITBOOKMAGAZINE

Giovanni Roncareggi è il direttore qualità de La Linea Verde. È lui che ci ha accompagnato nella visita dello stabilimento di Manerbio (BS). “Il nostro disciplinare di produzione - ci ha spiegato - ammette il solo uso di prodotti chimici a basso impatto ambientale e, anche di questi, non consente un utilizzo preventivo, e perciò indiscriminato, ma prevede il monitoraggio dei parassiti e l’utilizzo di fitofarmaci solo quando gli stessi parassiti possono costituire un danno certo. La stessa attenzione si riscontra anche nei processi di lavorazione, che sono mild, quindi il meno impattanti possibile sulla materia prima per preservarne la qualità”.

rienza insomma non manca. “È la voglia di fare innovazione che ci ha fatto crescere”, esordisce il direttore commerciale che ha la visione chiara dell’attuale stato dell’economia: “Molte persone parlano della crisi che sta vivendo l’Europa come se fosse qualcosa di passeggero e temporaneo. La verità è che questo è il nuovo stato della nostra economia, bisogna prenderne le misure e non fare l’errore di stare fermi in attesa che le cose tornino come erano. Per usare una frase cara a Giuseppe e Domenico Battagliola, chi si ferma non sta fermo, va indietro”. “L’economia italiana è depressa continua - il mercato della quarta gamma, che vale almeno 800 milioni di euro, è sotto pressione perché la grande distribuzione è in difficoltà e cerca di ridurre ai minimi i costi di approvvigionamento. Non solo i listini sono fermi da anni a fronte di costi che sono letteralmente esplosi, ma per la prima volta il mercato quest’anno è addirittura in leggera flessione a valore, mentre sta riprendendo a crescere a volume. Il grande problema del mercato italiano rimane quindi la contrazione dei margini che sta portando molte aziende a ridurre gli investimenti pubblicitari, di innovazione di prodotto e di stabilimento. La grande distribuzione dovrebbe capire che la quarta gamma dovrebbe essere la gallina dalle uova d’oro sia per il produttore che per il distributore, perché è un prodotto ad alto contenuto di servizio in cui non è il l N.5 l OTTOBRE 2013


L’elevata qualità della materia prima deriva dalla partnership con oltre 350 aziende orticole qualificate, presenti sul territorio nazionale, che seguono disciplinari certificati che prevedono il ricorso a tecniche di produzione integrata costantemente monitorata dagli agronomi de La Linea Verde

Foto: Andrea Felice

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prezzo il primo driver di scelta del consumatore. E non è nemmeno il secondo perché dopo l’aspetto del servizio vengono la sicurezza alimentare e l’aspetto visivo. Una busta di quarta gamma costa perché la metà della materia prima che entra nello stabilimento viene scartata, perché abbiamo mille persone che lavorano e le migliori tecnologie per portare un prodotto di eccellenza sugli scaffali. La sicurezza alimentare per noi è così importante che abbiamo più persone nell’assicurazione qualità che nel reparto vendite e marketing. Per il bene di tutti bisogna quindi far sì che il mercato torni a crescere a valore, e non a volume, e riuscire a ragionare meglio sul posil N.5 l OTTOBRE 2013

zionamento: bisogna creare un maggiore ordine sugli scaffali per aumentare la marginalità. A tal fine, il trade dovrebbe anche pensare di premiare le aziende che fanno innovazione perché permettono di alzare lo scontrino medio e di fare una marginalità migliore in valore assoluto”. La crescita dell’estero. “La crisi del mercato interno - prosegue Bragotto - con margini sempre più risicati, toglie alle aziende le risorse per investire e innovare. Per questo al nostro gruppo oggi l’Ita-

lia non basta più e anche se rimane il nostro core business, con il 70 per cento del fatturato, stiamo cercando di sviluppare sempre di più l’estero. Che significa sia esportare dall’Italia prodotto di prima o quarta gamma, convenzionale o biologico, anche ad alto contenuto di servizio, sia esportare il nostro modello di business creando delle filiali all’estero, come abbiamo fatto in Spagna nel 2008, in Austria nel 2012 e come faremo nel breve termine in Russia dove abbiamo trovato un partner locale, Vegetoria, affidabile e con la nostra mentalità che prende origine dal rapporto diretto con il mondo agricolo, in posizione baricentrica tra Mosca e San Pietroburgo, un’area da FRUITBOOKMAGAZINE


LA LINEA VERDE IN CIFRE NEL 2012 siti produttivi milioni di euro

6 2

4 in ITALIA, uno in Spagna e uno in Austria

40

185 42

aziende di proprietà agricole

20 milioni di abitanti. Le prime buste di quarta gamma in cirillico sono arrivate in Russia lo scorso Natale, l’insalata mista tricolore è la più venduta delle nove referenze che proponiamo a dimostrazione che il richiamo al made in Italy viene premiato anche su questo mercato; da alcuni mesi inviamo anche le ciotole arricchite e da settembre abbiamo iniziato con le zuppe fresche, la prossima primavera installeremo 2-3 linee per avviare la produzione direttamente in loco, così da poter arrivare nel 2015, secondo i nostri piani, a servire anche la Siberia e gli Urali. Sul mercato russo, che serviamo anche con la prima gamma confezionata, siamo ottimisti perché oggi il mercato, nato solo tre anni fa, è in mano per il 90 per cento a un singolo operatore, quindi i retailer sono alla ricerca di una seconda scelta che un domani può diventare anche la prima”. Nei dossier dell’azienda di Manerbio rientrano anche gli Stati Uniti, dove il settore è molto sviluppato e La Linea Verde può contare su rapporti commerciali con Sugar Foods, un grande gruppo alimentare - noto al consumatore per i prodotti Fresh Gourmet di cui La Linea Verde è distributore in Italia e Spagna - che vanta stabilimenti sia sulla costa Est sia su quella Ovest. È poi in piedi l’ipotesi Brasile, su sollecitazione di un importante imprenditore locale di origine italiana. Una parte rilevante del fatturato generato all’estero da La Linea FRUITBOOKMAGAZINE

il fatturato

mila mq di superficie di stabilimenti a Manerbio

Verde, circa 20 milioni di euro, deriva da un business importante per il gruppo: l’esportazione di verdura di prima gamma evoluta, sfusa oppure confezionata (come baby leaf, cespi e altri prodotti orticoli da lavare) prodotta nella Piana del Sele da Ortomad, società agricola del gruppo che si conferma uno dei principali produttori europei di baby leaf. Situata a Pontecagnano Faiano (Salerno), senza soluzione di continuità per tutto l’anno Ortomad produce e commercializza prodotti ortofrutticoli di quarta gamma per

160 66

milioni di buste di insalata

linee

di produzione

il mercato interno e di prima gamma evoluta destinati invece in gran parte ai Paesi del nord Europa dove il clima rigido ne impedisce la coltivazione per molti mesi. Frullati freschi in affanno. Prendi un prodotto che nel 2009 ha aperto un mercato in Italia che non esisteva, il frullato fresco. Se gli met-ti vicino un prodotto che gli assomiglia, che in più ha una marca di richiamo, ha una scadenza più lunga e costa meno, provochi due effetti: crei confusione al consumatore o

l N.5 l OTTOBRE 2013


Le prime buste di quarta gamma in cirillico sono “arrivate in Russia lo scorso Natale e l’insalata mista tricolore si conferma la più venduta delle nove referenze a dimostrazione che il richiamo al made in Italy viene premiato. Da alcuni mesi inviamo anche le ciotole arricchite ”, Massimo Bragotto meglio lo induci a confrontare i due prodotti come se fossero uguali e così facendo decreti so-stanzialmente la morte del primo prodotto. “Ci siamo ispirati - spiega Bragotto - all’esempio inglese di Innocent, di grande successo. Abbiamo creato un prodotto derivato da sola frutta fresca, senza aggiunta di nulla, non pastorizzato. Il prodotto è piaciuto, abbiamo avuto il biennio 2010 e 2011 di grandi soddisfazioni per noi e per il trade, con una distribuzione eccellente e capillare. Poi, attratti dal successo che stava riscuotendo il prodotto, sono entrati altri operatori, che però hanno portato sul mercato dei prodotti sterilizzati che di fresco non hanno nulla, non avendo necessità di dover stare nel banco frigo. Il problema è che il trade nella maggior parte dei casi non lo ha posizionato nel reparto beverage ma in quello dell’ortofrutta. Per il frullato fresco è stato un grande danno con una flessione del 35 per cento nel 2012 e un’analoga flessione quest’anno. Come abbiamo cercato di reagire a questa situazione? In tre modi: abbiamo ridotto a 150 ml il formato, anche perché 250 ml equivalgono a oltre mezzo chilo di frutta; abbiamo creato un packaging più accattivante e da quest’estate abbiamo aumentato la shelf life del prodotto grazie a degli investimenti nella tecnologia ad alta pressione per arrivare fino alla soglia dei 20 giorni, che significa ridurre i resi del retailer e quindi semplificargli la gestione dello l N.5 l OTTOBRE 2013

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La nuova linea di insalatone La Frescheria, quattro referenze che si propongono come pasto fresco e completo, in sostanza una base di ortaggi arricchita da frutta secca, frutta fresca, olive, carne, tonno, formaggio, uova o salumi a seconda della referenza. Sono presentate in un elegante vassoio.

FRUITBOOKMAGAZINE


Al Macfrut di Cesena, a fine settembre, La Linea Verde, che ha ancora come core business le buste di quarta gamma, ha presentato i nuovi tramezzini freschi, un progetto in cantiere da alcuni anni, che porta per la prima volta l’azienda di Manerbio a confrontarsi con il buyer della gastronomia.

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scaffale, ma significa anche poter ragionare sull’estero”. Oltre ai frullati La Linea Verde propone i frappè freschi fatti con latte di riso, frutta fresca e panna vegetale (in due referenze), e le spremute fresche ottenute dalla spremitura di agrumi freschi siciliani. FRUITBOOKMAGAZINE

Sempre più gastronomia fresca: i nuovi tramezzini. Al Macfrut di Cesena, a fine settembre, La Linea Verde ha presentato i nuovi tramezzini freschi, un progetto in cantiere da alcuni anni. “Nasciamo come produttori di quarta gamma e quello rimane il nostro

core business, con un’incidenza del 75 per cento sul fatturato”, dichiara Bragotto. “Abbiamo poi inventato nuovi modi di consumare ortofrutta fresca, creando nuovi prodotti e nuovi mercati e andando a soddisfare nuovi bisogni, elevando l’insalata da semplice contorno a pasto unico, arricchendola di ingredienti e di servizio. Il passo successivo è stato spingersi verso i piatti pronti freschi, come facciamo da alcuni anni con le zuppe fresche e le paste fresche. Forti dell’esperienza del sito produttivo che abbiamo aperto in Austria ci siamo spinti verso la gastronomia fresca, proponendo ora anche cinque referenze di tramezzini freschi, scadenza otto giorni, che si distinguono dagli altri per la forma rettangolare, gli ingredienti di alta qualità - a partire dal pane, l’insalata croccante e le creme solo a base vegetale - e il packaging elegante che richiama il classico sacchetto del pane e che contiene anche un pratico tovagliolo. Danno l’impressione di essere dei tramezzini fatti al volo dal bottegaio. Una grande sfida per noi, dato che per la prima volta non ci rivolgiamo più al buyer ortofrutta ma a quello della gastronomia”.

