Fm gennaio 2015

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Fruitbookmagazine IDEE TENDENZE MERCATI BUSINESS

ELNATHEDITORE

HEALTH FOOD, L’ONDA SILENZIOSA STA ARRIVANDO Silenziosa, perché le multinazionali del settore alimentare la ostacolano. In arrivo dagli Usa, grazie alla potenza di internet. Una rivolta salutista che pone al centro gli ortaggi, come il kale della foto qui sotto N.10 l GENNAIO 2015 l TRIMESTRALE


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Editoriale |

Eugenio Felice

Robin Hood e i nuovi baroni Ci piace Francesco Pugliese. Concreto, sprezzante, risoluto. Quando parla, il patron di Conad, non ti annoia, non ha peli sulla lingua, dà l’impressione di sapere il fatto suo. Potrebbe fare anche l’uomo di spettacolo: è un autentico comunicatore. “Le promozioni sono la nostra cocaina, se inizi non torni più indietro, crea dipendenza. No, non è marijuana, quella avrebbe qualche effetto terapeutico”. È una delle tante dichiarazioni pepate che abbiamo sentito all’incontro di fine anno con la stampa che si è tenuto a Milano, proprio all’indomani dell’apertura dell’istruttoria dell’Antitrust nei confronti di Eurospin per violazione dell’articolo 62. “La mia reazione quando l’ho saputo? Ho pensato: finalmente! In Italia si fanno le leggi e poi nessuno controlla che vengano rispettate. Noi siamo tra i pochissimi in regola. L’art. 62 è stato un macello per tutto il sistema distributivo, un grande regalo all’industria alimentare, di cui non aveva alcun bisogno”. Al riguardo Pugliese ha aggiunto la perla della giornata: “Siamo come Robin Hood, togliamo i soldi ai ricchi, nel nostro caso le multinazionali, per darli a chi ne ha bisogno, cioè le famiglie italiane”. Lo strumento sono le promozioni, appunto, che hanno raggiunto su certe categorie punte dell’80 per cento. Ecco, su questo argomento noi ci sentiamo in disaccordo. Perché nel nostro settore, quello ortofrutticolo, sono proprio le catene distributive che da anni impongono ai fornitori prezzi sempre più bassi e agli italiani dei prodotti sempre più scadenti, proposti in modo vecchio e triste. I consumi di ortofrutta calano di anno in anno perché c’è un’offerta che non si è adeguata allo stile di vita degli italiani. Le nuove generazioni, bombardate dalle comunicazioni dell’industria del cibo raffinato, hanno perso il legame con il territorio, con la stagionalità dei prodotti freschi, sono diffidenti e sempre più alimentarmente ignoranti. Le catene distributive, a nostro avviso, sono complici e servitrici dell’industria alimentare, perché se

l N.10 l GENNAIO 2015

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volessero fare veramente gli interessi degli italiani farebbero molto di più per sostenere i consumi di ortofrutta, invece di limitarsi a imporre prezzi sempre più bassi, che portano i fornitori a risparmiare sulla qualità e a cercare scappatoie fraudolente, come il falso biologico, il falso italiano, il falso via aerea, etc. Non scomodiamo Robin Hood allora. Le catene distributive assomigliano molto di più ai baroni normanni che riscuotono i tributi. Infine un inciso: noi non siamo il sindacato dei fornitori di ortofrutta. Non vogliamo nemmeno passare per i giustizialisti delle catene distributive. Siamo una rivista di opinione indipendente, che ha come missione quella di far aumentare i consumi di ortofrutta degli italiani, stimolando una dialettica costruttiva tra mondo produttivo e distributivo. Come mai? Perché abbiamo a cuore la salute dei nostri figli. E quando vediamo come vengono presentati certi prodotti nei supermercati capiamo che c’è ancora tanta, tantissima strada da fare. Oggi perdiamo tutti.

FRUITBOOKMAGAZINE



PAG. EDITORIALE ROBIN HOOD E I NUOVI BARONI

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IMMAGINI

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BUONE NOTIZIE ALDI, TESCO E LIDL METTONO LA FRUTTA NELLE AVANCASSE RIFLESSIONI NUOVE GAMME BONDUELLE, PACK BELLO MA NON RICICLABILE RETAIL CONAD-FINIPER, UN’ALLENZA STRATEGICA PER SUPERARE COOP FIERE INTERPOMA, UN SUCCESSO CHE RILANCIA LA FIERA MONOCOLTURALE ANALISI VERONA, MAXI DI ED EUROSPIN REGINE DEI GRUPPI DISTRIBUTIVI TREND IL CAVOLO NERO DELLA RIBOLLITA STA SPOPOLANDO NEGLI USA STORE CHECK PAM, MERCHANDISING VINCENTE CON BANCHI ORDINATI E ATTRAENTI IL LIBRO LA PIRAMIDE ALIMENTARE? NO, IL NUOVO MODELLO È A CLESSIDRA IL DETTAGLIO FRODE A KM ZERO, QUANDO GLI AGRICOLTORI VANNO AL MERCATO INNOVAZIONE VALFRUTTA E OP VALLE PADANA LANCIANO LA LINEA BENESSERE MERCATI SPREAFICO: «CAMPAGNA PERE MOLTO SOPRA LE ASPETTATIVE» LO STUDIO ORTOFRUTTA, CONSUMI A 303 GR. AL GIORNO, ERANO 361 NEL 2000 MARKETING CHECK-UP INSALATE DI QUARTA GAMMA, COSA POSSONO FARE LE MARCHE? MENS SANA RADICCHIO SUPERSTAR: CRUDO O COTTO FA MEGLIO DEI MIRTILLI

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CONTENUTI

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44 / A CONSORZIO NORD OVEST IL PRIMO TOP FRESH RETAILER

BUSINESS CON UNICREDIT

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50 / LA CORSA CONTRO 54 / DALL’AUSTRALIA IL TEMPO DELLE MELE UNA NUOVA MELA GLOBALE. A POLPA ROSSA

SI CHIAMA CRIMSON SNOW

58 / CELLE IPOGEE, UN ALTRO PRIMATO

64 / DOVE STA LA VERA INNOVAZIONE? SOLO NELLA

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PANORAMA

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iFRESH

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FIRMATO MELINDA

l N.10 l GENNAIO 2015

48 / MACFRUT SI SPOSTA A RIMINI. PIÙ

RICERCA VARIETALE?

FRUITBOOKMAGAZINE

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ELNATHEDITORE Direttore responsabile Eugenio Felice Hanno collaborato: Marta Baldini, Alice Capiaghi, Irene Pasquetto, Maurizio Pisani, Giancarlo Sbressa, Giovanni Turrino, Marco Zanardi

76 / LIMONI SICILIANI, 84 / SONO IN SPAGNA IL GRUPPO VILLARI PUNTA I CEDI AUTOMATIZZATI 8

DECISO AL NON TRATTATO E GUARDA A ORIENTE

DEL FUTURO

Redazione e Pubblicità Via Poiano 53 37029 - San Pietro in Cariano (Vr) Tel. 045.6837296 redazione@fruitbookmagazine.it adver@fruitbookmagazine.it Abbonamenti Spedizione in abbonamento postale Abbonamento Italia: 50,00 euro abbonamenti@fruitbookmagazine.it Graphic designer Marco Fogliatti Fotolito CianoMagenta Stampa La Grafica Snc - Via A. Volta 29 37030 - Vago di Lavagno (Vr) Tiratura numero gennaio 2015: 8.000 copie Testata registrata presso il Tribunale di Verona

90 / BATTAGLIO, A ROMA 96 / SYNGENTA, NUOVI OPERATIVO IL MAGAZZINO COLORI E NUOVI SAPORI PER IL CENTRO SUD

PER FARE SEGMENTAZIONE

100 / OGGI: UN BRAND 104 / DAGLI STATES LA E UN BUSINESS MODEL MODA DEGLI SNACK A PER RISPONDERE ALLA COMMODIFICAZIONE

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Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

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27 23 103 6 33 69 93 21 4 2-3 III 37 39 95 41 9 29 II 75 81 31 1 19 61 71 43 107 35 IV 17 99 25

l N.10 l GENNAIO 2015


La mela Kanzi® viene coltivata con cura e attenzione in 10 paesi del mondo, cosí anche in Italia in Alto Adige.

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Kanzi® festeggia la sua decima stagione commerciale in Europa

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VI.P coop.soc. agricola Via Centrale 1/c 39021 Laces (BZ) Tel: 0473-723300 Fax: 0473-723400 www.vip.coop


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Lo stupore Rotterdam, 1 ottobre 2014 La seconda città dei Paesi Bassi ha il suo nuovo, spettacolare gioiello urbano: il nuovo mercato alimentare coperto, il Markthal Rotterdam, che combina in modo innovativo spazi commerciali, abitazioni e intrattenimento. Sono i prodotti frechi i veri protagonisti del piano terra, su un’area di 12 mila mq.



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Cavoli, che canyon! Viterbo (VT), 10 settembre 2014 Dieci ettari coltivati a cavolfiore bianco. 23 mila piante a ettaro. Siamo a pochi chilometri dal centro di Viterbo. In tutto l’azienda agricola F.lli Calevi coltiva 250 ettari, dedicati a cavoli, broccoli e meloni destinati alle catene distributive nazionali. Ăˆ probabilmente l’unica in grado di fornire cavoli 12 mesi l’anno



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Foto: Julie Ann Fineman

Rosata dentro San Francisco (Usa), 25 novembre 2014 L’Huffington Post, versione a stelle e strisce, ha pubblicato un articolo a fine novembre che descrive il lavoro di piccoli produttori di mele che riforniscono i ristoranti locali con mele studiate apposta per creare delle torte eccezionali nel gusto e nel colore. Tra le varietà piÚ usate le Ruby Reds della foto.



buone notizie |

Eugenio Felice

Aldi, Tesco e Lidl mettono la frutta nelle avancasse 16

Nel Regno Unito alcuni dei maggiori retailer hanno deciso di mettere frutta (fresca, secca o di quarta gamma) nelle avancasse per contribuire alla lotta all’obesità. In Svizzera Lidl è la prima insegna a sperimentare queste casse alternative, che si affiancano a quelle tradizionali. In Italia, come ci ha confermato Pugliese (Conad), questa strada è poco percorribile, sono troppo ghiotti i contributi delle multinazionali per presidiare quegli spazi In Gran Bretagna dal mese di gennaio anche la catena di supermercati tedesca Aldi elimina gli snack dagli espositori presso le casse dei suoi oltre trecento negozi, sostituendoli con alimenti più sani, come frutta secca, nocciole, succhi e acqua. La decisione è stata presa dopo un sondaggio condotto tra i clienti. Aldi è la terza catena dopo Tesco e Lidl che adotta questa strategia. Lidl ha annunciato che farà lo stesso anche in Svizzera, con una introduzione graduale di queste avancasse a elevato tasso di salute. L’organizzazione non profit statunitense Center for Science in the Public Interest (CSPI) ha condotto una ricerca nell’area di Washington, rilevando cosa viene venduto negli espositori alle casse. La ricerca ha preso in esame FRUITBOOKMAGAZINE

trenta negozi di quattordici tipi, non solo supermercati. Il risultato è che l’86 per cento dei negozi non alimentari ha alimenti o bibite negli espositori presso le casse e, nel complesso, il 90 per cento dei prodotti alimentari comprendono caramelle, barrette energetiche, patatine, biscotti e bevande zuccherate. Secondo il CSPI, i prodotti venduti alle casse stanno contribuendo all’epidemia di obesità. Secondo Jessica Almy, esperta di politica nutrizionale del CSPI, “in quest’epoca di diabete e obesità, è immorale che i negozi spingano le persone a comprare e consumare calorie in eccesso, che danneggeranno la loro salute. I negozi alimentari dovrebbero stabilire degli standard nutrizionali per gli alimenti venduti alle casse, mentre quelli non alimentari dovrebbero uscire del tutto dal business del junk food”. È evidente che si sta aprendo una disputa tra interessi economici derivanti dalle laute contribuzioni delle multinazionali per gli spazi in avancassa e la necessità di offrire al consumatore cibi sani e naturali. Il Fatto Alimentare ha lanciato una petizione on line invitando i supermercati a eliminare il junk food dalle casse, ma Esselunga, Auchan, Carrefour, Il Gigante, Finiper e Pam hanno ignorato l’invito. Coop ha comunicato che sta pensando a una soluzione, mentre NaturaSì ha fatto sapere che non adotta questa politica di marketing. Conad, attraverso il suo amministratore delegato Pugliese, ci ha comunicato che “purtroppo non è una strada percorribile, almeno per ora, troppo delicati i rapporti con l’industria alimentare”. l N.10 l GENNAIO 2015


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riflessioni |

Giancarlo Sbressa

Nuove gamme Bonduelle: pack bello ma non riciclabile 18

Il leader in Italia della quarta gamma ha presentato lo scorso autunno due nuove linee di insalate con un pack di grande impatto fatto di carta e plastica. A differenza di pack simili utilizzati per panetti o biscotti, la plastica non si “sfoglia” dalla carta, quindi il pack deve essere buttato nel secco indifferenziato. Un passo indietro, quindi, in termini ambientali. Bonduelle però assicura: nel corso del 2015 la busta sarà completamente riciclabile “Le confermiamo che la riciclabilità del pack in oggetto è un punto di miglioramento su cui il nostro team sviluppo prodotti sta lavorando. L’obiettivo è, entro un anno, anche in vista dell’entrata in vigore del decreto quarta gamma, di rendere il pack riciclabile con la carta. Attualmente la confezione vuota è smaltibile nel secco indifferenziato, come da lei correttamente ipotizzato”. È questa la risposta che ci ha dato il servizio consumatori di Bonduelle a metà novembre quando abbiamo chiesto se la confezione fosse riciclabile, dato che nel pack non veniva indicato nulla. Ha catturato la nostra attenzione quando la abbiamo vista sui banchi del supermercato, la abbiamo acquistata e una volta consumata è sorto il problema dello smaltimento del pack. Dove si butta? FRUITBOOKMAGAZINE

Abbiamo pure provato a “sfogliare” la plastica dalla carta, come si fa con certi pack di panetti tipo Kamuttini, ma niente, non ci siamo riusciti. E sulla busta non veniva data alcuna indicazione. Parliamo della gamma chiamata Le Insalatine degli Agricoltori Bonduelle, commercializzata da metà ottobre in quattro referenze da 90 grammi. Caratteristiche distintive sono la freschezza (dal campo alla busta in meno di 24 ore), la presenza sulla busta dei nomi e delle foto degli agricoltori Bonduelle e, appunto, la busta che, come per la linea Le Primizie, si presenta in un misto tra plastica e carta, per dare l’impressione di maggiore naturalità. Come riporta il comunicato di presentazione della gamma: “Il tocco finale che avvalora il legame delle nuove Insalatine degli Agricoltori Bonduelle con il mondo contadino e rafforza la loro promessa di freschezza e naturalezza è dato dalla particolare composizione in carta e plastica del packaging, che evoca la semplicità e la cura del prodotto di un tempo”. Non ci sono dubbi, il pack è molto bello, quella carta che ricorda i sacchetti del pane dà sicuramente una marcia in più e cattura l’attenzione. Però la soluzione trovata, una busta di materiali misti che va a finire nel secco indifferenziato e quindi in discarica, rappresenta sicuramente un passo indietro nei confronti dell’ambiente rispetto allo standard di settore (buste di plastica e quindi 100 per cento riciclabili). In un periodo in cui si parla tanto di sostenibilità, riteniamo il sacrificio dell’ambiente in nome del bello un compromesso non accettabile. Oltretutto questo aspetto non ci sembra un dettaglio aggiustabile strada facendo dopo il lancio della novità: dovrebbe essere una componente essenziale del progetto, studiata bene fin dall’inizio. l N.10 l GENNAIO 2015



retail |

Giovanni Turrino

Conad-Finiper, un’alleanza strategica per superare Coop 20

Inizia con il nuovo anno il percorso comune di Conad e Finiper, che hanno stretto un’alleanza strategica che ridisegna lo scenario della Gdo in Italia. Già nel 2015 la nuova entità potrebbe superare Coop Italia come fatturato e quota di mercato. L’alleanza, che non esclude un’unificazione delle insegne, prevede l’integrazione degli acquisti, soprattutto nell’ambito dei freschi e l’inserimento dei prodotti food a marchio Conad nella rete Finiper L’accordo annunciato a fine settembre è destinato a modificare lo scenario competitivo della grande distribuzione organizzata in Italia. Non si tratta infatti solo di una questione di centralizzazione degli acquisti. Si tratta di un progetto di progressiva integrazione che non esclude l’unificazione delle insegne. Come ha detto Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, durante l’incontro annuale con la stampa lo scorso dicembre a Milano, “i due gruppi distributivi stanno facendo ora una convivenza, che durerà dieci anni e che potrebbe portare all’altare”. Il percorso decennale metterà in sinergia i rispettivi punti di forza: per Conad si tratta dei prodotti a marchio proprio che hanno per il consumatore un posizionamenFRUITBOOKMAGAZINE

to pari ai prodotti leader ma ad un prezzo inferiore del 30 per cento e una presenza in tutte le province italiane e all’estero attraverso i partner di Core (Rewe, Colruit e Coop Swiss); per Finiper si fa perno sul settore non food commercializzato negli ipermercati e sull’esperienza originale dei punti vendita della catena U2. Saranno coinvolte ad esempio le insegne soft discount Todis, di Conad Pac2000, e U2, di Finiper, che hanno molti punti in comune e sviluppano fatturati simili, con iniziative sul piano del prodotto a marchio e del format. Ci sono inoltre in programma tutta una serie di progetti nell’area della logistica, per la semplificazione delle produzioni dei prodotti freschi e nel campo delle pompe di benzina (l’impianto Iper di Brembate è il maggiore d’Italia per carburante venduto). L’integrazione dovrebbe poi portare al superamento di Coop nella graduatoria dei maggiori distributori italiani. Nello stesso incontro con la stampa Pugliese ha dichiarato che il fatturato 2014 dovrebbe attestarsi per Conad a 11,73 miliardi di euro, in crescita dell’1,5 per cento, risultato ottenuto con la riqualificazione della rete di vendita e un piano strategico di sviluppo realizzato anche per linee esterne (Billa). “Nel 2015 o al massimo nel 2016 supereremo anche Coop”, ha precisato. E c’è da credergli, dato che la quota di mercato di Conad e Iper insieme si attesta già al 14,9 per cento mentre Coop è al 15,1 per cento. E per quanto riguarda l’ortofrutta? Anche in questo caso si dovrebbe andare verso l’integrazione degli acquisti. l N.10 l GENNAIO 2015


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fiere |

Eugenio Felice

Interpoma, un successo che rilancia la fiera monocolturale Mentre l’Italia nel 2015 ospiterà ben tre fiere di settore, tra Rimini, Milano e Verona, che ambiscono a diventare la fiera nazionale dell’ortofrutta, a Bolzano lo scorso novembre, nel cuore del più importante distretto melicolo d’Europa, un autentico esempio di successo del sistema cooperativo applicato al mondo ortofrutticolo, si è tenuta la nona edizione di Interpoma, l’unica fiera specializzata a livello mondiale sulle mele Come è andata? Un successo ben sopra le aspettative, con una presenza di visitatori stranieri sorprendente, provenienti da ogni parte del mondo, dal Nord America all’Asia, dall’Europa dell’Est al Medio Oriente, dal Sud America al Nord Europa. 18 mila visitatori per 420 espositori e una superficie di 25 mila metri quadrati. Persino i giapponesi non sono mancati, come se fossimo in piazza San Marco o al Colosseo. Tre giorni full, con i due padiglioni di Fiera Bolzano ancora pieni alle 18.00 di sabato, giorno di chiusura. Un caso più unico che raro, considerando che solitamente il terzo giorno si lavora solo la mattina. Le ragioni del successo sono molteplici. La cadenza biennale. Un congresso internazionale che ha affrontato temi di interesse. La posizione, nel cuoBody paintin g, Eve lina (f onte: Fiera B olzano )

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FRUITBOOKMAGAZINE

re del distretto melicolo più avanzato del mondo. La proposta espositiva, con tutte le novità relative alla mela, dalle nuove varietà, comprese alcune polpa rossa, fino alle tecnologie per la conservazione e il confezionamento. La specializzazione, che poi è l’elemento più importante, su una delle colture più importanti a livello internazionale. Sostanzialmente chiunque fosse interessato al tema della mela, a partire dai frutticoltori, non può non aver fatto visita a Interpoma. E in Trentino Alto Adige, di melicoltori, ce sono più di 10 mila. È quasi incredibile che si parli tanto di Fruit Logistica e Fruit Attraction, ritenendo che buona parte del loro successo sia legato alla posizione facilmente raggiungibile - parliamo di due grandi capitali europee - per poi constatare che una città piccola e scomoda come Bolzano, senza nemmeno un aeroporto degno di questo nome, lontana centinaia di chilometri dalle grandi città, possa ospitare una fiera di tale successo. Più della posizione vincono allora i contenuti, nel caso di Interpoma la specializzazione su una sola coltura, la mela. Torniamo quindi alla competizione tra Rimini, Milano e Verona. Se il loro obiettivo è quello di emulare Fruit Logistica e Fruit Attraction, proponendo una fiera in cui i buyer internazionali incontrano i fornitori di ortofrutta, la nostra opinione è che difficilmente potranno funzionare. E il motivo è semplice: due fiere annuali di questo genere in Europa, una a febbraio e una a ottobre, sono più che sufficienti. La Spagna ancora una volta è stata più brava di noi. In questo contesto Verona, con Fruit Gourmet Expo, sembra avere un vantaggio, se non altro perché offre una formula originale. Non è detto però che sia sufficiente, anzi, sarà durissima. Staremo a vedere… l N.10 l GENNAIO 2015



analisi |

Marco Zanardi

Verona, Maxi Di ed Eurospin regine dei gruppi distributivi 24

Nel 2013 crescite importanti, tra il 5 e il 10 per cento, per tutte le catene distributive che hanno sede a Verona. Buone per non dire ottime le performance anche delle agenzie e delle altre società del settore ortofrutticolo

Se Spesa Intelligente (Eurospin) insidia la prima posizione di Maxi Di (Selex), si conferma al terzo posto tra i gruppi distributivi Tosano con 415 milioni di euro e una crescita sul 2012 del 10 per cento. Tra i gruppi ortofrutticoli primeggiano le agenzie Eurogroup e Univeg, mentre manca dall’elenco Bellafrut, non essendo una società di capitali.

