Fm aprile 2015

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Fruitbookmagazine IDEE TENDENZE MERCATI BUSINESS

ELNATHEDITORE

FINALMENTE, ANCHE IN ITALIA, I GERMOGLI Fanno bene, di tanti tipi e per tutti i gusti, hanno residuo zero, sono pronti al consumo. Popolari all’estero, arrivano finalmente anche in Italia, per dare più sapore ai nostri piatti. La GDO saprà sfruttare questa opportunità? N.11 l APRILE 2015 l TRIMESTRALE


ARANCIA ROSARIA. PERFETTO EQUILIBRIO TRA GUSTO E BENESSERE. Ricca di vitamine A, B, PP e C, ideale come coadiuvante della cura degli stati influenzali

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Editoriale |

Eugenio Felice

La banalizzazione del marketing Ci troviamo in un punto vendita della provincia di Verona. Non diciamo l’insegna, non farebbe alcuna differenza. Ci mettiamo a osservare le reti delle patate per cercare delle informazioni, tra scritte piccolissime e grafiche antiquate. Passiamo al setaccio una decina di reti differenti. Tracce di terra si posano silenziosamente sulle nostre scarpe. Solo su una rete, tra le tante scritte, si consiglia di preparare le patate senza togliere la buccia. Ma come? La richiesta di health food da parte dei consumatori italiani è sempre maggiore, le patate hanno più proprietà benefiche se mangiate con la buccia - come ci ricorda la nostra dietista Marta Baldini a pagina 42 - e nessun “patataro” sfrutta questa importante leva di marketing? Questo è solo un esempio, ma ce ne potrebbero essere mille altri. Ha ragione Nadia Caraffi, category ortofrutta per Coop Centrale Adriatica, quando lamenta che nel sistema ortofrutticolo nazionale c’è una banalizzazione delle attività di marketing - come potete leggere a pagina 47 - che non va oltre il volantino o l’advertising. Del resto quante aziende possono vantare una figura professionale dedicata? In quante questo ruolo è in capo al responsabile commerciale, che nella maggior parte dei casi è anche il titolare dell’azienda, oltre a fare il responsabile del magazzino, della produzione, degli acquisti, etc.? Quella del marketing è un’attività chiave, che sovrintende quella commerciale, ma purtroppo nel settore ortofrutticolo italiano gli esempi virtuosi si contano su una mano e coincidono con le organizzazioni più grandi e strutturate. Come evidenzia Gabriele Ferri di Naturitalia a pagina 57, siamo nella maggior parte dei casi ancora alla fase arcaica dell’immettere sul mercato quello che si produce, invece di immettere sul mercato quanto richiede il mercato e quello che richiede il mercato. E non meravigliamoci allora che i prodotti spagnoli oggi si trovino copiosi sui banchi dei supermercati e dei fruttivendoli. È quindi meglio cambiare mestiere?

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Ma nemmeno per sogno. Vuol dire che il sistema ha grandissime opportunità di crescita, anche perché c’è una parte importante della distribuzione moderna, a partire da Coop e Conad, che ha fatto del made in Italy la propria bandiera, ancora prima che il fenomeno del local assumesse la rilevanza che ha oggi. Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, ha voluto rimarcare, durante l’inaugurazione dello store Sapori&Dintorni di Milano Stazione Centrale, giusto a due giorni dall’apertura di Expo, di aver “impostato un rapporto di collaborazione con i fornitori: per noi non sono degli avversari, ma dei partner con cui fare un percorso condiviso di crescita, ognuno rispettando il proprio ruolo”. Un’altra notizia quindi positiva. Forse la tensione sul prezzo ha raggiunto il suo culmine. Forse anche la distribuzione si è accorta che sono altre le strade per rilanciare i consumi. Era ora..

FRUITBOOKMAGAZINE



PAG. EDITORIALE LA BANALIZZAZIONE DEL MARKETING

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IMMAGINI

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BUONE NOTIZIE NON SI SPRECA NIENTE, DAI CAMPI DI RACCOLTA AL RISTORANTE RIFLESSIONI LE IENE E I PESTICIDI. VINCE LA GDO O CI PERDIAMO TUTTI? RETAIL COOP ITALIA, RIORGANIZZAZIONE IN CORSO, MAZZINI ALL’ORTOFRUTTA FIERE FRUIT INNOVATION, TUTTO PRONTO SONO OLTRE 200 GLI ESPOSITORI FORMAT SAPORI&DINTORNI DI CONAD OLTRE I 20 MILA EURO AL METRO QUADRO ANALISI I PIÙ GRANDI ESPORTATORI? SPAGNA, OLANDA E MESSICO TREND LE VENDITE ON LINE SUPERANO I 13 MILIARDI DI EURO IN ITALIA STORE CHECK EUROSPIN, IL DISCOUNT CHE NON HA NULLA DA INVIDIARE AI SUPER ESTERI UK, ALDI SCAVALCA WAITROSE E DIVENTA IL SESTO RETAILER IL LIBRO CRUDISTA? NO CARB? VEGANO? NO, IO MANGIO SOLO HALAL O KASHER IL DETTAGLIO MAGIC CODE RAGGIUNGE 350 DETTAGLIANTI, SI SFILA F.LLI ORSERO INGROSSO NASCE ITALMERCATI. PALLOTTINI: «SI APRE UNA NUOVA STAGIONE» ERRATA CORRIGE COOP, GLI ACQUISTI SULLA DORSALE ADRIATICA SONO CENTRALIZZATI MARKETING CHECK-UP PINK LADY, COME DIFFERENZIARSI NEL DIFFICILE MERCATO DELLE MELE MENS SANA PATATA, RICCA DI ENERGIA E FIBRE, VA MANGIATA CON LA BUCCIA

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PANORAMA

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iFRESH

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CONTENUTI

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46 / RIORGANIZZAZIONI 50 / GERMOGLI, SARÀ UN MUST SULLE TAVOLE E FUSIONI. COSA SUCCEDE IN COOP ITALIA?

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54 / NASCE IL PIÙ 56 / SARÀ A NOVEMBRE GRANDE POLO COMMERCIALE A FERRARA LA PRIMA AL MONDO NELLE PERE

EDIZIONE DI FUTURPERA

62 / PESCHE AMARE NEL VERONESE. ORA

66 / IL DIGITALE CHE RIVOLUZIONA

40 42 44

SI PIANTANO KIWI

l N.11 l APRILE 2015

DEGLI ITALIANI?

L’AGROALIMENTARE

FRUITBOOKMAGAZINE

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ELNATHEDITORE Direttore responsabile Eugenio Felice Hanno collaborato: Marta Baldini, Alice Capiaghi, Francesca Lorandi, Irene Grandi, Irene Pasquetto, Maurizio Pisani, Giancarlo Sbressa, Giovanni Turrino, Marco Zanardi

70 / BIODIVERSITÀ, LA NUOVA FRONTIERA OLTRE IL BIOLOGICO

76 / IV GAMMA DI FRUTTA, SPREAFICO FA SUL SERIO

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Redazione e Pubblicità Via Poiano 53 37029 - San Pietro in Cariano (Vr) Tel. 045.6837296 redazione@fruitbookmagazine.it adver@fruitbookmagazine.it Abbonamenti Spedizione in abbonamento postale Abbonamento Italia: 50,00 euro abbonamenti@fruitbookmagazine.it Graphic designer Marco Fogliatti Fotolito CianoMagenta Stampa La Grafica Snc - Via A. Volta 29 37030 - Vago di Lavagno (Vr) Tiratura numero aprile 2015: 8.000 copie Testata registrata presso il Tribunale di Verona

82 / HILLFRESH SI INSEDIA A VERONA CON

MAGAZZINO E POSTEGGIO

90 / FRUIT ATTRACTION, UN ORGANIC HUB E OLTRE 1.000 ESPOSITORI

FRUITBOOKMAGAZINE

86 / EXPORT, È L’AFRICA IL MERCATO DEL FUTURO

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

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89 57 37 23 1 2-3 III 63 39 41 IV 85 25 19 9 31 21 29 59 33 II 6 75 4 69 81 35 17 27

l N.11 l APRILE 2015



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La passione Berlino, 4 febbraio 2015 Una Ferrari da competizione non la avevamo ancora vista a Fruit Logistica. Un plauso quindi a OP Rosaria che sponsorizza l’auto che nel 2014 ha vinto il Ferrari Challenge. Portarla allo stand non è stato facile per il pilota Max Blancardi, ma ne è valsa la pena: la fuoriserie è stata un richiamo unico.




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Il futuro a Expo Milano, 1 maggio 2015 La catena distributiva che piĂš ha investito su Expo? Ăˆ Coop Italia, che presenta un vero supermercato da 2.500 mq, dove la tecnologia piĂš evoluta si sposa con gli alimenti e con il cibo. Con un gesto della mano si potranno avere informazioni su provenienza, lavorazione, tragitto e impatto ambientale.


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Non solo ananas Pollenzo (CN), 7 aprile 2015 La crescita dei consumi di frutta passa anche da un suo maggior utilizzo da parte dei ristoratori. Bisogna però che gli chef siano capaci. Strategico quindi il sostegno di Sant’Orsola all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, nata e promossa nel 2004 dall’associazione internazionale Slow Food.



buone notizie |

Marco Zanardi

Non si spreca più niente, dai campi di raccolta al ristorante 16

Eat Ugly, combattere lo spreco mangiando il brutto, è l’iniziativa partita dall’America che punta a rivalutare quel 20 per cento di frutta e ortaggi che non raggiunge i punti vendita a causa di difetti estetici, pur assicurando le stesse proprietà nutritive di un prodotto perfetto. L’Italia è partita in ritardo ma arrivano le prime linee anti spreco, come le Belle nel Cuore di Antonio Ruggiero Spa, patate e cipolle imperfette fuori, ma buone dentro Ebbene sì, i tempi sono cambiati. Basta andare in un ristorante per rendersene conto. I clienti, soprattutto se sono anglosassoni, quando non riescono a finire tutto quello che hanno nel piatto, chiedono la “doggy bag”, cioè che gli avanzi siano messi da parte per essere portati via (non per forza saranno dati al cane..). Fino a qualche anno fa ci avrebbe fatto effetto, ora è quasi la normalità, in special modo nelle grandi città. In Italia ci siamo addirittura inventati la doggy bag di design, per evitare la vergogna di chiedere gli avanzi al cameriere. La vera vergogna però sono le tonnellate di cibo sprecate ogni giorno in tutto il mondo nei punti vendita, nei ristoranti e nelle nostre case. In Italia, secondo il Rapporto 2014 dell’osservatorio sugli sprechi delle famiglie Waste Watcher-Knowledge for Expo, il valore dello spreco alimentare FRUITBOOKMAGAZINE

domestico corrisponde a 8,1 miliardi di euro. La sensibilità della popolazione è sicuramente cresciuta rispetto a qualche anno fa e in linea con questa nuova tendenza anche il mondo della grande distribuzione, un po’ in tutta Europa, ha lanciato delle linee di frutta e ortaggi dalle forme bizzarre o con delle imperfezioni che prima venivano mandati all’industria se non lasciati direttamente sul campo. Rientra in questo nuovo segmento “anti-spreco” la linea Belle nel Cuore di Antonio Ruggiero, patate e cipolle con difetti estetici pur essendo perfettamente commestibili, con un brand emozionale e un pay off chiaro ed efficace: “imperfette fuori, buone dentro”. La storica azienda italiana, presente con i suoi stabilimenti nei maggiori areali produttivi italiani, ha creato una linea per combattere il caro vita e lo spreco alimentare, dal forte impatto visivo. Il brand è racchiuso in un cuore rosso stilizzato per enfatizzare il valore morale del prodotto e renderlo immediatamente riconoscibile a scaffale. La confezione, come riferisce una nota della società, racconta il progetto e la sua importanza, informa il consumatore fornendogli dati attendibili, motivandolo ed accrescendo la sua consapevolezza sull’argomento. Ciò che conferisce unicità a questi prodotti è la forte “carica” etica ed emozionale, la bontà a un prezzo conveniente. Patate e cipolle sono prodotte seguendo i medesimi disciplinari di produzione delle referenze di prima scelta. E per far accettare ai consumatori italiani un prodotto imperfetto e sfatare il mito di bello = buono, impresa non scontata, la Antonio Ruggiero ha previsto una campagna di sensibilizzazione in diversi punti vendita della GDO. l N.11 l APRILE 2015


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riflessioni |

Eugenio Felice

Le Iene e i pesticidi. Vince la GDO o ci perdiamo tutti?

“Una mela al giorno ci toglie tutti di mezzo”. È uno dei quasi 900 commenti per oltre 16 mila “mi piace” al servizio del programma Le Iene dal titolo “Quando frutta e verdura possono fare male”, andato in onda giovedì 12 marzo. Numeri raggiunti su Facebook a distanza di quattro giorni. La pagina del programma ha la bellezza di 3,9 milioni di like. Altri commenti: “Inizio a zappare la terra e seminare in giardino”. Oppure: “Bel servizio. Questa sì che è informazione!” Ancora: “Ormai è tutto contaminato e infetto. Bisogna solo cercare di sopravvivere”. Non mancano i commenti critici: “Complimenti per la pubblicità alla grande distribuzione!” oppure: “Nadia Toffa quanto ti hanno dato per fare questo servizio?” o ancora: “Si sono dimenticati di mettere la scritta MessagFRUITBOOKMAGAZINE

gio Promozionale. Coop e Conad ringraziano….” Ma andiamo con ordine. Abbiamo guardato il servizio de Le Iene con un pregiudizio: sarà la solita imbeccata di Coldiretti, abbiamo pensato, per promuovere il fruitbookmagazine.it consumo di frutta nazionale e far bandire dalle nostre tavole la frutta di importazione. E in effetti l’inizio del servizio confermava la nostra tesi: la “iena” Nadia Toffa è andata in un mercatino rionale di Milano, ha constatato l’ignoranza dei milanesi su origine e stagionalità dei prodotti, ha dimostrato la sua ignoranza in materia - le fragole italiane “di stagione” ci sono tutto l’anno, non solo da giugno a settembre come indicato - e ha prelevato sei prodotti di importazione per farli analizzare e verificare se presentavano sostanze nocive. I risultati sono stati allarmanti, con tre prodotti su sei che avevano residui oltre i limiti di Legge. Nel servizio si parlava di pesticidi, sostanze tossiche e cancerogene, con tanto di grafici con teschi rossi, giusto per rassicurare i telespettatori. Come fare allora per comprare alimenti sani? Carmine Ventre del Centro Analisi Biochimiche di Milano, intervistato dalla Toffa, ha svelato la sua ricetta: comprate prodotti italiani, di stagione, possibilmente nella grande distribuzione (“fanno tantissimi controlli”). Conclusione superficiale, considerando l’irrilevanza statistica dei campioni analizzati. L’ennesimo esempio di disinformazione.

completo e

il video su

Un servizio del programma Le Iene andato in onda giovedì 12 marzo ha analizzato sei prodotti di importazione acquistati in un mercato rionale di Milano, trovando importanti non conformità in tre casi, e sei prodotti di origine italiana acquistati in un supermercato, che sono risultati a residuo zero. In mancanza di controlli, la conclusione di Nadia Toffa è: comprate italiano presso la GDO, dal fruttivendolo solo se vi fidate ciecamente

L’articolo

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l N.11 l APRILE 2015


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retail |

Giovanni Turrino

Coop Italia, riorganizzazione in corso, Mazzini all’ortofrutta 20

Coop Adriatica, Estense e Nordest si fondono per creare la più grande cooperativa italiana di consumo, con 4,2 miliardi di euro di fatturato, 2,6 milioni di soci, 334 punti vendita e 19.700 dipendenti. Intanto cambia il responsabile nazionale ortofrutta di Coop Italia: Claudio Mazzini, una soluzione interna, subentra a Vanes Cantieri, che si occuperà dello sviluppo del food nel Meridione all’interno del Gruppo Operativo Sud, sempre all’interno di Coop Ecco la SuperCoop. L’obiettivo? Fare la guerra a Esselunga. Così il titolo di Corriere Economia del 30 marzo, sulla maxi fusione tra Coop Adriatica, Estense e Nordest. Una volta c’erano le coop, ora ci sarà “la” coop. La fusione tra le tre catene emiliane della grande distribuzione rappresenta una svolta storica per il movimento solidale e per la grande distribuzione nazionale. Il nuovo gruppo mutuale si misura subito con l’eccellenza del settore privato: l’Esselunga di Bernardo Caprotti. Certo i fatturati sono distanti: 4,2 miliardi di euro la SuperCoop nel 2014, poco più di 7 miliardi Esselunga. Si ribaltano gli equilibri per quanto riguarda i punti vendita, 334 la SuperCoop, 140 Esselunga. Ma c’è possibilità di recuperare, il potenziale è elevato. FRUITBOOKMAGAZINE

La nuova realtà ha una presenza che va su tutta la dorsale adriatica, dal Trentino per arrivare alla Sicilia e in futuro fungerà da polo aggregante per le altre realtà del sistema. E le altre Coop? In Lombardia, Piemonte e Liguria opera il Consorzio Nord Ovest (anche se le cooperative socie non si sono ancora fuse) mentre in Toscana il colosso Unicoop Firenze ha storicamente marcato la differenza con il movimento emiliano. “Con questa scelta - si legge in una nota di Super Coop - si vuole contribuire a sostenere e rilanciare ruolo ed efficacia della missione cooperativa sia nelle regioni del Nord che del Sud del Paese, confermando la idoneità e l’utilità del modello cooperativo anche in realtà sociali molto diverse”. Cosa succederà ora? Coop Italia si trova con due soci forti (la Super Coop e Unicoop Firenze) che da soli coprono tre quarti del suo giro d’affari e non è escluso che finisca per diventare un organismo ridondante per quanto indispensabile per alcune funzioni, come lo sviluppo del prodotto a marchio e la strategia generale. Il ridimensionamento dovrebbe passare dalla riduzione del numero di buyer negli uffici centrali di Casalecchio di Reno (Bo) e a fine aprile c’è già stato un importante cambiamento: Claudio Mazzini, responsabile sostenibilità, innovazione e valori di Coop Italia, è diventato il nuovo responsabile nazionale ortofrutta al posto di Vanes Cantieri, che si occuperà dello sviluppo del food nel Meridione all’interno del GOS, unità operativa della stessa Coop Italia. l N.11 l APRILE 2015


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fiere |

Giancarlo Sbressa

Fruit Innovation, tutto pronto Sono oltre 200 gli espositori 22

Si svolge a Milano dal 20 al 22 maggio, nel quartire fieristico di Rho, a pochi passi da Expo, la prima edizione di Fruit Innovation, fiera presieduta da Francesco Pugliese, presidente di ADM. VeronaFiere intanto ha gettato la spugna, cancellando Fruit Gourmet Expo, mentre Macfrut arricchisce i contenuti In realtà VeronaFiere avrebbe solo rimandato al prossimo anno la sua nuova fiera dedicata all’ortofrutta, ma sono pochi a credere che possa ritagliarsi uno spazio tra Fruit Innovation e Macfrut. Due fiere in un anno sono già troppe, il settore intero auspica che dal 2016 possa tornare ad esserci un’unica rassegna nazionale di riferimento, oltre alle due specializzate Interpoma (Bolzano) e FuturPera (Ferrara).

FRUITBOOKMAGAZINE

“Quest’anno partecipiamo a entrambe le manifestazioni, è stata una scelta difficile; in base a come andranno decideremo che fiera fare il prossimo anno”, ci ha riferito il country manager di un primario gruppo internazionale. Una scelta opposta a quella di Assomela, che per dare un segnale forte ha deciso di non partecipare a nessuna delle due fiere. Fruit Innovation si gioca quindi buona parte delle sue carte in questa prima edizione, cui arriva dopo aver fatto un mezzo miracolo, considerando i tempi molto ristretti e i risultati ottenuti, con oltre 200 espositori, il sostegno di associazioni importanti come FruitImprese e Fedagromercati, un fitto programma di incontri business con buyer provenienti da tutto il mondo per finire con la presidenza assegnata ad una figura chiave come Francesco Pugliese, ai vertici di ADM (Associazione Distribuzione Moderna) e amministratore delegato di Conad. Come andrà? Ve lo racconteremo sul prossimo numero di luglio di Fm.

l N.11 l APRILE 2015



format |

Eugenio Felice

Sapori&Dintorni di Conad oltre i 20 mila euro al metro quadro

Nel cuore del capoluogo lombardo, Conad ha aperto l’ottavo store a insegna Sapori&Dintorni. La superficie di 663 mq è dedicata a 226 prodotti Sapori&Dintorni Conad di 67 categorie merceologiche. 3.500 i prodotti in vendita, con una netta prevalenza di certificazioni Dop, Doc e Igp, molti dei quali con una forte identità locale raccolta nelle specialità regionali “Il meglio d’Italia”. Oltre ai “classici” murali, frutta e verdura in busta, salumi e formaggi take away, carni, surgelati, panetteria, pescheria, bevande, e i banchi di salumi e formaggi, pasticceria, panetteria e gastronomia calda e fredda con un ricco assortimento di specialità gourmet, è presente un’enoteca con 240 etichette di tutte le regioni italiane e una zona dedicata al sushi. Nell’area relax FRUITBOOKMAGAZINE

uno spazio dedicato al ristoro - è disponibile il wifi libero per tutti i clienti. 40 gli addetti impiegati, a turno, nello store, aperto tutti i giorni dalle 7 alle 22. “L’offerta è sbilanciata sulla qualità, ma non mancano i prodotti della quotidianità”, ha sottolineato nel corso della conferenza stampa l’amministratore delegato di Conad, Francesco Pugliese (al centro nella foto in basso, assieme al presidente di Conad Centro Nord Marzio Ferrari e al direttore generale Ivano Ferrarini). “Conad - ha aggiunto - è la sola catena italiana a sviluppare una politica di sostegno e valorizzazione dell’agroalimentare regionale in Italia e nel mondo: vogliamo che le eccellenze della tradizione a marchio Sapori&Dintorni percorrano più chilometri possibile per essere conosciute, riconosciute e apprezzate da un numero crescente di persone”. Non è mancata una battuta sull’andamento generale del secondo gruppo distributivo nazionale. “Nel primo trimestre - ha dichiarato Pugliese - Conad è cresciuta del 6,3 per cento in termini di fatturato e anche aprile conferma il trend”. Questo grazie sì alle nuove aperture e alle acquisizioni, come quella in Veneto (alcuni pdv della Billa, ndr), ma grazie anche a un aumento della redditività al metro quadro, che è una delle nostre priorità. Gli store Sapori&Dintorni sono in questo dei campioni, sviluppando una media di 24 mila euro al metro quadro”.

store

di Milano

Il dato, che pone questo format ai vertici a livello nazionale, è stato rilasciato da Francesco Pugliese nel corso dell’inaugurazione dell’ottavo store Sapori&Dintorni aperto a Milano Stazione Centrale. Nel complesso dovrebbero diventare una ventina entro fine 2016. Nell’occasione, il direttore di Conad Centro Nord, Ivano Ferrarini, ha dichiarato: «Milano per noi rappresenta la vera scommessa sul futuro per raggiungere la leadership in Italia»

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ECCO IL VIDEO!