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San Lidano raddoppia a Latina con soluzioni all’avanguardia e un laboratorio sensoriale Eugenio Felice

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Lo scorso 6 settembre la Cooperativa Agricola San Lidano, attiva nel settore degli ortaggi in busta pronti al consumo, ha inaugurato l’ampliamento e l’ammodernamento dello stabilimento di 13 mila metri quadrati che si trova a Sezze, in provincia di Latina. Ad impreziosire il raddoppio dell’area dedicata alla quarta gamma una serie di innovazioni tecnologiche esclusive, tra cui la pavimentazione che soddisfa la performance relativa all’abbattimento della carica batterica attraverso la non formazione di biofilm batterico. Nella zona dell’ultimo lavaggio, asciugatura, selezione ottica e pesatura dei prodotti, è stata inoltre utilizzata una “camera pressurizzata” in grado di immettere nell’ambiente aria senza batteri e priva di polvere. Su tutte le linee di produzione, oltre ai metal detector, sono presenti i selettori ottici con camera laser di ultima generazione per il controllo dei corpi estranei come plastica, legno, carta, vetro e insetti. Nel rinnovato polo di produzione è stato inoltre inaugurato un laboratorio sensoriale, che faciliterà la San Lidano nella ricerca e nel consolidamento di un valore aggiunto dal punto di vista delle qualità organolettiche, per contraddistinguere e valorizzare sempre più le referenze a marchio Orto Pronto. Il laboratorio sarà a disposizione anche delle catene distributive partner della cooperativa per un ulteriore sviluppo e caratterizzazione delle loro private label. FRUITBOOKMAGAZINE

Il 6 settembre la Cooperativa Agricola San Lidano, attiva nel settore degli ortaggi di quarta gamma, ha inaugurato i 13 mila metri quadrati di superficie del nuovo stabilimento di Sezze (Latina). Ad impreziosire il raddoppio dell’area una serie di innovazioni tecnologiche esclusive, tra cui l’utilizzo di una pavimentazione che soddisfa la performance relativa all’abbattimento della carica batterica e una camera presurizzata per avere un’aria priva di batteri e polvere Il 6 settembre sono stati due i momenti più rilevanti. La visita alla struttura e ai siti produttivi presenti nelle immediate vicinanze, da cui lo stabilimento si alimenta e che costituisce uno dei punti di forza di San Lidano (su un modello tipicamente americano) per la possibilità di offrire la massima tempestività nella lavorazione che si traduce in una freschezza unica. La giornata si è conclusa poi con una tavola rotonda a cui hanno partecipato il presidente della cooperativa Luciano Di Pastina, il direttore commerciale Matteo Testa, Claudio Gamberini di Conad, Maurizio Nasato di Pam e Federico Ciampi di Carrefour, i quali, coordinati da Roberto Della Casa dell’Università di Bologna,

hanno disquisito del futuro del comparto. Della Casa ha evidenziato come nel primo semestre dell’anno la quarta gamma abbia mostrato una sostanziale stabilità delle vendite a valore a fronte di un incremento dei volumi di oltre il 5 per cento ottenuto con un

aumento della pressione promozionale, che ormai supera il 25 per cento, e di un’ulteriore crescita della marca privata. Una situazione quindi non certo favorevole, in cui avere una struttura dei costi efficiente può fare la differenza. l N.5 l OTTOBRE 2013


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Mercato europeo, obiettivi ambiziosi per Driscoll’s Espansione continua per il leader mondiale dei piccoli frutti Steven Maxwell

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Nuno Madureira Simões, manager pianificazione e sviluppo della divisione europea di Driscoll’s, colosso statunitense specializzato nel breeding, nella produzione e nella vendita di piccoli frutti, spiega perché la sua società ha ancora molte novità in serbo per l’Europa, puntando a mantenere su livelli ambiziosi il ritmo di introduzione di nuove varietà. Intanto all’inizio dell’estate hanno fatto la loro apparizione nei supermercati italiani le prime confezioni made in Marocco Nel corso delle ultime stagioni la Driscoll’s, società con base negli Stati Uniti attiva nel miglioramento genetico (breeding) di piccoli frutti, ha mantenuto - come essa stessa tiene a precisare - un ritmo sostenuto nell’introduzione di novità varietali in Europa. Basti pensare che nell’ultimo anno la società ha introdotto ben cinque nuove varietà di fragola, pur rivolgendo allo stesso tempo una crescente attenzione alla domanda nei confronti di altri frutti di bosco (primi fra tutti more e mirtilli), che stanno registrando una rapida crescita. Per Nuno Madureira Simões, responsabile per la pianificazione e lo sviluppo della Driscoll’s in Europa, l’ambizione della società di diventare leader di mercato nel settore del breeding dei piccoli frutti l’ha spinta a mettere in atto significative operazioni in Europa, dove vengono già portati avanti tre dei programmi aziendali di breeding per le fragole. “La nostra priorità, in quanto selezionatori, è quella di ottenere nuove varietà che siano eccezionali sia sotto il profilo organolettico che FRUITBOOKMAGAZINE

della shelf life e per questa ragione per noi è importante condurre dei programmi di miglioramento genetico che ci consentano di fornire nuove varietà a un ritmo costante”, afferma. “Per quanto riguarda le fragole, ad esempio, abbiamo introdotto cinque nuove varietà. Tuttavia le cose non funzionano come in una fabbrica: le nuove varietà non nascono a comando, non è un meccanismo che si può forzare, e questo rende ancora più degno di nota il nostro ritmo di innovazione varietale”. Tra le principali novità proposte dalla Driscoll’s troviamo la fragola Diamond, il cui lancio nel Regno Unito l’anno scorso è stato fatto appositamente coincidere con il giubileo di diamante della regina Elisabetta. “Si tratta di una fragola squisita, per palati raffinati, assolutamente perfetta per l’occasione”, sottolinea Madureira, che precisa comunque che da allora la società non ha affatto smesso di darsi da fare, come dimostrano le due nuove varietà di fragole precoci unifere chiamate Solero e Delicia, che a detta di Madureira stan-

no ottenendo ottimi risultati non solo nei Paesi nordeuropei ma anche in quelli dell’Europa meridionale. Madureira ricorda come, più di recente, la Driscoll’s abbia introdotto due varietà, di nome Scarlett e Serena, delle rifiorenti che fruttificano in vari periodi dell’anno e che descrive come le “ultime arrivate” del programma di breeding europeo della società. A prescindere da quella che definisce una continua ricerca per selezionare frutti di gusto migliore, Madureira fa notare che vi sono anche altre fondamentali esigenze, poste sia dai produttori che dai consumatori, di cui bisogna tenere conto nei programmi di miglioramento dei frutl N.5 l OTTOBRE 2013


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ti di bosco. Tra queste figura il raggiungimento di “caratteristiche di alta resa”, un fattore importante sotto il profilo economico per i produttori. Madureira spiega che, alla luce delle disposizioni sempre più severe della legislazione comunitaria finalizzate a ridurre l’utilizzo di pesticidi nella produzione di frutta e verdura, negli ultimi tempi gli sforzi della Driscoll’s sono tesi a ottenere frutti dotati di una migliore resistenza alle malattie. “Ci stiamo impegnando al massimo per produrre delle varietà resistenti alle più comuni malattie fungine e batteriche”, sottolinea. Ovviamente, le attività di breeding non si limitano affatto alle l N.5 l OTTOBRE 2013

semplici caratteristiche fisiche: Madureira precisa che la Driscoll’s è ben consapevole delle notevoli differenze esistenti nei singoli mercati a livello di preferenze dei consumatori e della conseguente necessità di adeguare di volta in volta le varietà alle richieste che vengono avanzate. “Dobbiamo soddisfare le esigenze della nostra rete di coltivatori nella Penisola Iberica e in Marocco e in più tenere adeguatamente conto di una serie di differenti realtà agricole in Europa, in Medio Oriente e in Africa, senza dimenticare poi i consumatori di queste regioni. Ecco perché non portiamo avanti un solo programma di breeding valido per tutti,

Driscoll’s sta lavorando per introdurre con ritmo costante non solo fragole ma anche nuove varietà di mirtilli, more e lamponi

FRUITBOOKMAGAZINE


1

DRISCOLL’S IN CIFRE

oº produttore

mondiale di piccoli frutti

4

110

specie prodotte fragole, lamponi, mirtilli e more

48

2009 12 4 anni

di attività

mesi

di offerta continua

apre

la business unit europea

generazioni per la famiglia Reiter

ma abbiamo ben nove località diverse in cui testiamo le nostre varietà puntando esclusivamente sulla ricerca, così da essere in grado di adattarci alle esigenze locali”. Madureira fa notare come perfino in un’area di dimensioni relativamente ridotte se paragonata con il resto del mondo, come è il caso del Nord Europa, possono spesso esservi differenze enormi nelle preferenze dei consumatori. Egli porta a esempio la Francia, dove i consumatori tendono a preferire una fragola più aromatica, dando priorità al profumo rispetto al gusto o all’aspetto del frutto. “Non è necessario che siano eccezionali al palato quanto piuttosto all’olfatto”, spiega Madureira. Al contrario, nell’Europa centrale e settentrionale la preferenza cadrebbe generalmente su fragole dal colore acceso, “quasi arancione”, mentre nel Regno Unito le fragole devono essere di colore rosso vivo e corrispondere in tutto e per tutto all’immagine tradizionale della fragola, sia nell’aspetto che nel gusto. Madureira fa notare come vi siano preferenze nettamente distinte oggi anche in relazione alle dimensioni dei frutti: mentre nell’Europa del Nord si tendono a preferire frutti di dimensioni medie piuttosto che frutti di grandi dimensioni, in Medio Oriente e anche nell’Europa dell’Est vale il principio secondo cui “più grandi sono, più sono apprezzati. Per il consumatore, l’idea di come una fragola dovrebbe essere è legata per lo più FRUITBOOKMAGAZINE

l N.5 l OTTOBRE 2013


L’Italia è un Paese dalle elevate potenzialità, “molto attivo nella produzione di fragole, con programmi innovativi e interessanti di sviluppo. Pur non essendo ancora presenti, nemmeno in produzione, ne seguiamo gli sviluppi in questo campo con enorme interesse ”, Nuno Madureira Simões alla concezione e alla tradizione popolare del consumo di tale frutto”, afferma. Madureira spiega che la rete di coltivatori della Driscoll’s produce in Portogallo, Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Regno Unito e Scandinavia, così da essere vicini ai rispettivi mercati vista la generale preferenza per i frutti locali quando questi sono di stagione. Egli ci tiene comunque a precisare che la società è attiva non solo nella produzione di fragole ma anche di altri piccoli frutti e si adopera per introdurre con ritmo costante nuove varietà di lamponi, mirtilli e more. Quanto a queste ultime, Madureira sostiene che la Driscoll’s ha al suo attivo un “numero incredibile” di nuove varietà, benché riconosca che il mercato europeo delle more ha ancora dimensioni relativamente modeste. “Stiamo giocando d’anticipo quanto al numero di nuove varietà di more di cui disponiamo per un mercato che è ancora parecchio immaturo. Certo, si sta sviluppando rapidamente, ma è ben lungi dall’essere un mercato importante”, spiega. Ciò nonostante, Madureira ritiene che ci sia ancora molto da fare in Europa per la categoria dei piccoli frutti, essendo convinto che esistano ancora ampi margini di potenziale da sfruttare. “Benché il mercato dei piccoli frutti sia decisamente maturo nel Regno Unito, il consumo pro capite è piuttosto elevato e tutte le tipologie di frutti stanno registrando una forte crescita”, rileva. l N.5 l OTTOBRE 2013

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Nuno Madureira Simões, agronomo basato a Lisbona, è il responsabile per la pianificazione e lo sviluppo della Driscoll’s in Europa

“In tutte le principali economie, il consumo dei piccoli frutti è sempre stato superiore alla media e al di sopra di quasi tutte le altre tipologie di prodotti ortofrutticoli. Se prendiamo in esame tutte le tipologie di prodotti ortofrutticoli, i piccoli frutti sono al primo posto in termini di volumi, valore e tasso di crescita. Riscontriamo questo dato di fatto anche in molti dei Paesi in cui vendiamo i nostri prodotti. In Scandinavia, per esempio, i piccoli frutti hanno ormai superato le banane sugli scaffali dei supermercati. Si tratta di un mercato in rapidissima crescita e siamo solo agli inizi di questa evoluzione!”

Secondo Madureira, un Paese in cui si prospetta una crescita in futuro è l’Italia. Benché la Driscoll’s non sia ancora presente nel nostro Paese, ne riconosce le elevate potenzialità per un’espansione nel lungo periodo. “L’Italia è molto attiva nella produzione di fragole, che vengono coltivate in numerose regioni”, nota. “Molte di queste possono vantare una fragolicoltura di antica tradizione e anche in Italia vengono condotti programmi innovativi e interessanti di sviluppo, soprattutto in campo universitario”. “Pur trattandosi di un Paese in cui non produciamo e non siamo presenti, ne seguiamo gli sviluppi in questo campo con enorme interesse”, aggiunge.