VERONA - LE AZIENDE TOP PER VOLUME D’AFFARI FATTURATO 2013

VAR SU 2012

EBITDA 2013

UTILE NETTO

ROS

ROE

1.788.048.000 1.510.113.536 415.333.440 366.669.888 319.364.096 267.575.760 195.921.536 24.810.184

4,83% 11,77% 9,85% 46,69% 9,07% 9,08% 13,13% 4,75%

97.500.458 113.647.591 28.580.848 12.343.417 16.903.795 12.417.187 25.918.642 554.273

14.395.126 58.835.077 14.438.718 4.605.804 10.122.863 3.941.705 1.100.407 140.936

2,37% 5,56% 5,94% 1,96% 2,91% 2,24% 5,14% 2,03%

6,51% 23,07% 19,26% 9,14% 10,73% 4,80% 1,24% 4,63%

176.586.560 145.249.952 80.380.056 61.081.248 45.679.800 36.792.036 32.631.648 25.949.252 25.430.880 24.642.288 24.361.540 23.843.888 22.894.098 22.587.674 22.506.696 18.690.508 17.226.248 16.526.916 16.304.475 15.663.882 14.612.477 14.222.749 14.022.142

8,30% 13,05% 11,34% 21,71% -4,34% 11,18% 48,44% 14,25% -0,30% 4,36% 1,88% 1,12% 6,15% 37,99% 10,00% 15,24% -3,36% 85,78% -18,15% 25,85% -0,77% 70,11% 66,83%

1.388.568 5.406.163 1.294.101 1.017.582 1.495.408 449.162 164.533 439.149 29.673 1.195.842 79.277 874.946 6.938 1.265.118 712.761 629.803 820.060 278.963 268.905 195.108 239.915 300.093 651.875

517.735 2.905.341 67.345 175.184 -215.720 11.703 110.548 573.248 2.075 137.221 -84.282 315.736 15.330 30.879 517.698 124.469 3.659 86.958 17.617 182.175 6.998

0,54% 3,42% 0,78% 0,48% 0,93% 0,74% 0,01% 4,04% 0,12% 9,55% -0,06% 2,68% -0,82% 3,64% 2,23% 1,74% 4,58% 1,40% 1,51% 0,93% 1,12% 1,88% 1,29%

15,47% 38,52% 1,53% 8,11% -8,90% 2,69% 6,41% 21,18% 3,46% 3,34% 13,28% 0,45% 3,32% 89,45% 25,40% 0,48% 8,84% 10,76% 23,14% 5,48%

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GRUPPI ORTOFRUTTICOLI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23

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Fonte: L’Arena FRUITBOOKMAGAZINE

l N.10 l GENNAIO 2015



trend |

Greta Portinari

Il cavolo nero della ribollita sta spopolando negli Usa 26

È la verdura più amata dai newyorkesi che la consumano in tutti i modi possibili, dalle patatine agli smoothie. Si tratta del kale, divenuto ormai ortaggio di culto da stampare sulle magliette (nella foto sotto Beyoncé). In Italia invece resta sconosciuto. La ragione del successo tra gli americani sta nelle sue proprietà nutritive, che la collocano tra i cibi più salutari al mondo. Persino gli spinaci, pare, non possano nemmeno avvicinarsi al confronto Il kale (si legge “cheil”) è un ortaggio a foglia verde della famiglia delle brassiche, un gruppo di verdure di cui fanno parte anche i cavoli e i cavoletti di Bruxelles, con pochissime calorie ma ricchissimo di vitamine essenziali e di minerali. Lo potete vedere nella foto di copertina. La sua (e delle altre brassiche) eccezionalità deriva dall’essere ricco di glucosinolati, in grado di stimolare la produzione di antiossidanti. Medici e ricercatori concordano quindi nel sostenere che sia un potente alleato per la prevenzione di alcune importanti patologie come il cancro, il diabete e l’obesità. Drew Ramsey, psichiatra della Columbia University ne è altrettanto convinto: “nel momento in cui sono stati introdotti nuovi colori di kale, dal rosa al viola, in America è esploso l’interesse e FRUITBOOKMAGAZINE

l’appetito per questo vegetale. Il kale è diventato così il preferito degli chef ma ha anche conquistato posti impensabili tra le pagine delle riviste di gossip americane che sono arrivate a distinguere le star che mangiano il kale da quelle che non lo mangiano. Quando guardo ad un cibo penso subito che effetti può avere nel cervello e i principi nutrienti del kale ci aiutano a prevenire la depressione e a sentirci più ottimisti”. Anche per questo, Ramsey e un team di collaboratori hanno fondato un sito per chiedere al governo americano di riconoscere il National Kale Day che dal 2013 viene celebrato ogni primo mercoledì di ottobre. Nonostante gli americani abbiano scoperto solo recentemente le straordinarie proprietà del kale pare che queste non fossero invece sconosciute a greci e latini che lo mangiavano bollito come rimedio per l’ubriachezza. Persino il New York Times si è occupato di analizzare il fenomeno intervistando Tim Peters, un contadino dell’Oregon, considerato il vero inventore del successo del kale che ha confessato al Times: “Prima di allora i kale non erano così diffusi nei supermarket ma soprattutto non invogliavano alla vendita, erano “noiosi” perché si trovava solo la specie verde”. Da qui l’intuizione di Peters che sfruttando il lavoro delle api ha fatto nascere nuove varietà che si differenziano per il gusto, la consistenza e l'aspetto. Dal curly kale, al Tuscan kale fino al red russian kale oggi sono molte le varietà disponibili sul mercato. “La vera mania americana per il kale è scoppiata qualche anno fa ci dice Federico Boscolo di OP Valle Padana - con un’operazione di marketing partita da social network e blogger rivolta ai più giovani. Qui da noi invece, non esiste proprio il concetto di kale, siamo ancora al cavolo...” l N.10 l GENNAIO 2015



store check |

Maurizio Pisani

Pam, merchandising vincente, con banchi ordinati e attraenti 28

Pam sembra aver capito bene i principi del merchandising, ovvero un’esposizione dei prodotti tale da massimizzare il fatturato del punto vendita, e fa buon uso anche del cross category merchandising, vendendo nel reparto ortofrutta prodotti affini come frutta secca, snack alla frutta, ecc. Pam punta ai consumatori attenti alla qualità di quello che comprano, con un reparto ordinato che fa largo uso delle cassette in plastica riutilizzabili verdi Molte delle scelte di acquisto degli shopper vengono fatte nel punto vendita, perlopiù in maniera impulsiva, non razionale. Per questo motivo, il merchandising è da tanti anni una delle leve più utilizzate dai migliori retailer di tutto il mondo. È insieme un’arte e una scienza: si basa su un’allocazione scientifica degli spazi ai prodotti, supportata da dati di vendita e di margine, analisi approfondite e software dedicati, ma deve essere integrato da una capacità quasi artistica di attrarre l’attenzione dei consumatori in modo da incentivare gli acquisti di impulso (in particolare, dei prodotti a margine più alto). PAM sembra avere ben compreso i principi base di questa disciplina e li applica con maestria. Nel punto vendita visitato infatti (quello di Milano in viale Sabotino) l’esposizione di frutta e verdura è molto ordinata ma impattante. Ciò cominciando dal layout, molto particolare, in cui l’ortofrutta è esposta interamente e trasversalmente nel centro del corridoio di ingresso. Una scelta che garantisce una visibilità massima all’offerta, a scapito, se vogliamo, della circolazione delle persone ma sicuramente a vantaggio degli acquisti di impulso. E, aggiungiamo, della percezione di freschezza e qualità dell’offerta dell’intero punto vendita. PAM, poi, non è di per sé ostico alle marche come altre catene, usando il potere dei pochi brand ortofrutticoli forti per rafforzare la sua immagine di qualità. Una scelta che sembra in linea con il FRUITBOOKMAGAZINE

posizionamento generale della catena, orientato a consumatori attenti alla qualità di ciò che comprano. Volontà testimoniata anche dall’idea di dare ampio spazio ai prodotti biologici, ben presentati ed ordinati in una vasca dedicata. Un altro aspetto che emerge dalla visita è il buon uso delle strategie di cross category merchandising. Infatti, vari prodotti affini all’ortofrutta (come frutta secca, snack alla frutta e così via) sono giustamente esposti nel reparto, in modo da incentivarne l’acquisto. Con espositori negli angoli, piccole vasche aggiuntive per prodotti refrigerati, e in altri modi più o meno fantasiosi. Particolarmente originale la proposta di una promozione che abbinava vino novello e castagne, ad un prezzo speciale riservato ai proprietari di carta fedeltà. Idea semplice ma efficace: l’abbinamento in certi momenti di prodotti di categorie diverse è una leva molto utilizzata all’estero ma ancora relativamente poco diffusa in Italia. Anche la quarta gamma viene valorizzata in PAM da una bella esposizione in frigorifero, all’interno del reparto ortofrutta, in grado di mettere in risalto l’ampio assortimento. Insomma, PAM sembra applicare correttamente tutte le leve del merchandising, perlomeno nella sua parte “artistica”, quella visibile agli occhi del visitatore. L’esposizione di ortofrutta, infatti, appare ordinata e funzionale, ma allo stesso tempo attraente e per certi versi originale. Tutto ciò permette alla catena di costruire un reparto ortofrutticolo ricco di stimoli di acquisto e spunti interessanti, ed in grado di sostenere in pieno il posizionamento dell’insegna. l N.10 l GENNAIO 2015



il libro |

Giancarlo Sbressa

La piramide alimentare? No, il nuovo modello è a clessidra 30

Dalla ricerca biomedica più avanzata, il nuovo modello nutrizionale, descritto in modo brillante ed elegante dal giovane Kris Verburgh, biogerontologo ed esperto di neuroscienze, promette di farci vivere più sani, più a lungo e più magri. L’autore rivela il legame fondamentale che sussiste fra il nostro processo di invecchiamento, prestabilito geneticamente, e la nostra alimentazione. Altamente raccomandato anche a chi ha responsabilità politica Sono numerosi i libri di alimentazione, ancora di più quelli sulle diete. Spesso risulta assai difficile orientarsi e capire dove sta la verità. Pochi sanno ad esempio che l’originaria piramide alimentare sarebbe stata modificata dalle industrie alimentari per massimizzare i propri interessi. Con questa nuova rubrica intendiamo dare risalto a volumi che a nostro avviso sono meritevoli della vostra attenzione. Basato sugli studi scientifici più recenti e autorevoli, la clessidra alimentare spiega come sia possibile, attraverso il cibo, rallentare l’invecchiamento, prevenire le malattie, in particolare quelle correlate all’età, e dimagrire facilmente. Kris Verburgh, classe 1986, nominato nel 2012 tra le persone più influenti del suo Paese, con 200 mila copie vendute in Olanda e Belgio in pochi mesi, propone un nuovo modello nutrizionale a clessidra, che sovverte i modelli nutrizionali tradizionali e indirizza a una naturale perdita di peso. L’autore sfata molti luoghi comuni sulla corretta alimentazione. La piramide e la ruota alimentare, su cui si basano molte diete in circolazione, sono modelli superati. Molti regimi dietetici per perdere peso in realtà sono dannosi, mentre con la clessidra si dimagrisce definitivamente e in salute. In genere i grassi non ricoprono un ruolo importante nelle affezioni cardiovascolari, mentre molti carboidrati sì. A lungo FRUITBOOKMAGAZINE

termine molti integratori di antiossidanti possono far male e non sono gli antiossidanti a rendere sani prodotti come il tè verde. Nel libro si spiega in modo chiaro e facilmente comprensibile al grande pubblico il motivo per cui la società moderna è sempre più obesa e si ammala con sempre maggiore frequenza. In poche parole ci avveleniamo giorno dopo giorno con alimenti raffinati e ricchi di carboidrati. Lo zucchero è il primo prodotto da eliminare: oltre a farci ingrassare, aumenta la probabilità di farci contrarre un tumore, accelera il processo di invecchiamento e indebolisce il nostro sistema immunitario. Pensate soltanto che l’ictus e l’attacco cardiaco sono ostruzioni di arterie causate da placche che si sono formate a causa dell’eccessiva assunzione di zuccheri. Ma attenzione, perché lo zucchero non è solo quello che mettiamo nel caffè o che si trova dentro a biscotti e succhi di frutta. La principale fonte giornaliera di zuccheri arriva due o tre volte al giorno da pasta, pane, patate e riso. Pensate che eliminando questi prodotti - sì si può fare! si dimagrisce in maniera spettacolare, si rallenta il processo di invecchiamento e si può perfino guarire dal diabete di tipo 2, che è il più diffuso. Attenzione però, che degli zuccheri si ha bisogno tanto quanto dell’ossigeno. È quindi importante assumere prodotti che rilasciano lo zucchero nel sangue lentamente, così da evitare picchi glicemici. Un esempio? I prodotti integrali (pasta, pane, riso, etc.). Meglio ancora la frutta fresca. Sì, alla fine si torna sempre lì: signori e signore, mangiate più frutta e ortaggi. l N.10 l GENNAIO 2015


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il dettaglio |

Irene Forte

Frode a Km zero, quando gli agricoltori vanno al Mercato 32

Un agricoltore è stato denunciato per frode in commercio dal comando provinciale di Padova del corpo forestale, per aver venduto nei mercati a “Km 0” come di propria produzione prodotti ortofrutticoli acquistati al Mercato agroalimentare di Padova (MAAP). La Coldiretti: «Danno di immagine. Pronti a costituirci parte civile contro i finti agricoltori». Intanto Le Iene a novembre hanno denunciano un caso analogo, che coinvolge anche il biologico Già la scorsa primavera i forestali avevano avviato indagini per verificare la provenienza della merce esposta sui banchi dei mercati agricoli e a farne le spese erano stati alcuni agricoltori che, a seguito di pedinamenti e perquisizioni, erano stati sorpresi a vendere come propri prodotti ortofrutticoli che, in alcuni casi, avevano anche origine estera. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Sergio Dini, sono partite dopo un esposto di alcuni commercianti dell’Alta padovana e successivamente avevano subìto una accelerazione a seguito di una denuncia presentata alla forestale dall’agricoltore di Pozzonovo che descriveva le condotte illecite di altri agricoltori presenti in alcuni mercati a Km zero della provincia padovana. FRUITBOOKMAGAZINE

Il comando provinciale di Padova, dopo aver concluso le indagini, culminate con il blitz della scorsa primavera, ha proseguito con ulteriori approfondimenti nei mercati e anche nei confronti del denunciante. riscontrando sul suo banco la presenza di un’esagerata varietà di ortofrutta rispetto a quella proposta dagli altri agricoltori. Pedinamenti serrati hanno permesso agli inquirenti di accertare che l’imprenditore agricolo, nel giorno precedente il mercato agricolo, si riforniva sistematicamente al Mercato agroalimentare di Padova. È stato poi appurato che i prodotti venivano esposti sul banco come di propria produzione. Il primo giovedì di novembre, in seguito a perquisizione, la forestale è entrata nell’azienda agricola ed ha potuto porre fine alle condotte fraudolente dell’agricoltore. La Coldiretti, che è la vera promotrice dei farmer’s market in Italia, ha espresso soddisfazione per l’indagine del corpo forestale e ha ricordato l’attività di autocontrollo in tutti i mercati di “Campagna Amica”, confermando la linea della “tolleranza zero” nei confronti dei produttori che non rispettano le regole e sottolineando come la maggior parte dei produttori siano persone oneste. Intanto Le Iene, in un servizio andato in onda mercoledì 26 novembre, hanno trovato in un farmer’s market di Verona un produttore di ortofrutta biologica, sempre associato Coldiretti, con un assortimento particolarmente ampio. In realtà anche in questo caso i prodotti venivano acquistati a Veronamercato e per giunta non erano nemmeno biologici. l N.10 l GENNAIO 2015


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innovazione |

Eugenio Felice

Valfrutta e OP Valle Padana lanciano la linea benessere 34

La nuova linea Benessere firmata Valfrutta e proposta da OP Valle Padana è la prima linea studiata apposta per i consumatori più sensibili al tema della salute e del gusto. Si tratta di buste di insalata di quarta gamma arricchite da alimenti ad elevato contenuto di salute, come goji, lino e semi vari. Sono disponibili sugli scaffali a partire dal 2015. Boscolo: “Sta arrivando dagli Usa la rivoluzione all’insegna dell’health food, noi siamo pronti” Tra le 23 aziende sponsor dell’evento Mark Up, tenutosi il 3 dicembre a Milano nella sede del Sole 24 Ore, c’era anche OP Valle Padana, partner esclusivo dal 2008 di Valfrutta sul mercato italiano per le insalate di quarta gamma, che ha presentato la novità di prodotto più interessante della giornata. Nel frigo erano infatti presenti le nuovissime buste della Linea Benessere, neanche a farlo apposta uno dei temi e dei termini su cui bisognerà lavorare di più, secondo Fabio Ancarani, direttore area marketing di SDA Bocconi, intervenuto alla giornata studio. Le referenze presentate in anteprima a Milano, le prime ad arrivare sul mercato, sono delle insalate (ma potremmo dire ortaggi, essendoci anche finocchio e carote) arricchite da bacche di goji (ricco di vitamina C ed FRUITBOOKMAGAZINE