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analisi |

Marco Zanardi

I più grandi esportatori? Spagna, Olanda e Messico 26

Negli ultimi 10 anni il commercio mondiale di ortofrutta è cresciuto del 50 per cento, con volumi superiori a 110 milioni di tonnellate. Il commercio di ortaggi è aumentato più rapidamente di quello della frutta. Il primato spetta alla Spagna anche se, considerando solo gli ortaggi, vince l’Olanda Si parla tanto di esportazioni ma in effetti come si posiziona l’Italia rispetto agli altri grandi produttori? In realtà, pur avendo il primato produttivo in Europa, nello scenario globale a dominare sia in termini di volumi che di quantità è la Spagna, con una quota del 10 per cento, seguita dall’Olanda e dal Messico con il 7 per cento, dalla Cina e dagli Usa con il 6 per cento, dall’Ecuador con il 5 per cento. L’Italia si trova comunque nella top ten con una quota del 3

per cento, uguale a Costa Rica, Belgio e Sud Africa. Il Cile a sorpresa è oltre la decima posizione, parlando di volumi, ma solo perché le manca l’esportazione di ortaggi. Se consideriamo infatti solo la frutta si scopre che la sua quota è del 4 per cento, la stessa dell’Italia, della Cina e del Guatemala. L’Olanda poi ha il primato mondiale negli ortaggi, con una quota di ben il 14 per cento, seguita da Messico (13 per cento), Cina (12 per cento) e Spagna (12 per cento), mentre India e Stati Uniti hanno una quota del 5 per cento. C’è comunque una grande differenza tra volumi e valori: ad esempio l’Olanda è il terzo (ri)esportatore di frutta mentre in termini di volumi è solo all’undicesimo posto, dato che testimonia l’elevata qualità delle sue esportazioni. Dei 59 prodotti di frutta e verdura di cui sono disponibili i dati (a valore) a livello mondiale, la Spagna ricopre la prima posizione come maggior Paese esportatore, con ben 14 referenze. L’Italia si batte bene e per ben 11 referenze si trova nelle prime tre posizioni.

Principali esportatori di frutta nel mondo

Principali esportatori di verdura nel mondo

(in termini di volume) Anno 2013

(in termini di volume) Anno 2013 Belgium 2% Turkey 2% France 3% India 5%

Belgium 3% Netherland 3% Guatemala 4% Italy 4% Chile 4%

USA 5% China 4% South Africa 4%

Other 32% Spain 12%

Other 42%

Mexico 4% Costa Rica 5% China 12% USA 6% Equador 7% FRUITBOOKMAGAZINE

Spain 10%

Netherlands 14%

Mexico 13% l N.11 l APRILE 2015



trend |

Irene Forte

Le vendite on line superano i 13 miliardi di euro in Italia 28

Rispetto al 2006 l’e-commerce è triplicato nel nostro Paese, passando da 4,1 a 13,3 miliardi di euro. Agli acquisti on line dicono sì ormai 15 milioni di italiani, a partire dagli abitanti del Nordest, i più entusiasti. A trainare la crescita sono oggi i dispositivi mobili. Non mancano comunque i diffidenti, un italiano su quattro, che teme possibili truffe. Che sia giunto il momento anche per la grande distribuzione e il settore di crederci di più? “Il commercio elettronico è una grande opportunità di crescita”, ha spiegato a inizio aprile il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella. Tuttavia, ha ammesso, “nasconde molte insidie per i consumatori: l’Antitrust ha fatto decine di provvedimenti per sanzionare pratiche commerciali scorrette e continuerà a non abbassare la guardia”. La posta in gioco è alta, il fatturato cresce a vista d'occhio. Se nel 2013 era pari a 11,27 miliardi, nel 2014 si è attestato a 13,3 miliardi di euro (il 20 per cento in più annuo). Rispetto al primo anno in cui sono disponibili rilevazioni, ovvero il 2006, le vendite web sono più che triplicate (erano a 4,1 miliardi). Gli acquirenti on line sono passati in tre anni da 9 a 15 milioni (ma nell’ultimo trimestre 2014 erano già 16 milioni). FRUITBOOKMAGAZINE

A fare acquisti sul web è ormai il 43,5 per cento degli utenti italiani di internet. Per il 37 per cento si risparmia rispetto ai negozi tradizionali, per circa il 33 per cento è più comodo. Se solo il 10 per cento si fida pienamente dei pagamenti online, il 65 per cento si mette al riparo da eventuali rischi usando una carta pre-pagata. Tra i principali aspetti positivi dell'e-commerce è indicata la semplicità delle procedure di shopping in rete (19,8 per cento). Per il 12,8 per cento conta l’efficacia dei marketplace sul web rispetto agli esercizi commerciali tradizionali: c’è più scelta, si possono trovare più informazioni sui prodotti e servizi, si possono confrontare modelli diversi. E per il 7 per cento lo shopping online è semplicemente più divertente rispetto al fare acquisti nei negozi tradizionali: sembra un gioco, evidenzia il Rapporto del Censis. Ma non mancano le criticità: il rischio che dietro allo scontrino virtuale si celino truffe, anche legate al sistema dei pagamenti online, è segnalato dal 28,7 per cento degli italiani e i più preoccupati sono gli over 65 anni (34,6 per cento) e le persone meno istruite (32,6 per cento). Quasi un quarto del campione, ovvero il 23,2 per cento, punta il dito contro la freddezza dell’acquisto sul web, privo del contatto umano, di un consiglio o un commento del venditore. Vengono poi espressi dubbi legati al buono stato del prodotto: il 21,8 per cento teme che la consegna venga fatta in ritardo o con prodotti sbagliati o difettosi. Infine, il 24,4 per cento rinuncia allo shopping online per non cadere vittima di truffe, mentre il 65,3 per cento si difende usando per gli acquisti sul web una carta prepagata. La grande distribuzione italiana non sta ancora sfruttando le potenzialità di internet, forse è arrivato il momento giusto. l N.11 l APRILE 2015


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Maurizio Pisani

Eurospin, il discount che non ha nulla da invidiare ai super 30

La spesa intelligente, recita il sito della più grande catena di discount italiana. Cosa significa? Nel manifesto di Eurospin vuol dire, semplicemente, offrire al consumatore prodotti di buona qualità al prezzo più conveniente. E sembra che Eurospin riesca molto bene nell’intento, visto che sempre più consumatori scelgono i suoi punti vendita per i loro acquisti. Il reparto ortofrutta poi è una grande sorpresa: non ha nulla da invidiare ai supermercati Partiamo nella nostra visita, in un punto vendita nell’hinterland milanese. Entrando, osserviamo innanzitutto la pressoché totale assenza di prodotti di marca. Le marche sono di fantasia, dai nomi sconosciuti. L’esposizione è principalmente in scatoloni, in perfetto stile discount. Ogni tanto appare qualche cartello che spiega ai consumatori che, anche se non sono di marca, i prodotti in vendita sono di buona qualità. Oppure che intelligentemente giustifica l’esposizione “spartana” in cartone con i minori costi di allestimento del negozio e il conseguente risparmio per il consumatore. Sono cartelli “intelligenti”, in onore al posizionamento della catena: fanno capire che ogni medaglia ha il suo rovescio, e trasformano i punti deboli di un discount (esposizione di massa, assenza di marche) in relativi punti di forza. Un’idea complicata? Certamente no, ma tanti discount si dimenticano di spiegare queste cose ai consumatori. Eurospin lo fa, e anche bene. E il reparto ortofrutta? È una gradita sorpresa, e si stacca - in positivo - dal resto del punto vendita. L’esposizione qui non ha nulla da invidiare a quella FRUITBOOKMAGAZINE

della maggior parte dei parenti supermercati. La merce è ben esposta, in maniera ordinata, abbondante ed attraente. Ogni prodotto ha un suo cartello ben evidenziato, che indica prezzo ed origine. Si usano bene i criteri base del merchandising: che esporre prodotto in abbondanza invita all’acquisto d’impulso, e che evidenziare chiaramente il prezzo velocizza la decisione dello shopper. I prezzi, in realtà, sono bassi, e molti prodotti sono in offerta. Certo, non c’è nulla di più di questo, nel reparto ortofrutta dell’Eurospin visitato - mancano elementi attrattivi come display speciali o esposizioni particolari, e non si cerca di riprodurre in nessun modo l’atmosfera da “Mercato” che va tanto di moda in vari ipermercati e supermercati - ma l’ABC del merchandising è perfettamente rispettato. Non è certo qui che vengono gli shopper che cercano emozioni particolari nel loro percorso di acquisto. Qui c’è spazio per la convenienza e basta. Niente coinvolgimento o distrazioni. Merce di qualità buona, esposta in maniera semplice e a un prezzo conveniente. Nel valutare un prodotto, o l’offerta di un punto vendita, la cosa più importante è capire se la promessa fatta ai clienti è mantenuta. Non c’è nulla infatti di peggio, nel marketing, di non riuscire a offrire quello che si promette. E qui, quindi, Eurospin passa abbondantemente l’esame. Eurospin propone una spesa intelligente, non emozioni particolari. E a molti questo basta e avanza. Certo, siamo in anni di crisi, e un posizionamento di questo tipo ha sicuramente molti vantaggi. Ma in realtà anche il futuro sembra roseo: se la catena continuerà a rispettare il suo credo e a offrire pura convenienza insieme a prodotti di qualità troverà sempre un ottimo segmento di clienti interessati. D’altronde, sin dagli albori del commercio, è il buon rapporto qualità/prezzo quello che fa vincere la corsa al portafoglio di chi acquista. l N.11 l APRILE 2015



esteri |

Marco Zanardi

UK, Aldi scavalca Waitrose e diventa il sesto retailer 32

quote di mercato. È così che in tre mesi, da gennaio a marzo 2015, Aldi è cresciuta del 16,8 per cento e Lidl del 12,1 per cento, mentre Asda, terzo player di proprietà del colosso Wal-Mart, ha perso l’1,1 per cento. Questo incremento ha portato Aldi a diventare il terzo retailer inglese, scavalcando Waitrose, catena top quality, che pur crescendo del 2,9 per cento scende al settimo posto, davanti all’altro discount Lidl. Leader incontrastato rimane Tesco, con una crescita - anche questa è una notizia - dell’1,1 per cento nelle vendite grocery e una quota di mercato del 28,4 per cento, avanti anni luce rispetto al 5,3 per cento di quota raggiunta da Aldi, che al massimo potrebbe puntare nel breve-medio termine a scalzare anche The Co-operative che ora è al quinto posto con una quota del 6 per cento e un calo delle vendite dell’1,7 per cento. Sono quattro anni - ha sottolineato Fraser McKevitt di Kantar Worldpanel che Aldi e Lidl registrano una crescita a doppia cifra.

Nel primo trimestre 2015 il discounter tedesco ha guadagnato 500 mila nuovi clienti e registrato il più alto tasso di crescita tra le catene operanti nel Regno Unito, con un +16,8 per cento, che gli vale il sesto posto davanti a Waitrose e Lidl. Tiene a sorpresa Tesco mentre segna un leggero calo Asda Anche nei territori di Sua Maestà, da sempre riferimento di eccellenza per quanto riguarda la grande distribuzione organizzata, cambiano gli stili di vita e le abitudini di acquisto, oltre allo spessore del portafogli. La notizia più rilevante che arriva dall’altra parte della Manica è più che altro la conferma di un trend: i discount corrono forte, con ritmi di crescita a due cifre, mentre i big fanno fatica a mantenere le

Total Till Roll - GB Consumer Spend 12 Weeks to 30 March 2014

12 Weeks to 30 March 2015

% Change

£milions

%

£milions

%

%

Total Grocers

25,038

100.0%

25,289

100.0%

1.0%

Total Multiples

24,508

97.9%

24,770

97.9%

1.1%

Tesco

7,166

28.6%

7,189

28.4%

0.3%

Asda

4,367

17.4%

4,318

17.1%

-1.1%

Sainsbury’s

4,134

16.5%

4,143

16.4%

0.2%

Morrisons

2,783

11.1%

2,764

10.9%

-0.7%

The Co-operative

1,534

6.1%

1,507

6.0%

-1.7%

Waitrose

1,249

5.0%

1,286

5.1%

2.9%

Aldi

1,148

4.6%

1,341

5.3%

16.8%

Lidl

844

3.4%

947

3.7%

12.1%

Iceland

536

2.1%

534

2.1%

-0.3%

Other Multiples Symbols & Independents

747

3.0%

740

2.9%

-0.9%

530

2.1%

520

2.1%

-2.0%

Fonte: Mirror FRUITBOOKMAGAZINE

l N.11 l APRILE 2015



il libro |

Giancarlo Sbressa

Crudista? No carb? Vegano? No, io mangio solo halal o kasher 34

“Homo dieteticus” - Viaggio nelle tribù alimentari, è un saggio scritto dall’antropologo Marino Niola che ci porta ad analizzare i modelli alimentari imposti dalla lobby planetaria della salute e del fitness, un’insieme di piccole religioni dell’alimentazione, in cui le ossessioni da privazione o da eccessi alimentari finiscono per pesare più sulla coscienza che sulla bilancia. La nuova frontiera sono i prodotti kasher e halal, super richiesti in Usa e in Canada È metà febbraio. Entriamo da Feltrinelli e cerchiamo nella sezione alimentazione e salute Homo Dieteticus, il nuovo libro di Marino Niola, docente di Antropologia dei simboli e Miti e riti della gastronomia contemporanea all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Dopo alcuni minuti di ricerca infruttuosa, ci rivolgiamo al personale di servizio che, dopo consultazione del computer, ci accompagna nella sezione antropologia dove troviamo, finalmente, il libro che stavamo cercando. Questa introduzione per dire che il piccolo volume di cui ci occupiamo in questa rubrica non è uno dei tanti libri che parlano di diete più o meno miracolose che ci faranno vivere più a lungo, ma ci spiega come nei secoli si è evoluto il rapporto tra l’uomo e il cibo. Scopriamo ad esempio che Pitagora è considerato il padre nobile della green diet, al punto che fino all’Ottocento qualunque regime privo di carne si chiamava semplicemente “pitagorico”. Fin dalle prime pagine si prende poi consapevolezza di quello che è un male del nostro tempo: la fissazione per il mangiar sano. Oggi la ricerca del modello nutrizionale virtuoso è diventata la religione globale con il maggior numero di proseliti. E come tutte le religioni nascenti, produce continue contrapposizioni, scismi, eresie, sette, abiure. “Ci troviamo nel bel mezzo di una guerra santa - si legge - che ha nei guru delle diete i suoi Savonarola. FRUITBOOKMAGAZINE

E spesso trova autorevoli testimonial nelle icone dello star system. Come la filiforme Gwyneth Paltrow, che decanta sui media di tutto il mondo i benefici della sua dieta da 300 calorie al giorno. Che fa vivere da malati per morire sani. È una società che trasforma il sovrappeso in una colpa, l’invecchiamento in Homo Dieteticus, Marino Niola, reato e lo sfizio in edizioni Il Mulino, 134 pag., 13€ vizio”. E ancora: “Le privazioni che ci infliggiamo per avere il ventre piatto e gli addominali a tartaruga spesso non producono altro se non frustrazione e depressione, anoressia e bulimia. E quella nuova malattia che va sotto il nome di ortoressia (da orthos, che in greco significa “giusto” e orexis che significa “appetito”): come dire l’ossessione di mangiare solo cose che non fanno male. Negli Stati Uniti l’ortoressia, oltre a essere considerata ormai come una malattia epidemica, è tra le prime cause di fallimento matrimoniale e di divorzio”. E proprio negli Stati Uniti, ci svela il saggio di Niola, stanno riscuotendo sempre maggiore successo, così come in altre aree del mondo, i prodotti kasher e halal, una sorta di doppia garazia, di bontà ed eticità. Significano che il cibo che acquistiamo è prodotto come Dio comanda. Le parole significano proprio questo: puro, corretto, lecito. E perfino chi non crede in Javeh o in Allah mostra di aver fede nell’efficacia dei controlli religiosi più che nelle autocertificazioni dei produttori. Il mercato a marchio religioso oggi vale oltre 200 miliardi di dollari. Un mercato di cui anche la produzione italiana dovrebbe tener conto. l N.11 l APRILE 2015



il dettaglio |

Irene Forte

Magic Code raggiunge 350 dettaglianti, si sfila F.lli Orsero 36

Melinda, Solarelli e Almaverde Bio lanciano la nuova edizione di Magic Code: un’iniziativa di sempre maggiore successo che stimola e premia l’impegno e la professionalità di 350 dettaglianti ortofrutticoli specializzati presenti in diverse regioni italiane. Si sfila dal progetto il marchio F.lli Orsero di GF Group, che era presente fin dalla prima edizione, non per i noti problemi finanziari ma per liberare risorse per nuove attività di trade marketing Dopo i risultati conseguiti nelle precedenti edizioni e visto il sempre più alto gradimento registrato tra i dettaglianti a cui è indirizzato, è partita a marzo la nuova edizione di “Magic Code”, il progetto promozionale che unisce tre marchi italiani di alta qualità di frutta e verdura: Almaverde Bio, Melinda e Solarelli. L’iniziativa promozionale è un’operazione a premi con raccolta punti che vengono conseguiti dai dettaglianti specialisti coinvolti attraverso la lettura dei codici QR presenti su tutte le confezioni commercializzate dalle aziende promotrici. Per il 2015 si aggiungono nuove adesioni tra i dettaglianti e nuove aree geografiche e con loro cresce e si arricchisce anche il catalogo dei premi a disposizione dei partecipanti. Ma la più grande delle novità di questa quarta edizione è rappresentata dall’evoluzione del sistema di lettura dei codici QR che ora possono essere letti da FRUITBOOKMAGAZINE

un’applicazione scaricabile su qualsiasi smartphone. Il concorso coinvolge 350 dettaglianti specializzati, mentre salgono a 30 (il 50 per cento in più rispetto al 2014) le zone in cui sarà presente l’iniziativa. L’elenco dei premi in palio è lunghissimo e prevede anche un premio per coloro che sapranno allestire il proprio punto vendita nel modo più attraente per i propri clienti con i materiali di comunicazione firmati Magic Code. Questa operazione, chiamata “Scatta e vinci”, prevede l’allestimento del punto vendita con materiali dedicati, la successiva fotografia del negozio e l’invio della foto alle ditte promotrici. In palio c’è uno scooter Zip 50 Piaggio. La forza del progetto tuttavia non sta solo nella possibilità di accedere a premi ma nella consapevolezza della qualità e della varietà che i tre marchi garantiscono ai consumatori: le note mele Melinda della Val di Non in tutte le loro varietà e molteplici confezioni, l’ampia scelta dei prodotti biologici di Almaverde Bio (frutta, succhi, sughi, pasta, prodotti freschi, confetture) e la frutta e la verdura proveniente dalle zone italiane maggiormente vocate del paniere Solarelli. Il progetto Magic Code è nato nel 2012 e vi facevano parte originariamente Melinda, Apofruit, Simba - azienda di GF Group - e Sant’Orsola. Dal progetto si è sfilata prima Sant’Orsola e da questa edizione anche GF Group con il suo marchio F.lli Orsero, a detta dei bene informati per liberare risorse per altre iniziative di trade marketing, non quindi per problemi finanziari della holding GF Group, per quanto il bilancio consolidato 2013 abbia chiuso con una perdita monstre di 71,7 milioni di euro dopo il rosso di 48,8 milioni dell’esercizio precedente. l N.11 l APRILE 2015



ingrosso |

Eugenio Felice

Nasce Italmercati. Pallottini: «Si apre una nuova stagione» Le cinque principali strutture distributive italiane del fresco hanno fondato un network per promuovere l’innovazione, la trasparenza, la formazione, l’export e la logistica. Una rete di imprese con superfici attrezzate, fatturati societari e giro d’affari delle aziende interne calcolabili rispettivamente in 330 ettari, 55 milioni di euro e 5 miliardi di euro. A Roma, Torino, Milano, Napoli e Firenze potrebbero presto aggiungersi Verona e Bologna

e Gua la

(Roma , 18 m arzo 2 015)

Ha una mela nel logo tricolore perché sulla frutta e sulla valorizzazione dell’italianità ha i suoi punti di forza Italmercati, prima rete di imprese costituita dai più grandi centri agroalimentari nazionali. I soci fondatori sono infatti il CAAT di Torino, la Sogemi di Milano, il Mercafir di Firenze, il CAR di Roma e il CAAN di Napoli. La presentazione ufficiale è stata fatta il 18 marzo al ministero delle Politiche agricole in Via XX Settembre a Roma, con numeri da big player. “Abbiamo scelto di lavorare insieme per aprire una nuova stagione - ha detto il presidente Italmercati Fabio Massimo Pallottini - col fine di offrire nuove opportunità alle oltre 1.500 aziende e agli 8 mila addetti che operano all’interno dei nostri centri agroalimentari. Dialogo e scambio di conoscenze c’erano già, ma Pallott ini

38

FRUITBOOKMAGAZINE

è ora di fare un passo avanti verso una progettualità nuova”. Pallottini, che è anche general manager del CAR, ha indicato quali sono i quattro obiettivi di breve-medio termine di Italmercati: consolidamento dei sistemi di controllo e certificazione delle qualità e dei parametri igienico-sanitari per la sicurezza dei consumatori; forti economie di scala con l’abbattimento dei costi di gestione; partecipazione condivisa e collettiva come rete di imprese a progetti di internazionalizzazione; sviluppo e applicazione di nuove soluzioni logistiche a servizio del dettaglio. Ridare centralità ai mercati e agli operatori è tra gli obiettivi principali del progetto”, ha dichiarato Ottavio Guala, vice-presidente del CAAT e membro del Comitato di gestione. “Vorrei ricordare in questa occasione - ha aggiunto Guala - che non siamo antagonisti della distribuzione moderna, anzi molti dei nostri operatori sono fornitori della GDO, che già sfrutta le nostre strutture e professionalità e che vorremmo le sfruttasse ancora di più. Con Italmercati intendiamo potenziare il ruolo dei Mercati all’ingrosso di nuova generazione per la valorizzazione e distribuzione dell’ortofrutta sia attraverso i canali tradizionali che moderni. Intendiamo instaurare a tal proposito un dialogo forte e costruttivo con gli operatori grossisti, che saranno tra i principali beneficiari, assieme al consumatore finale, della nuova rete. Non vogliamo sostituirci ai grossisti - ha ribadito - ma agevolare il loro lavoro”. l N.11 l APRILE 2015


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errata corrige |

Eugenio Felice

Coop, gli acquisti sulla dorsale adriatica sono centralizzati 40

Coop Sicilia (198 milioni di fatturato 2014), Coop Adriatica (2,09 miliardi), Coop Estense (1,34 miliardi), Coop Nordest (880 milioni), Coop Reno (162 milioni), Coop Eridana (36 milioni), Trento Sviluppo (57 milioni) e Coop Casarsa (24 milioni) per gli acquisti si appogiano a Centrale Adriatica “Guarda, credo abbiate fatto un errore con Coop Adriatica”. La telefonata giunge da un fornitore mentre siamo appena usciti da piazza Mercato Vecchio, dove è in corso Verona in Love, main sponsor Lidl Italia, che dispensa palloncini, cappellini e cioccolata. Torniamo in ufficio e controlliamo le schede con le preferenze sulle catene distributive italiane e in effetti ci accorgiamo che qualcuno aveva indi-

cato Coop Adriatica, qualcun’altro Centrale Adriatica. Facciamo una breve verifica con Nadia Caraffi, category ortofrutta di Centrale Adriatica e ogni dubbio svanisce: gli acquisti come altre funzioni tipo logistica e marketing per un gruppo di cooperative collocate nella dorsale adriatica della penisola fanno capo a Centrale Adriatica, costituita nel 2004 e dotata di cinque piattaforme logistiche: San Vito al Tagliamento, Reggio Emilia, Forlì, Rutigliano, Catania. Gli uffici centrali si trovano a Modena e i buyer ortofrutta sono otto. Nel 2014 le cooperative che si appoggiano a Centrale Adriatica hanno sviluppato un fatturato complessivo di 4,79 miliardi di euro, di cui 436 milioni derivanti dalla vendita di ortofrutta. La rete comprende 56 ipermercati e 402 supermercati. Coop Adriatica, quindi, per tornare al nostro errore, è una delle otto cooperative che si appoggiano a Centrale Adriatica, oltre ad essere la più grande. Qui sotto trovate la tabella corretta.