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Torna l’epatite A in Italia. Colpa dei mirtilli surgelati Nessun rischio per la salute dai frutti di bosco freschi Eugenio Felice

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L’allerta è stata diramata a maggio dal Ministero della Salute, le conferme sono arrivate subito dopo Ferragosto e portate all’attenzione dell’opinione pubblica con articoli su giornali e servizi televisivi a volte inappropriati: le analisi dei campioni prelevati in negozi e supermercati hanno confermato i sospetti, il virus è stato trovato nei frutti di bosco. Coinvolte dieci aziende che avrebbero importato i frutti da Serbia, Romania e altri Paesi dell’Europa dell’Est Nelle confezioni di frutti di bosco surgelati confezionate da dieci aziende alimentari italiane è stato trovato il virus dell’epatite A. È quanto emerso dalle analisi fatte eseguire dalla procura di Torino su campioni prelevate in negozi e supermercati del torinese in seguito all’allerta diramata a maggio dal Ministero della Salute. Il pm Raffaele Guariniello procede per il reato di commercializzazione di prodotti di alimentari pericolosi. I frutti di bosco congelati provengono da Serbia, Ucraina, Bulgaria, Polonia, Romania e dal Canada e sono stati confezionati in aziende di Padova, Pavia, Ferrara, Parma e Cuneo. La procura sta identificando i responsabili che saranno iscritti sul registro degli indagati. La notizia è stata ripresa da quotidiani e telegiornali nazionali. In alcuni casi in modo del tutto inappropriato. Ci riferiamo a un servizio del Tg5 che ha mostrato delle immagini di mirtilli freschi ripresi al Centro agroalimentare di Verona e prodotti da note aziende trentine e veronesi, del tutto estranee ai fatti. Un bel danno di FRUITBOOKMAGAZINE

immagine quindi non solo per quelle aziende ma per tutta l’industria dei frutti di bosco freschi. A distanza di una settimana, peraltro, l’unica azienda del settore a muoversi per cercare di fare chiarezza è stata la piemontese Ortofruit Italia che ha lanciato una campagna di sensibilizzazione social e web a tutela dei piccoli frutti denominata “Italiani, freschi e senza rischi!”, in cui si precisa che il cluster del virus è concentrato soltanto sul prodotto congelato di provenienza estera, e la sua diffusione è da attribuire soprattutto a un lavaggio con acqua contaminata. Tutto è partito da uno spaventoso più 264 per cento che ha fatto scattare l’allerta massima. L’epatite A, malattia curabile (causa la morte solo nello 0,5 per cento dei casi) è tornata nel nostro Paese e una delle cause risiede nei frutti di bosco congelati. “Sono stati confrontati, mediante genotipizzazione e sequenziamento - spiega il l N.5 l OTTOBRE 2013


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Nessun rischio per i frutti di bosco freschi e nessun caso finora coinvolge prodotto congelato coltivato in Italia.

l N.5 l OTTOBRE 2013

Ministero sul suo sito - i virus individuati negli alimenti e nei pazienti. Complessivamente è emerso che, di 106 casi sequenziati, 49 presentano la stessa sequenza virale di genotipo 1A. Tale sequenza è risultata identica a quella ottenuta da un campione di frutti di bosco positivo al rilevamento del virus dell’epatite A, suggerendo fortemente che tale alimento possa essere la fonte di infezione”. Una delle regioni più colpite è il Piemonte, dove si registrano sessantacinque casi di epatite A. Al Ministero della Salute sono arrivate 382 segnalazioni e nel 35 per cento dei casi i pazienti hanno riferito di avere consumato frutti di bosco congelati. Da qui, i controlli.

Attenzione quindi ai frutti di bosco surgelati, utilizzati soprattutto per guarnire torte e dolci. Stando a contatto con il ghiaccio, che è acqua congelata, mirtilli, fragole e ribes possono essere un veicolo di diffusione del virus, che non teme le basse temperature. Notoriamente il virus viene trasmesso attraverso frutti di mare e molluschi cresciuti in acque contaminate, un tipico esempio è rappresentato dalle cozze mangiate crude. I frutti di bosco rappresentano una novità, visto che fino ad ora non si era mai parlato di epatite A trasmessa attraverso questo genere di alimenti.

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USA, agrumeti a rischio sopravvivenza. Il batterio killer spaventa l’Europa In ginocchio il secondo produttore mondiale di arance Eugenio Felice

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Una malattia devastante portata da un insetto grande come un moscerino, la psilla asiatica, ha già infettato la metà degli agrumeti della Florida che con 6 milioni di tonnellate è il secondo maggior produttore mondiale di arance dietro al Brasile. La malattia, a cui non si è ancora trovato un rimedio, colpisce il sistema vascolare delle piante, impedendo così la maturazione dei frutti, che risultano più amari. È diffusa anche in Brasile, Messico, Sud Africa, Cina, India e Iran Il grido di allarme arriva dal New York Times nel mese di maggio: negli Stati Uniti, è a rischio l’aranciata fresca della prima colazione, una vera istituzione dall’altra parte dell’oceano. Una malattia incurabile sta minacciando gli agrumeti degli Stati Uniti e particolarmente critica risulta essere la situazione delle vaste coltivazioni di arance in Florida. La malattia, nota come citrus greening (che potremmo tradurre come inverdimento degli agrumi) o huanglongbing (HLB, dal cinese malattia del dragone giallo), è causata da un batterio che si diffonde da un albero all’altro per colpa di un piccolo insetto chiamato psilla asiatica. La malattia ha colpito la più grande coltivazione di arance in Florida, considerata seconda al mondo solo dopo il Brasile, ed ha criticamente influenzato anche tutte le 32 piantagioni di agrumi che crescono nelle contee dello Stato. “L’industria che ha costruito le fondamenta dello stato della Florida - ha commentato il senatore dello Stato, Bill Nelson - e che è presente su ogni tavolo della FRUITBOOKMAGAZINE

prima colazione americana, è totalmente minacciata. Se non troviamo una cura al più presto, il settore degli agrumi verrà spazzato via”. La patologia, che provoca un ingiallimento delle foglie e una incapacità di portare a maturazione i frutti, si sta diffondendo molto rapidamente: è stata infatti riscontrata anche in California, Arizona, Texas e - fuori dagli Stati Uniti - sta provocando danni ingenti in Cina, Messico e Brasile, che come dicevamo è il maggior produttore mondiale di arance con oltre 20 milioni di tonnellate, 10 volte quello che produce l’Italia. Per ora il bacino del Mediterraneo, con grandi produttori come Spagna, Italia, Turchia ed Egitto, è una delle poche aree ancora libere da psille asiatiche e HLB, anche se il livello di attenzione è alto e si teme sia solo questione di tempo. Potrebbe arrivare in Turchia attraverso l’Iran, Paese confinante già colpito dalla huanglongbing.

Gli ispettori hanno trovato le psille asiatiche degli agrumi negli Stati Uniti per la prima volta nel 1998 e la huanglongbing nel 2005, in entrambi i casi in Florida, dove la maggior parte delle arance sono spremute per produrre succo. In California, rinomata per le arance per il consumo fresco, seconda area più produttiva degli Stati Uniti, le prime psille sono state trovate qualche anno più tardi, nel 2008.

La malattia, a cui non si è ancora trovato un rimedio, colpisce il sistema vascolare delle piante, ostruendo il passaggio dei nutrienti e impedendo così la maturazione completa dei frutti, che risultano più amari. Ha un periodo di incubazione da due a cinque anni, e quest’anno, sempre secondo il New York Times, rischia di mettere in ginocchio l’industria delle arance in Florida come non mai. Un’industria che vale 9 miliardi di dollari l’anno e dà lavoro a 75 mila persone. Con la stagione del raccolto ancora in corso, la produzione è infatti già scesa del 10 per l N.5 l OTTOBRE 2013


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cento rispetto alle aspettative già pessimiste. Il batterio è comparso nel continente nordamericano per la prima volta nel 2005, proprio in Florida, ma sta colpendo decine di Stati, dal Texas alla California. Per rallentare la huanglongbing gli scienziati hanno adottato molti metodi tra cui l’importazione dall’Asia di piccole vespe che si nutrono di psille. Nel lungo periodo la soluzione migliore potrebbe essere una modifica genetica, che però richiederà un percorso lungo e costoso per essere approvata a livello normativo e soprattutto per essere accettata dal pubblico. Un giorno del 2005. Poco prima che l’uragano Katrina colpisse la Florida e devastasse New Orleans, Susan Halbert, entomologa presso il Florida Department and Consumer Services, si trovava di fronte l N.5 l OTTOBRE 2013

a un albero di pomelo - un agrume grosso come un melone di origine asiatica - in un’azienda agricola nei dintorni di Miami. Nell’aspetto dell’albero c’era qualcosa che non andava. Sembrava denutrito: aveva poche foglie e i suoi frutti erano deformi. Eppure tutte le altre piante nel giardino crescevano rigogliose e la persona che se ne occupava aveva applicato con cura al pomelo un nuovo strato di fertilizzante. Halbert esaminò l’albero come un detective sulla scena del crimine, eliminando via via tutte le diagnosi che riusciva a immaginare. Escluse il marciume radicale, provocato da un fungo, perché l’albero non mostrava nessuno dei tipici sintomi di deperimento.

Negl ultimi otto anni la HLB ha infettato la metà degli alberi della Florida ed è già costata allo stato 4,5 miliardi di dollari e oltre 8 mila posti di lavoro.

FRUITBOOKMAGAZINE


Sono le psille asiatiche degli agrumi, piccoli insetti alati, a trasmettere i batteri che provocano la huanglongbing (HLB) quando bevono la linfa delle foglie delle piante. Gli ispettori hanno trovato le psille asiatiche degli agrumi negli Stati Uniti per la prima volta nel 1998 e la HLB nel 2005, in entrambi i casi in Florida. Le psille depongono le uova su germogli e foglie quando emergono dalle gemme. Le ninfe appena nate, senza ali, si nutrono esclusivamente di queste parti morbide. Quando le psille bevono la linfa dalle foglie della pianta, a qualunque stadio, possono trasmettere l’HLB dalle ghiandole salivari.

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UNA MALATTIA CHE HA FATTO IL GIRO DEL MONDO USA

Cina

India Brasile

Indonesia Principali paesi produttori di agrumi Grandi produttori di arance Altri produttori di arance Produttori di altri agrumi

Quindi considerò la malattia virale nota come “Tristeza degli agrumi”, diffusa anche in Europa, che colpisce gli alberi sottoposti a innesto (i frutticoltori di solito inseriscono un ramo di un albero nella corteccia di un altro). Ma il pomelo non aveva subìto innesti. Infine Halbert arrivò all’ultimo nome della lista, la malattia degli agrumi più devastante del mondo: la huanglongbing, che si era diffusa lentamente in India, Cina, Indonesia, Sudafrica e proprio l’anno prima nel Paese che è il maggiore produttore mondiale di arance: il Brasile. FRUITBOOKMAGAZINE

Huanglongbing Diffusa Presente

Di cosa si tratta. L’HBL uccide gli alberi ostruendone il sistema circolatorio e rendendo i frutti deformi e amari. È opera di batteri che si nascondono nelle ghiandole salivari di un piccolo insetto alato, grande come un moscerino, la psilla asiatica degli agrumi, che inietta il germe nelle piante mentre beve la linfa dalle loro foglie. Non si conoscono cure: non c’è nessun pesticida in grado di uccidere le psille in quantità sufficiente, nes-

sun trattamento efficace per la malattia. Halbert diede l’allarme. Scienziati e coltivatori reagirono adottando misure di ogni tipo per arginare la malattia: sradicarono le piante infette, spruzzarono pesticidi in abbondanza, circondarono interi vivai con schermi protettivi e importarono piccole vespe asiatiche che si nutrono di psille. I ricercatori cominciarono a iniettare antibiotici nel tronco degli alberi e a cercare geni resistenti da inserire negli aranci. Ma la HLB continua a diffondersi. Negli ultimi otto anni ha infettato oltre metà degli agrumi della Florida e tra l N.5 l OTTOBRE 2013