E, con elevato effetto antiossidante), oppure da lino (ricco come il salmone di acidi grassi “buoni”, i famosi Omega 3), o ancora mix di semi (fonti di zinco). Arriveranno poi nel corso dell’anno anche altre referenze, questa volta con mandorle, o girasole, o ancora curcuma, un superfood sempre più noto e apprezzato dai salutisti. Nelle buste, dalla grafica pulita ed elegante, con colori specifici per ogni referenza per renderle subito riconoscibili, è ben indicato anche l’effetto benefico, come la “buona vista” per i semi. “Tutte le componenti sono selezionate per esaltare la funzione benefica. Parliamo di salute, quindi, ma parliamo anche di referenze molto buone, che soddisfano il palato, oltre a essere completamente vegetali”, ci ha spiegato Federico Boscolo, responsabile commerciale e logistico di OP Valle Padana e figlio del presidente Giancarlo Boscolo. “È un progetto su cui abbiamo lavorato molto negli ultimi mesi e i primi riscontri positivi che abbiamo raccolto ci confortano sull’idea che la strada intrapresa sia quella giusta. Il trend dell’health food sarà sempre più in crescita e il convegno di oggi ne è la prova, non si è parlato di altro. Basta guardare cosa sta succedendo negli Usa, con i superfood come il kale (si veda articolo di pagina 26, ndr), o da noi con il radicchio e la frutta secca, anche questi superfood. È un movimento che ha ormai le sembianze di una rivoluzione all’insegna del cibo sano, che parte dagli Usa e grazie ai social e ai nuovi mezzi di comunicazione sta arrivando velocemente anche qui”. OP Valle Padana è specializzata in orticole, in particolare baby leaf e prodotti a cespo, con 16 soci che coltivano oltre 700 ettari nei migliori areali italiani. Il gruppo opera in tutta Europa e ha produzioni agricole negli Stati Uniti e in Messico per il mercato americano. l N.10 l GENNAIO 2015



mercati |

Eugenio Felice

Spreafico: «Campagna pere molto sopra le aspettative» 36

Finalmente buoni segnali dal mercato. Anche perché parliamo di uno degli articoli, la pera, che più ha sofferto negli ultimi anni. La qualità decisamente elevata ha fatto invertire la tendenza sui consumi nazionali, con prezzi finalmente remunerativi per produttori e distributori. Intanto da dicembre è in vendita la Angélys, una esclusiva Spreafico per l’Italia, prodotta tra Emilia Romagna e basso Veneto con un raccolto 2014 di 4 mila tonnellate La campagna pera in corso sta evidenziando segnali molto positivi, soprattutto in termini di crescita della domanda. Secondo il comitato di coordinamento dell’OI Pera, tenutosi l’11 novembre a Ferrara, nonostante la maggiore disponibilità iniziale di prodotto, i dati sulle giacenze di Abate al 31 ottobre 2014 evidenziavano infatti un -7 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, a dimostrazione di una domanda molto vivace da parte del mercato interno ed estero. Da inizio campagna alla fine di ottobre è stato venduto il 32 per cento delle pere Abate, contro il 14 per cento dell’anno precedente. La forte domanda di prodotto, che riguarda tutto il comparto pere e non solo l’Abate Fetel, ha determinato una signifiFRUITBOOKMAGAZINE

cativa crescita delle quotazioni. Il comitato di coordinamento dell’OI Pera è fiducioso sull’andamento dell’intera campagna vista la buona qualità del prodotto e i buoni risultati ottenuti in questi pri-mi mesi. La notizia quindi è importante: uno dei frutti più in difficoltà degli ultimi anni, la pera, finalmente registra consumi in crescita e prezzi so-stenuti, pur in presenza di quantitativi superiori al-la scorsa campagna. Il motivo? “Grazie alla qualità decisamente elevata dei frutti e a un avvio di campagna con prezzi corretti, anche se mai avremmo immaginato la scorsa estate una campagna così positiva. Il consumatore italiano si è riavvicinato alla pera e questo ci fa ben sperare per gli anni a venire. L’importante sarà continuare a lavorare sulla qualità”, ci ha spiegato Simone Spreafico, che abbiamo contattato a inizio gennaio per avere il polso della situazione. Lo storico gruppo che fa capo alla famiglia Spreafico lavora le pere nazionali nello stabilimento di Sala Bolognese con volumi superiori alle 20 mila tonnellate. Ha anche un’esclusiva: la pera Angélys, che ha raggiunto un volume di 4 mila tonnellate. Si raccoglie a ottobre tra l’Emilia Romagna e il Veneto, affina come il buon vino nelle celle di conservazione fino a dicembre, per essere venduta fino a giugno o a esaurimento scorte. “I volumi cresceranno ancora i prossimi anni, quando andranno in produzione i nuovi impianti”, fa sapere Simone Spreafico. È una pera che piace, con la sua polpa fondente e profumata e il grado brix mediamente elevato. l N.10 l GENNAIO 2015


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lo studio |

Eugenio Felice

Ortofrutta: consumi a 303 gr. al giorno, erano 361 nel 2000 38

Il dato è stato rivelato nel corso della giornata studio organizzata il 3 dicembre da Mark Up a Milano. In Italia il consumo pro capite di ortofrutta dal 2000 a oggi è sceso del 16 per cento, passando da 361 a 303 grammi. Nello stesso periodo il cioccolato ha fatto +100 per cento. E nel 2022? Se proseguirà questo trend il consumo andrà a 277 grammi, con conseguenze disastrose per la salute dei consumatori e la spesa sanitaria nazionale La giornata studio organizzata da Mark Up a Milano a inizio dicembre, che ha visto un’ampia partecipazione da parte sia del mondo produttivo che di quello distributivo, ha provato a tradurre in numeri le conseguenze della continua riduzione dei consumi ortofrutticoli. Secondo il Monitor Ortofrutta di Agroter, nel 2000 gli italiani consumavano 361 grammi di ortofrutta pro capite al giorno, equivalenti a due mele di medio-piccolo calibro (cinque mele fanno un chilo). Quattordici anni dopo questo valore è sceso a 303 grammi, vale a dire il 16 per cento in meno. Cosa accadrà nel 2022 se il trend proseguirà? Il consumo pro capite arriverà a 277 grammi, il 23 per cento in meno rispetto al 2000. Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, presente sul palco e interpellato sull’arFRUITBOOKMAGAZINE

gomento, ha risposto: “Questo non succederà in Conad, da molti anni ormai l’ortofrutta è il biglietto da visita dei nostri supermercati, lo strumento per differenziare la nostra offerta da quella delle altre catene distributive. Abbiamo sposato la campagna dei 5 colori del benessere di Unaproa e quella Nucis per la frutta secca, con risultati significativi. Nel caso di Nucis, abbiamo registrato negli ultimi 5 anni una crescita media delle vendite di frutta secca del 15 per cento anno su anno. Nel 2015 - ha aggiunto - partirà una campagna di comunicazione che avrà proprio per protagonista l’ortofrutta”. Gli esperti di Agroter sono andati a quantificare le conseguenze della riduzione dei consumi di ortofrutta e i dati non possono che essere allarmanti: se il calo dei consumi negli ultimi 15 anni non fosse accaduto si sarebbero potuti risparmiare, secondo una stima prudenziale, ben 3,4 miliardi di euro in termini di spesa sanitaria oltre a prevenire 52 mila potenziali decessi da patologie cardiovascolari. Se tornassimo ai consumi del 2000, sempre secondo i dati elaborati da Agroter, nei prossimi 8 anni il risparmio per la spesa sanitaria nazionale per le sole patologie cardiovascolari sarebbe quantificabile in 3,3 miliardi di euro. Negli Stati Uniti lo hanno capito da un po’, con Michelle Obama prima testimonial del mangiar sano. In Italia invece la politica continua a latitare. Il ministro delle Politiche agricole Martina ha mancato l’evento di Milano, preferendo il Wine2Wine in corso a Verona, anche se, a dire la verità, forse sarebbe stata più opportuna la presenza del ministro della Salute Lorenzin. Lo stesso Pugliese, a fine lavori, ha esortato le associazioni di categoria a sensibilizzare su questi argomenti il Governo, che in periodo di spending review non può fare orecchie da mercante. l N.10 l GENNAIO 2015



marketing check-up |

Maurizio Pisani

Insalate di quarta gamma, cosa possono fare le marche? 40

Ci sono mercati in cui le marche appaiono in grande difficoltà. Mercati in cui le private label dominano e le marche sono costrette a reinventarsi continuamente per poter difendere la loro posizione e ritagliarsi un ruolo. La IV gamma è uno di questi mercati con più del 60% del mercato in mano alle marche dei distributori. Cosa può fare l’industria di marca per reagire a questa situazione? E cosa stanno facendo effettivamente i leader del settore? Ecco tre idee e alcuni esempi di iniziative recenti di alcune delle aziende più importanti nel settore della quarta gamma. 1) studiare e ristudiare il consumatore per rimodellare l’offerta: la crescita della private label, oltre che testimoniare l’ottimo lavoro svolto dai retailer, indica che il consumatore non percepisce valore aggiunto nell’offerta di marca. E quindi non è disposto a spendere di più per la marca stessa. Ma perché? Indagare in profondità nella mente dei consumatori, con tutti gli strumenti che la ricerca di mercato offre oggi, può fornire all’industria di marca spunti utili per capire a cosa il consumatore attribuisce valore nella categoria, per ricostruire la propria offerta in linea con quello per cui il consumatore è disposto a FRUITBOOKMAGAZINE

spendere di più. In questo senso, appare molto azzeccata la nuova linea di Bonduelle “Le insalatine degli agricoltori Bonduelle”, che risponde alle esigenze di rassicurazione dei consumatori, spesso ancora non convinti al 100 per cento della freschezza e della provenienza dei prodotti di IV gamma. 2) investire per creare una marca più forte: ogni prodotto, anche se nuovo e innovativo, può essere copiato nel giro di pochi mesi. Una marca forte, invece, no. Una marca conosciuta, differenziata nella sostanza e distintiva nella forma, che fornisce benefit razionali ed emozionali rilevanti per chi compra, è unica ed inimitabile. Ed è in una posizione difficilmente attaccabile da private label e concorrenti. Certo, costruire una marca forte richiede forti investimenti in comunicazione. Bisogna avere budget a disposizione. E qui le marche del settore non sembrano particolarmente attive, con livelli di investimenti sulla categoria non granché elevati. L’unica eccezione pare essere Bonduelle. 3) proporre innovazioni per uscire dalla bagarre del prezzo. Se creare una marca forte richiede investimenti fuori portata, è il momento di sperimentare soluzioni più creative. Ad esempio, estendendo o riposizionando la marca in un segmento super premium, meno interessante per le PL; offrendo prodotti particolarmente innovativi; e così via. In questo senso, appaiono molto interessanti le offerta di Dimmidisì con le Insalate Stellate, di Bonduelle con Agita e Gusta, di Ortoromi con Insal’Arte e Pausa Pranzo Premium. l N.10 l GENNAIO 2015



mens sana |

Marta Baldini (dietista)

Radicchio superstar, crudo o cotto fa meglio dei mirtilli 42

Il fiore d’inverno ha proprietà antiossidanti maggiori di prodotti più famosi come il mirtillo e l’uva passa. È anche consigliato per chi segue un regime vegetariano o vegano: consumato regolarmente insieme a cereali e frutta secca costituisce infatti un alimento proteico completo. Impiegato fin dall’antichità, noto per il gusto amaro, il radicchio purifica il sangue e la pelle dall’azione delle tossine e rallenta il processo di invecchiamento Il famoso e nobile radicchio rosso, l’insalata rossa apprezzata anche oltre confine sia come contorno cotto che crudo, botanicamente ha come nome scientifico Chohorium intybus e in molti Paesi stranieri viene anche comunemente chiamato cicoria. Il radicchio rosso è composto per il 93 per cento da acqua, per il 4,5 per cento da carboidrati e per l’1,3 per cento da proteine, mentre la restante percentuale si divide in ceneri, fibre, grassi e microalimenti: calcio, sodio, fosforo, potassio (in grande quantità), vitamine del gruppo B, vitamina C, E, K e P. L’ortaggio, sinonimo del “gusto amaro”, era conosciuto già nell’antichità per i suoi usi terapeutici. Gli antichi egizi lo impiegavano per trattare problematiche legate al fegato e alla cistifellea e alcune testimonianze raccontano l’uso del radicchio anche FRUITBOOKMAGAZINE

per la purificazione del sangue e della pelle dall’azione delle tossine. Oggi, recenti studi italiani, come quello dell’Università di Urbino, confermano in parte queste proprietà curative del radicchio legate a vecchie tradizioni: un’ottima azione depurativa e digestiva grazie al suo alto contenuto in acqua e ai principi amari (tannino) contenuti nell’ortaggio. Proprio sotto l’influenza di questi composti dal gusto amaro, la digestione è particolarmente stimolata, influendo anche sul senso di fame, riducendolo e aumentando la sensazione di pienezza (ottimo alleato per le persone a dieta ipocalorica). Inoltre, dati scientifici hanno anche sottolineato come il radicchio rosso contenga molte più sostanze antiossidanti rispetto ad alimenti più famosi per questa proprietà (mirtilli e uva passa); rallentando così il processo di invecchiamento cellulare e prevenendo l'insorgere di alcuni tipi di tumore. Affinché si possa attingere a tutte le proprietà del radicchio rosso è bene ricordare che deve essere consumato fresco, senza parti rovinate, foglie gialle o troppo scure e macchiate e che il cespo sia leggermente aperto. Ma come si possono sfruttare a pieno le proprietà del radicchio per trarne un vero beneficio? Un utilizzo molto particolare è l’infuso di foglie di radicchio, assunto subito prima di cena in modo da stimolare la digestione e l’attività intestinale (ideale per chi soffre di stitichezza) oppure bevendone il succo delle foglie; un succo ricco in antiossidanti e un potentissimo disintossicante dell’organismo (esistono preparati in erboristeria privi di zuccheri aggiunti). Per un uso più tradizionale, si consiglia di consumarlo crudo in insalata o previa breve cottura come condimento di riso integrale o orzo, magari con l’aggiunta di qualche foglia d’insalata belga e qualche noce. Sono piatti molto gustosi e ricchi di salute. l N.10 l GENNAIO 2015


le prime tre referenze della

G oji in insalata

ino L in insalata

S emi in insalata

RICCO DI VITAMINE C ed E EFFETTO ANTIOSSIDANTE

RICCO DI ACIDI GRASSI OMEGA 3

RICCO DI VITAMINA A E FONTE DI ZINCO EFFETTO BUONA VISTA

Spinacino

Finocchio

Carote

Bietolina

Rucola

Spinacino

Crescione

Radicchio Rosso

Rucola

Gemme di Piselli

Finocchietto

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Consorzio Nord Ovest si aggiudica il primo Italy’s Top Fresh Retailer Un nuovo premio organizzato dalla nostra testata per stimolare un percorso di miglioramento Eugenio Felice

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Un testa a testa tra Consorzio Nord Ovest, Esselunga e Coop Adriatica. Dopo sei mesi di indagine abbiamo analizzato i dati raccolti e tratto le conclusioni: la prima edizione di questo premio che misura sia le performance del reparto ortofrutta che la correttezza delle catene distributive nei confronti dei fornitori se lo aggiudica Coop Consorzio Nord Ovest, costituito da Coop Lombardia, Coop Liguria e NovaCoop. Seguono a stretta distanza Nordiconad e Dimar (Selex) Un riconoscimento alla catena più virtuosa nei rapporti con i fornitori. L’idea la avevamo in testa da un po’ di tempo. Non volevamo però fare qualcosa di fine a sé stesso: di autoreferenzialità nel nostro settore ce n’è già anche troppa. Quello che ci ha convinto è stata una e.mail del 20 agosto inviata da un nostro lettore, nonché fornitore di ortofrutta, che non ci ha lasciato indifferenti. La riportiamo qui di seguito in versione integrale. Nella pagina a fianco i vincitori del 2015. La lettera del fornitore e la genesi del premio. “Gentile direttore, coordino assieme ad altri soci l’attività tecnica e commerciale della società ####, che commercializza i propri prodotti a marchio proprio e a marchio del distributore. Ricevo periodicamente Fm e posso definirmi un Suo lettore ap-passionato. Le scrivo queste poche righe come apprezzamento per quanto riportato nell’articolo “la patata bollente” di Report. Un plauso per la franchezza nell’esposizione. Mi ha colpito in particolaFRUITBOOKMAGAZINE

re la sua “inquietudine” per il fatto che tale truffa abbia bypassato tutti i sistemi di controllo di Coop e Conad”. “Ahimè - continua il lettore e fornitore - per un addetto ai lavori come me che ha provato a combattere il sistema, non si tratta più di inquietudine, ma di prender atto ogni giorno, sempre più spesso, della prassi di frodare la provenienza dei prodotti ortofrutticoli, prassi che è ben nota a tutti i “livelli”. Siamo stati tentati di esporci in prima persona come azienda per denunciare gli svariati episodi che sono la punta di un iceberg e che spesso accadono sotto i nostri occhi, ma abbiamo preferito reagire, per non soccombere, collocando le nostre produzioni sui mercati esteri (con l’indicazione in etichetta: prodotto in Italia!). Temo - conclude il fornitore - che la Sua sia considerata solo una nota stonata in un concerto di ipocrisia che ormai ha sconfinato nella disonestà”. l N.10 l GENNAIO 2015


Alle aziende è stato chiesto di indicare le maggiori criticità e alcune possibili soluzioni, con lo scopo e l’ambizione di migliorare non solo il rapporto cliente - fornitore ma anche le performance del reparto ortofrutta dei gruppi distributivi. Quello che è, alla fine, anche lo scopo della nostra testata

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Italy’s Top Fresh Retailer 2015: le preferenze dei fornitori GRUPPO DISTRIBUTIVO

SEDE

FATTURATO 2013

N°PDV

ADERENTE A:

1

CONSORZIO NORD OVEST

Milano (MI)

2.552.000.000 €

260

COOP ITALIA

2

ESSELUNGA

Milano (MI)

6.900.000.000 €

>140

ESSELUNGA

3

COOP ADRIATICA

Villanova di Castenaso (BO)

2.079.000.000 €

>190

COOP ITALIA

4

NORDICONAD

Modena (MO)

1.461.000.000 €

445

CONAD

5

DIMAR

Cherasco (CN)

829.000.000 €

n.d.

SELEX

6

CONAD CENTRONORD

Caprara di Campegine (RE)

1.128.000.000 €

CONAD

7

ORRIGONI CEDIS / TIGROS

Solbiate Arno (VA)

283.000.000 €

230 >55

AGORÀ NETWORK

8

VEGA

San Biagio di Callalta (TV)

188.000.000 €

>310

SIGMA

9

ALÌ SUPERMERCATI

Padova (PD)

904.000.000 €

>100

SELEX

10

LIDL

Arcole (VR)

n.d.

LIDL

11

PAC 2000A

Ponte Felcino (PG)

2.497.000.000 €

>600 >1.100

CONAD

210.000.000 €

>110

SELEX

12

CE.DI. MARCHE

Piane di Camerata Picena (AN)

Gli altri gruppi distributivi che hanno ricevuto delle preferenze: Prix Quality (VI), Magazzini Gabrielli (AP), Eurospin (VR), Pam (VE), Iperal (SO), Seven (TN), Aspiag Service (PD), SAIT (TN).