Italy’s Top Fresh Retailer 2015: le preferenze dei fornitori GRUPPO DISTRIBUTIVO

SEDE

FATTURATO 2013

N°PDV

ADERENTE A:

1

CONSORZIO NORD OVEST

Milano (MI)

2.552.000.000 €

260

COOP ITALIA

2

ESSELUNGA

Milano (MI)

6.900.000.000 €

>140

ESSELUNGA

3

CENTRALE ADRIATICA

Modena (MO)

4.791.000.000 €*

>450

COOP ITALIA

4

NORDICONAD

Modena (MO)

1.461.000.000 €

445

CONAD

5

DIMAR

Cherasco (CN)

829.000.000 €

>130

SELEX

6

CONAD CENTRONORD

Caprara di Campegine (RE)

1.128.000.000 €

CONAD

7

ORRIGONI CEDIS / TIGROS

Solbiate Arno (VA)

283.000.000 €

230 >55

AGORÀ NETWORK

8

VEGA

San Biagio di Callalta (TV)

188.000.000 €

>310

SIGMA

9

ALÌ SUPERMERCATI

Padova (PD)

904.000.000 €

>100

SELEX

n.d.

>600

LIDL

2.497.000.000 €

>1.100

CONAD

210.000.000 €

>110

SELEX

10 11 12

LIDL PAC 2000A CE.DI. MARCHE

Arcole (VR) Ponte Felcino (PG) Piane di Camerata Picena (AN)

Gli altri gruppi distributivi che hanno ricevuto delle preferenze: Prix Quality (VI), Magazzini Gabrielli (AP), Eurospin (VR), Pam (VE), Iperal (SO), Seven (TN), Aspiag Service (PD), SAIT (TN). *dati 2014 FRUITBOOKMAGAZINE

l N.11 l APRILE 2015



marketing check-up |

Maurizio Pisani

Pink Lady, come differenziarsi nel difficile mercato delle mele Pink Lady è sicuramente una marca eccezionale per distintività. In uno scaffale di mele rosse e gialle, lei è rosa. Ha un nome memorabile, che, correttamente, fa notare il suo colore (“pink”), un packaging impattante, una visibilità unica sul punto vendita. Ha un posizionamento basato sul glamour, sull’amore e sulla seduzione (logo a forma di cuore). È questa una differenziazione rilevante, capace di spostare le preferenze dei consumatori?

(NextV

ideoPr

oductio

n.com

)

Pink Lady è un grandissimo esempio di marca molto moderna. In che senso, moderna? Facciamo un pochino di teoria (ma proprio poca..). L’approccio classico al marketing, quello kotleriano, afferma con convinzione che ogni marca che voglia avere successo debba, in qualche modo, differenziarsi dalle altre. Se una marca riesce ad essere percepita come diversa dalle altre (attenzione, diversa in maniera rilevante per chi deve acquistare!), è semplice pensare che ci siano consumatori che cercheranno proprio quella marca e saranno disposti anche a pagare qualcosa in più per averla. Negli ultimi anni, però, il mondo del largo consumo è enormemente cambiato rispetto a quando Kotler scrisse il suo testo Marketing Management (la prima edizione ha più di quarant’anni). Miss P ink La dy

42

FRUITBOOKMAGAZINE

Oggi gli scaffali dei punti vendita sono iperaffollati, le private label sono onnipresenti e possono “imitare” in pochi mesi ogni differenza di successo, i consumatori hanno sempre più fretta e meno voglia e tempo di ascoltare messaggi pubblicitari. Oggi, per questi motivi, “differenziarsi” dalle altre marche è un obiettivo quasi impossibile da raggiungere. Quello che conta di più oggi, secondo questa corrente di pensiero, è “distinguersi”, che significa sviluppare un’identità visiva caratteristica, particolare, unica, capace di farsi notare sugli scaffali e di farsi ricordare. Utilizzando questo schema di analisi, Pink Lady è sicuramente una marca eccezionale per distintività. In uno scaffale di mele rosse e gialle, lei è rosa. Ha un nome memorabile, che, correttamente, fa notare il suo colore (“pink”), un packaging impattante, una visibilità unica sul punto vendita. E la differenziazione? Sicuramente, Pink Lady è anche una marca ben differenziata dalle altre, ha un posizionamento basato sul glamour, sull’amore e sulla seduzione, e un logo a forma di cuore e un programma di marketing in cui San Valentino è un punto fondamentale. Molto diverso dal posizionamento dei suoi concorrenti. Mmm.. una mela seducente… È questa una differenziazione capace di spostare le preferenze dei consumatori? Qui ci sono un po’ di dubbi. Difficile pensare che chi compri Pink Lady lo faccia perché è la “mela dell’amore”. I posizionamenti su valori emozionali difficilmente funzionano per prodotti di largo consumo, a maggior ragione se non vengono adeguatamente comunicati con campagne pubblicitarie forti. Ma successo è, e questo basta. Per questo Pink Lady è un esempio di marca molto moderna, e costruita a regola d’arte. l N.11 l APRILE 2015


STATE SEMINANDO BENE?


mens sana |

Marta Baldini (dietista)

Patata, ricca di energia e fibre, va mangiata con la buccia 44

Le patate sono uno dei contorni più popolari e a buon mercato non solo in Germania ma anche in Italia. Non hanno fama di essere particolarmente benefiche per la salute, pur essendo molto ghiotte, soprattutto in versione fritta e snack. Ma è veramente così? O dei benefici li danno? È vero poi che vanno mangiate con la buccia? E quanto è nociva la solanina, sostanza tossica presente nelle patate germogliate? Cerchiamo di fare chiarezza Le patate sono un alimento molto comune nelle diete della maggior parte degli europei, ma forse a volte il contributo nutrizionale di questa importante coltivazione è trascurato. La sua composizione chimica lo rende un alimento molto interessante: composte principalmente da acqua (79 per cento) e amido (15 per cento, carboidrato complesso), ma anche da ceneri, grassi, fibre alimentari (3 gr. su 180 gr. di patata) e proteine che, anche se in percentuali minime (3 gr. in una porzione media bollita di 180 gr.), possono rappresentare una buona fonte degli aminoacidi lisina e triptofano che se combinate con latte o uova costituiscono un alimento proteico di elevate qualità adatto anche per chi adotta un regime alimentare vegetariano. Molto importante è anche l’apporto FRUITBOOKMAGAZINE

di potassio (regola la contrazione muscolare, la trasmissione di impulsi nervosi e la regolazione della pressione sanguigna). Grazie al quantitativo di potassio, fibra e fitonutrienti (carotenoidi, importanti antiossidanti), da recenti studi, la patata sembra un importante aiuto per la riduzione della ritenzione idrica e della pressione sanguigna; ma attenzione bisogna consumarla cotta al vapore con la buccia. Infatti molte sostanze con proprietà curative sono nella buccia, per cui l’ideale sarebbe cuocerle intere, al forno o al vapore. Pur avendo un aspetto decisamente invitante e un gusto appetitoso, le patate fritte non sono sicuramente il modo migliore per consumarle: durante la trasformazione, a causa dell’aggiunta di grassi saturi e alle alte temperature dell’olio, le patate perdono gran parte delle loro proprietà benefiche. A differenza delle credenze popolari, le patate non apportano tante calorie (89 calorie ogni 100 gr.) e a differenza di pane e pasta sono caratterizzate da un indice glicemico più basso grazie all’importante quantità di fibre presenti. Un’ultima avvertenza: le patate contengono solanina, sostanza tossica che, se assunta in grandi quantità, può provocare seri danni alla salute. Questa sostanza è particolarmente presente nelle patate germogliate e in quelle verdi o con macchie verdi che sono quindi da evitare e proteggere dalla luce solare. Ma proprio questa solanina, se presente nella buccia in tracce e consumata, sembra contrastare l’attività tumorale, soprattutto a livello di colon, stomaco e fegato. L’importante è non abbondare! l N.11 l APRILE 2015


ITALY’S TOP FRESH RETAILER. www.topfreshretailer.it


Fusioni e riorganizzazioni. Cosa succede in Coop Italia? Ce lo spiega Nadia Caraffi La nostra intervista alla category ortofrutta della maggiore centrale di acquisto del sistema Coop

46

Centrale Adriatica ha acquistato 191 mila tonnellate di ortofrutta nel 2014. Per dare un’idea, per trasportare un simile volume servirebbero più di 16 mila motrici che, una dentro l’altra, con il loro carico, formerebbero una colonna da Milano a Modena Sud. L’ortofrutta viene distribuita dalle otto cooperative socie presenti dal Friuli alla Sicilia, attraverso cinque piattaforme logistiche. Nadia Caraffi è dal 2004 la responsabile del settore ortofrutta Coop è il più grande gruppo distributivo in Italia. Che ruolo e che dimensioni ha Centrale Adriatica? Nasce nel 2004 come centrale marketing e logistica di un gruppo di cooperative collocate nella dorsale adriatica dell’Italia. Comprende oggi, andando in ordine di dimensioni, Coop Adriatica, Coop Estense, Coop Nordest, Coop Sicilia, Coop Reno, Trento Sviluppo, Coop Eridana e Coop Casarsa. In tutto la rete di vendita, con riferimento al 2014, conta su 56 iper e 402 super, con un fatturato al consumo di 4,79 miliardi di euro. Coop Adriatica non è Centrale Adriatica, ma solo una delle cooperative socie. Noi ci occupiamo nello specifico degli acquisti, delle politiche commerciali e del pricing, le cooperative indicate della gestione dei negozi e delle vendite. Per quan-to riguarda l’ortofrutta, nel 2014 abbiamo acquistato 191 mila tonnellate di merce, che hanno portato a un fatturato al consumo di 436 milioni di euro, con un’incidenza del 9,1 per cento. Nelle strutture più grandi arriviamo ad avere anche 350 codici articolo per la prima gamma presenti contemporaneamente. Cos’è cambiato dal 2004 ad oggi? Abbiamo razionalizzato la catena di fornitura. Oggi tutta l’ortofrutta arriva nei punti vendita attraverso cinque piattaforme logistiche: San Vito al Tagliamento (PN), Reggio Emilia, Forlì, Rutigliano (BA) e FRUITBOOKMAGAZINE

Foto: NextVideoProduction.com

Eugenio Felice

Catania. Quando siamo partiti, nel 2004, le forniture venivano fatte in diretta negli ipermercati, tutto era più frammentato, complesso, meno controllabile, soprattutto la qualità dei prodotti che arrivavano nei punti vendita. Oggi gli assortimenti e le politiche commerciali sono centralizzati nella sede di Modena, che coordina le varie piattaforme. Con gli aspetti logistici è cambiato il rapporto con i fornitori, ora più diretto, costante e collaborativo, con precisi e controllati capitolati di fornitura e la tendenza a fare una programmazione stagionale. Il coordinamento delle politiche commerciali ha avuto conseguenze anche sul parco fornitori: oggi privilegiamo le aziende specializzate in quello che offrono, quelle che fanno effettivamente l’attività di produzione e, terzo ma non meno importante aspetto, le aziende italiane, in linea con quella che è la mission di Coop Italia, cioè tutelare e promuovere, ove possibile, il made in Italy. Oggi l’82 per cento dell’ortofrutta che si trova nella nostra rete vendita è di origine italiana. l N.11 l APRILE 2015


COOP Centrale Adriatica in cifre (Rif. 2014)

2004 8 4,8 458 5 190 di fatturato al consumo

di costituzione

per l’ortofrutta

Quindi investite sui fornitori italiani. Quali sono le maggiori difficoltà cui andate incontro? Su questo argomento potremmo parlare per sei mesi. Privilegiamo la produzione italiana e siamo disponibili a creare le migliori condizioni perché essa ci segua. A volte questo non succede, come per il peperone siciliano, che, vuoi perché poco remunerativo, vuoi perché difficile da produrre, non riusciamo ad avere nel periodo invernale. Siamo così costretti a rivolgerci alla Spagna che garantisce standard di qualità, in termini di colore e forma, che spesso gli italiani non sono in grado di offrire. Ma fosse solo un problema di colore e forma. Succede ancora che ci arrivi in piattaforma del prodotto guasto, non più vendibile. Questo con la Spagna non capita. Manca ancora troppo spesso nel sistema produttivo italiano la cultura di impresa e un’impostazione industriale dei processi produttivi, oltre ad esserci una banalizzazione delle attività di marketing. Cosa penso del nuovo progetto PER.A. affidato a Luca Granata? È un esempio virtuoso, che va nella giusta direzione, ma sono segnali ancora troppo deboli. Che ripercussioni avranno sul parco fornitori i cambiamenti in corso nel sistema Coop Italia? Si parla di una maggiore autonomia della periferia. In realtà l’autonomia non è mai mancata, il decentramento è sempre stato molto forte. La fusione in corso così come la riorganizzazione a livello di sistema, rispondono a logiche di snellimento dei processi e di alleggerimento della struttura per rispondere più velocemente alle richieste del mercato, che è in continua evoluzione. Non è un mistero che puntiamo a rilanciare la presenza di Coop in Puglia e in Sicilia. Il nostro rapporto con gli uffici Coop Italia di Casalecchio di Reno (BO) è sempre stato strettissimo. Diciamo che finora quasi tutti i listini prezzi Nella foto della pagina a fianco Nadia Caraffi nel suo ufficio di Modena. Nata a Reggio Emilia nel 1963, dopo un’esperienza all’interno di Coop Nordest, ha assunto il ruolo di category ortofrutta in Centrale Adriatica fin dall’anno di costituzione, il 2004.

l N.11 l APRILE 2015

di ortofrutta acquistate

sono stati gestiti dalla sede centrale mentre tutto il resto, dall’assortimento al fornitore, dalle quantità al tipo di imballaggio, lo abbiamo gestito noi direttamente. A riorganizzazione ultimata Coop Italia si occuperà del prodotto a marchio e dei mercati di dimensione nazionale, come le banane o il biologico, del resto ci occuperemo noi direttamente.

Quindi un po’ più di autonomia dovrebbe esserci. Quali sono le tendenze nei consumi? Se a livello di volumi l’ortofrutta sta registrando un calo negli ultimi anni, ci sono alcuni segmenti che stanno crescendo, come l’health food, la prima gamma evoluta, il biologico e i prodotti premium. La linea private label “fior fiore”, che ritengo sia stata un po’ trascurata a livello centrale negli ultimi anni e che invece sta segnando ottime performance, merita senz’altro di ampliare la gamma. Da un paio di mesi, poi, abbiamo inserito in assortimento i fiori edibili, sia in vassoio monoreferenza che in vaschetta con l’insalata baby leaf, una novità che è piaciuta e sta dando buoni risultati. In ortofrutta è importante puntare al rinnovamento e agli acquisti d’impulso con articoli e allestimenti che vivacizzino il reparto. C’è la sorpresa della prima gamma evoluta, che sta guadagnando quote a spese della quarta gamma, che soffre in Italia di un problema di disinformazione: secondo le nostre indagini il consumatore tipo la risciacqua anche se è già lavata e non ce n’è bisogno. Questo spiega il crescente successo della prima gamma evoluta: avendo un processo di lavorazione più FRUITBOOKMAGAZINE

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Sarebbe ora che le imprese ortofrutticole comin“ciassero ad analizzare i loro mercati con rilevazioni statistiche e panel come l’industria agroalimentare fa da tempo; ma torniamo alla banalizzazione del marketing che è il tallone di Achille del mondo ortofrutticolo ” Nadia Caraffi (Centrale Adriatica) 48

L’UNIVERSO COOP Valore dei consorzi afferenti per fatturato 2014, in milioni di euro

NOVA COOP COOP LOMBARDIA COOP LIGURIA COOP NORDEST

1.049,7 1.006,1 754,5 937,3

COOP ESTENSE COOP ADRIATICA

2.090,9 2.358,8

UNICOOP FIRENZE 1.107

UNICOOP TIRRENO COOP CENTRO ITALIA ALTRE COOP

4.371,6

1.343,4

614,5 1.161,3

semplice, costa meno e ha una durata maggiore. C’è poi da rilevare un crescente successo per tutto l’health food, come la frutta secca, le bacche di goji, le brassiche e i germogli: alimentarsi come atto preventivo per la propria salute sarà un must dei prossimi anni. Inoltre il consumatore è attento all’aspetto estetico e al sapore, e ne determina il valore mettendo in relazione qualità e prezzo con atteggiamenti sempre più consapevoli e selettivi. Capire il consumatore non è affatto semplice, anche perché copriamo un’area molto vasta che va dal Friuli alla Sicilia e la realtà è molto più complessa e sfaccettata di quello che si possa mai interpretare. Certo non sarebbe male se le imprese ortofrutticole cominciassero ad analizzare i loro mercati con rilevazioni statistiche e panel come l’industria agroalimentare fa da tempo; ma torniamo alla banalizzazione del marketing che è il tallone di Achille del mondo ortofrutticolo. Oggi c’è la rincorsa a valorizzare i prodotti del territorio. Cosa sta facendo Coop in questo ambito? Centrale Adriatica ha lanciato nel 2011 il progetto Territori.Coop per raccontare il suo ruolo nella valorizzazione dell’economia locale e delle eccellenze agroalimentari delle regioni in cui opera, così da daFRUITBOOKMAGAZINE

re ai clienti un’opportunità di consumo consapevole. La storia comincia nei punti vendita, dove il marchio Territori.Coop identifica prodotti e produttori locali, e continua sul sito web territori.coop.it, un contenitore di buone pratiche portate avanti da Coop e dai propri fornitori sui temi della sostenibilità, della tutela di filiere e tradizioni locali, dell’impegno per un prodotto buono e sicuro, con video, articoli e gallery fotografiche. Per noi il concetto di valorizzazione del territorio va oltre i confini del settore agroalimentare; parte dal racconto della storia dell’azienda come riflesso della storia del posto in cui si è sviluppata e arriva a ciò che a quel posto viene restituito in termini di valore. Prendiamo l’esempio dei fiori edibili e della prima gamma evoluta: il fornitore è Gli Orti di Venezia delle sorelle Busana, un’azienda iperspecializzata nelle insalate, anche biologiche, con un’alta propensione all’export. La nostra collaborazione commerciale si sviluppa anche in un percorso congiunto per sostenere la rivalutazione artistica di Venezia, destinando parte dei proventi derivanti dalle vendite alla ristrutturazione di opere dal particolare valore artistico. Questo perché oltre al business vi è un’idea di imprenditorialità illuminata, olivettiana direi, che si attiva per restituire valore al territorio su cui opera, che apprezziamo e che sentiamo affine. Spesso all’opinione pubblica arrivano segnali allarmanti, soprattutto riguardo ai residui chimici su frutta e ortaggi. Lei cosa ne pensa? C’è una crescente richiesta da parte della clientela di rassicurazioni sulla salubrità e sostenibilità dei prodotti, alimentata certamente dagli scandali alimentari e ambientali che costantemente vengono portati all’attenzione dell’opinione pubblica. Questo è innegabile. Coop investe da sempre molte risorse per dare delle risposte su questi temi. Un esempio è il prodotto a marchio Coop, che garantisce la provenienza da produzione integrata, residui chimici di almeno il 70 per cento al di sotto dei limiti stabiliti dalla Legge, l’assenza di qualsiasi trattamento successivo alla raccolta, per finire con il controllo di tutta la filiera produttiva, dal campo alla vendita. l N.11 l APRILE 2015


49 Le foto di questa pagina sono state scattate all’Ipercoop del centro commerciale Grandemilia di Modena, vicino alla sede di Coop Estense e Centrale Adriatica. In alto a destra l’isola servita denominata“Il fruttivendolo”, ora in fase di sperimentazione.