L’industria che ha costruito le fondamenta dello “stato della Florida e che è presente su ogni tavolo della prima colazione americana, è totalmente minacciata. Se non troviamo una cura in tempi rapidi, il settore degli agrumi verrà spazzato via ”, Bill Nelson (senatore dello Stato)

il 2006 e il 2011 è costata allo stato 4,5 miliardi di dollari e oltre 8.200 posti di lavoro. “Nel giro di cinque anni il succo d’arancia della Florida potrebbe essere solo un ricordo”, ha dichiarato recentemente J. Glenn Morris, direttore dell’Emerging Pathologens Institute all’Università della Florida. Successivamente alla scoperta di Halbert, la malattia ha attraversato Georgia, South Carolina, Louisiana e Texas. La scorsa primavera è stata individuata a Los Angeles. A novembre gli ispettori hanno trovato le prime psille, che possono annunciare l’arrivo della malattia, negli aranceti commerciali della California, che è il secondo maggior produttore di agrumi degli Stati Uniti. La maggior parte delle arance della Florida è spremuta per produrre succo, quelle che si consumano intere sono invece per lo più californiane. Se gli scienziati non scopriranno il modo di fermarla, l’epidemia potrebbe mettere in ginocchio l’intera industria statunitense degli agrumi. Lotta biologica con le vespe. La malattia si diffonde a una velocità devastante, soprattutto a causa della straordinaria fecondità delle psille: nel suo mese di vita, ogni femmina depone fino a 800 uova e il risultato sono popolazioni che possono superare i 40 mila insetti per ciascun albero di arance. Con un tal numero di insetti che saltano e volano qua e là, anche i pesticidi con un’efficacia del 99 per cenl N.5 l OTTOBRE 2013

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to lasciano molti superstiti. E si è scoperto che una delle piante su cui la psilla asiatica banchetta più volentieri è un cespuglio estremamente diffuso, la murraia, che veniva coltivato a Miami, venduto nei vivai e nei grandi discount in tutta la Florida e trasportato via nave, offrendo alle psille facili metodi di viaggio. Potrebbe aver contribuito anche la stagione di uragani letali in Florida. I venti di Katrina e di altre tempeste tropicali potrebbero aver sospinto le

psille più in là di quanto sarebbero state in grado di arrivare da sole, e indebolito gli alberi, rendendoli più vulnerabili alle infezioni. E negli Stati Uniti la psilla degli agrumi, essendo una specie invasiva, non ha predatori autoctoni specializzati, perciò può proliferare rapidamente. Questa situazione spinse gli entomologi a cercare un insetto in grado di devastare le psille, proprio come queste avevano fatto con i frutteti. Trovarono delle piccole vespe di origine asiatica voraci di psille, vennero importate, prima dal Pakistan poi dal Vietnam e dalla Cina, ne sono FRUITBOOKMAGAZINE


Un fitopatologo della Texas University ha trasferito due geni dagli spinaci agli alberi di agrumi, rendendoli così resistenti alla HLB. Alcuni ricercatori della Cornell University stanno invece sviluppando alberi di agrumi che respingerebbero le psille. Le due tecnologie si potrebbero combinare.

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PRODUZIONE ARANCE BACINO MEDITERRANEO E USA Fonte: FRESHFEL

ARANCE Spagna Cipro Italia Grecia PAESI EUROPEI: TOTALE Marocco Turchia Egitto Israele ALTRI PAESI MEDITERRANEI: TOTALE BACINO MEDITERRANEO: TOTALE Florida California Texas Arizona USA: TOTALE (USDA previsioni agrumi) TOTALE

PRODUZIONE

PRODUZIONE

PRODUZIONE

2008/2009

2009/2010

2010/2011

3.462.571 23.360 1.500.000 802.000 5.787.931 790.000 1.230.000 1.620.000 173.000

2.756.042 24.000 2.293.500 860.000 5.933.542 710.000 1.230.000 1.700.000 140.000

2.997.000 24.000 1.950.000 685.000 5.656.000 875.000 1.260.000 1.700.000 73.500

3.045.000 24.000 2.300.000 910.000 6.279.000 976.000 1.352.200 2.350.000 105.000

3.105.000 24.000 1.950.000 637.000 5.716.000 763.000 1.300.000 2.350.000 115.000

2% 0% -16% -30% -9% -22% -4% 0% 10%

3.813.000

3.780.000

3.908.500

4.783.200

4.528.000

-5%

9.600.931 6.633.783 1.581.902 56.252 8.505 8.280.442

9.713.542 5.458.073 1.956.116 63.038 7.477.227

9.565.500 5.727.506 2.231.673 75.144 8.034.323

11.062.200 5.980.614 2.140.956 54.710 8.176.280

10.244.000 6.286.789 2.140.956 54.594 8.482.339

-7% 5% 0% 0% 4%

17.881.373

17.190.769

17.598.823

19.238.480

18.726.339

-2,66%

state rilasciate negli ultimi anni milioni di esemplari nelle zone più colpite, ma l’efficacia non supera il 30 per cento, quindi non rappresenta una soluzione risolutiva ma solo un sistema naturale, una sorta di lotta biologica, per ridurre la velocità di diffusione e la pressione demografica delle psille. Molti coltivatori hanno adottato un altro metodo, più controverso: aiutare FRUITBOOKMAGAZINE

PRODUZIONE PREVISIONE 2011/2012

dati in tonnellate

gli alberi a convivere con la malattia, ad esempio somministrando loro sostanze nutritive supplementari, spruzzandole sulle foglie. È stata una scelta obbligata per diversi agricoltori: quando i fitopatologi consigliarono di sradicare

PRODUZIONE Variazione PREVISIONE (11/12) (12/13) 2012/2013

tutti gli alberi infetti, la malattia era così diffusa in Florida che questo intervento avrebbe comportato la chiusura di diverse aziende agricole. E quindi avanti con manganese, zinco e boro, con aplicazioni periodiche abbinate e coordinate con pesticidi. Le piante sottoposte a questo trattamento in effetti a distanza di anni sono ancora vive e il loro rendimento non è dimil N.5 l OTTOBRE 2013


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75 9

L’INDUSTRIA DELLE ARANCE IN CALIFORNIA calo mila milioni di tons produttivo lavoratori prodotte l’anno

10% 6 50% 8 stimato quest’anno

miliardi

di dollari l’anno

anni fa

scoperta la HLB

58

degli alberi malati oggi

nuito, sostengono alcuni agricoltori. Gli studi pubblicati finora, però, non sono riusciti a dimostrare che questi programmi di nutrizione portino dei benefici. Anzi, secondo uno studio dell’USDA si tratta di un sistema costoso, che non porta comunque alla guarigione gli alberi, traformandoli oltretutto in diffusori del contagio.

F O C U S BATTAGLIO: «ALTRO CHE HLB, PER ORA IL PROBLEMA SI CHIAMA BLACK SPOT» “Per quanto ne sappiamo il batterio HLB o citrus greening sta creando seri problemi negli Stati Uniti e in Brasile, mentre in Argentina e in Sud Africa - Paesi dai quali importiamo agrumi - non rappresenta un problema, almeno per ora. In Sud Africa è stato gestito con successo fin da subito per cui è di fatto sotto controllo, in Argentina non sembra ancora essersi presentato. Questi Paesi sono invece alle prese con il Citrus Black Spot, una malattia che causa seri problemi di gestione agricola e soprattutto di burocrazia sanitaria per l’esportazione verso l’Europa, con conseguente tensione sui prezzi”. A parlare è Luca Battaglio, presidente di Battaglio Spa, azienda piemontese che da 40 anni seleziona, importa e distribuisce in tutta Italia una vasta gamma di frutta, compreso esotico, banane e ananas.

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“Sicuramente - prosegue Luca Battaglio - lo svilupparsi di nuovi funghi o batteri crea una variabile molto influente per il commercio internazionale dei prodotti ortofrutticoli, in particolare per agrumi e kiwi che negli ultimi anni ne hanno sofferto in modo particolare. Il Gruppo Battaglio ha aumentato in modo significativo l’importazione di agrumi negli ultimi anni, così come di altri articoli, certamente per incremento della quota di mercato, dato che i consumi ci risultano invece stabili, anche a livello nazionale. Il programma del 2013 prevede oltre 10 mila tonnellate tra limoni, arance e pompelmi di provenienza Emisfero Sud. Riteniamo che in futuro si andrà verso una concentrazione della domanda e dell’offerta, sia per esigenze di economie di scala sia perché, come queste malattie provano, è richiesta una sempre maggiore specializzazione e professionalità per affrontare e proseguire in modo proficuo questo mestiere”.

La genetica. Gli scienziati stanno provando nuovi approcci, come la somministrazione della penicillina agli alberi infetti attraverso le radici e con iniezioni al tronco, oppure il solfato di rame, anche se in questo caso le piante dovrebbero ricevere iniezioni per il resto della vita con costi potenzialmente proibitivi. Le soluzioni migliori nel lungo periodo, comunque, potrebbero arrivare dalle modifiche genetiche. Un fitopatologo della Texas A&M University ha trasferito due geni dagli spinaci agli alberi di agrumi, rendendoli così resistenti alla HLB. Alcuni ricercatori della Cornell University stanno invece sviluppando alberi di agrumi che respingerebbero le psille asiatiche. Alla fine le due tecnologie si potrebbero combinare. Ma il percorso verso l’approvazione legale dei prodotti geneticamente modificati e la loro accettazione da parte dell’opinione pubblica è ancora lungo e tutto da verificare. Molti temono che non si riesca ad arrivare in tempo per salvare l’amata industria del succo d’arancia.

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L’Italia alle prese con il virus Tristeza Non ci sono cure ma piante resistenti Eugenio Felice

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Ci vogliono cinque anni perché una piantina di arance arrivi a piena produzione. E da quest’anno Aurelio Pannitteri, presidente di OP Rosaria, il marchio delle arance più noto al grande pubblico italiano, ambasciatore dell’agrumicoltura siciliana di qualità, può ritenersi soddisfatto: negli oltre 200 ettari di famiglia è stato terminato il processo di reimpianto, durato ben otto anni. “Siamo stati tra i primi - ci spiega - a capire la gravità della situazione e abbiamo deciso di non aspettare passivamente l’arrivo del virus ma di avviare un programma di sostituzione completa degli impianti, anche di quelli apparentemente ancora sani. Un programma partito nel 2005 e oggi concluso, anche se ci vorranno ancora alcuni anni per tornare in piena produzione”. Certo quello di OP Rosaria è un caso di eccellenza: la situazione in Sicilia non è certo rose e fiori. Abbiamo chiesto all’agronomo Corrado Vigo di farci un quadro realistico. “Dopo anni di silenzi - ci riferisce - e dopo aver nascosto il diffondersi della malattia, la Regione Siciliana si è resa conto che questo modo di operare non “ha pagato”, anzi: la malattia si è talmente diffusa dal 2002, allorquando vennero riscontrati seri focolai, che ora si è in emergenza. Un primo bando è stato già emanato e le esigue disponibilità, 10 milioni di euro, sono già “impegnate”, atteso che l’Assessorato Agricoltura ha stabilito un rimborso forfetario/ettaro di 9 mila euro per provvedere alla FRUITBOOKMAGAZINE

Da questa parte dell’Atlantico i problemi del citrus greening appaiono lontani. L’emergenza ha un altro nome, si chama Tristeza, ma gli effetti sono gli stessi: le piante muoiono. Il virus sta colpendo pesantemente da dieci anni l’agrumicoltura siciliana. Il rimedio c’è ed è drastico: bisogna estirpare le piante malate e piantarne di nuove resistenti al virus. Un processo lungo e costoso che solo le aziende più grandi e organizzate hanno intrapreso con decisione eradicazione delle piante infette. Nel frattempo sono state messe “in moto” tutte quelle attività che possano far sì che la problematica venga risolta. Ci vorranno decenni, e non solo per le disponibilità finanziarie, ma soprattutto per le operazioni di reimpianto o di infittimento degli impianti esistenti. L’operazione di “risistemazione” degli agrumeti siciliani durerà almeno un ventennio, anche perché la disponibilità di piante nei vivai è ridotta. Servono almeno 28 milioni di piante di agrume, ed i nostri vivai riescono a produrne un milione o poco più all’anno. Anche i vivai esteri, penso alla Spagna, non riusciranno a fornire che un altro milione di piante all’anno, quindi la riconversione non potrà

essere che lenta, ma dovrà essere supportata dagli interventi pubblici, altrimenti non sarà possibile effettuarla, atteso che “infittire” un ettaro di agrumeto e adattare l’impianto di irrigazione costa all’incirca 5 mila euro ad ettaro, mentre reimpiantarlo il triplo. Per reimpiantare i circa 70 mila ettari di agrumeti (arance) siciliani occorrono ben 350 milioni di euro in caso di “infittimento”, e addirittura 1,05 miliardi di euro nel caso di reimpianto. Ma gli agrumicoltori siciliani, forti di una tradizione agrumicola centenaria, non demordono e cominciano a mettersi in gioco. La riconversione agrumicola è appena iniziata, e la Tristeza degli agrumi è paradossalmente la spinta maggiore”. l N.5 l OTTOBRE 2013


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Rivoira, nuovo magazzino hi-tech e nuove strategie Confezionamento in diretta ed elevata automazione Eugenio Felice

Foto: Andrea Felice

L’impianto più avanzato d’Europa per la lavorazione di frutta estiva e kiwi si trova a Verzuolo, in provincia di Cuneo. Un investimento di svariati milioni di euro che permette allo storico gruppo che fa capo alla famiglia Rivoira di garantire ai clienti, come è stato negli ultimi 60 anni, i più alti standard qualitativi. Parlare di investimento negli opifici però è riduttivo. Tra la primavera e l’estate di quest’anno si è compiuta una vera e propria riorganizzazione del gruppo La Rivoira rappresenta senza ombra di dubbio uno dei fiori all’occhiello del sistema ortofrutticolo organizzato italiano. Non sarà ai vertici per le quantità, ma sicuramente nei decenni si è distinta per la qualità dei suoi frutti, in particolare mele, kiwi e frutta estiva, e per il servizio prestato. Lo sanno bene i clienti raggiunti in ogni angolo del pianeta: con i Rivoira non si prendono fregature. È una delle poche aziende, tra l’altro, ad essere rimasta fedele alla propria natura: al contrario di tante altre aziende private che si sono mascherate da cooperative per accedere ad allettanti agevolazioni fiscali e contributi europei, la Rivoira Giovanni & Figli e la Kiwi Uno perché in realtà parliamo di due aziende distinte - sono rimaste delle società per azioni che svolgono fondamentalmente un servizio: quello di portare i frutti dei produttori che storicamente lavorano con la Rivoira ai clienti finali, nell’imballaggio e con i requisiti richiesti, cercando di preservare al massimo la freschezza e le qualità di tali frutti.