Il premio. I fornitori giudicano i clienti, secondo una serie di parametri. Potrebbe riassumersi così l’indagine che la nostra testata ha svolto negli ultimi mesi presso i più importanti fornitori italiani di ortofrutta. Un’indagine che non ha precedenti in Italia. Il risultato è un premio, o award come dicono gli inglesi, che avrà cadenza annuale: Top Fresh Retailer. Abbiamo scelto l’inglese per due motivi: sempre più sarà la prima lingua delle nuove generazioni anche nel nostro “piccolo” Paese - e noi guardiamo lontano - e non escludiamo che un’iniziativa del genere possa replicarsi in altri Paesi. La parola “fresh” sta ad indicare che l’indal N.10 l GENNAIO 2015

gine ha preso in esame l’ortofrutta, in inglese appunto fresh produce. Lo scopo del premio non è dare le pagelle alle catene distributive operanti in Italia, ma un riconoscimento a quelle organizzazioni particolarmente virtuose nel rapporto con i fornitori e uno stimolo al miglioramento per quelle che potremmo definire follower. Le catene più innovative nell’esposizione dei prodotti, quelle più attente al sapore, quelle più restrittive sui principi attivi, quelle più aperte a nuove proposte, quelle più rapide

nei pagamenti, quelle meno burocratizzate, quelle più ragionevoli nelle contestazioni: sono solo alcuni dei parametri di giudizio oggetto dell’indagine. I risultati sono particolarmente significativi perché sono state coinvolte nell’indagine solo quelle aziende che per dimensione sono in grado di servire un numero elevato di catene distributive. Alle aziende è stato chiesto anche di esprimere un commento sulla distribuzione moderna, indicando le maggiori criticità e alcune possibili soluzioni, con lo scopo e l’ambizione di migliorare non solo il rapporto cliente - fornitore ma anche le performance del reparto FRUITBOOKMAGAZINE


anni il Sistema Coop persegue gli elementi “cheDasono alla base della valutazione del premio, quindi la correttezza e l’eticità nei confronti del mondo produttivo, pur nel rispetto dei ruoli e delle esigenze aziendali ”, Giuseppe Capaldo (Resp. Filiera Ortofrutta Consorzio Nord Ovest)

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ortofrutta dei punti vendita del sistema distributivo nazionale. Quello che è, in fin dei conti, anche lo scopo della nostra testata. Un reparto strategico che sempre più rappresenta non solo il biglietto da visita delle catene distributive ma anche il luogo dove queste possono differenziare la propria offerta rispetto a quella dei competitor. Ringraziamo quindi quelle aziende che hanno partecipato all’indagine, fiduciosi che l’iniziativa possa trovare ancora maggiori adesioni per stabilire i vincitori del 2016. I rimandati. Non era nostra intenzione fare una classifica al contrario, ma abbiamo comunque chiesto ai fornitori di dare un’indicazione sulle catene con cui avessero avuto recentemente delle difficoltà. Senza entrare nel merito delle motivazioni, possiamo dire che in fondo alla graduatoria delle preferenze si trova, in modo netto, Ortofin, la piattaforma del gruppo Finiper che rifornisce i 26 ipermercati Iper e i circa 300 punti vendita Unes. A una certa distanza troviamo poi Auchan, Sma e Carrefour. Come migliorare? Riportiamo di seguito i commenti di alcuni fornitori, quelli che riteniamo i più significativi. In generale si lamenta un’eccessiva pressione sugli aspetti di prezzo, con sempre maggiori richieste di scontistiche, premi, contributi, etc. “In ortofrutta commenta un fornitore - vi è solo guerra per essere leader nei prezFRUITBOOKMAGAZINE

zi bassi. Le catene se le danno di santa ragione a suon di 99 centesimi contro 89 centesimi. Il risultato sono prodotti al limite della decenza. Eppure nella maggior parte delle catene il reparto ortofrutta è posto all’ingresso, come a dire che quello è il biglietto da visita del punto vendita e dell’insegna. Perché allora i reparti ortofrutta, salvo rarissime eccezioni, sembrano fatti tutti con lo stampino, riducendo il tutto a una sola questione di prezzo? Perché le catene non investono su un’esposizione differenziante? Mio papà, che è un agricoltore, la frutta e la verdura la compra al fruttivendolo e di spendere il doppio non gli interessa, lui guarda alla qualità. Al Bennet acquista solo Nutella e patatine”. Collegato al fattore prezzo c’è quello della qualità. Le catene sono ancora troppo concentrate sugli aspetti estetici e di shelf life e poco su quelli della salubrità e sapidità. “Le catene - commenta un altro fornitore - dovrebbero incrementare il fatturato mettendo in evidenza le qualità organolettiche dei prodotti, giustificando così i prezzi.” “Per avere un miglioramento gli fa eco un altro fornitore - le catene dovrebbero definire una strategia commerciale ben precisa, che non si basi solo sulla proposta del prezzo più basso o delle promozioni, ma puntando su una qualità maggiore, che non tenga conto solo

degli aspetti visivi del prodotto ma anche della sapidità e salubrità”. Sembra poi mancare la capacità di ascoltare il consumatore. “Le catene - afferma un altro fornitore appaiono troppo concentrate sulle vendite, sul risultato immediato, con pochissima considerazione verso i clienti. L’importante è vendere”. Rincara la dose un altro fornitore: “Ritengo che la prima cosa che chiunque voglia vendere debba sempre fare è ascoltare per individuare i bisogni, essere innovativo, aperto, dinamico e intraprendente per soddisfarli. Il sistema distributivo italiano è sempre più impermeabile e sordo alle richieste ed alle realtà dei consumatori, concentrato in esercizi finanziari di scarso risultato dove i prodotti sono solo un addendo come un altro. Si deve partire dal riascoltare il consumatore in tutte le sue manifestazioni, per poi soddisfarlo partendo da due semplici cose: il prodotto ed il servizio. Solo dopo viene il prezzo che non necessariamente deve essere basso, ma sempre congruo alle prestazioni erogate e coerente con il posizionamento scelto dall’insegna. Per fare ciò è necessario e determinante ai fini del risultato, avere un team di collaboratori integri, professionali e motivati che respirano la prima linea, che guidano la prima linea”. Passiamo così al tema delle risorse umane. Poco competenti gli addetti al reparto, definiti come “semplici operatori che dispongono come robot le insalate sugli scaffali ma non sanno raccontare il prol N.10 l GENNAIO 2015


Spiace che la distribuzione investa poco sul “reparto ortofrutta che potrebbe davvero far fare il salto di qualità a tutto il sistema. La prima catena che farà il passo verso questa strada sarà quella che nel tempo avrà più soddisfazione in immagine e dal punto di vista economico ”, un fornitore dotto e stimolare la vendita”; a volte poco competenti anche i responsabili del controllo qualità cui viene delegato troppo potere; poco professionalizzati infine gli stessi buyer con l’ombra sempre più cupa della corruzione all’interno del sistema, con buyer che vengono “agevolati” nella scelta di un fornitore rispetto ad un altro. “La distribuzione - aggiunge un fornitore - dovrebbe formare in modo continuo e incentivante non solo la parte acquisti ma anche il controllo qualità, le vendite, il marketing, tutti gli attori della customer satisfaction, dovrebbe apprendere dal cliente i suoi bisogni dinamici e trovare i partner commerciali che riescano a soddisfarli al meglio”. Parliamo quindi anche di burocrazia: secondo diversi operatori le catene dovrebbero introdurre meccanismi decisionali più snelli, semplificare i processi, ridurre i livelli: “Ci sono inefficienze enormi nel sistema distributivo che troppo facilmente vengono fatte pagare al mondo agricolo”, commenta un operatore. C’è poi l’aspetto del made in Italy: “la produzione nazionale andrebbe valorizzata, come succede all’estero. Sulla carta - precisa un fornitore - sono tutti bravissimi e concentrati sulla territorialità ma spessissimo il consumatore, su questo concetto, da parte delle catene estremizzato, viene ingannato”. Chiudiamo con quella che è oggi considerata la vera sfida della GDO: diventare più grandi.

l N.10 l GENNAIO 2015

Attente aspetti salubrità

COOP ITALIA ESSELUNGA CONAD LIDL Programmazione che funziona

COOP ADRIATICA ESSELUNGA PAC 2000A LIDL EUROSPIN Attente al sapore

ESSELUNGA COOP ITALIA ALÌ SUPERMERCATI CONAD

Veloci nei pagamenti

ESSELUNGA COOP ITALIA CONAD LIDL ORRIGONI CEDIS Ragionevoli su scontistiche e promozioni

ESSELUNGA LIDL DIMAR CONAD ROMAGNA MARCHE

Corrette nelle contestazioni

CONAD LIDL CONSORZIO NORD OVEST ESSELUNGA DIMAR Apertura a nuove proposte

CONSORZIO NORD OVEST AUCHAN ESSELUNGA PAM ALÌ SUPERMERCATI PAC 2000A Le più innovative

CONSORZIO NORD OVEST ALÌ SUPERMERCATI CONAD ESSELUNGA DIMAR Velocità nella risposta

CONAD ORRIGONI CEDIS VEGA ASPIAG SERVICE COOP ADRIATICA Le meno burocratizzate

ESSELUNGA CONAD IPERAL VEGA

FRUITBOOKMAGAZINE

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Macfrut si sposta a Rimini UniCredit main sponsor per spingere sul business Attesi dall’Est Europa 200 nuovi buyer selezionati grazie all’accordo con il gruppo bancario Eugenio Felice

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Si svolgerà a Rimini, in uno dei poli fieristici più belli d’Italia, dal 23 al 25 settembre, la 32.ma edizione di Macfrut, che può già contare su un main sponsor e partner d’eccezione, il gruppo bancario UniCredit, che porterà 200 nuovi buyer selezionati per dare alla fiera una connotazione ancora più business oriented. Abbiamo chiesto a Renzo Piraccini, presidente di Cesena Fiera, i motivi per cui un operatore italiano dovrebbe scegliere Macfrut Dopo 32 anni il Macfrut si sposta da Cesena a Rimini, cosa può offrire la nuova location? Quando ho accettato l’incarico di presidente di Cesena Fiera, avevo posto tra le condizioni quella di spostare il Macfrut in una nuova sede che fosse più in linea con le esigenze degli operatori. In campo c’erano due opzioni: Rimini o Bologna. La scelta alla fine è caduta su Rimini per tre motivi. Primo: è la struttura fieristica più bella e funzionale d’Italia, realizzata sul modello di Friedrichshafen e che gioca su elementi naturali come il legno e l’acqua che sono anche l’essenza del nostro settore. Secondo: c’è l’aspetto della logistica, con una fermata del treno proprio a Rimini Fiera e un servizio navetta da e per l’aeroporto di Bologna nei giorni di svolgimento della rassegna. FRUITBOOKMAGAZINE

Collegato all’aspetto della logistica c’è l’aspetto dell’ospitalità: Rimini può offrire una moltitudine di soluzioni alberghiere a prezzi molto competitivi e ristoranti e locali che a differenza di Milano Marittima, Cesenatico o altre località, sono aperti e animati tutto l’anno. Infine, c’è l’aspetto dell’economicità. Rispetto ad altre città, a Rimini possiamo garantire a espositori e visitatori tariffe senza pari sia per lo spazio espositivo che per il soggiorno alberghiero. La decisione su Rimini, più che un punto d’arrivo, rappresenta un punto di partenza della prossima edizione di Macfrut. Il confronto con le associazioni imprenditoriali e di categoria, e il lavoro fatto dal comitato, ci hanno fornito utili indicazioni per fare di questa fiera un appuntamento sempre più di business rivolto all’innovazione, che nulla ha da temere nel confronto con le altre rassegne di settore previste in Italia. Vogliamo fare di Macfrut un grande appuntamento internazionale. l N.10 l GENNAIO 2015


MACFRUT, LA PRIMA VOLTA A RIMINI

5 32 400 1 .ma edizione nuovi buyer

previsti

grande partner: UniCredit

Passiamo quindi all’aspetto dei contenuti. Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo Macfrut? Direi che le parole chiave sono business e internazionalizzazione. Due facce della stessa medaglia. Questa edizione si pone un obiettivo ambizioso: portare 400 nuovi buyer da tutto il mondo. Due le aree strategiche su cui, in particolare, si concentreranno gli sforzi: l’Est Europa e i Paesi del Mediterraneo. E proprio per dare concretezza ai nostri propositi abbiamo trovato la partnership con il più importante gruppo bancario italiano di spessore internazionale, UniCredit, che può vantare una capillare presenza in buona parte dei Paesi del Centro ed Est Europa. Attenzione che non siamo stati noi a scegliere UniCredit ma è stato UniCredit a scegliere Macfrut per la filiera ortofrutta, così come ha scelto Vinitaly per la filiera del vino. Questo importante riconoscimento porterà in dote 200 nuovi buyer e importatori dell’Europa dell’Est, affidabili perché selezionati dalla stessa UniCredit, che organizzerà, a beneficio degli espositori, dei business meeting in un’area della fiera dedicata. Sulla parte del Mediterraneo ci sta lavorando il nostro ufficio estero. Nello stesso tempo Cesena Fiera proseguirà nella capillare presentazione verso i Paesi dell’Africa Sub Sahariana con i quali sono stati stretti importanti rapporti grazie alla collaborazione con il ministero degli Affari Esteri, e nel Sud America, Brasile in primis. Per dare spazio al business abbiamo anche deciso di non fare alcun convegno durante la fiera. Solo nel giorno precedente, martedì 22 settembre, ci saranno nel centro congressi di Cesena Fiera tre appuntamenti, uno organizzato da Agroter e gli altri due da CSO. Su tutto

Nella foto della pagina a fianco lo staff di Macfrut. Dall’alto a sinistra, in senso orario, Valentina Piraccini (responsabile marketing estero), Luigi Bianchi (direttore), Raffaella Solfrini (ufficio commerciale e assistenza espositori), Stefano Capelli (amministrazione), Renzo Piraccini (presidente) e Silvia Zanotti (segreteria espositori). Nella foto sotto la stazione ferroviaria di Rimini Fiera, a due passi dal polo fieristico (foto di questa pagina), da molti considerato il più bello d’Italia a livello architettonico.

l N.10 l GENNAIO 2015

padiglioni

1 135

padiglione per il pre-raccolta euro il costo a

metro quadro

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l’aspetto dell’internazionalizzazione abbiamo infine il supporto di ICE e Unioncamere, come succede da diversi anni a questa parte ormai. Parlando sempre di contenuti, l’altra grande novità del nuovo Macfrut è l’apertura a tutti i segmenti della filiera, quindi non solo il post raccolta ma anche il pre raccolta, la parte quindi più agricola, cui sarà dedicato un padiglione specifico. Nel 2015 peraltro non ci saranno due fiere agricole di peso come Eima e Interpoma.

Abbiamo parlato di contenuti. Veniamo all’aspetto dei costi. Che vantaggi può offrire il Macfrut con la nuova location di Rimini? La strategia di sviluppo del nuovo Macfrut punta sull’unione tra spazio espositivo fieristico e i servizi della Riviera romagnola. L’organizzazione ha infatti studiato tre pacchetti - premium, light e hospitality - in promozione sino al 31 marzo 2015, che propongono la possibilità di prendere parte alla kermesse romagnola a condizioni impossibili da trovare in altre realtà e con soluzioni “chiavi in mano” comprensive di tutto: spazio espositivo, pernottamento in hotel 4 stelle con colazione e ticket lunch. Il pacchetto premium ad esempio prevede la possibilità di uno spazio di 16mq già allestito e completo di arredo personalizzato, inclusi sei pernottamenti e sei ticket lunch, alla cifra di 3 mila euro.

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La corsa contro il tempo delle mele a polpa rossa I primi frutti in vendita in Olanda a prezzi stellari Eugenio Felice

Tra quattro o cinque anni inizieranno ad esserci sul mercato, con quantitativi significativi, le prime mele a polpa rossa di buona qualità. Abbiamo assaggiato alcune varietà a Interpoma e sembra che i problemi di astringenza di cui soffrivano le prime polpa rossa siano ormai superati. Il paragone con le mele tradizionali, però, è limitante: si possono considerare quasi una nuova specie, considerando il messaggio salutistico che portano e che le collocano tra i superfood “Fin dove si può spingere ancora la ricerca? Oggi ci sono oltre 50 cloni di Gala e alcuni hanno una colorazione talmente rossa ed omogenea da sembrare delle Red Delicious. Per conto mio è giunto il momento di cercare delle varietà veramente innovative ed esplorare strade, magari più rischiose, ma completamente nuove. Un esempio? Tutta la famiglia delle polpa rossa, ora in fase di sperimentazione”. Così ci riferiva Alessandro Dalpiaz, direttore di Assomela, nel corso di un’intervista che abbiamo pubblicato su Fm, edizione di aprile 2013. Pochi mesi prima, durante la fiera Interpoma, era stato presentato il consorzio NovaMela, costituito dal gotha dei produttori melicoli nazionali VOG, VI.P, Melinda, Rivoira e La Trentina - con un obiettivo preciso: gestire tutti i progetti riguardanti lo sviluppo e la futura introduzione delle nuove varietà a polpa rossa. NovaMela è entrata a sua volta a far parte di Ifored, società con sede in Francia che raggruppa alcuni dei maggiori produttori mondiali di mele e che ha

le stesse finalità. Come mai un simile spiegamento di forze che non ha precedenti nella storia? La domanda è legittima. Parliamo comunque di mele. Speciali, ma pur sempre mele. Non bastava delegare agli ottimi istituti di ricerca e sviluppo sparsi per il mondo e poi scegliere la varietà più in linea con le esigenze produttive e di mercato? Le economie di scala sono solo la spiegazione più semplice ed evidente. Il direttore della VI.P, Josef Wielander, con cui abbiamo parlato lo scorso ottobre a Madrid alla fiera Fruit Attraction, ci ha dichiarato: “Abbiamo individuato due varietà a polpa rossa che a nostro avviso dovrebbero funzionare e hanno superato la fase di fast track. Già nel 2015 metteremo a dimora importanti appezzamenti e nel giro di quattro, massimo cinque anni le prime mele saranno sul mercato”. Come mai i più grandi produttori italiani stanno cercando di bruciare le tappe per arrivare velocemente a delle varietà soddisfacenti? La verità va cercata nella mente del consumatore finale. Le mele a FRUITBOOKMAGAZINE

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Erano almeno tre i vivai che proponevano delle varietà a polpa rossa all’ultima edizione di Interpoma, fiera biennale interamente dedicata alle mele. Nella foto a lato la Red Moon Surprise della francese Escande, sviluppata in collaborazione con i Kiku Variety Management. Le varietà a polpa rossa sono ricche di polifenoli e si prestano alla trasformazione in succo, con una valenza salutista paragonabile al succo di melograno, con il vantaggio di avere un sapore più piacevole. Ci vorranno comunque ancora quattro-cinque anni per vedere le mele a polpa rossa sul mercato con quantitativi significativi.

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polpa rossa sono una cosa sconosciuta all’opinione pubblica, in buona parte del mondo. Nei test finora svolti sono spesso accolte come una nuova specie. Immaginate allora cosa potrebbe succedere se delle varietà non buone arrivassero sul mercato. La mente umana ragiona per categorie e una delle cose più difficili da fare, in assoluto, è far cambiare idea alle persone. La corsa contro il tempo quindi è proprio per portare sulle tavole delle mele che abbiano un requisito fondamentale, la bontà, facendolo prima che qualcuno rovini tutto immettendo sul mercato delle mele a polpa rossa dal cattivo profilo gustativo, puntando sull’effetto novità e su un facile guadagno. Non si vuole correre il rischio, insomma, che le mele a polpa rossa finiscano in quel 95 per cento di nuovi prodotti che vengono ritirati dal mercato entro due anni dal lancio. Perché, questo non lo abbiamo ancora detto, le mele a polpa rossa, almeno quelle della prima generazione, hanno delle caratteristiche comuni, non proprio positive: acidità elevata, scarsa conservabilità e accentuata astringenza. È quest’ultima, forse, la caratteristica peggiore. Avete mai assaggiato un caco immaturo? A distanza di due anni dalla nostra intervista a Dalpiaz cos’è successo? Per scoprirlo ci siamo recati a Bolzano, a fine novembre, nel cuore del distretto melicolo più importante d’Europa, per visitare l’unica fiera mondiale di livello specializzata unicamente sulla FRUITBOOKMAGAZINE

mela. E sì, lo possiamo dire, abbiamo assaggiato per la prima volta nella nostra vita delle mele a polpa rossa. Non delle mele sperimentali, come si possono trovare a dozzine nelle celle del Centro di sperimentazione di Laimburg, ma delle mele che sono alla loro prima stagione commerciale. Parliamo ad esempio di Redlove, di cui già due anni fa avevamo parlato. Una varietà selezionata in Svizzera dal vivaista Markus Kobelt e di proprietà oggi della inglese Suttons Seeds. “Abbiamo già 100 ettari in produzione in Europa, puntiamo a una crescita tra i 30 e i 40 ettari all’anno, ci sono i primi appezzamenti in Cile. Abbiamo registrato il marchio Redlove, che viene gestito sotto forma di club. I primi riscontri dal mercato? Entusiastici”, ci spiega uno dei partner del club, lo svizzero Beat Lehner, che abbiamo incontrato presso il suo stand. A sentire le cifre che riescono a strappare in Olanda, con 4,5 euro il vassoio da quattro frutti, equivalenti a più di un euro a mela, c’è da credergli. E il sapore, vi chiederete? Un po’ acidulo, leggermente astringente, ma accettabile. Apprezzabile anche il succo di mela, decisamente migliore di quello di melograno. Gradevoli anche le fettine di mela secca.

Redlove, che non eccelle certo per il sapore, ha già 100 ettari in produzione in Europa. I prezzi spuntati in Olanda sono stellari: 4,5 euro il vassoio da 4 frutti, equivalenti a più di un euro a mela. Redlove è proposta anche sotto forma di succo

Un superfood. Sì, perché un’altra cosa che non abbiamo ancora detto, piuttosto rilevante, è che le mele a polpa rossa sono ricche di polifenoli e antociani, hanno cioè un messaggio salutista decisal N.10 l GENNAIO 2015


individuato due varietà a polpa rossa “cheAbbiamo dovrebbero funzionare. Nel 2015 metteremo a dimora importanti appezzamenti. Non sappiamo ancora con precisione quali varietà funzioneranno, ma siamo sicuri di una cosa: le varietà a polpa rossa avranno successo ”, Josef Wielander (VI.P) 53

Foto: Julie Ann Fineman

La foto a fianco fa parte di un servizio pubblicato a fine novembre sull’Huffington Post, versione americana, in cui si racconta del fenomeno sempre più in voga di piccoli melicoltori che riforniscono i ristoranti vicini con varietà specifiche, anche a polpa rossa, per realizzare torte uniche, nell’aspetto e nel gusto. Nella foto di apertura una Redmoon Surprise, proposta alla fiera Interpoma da Escande e Kiku.

mente più marcato delle mele tradizionali. Possono essere considerate un vero superfood. Un altro asso nella manica è che non si verifica il processo di imbrunimento una volta tagliata, caratteristica che sarà sicuramente apprezzata dal mondo della ristorazione. Non è un caso che a fine novembre sull’Huffington Post, versione a stelle e strisce, è stato pubblicato un articolo in cui si racconta del fenomeno sempre più in voga di piccoli melicoltori che riforniscono i ristoranti vicini con varietà specifiche per realizzare torte uniche nel sapore e nell’aspetto, con protagoniste le mele a polpa rossa, che oltre al colore hanno anche un’altra carta importante da giocare, la terza e ultima: non si può l N.10 l GENNAIO 2015

certo dire che abbiano poco sapore, tutt’altro, hanno un gusto marcato, rustico. Non lontano dallo stand Redlove, a Interpoma, c’era anche quello della francese Escande, che presentava la sua Red Moon Surprise. La sorpresa sta appunto nella polpa rossa. Anche in questo caso la buccia è rossa. “Possiamo assaggiarla?”, chiediamo alla signorina che sta dietro al bancone. “No, potete però provare il succo”, ci risponde, indicandoci un brick. Probabilmente capisce il nostro disappunto e aggiunge: “Per provarla potete chiedere allo stand Kiku”. E, finalmente, dai fratelli Jürgen e Thomas Braun, un punto di riferimento a livello mondiale nell’ambito del vivaismo e delle

politiche di branding applicate alle mele, riusciamo ad assaggiare la seconda varietà a polpa rossa della giornata. La sorpresa questa volta c’è stata sul serio, non per il colore, ma per il sapore: astringenza assente, acidità ben percepibile ma non fastidiosa, aroma piacevole. Buona la croccantezza ed elevata la succosità. In due parole: ci siamo. E allora capiamo che sì, il direttore della VI.P, Josef Wielander, aveva ragione, quando a Fruit Attraction un mese prima ci aveva detto: “Non sappiamo ancora con precisione quali varietà funzioneranno, ma siamo sicuri di una cosa: le varietà a polpa rossa avranno successo”.