Nel prodotto a marchio si pone poi molta attenzione al sapore: ogni frutto deve rispettare dei parametri chimico-fisici definiti. Abbiamo 8 milioni di soci e con loro facciamo tantissima attività di comunicazione per un consumo consapevole. È un’attività che abbiamo sempre fatto, soprattutto con le scuole, così da sviluppare sin da bambini conoscenze e consapevolezze sulla corretta alimentazione, sulla sostenibilità, intesa come sicurezza e qualità degli alimenti ma anche come responsabilità sociale e ambientale; per noi sono valori fondanti. Il trasferimento della cultura è purtroppo uno degli aspetti più deficitari ancora oggi nel rapporto tra catena distributiva e clienti. Le insicurezze dell’opinione pubblica sui temi della salubrità, ma potrei aggiungere della stagionalità e provenienza dei prodotti, sono proprio dovute a questa lacuna in termini di comunicazione nel trasferimento di conoscenza. Il progetto Territori.Coop di cui parlavo prima è un esempio di come cerchiamo di colmare queste mancanze.

In realtà nelle nostre cooperative socie gli ipermercati non vanno poi così male. Anzi. Ne apriremo due nuovi quest’anno, uno a Chioggia, l’altro a Reggio Emilia. Anche in questo caso va rinnovata la formula per renderla al passo con le rinnovate esigenze del mercato. Noi ad esempio stiamo sperimentando nel reparto ortofrutta un’isola servita con una selezione di prodotti del giorno, che abbiamo chiamato “Il fruttivendolo”, dove si trova anche il biologico sfuso non confezionato, una novità nell’ambito delle catene distributive non specializzate nel bio. Più in generale sperimentiamo formule che consentano ai clienti di trovare nei reparti freschissimi molteplici livelli di servizio, dal banco assistito alla massima autonomia negli acquisti, grazie anche all’ausilio delle nuove tecnologie applicate agli ormai indispensabili smartphone. I nostri iper non rinunciano al rapporto con il cliente a favore di un’ipotetica convenienza determinata dall’impoverimento del servizio e dell’offerta. Cambiano gli stili di vita e quindi cambiano i nostri negozi per servire sempre meglio i nostri soci e clienti.

Gli ipermercati in Italia sono in difficoltà. Voi ne avete 56. Farete chiusure o conversioni? l N.11 l APRILE 2015

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Germogli, presto saranno un must su tutte le tavole Molto popolari all’estero, iniziano a comparire presso la GDO Eugenio Felice

Finora gli italiani hanno conosciuto solo i germogli di soia. In realtà ne esistono di moltissimi tipi e per tutti i gusti. All’estero sono consumati da sempre. Tra i punti di forza hanno l’aspetto salutistico, essendo a residuo zero e ricchi di minerali, fibre, vitamine ma, in alcuni casi, anche di proteine. Sono comodi, perché venduti in vaschette già pronti al consumo. E sempre più spesso si trovano nelle catene distributive. Anche da Coop, che li ha in assortimento da marzo “In tre anni abbiamo aumentato le vendite di cinque volte”, ci riferisce Eleonora Mosca della Garden Frutta Srl, una delle aziende di Verona che più stanno crescendo negli ultimi anni, specializzata nei piccoli frutti, nell’esotico e appunto nelle nicchie come i germogli e gli aromi. “I clienti tipo - ci spiega - sono i ristoranti, anche se negli ultimi anni è cresciuto l’interesse delle catene distributive. I consumi sono maggiori in Alto Adige, dove si richiedono anche crescione, fiori edibili e sakura. Le persone in generale sono attente alle novità, hanno voglia di sperimentare, provare nuovi gusti rispetto alla cucina tradizionale, che spesso infatti viene rivisitata dai grandi chef. I fiori edibili invece sono ancora più una nicchia, vengono da Israele e sono di tanti tipi: viola, verbena, rosa, lavanda, girasole, margherita e molti altri”.

Oltre al fattore novità, c’è sicuramente l’aspetto della salute, cui i consumatori stanno sempre più attenti. I germogli infatti, che non sono solo quelli di soia, ma di decine di tipi, nascono da un seme messo in acqua potabile senza l’aggiunta di nulla, in un ambiente protetto. Hanno quindi residuo zero. Crescono molto in fretta: da quattro giorni a due settimane a seconda del seme. Poi vengono tolti dall’acqua, risciacquati e messi dentro alle vaschette filmate. Il tutto senza mai uscire dallo stabilimento produttivo. La durata è di 10-14 giorni, anche se la carica batterica aumenta velocemente, quindi è consigliabile consumarli in tempi brevi. Una volta a casa vanno lavati? No. Si tratta di un ready to eat, non per niente lo stabilimento produttivo deve rispettare le regole imposte dalla Legge agli operatori di quarta gamma.

Una fetta di pane integrale, con passata di pomodori e germogli freschi. Potrebbe presto diventare uno spuntino frequente, per non dire alla moda, per le persone più attente alla salute. Finora il consumo maggiore è stato presso la ristorazione. Da pochi mesi le principali catene distributive li stanno mettendo in assortimento, anche se la comunicazione è ancora carente.

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All’ultima Fruit Logistica, lo scorso febbraio, l’azienda inglese Tozer Seeds ha presentato ai media di tutto il mondo Flower Sprout, letteralmente germogli di fiori anche se in realtà parliamo di un incrocio tra cavolo inglese e cavoletti di Bruxelles. Si tratta quindi di piccoli ortaggi, frutto di una selezione durata 15 anni, che vanno consumati cotti, pieni di salute essendo ricchi di vitamine e nutrienti. Il periodo di commercializzazione va da novembre a marzo. Quest’anno le vendite hanno toccato anche Germania, Scandinavia, Svizzera e Olanda. La produzione è oggi limitata a circa 250 tonnellate.

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LEADER EUROPEO

NELLO STABILIMENTO

DI VAN DER PLAS

GUARDA IL VIDEO! Qui sopra una cassetta di Sakura Mix della Koppert Cress, azienda olandese specializzata nei micro ortaggi. La foto è stata scattata presso l’importatore e distributore Garden Frutta di Verona, così come quella ai fiori edibili della Nature’s Pride della pagina a fianco. La foto ai germogli di ravanello rosso invece è stata scattata presso un punto vendita Coop di Modena.

Nella vaschetta che abbiamo acquistato presso un punto vendita Coop di Modena, di origine olandese, abbiamo notato che era indicato “prodotto da lavare”. Come mai? Lo abbiamo chiesto a Pietro Farnedi, titolare della società cooperativa Vivo di Cesena, il maggiore produttore italiano di germogli. “Probabilmente lo fanno come forma di cautela, anche perché alcuni importatori lo riconfezionano e quindi si potrebbe verificare qualche contaminazione”, ci spiega. La Vivo nasce nel 2005 e oggi produce una cinquantina di tipi di germogli, una buona parte di questi biologici. Dal 2006 produce anche i fiori edibili. “Dopo alcuni anni trascorsi come dirigente di una multinazionale - ci riferisce Farnedi - e nei quali avevo avuto modo di apprezzare le qualità sia organolettiche che nutrizionali dei germogli FRUITBOOKMAGAZINE

che regolarmente erano presenti nei piatti di quasi tutti i ristoranti tedeschi, iniziai a interessarmi a questi micro-vegetali che avevano uno scarsissimo utilizzo in Italia mentre in Germania, Francia, Belgio e Olanda, ma anche negli USA, venivano regolarmente consumati non solo nei ristoranti ma erano e sono consumati moltissimo anche dalle famiglie che vedono in questi prodotti un modo di nutrirsi molto naturale e salutistico”. “Fin da subito - aggiunge Farnedi - abbiamo deciso di vendere solo sul mercato nazionale, così da garantire tempi di consegna rapidi e quindi un prodotto più fresco al consumatore. La difficoltà maggiore che abbiamo incontrato è stato che il 99 per

cento degli italiani non avevano, dieci anni fa quando abbiamo iniziato, la più pallida idea di cosa fossero i germogli. Conoscevano a mala pena quelli di soia. Pensavano fosse una cosa da cinesi. Eppure nella sola Svizzera, che ha circa 7 milioni di abitanti, esistono 15 produttori più grandi di noi. La situazione è però rapidamente cambiata e con l’aumento della conoscenza sul prodotto sono aumentati anche i consumi. Abbiamo un tasso di crescita annuo che si attesta tra il 50 e l’80 per cento, dal nostro magazzino escono parecchie migliaia di vaschette ogni giorno, con clienti nel centro e nord Italia, sia grossisti che catene distributive, anche specializzate nel biologico. Il successo dei fiori edibili, che produciamo sotto serra, è invece più recente. I volumi sono molto più bassi ma la crescita delle vendite negli ultimi due anni è stata esponenziale. Rispetto ai germogli, viene meno l’aspetto salutistico e l’aroma accentuato, l N.11 l APRILE 2015


Produciamo oltre 50 tipi diversi di germogli, in “buona parte biologici. Per scelta li vendiamo solo in Italia, a ristoranti, grossisti e catene distributive. La crescita delle vendite anno su anno è tra il 50 e l’80 per cento. I fiori edibili, poi, stanno crescendo in modo esponenziale ” Pietro Farnedi (Vivo) 53

ma va ai massimi livelli l’aspetto estetico. Il gusto solitamente è delicato, la funzione è quella di rendere più attraente un piatto o più accattivante un’insalata”. I germogli, ricchi di vitamine, fibre, sali minerali e proteine vegetali, sono una preziosa fonte di nutrienti utili per la salute e il benessere di tutto l’organismo. Un alimento che, proprio grazie al suo alto valore nutrizionale, è stato da sempre apprezzato dai popoli di ogni epoca e civiltà. Ma sono anche buoni? La domanda è legittima. I germogli che abbiamo provato noi, quelli al ravanello rosso e quelli alfaalfa (erba medica), pur molto diversi, li abbiamo trovati migliori di tanti altri vegetali. Bisogna tenere conto poi che il sapol N.11 l APRILE 2015

re è decisamente più accentuato rispetto alla pianta cui darebbero origine. Per capirci, non è facile mangiare un’intera vaschetta da 50 grammi di germogli di ravanello rosso ma sono ottimi per dare più carattere a un’insalata. I campioni. Sono loro, gli olandesi. Almeno in termini commerciali. Il maggior produttore europeo di germogli è la Van der Plas Sprouts. Nata con i germogli di soia, oggi propone più di venti differenti tipi di germogli, in cinque linee: piccanti, aromatici, delicati, croccanti, speciali e decorativi. La società esporta in tutta Europa, anche se i mercati principali sono quello domestico e quello tedesco. “L’Italia sta aumentando molto i quantita-

tivi in questi ultimi mesi”, ci riferisce il responsabile marketing Sven van Geebergen. “Crediamo che il canale dei supermercati abbia un grande potenziale, grazie al rapporto diretto con i consumatori, che si stanno interessando sempre di più ai germogli grazie al contenuto ricco di vitamine e minerali e alla crescente attenzione verso uno stile di vita sano. Ci sono germogli per ogni gusto, capaci di appagare tutti i palati. I germogli di broccoli ad esempio sono tra i più salutari, ricchi di vitamina C ed E. Quelli di ceci sono invece ricchi di proteine. Siamo convinti che a breve i germogli avranno tutta l’attenzione che meritano”.

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Alcuni dei più grandi produttori italiani di pere uniscono le forze Nasce il più grande player al mondo delle pere e presto potrebbe essere ancora più grande Eugenio Felice

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Dalla prossima campagna i distributori italiani ed esteri avranno un nuovo interlocutore per le pere. Che avrà una caratteristica: sarà anche il più grande, un vero leader di mercato con una produzione pari a 240 mila tonnellate e una guida di peso, quella di Luca Granata, artefice dei successi di Melinda. Un ambizioso progetto di aggregazione, che unisce il mondo cooperativo e quello privato, con l’obiettivo di rilanciare e valorizzare la pera italiana nel mondo “Il progetto Per.a. è la più bella opportunità di crescita del settore agroalimentare italiano. Il suo successo è unicamente nelle mani dei pericoltori, che sono chiamati a fare una scelta, quella di aggregarsi, così da non essere più concorrenti ma alleati e dare un futuro più sicuro alla loro attività”. Così Luca Granata, direttore di Melinda fino al mese di marzo e ora chiamato a dare corpo al progetto Per.a., che nelle intenzioni doveva essere l’acronimo di Pericoltori Emiliano Romagnoli Aggregati, ma poi, data l’adesione di realtà fuori regione, come Apo Scaligera, ha preso semplicemente il significato di Pericoltori Aggregati. Infatti le ambizioni vanno anche fuori dalla regione, verso le produzioni di Veneto e Lombardia. Ma poco importa: il cuore della pericoltura italiana si trova proprio in Emilia-Romagna, che da sola produce oltre il 65 per cento della produzione italiana. L’idea è quella di replicare il modello Melinda, con i dovuti distinguo. Da una parte sono molteplici e di diversa matrice gli attori oggi sul FRUITBOOKMAGAZINE

Nella pagina a fianco Luca Granata, 55 anni, chiamato a coordinare il progetto Per.a., promosso da APO Conerpo, assieme a Raffaele Drei, presidente di Agrintesa, durante la festa dei soci tenutasi il 19 aprile a Castelfranco Emiliano. Il manager veneto è stato il vero artefice dei successi di Melinda, dove ha coperto il ruolo di direttore generale dal 2002, raggiungendo obiettivi chiave come la centralizzazione delle vendite, la razionalizzazione dei magazzini di lavorazione e la valorizzazione della marca.

mercato delle pere, non sarà facile mettere d’accordo e rendere socie delle realtà che dovrebbero rinunciare alla parte commerciale sulle pere e che sarebbero comunque in concorrenza su tutti gli altri pro-

PER.A.: i soci costituenti*

Chi resta alla finestra*

FRUIT MODENA GROUP

SALVI / UNACOA

AGRINTESA

SPREAFICO

PATFRUT

APOFRUIT

ALEGRA

PEMPACORER

NATURITALIA

GRANFRUTTA ZANI

APO CONERPO

BERGONZONI

OROGEL FRESCO

MINGUZZI

CICO / MAZZONI

CO.FRU.TA.

OPERA

OP C.OR.MA.

APO SCALIGERA

OP NORDEST

LA DIAMANTINA

SISTEMA FRUTTA

FRUTTETO

TOTALE

ITALFRUTTA

170.000 tons

* Situazione al 10 maggio 2015

OP FERRARA ALTRI TOTALE

240.000 tons l N.11 l APRILE 2015


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dotti, dalle pesche e nettarine alle mele, dal kiwi alle susine, per arrivare agli agrumi e all’uva da tavola. Chi resta alla finestra. “Abbiamo dato la nostra adesione ma con riserva, aspettiamo dei chiarimenti su diversi aspetti che non sono ancora stati esplicitati. L’aggregazione della produzione non è sufficiente. Si dice che è un’operazione a costo zero, che non vengono richieste risorse in caso di adesione, ma questo varrà forse per il frutticoltore, in effetti alcuni costi in più ci saranno, basti pensare alla duplicazione della fatturazione. Si parla poi di razionalizzazione delle strutture di confezionamento, come è normale che sia, ma chi accetterà di rinunciare all’attività di lavorazione sulle pere? Ancora, il progetto nasce in seno ad APO Conerpo che in ogni caso sarà il l N.11 l APRILE 2015

socio di maggioranza della nuova realtà: chi ci garantisce che nelle scelte saranno tutelati gli interessi di tutti i soci in egual misura? Ripeto, non abbiamo alcuna preclusione per questa pregevole iniziativa, ma onde evitare situazioni spiacevoli è meglio chiarire subito certi aspetti”. Questo il commento che abbiamo raccolto a fine aprile dal direttore generale di una delle realtà più importanti che alla fine hanno deciso di non entrare a far parte del progetto, non da subito almeno. Il gruppo APO Conerpo, infatti, è il promotore del progetto e da solo riesce a esprimere, in particolare con Fruit Modena Group, Agrintesa e Patfrut, un output di pere pari a 180 mila tonnellate, vale a dire il 25 per cento della produzione italiana, che si attesta a 700 mila tonnellate, di cui oltre il 65 per cento raccolte in Emilia-Romagna. FRUITBOOKMAGAZINE


Foto: Giacomo Brini

Dal 19 al 21 novembre arriva a Ferrara il salone internazionale della pera: FuturPera. Sarà una manifestazione diffusa, distribuita tra i padiglioni della fiera e il cuore della città. La cadenza sarà biennale, anche per non “interferire” con Interpoma. Il presidente della società Stefano Calderoli ha dichiarato: “Vogliamo rilanciare il comparto puntando sull’identità del prodotto e il suo valore aggiunto, sulla ricerca e soprattutto sulla sua commercializzazione verso nuovi mercati”. FuturPera ospiterà Interpera, il più importante convegno mondiale dedicato alla pericoltura

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PERE Ue - 28: produzione per varietà (tonnellate) 2013

Previsioni 2014

304.000

358.000

+18

+20

Blanquilla

54.000

41.000

-24

-46

Conference

894.000

895.000

=

+7

Coscia-Ercolini

80.000

68.000

-15

-27

Decana del C.

83.000

88.000

+6

-9

6.000

6.000

=

-8

Guyot

80.000

66.000

-18

-27

Kaiser

54.000

33.000

-39

-36

Passacrassana

14.000

12.000

-14

-29

Rocha

162.000

176.000

+9

+2

William B.C.

283.000

267.000

-6

-10

Altre

318.000

289.000

-9

-11

2.330.000

2.299.000

-1

-2

VARIETÀ

Abate F.

Durondeau

TOTALE

var. % 2013/2014

var. % 2014/2009-12

Elaborazioni CSO su dati WAPA

La base di partenza, dunque, è già ottima e superiore ad esempio, in percentuale, a quello che rappresenta Melinda nel comparto mele. Alla fine la newco, costituita a fine maggio, vede tra i suoi soci anche gruppi esterni ad APO Conerpo, come Mazzoni, Orogel Fresco, Opera e APO Scaligera. Ma il progetto è ancora più ambizioso. “In queste settimane stiamo dialogando con tutte le più importanti realtà che si occupano di pere affinché entrino a far parte del progetto”, ha spiegato Granata alla festa dei soci Agrintesa lo scorso 19 aprile a Castelfranco Emiliano (MO). Nelle tabelle pubblicate nelle pagine precedenti c’è l’elenco delle aziende con cui il dialogo è in corso (ma che FRUITBOOKMAGAZINE

non hanno aderito in questa prima fase), definite da Granata “auspicabili soci”, che da sole controllano una produzione di circa 160 mila tonnellate. Anche i sindacati dei produttori, come Agrinsieme (che riunisce Confagricoltura e Cia) e Coldiretti, hanno fin da subito lavorato alacremente per spingere a sposare il progetto il mondo produttivo “disaggregato”, che rappresenta ancora circa il 40 per cento della produzione nazionale e ora ha una grande opportunità di crescita. Alla fine, il potenziale sarebbe di 500 mila tonnellate.

“Nel progetto - ha continuato Granata - rientrano tutte quante le pere, non solo la Abate Fétel, anche quelle da destinare all’industria di trasformazione. L’obiettivo finale è creare un unico polo nazionale per le pere con un’unica divisione commerciale, capace di fare economie di scala, ricerca varietale, campagne di comunicazioni efficaci, condizionare il mercato anche in termini di prezzo, sviluppare i mercati esteri in modo organizzato e dare, in definitiva, un maggiore reddito ai pericoltori e un futuro più sicuro alla loro attività. Piccoli non si va da nessuna parte. Piccolo uguale a debole e instabile. Le possibilità di successo sono nulle. Aggregandosi si aprono grandi opportunità. Basti pensare che non esiste a livello planetario una marca nota per le pere. Quindi perché non provarci? Si tratta di fare tutti un passo indietro come singole aziende per fare dieci passi in avanti con il nuovo polo. Uniti si vince, separati probabilmente dovremo pensare a fare un altro lavoro. Quello che abbiamo davanti è un film meraviglioso, come Via col Vento - ha concluso Granata con il suo solito entusiasmo - che passerà sicuramente alla storia se decideremo di girarlo insieme. E questo dipende solo da noi”. Il Tavolo Pera ha detto no. Come era prevedibile, in un Paese dove è sempre stato difficile fare vera aggregazione, alcune delle primarie aziende del settore pericolo naziol N.11 l APRILE 2015


Il progetto Per.a. è la più bella opportunità di “crescita del settore agroalimentare italiano. Il suo successo è unicamente nelle mani dei pericoltori, chiamati a fare una scelta, quella di aggregarsi, così da non essere più concorrenti ma alleati e dare un futuro alla loro attività ” Luca Granata nale hanno deciso di restare alla finestra e non aderire alla newco: Salvi, Apofruit, Spreafico, Pempacorer e Granfrutta Zani hanno costituito il Tavolo Pera e fatto sapere a fine aprile le motivazioni della loro scelta. Nella sostanza le cinque aziende, pur condividendo la necessità strategica di aggregare la produzione, lamentano la “mancanza di un chiaro progetto industriale e di marketing che valorizzi la pera italiana”.

La newco. Come da programmi, alla fine di maggio è stata costituita la nuova società, la più grande organizzazione del mondo nel campo della produzione, selezione e valorizzazione della pera, una realtà che rappresenta da sola circa 1.000 produttori e quasi 240 mila tonnellate di prodotto, vale a dire il

35 per cento della produzione nazionale. Pur con alcune defezioni, non si può quindi certo dire che la newco parta in sordina. Tutt’altro. La nuova società sarà finalmente in grado di parlare ai consumatori di pere - in Italia, in Europa e in tante altre zone del mondo - e quindi capace di raccontare loro tutta la storia, i valori e la salute racchiusi in una pera italiana di qualità; rappresenterà inoltre un partner affidabile e di lungo ter-

naturalmente...

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Come evolvono le esportazioni dei Paesi nostri concorrenti 400.000

Tonnellate

350.000 300.000 250.000 200.000 150.000 100.000 50.000 0 2004/05 2005/06 Olanda - tonn.

2006/07 2007/08 Belgio - tonn.

2008/09 2009/10 Italia - tonn.

2010/11

2011/12 2012/13 Portogallo - tonn.