“Se non fosse per i nostri produttori avremmo già chiuso”, ci confessa Michelangelo Rivoira, presidente di Kiwi Uno e vicepresidente di Rivoira Giovanni e Figli, seconda generazione assieme al fratello Piero. “La burocrazia italiana, così macchinosa e arrogante, fa passare la voglia di fare impresa”. Incontriamo il figlio del fondatore, nonché padre di Gualtiero e zio di Marco, a inizio agosto presso lo stabilimento di Verzuolo della Kiwi Uno, da sempre dedito alla lavorazione dei kiwi di origine nazionale ed estera. Solo da questa campagna, dopo un investimento di svariati milioni di euro, l’opificio si occupa anche della frutta estiva, che solitamente veniva lavorata nell’adiacente magazzino della Rivoira Giovanni & Figli, essendo un lavoro complementare a quello delle mele, prodotto su cui il gruppo ha costruito la sua storia, anche recente, se pensiamo al lancio della mela Ambrosia su diversi mercati del Mediterraneo - in Italia è un’esclusiva di Esselunga - e del Medio Oriente, un caso di grandissimo successo. FRUITBOOKMAGAZINE

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Foto: Andrea Felice

Al centro Michelangelo Rivoira, padre di Gualtiero (a destra) e zio di Marco (a sinistra), presidente della Kiwi Uno Spa e vicepresidente della Rivoira Giovanni & Figli Spa. Assieme al fratello Piero rappresenta la seconda generazione dello storico gruppo piemontese, fondato nel Dopoguerra dal padre Giovanni assieme ai fratelli Andrea e Michele. Oggi Marco Rivoira si occupa delle mele e della frutta estiva mentre Gualtiero si occupa dei kiwi e della frutta di importazione. Nel gruppo lavorano oggi anche Daniela e Silvia Rivoira con funzioni amministrative.

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Il prodotto di punta: le mele. “Le mele sono e rimarranno un articolo su cui puntiamo fortemente precisa Michelangelo e gli fa eco Marco Rivoira, che si occupa proprio di questo prodotto - per questo sono in corso lavori di ampliamento anche alla Rivoira Giovanni & Figli per aumentare la capacità di stoccaggio e migliorare gli impianti di lavorazione, così da arrivare a un potenziale di 60 mila tonnellate, che è un po’ il nostro obiettivo di breve-medio termine, grazie sia all’aumento programmato dei quantitativi di Ambrosia - dovrebbero arrivare in pochi anni a 25-27 mila tonnellate tra produzione piemontese e produzione in Val Venosta - sia all’introduzioFRUITBOOKMAGAZINE

ne di nuove varietà, anche a polpa rossa, ora in fase di fast track”. “Sulle polpa rossa in particolare precisa Marco Rivoira - stiamo lavorando assieme ai grandi consorzi del Trentino Alto Adige all’interno del progetto NovaMela. Saranno diverse varietà sotto un unico marchio ombrello, dai molteplici colori esterni e dai diversi sapori, con diversi mix di acidità, dolcezza e aroma per incontrare i gusti dei consumatori, ma con la comune caratteristica di avere polpa rossa ed essere quindi ricche di antociani che fanno bene alla salute. Varrà in sostanza ancora di più il detto una mela al giorno toglie il medico di torno. Presupposto poi dell’operazione e condi-

zione sine qua non prima dell’immissione sul mercato è che tali varietà siano buone da mangiare. Abbiamo individuato per ora 6-7 varietà che promettono bene, i primi quantitativi non arriveranno sul mercato prima di 5 anni. Parliamo quindi di un progetto a lungo termine”. Tra i progetti ai nastri di partenza del gruppo piemontese c’è invece la valorizzazione della Gold Rosè, che altro non è che la Ambrosia sotto colore. Sarebbe sbagliato però considerarla una seconda categoria: è un’ottima mela, che si presenta come una Golden rosata, quindi molto attraente, con il sapore della Ambrosia, che poi è l’elemento che ha decretato il successo di questa varietà di origine canadese. Ci sono poi un paio di varietà club di cui il gruppo ha acquisito i diritti per la produzione e

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club sono l’unica strada che vediamo “perLe ilvarietà futuro, perché sono le uniche che possono dare delle garanzie di remunerare adeguatamente ogni passaggio della filiera. La produzione di varietà tradizionali passerà sempre di più nelle mani dei Paesi dell’Est Europa ”, Marco Rivoira

Foto: Andrea Felice

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commercializzazione. Le idee del gruppo sul futuro della melicoltura nazionale sono chiare. “Le varietà club - afferma Marco Rivoira - sono l’unica strada che vediamo per il futuro, perché sono le uniche che, attraverso il controllo della produzione e della vendita, possono dare delle garanzie di remunerare adeguatamente ogni passaggio della filiera. La produzione di varietà tradizionali passerà sempre di più nelle mani dei Paesi dell’Est Europa e dell’ex blocco sovietico dove ci sono costi di produzione molto più bassi rispetto all’Italia. Noi possiamo distinguerci solo se sposiamo le varietà club e se puntiamo alla qualità extra lusso. non vedo altre strade”. l N.5 l OTTOBRE 2013

Più investimenti sulle nettarine. Qualità extra lusso, oltre a caratteristiche di lunga conservabilità, fanno parte anche del dna delle pesche e nettarine lavorate dalla Kiwi Uno nel rinnovato stabilimento di Verzuolo. “La filosofia è la stessa”, spiegano Marco e Gualtiero Rivoira. “Vogliamo offrire al consumatore delle pesche buone, con grado brix elevato, e per questo negli ultimi anni abbiamo selezionato varietà adatte allo scopo, con colorazione accentuata e uniforme, e allo stesso tempo che si prestano alla lunga conservazione.

Tra i nostri obiettivi c’è infatti quello di incrementare le esportazioni oltremare, non solo delle nettarine ma anche delle susine, per cui abbiamo diverse varietà sotto osservazione. Per questo abbiamo bisogno di un impianto di lavorazione e confezionamento di ultima tecnologia che tratti con i guanti i frutti per preservarne intatte tutte le qualità. Nei due mesi della campagna piemontese, cioè agosto e settembre, dovremmo lavorare circa 10 mila tonnellate di pesche e nettarine, ma abbiamo in previsione di aumentare nei prossimi anni tali quantitativi. Ridimensionamento per i kiwi. Il frutto per cui è stata costituita nel FRUITBOOKMAGAZINE


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IL NUOVO MAGAZZINO KIWI UNO IN NUMERI calibratrici pallettizzatori complete di controllo linee automatici durezza e difetti interni

di confezionamento

tons

l’ora per i kiwi

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tons l’ora per pesche e nettarine

7 oº 20

la temperatura

nella sala lavorazione

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1984 la Kiwi Uno non sta passando un momento felice in Italia così come nelle altre aree del mon-do dove viene prodotto. Il problema numero uno si chiama batteriosi (PSA), una terribile malattia che uccide le piante e per cui non è ancora stata trovata una cura. Colpisce soprattutto i kiwi a polpa gialla, più sensibili alla malattia, ma si è diffuso prepotentemente anche su quelli a polpa verde, gli Hayward. Proprio quest’anno il nord Italia ha sofferto di questa malattia, a causa delle piogge abbondanti della scorsa primavera. “Riteniamo - spiegano Marco e Gualtiero Rivoira - che nel nord Italia si vada verso un ridimensionamento della specie, sia perché le FRUITBOOKMAGAZINE

La componente informatica ed elettronica è molto forte nel nuovo magazzino della Kiwi Uno. Michelangelo Rivoira non ci ha nascosto che la scelta sul fornitore del nuovo impianto di lavorazione è caduta sulla Aweta proprio perché l’azienda olandese e i suoi ingegneri sono molto forti in questo campo.

condizioni pedoclimatiche sono meno favorevoli rispetto a zone come Latina, sia perché il riscontro economico avuto negli ultimi anni è stato insoddisfacente sia per i produttori che per i confezionatori. Abbiamo dei produttori che hanno fatto sia l’anno scorso che quest’anno la scelta drastica di tagliare e sostituire la specie pur avendo ancora impianti che fruttificavano. La verità è che il kiwi italiano

è stato negli ultimi 10 anni disintegrato nell’immagine per colpa di aziende che hanno anticipato le vendite immettendo sul mercato frutti non idonei. Il kiwi italiano oggi è considerato da primo prezzo, viene pagato meno del kiwi francese, che qualitativamente è inferiore, solo perché loro sono capaci di venderlo con il grado di maturazione corretto. Il problema è che in Italia ci sono troppi esportatori e manca una regia comune e delle regole comuni. Noi come Kiwi Uno ci siamo sempre difesi grazie a un prodotto di lusso, puntando all’oltremare perché orami in Europa si guarda solo al prezzo. Abbiamo però congelato alcuni investimenti in nuove varietà a polpa gialla e rossa, in attesa che la situazione, anche riguardo alla batteriosi, sia meno incerta. Stanno cambiando le cose anche con l’attività di importazione dal Cile, non tanto per la batteriosi, presente anche là, ma per i maggiori

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A partire da quest’anno il magazzino Kiwi Uno si occuperà di frutta estiva e kiwi, quello adiacente di Rivoira Giovanni e Figli si occuperà invece esclusivamente di mele, dati i previsti aumenti produttivi e l’ampliamento del calendario di offerta conseguente all’introduzione di nuove varietà.

Foto: Andrea Felice

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costi di manodopera e logistica, che ci fanno preferire ora confezionare direttamente in loco mentre fino all’anno scorso il prodotto veniva confezionato qui alla Kiwi Uno”. Ecco spiegati allora i cambiamenti di quest’anno: lo stabilimento della Rivoira Giovanni e Figli, in virtù dei maggiori volumi produttivi previsti per i prossimi anni, si dedicherà, a partire dalla campagna entrante, esclusivamente alle mele, mentre lo stabilimento della Kiwi Uno, data la contrazione prevista per i kiwi, tra prodotto nazionale e di importazione, prende in dote la lavorazione della frutta estiva (nettarine, pesche e susine), prevista invece in aumento. l N.5 l OTTOBRE 2013

Impianto ai vertici in Europa. Questi cambiamenti hanno richiesto un adeguamento della sala lavorazione: l’opificio della Kiwi Uno tra primavera e inizio estate è stato completamente rinnovato con l’installazione di due calibratrici Aweta che controllano anche grado brix, durezza ed eventuali difetti interni di frutta estiva e kiwi. Il confezionamento avviene in diretta, senza precalibro, per far subire meno shock ai frutti. Per lo stesso motivo tutta la sala lavorazione ha aria condizionata a 20 gradi. Il bins arriva in magazzi-

no, il carrellista legge il codice a barre e pesa il bons con una bilancia applicata alle forche, per poi portarlo nella cella che in 24 ore ne abbatte la temperatura. Intanto il flusso di informazioni va direttamente nel sistema informatico. Quando poi arriva l’ordine del cliente, il bins viene preso in consegna dalle due calibratrici con trasporto a pinza che selezionano e smistano i frutti nelle 12 linee di confezionamento. La potenzialità è di 40 tonnellate l’ora per pesche e nettarine, di 20 tonnellate l’ora per i kiwi. Sono sette infine i pallettizzatori automatici (applicano anche etichette e angolari).