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Arriva dall’Australia una nuova mela globale. Si chiama Crimson Snow Alla fiera Interpoma lo scorso novembre era tra le proposte di Kiku Variety Management Eugenio Felice

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Non solo di Envy si è parlato all’ultima edizione di Interpoma. Molti i cloni e le varietà presentate, alcuni della famiglia delle polpa rossa. Abbiamo parlato con Jürgen e Thomas Braun di Kiku Variety Management per capire le ultime tendenze in termini di nuove varietà e abbiamo scoperto che, senza tanto clamore, c’è una varietà molto promettente, che sarà venduta con il nome Crimson Snow, che viene dall’Australia come Pink Lady ed è già stata impiantata in Italia Saranno passati più o meno dieci o dodici anni. Eravamo a Cornaiano, in provincia di Bolzano, nelle celle di conservazione della Kiku. Era uno dei primi international meeting per il marchio rosso e blu. Affianco a noi era seduto Mike Knowles, oggi direttore di Eurofruit. Non c’erano altri giornalisti: l’informazione sul web, allora, era ancora agli albori. Nella terra delle grandi cooperative melicole, si presentava al mondo la varietà Fuji, che negli anni a seguire avrebbe raccolto un così grande successo. Fu proprio Alois Braun, il padre di Jürgen e Thomas, a scoprire in Giappone questa varietà negli anni ’80 e a introdurla in Europa. Quello che più ci ricordiamo di quella giornata non è tanto la sorpresa nello scoprire una mela fresca, dolce, croccante, succosa e bella da vedere col suo colore rosso rubino striato. No, quello che più ci è rimasto è l’entusiasmo dei fratelli Braun, lo stesso che abbiamo riscontrato negli anni successivi, lo stesso che ci ha accolto allo stand Kiku di Interpoma lo scorso novembre. FRUITBOOKMAGAZINE

I Vivai Braun sono stati fondati agli inizi degli anni Sessanta da Alois Braun, pioniere nella melicoltura altoatesina. Fin da subito gli sforzi si sono concentrati non solo sullo sviluppo tecnico della frutticoltura ma soprattutto sulla scoperta di nuove varietà e cloni. All’attività vivaistica si è presto affiancata quella di marketing: alla fine degli anni ’90 è stato creato il marchio Kiku per valorizzare e promuovere nel mondo il clone di Fuji sviluppato dai Braun. Subito il Kiku-8 Brak, poi il Kiku Fubrax, che è oggi considerato il miglior clone esistente per la varietà Fuji, tanto che è stato preso come termine di paragone da Enza per i panel tasting della nuova mela Envy. Le mele Kiku sono prodotte oggi in tutto il mondo, da partner qualificati, e sostenute da una campagna di comunicazione innovativa, fatta di sponsorizzazioni di atleti come lo Snowleopard e di concorsi fotografici (foto a lato).

La vera sfida è oggi offrire nuove occasioni di consumo per le mele. Un esempio è la mela snack Isaaq, dal formato mignon, adatta non solo ai bambini ma anche a chi vuole fare uno spuntino veloce e salutare. Un altro esempio sono i succhi 100 per cento

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Foto: Matthias Jeschke

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Red Moon Surprise è il nuovo marchio per una gamma di mele a polpa rossa che nasce dalla collaborazione tra vivaio francese Escande e Kiku Variety Management. “Vogliamo creare un’emozione per il consumatore - spiegano i fratelli Braun - creare consumi aggiuntivi con prodotti innovativi e di altissima qualità. La gamma di mele a polpa rossa Red Moon Surprise soddisfa questi requisiti: alcune varietà sono ottime per i prodotti trasformati come il succo e i chips, altre invece per il consumo fresco e in più sono stoccabili per diversi mesi”.

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Nella foto scattata durante l’ultima edizione di Interpoma, da sinistra, i fratelli Jürgen e Thomas Braun. Jürgen segue la parte legale (diritti intellettuali), contrattuale, marketing e comunicazione. Insieme seguono la concezione strategica, la ricerca e sviluppo, e i nuovi progetti, come il succo e la granita. Thomas è poi la connessione con l’hardware, cioè la concezione strategica e la produzione di gemme e piante. Nella pagina a fianco la nuova mela Crimson Snow (non sono a polpa rossa).

“Kiku è come il grand cru per il vino. Diamo delle garanzie di eccellenza, non vendiamo semplicemente una mela ma una promessa”, ci spiega Thomas Braun a Interpoma. Alle sue spalle c’è la mappa del mondo in grande formato con l’indicazione dei 26 partner Kiku. “Il raccolto quest’anno dovrebbe essere, parlando di Emisfero Nord, di 20 mila tonnellate a marchio Kiku in Europa, di cui 10 mila in Germania, e 2.500 tonnellate negli Stati Uniti. Abbiamo poi dei partner in Cile, Nuova Zelanda e Sud Africa per quanto riguarda l’Emisfero Sud”, ci riferisce il fratello Jürgen. Specificano che si tratta di prodotto a marchio Kiku perché in realtà il clone Fubrax può essere piantato da qualsiasi FRUITBOOKMAGAZINE

produttore. Per questo viene definito un club aperto: chi vuole farne parte si attiene alle regole del club, chi non ne vuole fare parte è libero comunque di produrre e vendere la mela ma senza usare il marchio Kiku. Parlare solo di Kiku sarebbe però riduttivo. I fratelli Braun hanno sviluppato negli ultimi anni diverse varietà e cloni molto interessanti, dando vita al Kiku Variety Management. Allo stand a Interpoma facevano bella mostra di sé le Golden Parsi Darosa, clone che sviluppa in ambiente collinare una bella faccetta rossa, che ora

sta testando anche Melinda, e la Roat King Red Delicious, che si distingue per la colorazione rossa molto intensa. “La nostra attività di ricerca e sviluppo - spiegano i fratelli Braun - segue due binari: da una parte cerchiamo mele che siano appaganti per il consumatore finale, non solo in termini di sapore o aspetto, ma anche in termini di conservazione; dall’altra cerchiamo delle varietà o cloni che diano una remunerazione soddisfacente al melicoltore e che allo stesso tempo non siano difficili da produrre. Questa è la nostra filosofia. La nostra sfida è anche offrire nuove occasioni di consumo per le mele, per questo abbiamo sviluppato la mela snack Isaaq, dal formato mignon, adatta non solo l N.10 l GENNAIO 2015


La nostra attività segue due binari: da una parte “cerchiamo mele che siano appaganti per il consumatore finale, in termini di sapore, aspetto e conservazione; dall’altra cerchiamo mele che diano una remunerazione soddisfacente al melicoltore ”, Jürgen e Thomas Braun (Kiku Variety Management)

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ai bambini ma anche a chi vuole fare uno spuntino veloce e salutare. Presentiamo qui a Bolzano anche i nuovi succhi di mela 100 per cento Kiku, non da concentrato e senza additivi aggiunti. Sono prodotti in Germania e grazie alla pastorizzazione durano 11 mesi senza bisogno della catena del freddo. Con i succhi lanciamo anche la granita Kiku, fatta esclusivamente con il succo Kiku”. La nuova Crimson Snow. La novità più interessante che Kiku ha presentata a Interpoma si chiama Crimson Snow, una mela che viene dall’Australia di cui Kiku detiene i diritti mondiali di moltiplicazione e di management. È un vero e proprio club, come Pink Lady o Kanzi. Il nome descrive già l’aspetto della mela: un bel rosso rubino fuori, un bianco candido dentro. Una peculiarità è la lenticella sulla buccia, molto bianca. Ci sono poi le caratteristiche che non si vedono: ha un bell’equilibrio tra acidità e zuccheri, aromi di frutta tropicale e fragole, pur non essendo molto dura è resistente alla manipolazione - aspetto che sarà gradito agli operatori della GDO - e ha ottime caratteristiche di conservazione, tanto che a Interpoma c’era una cassetta con il raccolto 2013 a fianco di una con il nuovo raccolto e le differenze non erano così evidenti. “Nei consumer tasting sono piaciute a nove persone su dieci. La riteniamo una mela globale, che dà il meglio di sé dopo un paio di mesi di conservazione. Prevel N.10 l GENNAIO 2015

diamo quindi che il collocamento migliore sul mercato sarà dal mese di aprile in poi. Le aree più adatte per la produzione in Italia sono il Piemonte, il Trentino Alto Adige, escludendo però le zone di montagna, ed alcune zone vocate del Veneto”, spiegano Jürgen e Thomas Braun. Il programma prevede come primo step una superficie di 300 ettari per un output di 10 mila tonnellate. I partner produttivi italiani licenziatari sono Clementi, Rivoira e Sanifrutta che in questa campagna metteranno sul mercato le prime mille tonnellate. Interesse è stato mostrato

anche da primari gruppi in Alto Adige e in Francia. I presupposti insomma ci sono tutti per avere una nuova protagonista nel panorama melicolo dei prossimi anni. Non possiamo non chiudere con un argomento di grande attualità: le varietà polpa rossa. Kiku Variety Management è ovviamente coinvolti nella ricerca e sviluppo, come potete leggere nell’articolo precedente; sono anche piuttosto avanti, grazie alla collaborazione con il vivaio francese Escande. “Siamo ai blocchi di partenza - fanno sapere i Braun - abbiamo una dozzina di varietà interessanti, ma ci vorranno ancora alcuni anni per averle sul mercato”.

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Celle ipogee, un altro primato firmato Melinda 48 mila tons di mele saranno conservate in ipogeo entro il 2018 Eugenio Felice

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Sono state aperte a dicembre, le prime dodici celle ipogee - scavate nella roccia - con 9.800 tonnellate di mele Melinda. Quella della conservazione di mele nel sottosuolo è una premier mondiale, una soluzione innovativa e pionieristica che ha costi di realizzazione e mantenimento più bassi rispetto a un magazzino tradizionale e un impatto ambientale più contenuto. Non è però un sistema facilmente replicabile altrove. L’investimento finora è stato di 7,5 milioni di euro I benefici sono tanti e tali che “sarebbe stato criminale non farle”, ha spiegato il 21 novembre a una platea di giornalisti Luca Granata, direttore del Consorzio Melinda, una realtà che associa 16 cooperative e quasi 4 mila frutticoltori per 6.650 ettari di superficie investita. Il raccolto quest’anno è da record: 421 mila tonnellate di mele, una cifra impressionante. Per dare un’idea della quantità Granata, manager concreto che viene dalla multinazionale Dupont, fa un esempio semplice: “parliamo di 2 miliardi di mele, che messe una affianco all’altra farebbero 150 mila kilometri, vale a dire quattro volte il giro del mondo. Eppure sono briciole, Melinda rappresenta lo 0,3 per cento della produzione mondiale”. E l’Italia, ha ricordato Granata, è solo il quinto produttore mondiale di mele dietro a Cina, Usa, Polonia e Turchia. Le celle ipogee, scavate nella roccia dolomia a poche centinaia di metri dal magazzino della Cocea, a Taio, il più grande tra quelli di Melinda, si trovano all’interno FRUITBOOKMAGAZINE

delle cave minerarie della Tassullo, azienda che produce materiale per l’edilizia e che ha soci in comune con Melinda. Quando alcuni anni fa è emersa la necessità di aumentare la capacità di conservazione in vista di volumi produttivi crescenti - 420 mila tonnellate entro il 2020, anche se tale volume è già stato raggiunto quest’anno, annata particolarmente “carica” - è venuta l’idea di sfruttare i tunnel fatti all’interno della montagna. I primi test hanno dato esito molto positivo e per questo si è deciso di investire in una prima trance di celle, dodici in tutto, che a fine settembre sono state ultimate e pochi giorni dopo riempite. Le dieci mila tonnellate stoccate, poco meno, sono state in parte destinate al retailer inglese Asda, in parte al distributore scandinavo ICA. Le richieste nei fatti sono state ben superiori, ma il consorzio nonese ha dovuto dare la priorità a chi per primo ha manifesta-

Qui sopra l’ingresso del braccio che porta alle celle ipogee Melinda. Al primo braccio se ne aggiungeranno altri, per arrivare a conservare quasi 50 mila tonnellate di mele, oltre a un ingresso dedicato e a un sistema automatizzato per portare le mele dalle celle agli automezzi. Sui muri sono state disegnate delle sagome raffiguranti delle mele. “Li consideriamo dei messaggi per le forme di vita che verranno tra migliaia di anni, quando magari il genere umano sarà estinto”, ha detto il direttore Luca Granata.

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to interesse. Nei prossimi anni, se le evidenze saranno confermate, come sembra, si faranno nuove celle per arrivare a una capacità di immagazzinamento pari a 50 mila tonnellate, con un sistema robotizzato per portare le mele dentro e fuori dai tunnel e due rampe di carico e scarico. “Non dobbiamo usare materiale isolante come nei magazzini tradizionali - ha rimarcato Granata - un materiale, il poliuretano espanso, che dura circa 20 anni e quando va smaltito diventa altamente inquinante. È solo uno dei tanti vantaggi delle celle ipogee. Costano meno, hanno l N.10 l GENNAIO 2015

un impatto sul territorio nullo in termini di paesaggio, la bontà delle mele non viene intaccata, anzi migliora la shelf life grazie a un precooling più veloce”. L’investimento è stato finora pari a 7,5 milioni di euro, con un contributo europeo pari al 45-50 per cento del valore. “Siamo stati pionieri nella marca, nell’aggregazione dell’offerta, nella diversificazione di prodotto”, ha ricordato il direttore di Melinda. “Siamo orgogliosi di presentare al mondo questa grande innovazione che porta un risparmio effettivo nella conservazione e un beneficio concreto FRUITBOOKMAGAZINE


CHI È MELINDA ?

16 4000% 6650 420 30 250

cooperative

frutticoltori

mila tons

di mele raccolte nel 2014

market share

Italia

ettari a melo

milioni di euro

di fatturato

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per l’ambiente”. Le celle ipogee, che nei progetti diventeranno anche un’attrazione turistica, visitabili dal pubblico, dando anche in questo senso un valore aggiunto al territorio, non faranno comunque chiudere i magazzini di conservazione tradizionali Melinda: quelli resteranno, anche perché sono tutte strutture moderne; le nuove celle dentro la montagna serviranno solo per la produzione incrementale dei prossimi anni. Queste celle possono farle anche altri? Improbabile. A quanto pare le caratteristiche della montagna dove ora si trovano le celle sono FRUITBOOKMAGAZINE

Michele Odorizzi, presidente di Melinda. Si deve soprattutto alla sua diplomazia e opera di persuasione la realizzazione delle prime celle ipogee al mondo destinate alla conservazione delle mele

difficilmente ritrovabili altrove. Nel tour che abbiamo svolto nelle viscere della montagna ci siamo resi conto che le pareti non trasudavano acqua e in effetti sopra la montagna si trova uno spesso strato, una specie di cappello che evita l’infiltrazione dell’acqua. Questa probabilmente è la caratteristica più difficilmente trovabile altrove. “Vero è che dall’altra parte della montagna si trova la Val Venosta”, ha fatto notare Granata. Gli investimenti per il resto

andranno avanti anche su altri fronti: la capacità di confezionamento sarà aumentata a 12 mila tonnellate a settimana e il paniere varietale sarà rinnovato per ridurre l’incidenza della Golden Delicious. Sono già a buon punto gli impianti di Evelina e proseguono i test di nuove varietà come Galant, Sweetango e Parsi, così come lo sviluppo delle polpa rossa in collaborazione con NovaMela e Ifored.

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Dichgans (VOG): «Oriente nuova frontiera? Anche no. Le chance in Nordafrica» La nostra intervista al direttore del VOG Gerhard Dichgans durante la fiera Fruit Attraction Eugenio Felice

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La Spagna si conferma terza destinazione estera per il più grande consorzio melicolo italiano. Durante la fiera Fruit Attraction, a Madrid, erano presenti per la prima volta nello stand VOG le mele Jazz e le Evelina biologiche. Tra un paio di anni sarà la volta di Envy. Cosa succederà in futuro a livello varietale? E su quali mercati si concentrerà l’attività commerciale? Lo abbiamo chiesto a Gerhard Dichgans, dal 1985 direttore del VOG Siamo a Madrid, avete uno stand importante, quanto conta per VOG il mercato spagnolo? La Spagna negli ultimi 10 anni ha visto un trend costante di riduzione della produzione nazionale di mele, parliamo di 100/150 mila tons nell’ultimo decennio. Al contempo, sono stati fatti investimenti nelle aree a maggiore vocazione, in grado di esprimere una qualità in linea con le attuali richieste dei consumatori. Di pari passo con la riduzione della produzione, essendosi mantenuto più o meno stabile il consumo - gli spagnoli sono grandi consumatori di frutta - sono aumentate in misura considerevole le importazioni di prodotto di elevata qualità. Per prime sono entrate le mele Golden, varietà amata dagli spagnoli, dalla Francia e dall’Italia. Poi anche le altre varietà, dalle Gala, alle Red alle Fuji. È da qui che è partito il nostro progetto Marlene per la Spagna. Siamo presenti da otto anni su questo mercato, con alcuni partner importatori/distributori, con una politica commerciale chiara: ampiezza di gamma varietale, promozione del brand Marlene sia a livello trade che consumer, standard qualitativo garantito. La Spagna, per tornare alla sua domanda, è per noi un mercato strategico, vale circa il 7 per cento delle vendite, equivalenti a poco meno di 40 mila tonnellate di mele, ed è la terza destinazione estera dopo Germania e Scandinavia. FRUITBOOKMAGAZINE

VOG è il gruppo con il più ampio ventaglio varietale oggi disponibile in Italia. Cosa dobbiamo aspettarci negli anni a venire? Abbiamo un assortimento “classico” adatto a soddisfare ognuno dei nostri grandi mercati. Perché ogni mercato è diverso, in termini di colore, di pezzatura, di rapporto tra acidità e tenore zuccherino. Pensiamo alla Germania, oggi il 35 per cento del consumo è fatto da Gala e Braeburn. La prima è una varietà globale, mentre la seconda è praticamente sconosciuta al consumatore italiano e spagnolo. Al pacchetto delle varietà classiche si aggiunge poi una serie di mele premium, come Pink Lady, Kanzi, Jazz, l N.10 l GENNAIO 2015


VOG, il più grande consorzio melicolo europeo, in cifre fatturato con anno di nascita estero cooperative

1945 16 65% 5000 480 455 mila tons produzione del 2013

Modì e Rubens. Sono varietà che oggi valgono già più del 10 per cento del nostro raccolto. Nei prossimi anni arriveranno altre novità, come Envy, sorella di Jazz, anch’essa nata in Nuova Zelanda e commercializzata in esclusiva mondiale da Enza, con la quale abbiamo sottoscritto, assieme al consorzio VI.P Val Venosta, un accordo per la produzione in esclusiva in Italia. Come dicevo, ogni mercato ha le sue preferenze e le varietà premium non sfuggono a questa regola. Kanzi ad esempio funziona bene in Italia, Spagna e Germania. Pink Lady, al contrario, ormai è stabilmente consumata su tutti i mercati europei. Tutte le varietà premium citate sono rosse o bicolore e non posso nascondere che c’è un certo affollamento in quel segmento. Si possono percorrere anche altre strade? È una domanda che si pongono in tanti. Noi daremo una risposta la prossima estate. Anche perché, diciamolo, lo spazio sui banchi del supermercato o del negozio specializzato è sempre quello. La categoria mele è affollatissima.. Sono d’accordo. Decidere di investire su una nuova varietà non è affatto semplice. Al di là di quelle che ho definito classiche, interessate anch’esse da una continua innovazione, con cloni sempre più performanti, oggi l’offerta di nuove varietà protette da brevetti internazionali è sovrabbondante. Solo alcune di queste avranno successo. È molto probabile poi che alcune diventino obsolete ed escano dal mercato. Pensiamo a cosa è successo a Jonathan, Gloster o Idared, un tempo importanti e ora praticamente estinte. O cosa è successo alla Jonagold, a suo tempo novità di successo, originata in Belgio, e oggi sotto pressione perché da anni non riesce a remunerare ai coltivatori i costi di produzione. Ma nulla vieta che una varietà oggi premium possa diventare domani una varietà a larga diffusione: basta vedere cosa sta Nella foto della pagina a fianco Gerhard Dichgans, direttore del VOG, il Consorzio delle Cooperative Ortofrutticole dell’Alto Adige. Nato a Leverkusen nel 1952, diplomato a Milano e laureato in Economia a Frigurgo, parla fluentemente cinque lingue.