Fonte: elaborazioni CSO su dati Eurostat

mine, perché - come si legge in una nota diffusa dalla stessa società in grado di garantire standard elevati e continuità nei servizi a tutti i più qualificati distributori di frutta che vorranno condividere l’obiettivo di perseguire la “sostenibilità vera” (sociale, ambientale ed economica) della coltivazione della pera, che è una delle colonne portanti della frutticoltura nazionale. FRUITBOOKMAGAZINE

Lo scenario. La produzione mondiale di pere si attesta su 23 milioni di tonnellate, di cui il 95 per cento deriva dall’Emisfero Nord. Produzioni rilevanti, in termini di interscambi commerciali, ci sono negli Stati Uniti, in Europa e in Argentina. La Cina è il maggiore produttore, con volumi enormi, ma con esportazioni di poco peso. La produzione europea è oggi di 2,3 milioni di tonnellate e il primato spetta all’Italia con circa 700 mila tonnellate, vale a dire il 30 per cento della produzione comunita-

ria. Il secondo produttore è la Spagna, anche se in flessione se guardiamo il trend decennale (la sua quota è passata dal 24 al 17 per cento), mentre crescono vigorosamente il Belgio e l’Olanda, con quote passate in 10 anni rispettivamente dal 6 al 12 e all’11 per cento. Praticamente hanno raddoppiato la produzione. Seguono la Francia (in flessione, dal 9 al 7 per cento), mentre cresce il Portogallo, con quote aumentate dal 5 al 7 per cento. Il 65 per cento della produzione italiana è concentrata l N.11 l APRILE 2015


La nuova società, che viene coordinata da Luca Granata, è il frutto di un progetto inclusivo, e non esclusivo, nato per unire e non per dividere, aperto a tutti coloro che credono davvero e non solo a parole che l’aggregazione tra agricoltori sia la vera condizione imprescindibile di sviluppo

in Emilia-Romagna, in modo particolare in quattro province: Modena, Ferrara, Bologna e Ravenna. La varietà che domina è la Abate Fétel, che in 10 anni è passata dal 29 al 41 per cento della produzione nazionale, anche se a livello europeo il primato spetta alla Conference che vale il 37 per cento della produzione comunitaria. Al terzo posto, sempre in Europa, c’è la William, mentre è in ascesa la portoghese Rocha.

Consumi interni: -30 per cento. È questo il calo delle vendite registrato dalle pere dal 2000 al 2013 in Italia, pur essendo il quarto frutto più popolare dopo a mele, arance e banane. Un dato allarmante considerando che all’estero va solo il 20 per cento della produzione. Gli obiettivi primari della newco sono proprio il recupero dei consumi in Italia, soprattutto verso i più giovani (oggi il 67 per cento delle pere è acquistata dagli over 55)

puntando a elevare le qualità organolettiche e aumentare le esportazioni, operazione non scontata dato che l’Italia ha sì il vantaggio di avere una varietà distintiva, la Abate, che però è poco conosciuta oltre confine. Un limite non da poco. Comunque sia, se ce l’hanno fatta i portoghesi con la Rocha, che ora vendono copiosamente in UK, possiamo farcela anche noi.

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Pesche amare nel Veronese. Ora si piantano kiwi I risultati della disorganizzazione della produzione Eugenio Felice

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Siamo storicamente il più grande produttore europeo di pesche e nettarine ma il primato potrebbe passare nel giro di un paio di anni alla Spagna che già è il primo e indiscusso esportatore, con volumi mandati oltre confine che sono quasi quattro volte quelli italiani. La produzione di massa e disorganizzata non funziona più. Il futuro è nella coltura di precisione, dove l’alta qualità si abbina alla strategia commerciale. Intanto nel Veronese si tagliano i peschi e si piantano kiwi Mai come quest’anno abbiamo visto nella provincia di Verona tanti espianti di peschi. Nei primi giorni di aprile tra Verona Nord, Bussolengo e Pescantina non si potevano non notare sotto ai teli antigrandine le disordinate radici appoggiate sul terreno, tristemente pronte a essere rimosse. Molti produttori hanno deciso di piantare l’actinidia, che negli ultimi anni, a parte qualche problemino in campo - come la batteriosi e la moria da queste parti si è rivelata essere la coltura più redditizia. Al contrario delle pesche e nettarine, che hanno passato un 2014 pessimo, a causa principalmente di due fattori: da una parte il clima piovoso che ha penalizzato la qualità e indebolito i consumi, dall’altra l’embargo russo che ha tolto un importante mercato di sbocco, generando in tutta Europa un disequilibrio tra domanda e offerta. Basti pensare a quello che è successo in Germania, principale mercato di sbocco delle pesche e nettarine italiane: secondo i dati FruitImprese, l’export di pesche è sceso in un anno da 45 a 32 mila FRUITBOOKMAGAZINE

tonnellate (-29 per cento), quello di nettarine da 85 a 74 mila tonnellate (-13 per cento), con prezzi medi scesi rispettivamente da 1,04 a 0,75 euro al chilo (-28 per cento) e da 0,94 a 0,70 euro al chilo (-25 per cento). Praticamente una catastrofe. Ma c’è ancora una speranza per la peschicoltura italiana? Se ne è parlato a Pescantina (Verona) lo scorso 23 marzo, durante un convegno organizzato da alcuni enti locali. Il deputato del Partito Democratico Gianni Dal Moro, che è stato anche presidente di Veronamercato, ha ricordato che la globalizzazione non è il male, anche se cambia le regole del gioco e per questo bisogna reagire. “Dobbiamo e possiamo competere sulla qualità - ha detto - standardizzando l’offerta e dando un’identità legata alla provenienza. Un prodotto senza un nome è una commodity, l’Italia non potrà mai competere su quel campo. L’unica strada

Nella foto sopra dei peschi in fiore in Emilia-Romagna. Se è vero che nel Veronese la peschicoltura è da anni in crisi a causa dell’estrema disorganizzazione, è vero anche che non va molto meglio in Emilia-Romagna, che è di gran lunga la prima regione produttiva italiana. Tutti i più grandi player, da Agrintesa ad Apofruit Italia stanno riducendo i quantitativi di pesche e nettarine “tradizionali” a favore della coltura che invece negli ultimi anni sta dando le maggiori soddisfazioni: il kiwi.

l N.11 l APRILE 2015


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oggi percorribile è l’aggregazione, perché per andare all’estero non bastano l’identità e la qualità, ci vuole anche la massa critica. La battaglia - ha rimarcato - si fa insieme”. Parole che in realtà non dicono nulla di nuovo ma che nel Veronese sono sempre cadute nel vuoto: l’IGP arrivata nel 2010 esiste solo sulla carta, sono più di 100 le varietà prodotte, con buona parte dei produttori che conferisce ancora le pesche e nettarine ai mercati alla produzione o ad alcune strutture private. La disorganizzazione, insomma, è ancora quella di 20 anni fa. l N.11 l APRILE 2015

“Siamo un popolo straordinario ma non siamo capaci di fare sistema, basta vedere cosa sta succedendo a livello fieristico. In questo modo però non andiamo da nessuna parte”, ha commentato Gabriele Ferri, coordinatore del comitato pesche e nettarine all’interno dell’Organizzazione Interprofessionale e direttore commerciale di Naturitalia, una delle due business unit di APO Conerpo. “Il problema - ha spiegato alla platea, costituita in buona parte dai produttori locali - è che il mercato è cambiato radicalmente mentre la produzione non si è aggiornata, continua a FRUITBOOKMAGAZINE


Europech. Prevista per il 2015 un’offerta di pesche, nettarine e percoche stabile in Europa, con una produzione di 3,7 milioni di tonnellate, in linea con lo scorso anno e a +3 per cento sulla media 2009-2013. In aumento le superfici nel nord della Spagna, mentre flettono in Francia e nord Italia. Boom per le pesche piatte, con un +230 per cento rispetto alla media 2009-2013. L’incremento di pesche piatte in Spagna è in atto già da alcuni anni e registra quest’anno un +12 per cento sul 2014. Probabile un ritardo di maturazione di 7-10 giorni in tutte le maggiori aree di produzione.

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EUROPA, PRODUZIONE PER NAZIONE (in tonnellate) SPAGNA

ITALIA 1.554.581

1.537.900

FRANCIA

GRECIA

Font dati: Cso

1.539.555

1.482.256 1.429.026

1.477.540

1.536.410

1.475.630

1.387.946 1.320.301

1.043.720 907.299

886.075 795.453 667.519 613.983

420.100

395.600

356.943 334.300

282.100

2006

2007

lavorare come 20 o 30 anni fa. L’unico cambiamento è che prima si usavano i vagoni ferroviari, ora i camion. Non dobbiamo fare l’errore di dare la colpa dei problemi della peschicoltura nazionale alla GDO o alla Spagna. Il dito lo dobbiamo rivolgere prima di tutto verso di noi. La prima cosa da fare ha dichiarato Ferri - è eliminare la competizione tra partner, che porFRUITBOOKMAGAZINE

723.125

342.400

341.579

647.519

304.200

2005

731.414

729.914

295.159

2008

317.538

269.800

277.300

2009

2010

299.796

310.200

290.000

273.979

330.200 232.000 255.876 226.385

2011

ta via soldi dalle tasche dei produttori. Bisogna smetterla di fare concorrenza a chi sta oltre il fosso, le conseguenze sono disastrose”. Ma come vanno le cose a livello globale? Da una recente ricerca la produzione mondiale di pesche e nettarine, negli ultimi 15 anni, ha avuto un incremento del 50 per cento. Tuttavia in Europa si è avuta una riduzione del 7,4 per cento

2012

2013

2014

e in Italia, che ha il primato produttivo, di oltre il 20 per cento. La crisi del 2014 ha segnato un ulteriore passo al lento declino della peschicoltura con il raggiungimento del prezzo di 0,20 euro al chilo a fronte di un costo di produzione di 0,35-0,45 euro al chilo. Qualcosa quindi non funziona. “Se continua così - ha dichiarato Ferri - nel giro di un paio di anni la Spagna, che l N.11 l APRILE 2015


Siamo un popolo straordinario ma non è nel “nostro dna fare sistema. In questo modo però non andiamo da nessuna parte. Il problema è che il mercato è cambiato radicalmente mentre il sistema produttivo continua a lavorare come venti o trenta anni fa ” Gabriele Ferri (OI Pesche e Nettarine) per la prima volta l’anno scorso ha superato il milione di tonnellate, potrebbe superarci a livello produttivo. Non dimentichiamo che pesche e nettarine sono storicamente la più importante produzione frutticola estiva del nostro Paese, con il 60 per cento circa della produzione lorda vendibile. Non possiamo permetterci di perderla”. Come fare allora per recuperare terreno? Secondo Ferri non ci sono dubbi: bisogna aggregarsi per co-

ordinare la diffusione della specie, definire standard di qualità e applicarli, ricercare varietà nuove rispondenti alle esigenze dei consumatori, regolamentare l’immissione di prodotto sul mercato, incrementare l’export su nuove destinazioni, promuovere i consumi e segmentare l’offerta. “Perché

vendiamo più di quello che si consuma? Non possiamo più permetterci di immettere sul mercato tutto quello che produciamo. Oggi si guadagna di più vendendo di meno, togliendo ad esempio il calibro C dal mercato. Spesso non si tiene conto del fatto che il consumo in Italia di ortofrutta è estremamente rigido, da 10 anni poco sotto gli 8 milioni di tonnellate. Anche in Germania i volumi di acquisto sono piuttosto stabili. A oscillare,

Fragole, lamponi e ciliegie dell’Alto Adige

In Alto Adige le fragole maturano da giugno a fine settembre, i lamponi da giugno a ottobre e le ciliegie da fine giugno a fine agosto. Crescono in montagna e all’aria pura. Per questo hanno un aroma e un sapore più intensi, sono genuini e ricchi di vitamine. www.fragolealtoadige.com

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vivo nei ricordi dei produttori veronesi “e Èdeiancora loro portafogli il fallimento della APO IV zona negli anni ’90. Sarebbe questo il modo in cui funziona l’aggregazione? L’IGP non funziona nemmeno in Emilia-Romagna e lì ai produttori non va molto meglio ” Mario Faccioli (sindaco Villafranca) 64

CONFRONTO EXPORT 2013 PER PAESE (in tonnellate) PAESI

ITALIA

SPAGNA

GERMANIA POLONIA AUSTRIA REGNO UNITO REP. CECA SVIZZERA RUSSIA SVEZIA ROMANIA DANIMARCA SLOVENIA NORVEGIA SLOVACCHIA FRANCIA CROAZIA FINLANDIA UNGHERIA BELGIO PAESI BASSI LETTONIA LIBIA LITUANIA EGITTO MALTA SPAGNA ALTRI ITALIA OLANDA ALGERIA ESTONIA BIELORUSSIA BRASILE ALTRI SPAGNA ITALIA PORTOGALLO

129.849 20.717 20.083 15.497 14.014 11.185 9.747 9.573 8.264 8.244 6.135 5.184 4.942 4.450 3.940 3.244 3.174 2.805 2.570 2.005 1.642 1.612 1.564 1.448 1.011 493

156.852 64.786

TOTALE

56.988 8.285 8.215 64.774 5.594 5.778

4.425 119.222

FRUITBOOKMAGAZINE

La Francia è un mercato dominato dal prodotto spagnolo

32.276 4.330 13.366

40.324 5.817 2.502 8.818 10.388 27.617 64.224 43.078

293.392

Dati ordinati per volumi decrescenti dell’export italiano 2013

Emerge che la Spagna è un paese che esporta maggiormente rispetto all’Italia, sia come quantità esportante sia come numero di paesi nei quali è presente

747.659 l N.11 l APRILE 2015


La produzione spagnola è più competitiva e i dati sono lì a dimostrarlo: la Spagna ha esportato 580 mila tonnellate di pesche e nettarine nel 2010, l’Italia 360 mila. Nel 2014 la Spagna è arrivata a 905 mila tonnellate (+56 per cento in 4 anni), l’Italia è calata a 260 mila (-28 per cento)

anche di molto, sono i prezzi, con il consumatore che è disposto a pagare anche 2,49 euro al chilo per un prodotto di qualità”. Ma quanto è percorribile la strada dell’aggregazione in una regione come il Veneto in cui l’iniziativa privata l’ha sempre fatta da padrone? Oggi la produzione organizzata ha raggiunto il 45 per cento rispetto al 17 per cento di 10 anni fa, secondo i dati rilasciati da Veronica Bertoldo, responsabile ufficio associazionismo agricolo del Dipartimento agricoltura e sviluppo rurale della Regione Veneto. Nel comparto pesche e nettarine però l’aggregazione è oggi solo il 33 per cento. La funzionaria regionale ha quindi esortato i produttori a intraprendere un percorso aggregativo. Il problema però è come fare: quale sarebbe, ha chiesto un operatore presente in sala, l’interlocutore giusto? E poi dove la cooperazione è forte, vedi Emilia-Romagna, non è che le cose vadano molto meglio per i produttori di pesche e nettarine, anzi. L’IGP inoltre è stata un insuccesso anche lì. “È ancora vivo nei ricordi dei produttori veronesi e dei loro portafogli il fallimento dell’APO IV Zona negli anni ’90. Sarebbe questo il modo in cui funziona l’aggregazione?”, ha chiesto provocatoriamente ai relatori Mario Faccioli, sindaco del Comune di Villafranca, interpretando il pensiero di parte della platea. “Qual è il vantaggio di aderire a questi carrozzoni chiamati Organizzazioni di Produttori - ha rincarato la dose l N.11 l APRILE 2015

Faccioli - quando gli intermediari collocano subito il prodotto e garantiscono anche un prezzo?”. La GDO ha abbandonato da tempo la produzione veronese. Anche quella locale: da anni a partire dal mese di maggio, nei vari punti vendita a insegna Famila di Maxi Di, si trovano solo pesche e nettarine spagnole. Potrebbe sembrare

un paradosso, far arrivare da migliaia di chilometri di distanza dei frutti quando gli stessi vengono raccolti anche dietro l’angolo. Eppure è così. La produzione spagnola è più competitiva e i dati sono lì a evidenziarlo: nel 2010 la Spagna esportava 580 mila tonnellate di pesche e nettarine, l’Italia 360 mila; nel 2014 la Spagna è arrivata a 905 mila tonnellate (+56 per cento in 4 anni), l’Italia è scesa a 260

mila tonnellate (-28 per cento in quattro anni), un livello non molto lontano ormai da quello greco. Esportiamo, in sostanza, meno del 20 per cento di quello che produciamo: siamo, per questa specie, dei veri “loser”. La Spagna non solo esporta volumi maggiori, quasi il 90 per cento di quello che produce, ma serve anche un numero maggiore di Paesi.

Per la produzione disorganizzata di Verona, quindi, ci sono ormai solo flebili speranze e presto l’immagine di trattori e furgoncini che nei mesi estivi si dirigono verso il mercato di Bussolengo o Villafranca, con il loro carico di pesche e nettarine appena raccolte, potrebbe diventare solo uno sbiadito ricordo.

FRUITBOOKMAGAZINE

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La tecnologia digitale applicata all’agroalimentare rivoluzionerà il mercato E se arrivasse un’innovazione disruptive come lo è stato Uber per il trasporto pubblico? Alice Capiaghi

Una volta - neanche tanto tempo fa - si faceva la spesa on line: bastava qualche giorno perché il carrello virtuale si trasformasse sulla soglia di casa in buste reali piene di tutti quei prodotti scelti con un click. Se la consegna a domicilio già non era una novità (nei paesi di tutta Italia è sempre bastata una telefonata al supermercato locale per farsi recapitare una cassa d’acqua), la rivoluzione è stata la praticità offerta da internet: ordine impersonale, possibilità di acquistare dai prodotti freschi ai detersivi, consegna all’orario stabilito e pagamento con la carta di credito senza muoversi dal divano. Un modello questo che, tutt’altro che superato, si sta negli ultimissimi anni arricchendo e declinando nelle più differenti possibilità di business. A fare da apripista alle aziende che hanno a che fare con cibo e tecnologia, ci sono stati gli esempi di successo di Cortilia e della app Pizzabo. La prima, nata nel 2011 e con un fatturato che nel 2014 ha superato i 2 milioni di euro, si occupa di consegna a domicilio di FRUITBOOKMAGAZINE

COME MAI ACQUISTO SU CORTILIA.IT

“Siamo all’inizio di un processo di innovazione che sta per esplodere”, ha dichiarato Marco Gualtieri, ideatore del primo salone internazionale dedicato alle aziende e start-up digitali che stanno innovando nella filiera agroalimentare e in quella enogastronomica con ripercussioni importanti sul settore logistico e quello distributivo. Un esempio? Cortilia che sta impazzando a Milano, portando a casa in un click frutta e ortaggi (ma non solo) a filiera corta e kilometro (quasi) zero

ORA VI SPIEGO

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GUARDA IL VIDEO!

prodotti a filiera corta, in particolare la frutta e la verdura ma anche la carne e i formaggi, con un servizio per ora attivo a Milano e in alcune altre città della Lombardia. Immaginiamo già che qualcuno penserà: la solita nicchia che non ha incidenza sul mercato. In realtà il progetto ha grandi ambizioni e un grande potenziale, basti dire che le linee della metropolita-

L’USO DI INTERNET IN ITALIA 2006

70% -

2014 60% 50% -

59%

58%

40% 30% -

32%

20% -

29%

10% 0% mai usato l’internet

uso internet ogni giorno

Fonte: Eurostat l N.11 l APRILE 2015


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na di Milano durante le prime settimane di Expo erano tappezzate di maxi manifesti che promuovevano il servizio. Perché alla fine di un servizio si tratta. E quanto più fatturato riuscirà a sviluppare Cortilia, tanto ne perderanno GDO e normal trade. C’è anche da chiedersi se la distribuzione moderna non sia ormai l’e-commerce piuttosto che i punti vendita fisici delle catene distributive. Ma torniamo a noi. Altro esempio apripista è Pizzabo, ideata a fine 2010 da un ventenne di Matera laureatosi in Scienze di Internet a Bologna e salita agli onori della cronaca qualche mese fa quando la multinazionale tedesca Rocket Internet l’ha acquisita per 5 milioni di euro. Il segreto di tanto successo? La possibilità di ordinare una pizza direttamente dal computer. A fare una carrellata delle più innovative start up di questo settore, è stata la prima edizione dell N.11 l APRILE 2015

Uno dei tanti manifesti di Cortilia nelle stazioni della metropolitana di Milano, durante il mese di maggio. In evidenza una cassetta piena di frutta e ortaggi e grande attenzione all’aspetto “local”.

la fiera Seeds&Chips, organizzata a fine marzo negli spazi del MiCo Milano Congressi. Nell’anno dell’Expo, l’occasione è stata utile per capire come il mondo dell’agroalimentare e dell’enogastronomia si stia approcciando alle più moderne tecnologie, in particolare nella fase di messa sul mercato. Protagonisti di quello che già viene definito il “rinascimento digitale del cibo”, molti neolaureati che in fiera proponevano la propria idea di business. Se il modello più diffuso è quello che si potrebbe riassumere nella formula “cibo di qualità recapitato direttamente a casa”, le sfumature sono molteplici. A cominciare dalla macrodivisione tra

chi consegna anche prodotti deperibili e chi si limita a quelli a lunga conservazione come pasta e conserve, spedendole anche all’estero. Anche la zona di approvvigionamento varia, in base soprattutto alla sede della start up: è così che Primo Taglio, con base a Napoli, spedisce ogni giorno nelle altre regioni d’Italia solo prodotti made in Campania, dalla mozzarella alla pastiera. E nemmeno stupisce come pesto e trofie siano gli alimenti che caratterizzano i pacchi della spezzina Eattiamo. Tuttavia, se la produzione è spesso a chilometri zero o quasi, il raggio di azione commerciale si estende per molti anche oltre i confini nazionali. A partire proprio da Eattiamo che si appoggia a un grossista londinese per recapitare nella City tutto l’occorrente per una FRUITBOOKMAGAZINE


Grazie a internet e social media la conoscenza è disponibile a tutti con proporzioni mai viste prima: la tecnologia è riuscita a creare velocemente le condizioni per garantire la sussistenza dell’intera popolazione. Come ha rilevato di recente il Governo USA, “il cibo è la nuova frontiera della tecnologia”

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cena in perfetto stile ligure. O dalla torinese Fanceat che punta a conquistare il mercato d’oltremanica con i propri kit per due dedicati alla cucina regionale: dai bucatini cacio e pepe e agnello scottadito per la versione laziale, a quello a base di tartufo dedicato alle Langhe. I prezzi? Dai 35 ai 60 euro compresa la spedizione e una bottiglia di vino. Se poi non si ha voglia di mettersi ai fornelli, su Mamau.it si possono trovare cibi pronti e fatti in casa da privati. Una sorta di food sharing economy dove basta scegliere cosa si vuole mangiare tra i piatti disponibili quel giorno, contattare il cuoco e passare a ritirare la cena all’indirizzo fornito. Anche Outdoors Safe Food propone piatti pronti, ma con una filosofia che vuole rendere più facile il pasto fuori casa di celiaci, allergici e intolleranti alimentari. Piccoli box da comprare al bar, al ristorante o in mensa con cibi sani, gustosi e soprattutto adatti a chi deve seguire una dieta particolare. Ha un approccio diverso My Foody (sì, si chiama come la mascotte di Expo creata dalla Disney), start up che permette di trovare su una mappa on line i negozi di alimentari e i supermercati della zona con prodotti in offerta perché in scadenza, in eccesso o con difetti estetici o di confezionamento. A questo punto basta riempire e pagare la spesa tramite un carrello virtuale, per poi passare a ritirare i propri acquisti direttamente al punto vendita indicato. FRUITBOOKMAGAZINE

Un altro aspetto della New Food Economy riguarda la possibilità tecnologica di acquisire informazioni sul prodotto all’atto di acquisto. Proprio a questo scopo It For Italy si sta dedicando alla creazione di un vero e proprio database che permetta al consumatore di individuare, direttamente davanti allo scaffale del supermercato, la provenienza italiana di un articolo in vendita. Come? Scaricando l’apposita applicazione e scannerizzando con lo smart phone il codice a barre. Esplora un campo simile Viveat che propone di inserire su ogni bottiglia di vino un micro chip NFC che permetta al cliente finale di conoscere, tramite il proprio telefonino, le specifiche tecniche, di produzione e i possibili abbinamenti in cucina; e al contempo renda possibile per il produttore tracciare la distribuzione del prodotto e acquisire dati sulle caratteristiche dell’acquirente. Allo stato dell’arte New Food Economy non è quindi solo sinonimo di consegna a domicilio, ma vuole anche dire accorciare la filiera creando un contatto diretto tra produttore e consumatore. Inoltre dà la possibilità di fornire in modo veloce e semplice tutta una serie di informazioni aggiuntive a quelle già contenute in etichetta. Una serie di opportunità che cambieranno il mercato come oggi siamo abituati a conoscerlo e che sempre più condizioneranno il modo di fare la spesa di una larga fetta di popolazione.