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In Trentino SFT costituisce il terzo polo delle mele. Si chiama OP Valli Trentine Via da La Trentina oltre 40 mila tonnellate di prodotto su un totale di circa 100 mila Eugenio Felice

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La più grande delle cinque cooperative associate a La Trentina, la Sft di Aldeno presieduta da Mauro Coser, ha deciso di uscire dal consorzio e di dare vita, assieme ad altri sei produttori, alla OP Valli Trentine, che potrà contare su una struttura di lavorazione di ultima tecnologia e su oltre 40 mila tonnellate di mele. La nuova realtà entrerà in piena operatività dal prossimo anno, fino a quella data tutto passerà ancora sotto La Trentina, che dall’operazione esce molto ridimensionata Ne avevamo parlato sul numero di aprile di Fm. A scatenare la tensione nel più piccolo dei consorzi delle mele del Trentino Alto Adige, con un output di circa 100 mila tonnellate di mele all’anno, era stata lo scorso 22 gennaio la decisione del cda della più grande delle cinque cooperative aderenti al consorzio, la Sft di Aldeno, di lasciare La Trentina. Il malumore era nell’aria e non è un caso che un mese prima Mauro Coser, presidente della Sft, avesse rinunciato all’incarico di presidente del consorzio. La motivazione era un disaccordo radicale su come sono stati distribuiti i ricavi dell’ultima campagna commerciale (secondo il nuovo metodo condiviso della calibratura e classificazione unica delle mele fra le cooperative consorziate), che avrebbe provocato, secondo i calcoli aldenesi, un danno alla Sft di quasi 2 milioni di euro. A questo si aggiunge la sfiducia nei confronti del direttore Simone Pilati. “Noi non siamo contro il nuovo sistema - aveva detto a fine gennaio Coser - siamo contro il modo in cui viene gestito”. La FRUITBOOKMAGAZINE

Sft (Società frutticoltori Trento) con 541 soci e un fatturato di 14 milioni di euro, è la cooperativa che da sola vale il 40 per cento dell’intera produzione del consorzio. È anche quella con il magazzino di lavorazione più moderno, essendo appena stato rinnovato con un investimento di 38 milioni di euro e il contributo a fondo perduto della Provincia di Trento pari al 40 per cento dell’importo, che ha permesso di automatizzare i processi e di avere le ultime tecnologie per il confezionamento e la conservazione delle mele. Si era tentata in primavera una ricucitura, ad opera della Federazione Trentina della Cooperazione, ma alla fine Sft ha deciso di andare per la sua strada, uscendo la La Trentina esattamente come aveva fatto alcuni anni fa Mezzacorona, oggi aderente ad APO Conerpo. Succede così che oggi le due strutture di lavorazione più moderne della melicoltura extra valli del Noce siano fuori da La Trentina.

La Trentina è un consorzio di secondo livello nato nel 1997 per raccogliere la produzione di mele della provincia di Trento extra Val di Non e Val di Sole. La produzione annuale lavorata dalle cinque cooperative oggi associate è di circa 100 mila tonnellate. SFT, che vale il 40 per cento del consorzio, dovrebbe uscire da La Trentina a partire dal prossimo gennaio.

Il terzo polo delle mele è nato ufficialmente agli inizi di agosto, quando presso un notaio di Lavis è stata costituito il consorzio che prende il nome da una OP che esisteva già agli inizi degli anni 2000, la OP Valli Trentine appunto. Negli anni peraltro il marchio Valli Trentine è continuato ad esistere. Il nuovo consorzio è formato dalla cooperativa Sft e da sei aziende agricole familiari e individuali della provincia di Trento. Questo atto formale segna l’effettiva rottura tra la Sft e La Trentina. Divorzio che peraltro era nell’aria da tempo dato che se ne parla anche sulla stampa locale da inizio anno. Per La Trentina significa perdere il 40 per cento delle mele conferite, un l N.5 l OTTOBRE 2013


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ridimensionamento non da poco per quella che era già la cenerentola delle OP melicole del Trentino Alto Adige. Rimangono socie la Covaf dell’Alta Valsugana, la Copag delle Giudicarie, la Valli del Sarca e la 5 Comuni, tornata autonoma da La Vis. Il nuovo consorzio vede la Sft con il 35 per cento del capitale sociale, il 20 per cento è di Matteo Gottardi, titolare dell’omonima ditta individuale di Aldeno, mentre il rimanente 45 per cento fa capo, in parti uguali (9 per cento ciascuno) a Gianfranco Bonato, titolare dell’omonima azienda agricola di Nave San Rocco, Luca Castellan, ditta individuale di Nave San Rocco, l’azienda agricola dei fratelli Tiziano e Agostino Moratti di Cles (dove ha sede Melinda), Carlo Berti di Sanzeno e l’azienda agricola Berti di Cristian e Paolo Berti, sempre di Sanzeno. l N.5 l OTTOBRE 2013

Amministratore unico è Mauro Coser (che fino allo scorso anno rivestiva anche il ruolo di presidente di La Trentina), mentre lo scopo sociale individua proprio la figura della OP: “L’attività di promozione della produzione ortofrutticola destinata al mercato fresco, la relativa lavorazione e commercializzazione nell’ambito degli orientamenti generali dell’economia provinciale e nazionale e degli obiettivi della politica agricola dell’Unione Europea mediante l’organizzazione comune per lo svolgimento di tutte le attività necessarie al sostegno, valorizzazione e incremento della produzione agricola”.

La SFT, storica cooperativa della Vallagarina, può contare su un magazzino di lavorazione e stoccaggio di ultima tecnologia inaugurato nel 2012

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Geofur spinge sul radicchio di Verona IGP Il pregiato ortaggio è ricco di proprietà benefiche Eugenio Felice

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L’azienda di Legnago è stata finora l’unica autorizzata a confezionare il radicchio di Verona IGP, protetto a livello cumunitario dal 2008, grazie agli elevati standard igienico sanitari e di processo dello stabilimento. Disponibili lungo tutti i dodici mesi grazie a una produzione estesa dalle Alpi alla Sicilia, i radicchi negli ultimi anni stanno incontrando un crescente successo in tutta Italia. La veronese Geofur è l’azienda a maggiore specializzazione per questa famiglia di ortaggi In un contesto generale che negli ultimi anni ha visto i consumi nazionali di frutta e ortaggi in flessione, ci sono alcuni articoli che vanno in controtendenza. Tra questi il radicchio, una cicoria tipicamente veneta e invernale, dal sapore leggermente amarognolo, che anno dopo anno ha guadagnato nuovi estimatori, tanto che ormai la produzione si estende dalle Alpi alla Sicilia per dodici mesi all’anno e il consumo ha varcato con decisione i confini regionali. Parliamo di un ortaggio dalle indiscusse qualità benefiche, un super food come i mirtilli (guarda caso anche loro con consumi in crescita): dal modestissimo apporto calorico, è una miniera di antiossidanti, è ricco di sali minerali e di aminoacidi, ha proprietà depurative, diuretiche, toniche e lassative. Il radicchio rosso, in particolare, deve il suo colore agli antociani, preziosi polifenoli dalle proprietà antinfiammatorie, antiallergiche ed antivirali. I radicchi sono una famiglia piuttosto ampia. Le tipologie più comuni hanno ottenuto dall’Unione FRUITBOOKMAGAZINE

Europea il riconoscimento IGP: sono il radicchio rosso di Treviso, nelle versioni precoce e tardivo, il radicchio variegato di Castelfranco, il radicchio di Verona e il radicchio di Chioggia. Se quest’ultimo, ben riconoscibile per la forma tonda, può essere considerato il radicchio più prodotto a volume in Italia, è il radicchio di Verona, assieme a quello tardivo di Treviso, ad essere giudicato il più prelibato da un punto di vista organolettico, per via del suo sapore, meno amarognolo rispetto agli altri, e per l’elevata croccantezza. È buono in bocca, quindi, oltre ad avere una forma semilunga molto legante e una dimensione medio-piccola congeniale agli attuali stili di consumo. L’IGP e il primato della Geofur. Oggi in Italia c’è una sola azienda con le carte in regola per produrre, confezionare e commercializzare il radicchio di Verona IGP. Si tratta della cooperativa Geofur di Legnago - ci troviamo nella bassa Veronese - fondata nel 1970 da Rodolfo Furiani e specializzata nella lavo-

razione di diverse tipologie di radicchio per 12 mesi l’anno. Da quando, nel 2008, l’Unione Europea ha riconosciuto il prelibato ortaggio veronese come prodotto ad indicazione geografica protetta, soltanto Geofur ha compiuto tutti i passaggi richiesti per ottenere la certificazione. “Abbiamo visto nell’IGP - spiega Cristiana Furiani, responsabile commerciale dell’azienda e figlia del fondatore - la possibilità di dare un valore agl N.5 l OTTOBRE 2013


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giunto ad un prodotto del nostro territorio. A fine 2008 abbiamo ottenuto il marchio e l’anno successivo siamo stati in grado di immettere le prime quantità di Verona IGP sul mercato”. Nella passata campagna - che inizia solitamente ad ottobre per finire in aprile - la Geofur ha commercializzato circa mille quintali di prodotto, raddoppiando la quantità venduta negli ultimi tre anni. Segno che, alla grande distribuzione e al consumatore il prodotto piace. Ciò che sembrerebbe mancare, affinché il radicchio di Verona IGP riesca a decollare e competere a livelli di vendita con il Treviso e il Chioggia, non è certo la qualità, ma piuttosto un’adeguata promoziol N.5 l OTTOBRE 2013

ne, mancata negli ultimi anni a causa dell’effettiva inoperosità del Consorzio di Tutela. “Finora siamo stati gli unici a tenere accesa la fiaccola dell’indicazione geografico protetta - commenta la Furiani - perché nelle aree in cui può essere coltivato, 56 comuni tra le province di Verona, Vicenza e Padova, il seguito finora è stato scarsissimo. Sono convinta che la certificazione dia un valore aggiunto importante a questo prelibato ortaggio, garantendogli una maggiore identità e riconoscimento. Tale varietà, certificata e fregiata del marchio IGP, ha ampi margini di crescita sul mercato. Le possibilità non mancano”. “Non andiamo fieri - aggiunge la Furia-

Tra tutti gli ortaggi, quello di Verona si distingue per la forma elegante, il gusto poco amarotico e il corpo croccante

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Finora siamo stati gli unici a tenere accesa la “fiaccola dell’IGP per il radicchio di Verona, perché nelle aree in cui può essere coltivato il seguito è stato scarsissimo. Sono convinta che la certificazione dia un valore aggiunto importante a questo prelibato ortaggio ”, Cristiana Furiani 72

ni - del monopolio che ha la Geofur per la parte relativa al confezionamento: credo che se anche altre aziende scommettessero sul Verona IGP il prodotto potrebbe trovare ancora maggior successo innanzitutto in Italia e con il tempo anche all’estero. Le vendite stanno andando a gonfie vele, l’IGP sta pagando, siamo molto soddisfatti. Si tratta di un prodotto certificato, di alta qualità, che dà al consumatore garanzie, tra l’altro con un imballaggio ad hoc che lo contraddistingue. I clienti lo stanno apprezzando ogni anno di più. Noi crediamo in questo articolo e ci stiamo impegnando a portare sempre più aziende sulla strada della certificazione”. Sopra: radicchio di Verona IGP, riconoscimento ottenuto dall’Unione Europea nel 2008. Sotto: non solo radicchio per Geofur. Nella foto un campo di pan di zucchero a Brunico (Bolzano).