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milioni di euro il fatturato 2013

soci

succedendo con Pink Lady, diventata parte imprescindibile dell’assortimento dei supermercati. Comunque, è vero: i banchi sono pieni, la categoria mela è affollata, e le novità future dovranno veramente eccellere per poter sperare di avere successo.

La Russia, il più grande importatore mondiale di mele, ha chiuso le frontiere. Che sia il caso di guardare a Oriente? La Cina per noi è un mercato off limits per via delle barriere fitosanitarie. La Francia, invece, è riuscita con diplomazia e perseveranza a firmare un protocollo bilaterale. Stiamo lavorando con Assomela per aprire alcuni mercati dal grande potenziale come Vietnam e Thailandia, con trattative a livello politico. Perché no, in futuro anche Cina, così come è stato fatto l’anno scorso con gli Stati Uniti. Non facciamoci comunque troppe illusioni, visto che i mercati del Sudest Asiatico sono già forniti da anni da altri Paesi, e non sono lì ad aspettare le mele italiane. A livello commerciale poi, la preferenza è per le mele di calibro piccolo ed extrapiccolo, che per anni abbiamo predicato ai nostri contadini di non produrre, perché qualitativamente inferiori e non accettati sui mercati europei. Invece, vedo ancora grandi chances in tutto il bacino mediterraneo e in Nordafrica.

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Dov’è la vera innovazione? Solo nella ricerca varietale o passa anche dal servizio? La nostra visita allo stabilimento VOG Products di Laives (Bolzano) Eugenio Felice

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La domanda del titolo può sembrare tra il banale e il retorico. La verità però è che i consumi di mela sono da anni in calo, pur essendoci nuove varietà e cloni, e questo perché le mele sono ancora consumate come ai tempi di Adamo ed Eva pur essendo completamente cambiato il nostro stile di vita. Eppure ci sono oggi tecnologie e know-how che consentono di mangiare una mela in modo più facile, senza scendere a compromessi in fatto di qualità organolettiche o durata Ci è piaciuto l’esperimento che ci ha visto inconsapevoli protagonisti nella sede VOG Products a Laives, il 22 novembre scorso, ultimo giorno di Interpoma. Ci troviamo nella sala conferenze in attesa dell’inizio dei lavori. Con noi ci sono anche altri giornalisti e i vertici di Fedagri Confcooperative: il presidente Giorgio Mercuri e il direttore Pier Luigi Romiti. Sui tavoli ci sono delle belle mele fresche di raccolto, dei succhi di mela e delle buste di mela in fettine pronte al consumo. Passano i minuti, c’è un certo ritardo, tutti i presenti bevono del succo, aprono e si gustano delle fettine di mela, i frutti di prima gamma rimangono dove erano, come fossero un soprammobile. Passano ancora pochi minuti e arrivano i vertici di VOG Products, a partire dal brillante direttore Klaus Gasser. L’esperimento è finito: i prodotti a contenuto di servizio hanno vinto a mani basse il confronto con i frutti di prima gamma. Eppure, a un anno e mezzo dal lancio, le buste non si trovano ancora nei banchi dei supermercati. Come mai? FRUITBOOKMAGAZINE

Ogni quinta mela va a VOG Products. Ci troviamo a Laives, un comune pochi minuti a sud di Bolzano, nello stabilimento più grande d’Europa per la trasformazione delle mele, su una superficie di 7 ettari. Il nome non deve trarre in inganno: pur essendo nata nel 1967 per la trasformazione delle mele del consorzio VOG, oggi è una OP che vede nella propria compagine sociale tutti e cinque i consorzi melicoli operanti in Trentino Alto-Adige: VOG, VI.P, Melinda, La Trentina e Valli Trentine. Siamo nel distretto melicolo più importante d’Europa, che esprime ogni anno 1,5 milioni di tonnellate di mele e fattura circa 1 miliardo di euro. Si calcola che una mela su cinque prodotta in quest’area, vale a dire fino a 400 mila tonnellate, venga venduta a VOG Products, per essere poi trasformata in succo di mela o in altri prodotti, come puree, spicchi o cubetti surgelati, mele cotte e spicchi di mela fresca.

Si stima che una mela su cinque raccolta in Trentino Alto Adige venga lavorata da VOG Products, vale a dire fino a 400 mila tonnellate, per poi essere trasformata in succo di mela o altri prodotti, poi esportati in tutto il mondo. Nel 2013 è stato lanciato il marchio Leni’s per l’Italia

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Foto: Luca Speroni

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Lo stabilimento VOG Products si trova a Laives (Bolzano) e si estende su 7 ettari. Nel 2014 è stato rinnovato il logo, passando da uno stile più tecnico e rigoroso a uno più mediterraneo e colorato.

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“Siamo grandi - precisa Gasser ma non è importante, perché non vuol dire essere bravi. Essere grandi senza guadagnare non va bene. Abbiamo il grande vantaggio di avere una filiera diretta: sono i nostri soci a darci le mele”. Lo stabilimento lavora anche altri tipi di frutta e si approvvigiona anche nelle altre regioni produttive italiane. Se infatti i soci sono obbligati a vendere le mele da industria a VOG Products, la stessa è libera di cercare la materia prima dove meglio crede, per soddisfare la clientela, qualora il prodotto dei soci non fosse sufficiente. Il fatturato annuale varia tra 85 e 95 milioni di euro a seconda dei prezzi del succo di mela concentrato, che cambiano molto di campagna in campagna.

Un mercato globale. Il 95 per cento del fatturato viene realizzato con l’estero. In effetti il consumo di succo di mela in Italia è sempre stato piuttosto contenuto. “Le dieci più grandi aziende alimentari mondiali sono nostre clienti”, afferma il direttore Klaus Gasser, da 19 anni all’interno di VOG Products. “La crescita dell’azienda è stata impetuosa: il primo anno ha lavorato 3 mila tonnellate di mele, oggi le lavoriamo in un giorno solo”. Nella visita guidata non possiamo restare indifferenti davanti alle nuove cisterne di acciaio per il succo torbido, mastodontiche, capaci di contenere ciascuna oltre un milione di litri. “Con l’ingresso dei nuovi soci nel 2009 e nel 2010 - spiega Gasser, riferendosi a Melinda e La Trentina - abbiamo dovuto adeguare i processi produttivi e la capacità di stoccaggio”. “Il mercato che oggi sta crescendo di più è quello del nord America. LoFRUITBOOKMAGAZINE


Nella foto a alto il succo di mela Leni’s 100 per cento, naturale e non filtrato, nella bottiglia di vetro da 250 ml, corrispondente a tre mele. Nella gamma Leni’s c’è anche il succo di mela nella bottiglia da 1 litro, corrispondente a dieci mele e le buste con le fettine di mela di quarta gamma già pronte al consumo, nella monoporzione da 80 grammi e nel pratico formato da famiglia da 400 grammi. Ultima arrivata è la mousse composta interamente da polpa di mela del Trentino Alto Adige, proposta in vasetto di vetro da 150 grammi.

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359.084

VOG Products, quantità lavorate dall’inizio dell’attività (dati in tonnellate) 400.000 350.000 300.000 250.000 200.000 150.000 100.000 50.000

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Fonte: VOG Products

ro amano il made in Italy e apprezzano il nostro prodotto, che è di elevata qualità. Richiedono volumi enormi: se lo scorso anno sono partiti verso i porti della costa est circa 200 container contenenti concentrato o purea, sia convenzionale che biologici, quest’anno prevediamo di inviare tra i 700 e i mille container. Abbiamo visitato più volte gli Stati Uniti e ci siamo resi conto che il mercato delle fettine di mela pronte al consumo sta letteralmente esplodendo. Cosa che non è ancora successa in Italia”. FRUITBOOKMAGAZINE

Spicchi di mela fresca: bene nel food service, un grande futuro nel retail. “In Germania - continua Gasser - i consumi di mele nei primi mesi del 2014 sono scesi del 10 per cento. Nelle catene distributive, in questa nuova campagna (siamo a novembre, ndr), si trova il prodotto di prima gamma a 59 centesimi al chilo. A questi prezzi non c’è alcun futuro per la melicoltura. Bisogna uscire da queste dinamiche. I consumi calano di anno in anno perché abbiamo rinnovato le varietà delle mele ma il modo di consumarle è rimasto

quello di 50 anni fa. Non abbiamo dato alternative al consumatore. Noi non siamo dei semplici trasformatori di mele, no, sarebbe troppo semplice, noi dobbiamo recuperare quei consumatori che si sono allontanati dai frutti di prima gamma. Come? Con prodotti a elevato contenuto di servizio come le fettine di mela pronte al consumo, offerte in diversi formati, per i canali retail, food service, ho.re.ca. e vending. Non è un prodotto da industria, parliamo di mele della migliore qualità, lavate, tagliate e messe in busta con una spruzzata l N.10 l GENNAIO 2015


VOG Products in cifre

1967 7 190 90 inizio

attività

ettari di stabilimento

milioni di euro

dipendenti

di fatturato

400 22

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milioni di euro investiti per Leni’s

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di limone per evitare l’imbrunimento. Un prodotto che prima di ogni altra cosa è buono da mangiare e non dà sorprese, perché siamo in grado di garantire uno standard elevato e costante. Va in frigorifero e dura 14 giorni. Le proponiamo da cinque anni e trovano apprezzamento crescente nel food service. Non è un segreto che Mc Donald’s sia un nostro cliente. Trovano invece una certa resistenza nel canale retail. Ma è solo questione di tempo: succederà come negli Stati Uniti, il mercato decollerà quando una catena lo metterà in modo stabile nel suo assortimento. Quando l’Italia assorbirà 500 milioni di bustine di mele pronte al consumo, allora sì, sarà un mercato maturo e per noi un obiettivo raggiunto. Vedo un futuro, per la frutta, fatto in modo prevalente di quarta gamma e smoothies”. Leni’s, il brand “solo mele” per il mercato italiano. “Quando la parte trentina è entrata nella compagine societaria - ci spiega Giampietro Perico, business unit manager - è nata la strategia per Leni’s. Per la prima volta VOG Products ha aperto una divisione b2c, andando a comunicare direttamente al consumatore finale. Il marchio è stato lanciato nel 2013 con due linee di prodotto: i succhi torbidi freschi, non da concentrato, nel formato da un litro e da 250 ml, e le bustine da 80 grammi di fettine di mela di quarta gamma, in diverse referenze e con durata

mila tons lavorate

di due settimane. Abbiamo successivamente aumentato le referenze, proponendo anche dei multipack e dei formati famiglia, e abbiamo introdotto una terza linea di prodotto, le mousse, che durano un mese dalla data di produzione. Parliamo sempre di prodotti a base di mela e così sarà in futuro: il marchio Leni’s non sarà abbinato a frutti diversi dalla mela. Sono tutti prodotti pensati per il banco refrigerato del reparto ortofrutta, anche se in realtà i succhi non hanno bisogno della catena del freddo. Sono prodotti di alta qualità, che puntano a un target

alto. Il punto di forza della nostra offerta sono proprio gli spicchi di mela pronti al consumo anche se per ora ad andare per la maggiore sono i succhi. Negli Stati Uniti consumare mela già tagliata a spicchi è ormai diventata un’abitudine. Da noi, invece, è presente una barriera psicologica già all’interno di chi opera nella distribuzione. E infatti, fino ad oggi, non è mai stato valorizzato come prodotto. Noi ce la mettiamo tutta per farci conoscere. Ad esempio partecipiamo al programma Frutta nelle Scuole. Il nostro è un progetto a lungo termine, siamo convinti che per l’affermazione delle bustine di spicchi di mela pronte al consumo sia solo questione di tempo”. FRUITBOOKMAGAZINE


La quarta gamma per funzionare va esposta “bene e deve durare. Se si guardano certi murali in alcune catene inglesi non può non venire voglia di fare qualche acquisto. Noi la nostra parte la facciamo, dando agli spicchi di mela una durata di due settimane ”, Giampietro Perico (VOG Products) 68

LEADER MONDIALE

NELLO STABILIMENTO

DI CRUNCK PAK

GUARDA IL VIDEO! IV gamma di frutta: i tempi sono maturi? Le fettine di mela proposte da VOG Products rientrano a pieno titolo nella frutta di quarta gamma. In Italia le catene distributive la hanno provata, senza molta convinzione e con scarsi risultati. “La quarta gamma - ci dice Perico - per funzionare va esposta bene e deve durare. Noi la nostra parte la facciamo, dando agli spicchi di mela una vita di due settimane”. Sul tema abbiamo già espresso la nostra opinione in altre occasioni. Perico con noi sfonda una porta aperta: non abbiamo alcun dubbio che questo prodotto funzionerà se verrà messo sugli scaffali nel modo corretto. Ma come mai allora le catene distributive, a un anno e mezzo dal lancio, fanno fatica a metterle in assortimento? Una persona presente alla visita guidata ha la risposta che cercavamo: “Per le catene distributive, prese come sono ora da mille problemi, inserire un prodotto del genere in assortimenFRUITBOOKMAGAZINE

Da sinistra: il direttore di VOG Products Klaus Gasser, il presidente Franz Varesco e il business unit manager Giampietro Perico, che si occupa della divisione B2C e del brand Leni’s

to è un fastidio che preferiscono prendersi solo se necessario. Che significa solo quando ci saranno altre catene che lo avranno in modo stabile nel proprio assortimento e con un giusto ritmo di vendita. Anche perché non è un prodotto qualsiasi. Il problema principale della quarta gamma di frutta è la rotazione, che deve essere veloce. Se il prodotto non viene venduto, sorge il problema dello smaltimento e qui parliamo di un rifiuto speciale, un misto tra plastica e materia organica. Perché mai le catene distributive dovrebbero prendersi

questo disturbo?” Tradotto: siamo nella classica situazione in cui le catene distributive preferiscono non agevolare l’introduzione di un nuovo prodotto sul mercato perché la sua gestione è più difficile rispetto agli altri prodotti e tutto sommato il consumatore, non conoscendolo, non ne sente nemmeno il bisogno. Una chiave di lettura corretta, ma indicativa - a nostro avviso - della bassa propensione all’innovazione della maggior parte delle catene distributive nazionali, in un periodo che non incoraggia di sicuro certe iniziative. Se non si innova, però, non si cresce.

l N.10 l GENNAIO 2015



Il leader mondiale delle fettine di mela? Si chiama Crunch Pak Eugenio Felice

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Ogni mela è divisa in dodici fettine. Mele della migliore qualità, prodotte nello stato di Washington. Ogni giorno la Crunch Pak produce circa 2 milioni di fettine. Facendo un rapido calcolo, sono 166 mila mele per un peso approssimativo di 33 tonnellate al giorno. In un anno la Crunch Pak produce 1,7 miliardi di fettine di mela. Numeri che ne fanno il leader americano e probabilmente mon-

Your healthy snack on the go. È questo lo slogan del leader americano delle fettine di mela in busta pronte al consumo. Si trova nello stato di Washington ed è stato costituito nel 2001 da alcuni produttori di mele convinti che la gente mangerebbe più mele se le stesse fossero più semplici da consumare. Oggi impiega oltre 400 lavoratori e in un anno produce oltre mezzo miliardo di fettine di mela, in decine di referenze. Le bustine hanno una shelf life di tre settimane

diale delle fettine di mela pronte al consumo, servite in decine di pack e altrettante combinazioni con altri prodotti, compreso il caramello o lo yogurt. Combinazioni improponibili in Italia, ma si sa, qui siamo nella terra degli hamburger e non ci si sorprende di nulla. Il fenomeno delle fettine di mela è relativamente recente, la società è nata nel 2011 su iniziativa di alcuni produttori, poi con gli

anni è arrivato il successo, crescente. Del resto chi avesse provato le fettine del Crunch Pak italiano, la VOG Products di Laives, di cui abbiamo scritto alle pagine precedenti, non avrebbe dubbi sulla replicabilità del modello di successo anche in Italia. Le fettine, addizionate solo con vitamina C e calcio, sono buone, belle e fresche. Sono poi comodissime, come snack fuori pasto o fine pasto.

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“L’aspetto più gratificante del nostro successo - ha dichiarato Tony Freytag, uno dei fondatori e oggi uomo marketing di Crunch Pak - è vedere bimbi che mangiano le nostre fettine a pranzo o dopo i giochi. Abbiamo rivoluzionato il mondo dello snack dando delle opzioni semplici, accessibili e salutari. Questo avrà un impatto a lungo termine sulle abitudini alimentari e sulla salute dei nostri bambini”. l N.10 l GENNAIO 2015



Envy, la super Fuji amata da asiatici e americani, in Europa sarà per pochi Dopo Pink Lady e Ambrosia, è in arrivo un’altra varietà super premium Eugenio Felice

L’obiettivo produttivo entro il 2020 è di 6/7 mila tonnellate in Alto Adige, su 100 mila a livello mondiale. VOG e VI.P stanno ora immettendo sul mercato le prime 50 tonnellate di questa varietà di mela selezionata in Nuova Zelanda, con il fine di fare i primi test di mercato. Due anni fa, come anticipato dalla nostra testata, i due consorzi si sono infatti assicurati in esclusiva i diritti di coltivazione per l’Italia, iniziando le operazioni di messa a dimora delle piante

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Il nome della varietà è Scilate, ma viene commercializzata a livello mondiale con il marchio Envy. La varietà appartiene al segmento delle mele più dolci e croccanti, ma si distingue dalle altre appartenenti a questo gruppo in virtù delle sue eccezionali proprietà organolettiche, grazie alle quali è già diventata una delle varietà preferite dai consumatori in molti Paesi, con prezzi fino a 2,6 euro al chilo. La mela è nata nel 1985 dopo anni di test effettuati presso lo Hort Research Institute di Havelock.

alberi entro il 2016 su oltre 110 ettari di terreno in Alto Adige, due terzi dei quali nell’area di produzione del VOG e il restante terzo situato in Val Venosta dove opera

Produzione mele in Nuova Zelanda - 2014 tons 110.000,0 100.000,0 90.000,0 80.000,0 70.000,0 60.000,0 50.000,0 40.000,0 30.000,0 20.000,0

Cox

Granny Smith

NZ Rose

NZ Queen

EnvyTM

Pink LadyTM

Fuji

JazzTM

10.000,0 Braeburn

In occasione della fiera Interpoma i due Consorzi VOG e VI.P, in collaborazione con Enza, distributore e detentore dei diritti del marchio, hanno presentato Envy, una nuova mela proveniente dalla Nuova Zelanda, come Jazz, Braeburn e Gala. Il distributore neozelandese Enza ha dichiarato di voler arrivare entro il 2020 a produrre e commercializzare nel mondo un totale di 100 mila tonnellate di mele Envy, una varietà al momento coltivata prevalentemente in Nuova Zelanda. Per raggiungere questo obiettivo è stato lanciato un progetto che coinvolge i cinque continenti. Il maggior produttore dell’emisfero nord saranno gli Stati Uniti, con 44 mila tonnellate, mentre il peso massimo dell’emisfero sud sarà l’Australia con 37 mila tonnellate. Come parte di questo progetto globale, nel 2012 VOG e VI.P, come anticipato a suo tempo dalla nostra testata, hanno stipulato un contratto con Enza che garantisce alle due associazioni diritti di coltivazione esclusivi per l’Italia e la possibilità di piantare - a partire dal 2013 - 370 mila

Royal Gala

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Fonte: PIPFRUIT NZ l N.10 l GENNAIO 2015