Si è tenuta a fine marzo negli spazi del MiCo - Milano Congressi la prima edizione di Seeds&Chips, il primo salone internazionale dedicato esclusivamente alle aziende e start-up digitali che stanno innovando la filiera agroalimentare ed enogastronomica. “Le potenzialità delle tecnologie digitali applicate al settore agroalimentare e a quello distributivo sono ancora ampiamente inespresse ma avranno nel giro di pochi anni un impatto disruptive, in grado di rivoluzionare il mercato”, ha detto l’ideatore della manifestazione, Marco Gualtieri, durante la conferenza di apertura.

l N.11 l APRILE 2015


Con i po

m

od

ori s

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Cos’è il pomodoro sostenibile È molto di più di un buon pomodoro: è il frutto più innovativo dell’orticoltura italiana, prodotto secondo il sistema di pro oduzione Sinergie, che coniuga qualità delle produzioni con re esponsabilità sociale, sostenibilità economica, s attenzione alla salute e all’ambiente. È un prodotto sano e gustoso che soddisfa le esigenze di tutti, anche quelle dei consumatori più attenti.

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I partners di Sinergie in Sicilia 2014/2015: Agricoop Pachinese - Citrosol - Colle d’Oro - Consorzio Fonteverde - Gaia - il Vivaio - Libretti Piano Stella - Moncada - Sghaiyar Hechmi - Sicilyegin - Tre C - SATA - Siriac - Syngenta



Oltre il biologico la nuova frontiera è la biodiversità Quando l’agricoltura non uccide il terreno Franceca Lorandi

Foto: Mara Zanato

Sempre più il valore di un prodotto viene dato anche dall’ambiente in cui viene raccolto. Diventa allora cruciale la biodiversità che un territorio può esprimere e l’Italia, in questo, ha un grande vantaggio: è il Paese con la maggiore biodiversità in Europa. Un patrimonio che bisogna valorizzare, anche perché i consumatori sono sempre più attenti a questo tema. Ci si è accorti di una cosa straordinaria: usando meno chimica non solo si ha un risparmio ma si produce anche meglio Se il radicchio rosso di Treviso venisse prodotto in Campania, avrebbe lo stesso valore? Domanda retorica, che pone l’accento sull’importanza non solo della qualità di un prodotto, ma anche del territorio nel quale quel prodotto cresce. È il concetto alla base della “biodiversità”, alla cui valorizzazione stanno lavorando le politiche agricole più lungimiranti a livello mondiale, europeo e nazionale. Proprio per il decennio in corso la Commissione Europea prevede una particolare “strategia per proteggere e migliorare lo stato della biodiversità in Europa”, intendendo la biodiversità come “assicurazione sulla vita” e “capitale umano”. L’Italia ha un invidiabile record in Europa: è il territorio con la biodiversità più elevata. Sono circa 60 mila le specie animali censite dagli zoologi nella Fauna d’Italia e circa 10 mila quelle appartenenti agli altri regni dei viventi (protisti, funghi, licheni e vegetali). Questo eccezionale patrimonio biologico, tuttavia, è sottoposto a varie forme di minaccia riferibili soprattutto ad una gestione del

territorio poco attenta al mantenimento dei cicli biogeochimici. Anche l’agricoltura, in particolare nelle sue forme più intensive, non si è sottratta a questa tendenza, contribuendo in maniera determinante alla trasformazione e alla riduzione della diversità biologica del territorio. Il largo uso di agrofarmaci e la semplificazione del paesaggio rappresentano i punti più critici dell’agricoltura convenzionale. Un’agricoltura che si definisce sostenibile dovrebbe, invece, garantire nel contempo livelli accettabili di reddito aziendale e mantenimento della qualità ambientale dell’agrosistema. In questa ottica, la tutela di contesti naturali come boschi e prati aridi, alternati ad aree coltivate, favorisce la formazione di un mosaico di habitat che garantisce l’equilibrio idrogeologico del territorio e la conservazione di specie autoctone che possono essere di grande importanza per gli ambienti coltivati. La ricchezza che contraddistingue il paesaggio italiano potrebbe tuttavia conferire al Paese il ruolo di “capofila” nel lungo percorso che FRUITBOOKMAGAZINE

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Un nido per insetti su un albero. Un sistema usato, come i tronchi e le siepi per favorire e preservare la biodiversità. Come ci ha riferito il responsabile tecnico di OPO Veneto Federico Nadaletto, “non esistono insetti buoni e insetti dannosi, ma solo insetti”. Sulla stessa linea il presidente del Consorzio di Tutela del Radicchio Rosso di Treviso, Paolo Manzan: “Ci siamo accorti che adottando delle tecniche di difesa naturale si rispetta l’ambiente, si riducono i costi e migliora anche la qualità dei prodotti”.

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porta verso la valorizzazione e quindi la tutela della biodiversità. “Questo privilegio dell’Italia si riflette nelle diverse produzioni agricole del mondo agroalimentare: ma il prodotto di qualità deve avere intorno un ambiente altrettanto di qualità, quindi la tutela della vita negli ambienti naturali diventa una strategia prioritaria, direi quasi una scelta obbligata”, sottolinea Cesare Bellò, consigliere delegato di OPO Veneto, organizzazione di produttori specializzata nella gamma radicchi e in altri ortaggi. Il rischio, se si aspetta ancora del tempo, è di arrivare troppo tardi: l’inquinamento e l’eccessivo sfruttamento dei principali ambienti naturali (suolo, acqua e aria) hanno ridotto la quantità di specie animali e vegetali, mettendo a rischio la sopravvivenza di tutte le forme di vita. Tuttavia negli ultimi anni si è risvegliata una certa sensibilità su questo tema; da parte dei produttori e anche da parte dei consumatori. “L’ambiente di qualità è un elemento che condiziona l’acquisto spiega Bellò - e il consumatore se lo aspetta, in particolare quello estero. Soprattutto dal Nord Europa ci vengono richieste informazioni che vanno oltre le semplici caratteristiche organolettiche del prodotto: vogliono conoscerne l’identità a 360 gradi. Purtroppo aggiunge il rappresentante di OPO Veneto - spesso i consumatori stranieri confondono il biologico con la biodiversità, che si riferisce non solo al prodotto ma all’amFRUITBOOKMAGAZINE

biente nel quale esso cresce, determinandone le caratteristiche nutrizionali e salutistiche. E l’Italia è privilegiata in questo: pensiamo al fascino esercitato dai nostri paesaggi naturali dai quali nascono prodotti unici”. Nel mondo agricolo sta fortemente crescendo questa sensibilità che risponde alle richieste del consumatore moderno. Si produce rispettando il naturale equilibrio dell’ambiente e, alla lunga, questo comportamento “virtuoso” genera migliori performance economiche per le aziende. Perché un ambiente sano e in equilibrio consente di produrre di più e meglio e di ridurre sensibilmente l’uso di agrofarmaci. Biodiversity Friends. Negli ultimi anni si è avvertita la necessità di rendere “calcolabile” la biodiversità di un ambiente. “Nel 2009 abbiamo iniziato a lavorare e collaborare con OPO Veneto per la creazione di un protocollo che impegnasse gli agricoltori verso una maggiore attenzione per l’ambiente e quindi per il prodotto”, spiega Gianfranco Caoduro della World Biodiversity Association Onlus (WBA), che ha sede a Verona. “I produttori devono rendersi conto di essere i custodi del territorio, consapevoli che la produzione può andare di pari passo con la conservazione dell’ambiente”, sottolinea Caoduro. È nata da queste premesse Biodiversity Friend, la prima certificazione che valuta la conservazione della biodiversità in agricoltura. Si tratta di uno stan-

dard rivolto ad aziende agricole, singole o associate, che si impegnano per la conservazione e l’incremento della diversità biologica. Il protocollo si basa sulla valutazione di dodici azioni: metodi di controllo delle avversità biotiche; metodi di ripristino della fertilità dei suoli; gestione delle risorse idriche; presenza di siepi e/o boschi; presenza di specie vegetali nettarifere; conservazione della biodiversità agraria; qualità dei suoli; qualità delle acque superficiali; qualità dell’aria; utilizzo di fonti energetiche rinnovabili; tecniche produttive a basso impatto; altre azioni che possono avere benefici effetti sulla biodiversità. La valutazione della qualità ambientale dell’agrosistema avviene rilevando la presenza di particolari organismi, definiti indicatori biologici, in quanto presentano una elevata sensibilità verso gli inquinanti, una larga diffusione sul territorio, una scarsa mobilità e capacità di accumulare sostanze inquinanti nei loro tessuti. Un punteggio minimo di 60/100 consente di accedere alla certificazione, ma l’obiettivo finale è quello di avvicinarsi quanto più possibile ad un punteggio pieno di 100/100. “Niente carte, scaviamo nella terra”. Biodiversity Friend è una certificazione caratterizzata da un approccio che né in Italia né all’estero è presente, come sottolinea Maria Chiara Ferrarese, responsabile del settore Progettazione & Innovazione di CSQA Certificaziol N.11 l APRILE 2015


Il prodotto di qualità deve avere intorno un am“biente altrettanto di qualità, quindi la tutela della vita negli ambienti naturali diventa una strategia prioritaria, direi quasi una scelta obbligata. Il consumatore è sempre più sensibile su questo tema, soprattutto all’estero ” Cesare Bellò (OPO Veneto) 73

I radicchi, gli asparagi e altri ortaggi veneti sono i protagonisti del Cartoon Biodiversity Friends - Amici della Biodiversità, che ha vinto il primo premio al Mediastars di Milano, uno dei più prestigiosi riconoscimenti nazionali. Al cortometraggio ha collaborato anche OPO Veneto.

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FRIENDS SPIEGATO BIODIVERSITY

sità. E se la qualità di aria, acqua e suolo è buona, ne trae vantaggio anche chi abita in quel territorio”. Al momento sono venticinque le aziende certificate, e all’elenco se ne aggiungeranno altre quattro entro l’estate. “Tra queste - ricorda Caoduro - c’è anche l’azienda vitivinicola del calciatore Andrea Pirlo, che si trova nel Bresciano. Tra le imprese produttrici di vini c’è una maggiore attenzione verso il tema della biodiversità: esportando all’estero, in particolare in Nord Europa e negli Stati Uniti, sono chiamate a rispondere alle esigenze di consumatori più attenti a questo aspetto”. Perché se il mercato chiede, le aziende devono rispondere. Anche la grande distribuzione organizzata. Un esem-

IN UN CARTOON

ni, l’ente al quale Wba si è rivolta per la realizzazione del protocollo. “Noi verifichiamo la qualità della vita presente in un territorio senza troppa burocrazia: scaviamo nella terra, misuriamo, abbiamo in mano numeri concreti. Non cerchiamo carte, non facciamo valutazioni teoriche. Ovviamente - aggiunge Ferrarese - arrivano maggiori richieste di certificazioni da parte di quelle realtà che già hanno una predisposizione o una consapevolezza dell’importanza di questo tema. Si sta tuttavia sviluppando un approccio territoriale - continua - che consiste nella volontà di comunicare anche alla collettività un messaggio importante: l’agricoltura non uccide il terreno ma preserva la biodiver-

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FRUITBOOKMAGAZINE


Si registra un incremento di spesa nella fascia “molto alta o a valore aggiunto ambientale, equosolidale e biologico. Il consumatore è sempre più attento e consapevole. I cambiamenti in atto non sono transitori ma rivelano un totale mutamento di paradigma ” Claudio Mazzini (Coop Italia) 74

pio arriva da Coop, che da qualche tempo ha intrapreso un percorso di valorizzazione della biodiversità. “Coop, in coerenza con la propria carta dei valori, attua da sempre politiche ed azioni mirate alla tutela dell’ambiente, degli ecosistemi, della biodiversità”, conferma Maura Latini, direttore generale di Coop Italia. “Tutelare non vuol dire solo proteggere e mantenere un bene per le generazioni future - sottolinea - ma anche valorizzarlo in modo sostenibile così da essere occasione di sviluppo per le popolazioni che lo preservano. Coop svolge un ruolo molto importante sia dal lato del consumatore con adeguate campagne informative, sia dal lato dei produttori o dei trasformatori dei prodotti, privilegiando sistemi e modelli sostenibili. In quest’ottica, il nostro impegno riguarda diversi aspetti della biodiversità: dalla promozione di modelli produttivi quali il biologico e l’agricoltura integrata, che consumano meno risorse naturali ed energetiche e hanno un impatto ridotto sugli habitat naturali, alla pesca sostenibile, all’allevamento e recupero di razze tipiche, alle certificazioni ambientali dei propri prodotti a marchio (FSC, Ecolabel). Inoltre, per i prodotti a marchio Coop, sono impiegate materie prime esclusivamente non Ogm, così come per l’alimentazione degli animali destinati alle filiere Coop”. E la risposta dei consumatori sembra essere positiva: “Mostrano una crescente sensibilità verso il tema biodiversità FRUITBOOKMAGAZINE

Cesare Bellò (a sinistra) e Francesco Arrigoni, rispettivamente vicepresidente e responsabile produzioni di OPO Veneto, da anni impegnata nello sviluppo di tecniche produttive a tutela della biodiversità

ammette Latini - come dimostra il costante sviluppo negli anni dei nostri prodotti biologici ed ecologici, e la nostra esperienza ci insegna che è possibile coniugare la tutela dell’ambiente con la convenienza per il consumatore, oggi sempre più importante”. Sull’atteggiamento dei consumatori Claudio Mazzini, responsabile sostenibilità innovazione e valori di Coop Italia e da poche settimane responsabile nazionale filiera ortofrutta, aggiunge: “Se un tempo gli acquisti si concentravano prevalentemente sui prodotti di fascia media e di marca, oggi la

situazione vede prevalere, per larga parte, acquisti in una fascia bassa di prezzo e di qualità, mentre si registra contestualmente anche un incremento di spesa nella fascia molto alta o a valore aggiunto ambientale, equosolidale, biologico. È una testimonianza dell’emergere di un consumatore attento e consapevole, che non guarda al prezzo ma ai fattori di valore di un prodotto. Dobbiamo essere consapevoli - aggiunge Mazzini - analizzando la situazione, che i mutamenti in atto non costituiscono solo gli aspetti transitori di un ciclo economico normale, bensì rivelano un totale mutamento di paradigma”.

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«La quarta gamma di frutta funziona se hai la gestione diretta della materia prima» La nostra intervista a Carlo Spreafico presso lo stabilimento di Dolzago (Lecco) Eugenio Felice

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Si può crescere di oltre 150 milioni di euro di fatturato in 10 anni, partendo da una base di poco sopra i 110 milioni? A quanto pare c’è stata una sola azienda in Italia ad avere una simile performance: la Spreafico Francesco & F.lli Spa. La chiave del successo? Fornire ai clienti la gamma completa di frutta e ortaggi, anche di importazione, con forniture costanti nella quantità e soprattutto nella qualità. Poi c’è l’innovazione, come Vitamia. Ce lo spiega Carlo Spreafico Lo abbiamo conosciuto quando ancora stavamo studiando sui libri del liceo. Persona franca e concreta, dai modi gentili, non ci ha mai fatto mancare un sorriso, un saluto, uno scambio di idee. In ogni occasione, che fosse un incontro a Milano sulla Pera dell’Emilia Romagna IGP quando ancora il riconoscimento comunitario faceva sperare in qualcosa di più di un semplice contributo pubblico o una serata di gala a Berlino quando ancora i cileni organizzavano eventi grandiosi ed esclusivi in un’Europa che doveva ancora conoscere la crisi. Carlo Spreafico, classe 1940, è sicuramente tra i più grandi imprenditori ortofrutticoli ancora in attività che l’Italia abbia espresso nel secondo dopoguerra. È con i fratelli Francesco e Ferdinando che ha iniziato l’attività che, con il successivo inserimento della seconda generazione, composta da Raffaele, Simone, Mauro, Cesare e Giovanni, ha portato a sviluppare nel 2014 un fatturato di 247 milioni di euro. Un’attività che comprende tutto, dalla produzione diretta in Italia e in Cile fino alla FRUITBOOKMAGAZINE

distribuzione ai diversi canali, sul mercato interno e su quelli esteri. “La mia famiglia produceva ortaggi. Ho iniziato a fare il venditore ambulante nel 1956. Avevo 16 anni e quindi necessitavo di un autista, Gino, che prendeva 33 mila lire al mese”, ci racconta Carlo Spreafico, che abbiamo incontrato presso il magazzino di Dolzago (Lecco), fresco di ampliamento, dove tutto ebbe origine. “Siamo partiti con un furgoncino, poi l’attività è cresciuta in fretta, è aumentato il raggio di azione e ci siamo specializzati nella vendita all’ingrosso, consegnando direttamente ai fruttivendoli. Qualche anno più tardi, era il 1963, io e i miei fratelli abbiamo deciso di fare il grande passo, aprendo il nostro primo magazzino di conservazione e commercializzazione. Io e Nando ci occupavamo della vendita, Francesco andava a comprare il prodotto prima negli ortomercati, poi direttamente dai produttori, in diverse

“Ho iniziato a fare il venditore ambulante nel 1956. Avevo 16 anni e necessitavo di un autista, Gino, che prendeva 33 mila lire al mese. Siamo partiti con un furgone, poi l’attività è cresciuta in fretta. Nel 1963 io e i miei fratelli abbiamo aperto il nostro primo magazzino” Carlo Spreafico

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Foto: NextVideoProduction.com

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Carlo Spreafico è nato il 10 novembre del 1940 da una famiglia di agricoltori. Ha iniziato a lavorare a 16 anni come venditore ambulante per poi aprire un magazzino nel 1963 assieme ai fratelli maggiori Francesco - scomparso nel 2014 - e Ferdinando. È padre di tre figli: Daniela, Simone e Valeria.

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zone del nord Italia. Ci siamo resi conto infatti dell’importanza di avere un controllo diretto sugli approvvigionamenti”. È così che Carlo Spreafico si trasferisce in Emilia per seguire la produzione delle fragole. “Le vendevamo sul Lago di Como - ci confessa - dove era elevato il flusso turistico degli americani che non si facevano mai mancare le fragole con la panna. Il problema era proprio trovare il prodotto nella quantità di cui avevamo bisogno. Così abbiamo deciso di produrcele da

soli, acquistando un’azienda agricola e realizzando un magazzino di lavorazione e conservazione a Sala Bolognese. Era il 1971”. Da quel momento in poi l’azienda si sviluppa in modo considerevole, aumentando le zone di produzione e ampliando i due stabilimenti, cui si aggiunge nel 1991 quello di Santa Maria in Codifiume (Ferrara) e nel 1996 nuovi investimenti interessano l’area di Latina. Siamo all’inizio del nuovo millennio e i figli dei fondatori iniziano a dare nuovo slancio all’attività aziendaFRUITBOOKMAGAZINE


Nella foto a lato Carlo Spreafico nella sala riunioni della nuova ala uffici dello stabilimento di Dolzago (Lecco) dove ebbe inizio l’attività 52 anni fa. Fuori camion che vanno e vengono, con il loro carico di frutta, molti dei quali con la nuova immagine delle pere Angélys, che non è semplicemente una varietà club che produce in Italia esclusivamente la Spreafico ma è anche una delle pochissime innovazioni in termini varietali nel settore pericolo che abbia visto l’Europa negli ultimi 30 anni.