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Stabilimento modello. Uno dei punti di forza della OP Geofur, oltre alla produzione certificata GlobalGAP di tutti i tipi di radicchio, del pan di zucchero, dei porri, delle verze, dei crauti e delle angurie - la sola azienda agricola Furiani produce su un’estensione di 400 ettari - è sicuramente lo stabilimento di lavorazione e conservazione di Legnago, dove ha sede l’azienda. Si sviluppa su un’area coperta di 6 mila metri quadrati e sul tetto sono stati installati dei pannelli fotovoltaici che generano una potenza complessiva pari a 400 kilowatt. Lo stabilimento è certificato secondo rigorosi standard di qualità così come il prodotto confezionato: tra le varie certificazioni c’è il Tesco Nurture (protocollo richiesto dal più grande l N.5 l OTTOBRE 2013


A lato lo stabilimento da 6 mila metri quadrati coperti dove ha sede la OP Geofur, a Legnago, in provincia di Verona. Sulla copertura sono stati installati dei pannelli fotovoltaici che generano una potenza complessiva pari a 400 kilowatt. Lo stabilimento è certificato secondo diversi standard di qualità, tra cui Tesco Nurture, Leaf Marque e QS. Geofur può contare anche sullo stabilimento di Bergantino, in provincia di Rovigo, da 6 mila metri quadrati coperti e su quello di Mesola, in provincia di Ferrara, da 2 mila metri quadrati.

retailer inglese), il Leaf Marque (standard che certifica il rispetto dei principi della produzione integrata a basso impatto ambientale) e il QS (protocollo di filiera relativo alla sicurezza alimentare). Geofur può contare anche sullo stabilimento di Bergantino, in provincia di Rovigo, da 6 mila metri quadrati coperti e su quello di Mesola, in provincia di Ferrara, da 2 mila metri quadrati. “Abbiamo investi-

to molto - spiega la Furiani - sulla qualità in campagna, con produzioni estese su tutta Italia che garantiscono un’offerta continuativa per dodici mesi l’anno, e nei processi di lavorazione e confezionamento, così da garantire ai nostri clienti e al consumatore finale, in Italia come all’estero il miglior radicchio che possano trovare sul mercato. Chiaramente tutto questo si traduce in costi che non sem-

pre la distribuzione italiana è disposta a riconoscere. Per questo le esportazioni per noi hanno raggiunto il 50 per cento del fatturato, anche se non mancheremo di continuare a investire sul mercato interno. Proprio l’IGP potrebbe aiutare il radicchio rosso di Verona a uscire da una logica strettamente legata al prezzo”.

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New York: i “buoni salute” per frutta e ortaggi fanno bene ai produttori locali La lotta di Bloomberg contro obesità e malattie Irene Pasquetto

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La difesa della salute dei cittadini, finalizzata a ridurre le spese del sistema sanitario nazionale, rimane uno degli obiettivi prioritari dell’amministrazione Obama. Alla lotta contro il fumo si è aggiunta quella contro i cattivi costumi alimentari. Per questo a New York City è scattata la distribuzione di “buoni salute” alle fasce meno abbienti della popolazione per acquistare frutta e ortaggi in uno dei 142 mercati dei contadini che partecipano all’iniziativa Frutta e verdura, due volte al giorno, prima o dopo i pasti, per sempre. Potrebbe suonare proprio così una delle prescrizioni mediche che dallo scorso agosto vengono rilasciate negli ospedali di New York City ai pazienti che soffrono di obesità, problemi cardiovascolari e diabete. L’iniziativa è sponsorizzata niente poco di meno che da Michael Bloomberg, sindaco della metropoli, che sembra a tutti gli effetti intenzionato a snellire la sua Big Apple, e così dopo il tentativo dello scorso anno di far passare una legge per contenere le dimensioni delle bibite nei fast food, oggi ci riprova con il programma Fruit and Vegetable Prescription Program (FVRx). Ecco come funziona: i cittadini in possesso della speciale ricetta medica, prescritta in ospedale, si recano negli uffici di Manhattan del dipartimento della salute il quale gli rilascia a sua volta i cosiddetti “Health Bucks”, buoni di carta del valore di 2 dollari ciascuno. I “buoni salute” possono essere utilizzati esclusivamente per l’acquisto di frutta e verdura fresca FRUITBOOKMAGAZINE

presso i mercati rionali della città, i cosiddetti Farmer Market (di cui avevamo parlato nel precedente numero di Fm), e non nei supermercati tradizionali, su una spesa minima di 5 dollari. Oltre al fattore salute, la misura ha infatti anche lo scopo di aiutare nelle vendite i coltivatori e produttori locali, moltissimi nelle campagne intorno a New York City. Finora sono stati già distribuiti circa 260 mila dollari in buoni salute che sono stati utilizzati in circa 52 mercati rionali della città. Grazie agli Health Bucks anche le famiglie a basso reddito possono ora accedere, almeno in parte, ad una dieta salutare. Negli Stati Uniti l’obesità è infatti un problema diffuso soprattutto tra i meno abbienti, situazione dovuta anche alla vasta presenza di generi alimentari di dubbia qualità a bassissimo prezzo. In particolare, i cibi surgelati e liofilizzati hanno ormai raggiunto prezzi ridicoli

Il commissario alla salute Thomas Farley ha dichiarato alla stampa: “Gli alimenti trasformati ricchi di grassi, zuccheri e sale sono i principali responsabili nei casi di obesità, diabete, malattie cardiache, ictus e anche cancro”.

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tanto sono esigui. Una zuppa liofilizzata, ad esempio, la quale sazia come un pasto vero e proprio, costa solamente 70 centesimi di euro. Stesso discorso per la pizza surgelata. Una famiglia di quattro persone potrebbe, in via teorica, cenare con 2 euro e 80 centesimi, il quale è, allo stesso tempo, il prezzo di un paio di mele da Whole Foods. Il commissario della salute Thomas Farley ha definito il programma un approccio “creativo” al problema dell’obesità. Per ora le prescrizioni vengono effettuate in due centri medici della città, uno nel Bronx, l’Harlem Hospital, e l’altro a Manhattan, il Lincoln Medical Center, e i pazienti possono acqui-

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stare la frutta e verdura in uno qualsiasi dei 142 mercati che partecipano all’iniziativa. Farley ha dichiarato alla stampa: “Gli alimenti trasformati ricchi di grassi, zuccheri e sale sono i principali responsabili nei casi di obesità, diabete, malattie cardiache, ictus e anche cancro”. Non tutti hanno apprezzato l’idea degli Health Bucks, voci di protesta si sono alzate in particolare tra i repubblicani che fanno notare che lo stato investe già ogni anno circa 114 milioni di dollari in “food stamp” destinati a finanziare i pasti di 101 milioni di cittadini americani a basso reddito. Alcuni esponenti conservatori, tra i quali Katrina Pierson, attivista del Tea Party, sottolineano che la gestione e distribuzione di questi fondi è “totalmente fuori controllo”. Pierson ha infatti dichiarato alla

stampa che “secondo molteplici studi i food stamp, come succederà anche per gli Health Bucks, finiscono sempre nelle mani di famiglie presenti nel programma di sostegno già da 10 o 15 anni, invece che andare ad aiutare chi si trova in un vero stato di necessità o nuove famiglie”. Al di là delle polemiche, non resta che stare a vedere se, per davvero, una mela al giorno tolga se non il medico almeno un po’ di giro vita in più di torno.

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LA LINEA VERDE RICEVE PREMIO INNOVAZIONE IN RUSSIA CON L’INSALATA “CLASSICA ITALIANA”

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Lo scorso settembre, durante la fiera Worldfood di Mosca, l’insalata “Classica Italiana” di DimmidiSì è stata riconosciuta come il miglior prodotto innovativo vincendo il concorso online “New Product Showcase” dedicato alle novità presentate in fiera. La Linea Verde replica in Russia il successo del progetto dedicato alla celebrazione dell’italianità avviato nel 2011 con l’Insalata degli Italiani. La Linea Verde ha scelto la visibilità offerta da Worldfood Moscow per presentare al mercato locale tre insalatone arricchite DimmidiSì e tre Zuppe Fresche DimmidiSì, proposte anche in questo caso con una confezione in cirillico studiata ad hoc per il pubblico russo.

LA REGIONE CHE PRODUCE PIÙ MELONI? LA SICILIA SECONDO GLI ULTIMI DATI ISTAT Secondo i dati Istat, nel 2012, in Sicilia, con 8.646 ettari destinati alla coltivazione del melone, il raccolto è stato pari a oltre un milione e mezzo di quintali: cosa che pone la Sicilia in cima alla classifica delle regioni produttrici, se si pensa che in tutto il Mezzogiorno i campi di raccolta si estendono su poco più di 13 mila ettari e la raccolta totale è stata di circa 2,85 milioni di quintali. Per quanto riguarda invece la produzione di angurie, la Sicilia si colloca al terzo posto tra le regioni produttrici del Sud con, sempre secondo le stime Istat, 290 mila quintali raccolti nel 2012. Sul fronte delle esportazioni, il mercato funziona solo nella prima parte della

CIV, DECOLLA IL PROGETTO FUJION ADERISCONO DIECI TRA GRUPPI PRIVATI E COOP Dieci gruppi privati e cooperativi sono entrati nel progetto della mela Fujon elaborato dal CIV, Consorzio Italiano Vivaisti di Ferrara. Si tratta di Patfrut di Ferrara, Lagnasco Group di Cuneo, S.F.T. di Trento, Cofruta di Giacciano con Baruchella (Ro), AFE di Ferrara, Cico di Tresigallo (Fe), Agrintesa di Faenza (Ra), Melavì (Sondrio), FRUITBOOKMAGAZINE

stagione, nei mesi di maggio e giugno, per le angurie. “Quello è il momento delle produzioni precoci, in cui solo la Sicilia ha disponibilità di angurie - dichiara Ivan Mazzamuto della cooperativa La Normanna perciò riusciamo ad esportarle al Nord. Le zone più fertili in quei mesi sono quelle di Ispica e Pachino. Poi, ci si sposta nel siracusano e nel trapanese, fino alla piana di Catania, dove c’è la produzione tardiva”.

Cooperativa Frutta Castelbaldo (Padova) e TC Frutta di Ostellato (Fe). Questi gruppi si impegnano per 5 anni a piantare la varietà brevettata dal CIV partendo da un minimo di 10 ettari ciascuno. La varietà Fujion è stata presentata dal CIV tre anni fa nel corso di Interpoma nell’ambito della nuova serie di varietà “Sweet Resistants”, mele dolci e resistenti alla ticchiolatura brevettate dal CIV. Tra queste la varietà Fujion, che è stata piantata in questi anni in molti frutteti pilota in diverse aree del Paese, evidenziando caratteristiche molto interessanti oltre la sua naturale resistenza: facilità di colorazione in ambienti e situazioni climatiche difficili; epidermide non suscettibile al cracking e poco sensibile alle scottature; produzione costante, conservazione molto buona, sia come croccantezza che come sapore. l N.5 l OTTOBRE 2013


AL VIA LA TERZA EDIZIONE DEL CONCORSO PINK LADY FOOD PHOTOGRAPHER OF THE YEAR Per il terzo anno consecutivo la mela Pink Lady è lo sponsor principale di Food Photographer of the Year, una celebrazione a livello mondiale dell’arte della fotografia culinaria che riunisce sia fotografi amatoriali che professionisti, giovani e meno giovani e che, in soli due anni, si è già imposta come un evento culturale internazionale: sono state 5.500 le foto ricevute nella precedente edizione. Una bella occasione per la mela Pink Lady per sottolineare il suo interesse per la cucina e per premiare artisti internazionali appassionati della mela e della fotografia. Il premio per la foto vincitrice è di 5.000 sterline (circa 5.800 euro circa). In più viene data la

SI TERRÀ IN APRILE NELLA CAPITALE POLACCA LA PRIMA EDIZIONE DI WORLDFOOD WARSAW

possibilità di esporre presso la Mall Galleries di Londra. I vincitori saranno annunciati, sempre presso la Mall Galleries di Londra, il prossimo 22 aprile. Le iscrizioni sono state aperte il primo luglio 2013 e scadranno il 31 gennaio 2014, alla vigilia della fiera Fruit Logistica. Per la mela club più nota al mondo il concorso rappresenta un modo per promuovere la cultura e far parlare di sé.