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la VI.P. Nelle stagioni di massima resa, questi frutteti dovrebbero produrre un raccolto annuale pari a 6 mila tonnellate, a cui in futuro andranno ad aggiungersi i raccolti provenienti da altre regioni europee, Spagna e Francia in particolare. Enza, che ha il quartier generale continentale in Belgio, gestirà la commercializzazione nei mercati dell’Europa centrale e settentrionale, mentre WWF (Regno Unito) si occuperà del mercato britannico. VOG e VI.P saranno a loro volta responsabili dello sviluppo del mercato italiano e riforniranno diverse nazioni del bacino del Mediterraneo insieme ai partner di Enza che detengono i diritti di coltivazione di Envy in questi Paesi. Le importazioni dalla Nuova l N.10 l GENNAIO 2015

Zelanda in controstagione e la produzione in Europa dovrebbero riuscire a soddisfare la domanda europea nell’arco dell’intero anno. La produzione italiana, come dicevamo, non farà la parte del leone nello scenario globale. 6/7 mila tonnellate su un totale di poco sopra a 100 mila entro il 2020 è una quota marginale. La notizia interessante poi è che Enza punta a livello produttivo più sulla Spagna, con 4.400 tonnellate previste, che sulla Francia o la Germania. Anche dalla Korea ci si aspetta 4 mila tonnellate. Quindi Envy sarà una mela prodotta soprattutto fuori dall’Europa e consumata per lo più in Asia e in Nord America dove oggi spunta prezzi medi fino a 2,6 euro al chilo. FRUITBOOKMAGAZINE


Come mai il nome Envy? Perché le altre persone vi invidieranno quando la mangerete. Caratteristiche: extra sweet, croccante, succosa, forma regolare, colorazione elevata, dura, buona, shelf life lunga. Figlia di Gala e Braeburn, sorella di Jazz, sarà destinata per lo più ai mercati asiatico e americano

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SÜDTIROL • ENVY: COMMERCIAL PLANTINGS & CROP 2020 • First commercial plantings in 2013 2013

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250.000 harvest in tons new plantings

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100.000

• First Crop 2014: 50 t • Full potential 2020: 6.000 t

2.000 50.000

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0 2013

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2019

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Fonte: ENZA

Caratteristiche di Envy. Enza non ha grandi aspettative quindi dall’Europa, dove la crisi morde ancora e sembra non debba finire mai. Va detto anche che Envy è una mela di calibro grande e con un elevatissimo tenore zuccherino (14 gradi brix), tanto da essere definita una super Fuji, pur avendo una leggera acidità, oltre ad avere una colorazione media superiore al 75 per cento, con delle tipiche lenticelle bianche e delle leggere striature di un colore rosso intenso. I campioni presentati alla FRUITBOOKMAGAZINE

conferenza stampa parlavano da soli. Cos’altro dire? Croccante e dura, caratteristica in comune con Pink Lady. I vertici di Envy la hanno definita “firmness”. Ha una pressione oltre gli 8 chili, praticamente un record per la categoria. Per finire, si presta alla lunga conservazione e ce ne siamo accorti: abbiamo portato via da Bolzano un plateau di Envy e abbiamo tenuto volutamente una mela in cucina a temperatura ambiente. A Natale, dopo più di un mese era ancora in buono stato e questo è sicuramente un punto a favore. Le vendite di prodotto italiano po-

tranno quindi protrarsi tranquillamente fino all’estate. Le prime 50 tonnellate raccolte nel 2014 in Alto Adige serviranno per mandare le prime campionature alle catene distributive. Come sarà trovato lo spazio per questa mela? Gerhard Dichgans, direttore VOG, ha così risposto: “Da una ricerca di mercato che abbiamo condotto in Italia nel 2011 abbiamo scoperto che c’è una forte richiesta di mele extra sweet, un segmento coperto per ora solo dalla varietà Fuji. Per Envy c’è un potenziale enorme”.

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Ecco perché il limone siciliano ha grandi chance La nostra visita alla Villari di Roccalumera (Messina) Eugenio Felice

La tendenza salutista che sta investendo le economie occidentali darà nuove opportunità a quello che è forse il più buon limone al mondo: il Femminello siciliano. Come mai? Perché i limoni non trattati sono sempre più richiesti, hanno una conservazione più corta e quindi un mercato geograficamente più limitato. Tradotto: sarà difficile trovare in Europa frutti non trattati del Sudamerica. E chi li ha messi in assortimento, come Conad, si è accorto che le vendite aumentano In Sicilia andiamo sempre volentieri. Anzi, ci spiace di non andare più spesso. La cucina è ottima, l’ospitalità eccellente, i luoghi unici, il cielo azzurro. Per questo quando a novembre Attilio Villari ci ha chiesto di andare a trovarlo per visitare l’azienda in occasione dei 60 anni di attività, abbiamo accettato senza pensarci un attimo. Anche perché non capita spesso, di sentire un siciliano, che vuole raccontare la storia dell’attività di famiglia e gli sforzi per rimanere competitivi, oggi, in un mercato sempre più difficile. Quando atterriamo a Catania, il 12 dicembre, notiamo con piacere un maxi manifesto che promuove il succo d’arancia Oranfrizer, con il claim Sicilian Orange Experience. Quale migliore accoglienza, pensiamo, per i turisti stranieri. Prendiamo la nostra auto a noleggio e via, ci dirigiamo verso nord, oltre il Parco dell’Etna, oltre Taormina, fino a un piccolo comune della provincia di Messina. Roccalumera. Tra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso erano una trentina i magazzini che lavoravano agrumi nel

Messinese. La posizione è sempre stata strategica: il continente è lì, a portata di mano, oltre lo stretto. Oggi ne sono rimasti due: la Cooperativa Agricoltori Ionici (CAI) e la Villari Srl. Era il 1955 quando il bisnonno di Attilio Villari, che abbiamo incontrato presso lo stabilimento di Roccalumera, iniziò l’attività. Generazione dopo generazione, il Gruppo si è trasformato da piccola azienda agricola in una realtà produttiva di primo piano a livello nazionale. Tra le grandi intuizioni, quella di aprire una “succursale” nel nord Italia, a Brescia, nel 1995 - la Agro Fruit - per rifornire la grande distribuzione non solo di agrumi ma di tutti i tipi di frutta e ortaggi richiesti dal mercato, anche di importazione. L’obiettivo è dare ai clienti uno standard di qualità fisso e una disponibilità costante tutto l’anno. L’attività è seguita da Nino Villari, zio di Attilio. Il limone al centro della strategia aziendale. “Una volta - ci spiega Attilio Villari - il mercato dei limoni italiani dipendeva dal peFRUITBOOKMAGAZINE

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A fianco lo stabilimento di Roccalumera di Villari Srl. Si trova a 20 chilometri dal porto di Messina. Nell’edificio più piccolo c’è la linea di lavorazione per gli agrumi che ricevono dei trattamenti per prolungarne la conservazione. Nell’edificio principale invece c’è la linea per il prodotto biologico e quello convenzionale non trattato. È in corso un ampliamento per portare la capacità produttiva da 18 mila chili l’ora a 35 mila chili. Nello stabilimento non si lavorano solo limoni ma anche arance e mandarini.

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Limoni: l’offerta siciliana a confronto con quella d’importazione SICILIA PRIMOFIORE BIANCHETTO VERDELLO IMPORTAZIONE TURCHIA (INTERDONATO) SPAGNA (PRIMOFIORE) ARGENTINA (EUREKA) CILE (EUREKA) GENNAIO

FEBBRAIO

riodo di maturazione e quindi dalla disponibilità del prodotto. Le cose oggi sono cambiate: i volumi di vendita sono non dico determinati, ma in buona parte influenzati dalla concorrenza straniera. Turca, spagnola, sudamericana. Figuriamoci quest’anno poi che si sono chiuse le frontiere russe. Il vero problema è che in questi Paesi si possono fare trattamenti chimici che da noi invece sono vietati. Ma allora non si dovrebbe vietarne l’importazione? Non è questa una forma di concorrenza sleale? Non si dovrebbe tutelare la salute dei consumatori?” “Il limone - continua - è la pianta più generosa che c’è. Produce tutto l’anno e non si butta via niente. Abbiamo un grande vantaggio in Sicilia, qualcosa di FRUITBOOKMAGAZINE

MARZO

APRILE

MAGGIO

GIUGNO

LUGLIO

non riproducibile nelle altre zone di produzione del mondo: tre fioriture, che ci permettono di avere una disponibilità per 12 mesi l’anno, e un sapore che da tutti è considerato il migliore. Quest’ultimo è l’aspetto più importante. Non per niente ci troviamo spesso a dover competere con l’industria, che paga i limoni siciliani anche 30 centesimi e oltre al chilo per trasformarli in succo o in essenze che poi vengono vendute in tutto il mondo. Questo ci fa ben sperare per il futuro: il limone di alta gamma è quello siciliano. L’importante è agganciare poi al frutto il servizio”.

AGOSTO

SETTEMBRE OTTOBRE NOVEMBRE DICEMBRE

Il primato tecnologico. Negli anni l’azienda siciliana non ha mai smesso di investire. Sia nella fase di produzione, con una crescita costante nelle superfici investite, oggi un centinaio di ettari nel Siracusano, soprattutto a limone ma anche a mandarino di Ciaculli. “Sempre in mezzo alle mille difficoltà dell’Italia - si sfoga, giustamente, Albino Villari, papà di Attilio -. Poco tempo fa abbiamo tagliato delle piante secche di limoni per piantarne di nuove ed è venuta la Guardia Forestale a farci 30 mila euro di multa”. Sia nella fase di lavorazione: è stata tra le prime aziende in Sicilia, oltre 30 anni fa, a investire in una macchina retinatrice; è stata la prima nell’isola, in anni più recenl N.10 l GENNAIO 2015


Siamo convinti che in un futuro molto vicino i “trattamenti post raccolta, ora richiesti da molti clienti, non si useranno più. Ultimamente anche le catene distributive stanno entrando nell’ottica di un prodotto che sia il più naturale possibile. Ne comprendono il grande potenziale ”, Attilio Villari 79

La tecnologia non manca nello stabilimento della Villari di Roccalumera (Me). C’è una calibratrice Mafroda che seleziona i frutti in base a calibro, colore, e qualità, ci sono delle celle per deverdizzare i limoni e un braccio antropomorfo per svuotare le casse e pallettizzare. Non manca comunque la manodopera specializzata. I limoni della foto sono molto gialli, come piacciono in Germania. Quelli “al naturale” sono più verdi e così li dovremmo vedere sempre più spesso nei banchi di vendita.

l N.10 l GENNAIO 2015

ma. Ci permetterebbe di servire ancora meglio i clienti, in un modo che gli altri non possono fare”, ci confessa Attilio Villari. La capacità di confezionamento è oggi di 17 mila chili all’ora. Usciamo nel piazzale, notiamo i pannelli solari sopra il magazzino principale, installati quattro anni fa. “Qui - ci indica Villari - iniziamo nelle prossime settimane i lavori per l’ampliamento del magazzino. Da giugno avremo una zona dedicata all’arrivo della merce che sarà separata da quella di lavorazione e una nuova calibratrice, così da raggiungere una capacità di confezionamento di 35 mila chili all’ora”. Se stessimo usando il telefonino metteremmo come commento la faccina a bocca aperta. Pratica-

GRUPPO VILLARI I PRIMI 60 ANNI DEL

ti, a installare un braccio antropomorfo, come si usa nel settore automotive, per svuotare le casse a inizio linea e per le operazioni di pallettizzazione e depallettizzazione. “Rispetto alle macchine convenzionali - ci riferisce Attilio Villari - occupa meno spazio e ha una grande sensibilità e flessibilità, inizia la mattina presto e finisce alla sera, senza mai avere mal di schiena. Non potremmo essere più soddisfatti”. È stata anche la prima a installare una calibratrice Globalscan della Mafroda che permette una selezione degli agrumi in base a calibro, colore e qualità. “La abbiamo da poco ma stiamo già valutando di prendere la nuova versione, più performante dato che seleziona anche in base alla for-

GUARDA IL VIDEO!

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4 60

IL GRUPPO VILLARI IN CIFRE

generazioni

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anni di attività

ettari di agrumeti mesi

di fornitura

35 1

%

quota export

centro a Brescia distributivo

mente la Villari potrà raddoppiare i volumi di vendita. Perché alla fine è così che funziona: se ci sono aziende che chiudono perché smettono di investire ci sono altre aziende che crescono, anche nei momenti di crisi, perché riescono a interpretare il mercato e a dare dei benefici ai clienti. Bio o non trattato. Torniamo dentro il magazzino principale. Qui si trovano anche le celle per deverdizzare i limoni: in alcuni mercati come la Germania si richiedono belli gialli e così i frutti vengono fatti riposare alcuni giorni con l’etilene e sotto degli sbalzi termici che portano a una maggiore colorazione. Un processo che assomiglia a quello che si fa con le banane. In un magazzino vicino si trova poi la linea per fare i trattamenti che favoriscono una maggiore durata dei frutti. Parliamo di funghicidi e cere che lasciano chiaramente dei residui sulla buccia, che non è più edibile. “Abbiamo un magazzino dedicato per questi trattamenti - spiega Attilio Villari - mentre il prodotto biologico e quello non trattato vengono lavorati nello stabilimento principale. Siamo convinti che in un futuro molto vicino i trattamenti post raccolta non si useranno più. Se noi li facciamo ancora, su una parte della produzione, è perché i clienti ce lo chiedono oltre ad essere - è bene non equivocare - permessi dalle normative. Ma le cose stanno cambiando. Ultimamente anche le catene distributive stanno entranFRUITBOOKMAGAZINE

Il Gruppo Villari è stato il primo a installare in Sicilia un braccio antropomorfo come svuota casse, pallettizzatore e depallettizzatore. Ingombra poco ed è molto flessibile, veloce, delicato e preciso.

do nell’ottica di un prodotto che sia il più naturale possibile. Ne comprendono il potenziale in termini di appeal sul consumatore finale, che è disposto a spendere di più per un prodotto del genere. Si sono accorte che non aumentano solo i prezzi ma anche i volumi di vendita. I nostri limoni non trattati fanno parte ad esempio dell’assortimento di Conad Percorso Qualità. Ora stiamo sperimentando, con la assistenza di un biologo, soluzioni per aumentare la durata dei frutti senza fare trattamenti”.

Il fronte asiatico. “Siamo sulla buona strada”, continua Villari. “La possibilità di conservare più a lungo i frutti ci permetterebbe di aprire nuovi mercati come l’Oriente. Fino a qualche tempo fa era chiuso a causa della mosca mediterranea. Ora le frontiere si sono riaperte e la domanda di limoni di qualità è forte. Bisogna però superare la barriera logistica: 40 giorni di container sono inaffrontabili per i limoni non trattati. Le vie di uscita sono due e le stiamo percorrendo entrambe: una è appunto aumentare la conservabilità, l’altra fare il cargo aereo. Siamo fiduciosi, in Oriente ci arriveremo”.

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Cambiano le abitudini di acquisto, sono oltre 18 milioni gli smart shopper Come lo smartphone cambia e rilancia i consumi in Italia e nel mondo Alice Capiaghi

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Quando sono ventidue settimane consecutive che l’indice dei consumi registra il segno meno, anche il largo consumo ne paga le conseguenze. Occorre dunque cambiare, riorganizzarsi, guardare oltre la situazione contingente. L’occasione per fare il punto e dare uno sguardo al futuro è stata quella del forum Osserva Italia “Quando il largo consumo si fa stretto”. È stato promosso dal settimanale Affari & Finanza di La Repubblica, il 19 novembre scorso a Milano Sotto la lente di ingrandimento sono finiti problemi, trend e prospettive della GDO partendo dal presupposto di base: negli ultimi anni il comportamento dei consumatori è cambiato in modo radicale. Tanto che, anche se le vendite dovessero riprendere nel breve periodo, potremmo non tornare più alla situazione pre-crisi, né per volumi né per qualità. Un dato che, letto insieme al continuo calo dei consumi anche negli ultimi mesi del 2014 (-0,6 per cento a settembre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente), suggerisce la necessità di un riassesto strutturale delle strategie di vendita. Secondo dati Nielsen, negli ultimi dodici mesi ben quattro italiani su cinque hanno modificato il proprio comportamento di acquisto al supermercato. Obiettivo è risparmiare anche su quello che mettiamo nel carrello. In che modo? Il 60 per cento degli acquirenti (20 per cento in più rispetto al 2013) dichiara di rinunciare, in tutto o in parte, ai prodotti più cari che fanno lievitare il conto in cassa. Mentre il 10 per cento compra più FRUITBOOKMAGAZINE

volentieri articoli in promozione, benché non basti una riduzione di prezzo a determinare la decisione di acquisto. Al contrario gli italiani considerano fondamentali confezioni e imballaggi, che devono garantire una buona conservazione del prodotto. Anche la data di scadenza è fondamentale e vi presta attenzione la quasi totalità (il 94 per cento) dei consumatori. Come a dire, si compra meno, ma si compra meglio: confrontando i prezzi, cercando le migliori promozioni e stando attenti agli sprechi. “Gli anni di crisi hanno cambiato le abitudini della gente e molti hanno imparato a ottimizzare i consumi alimentari”, spiega Giovanni Fantasia, amministratore delegato Nielsen. “Il 73 per cento degli intervistati, ad esempio, dichiara di sprecare meno cibo stando attenti alle porzioni servite in tavola. Quasi una persona su due invece ha imparato nuove ricette per recuperare gli avanzi del giorno prima. D’altra parte gli italiani si cimentano volentieri ai fornelli. Un trend che ha conquistato soprattutto i “foodie”, i giovani

I nuovi stili di consumi

+24

%

alimenti salutistici

amanti del buon cibo che amano cucinare per sé e per gli amici”. Organizzando una cena tra amici o un aperitivo gourmand nella cucina di casa ci si mette alla prova come chef e anche il portafoglio ne guadagna. “Tra le mura domestiche si torna a una dimensione antica - fa eco l’economista Giulio Sapelli - . In un certo senso si è riscoperta la bellezza di un pasto sano e ben cucinato che non comporti necessariamente un grande sforzo economico”. Ma allora, cosa vogliono gli italiani quando fanno la spesa? Secondo i dati della ricerca, qualità e tracciabilità del prodotto sono le principali richieste di chi ogni giorno riempie il carrello. Circa otto persone su dieci sono attente al Paese di origine o al luogo di provenienza degli alimenti, mentre sette su l N.10 l GENNAIO 2015


Negli ultimi anni sui nostri scaffali si comprano “sempre più cibi che favoriscono uno stile di vita sano. I consumatori sono molto più avanti rispetto agli operatori del largo consumo che continuano ad avere una visione strabica e distorta del mercato ”, Francesco Pugliese (ADM e Conad) dieci leggono abitualmente l’elenco degli ingredienti riportati nell’etichetta e acquistano volentieri marchi a dicitura IGP, DOC e DOP. “Il tema di sicurezza e purezza sta conquistando il mercato del food. Negli ultimi anni sui nostri scaffali si comprano sempre più cibi che favoriscono uno stile di vita sano (+24 per cento per volume e 22 per cento per valore, ndr) e anche il settore del biologico è in crescita”, spiega Francesco Pugliese, amministratore delegato Conad. Tra le categorie merceologiche che vivono un momento di grande successo ci sono anche quella dei secondi piatti pronti (+15 per cento per volume e +10 per cento per valore) e dei prodotti gourmet (+4 per cento per volume e +5 per cento per valore). “Quello che desiderano i consumatori è informarsi, non solo durante l’atto di acquisto ma anche prima, in fase di pianificazione - suggerisce Fantasia - per farlo usano diversi canali, primo tra tutti il web”. I dati elaborati da Nielsen fotografano infatti un paese in cui il 60 per cento della popolazione valuta on line prezzi e giudizi degli altri utenti prima di andare al supermercato. Al contrario il 46 per cento applica il procedimento inverso: compra on line ma prima verifica prezzo ed etichetta in negozio. “Si tratta di consumatori ormai maturi, e pronti ad accettare una sempre maggiore digitalizzazione della GDO”, conclude l’ad di Nielsen. Dalla ricerca emerge infatti che nel nostro Paese sono l N.10 l GENNAIO 2015

La contrazione dei consumi sta rallentando? Totale Italia, Trend del Grocery a Valore e Volume (vendite a prezzi costanti) 5,1

VALORI 2,0

1,9 0,4 0,5

2008

2009

2,3

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2010

VOLUMI

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2011

Fonte: Nielsen Trade* Mis

oltre 18 milioni i così detti “smart shopper”, ossia i consumatori attivi in rete. Oltre a essere una fetta importante di popolazione, sorprende come gli acquisti on line non siano più esclusivo appannaggio della generazione digitale, ma che tra coloro che fanno la spesa sul web molti siano uomini e donne over 45. Ed è proprio ai cambiamenti della società che la GDO deve necessariamente guardare per rivedere le proprie modalità di vendita. “Le private label, ed esempio, potranno essere tanto più rilevanti nel futuro quanto più sapranno ascoltare le esigenze dei clienti”, fa notare Lorenzo Morelli, preside della facoltà di agraria dell’Università Cattolica. “I consumatori hanno reagito alla crisi esatta-

0,1

-1,3

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2012

2013

-0,6 -0,4 2014*

(*) gennaio-ottobre 2014

mente come ha fatto l’industria, cioè eliminando la dispensa e svuotando il frigo. Leggendo le statistiche emerge che il 30 per cento degli italiani vive da solo, e un altro 20 per cento è composto da coppie senza figli. Siamo quindi proprio certi che mettere in promozione un pacco di biscotti in formato famiglia sia la strategia migliore? Oppure penso agli anziani, la cui prima necessità, spesso poco ascoltata, è poter acquistare confezioni facilmente apribili”. “In generale, conclude Pugliese, i consumatori sono molto più avanti rispetto agli operatori del largo consumo che continuano ad avere una visione strabica e distorta del mercato”. Solo riuscendo a cogliere le richieste sempre più precise dei propri clienti, la GDO potrà superare la crisi e tornare a pensare in grande.