Spreafico Francesco e F.lli Spa: evoluzione del fatturato (bilanci chiusi al 30 giugno)

50.000.000

247.000.000

204.000.000

185.000.000

163.000.000

152.000.000

100.000.000

130.000.000

150.000.000

160.000.000

200.000.000

241.000.000

250.000.000

270.000.000

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300.000.000

113.000.000

78

0 (dati in euro) 2006

2007 2008 2009

Fonte: Fruitbook

le, che accelera sull’importazione. Dal 2009 si affianca un nuovo magazzino per la maturazione delle banane a Livorno. L’importazione, i Mercati all’ingrosso e il Cile. La seconda generazione ha portato principalmente due grandi novità. Da una parte l’apertura di punti diretti di distribuzione all’interno dei Mercati all’ingrosso di Milano, Verona e Bologna. Dall’altra l’inizio dell’attività di importazione di ogni prodotto ortofrutticolo, comprese le banane e l’esotico, così da poter garanFRUITBOOKMAGAZINE

2010

2011 2012 2013 2014 2015 dato previsionale

*

tire ai clienti ampiezza di gamma, continuità di fornitura e costanza nella qualità. Nell’ambito di questo sviluppo internazionale un passo importante è stato l’acquisto dell’azienda agricola Santa Sofia in Cile, nel 2005. “Abbiamo rapporti di lunga data con il Cile”, ci spiega Carlo Spreafico. “Con il passare degli anni però il mercato è diventato più esigente, anche in termini di certificazioni, e capitava sempre più spesso di non riuscire a trovare il prodotto che volevamo. È così che abbiamo deciso, dieci anni fa, di investire diretta-

mente nella produzione acquistando dei terreni vicino a Curicó, 200 kilometri a sud della capitale Santiago”. “Le terre sono fantastiche - aggiunge - il clima da favola, crescono dei frutti straordinari, grazie anche allo sbalzo termico tra il giorno e la notte. Abbiamo preso la nostra esperienza di produttori in Italia e la abbiamo portata in Cile, adattandola ovviamente al mutato contesto. Abbiamo asfaltato strade, realizzato da zero gli impianti di irrigazione, costruito un nuovo magazzino, regalato alla comunità locale un campo sportivo. La nota dolente è la manodopera, che è piuttosto inaffidabile: per un euro in più vanno a lavorare da un’altra parte. Oggi abbiamo 180 ettari che producono ciliegie, susine, mele, pere e kiwi in controstagione. Siamo a 4 mila tonnellate di prodotto esportabile a campagna ma dovremmo arrivare presto a 6 mila. L’ufficio commerciale è in loco, con un nostro collaboratore italiano a presidio e in grado di esportare direttamente in tutto il mondo”. Angélys e Vitamia. “Da quando è nata - continua Carlo Spreafico l’azienda ha sempre avuto lo spirito di innovazione ben marcato, con una forte integrazione verticale nel suo dna”. E questa strategia ha dato i suoi frutti: nel 2006 il fatturato è stato di 113 milioni di euro; nel 2014, quindi otto anni più tardi, era già più che raddoppiato a quasi 250 milioni di euro. l N.11 l APRILE 2015


La seconda generazione ha portato due grandi “novità: l’apertura di punti diretti di distribuzione all’interno di alcuni Mercati all’ingrosso e l’attività di importazione di ogni prodotto ortofrutticolo, comprese le banane e l’esotico, così da dare ai clienti il servizio più completo ” Carlo Spreafico 79

Solàr è il marchio alto di gamma della Spreafico. Il kiwi è diventato negli ultimi anni uno degli articoli di maggiore importanza, con volumi commercializzati del solo prodotto italiano attorno alle 30 mila tonnellate, di cui il 15 per cento biologico. Nell’altra foto dei mango via aerea al giusto grado di maturazione confezionati nel magazzino di Dolzago in un apposito guscio plastico che lo protegge da urti e manipolazioni.

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Le novità più recenti si chiamano Angélys e Vitamia. “Anche queste - precisa - si devono alla seconda generazione, in particolare a mio figlio Simone e a mio nipote Raffaele”. Angélys è una pera club dolce, succosa e aromatica, prodotta e commercializzata in Italia in esclusiva da Spreafico da dicembre a maggio. I volumi della campagna appena conclusa si sono attestati a 4 mila tonnellate. Le vendite sono state accompagnate da un’importante attività di comunicazione, on e off line. C’è poi il progetto forse più ambizioso, quello di

affermare in Italia la quarta gamma di frutta, come già succede in altri Paesi esteri, a partire dal Regno Unito. Per questo è stato lanciato il nuovo marchio Vitamia, presentato per la prima volta all’ultima edizione di Macfrut e presente già in diversi punti vendita del centro e nord Italia. “Un laboratorio di prodotti e di idee, per creare risposte nuove alle esigenze più evolute dei consumatori”, ci dice Carlo Spreafico. “Diamo un servizio a elevato valore aggiunto, anche per uscire dalle logiche di prezzo. La grande distribuzione nazionale ha reagito bene per due motivi: la capacità di gestione della materia prima e il servizio che siamo in FRUITBOOKMAGAZINE


è un laboratorio di prodotti e di idee “perVitamia creare risposte nuove alle esigenze più evolute dei consumatori. Serviamo diverse piattaforme distributive e stiamo testando la consegna diretta ai pdv. Il nostro vantaggio competitivo è la gestione diretta della materia prima ” Carlo Spreafico 80

grado di offrire. Utilizziamo frutta con standard qualitativi molto alti, facendo una lavorazione semi artigianale. Facciamo le forniture alle piattaforme della GDO ma stiamo testando anche la consegna diretta ai singoli punti vendita. La shelf life è di cinque giorni più uno, le referenze sono una ventina anche se quelle che vanno per la maggiore sono quelle che danno più servizio: ananas, melograno, esotico”. La palazzina uffici della sede di Dolzago, 50 kilometri a nord di Milano, è appena stata ultimata. Moderna e di impatto. È bello vedere che in un’Italia che soffre, con capannoni abbandonati e aziende che saltano, ci siano anche realtà in controtendenza, in un settore che tutto sommato sa ancora regalare soddisfazioni. Il magazzino di Dolzago, aperto nel 1963 e oggetto di diversi ampliamenti, occupa oggi una superficie coperta di 15 mila metri quadrati. Sembra un suk, tante sono le persone di diverse nazionalità che vi operano e i tipi di frutta e ortaggi presenti, nei più disparati imballaggi e di tutte le origini. Si possono scorgere ancora i segni del terribile incendio del primo gennaio 2012, che si portò via i due terzi del magazzino. “È stato un momento difficile - ricorda Carlo Spreafico - ma il giorno seguente siamo riusciti comunque a evadere tutti gli ordini, grazie anche agli altri nostri magazzini del nord Italia. Abbiamo dimostrato la forza della nostra azienda”. FRUITBOOKMAGAZINE

Una vaschetta di melograno pronto al consumo, fotografato all’ultima edizione di Fruit Logistica. È una delle referenze che va per la maggiore grazie all’alto contenuto di servizio.

Passiamo la sala di lavorazione e confezionamento, le celle di maturazione banane, tra centinaia di pedane e carrelli che si muovono veloci. Superiamo la camera bianca dove si prepara la quarta gamma di frutta e no, non possiamo entrare perché potremmo contaminare i prodotti. Camminiamo ancora, dirigendoci verso la parte più lontana del magazzino. Carlo fa

un cenno di saluto a Nando, il fratello maggiore che si occupa ancora, a quasi ottant’anni, della vendita all’ingrosso. Passiamo una tettoia e finalmente ci siamo, quasi in un viaggio a ritroso nel tempo, nel luogo in cui tutto ebbe origine, 52 anni fa. Carlo si ferma e ci indica, con un movimento del braccio, due piccoli locali dal soffitto basso, adibiti oggi a celle di stoccaggio veloce. La nostra visita è finita. Ne ha fatta, di strada, la Spreafico.

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HillFresh investe in Italia puntando all’alto di gamma Un segnale positivo per l’Italia Eugenio Felice

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“Gli esperti del gusto” si sono stabiliti a Verona dallo scorso novembre con uffici, un magazzino di 14 mila metri quadrati e da metà febbraio con un posteggio all’interno di Veronamercato. La nuova sede, guidata da un uomo di grande esperienza, Moreno Bonfatti, sta finalizzando accordi strategici con la distribuzione moderna nazionale e con i più qualificati produttori italiani che possono così avere nuovi sbocchi grazie alla rete internazionale del colosso olandese I bar dei Mercati all’ingrosso sono affascinanti. Soprattutto quelli delle strutture più importanti, come è il caso di Veronamercato. A maggior ragione se il bar è uno solo. Puoi trovare di tutto, dal camionista bulgaro coi sandali al manager in giacca e cravatta che discute a Bruxelles dei massimi sistemi. E in mezzo ci sta un mondo, pieno di vita, quella vera, e molto più in forma di quello che solitamente descrivono i vari organi di stampa. È così che, in una mattina qualunque di inizio maggio ci siamo trovati casualmente a bere un caffè gomito a gomito con il presidente di Freshfel (European Fresh Produce Association), Luc Clerx, che a sua volta era accanto a Moreno Bonfatti, manager con una grande esperienza nel settore ortofrutticolo. Ma cosa ci faceva l’ex general manager di Zespri Europe a Verona? Il motivo è che uno dei maggiori operatori olandesi ha scelto la città scaligera per insediare la propria sede italiana. Parliamo della HillFresh di Barendrecht, località arcinota per essere la sede dei più importanti gruppi olandesi FRUITBOOKMAGAZINE

operanti nel settore ortofrutticolo, come The Greenery, Hispa Fruit, Van der Staay e Olympic Fruit. Non è una scelta casuale: Verona è uno snodo logistico fondamentale, sia per il centro-nord Europa che per i Paesi dell’Est, sede di gruppi importanti come Univeg Trade Italia, Eurogroup Italia, Bellafrut e Villafrut, così come di catene distributive come Eurospin, Lidl, Maxi Di, Tosano, Migross, Rossetto e Martinelli. Inoltre Verona è assieme a Bari la prima provincia italiana per produzione di frutta e verdura. HillFresh Italy si è insediata lo scorso novembre con gli uffici e, grazie a un accordo di collaborazione con OSA, storica azienda scaligera, può usufruire di un magazzino da 14 mila metri quadrati, dedito al confezionamento, allo stoccaggio e alla logistica, in zona industriale - quel viale del Lavoro dove si trova anche VeronaFiere e dove si trovava lo storico Mercato

La foto qui sopra è stata scattata a metà maggio in una cella del magazzino OSA / HillFresh a Verona e ritrae una delle ultime padelle di kiwi prodotto in Italia ancora in commercio. Dai primi giorni di giugno arriverà il prodotto in controstagione del Cile, di cui HillFresh prevede di collocare in Italia circa 1.000 tonnellate di qualità premium tra GDO e Mercati all’ingrosso. Il kiwi è uno degli articoli di punta del gruppo olandese, assieme all’uva da tavola, ai meloni e agli agrumi.

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Ortofrutticolo - con una capacità frigorifera di 2 mila pallet e diverse macchine per il confezionamento dei prodotti. Successivamente, a metà febbraio, ha preso un posteggio all’interno di Veronamercato, il maggiore e più moderno centro agroalimentare del Veneto. E così si spiega la presenza dei manager di HillFresh al Mercato. L’apertura in Italia segue quella in Spagna del 2010 e quella in Francia del 2013. In tal modo il gruppo olandese, di proprietà della famiglia van den Heuvel, si è assicurato una presenza diretta nei maggiori Paesi produttori europei. l N.11 l APRILE 2015

Non si punta ai volumi ma alla qualità. Qual è il business di HillFresh Italy? Lo abbiamo chiesto al business manager Moreno Bonfatti, che pochi mesi fa ha accettato con grande entusiasmo il nuovo incarico. “HillFresh - ci spiega - è un gruppo internazionale con fatturato nell’ordine dei 200 milioni di euro e una forte specializzazione sulla frutta, compresa quella di importazione e quella esotica. La nuova sede italiana ha una duplice funzione: da una parte rifornire il mercato italiano con la frutta di importazione in controstagione, dall’altra rifornire tutti i mercati FRUITBOOKMAGAZINE


i prodotti più importanti per il gruppo c’è “il Tra kiwi, di origine Nuova Zelanda, Cile e Italia. Da inizio giugno arriveranno le prime partite di prodotto cileno. Altri articoli importanti sono l’uva da tavola e i meloni. Infine gli agrumi, su cui l’Italia non è abbastanza competitiva ” Moreno Bonfatti 84

dove è presente HillFresh con il prodotto italiano che noi andiamo a selezionare. La nostra missione è offrire ai clienti prodotti che si distinguono per il gusto, infatti il nostro brand è The expert in taste / L’esperto del gusto. Non puntiamo ai grandi volumi, chiediamo ai produttori solo la qualità più elevata, in termini di grado brix, gusto, consistenza, sicurezza alimentare e servizio. Ci proponiamo quindi ai nostri clienti, che in Italia sono sia le catene distributive che i Mercati all’ingrosso, per coprire la fascia premium del mercato. “Tra i prodotti più importanti per il gruppo - continua Bonfatti - c’è il kiwi, di origine Nuova Zelanda, Cile e Italia. Nel nostro Paese abbiamo stretto accordi che interessano un’area di oltre 600 ettari con produttori di diverse regioni italiane, con un’attenzione particolare all’area di Latina. A inizio giugno avremo i primi carichi provenienti dal Cile. Altri prodotti importanti sono l’uva da tavola, di cui HillFresh è il maggiore esportatore dell’Emisfero Sud. Gli accordi in questo caso li abbiamo presi con selezionati produttori pugliesi e le prime spedizioni partiranno a inizio luglio. Ci sono poi i meloni, di cui HillFresh tratta già sei diverse provenienze e da quest’anno andrà ad aggiungersi anche l’Italia. A seguire ci sono gli agrumi, molto importanti per il gruppo, ma su cui l’Italia non è abbastanza competitiva, almeno per gli standard di HillFresh”. FRUITBOOKMAGAZINE

Da sinistra: Moreno Bonfatti, business manager di HillFresh Italy, e Noris Adami, responsabile del posteggio numero 43 di Veronamercato, dove l’azienda si è insediata lo scorso febbraio

“Il gruppo, come dicevo, tratta comunque tutta la gamma della frutta, compresa quella esotica e alcuni ortaggi del nord Europa nella stagione invernale”, aggiunge il business manager di HillFresh Italy. “Con la nuova sede italiana si intende anche dare nuove opportunità alla produzione nazionale, grazie alla radicata presenza del gruppo in diversi Paesi europei, in particolare Scandinavia, Germania, Austria e il primo Est Europa. Nuove opportunità che si schiuderanno anche per la produzione di Verona: abbiamo stretto degli accordi con una ventina di produtto-

ri che ci forniranno numerosi articoli, soprattutto ortaggi, come zucchine, melanzane, peperoni, insalate, radicchi, cetrioli, fagiolini, pomodori, asparagi e fragole”. E la presenza a Veronamercato è così rilevante? “La abbiamo voluta fortemente - ci spiega Luc Clerx, quasi sorpreso dalla nostra domanda, mentre alcuni operai sistemano il nuovo ufficio - perché riteniamo indispensabile avere un rapporto diretto e costante con il mercato, per vedere tendenze e prezzi, per restare, in buona sostanza, in contatto con la realtà”. Una scelta condivisa peraltro da diversi grandi gruppi, come Spreafico, Dole, Battaglio, Fruttital e altri.

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Africa, continente delle opportunità: c’è business, crescita e popolazione Uno sguardo sul più promettente mercato del domani Eugenio Felice

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Ci sono alcuni Paesi nel continente nero che hanno già un reddito pro capite superiore a quello della Russia e della Turchia. La popolazione sarà di oltre 2 miliardi di persone nel 2050 e il ritmo di crescita dell’economia di diversi Stati cresce a doppia cifra da molti anni. Nel 2030 la metà della popolazione vivrà nelle città, quindi è prevista un’espansione vertiginosa per la GDO. Un’area dal grande potenziale è quella subsahariana, soprattutto nella parte occidentale Africa: il mercato del futuro per la frutta italiana. È questo il titolo del workshop che AgroFresh ha organizzato il 17 aprile nelle Cantine Serego Alighieri a Sant’Ambrogio di Valpolicella (Verona), richiamando operatori del settore provenienti da diverse regioni italiane. Di alto livello, come nelle passate edizioni, i relatori intervenuti, in particolare John Giles della società di consulenza Promar International, Frederick Odendaal della società sudafricana Ceres Fruit Growers, e Helwig Schwartau della società tedesca AMI. John Giles lavora alla Promar da 20 anni e ha visitato più di 60 Paesi nel mondo, osservando storie di sviluppo straordinario. “In Europa - ha rilevato - c’è un problema: i consumi non crescono, bisogna cercare nuovi mercati. La Cina è complessa e richiede sforzi immensi, la Russia è chiusa causa embargo e comunque presenta diverse criticità, l’India è un mercato ancora più complesso di quello cinese, il Medio Oriente è politicamente instabile. E l’Africa? Se fino a dieci anni fa c’era pessimismo, FRUITBOOKMAGAZINE

ora è il contrario. In numerosi Paesi si registra una crescita sostenuta del Pil, come in Ghana, Nigeria ed Etiopia. Lo stesso vale per la popolazione, che era di 250

Durante il workshop a cura di AgroFresh il responsabile tecnico Flavia Succi ha richiamato l’attenzione su un nuovo prodotto che sta già dando ottimi risultati in Nord America e che tra pochi anni dovrebbe arrivare anche in Europa. Si tratta di Harvista. “Una molecola - ha spiegato - che controlla l’etilene nella fase precedente alla raccolta e quindi a cascata su altri fattori biologici e non biologici”. Altro prodotto importante presentato è RipeLock, un’innovativa tecnologia che permette di aumentare da quattro a otto giorni la vita delle banane sullo scaffale.

Africa, la crescita della classe media

2,4m

4,6m

15m

40m

1990

2000

2014

2030f 12

Nigeria

4,1 2

Ghana

0,6 2

Angola

2030

0,9

2015

1,1

Kenya

0,4 0,4 0,2

Mozambico 0

Fonte: Standard Bank / Promar International

5

10

15 (in milioni di abitanti) l N.11 l APRILE 2015


87

Africa, evoluzione del PIL dal 1980 al 2016 4.000

(in miliardi di dollari americani)

3.500 3.000 2.500 2.000 1.500 1.000 500

2016

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0

Fonte: IMF / Promar International

Nella foto in alto Nairobi, capitale del Kenia. Con oltre 4 milioni di abitanti è anche la più grande città dell’Africa orientale. È considerata il polo economico, il centro politico, e il cuore africano delle telecomunicazioni, oltre ad essere la sede diplomatica dell’Onu.

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milioni di persone nel 1960, è oggi di 1,2 miliardi e sarà nel 2048 di 2,4 miliardi. Quindi più bocche da sfamare con redditi pro capite più alti. Già ora ci sono Paesi in Africa con un reddito pro capite tra i 15 e i 20 mila dollari, vale a dire superiore a Paesi come la Russia (11 mila dollari) e la Turchia (12 mila dollari). Ci sono ovviamente diverse problematiche, a partire dall’instabilità politica, che però c’è anche in altre aree del mondo. Un fenomeno legato al progresso è poi lo spostamento verso le città. Già oggi ci sono metropoli da oltre 10

milioni di abitanti come Lagos in Nigeria e Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo. Così cresce anche il numero di supermercati, già più di 100 in Namibia”. L’esperto di Promar International ha poi fatto una breve analisi della produzione frutticola: l’Africa ha un output di poco superiore ai 100 milioni di tonnellate e i frutti più prodotti sono platani (29 per cento), banane (19 per cento), arance (9 per cento), mango, uva, ananas e altri agrumi (5 per cento), datteri (4 per cento) e mele (3 per cento), FRUITBOOKMAGAZINE


sta cambiando, il rischio di fare business “è L’Africa già iniziato a scendere e continuerà a scendere. Però è ancora vitale avere i giusti partner quando si ha a che fare con il continente, è richiesta grande esperienza e conoscenza per avere successo in questo ambiente singolare ” Nelson & Papier 88

la cui produzione dal 2000 a oggi è aumentata di 1 milione di tonnellate arrivando poco sopra 2,5 milioni. I maggiori Paesi produttori di mele sono Sudafrica, Marocco, Egitto, Algeria e Tunisia. L’import di mele è cresciuto enormemente, passando da 110 mila tonnellate a 500 mila tonnellate dal 2000 al 2011, con Egitto e Algeria che sono di gran lunga i maggiori importatori. “Ci sono gli ostacoli - ha concluso Giles - come la carenza di infrastrutture, le grandi distanze, i mercati disaggregati con bassa presenza di catene distributive, la burocrazia e la bassa fedeltà dei clienti. Però sono mercati dal potenziale enorme, l’importante è adottare una strategia e lavorare sul lungo termine, con tanta pazienza. La cosa migliore da fare è trovare un partner locale e offrire prodotti su misura, anche in termini di imballaggio, per i diversi mercati”. Il partner locale, per l’Africa subsahariana, potrebbe essere un operatore sudafricano. Per questo all’evento AgroFresh è stato invitato Frederich Odendaal di Ceres Fruit Growers, azienda che si è specializzata nelle esportazioni di mele nella parte centro occidentale del continente. “Dal 2030 il 50 per cento della popolazione africana vivrà nelle città. Ciò significa che aumenterà esponenzialmente la distribuzione organizzata e la domanda di cibo di ogni genere. Ci sono oggi grandi problemi a livello di infrastrutture ma ci sono anche FRUITBOOKMAGAZINE

Il numero dei supermercati in Africa oggi Namibia Botswana Zimbabwe Kenya Zambia Angola

Shoprite

Mozambique

Choppies

Uganda

Pick n Pay

Nigeria

Nakumatt

Madagascar

Mass Mart

Tanzania

Uchumi

Ghana

Spar

Rawanda DR Congo 0

50

100

Fonte: Promar International

grandi investimenti in corso per migliorare la situazione. Ci sono anche grandi interessi sull’ortofrutta. Il Quatar ad esempio ha preso 40 mila ettari di terra per produrre frutta e ortaggi da esportare poi nell’emirato. Esportiamo mele con il marchio Tru-Cape principalmente in Nigeria, Kenia e Senegal e il 90 per cento dei cartoni sono venduti per strada su delle bancarelle, pezzo per pezzo, dalle donne. La varietà che va per

la maggiore è la Golden Delicious. Un consiglio per approcciare il mercato? Bisogna andare in loco e sporcarsi le scarpe”. Helwig Schwartau della società di ricerca tedesca AMI ha fatto una cornice al quadro generale: “Negli ultimi 10 anni i consumi di mele sono calati dell’11 per cento in Europa e dell’8 per cento in Nord America, mentre sono cresciuti del 67 per cento in Asia, del 112 per cento in Russia e di ben il 175 per cento nell’Africa Occidentale”. I dati, quindi, parlano da soli...