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ITE Group Plc ha annunciato il lancio di una fiera in calendario dal 9 all’11 aprile 2014 a Varsavia, capitale della Polonia. La formula è collaudata ed è quella utilizzata a Mosca dove si tiene a settembre un’analoga manifestazione, il WorldFood Moscow appunto, da anni punto di riferimento anche per il settore ortofrutticolo italiano. Durante la tre giorni di manifestazione gli addetti ai lavori potranno stringere nuovi rapporti d’affari. Saranno rappresentati un po’ tutti i comparti dell’alimentare, tra cui frutta e ortaggi, e i settori collegati come il packaging e i macchinari. Gli organizzatori si aspettano ampie adesioni considerando le potenzialità della Polonia. ITE Group organizza anche il WorldFood in altre nazioni, come Ukraina, Turchia, Kazakistan, Azerbaijan, Uzbekistan e appunto Russia.

IMBALLAGGI E FOOD WASTE ALIMENTARE: CONVEGNO A MACFRUT IL 26 SETTEMBRE Scegliere l’imballaggio più idoneo per la migliore shelf life dei prodotti ortofrutticoli significa in primo luogo ridurre gli scarti lungo la filiera distributiva, ma significa anche ridurre lo spreco a casa del consumatore, che grazie a un imballaggio più adatto avrebbe più giorni a disposizione per consumare frutta e verdura acquistate. Se ne parlerà durante il workshop “Imballaggi & Shelf Life: implicazioni microbiologiche e ripercussioni economiche per l’ortofrutta” organizzato da Bestack in occasione di Macfruit. I relatori saranno la professoressa Lanciotti dell’Università di Bologna e il professor Della Casa dell’Università di Bologna - sede di Forlì. l N.5 l OTTOBRE 2013

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GIACOVELLI CRESCE SUI MERCATI ESTERI GRAZIE ALLE UVE SEEDLESS

Per sei mesi l’anno la Giacovelli di Locorotondo (Ba) produce e commercializza uva da tavola di qualità, per il 50 per cento destinata ai mercati esteri. L’azienda, che può contare su circa 500 ettari di vigneti, di cui 150 dell’azienda agricola di proprietà della famiglia Giacovelli a Ginosa, da diversi anni sta puntando alle uve seedless, proposte in diverse confezioni, a marchio Giacovelli o Raphaël. La produzione annuale si attesta sulle 16 mila tonnellate, per lo più senza semi appunto. “All’estero è un articolo molto richiesto - dichiara Piero Giacovelli - mentre in Italia stenta a decollare. Produciamo comunque anche uve con semi, sia bianche che rosse che nere”. Tra le ultime novità presentate dall’azienda, i Trix (nella foto), cestini con grappoli di tre colori a forma triangolare per catturare l’attenzione dei consumatori.

LIDL, ANCHE NEL 2018 SARÀ IL RETAILER N.1 MA È AMAZON IL GRUPPO CHE CRESCERÀ DI PIÙ

degli analisti. Il gruppo tedesco genera attualmente un fatturato di 68,7 miliardi di euro e, secondo quanto riportato dalla classifica relativa ai 50 retailer più importanti, nel 2018 raggiungerà gli 84,7 miliardi di euro. La catena di supermercati britannica Tesco si piazza al secondo posto, tuttavia, secondo l’agenzia, dovrà stare attenta a non perdere la sua posizione in classifica a seguito della scarsa fiducia dimostrata dai consumatori in Europa Centrale e Orientale. Le stime suggeriscono che nei prossimi cinque anni, il gruppo Metro andrà invece a sottrarre il terzo posto a Carrefour. Ma è Amazon ad aver fatto il salto più grande nella classifica delle società di retail europee. Grazie ad una crescita costante del 18,5 per cento nel fatturato degli ultimi cinque anni, la compagnia di vendita online è passata dal 23.mo posto al nono.

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Il Gruppo Schwarz, società madre delle catene ddiscount Lidl e Kaufland (questa praticamente non presente in Italia), è il gruppo distributivo al dettaglio più grande d’Europa e manterrà questo status anche nei prossimi cinque anni. La previsione arriva dall’agenzia di consulenza di settore Kantar Retail e si basa sulle previsioni

SI CHIAMA SOLEMIO LA VARIANTE PER IL MERCATO ASIATICO DELLA LINEA SOLARELLI Il Gruppo, nell’ambito della fiera Asia Fruit Logistica (che si è svolta a Hong Kong dal 4 al 6 settembre), ha lanciato a partire dalla prossima campagna kiwi Solemio, una variante specificatamente riservata al mercato asiatico della linea Solarelli, il marchio di qualità che contraddistingue prodotti di stagione, rigorosamente italiani, autentiche specialità di aree vocate garantite da marchi d’origine. “Si tratta di un rafforzamento della presenza dei nostri kiwi sui mercati dell’Asia - spiega Ilenio Bastoni direttore commerciale di Apofruit Italia - che è stato accolto con grande interesse nell’ambito di Asia Fruit Logistica”. FRUITBOOKMAGAZINE

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NUOVA CIOTOLA TOPOLINA PER ORTOROMI L’INSALATONA CON IL PARMAREGGIO SNACK OrtoRomi affianca la propria expertise a quella di Parmareggio: nasce così la ciotola Pausa Pranzo Topolina, con tutta la freschezza delle insalate pregiate OrtoRomi unita alla bontà da intenditori di Parmareggio Snack. Così, l’eccellenza del settore ortofrutticolo di OrtoRomi si unisce a uno dei prodotti di punta della tradizione gastronomica italiana, il Parmigiano Reggiano DOP Parmareggio. “Siamo lieti di questa partnership perché sentiamo che i valori delle due aziende sono simili: attenzione alla qualità del prodotto e alla tutela del consumatore, nonché un grande amore per la bontà della tradizione gastronomica italiana, una vera eccellenza nel mondo, da portare avanti e salvaguardare. Noi vogliamo rendere l’insalata protagonista e non più solo “comparsa” nei pasti dei nostri consumatori: da qui la scelta di integrare una base vegetale di prestigio con un prodotto tra i più completi e nutrienti in assoluto, il Parmigiano Reggiano. Il format dello snack si integra perfettamente con il progetto di OrtoRomi di puntare sempre di più sul livello di servizio, permettendo la delocalizzazione del consumo dell’insalata, che

LILLO (MD) ACQUISTA DA LOMBARDINI I DISCOUNT E DIVENTA IL TERZO OPERATORE IN ITALIA “Il Gruppo Lombardini ha firmato un contratto preliminare di cessione del canale discount (LD) alla società Lillo Spa (insegna MD), che darà vita al terzo operatore del settore in Italia”. Con queste stesse parole rilasciate in un breve comunicato il gruppo Lombardini chiude una storia lunga 84 anni. L’operazione messa in atto da Lombardini è a ben guardare triplice: non solo vende a MD 320 discount, ma anche a Coop gli ipermercati di Rezzato (Brescia) e Mapello (Bergamo) e a un operatore di Selex l’ipermercato di Liscate (Milano). Nel comunicato si legge: “Queste due operazioni, che si concretizzeranno con i passaggi di proprietà e dei flussi finanziari tra ottobre 2013 e l’estate 2014, garantiranno la continuità aziendale, i livelli occupazionali e la soddisfazione dei fornitori”. La rete MD è presente al Centro Sud e si l N.5 l OTTOBRE 2013

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esce dalle case per accompagnarci comodamente in ufficio, spiaggia, palestra o pic-nic. Questo è il primo di una serie di co-marketing di assoluto prestigio con i quali intendiamo premiare i nostri consumatori e sedurre il trade”, ha spiegato Fabio Ferrari, direttore commerciale di OrtoRomi.

integra bene con LD, che opera al Nord. Il gruppo Lombardini, sotto la guida di Romolo (oggi settantaseienne), aveva raggiunto il massimo dell’espansione operando nei canali dei supermercati, dei cash&carry e dei discount con 3.700 addetti. Nell’ultimo biennio aveva cercato di arginare la crisi vendendo pezzi di rete ma alla fine non c’è stato niente da fare. “Lo dicevo già nel 2000 ai miei fornitori che la crisi è un’opportunità”, commenta Patrizio Podini, altoatesino, 74 anni, titolare del gruppo Lillo, che con questa operazione prevede di raggiungere un fatturato di gruppo pari a 2 miliardi di euro, andando a raddoppiare il giro d’affari e diventando il terzo operatore discount dopo Eurospin e Lidl. La rete acquisita va a integrarsi perfettamente con quella LD presente nel Sud Italia. “Sono partito 25 anni fa dal Sud - racconta l’imprenditore a CorrierEconomia - e negli ultimi 5-6 anni abbiamo registrato una crescita a due cifre. Nel 2009 il gruppo fatturava 550 milioni mentre nel 2013 prevediamo di raggiungere il miliardo. Ma non si può essere un player importante senza avere una rete anche al Nord”. I 320 discount comperati da Lombardini occupano 2.000 dipendenti con ricavi per 800 milioni. MD conta già su 340 punti vendita. Per ora le insegne resteranno distinte. FRUITBOOKMAGAZINE


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Irene Pasquetto

Aziende e blogger, la collaborazione vincente 80

La presenza online di un brand è oggi importante tanto quanto quella sui canali di comunicazione ufficiali. E fino qui ci siamo. La stragrande maggioranza delle aziende investe buona parte delle risorse destinate al marketing in internet: sito aziendale, email marketing, banner pubblicitari, Facebook, Twitter, YouTube etc. Ma il consumatore-utente medio come si forma realmente un’opinione mentre naviga? In diversi modi. Tra questi, un ruolo fondamentale è giocato dai cosiddetti “influencer”, o “influenzatori”, vale a dire utenti esperti di un determinato argomento che condividono regolarmente sui loro blog e sui social network impressioni e suggerimenti relativi al loro campo di interesse e che si sono conquistati così facendo un grande seguito online. Delle specie di vip della rete. Tra i blog più cliccati in Italia figurano certamente quelli del settore food& beverage, non a caso lo scorso anno è andato proprio a un blog di cucina, “Giallo Zafferano”, l’ambitissimo premio come Miglior blog italiano dell’anno (MFA). Al contempo, le aziende e i produttori si stanno accorgendo delle potenzialità che una collaborazione con un blogger può avere. Ad esempio, si invita il blogger a creare un nuovo piatto utilizzando i prodotti che si vogliono promuovere e voilà, il gioco è fatto: la ricetta raggiungerà un gran numero di consumatori/lettori attraverso il sito del blogger e sui canali social, il tutto in maniera “naturale” e non forzata come quando si fanno degli annunci a pagamento. Attenzione però, questo non vuol dire che anche un blogger non abbia un prezzo. Per capire meglio come funziona il rapporto tra l’azienda e un blogger “a noleggio” abbiamo intervistato Giulia Rizzi, autrice del blog “Una vegetariana in cucina” (http://unavegetarianaincucina.it). FRUITBOOKMAGAZINE

Fm: Perché rivolgersi ad un blogger? Giulia: I blogger sono figure che si stanno guadagnando sempre più credibilità nel settore del food e non solo. Le aziende spesso scelgono di rivolgersi a noi perché il blogger nasce “libero”, non ha vincoli o obblighi di alcun genere e risulta quindi molto credibile agli occhi del pubblico. Le collaborazioni nascono per far conoscere un prodotto, un evento, un territorio… ci sono infinite possibilità. Fm: Come si contatta un blogger? Giulia: Per contattare un blogger ci sono tanti modi, dalla “classica” mail ai vari social network. Tendenzialmente in questo mondo si tende a essere piuttosto informali dunque non servono approcci particolari per interagire con un blogger, basta essere chiari, concisi ed educati. Un approccio vincente anche nella vita, infondo. Fm: I blogger si pagano? Se sì, quanto? Giulia: Le modalità di collaborazione con i blogger sono diverse e variano in base al progetto in cui sono impegnati. Fondamentale è che fra l’azienda e il blogger ci sia una condivisione di intenti e di valori: essendo i blogger liberi di decidere in quali progetti impegnarsi, è difficile che si scelga di lavorare con un certo prodotto o di partecipare a un evento se non ci si crede realmente. Fm: Oltre al tuo blog, quali altri consiglieresti? Giulia: Ci sono tantissimi blog oggi, e i blogger sono sempre più esperti. Essendo vegetariana e avendo un sacco di intolleranze alimentari vi segnalo un paio di blog che, come il mio, hanno proprio questo taglio: BperBiscotto, meraviglioso blog pieno di dolci proposti anche nelle versioni “senza” per gli intolleranti e Peanut in cookingland, con tante ricette vegetariane e vegane. l N.5 l OTTOBRE 2013



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