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Scegli un partner

Alegra è l’azienda leader dell’ortofrutta italiana. Con oltre 10.000 produttori associati in cooperative, porta sul mercato una gamma completa di prodotti a filiera corta, controllati dal campo alla tavola. È partner delle grandi insegne della moderna distribuzione internazionale per la realizzazione di private label; garantisce continuità di fornitura e servizi commerciali specializzati, con una presenza in oltre 55 Paesi. Scegli Alegra: professionisti della frutta, partner del mercato. Alegra soc. coop. agricola - Via G. Galilei, 5 - 48018 Faenza (RA) Italy - Tel. +39 0546 624401 - Fax +39 0546 622513 - info@alegrait.com - www.alegrait.com


Fruit Attraction rilancia con un “organic hub” e un’area distribuzione e logistica La seconda fiera più importante d’Europa attende mille espositori e 50 mila visitatori Giovanni Turrino

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Mancano ormai pochi mesi alla fiera più importante di autunno, giunta alla settima edizione e in costante ascesa. Quest’anno a Madrid, dal 28 al 30 ottobre, ci saranno quattro padiglioni e una maggiore attenzione ai prodotti biologici, cui sarà dedicato uno spazio di 200 metri quadri, definito Organic Hub, e il workshop “Organic Fruit and Vegetable Market and Marketing in Europe”. Ci sarà poi la nuova area dedicata esclusivamente alle imprese di distribuzione e logistica Ma dobbiamo capirci: in questo caso non si intendono le catene distributive che vendono al consumatore finale ma le piattaforme che potremmo definire intermedie. I settori raggruppati in questo nuovo spazio saranno: confezionamento del prodotto e industrializzazione; container, telecamere, imballaggio e selezione; conservazione, etichettatura e marcatura; tracciabilità e certificazioni di qualità; installazioni di climatizzazione, refrigerazione e stoccaggio; trasporti e logistica; aree di carico, terminal per la frutta, magazzini e attrezzature. Un mondo piuttosto vasto quindi, al servizio della commercializzazione di frutta e verdura, che nella scorsa edizione aveva già registrato una folta rappresentanza con un totale di 83 espositori. Con l’obiettivo di soddisfare la crescente specializzazione degli operatori ortofrutticoli europei, Fruit Attraction 2015 introdurrà anche la nuova area espositiva chiamata “The Organic Hub”, nella quale sarà presentata l’offerta dei prodotti ortofrutticoli biologici. “La crescita sostenuta dal consumo di FRUITBOOKMAGAZINE

frutta fresca e verdura bio rende sempre più necessario creare eventi e spazi promozionali specifici per questo tipo di prodotti. Fin dalla sua prima edizione, Fruit Attraction ha acquisito uno slancio crescente e quindi non abbiamo alcun dubbio sul fatto che The Organic Hub diventerà una vetrina di riferimento per l’ortofrutta bio”, ha commentato Jean-Luc Angles, direttore generale di Solagora, una delle società del Gruppo Anecoop che ha già confermato l’interesse a partecipare a questa sezione, che sarà situata nel padiglione 10 e godrà di un’attività di comunicazione dedicata. Il tema del bio sarà trattato anche nel Fruit Forum “Mercato e commercializzazione della frutta e Verdura bio in Europa” che si terrà mercoledì 28 ottobre. La Spagna è ormai tra i principali produttori di biologico, con consumi in netto aumento. Nel 2013 la produzione è stata pari a 475 milioni di euro, con un export di 670 milioni di euro (+14 per cento sull’anno precedente), di cui 353 milioni riguardanti frutta, ortaggi e legumi.

Nella pagina a fianco alcuni scatti che abbiamo fatto all’ultima edizione di Fruit Attraction, lo scorso ottobre. Nella foto grande lo stand di Fontestad, specialista delle arance di Valencia. Per noi in assoluto il migliore stand tra tutti quelli presenti. Più sotto, in verticale, le mini angurie fashion del Grupo AGF: sono una varietà Nunhems prodotta in un’ampia area del Mediterraneo e in Senegal, in 70 mila tonnellate; hanno delle caratteristiche superiori tra cui: più colore, più sapore, più grado zuccherino, assenza di semi e un pratico pack per portarle via con comodità che è stato brevettato a livello mondiale. In basso i mini broccoli Bimi della Sakata, innovativi e salutari, dal gusto piacevole, dolce e delicato. Poi un’altra delle novità presentate a Madrid: gli spicchi di aglio già lavati e pronti al consumo della Primaflor, uno dei top player della quarta gamma in Spagna. Infine, una ciotola premium della cutting’s di Barcellona specializzata anche nella quarta gamma di frutta e nei succhi freschi.

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POLYMER LOGISTICS A FRUIT INNOVATION CON LE INNOVATIVE CASSETTE WOOD EFFECT

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Anche nel nuovo Carrefour Market Gourmet di Napoli, inaugurato a metà maggio, sono state adottate le casse Wood Effect di Polymer Logistics, che coniugano la bellezza dell’effetto legno con i vantaggi gestionali delle cassette in plastica riutilizzabili a sponde abbattibili. In tal modo migliora il visual merchandising e il total look del punto vendita, aumenta la comunicazione di valori - genuinità, freschezza, tradizione - e la percezione della qualità dei prodotti. In altre parole si eleva la shopping experience e aumenta la percezione di market feel da parte del consumatore e di conseguenza la sua fedeltà all’insegna e il sell out del punto vendita.

INNOVAZIONE CONTINUA PER ALMAVERDE BIO CON I GERMOGLI E LE ERBE AROMATICHE Dopo aver lanciato a fine marzo 50 nuove referenze per l’ortofrutta, tra cui il pomodoro confetto, continuano le novità nella gamma di offerta a marchio Almaverde Bio, proposta dalla società Canova del Gruppo Apofruit. Sono infatti disponibili sul mercato 11 tipologie diverse di germogli, di cui otto monogusto e tre in mix.

PROSEGUE LA CRESCITA SOSTENIBILE DI LPR FATTURATO OLTRE 150 MILIONI NEL 2014 LPR - La Palette Rouge, primaria azienda di noleggio pallet in Europa e divisione del gruppo Euro Pool System continua a crescere per il ventiduesimo anno consecutivo. LPR ha infatti annunciato un fatturato di oltre 150 milioni di euro per il 2014, registrando una crescita di circa il 15 per cento rispetto all’anno precedente. Con 62 milioni di pallet movimentati nel 2014, rispetto ai 53 milioni del 2013, l’incremento può definirsi sostenuto. Le previsioni per il 2015 si attestano sui 70 milioni di pallet, anche in virtù dei contratti recentemente siglati con Nestlé e Kellogg’s. “Siamo sempre sul campo per intercettare le esigenze dei nostri clienti”, ha dichiarato Xavier FRUITBOOKMAGAZINE

La gamma comprende i germogli di erba medica, di fagiolo mungo, fieno greco, porro, ravanello daikon, ravanello rosso, trifoglio rosso, cavolo broccolo e tre mescolanze dei precedenti. Sono prodotti “vivi” ad altissimo contenuto nutrizionale con un apporto di vitamine, sali minerali e oligoelementi preziosi per il benessere, triplicato rispetto a quanto contenuto nella pianta adulta. Un’offerta pensata e realizzata da Canova per andare incontro alle crescenti esigenze di trovare benessere e salute attraverso l’alimentazione naturale e biologica, con una particolare attenzione ai consumatori vegani e vegetariani che ricercano prodotti altamente nutritivi ed ottenuti con tutte le garanzie del biologico certificato. Ai germogli si aggiungono le erbe aromatiche tradizionali, come basilico, timo, rosmarino, salvia, alloro e prezzemolo.

Goube, managing director di LPR, spiegando che i risultati ottenuti si devono a diversi fattori. “Il nostro network, costituito da 94 depositi in 12 Paesi europei, ci permette di adattare continuamente l’offerta, proponendo un servizio di noleggio e gestione dei pallet semplice ed efficiente, che si adatta di volta in volta all’evoluzione dei bisogni del cliente, con standard qualitativi sempre più rigidi”. l N.11 l APRILE 2015


Dole, il più grande operatore al mondo nel campo frutticolo, ha lanciato un’ampia campagna di comunicazione nei confronti del consumatore finale, puntando in modo deciso sull’aspetto salutistico. Sul mercato italiano, una delle iniziative principali è “My Energy”, un concorso a premi on line dal 15 aprile al 30 giugno. La meccanica è semplice: dopo essersi collegati al sito www.dole-myenergy.it, senza alcun obbligo di acquisto e previa registrazione, basterà rispondere ad un veloce e divertente test composto da 3 domande; al termine si potrà scoprire qual è il proprio «profilo energetico» e verificare la vincita di uno degli instant-win messi in palio; tutti coloro che avranno completato il questionario, indipendentemente dal profilo conseguito, concorreranno all’estrazione di un premio finale. In palio dieci premi instant-win per vivere un weekend all’insegna del benessere e del relax (due giorni per due persone) in una destinazione a scelta tra quelle previste e un super premio finale, un long weekend (3 giorni per due persone) a Portorose, in Slovenia. A ciascun utente che avrà partecipato al gioco verrà offerta anche l’opportunità di condividere il profilo energetico ottenuto su Facebook ed invitare i propri amici a partecipare. Il concorso viene promosso con una specifica campagna pubblicitaria fatta di banner, redazionali su stampa, attività di pubbliche relazioni e attraverso uno sticker My Energy dedicato che verrà applicato, per tutta la durata dell’operazione, sulle banane e sul collarino degli ananas Dole. l N.11 l APRILE 2015

L’operazione fa parte di una delle tante attività che vedranno Dole Italia impegnata nel 2015 con la campagna di comunicazione My Energy, incentrata su uno stile di vita sano ed sul benessere fisico e mentale: il segreto per una vita longeva, felice ed appagante oltre GUARDA IL VIDEO l’età della giovinezza. E quale miglior testimonial allora di David H. Murdoch, il novantaduenne statunitense proprietario della multinazionale Dole. Attraverso il QR Code di questa pagina potete vedere il video che spiega la vita straordinaria di questa figura e il segreto della sua longevità, fatta di tanta ortofrutta e attività fisica. Un cortometraggio di altissimo livello qualitativo, che consigliamo a tutti di vedere, e che è stato presentato il 23 aprile a Milano in un incontro con la stampa e food blogger. Durante l’incontro, il responsabile marketing e comunicazione di Dole Europe, Xavier Roussel, ha sottolineato i tre

È Murdoch il

testimonial

di Dole

LA NUOVA CAMPAGNA DOLE PUNTA SUL BENESSERE E CHIAMA UN TESTIMONIAL D’ECCEZIONE

valori fondanti del brand: qualità premium ed expertise, responsabilità sociale, sostenibilità e trasparenza e ricerca ed educazione per arrivare ad una corretta alimentazione. Su questo ultimo tema è impegnato il Centro Nutrizionale Dole, che ha due sedi, in North Carolina e in California. I suoi ricercatori - uno, Nicholas D. Gillit, era presente a Milano con la nutrizionista Jenn LaVardera - sono impegnati a capire come consumare le giuste quantità di frutta e verdura per prevenire l’insorgere di alcune malattie e permettere di condurre una vita sana e molto lunga. FRUITBOOKMAGAZINE

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ZESPRI, AL VIA LA CAMPAGNA NUOVA ZELANDA CON NUOVE REFERENZE E FRUIT INNOVATION

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La campagna Nuova Zelanda parte all’insegna a maggio con la partecipazione di Zespri International alla manifestazione fieristica Fruit Innovation di Milano. Sullo stand del colosso neozelandese (Pad. 11 - stand D15/E20), tutti i visitatori avran-no la possibilità di vivere l’esperienza sensoriale offerta dal sorprendente gusto del kiwi Zespri Sungold interpretato dalla Bartenders Accademy. L’obiettivo aziendale è quello di rafforzare il brand consolidando le partnership commerciali con i clienti della distribuzione moderna e tradizionale, presentando la nuova immagine per il 2015 e le nuove referenze Sun-Gold in monostrato e vassoio da due e tre frutti.

BONDUELLE PRESENTA LA NUOVA LINEA “LE SELEZIONI” SVILUPPATA CON I CONSUMATORI Bonduelle arricchisce la propria offerta nella quarta gamma con il lancio della nuova linea Le Selezioni, articolata in tre referenze: Trio Freschezza, Lattughella e Millefoglie. La gamma è stata creata con la stretta collaborazione dei consumatori. L’azienda, infatti, ha recepito e interpretato in modo innovativo le indicazioni

emerse da una ricerca qualitativa sui consumatori di quarta gamma, interrogandoli in particolare sull’aspetto grafico della confezione e sul naming del prodotto. Nasce così la linea Le Selezioni, con un nome che rimanda in modo chiaro e diretto al concetto di qualità, in linea con il profilo di marca di Bonduelle e con tutti gli altri prodotti in portafoglio. La nuova confezione è costituita da un pack accoppiato con un’innovativa stampa mattata, che dona maggior brillantezza e colore alla confezione. La grafica è semplice, chiara e mette in evidenza il principale punto di forza di questa gamma: Bonduelle seleziona solo le migliori foglie intere, gustose e croccanti, molto apprezzate e raramente disponibili sul banco delle verdure sfuse. La soluzione grafica della ciotola di legno dona al pack eleganza e distintività.

ORTOROMI PARTNER DI CIR FOOD PER EXPO E SPONSOR DELLA SCUOLA DI CUCINA SALE & PEPE OrtoRomi, terzo leader di mercato nel settore delle insalate di quarta gamma, è partner ufficiale di CIR Food, concessionario ufficiale dei servizi di ristorazione a Expo ed è presente con le proprie insalate a marchio Insal’Arte all’interno dei quattro format proposti a Expo Milano da CIR Food. L’intento di OrtoRomi e CIR food è quello di offrire ai consumatori una ristorazione italiana e sostenibile in particolare legata a criteri di stagionalità, etica, salutismo e neo tradizionalismo. OrtoRomi è anche sponsor ufficiale della Scuola di Cucina di Sale & Pepe che Mondadori ha creato per tutti gli amanti della buona cucina che vogliano migliorare le proprie capacità ai fornelli. FRUITBOOKMAGAZINE

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APOFRUIT, UN PIANO “EXTRA” PER ELEVARE LA QUALITÀ DELLA FRUTTA ESTIVA Per affrontare un mercato che si fa sempre più complesso e concorrenziale, anche per la costante contrazione dei consumi, Apofruit, cooperativa che associa produttori nelle principali regioni italiane a vocazione ortofrutticola - ha messo a punto strategie e proposte di innovazione e sviluppo con l’obiettivo di dare nuove opportunità alle aziende agricole. “Partendo dalla constatazione che in Emilia Romagna, purtroppo, le aree destinate alla frutticoltura estiva sono in costante calo - ha dichiarato il direttore generale Ilenio Bastoni - e considerando il gradimento e la buona redditività della frutta e della verdura bio, settore nel quale Apofruit è leader nel mercato Italiano con il marchio Almaverde Bio, ritengo che il tema centrale sia quello della ricerca della qualità come leva per rilanciare i consumi della frutta estiva. Abbiamo presentato alla nostra base sociale un progetto che abbiamo battezzato Extra, che punta ad elevare il livello qualitativo e gustativo di pesche e nettarine, la nostra principale produzione estiva. La caratteristica interessante di Extra è che premia i soci che conferiscono un prodotto di alta qua-

GLI SPICCHI DI MELA VOG PRODUCTS AI “SABATI DELLA FRUTTA” MCDONALD’S Pratici e salutari, già lavati e pronti al consumo e prodotti unicamente con mele provenienti dall’Alto Adige e dal Trentino. Sono gli spicchi di mela freschi prodotti da VOG Products, da marzo protagonisti de “I sabati della frutta”, l’iniziativa di McDonald’s Italia per promuovere tra i bambini un’alimentazione sana e bilanciata. Ogni ultimo sabato del mese, i ristoranti McDonald’s italiani offriranno questo innovativo prodotto in ogni Happy Meal, il menu dedicato ai più piccoli. Durante il primo “sabato della frutta”, a marzo sono l N.11 l APRILE 2015

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lità con un prezzo di liquidazione sui calibri AA e oltre superiore di almeno 25 cent/chilo”. “È nostra intenzione - ha aggiunto Bastoni - immettere sul mercato prodotti al giusto grado di maturazione, pronti al consumo, senza farli transitare nelle celle frigorifere, confezionati con tecnologie dedicate e delicate, atte a preservarne le elevate caratteristiche organolettiche. Lanceremo anche un nuovo cartone da sei frutti”.

state distribuite oltre 130.000 bustine di spicchi di mela freschi da 80 grammi e nel corso di tutta l’iniziativa si prevede una distribuzione di 1 milione e 500.000 confezioni. “I bambini apprezzano molto le fettine già pronte, è un modo giocoso per imparare a mangiare la frutta - ha spiegato Tommaso Valle, communication manager di McDonald’s Italia come testimonial abbiamo abbinato agli spicchi di mela Leni’s i giovani atleti olimpici come Massimiliano Rosolino. Crediamo che il loro esempio possa avvicinare famiglie e bambini ad un corretto stile di vita, fatto di alimentazione sana e sport”. Alla base degli spicchi di mela di VOG Products, distribuiti anche sotto il marchio Leni’s, c’è l’idea di offrire un nuovo modo di mangiare la frutta, che possa contrastare il calo dei consumi degli ultimi anni recuperando quella parte di pubblico che, per ragioni di praticità, si è allontanata dalle mele fresche. “L’iniziativa di McDonald’s rispecchia appieno la filosofia Leni’s - ha affermato Klaus Gasser, direttore di VOG Products - riafferma infatti la necessità di avvicinare bambini e famiglie al consumo di frutta fresca, offrendo loro un’alternativa pratica e sfiziosa. Siamo lieti che McDonald’s, nostro storico cliente, abbia deciso di realizzarla affidandosi alla nostra competenza nel settore, unica in Europa”. FRUITBOOKMAGAZINE


iFresh |

Irene Pasquetto

Volete i prezzi al dettaglio in tempo reale? Ci pensa FruitBull 96

Nasce in Spagna ma presto sarà disponibile anche in Italia la prima applicazione per sapere in tempo reale i prezzi al dettaglio della frutta e degli ortaggi, grazie all’analisi dei big data raccolti. Presentata all’ultima edizione di Fruit Attraction, FruitBull nasce da un’idea di Bernardo Herrero, che ha lavorato come intermediario per oltre 30 anni nel mondo dell’ortofrutta e a contatto con le catene della distribuzione “Il mercato globale ortofrutticolo non può più permettersi di negoziare i prezzi in modo inefficiente. I prezzi sono falsati e lavorare con prezzi falsati fa male al mercato. FruitBull (fruitbull.com) elimina questo problema e consente a produttori, agricoltori, distributori, grossisti, gestori di supermercati e intermediari della GDO di conoscere i prezzi al dettaglio di frutta e verdura in tempo reale e su scala globale”. Così Santiago Alvarez, amministratore delegato di FruitBull, ha presentato lo scorso ottobre la neonata azienda durante la fiera Fruit Attraction a Madrid. Fruitbull è un’applicazione spagnola online che consente di vedere in tempo reale il prezzo di frutta e verdura su scala globale. Grazie all’analisi in tempo reale dei “big data” del mondo dell’ortofrutta, l’applicazione promette di ottimizzare le operazioni di compravendita, ridurre gli scarti dei prodotti e certificare la qualità e la competenza di ogni stakeholder del mercato. Per ora il servizio è solo in spagnolo, ma l’idea è quella di espanderlo su scala mondiale. Alvarez ha spiegato che la Spagna è un Paese test, e che il servizio sta andando molto bene. Dopo pochi mesi i clienti abbonati ai pacchetti di statistiche forniti da FruitBull sono già centinaia. Il quartiere generale della società si trova a Madrid, ma la start-up ha sedi dislocate in tutto il mondo: New York, Palo Alto, Santiago del Cile, Parigi, Dubai, Johannesburg e Hong Kong. FRUITBOOKMAGAZINE

Fruitbull si può consultare da ogni dispositivo mobile, dal tablet al computer allo smartphone. L’azienda offre quattro pacchetti: small, medium, large o extra large, a seconda della quantità di prodotti analizzati dalla applicazione. Da dove è nata l’idea di Fruitbull? Il tutto nasce da un’idea di Bernardo Herrero. Dopo aver lavorato nel mondo dell’ortofrutta e della GDO come intermediario per oltre 30 anni, Herrero ha deciso che era giunto il tempo di cambiare le regole in gioco. Quello di cui aveva bisogno per trarre il massimo dalle trattative di compravendita era un sistema per consultare in tempo reale i prezzi di frutta e verdura in diverse zone della Spagna. Così ha fondato FruitBull. Dove sta il punto di forza di Fruitbull? Fruitbull è l’unica realtà indipendente a offrire questo tipo di servizio. Non lavoriamo per un particolare supermercato, associazione o produttore. Non abbiamo competitor, né su scala locale né globale. I nostri clienti si possono fidare al 100 per cento delle statistiche che gli forniamo. Come raccogliete e gestite i dati sui prezzi? La nostra squadra è composta da una serie di responsabili che controllano i prezzi nelle grandi catene di distribuzione “dal vivo” e in loco. Tramite specifici dispositivi, i nostri specialisti mandano i dati raccolti a un sistema centralizzato di analisi dei dati. Lì vengono prodotte le statistiche sugli andamenti dei prezzi che sono poi mandate ai nostri clienti. A quando il sito in inglese e in italiano? Prestissimo! l N.11 l APRILE 2015


Facciamo di tutto per contenere

il loro entusiasmo.

Frutta e verdura? Felici e soddisfatte solo nelle nostre cassette. Ecco perché produciamo contenitori in plastica per ortofrutta, nei formati standard, speciali e dedicati al settore della “GDO”. Tutti i nostri prodotti sono riciclabili, versatili, sicuri e personalizzabili.

Ecoplastica, il frutto dell’esperienza.

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2015

MADRID-SPAGNA

FIERA INTERNAZIONALE DEL SETTORE ORTOFRUTTA

L’APPUNTAMENTO CHIAVE PER LA DISTRIBUZIONE ORTOFRUTTICOLA INTERNAZIONALE

B2BFRUIT NEW MARKETS

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FRUIT FUSIÓN SHOW COOKING

INCONTRI COMMERCIALI

VARIETÀ

ESPORTAZIONE

SETTIMANA DELLE VERDURE

CONFERENZE INTERNAZIONALi

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@FruitAttraction

IFEMA Feria de Madrid Chiamate internazionale: (34) 91 722 30 00 fruitattraction@ifema.es

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