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In Spagna i cedi automatizzati del futuro La logistica efficiente al servizio di produttori e distributori Eugenio Felice

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Tante le novità per il più importante pooler europeo. Una cassetta per le banane 40x60 che promette di ottimizzare i trasporti, stando perfettamente sugli europallet. Un servizio di gestione dei rifiuti e delle attrezzature che rientrano dai punti vendita. Una automazione sempre più spinta dei cedi della distribuzione che integrano anche il centro lavaggio delle cassette. Per finire con un’espansione nel Regno Unito, in Europa dell’Est e in alcuni Paesi del Med Il più importante pooler europeo, con 760 milioni di movimenti stimati nel 2014 e un fatturato di oltre 250 milioni di euro, si affaccia al nuovo anno con una serie di importanti novità, che dovrebbero interessare anche il mercato italiano, sempre che sappia recepirle. Innanzitutto c’è un’espansione geografica, con il recente inizio dell’attività nel Regno Unito e nei Paesi dell’Europa dell’Est e prospettive concrete nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Poi c’è il continuo sviluppo dell’attività in settori diversi dall’ortofrutta, come la carne, la panetteria, i formaggi, la salumeria, il pesce e la pasta fresca. Ancora, aumentano le soluzioni a disposizione dei clienti, come l’RFID, che permette di automatizzare i processi, utilizzato ad esempio da uno dei primi distributori in Francia, o come le nuove casse per le banane. Infine crescono i servizi, come la possibilità per il retailer di automatizzare il centro distributivo o di esternalizzare l’attività di gestione dei rifiuti e di tutte le attrezzature in rientro dai punti vendita. FRUITBOOKMAGAZINE

Nuova cassa per le banane. “Ci stiamo lavorando da due anni”, ci spiega Emanuele Timpanaro, country manager Italia di Euro Pool System. “Sono cassette 40x60 su cui andranno a confezionare direttamente i produttori di banane. Siamo riusciti a far sì che il peso trasportato per container sia uguale se non addirittura maggiore a quello equivalente con imballo in cartone che di misura fa 50x40. Il numero di banane insomma non varia, sebbene cambiano sia la misura dell’imballo che della pedana su cui vengono trasportate. La nuova cassetta per banane dà un grande beneficio, cioè la standardizzazione del trasporto, perché a cambiare è l’ingombro: la nuova cassetta nel formato 40x60 riesce a stare perfettamente nel pallet 80x120 che è lo standard europeo, quindi più pratico nel trasporto su camion, mentre i cartoni delle banane usati finora sono pensati per il pallet inglese, che è 100x120,

Qui sopra il magazzino automatico di Eroski a Madrid, nella piattaforma denominata M 50, eretta nel 2011 con un investimento complessivo di quasi 40 milioni di euro, di cui 4 impiegati proprio per l’automatic order picking. Qui si movimentano fino a 160 mila cassette di ortofrutta al giorno per 1.000 tonnellate di prodotto. Nel magazzino automatico si trova anche il centro lavaggio di Euro Pool System così da ridurre al minimo i costi logistici. Si tratta della piattaforma più avanzata d’Europa.

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quindi nettamente fuori standard per le unità di carico europee. L’unità di trasporto è determinante, così come la scelta del pallet diventa strategica”. Automazione. Le cose più straordinarie, però, si fanno in Spagna e nell’Europa dell’Est. Se non si facessero già, sembrerebbero attività futuribili. Partiamo dalla Spagna; prosegue l’automazione dei cedi Eroski. Per quanti non lo sapessero è una delle maggiori catene distributive spagnole, con una market share attorno al 12 per cento. Cosa succede in sostanza? Il l N.10 l GENNAIO 2015

centro lavaggio di Euro Pool è stato fatto insieme alla piattaforma di Eroski a Madrid, così da ridurre al minimo i costi logistici. Ma la vera innovazione - vedete in proposito il video del QR code di pagina 91 - è l’automazione dei flussi in entrata e in uscita, detto automatic order picking. Funzionano veramente? Si chiederà qualcuno. La risposta è sì, perché dopo il primo magazzino di questo tipo in 4 mila metri quadrati si movimentano fino a 160 mila cassette al giorno per mille tonnellate di prodotto - ne sono stati fatti altri due a Palma e Saragozza. FRUITBOOKMAGAZINE


Il magazzino di Praga di Euro Pool System dove non solo vengono lavate le cassette riutilizzabili, ma vengono anche gestite le attrezzature e i rifiuti di ritorno dai punti vendita. “Solleviamo la catena distributiva da un lavoro che non è il suo. La gestione degli asset è invece il nostro lavoro, per noi si tratta solo di una integrazione di servizio, che dà dei benefici economici tangibili al distributore”, ha dichiarato Emanuele Timpanaro. Nella foto sotto i pallet rossi di LPR fotografati allo stand di Fruit Attraction a Madrid lo scorso ottobre.

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“I distributori che utilizzano massivamente imballi standard per trasportare i loro prodotti - spiega Timpanaro - possono facilmente fare un passo avanti, verso la preparazione automatica degli ordini. L’introduzione della cassetta per le banane vanno proprio in questa direzione: integrare nella filiera un prodotto importante in termini di volumi, ma che normalmente viene gestito fuori standard. Le nostre cassette, ben 8 modelli, resistenti e con misure standard, consentono un’efficace automazione dei processi per la preparazione degli ordini presso i centri distributivi. I nostri clienti infatti puntano a una percentuale di integrazione intorno al 90-95 per cento. Ciò si traduce in un risparmio di decine di punti percentuali, nel conto economico, in quanto si riducono i costi di gestione, di movimentazione, di rotazione, si riducono degli errori, e si guadagna in efficienza nel trasporto. Negli ulti-

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mi due anni, abbiamo implementato impianti automatici per la preparazione degli ordini presso i nostri clienti più fidelizzati e con i quali abbiamo una collaborazione di lungo periodo. Un’attività del genere potrebbe essere fatta anche in Italia, anche se GDO e fornitori devono prima di tutto prendere consapevolezza delle enormi potenzialità di un sistema del genere. Sempre di più la sfida commerciale sarà legata all’efficienza organizzativa e ai costi della logistica intesa come movimentazione interna e trasporto”. Gestione delle attrezzature e dei rifiuti. La potremmo definire l’ultima frontiera. Succede già con diversi distributori europei, ma gli esempi più recenti si riferiscono a Paesi in via di sviluppo, uno è in Repubblica Ceca e due in Polonia. Casi di successo, che coinvolgono distributori di primo piano come Tesco. EPS non si limita a ritirare

le proprie casse sporche per poi lavarle, ma prende e gestisce tutte le attrezzature che rientrano dai negozi, pallet, roll, frigo box, carrelli, bottiglie, ma anche tutto il materiale di scarto come carta, cartone, polistirolo, plastica, che normalmente viene raccolto nei cedi perché proveniente dai vari punti vendita. Vetro, plastica, carta, organico, tutto quanto viene prelevato e trattato a norma di legge. “Gestiamo il rifiuto - afferma Timpanaro - per dare alla catena distributiva un beneficio economico. La solleviamo da un lavoro, spesso gravoso, che non è di sua competenza. La gestione degli asset è invece il nostro lavoro, per noi si tratta solo di un’integrazione di servizio. Nel magazzino integrato di Praga abbiamo permesso al distributore un risparmio economico molto importante nei costi di gestione dei materiali e dei rifiuti, un grande risultato”. Come mai si parla di magazzino integrato? Per un certo numero di distributori europei, EPS ha spostato le sue attività al centro logistico del retailer, dove vengono fatti convergere i flussi di ritorno. In questo modo si crea un centro servizio integrato. EPS seleziona e trasporta i flussi di ritorno, e le cassette vengono lavate e messe di nuovo in circolazione. Ciò permette ai fornitori, dopo aver consegnato i prodotti freschi, di riprendere automaticamente le cassette pulite, consentendo alla filiera di far risparmiare centinaia di migliaia di chilometri di trasporto. l N.10 l GENNAIO 2015


Il mercato italiano è unico in Europa: le due “maggiori catene distributive non accettano, al contrario delle altre, i nostri pallet, quindi diversi grandi produttori europei devono far ripallettizzare il carico prima di arrivare nei cedi con evidente aggravio di costi ”, Paolo Cipriani (LPR) 87

EROSKI A MADRID

NELLO STABILIMENTO

AUTOMATIZZATO

GUARDA IL VIDEO! LPR. È curioso il mondo ortofrutticolo. Se vi capita di entrare in un magazzino di confezionamento, uno di quelli grandi che lavorano tanto prodotto per diversi clienti, c’è da restare sorpresi di quanti tipi di imballaggio ci sono, diversi nei formati, nei materiali, nelle grafiche. Si può arrivare a superare il centinaio. Praticamente ogni cliente vuole il suo. Manca la standardizzazione. Se si esce però dal settore ortofrutticolo e dai confini nazionali le logiche cambiano. Sono le grandi industrie del grocery che, per motivi di efficienza, decidono gli standard e le catene distributive si adeguano. Questo vale sia per gli imballaggi che, ancora di più, per i pallet. Euro Pool System ha da tempo colto l’importanza di poter offrire ai clienti anche il servizio di pallet pooling, ritenendolo sempre più strategico per utilizzatori e produttori. Per questo, nel 2011 ha acquisito LPR. Un importante operatore di pallet pooling presente in Europa da 25 l N.10 l GENNAIO 2015

Da sinistra: Emanuele Timpanaro, country manager Italia di Euro Pool System (EPS) e Paolo Cipriani, responsabile commerciale Italia di LPR (divisione di EPS che si occupa del pallet pooling)

anni, con fatturato di oltre 140 milioni di euro, presente anche in Italia dal 2010 e con una rilevante crescita anno su anno. “I pallet colorati - ci spiega Paolo Cipriani, responsabile commerciale Italia di LPR - cioè quelli a noleggio di proprietà del pooler, valgono il 95 per cento del mercato inglese. In Francia siamo al 75 per cento, in Spagna all’80 per cento. In Italia siamo attorno al 20/25 per cento, quindi c’è ancora un grande potenziale di crescita. I benefici per il distributore, ma anche per il produttore, dati dal pallet pooling, sono principalmente

tre: un risparmio economico, un taglio drastico dei problemi legati alla gestione del pallet bianco e uno standard qualitativo molto elevato. Il mercato italiano poi è unico in Europa, perché le due maggiori catene distributive non accettano, al contrario delle altre, i nostri pallet, quindi diversi grandi produttori europei devono far ripallettizzare il carico prima di arrivare nei cedi con evidente aggravio di costi. Una situazione un po’ paradossale, che auspichiamo venga presto superata. Quello che chiediamo è di poter competere alla pari con gli altri operatori di pallet pooling, ne trarrebbe beneficio tutto il mercato”.

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«Le confezioni? Un vestito che valorizza il prodotto e stimola le vendite» È passato il tempo nel quale l’imballaggio era un mero strumento di trasporto Eugenio Felice

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All’ultima edizione di Macfrut, lo scorso settembre, Bestack, il Consorzio Italiano Imballaggi in Cartone Ondulato, ha presentato la sua idea di esposizione dell’ortofrutta nei reparti della grande distribuzione. Abbiamo chiesto al suo direttore, Claudio Dall’Agata, di spiegarci di cosa si tratta. Intanto l’innovazione negli imballaggi in cartone ondulato va avanti, con carte sempre più performanti e nuove applicazioni, come quella sugli ortaggi bagnati Lo stand Bestack a Macfrut aveva un’esposizione originale di frutta e ortaggi. Di cosa si è trattato? Il ruolo delle fiere è profondamente cambiato nel corso degli ultimi anni e il frenetico e recente dinamismo, specialmente in Italia, che caratterizza l’offerta degli enti fiera per il settore ortofrutticolo evidenzia le mutate esigenze e la necessità di rinnovarsi in termini di contenuti e di target di riferimento. Per questo l’approccio di Bestack alle fiere è mirato a fornire un contributo in termini di contenuto e comunicazione. Bestack nasce per esplorare gli ambiti di innovazione e miglioramento degli imballaggi in cartone ondulato per facilitare la proposta ortofrutticola italiana, risolvere e anticipare i problemi logistici, costruire vantaggi competitivi sugli imballaggi, qualificare la produzione italiana. Le occasioni di contatto commerciale tra operatori sono FRUITBOOKMAGAZINE

quotidiane e continue, le nuove tecnologie hanno azzerato le distanze, pertanto le fiere sono sempre più luogo di incontro piuttosto che occasioni per chiudere affari. In fiere che per necessità si riducono a visite giornaliere occorre quindi a nostro avviso proporre una visione prospettica in termini di contenuto dei valori di servizio del prodotto di propria competenza pensando all’utente finale. È passato il tempo nel quale l’imballaggio era un mero strumento di trasporto. Oggi l’imballaggio è il vestito del prodotto che contiene e in tal senso va ripensato in termini di valorizzazione di quest’ultimo. Se parliamo poi di prodotti ortofrutticoli i margini sono enormi. Per questo abbiamo immaginato l’imballaggio in cartone ondulato come strumento cromatico di personalizzazione e caratterizzazione del prodotto da un lato, utile per marcare le differenze tra i diversi prodotti e segmentare la profondità di gamma con piccole differenze cromatiche, e contemporaneal N.10 l GENNAIO 2015


Contiamo nel 2015 di completare la sperimenta“zione e di industrializzarla per renderla disponibile sul mercato: imballaggi sostenibili, economici, igienici al 100 per cento che aumentano la vita di scaffale sono ciò che il mercato ci chiede e ciò sul quale stiamo lavorando ”, Claudio Dall’Agata

mente come elemento di caratterizzazione stagionale del punto vendita. Gli imballaggi in cartone ondulato infatti possono essere pensati e studiati per prodotto in infinite sfumature di colore. In questo modo seguendo la stagionalità dei prodotti il reparto a punto vendita potrebbe cambiare colore ad ogni stagione mantenendo una logica progressiva e ripetitiva in grado di sorprendere e stimolare il consumatore. L’idea è stata mutuata da tutto ciò che è offerto in vetrina e lavora sulle stagionalità dell’offerta: prima di tutto il settore dell’abbigliamento. Ad ogni stagione la sua vetrina. Nel reparto ortofrutta ad ogni stagione determinati colori di imballaggio. Per questo abbiamo presentato un format espositivo sui prodotti di stagione e sulla loro segmentazione. Occorre invogliare, stupire, sorprendere il consumatore e in questo la confezione può fare molto. Da alcuni anni collaborate con l’Università di Bologna. Su cosa è focalizzata ora la ricerca? Il nostro focus è innovare in termini di servizio l’imballaggio in cartone ondulato affinché non solo non crei problemi al prodotto che contiene ma contribuisca a creare valore. Per questo abbiamo ragionato in termini di sostenibilità ambientale svolgendo analisi del ciclo di vita per ridurre gli impatti ambientali, per comprendere le modalità di continuo miglioramento e affermare la sostenibilità del cartone ondulato, in considerazione dell’impiego di materie prime vergini, certificate e rinnovabili, anche rispetto ad altri materiali di imballaggio. Abbiamo svolto analisi sulla supply chain logistica per misurare e ridurre l’incidenza economica dell’imballaggio e delle sue movimentazioni sul prezzo del prodotto. Da ultimo ci siamo concentrati sull’aspetto igienico per aumentare la shelf life del prodotto contenuto. Contiamo nel 2015 di completare la sperimentazione e di induNella pagina a fianco Claudio Dall’Agata, direttore di Bestack, il Consorzio Italiano Imballaggi in Cartone Ondulato per Ortofrutta, fotografato all’ultima edizione di Macfrut lo scorso settembre. Nell’altra foto una proposta di esposizione innovativa.

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strializzarla per renderla disponibile sul mercato. Imballaggi sostenibili, economici, igienici al 100 per cento che aumentano la vita di scaffale del prodotto sono ciò che il mercato ci chiede e ciò sul quale stiamo lavorando.

Importanti catene europee stanno investendo negli imballaggi in cartone odulato. Lidl per fare un nome. C’è ancora spazio per fare innovazione? Non si vive senza innovazione, che sia di processo, di servizio o di prodotto. E occorre concentrarsi su tutti questi aspetti. Uno degli ambiti di maggiore indagine è lo sviluppo di imballaggi in cartone ondulato per i prodotti ortofrutticoli bagnati. Diverse aziende socie di Bestack hanno sviluppato prodotti adatti che sono utilizzati in specifiche circostanze. L’innovazione sta procedendo spedita su questo tema con risultati molto positivi. Dal punto di vista del processo e dei materiali si assiste alla continua innovazione con carte sempre più sottili, resistenti e leggere che portano alla costante riduzione degli impatti ambientali mentre la ricerca sulle modalità di esposizione costituisce a nostro avviso l’area di maggiore interesse. Occorre pensare a confezioni che intercettino la curiosità del consumatore, che lo indirizzino, che gli facciano riconoscere il prodotto che cerca. Colore e empatia sono le chiavi a nostro avviso certamente preferibili a omogeneità ed asetticità.

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Passa da Roma lo sviluppo del Gruppo Battaglio. «Qui un grande potenziale» Un nuovo magazzino da 5 mila mq all’interno del CAR. Già in corso i lavori per l’ampliamento Eugenio Felice

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È operativo dai primi giorni di novembre il nuovo magazzino di Roma del Gruppo Battaglio, uno dei maggiori importatori italiani di frutta e ortaggi, con focus particolare sulle banane. Alcuni numeri della nuova struttura: 5.000 metri quadri coperti e climatizzati, quattro celle refrigerate da 200 pallet ciascuna, otto celle di maturazione banane per 25 mila cartoni a settimana, una sala per il confezionamento. Sono già in corso i lavori per raddoppiarne le dimensioni Svolgere l’attività di importazione di frutta non è affatto facile. A parte le questioni logistiche e di approvvigionamento, si è spesso scontrata negli ultimi anni con dei messaggi arrivati al grande pubblico non proprio favorevoli e che così potremmo riassumere: perché consumare prodotti che arrivano dall’altra parte del mondo, con magari lo sfruttamento di lavoratori e ambiente e l’inquinamento causato dal trasporto, quando in Italia si produce un sacco di ortofrutta? Viene cioè considerata concorrenza da una parte della produzione italiana, perché se una persona mangia una banana o un ananas non mangia una mela o una pera; se mangia una mela o un’arancia in controstagione non mangia una pesca o un grappolo d’uva. Si comprende quindi la forza con cui Coldiretti promuova i suoi mercatini a chilometri zero: è un sindacato e come tale cerca di tutelare i suoi associati. Peccato che poi i frutti prodotti da quegli stessi associati, a partire dai kiwi, vadano all’estero, anche dall’altra parte del mondo, e che l’Italia esporti FRUITBOOKMAGAZINE

molta più frutta di quanta ne importi. Quindi se ci fosse coerenza e non solo demagogia, Coldiretti dovrebbe anche essere contraria alle esportazioni. E se queste ces-

Battaglio seleziona, importa e distribuisce in Italia una vasta gamma di frutta, compresa quella esotica, con una particolare specializzazione in banane e ananas. La produzione proviene sia dalle consociate del Gruppo sia da fornitori esterni. La progressiva strutturazione e organizzazione gestionale ha permesso a Battaglio di agire anche in mercati distanti migliaia di chilometri, alla costante ricerca della qualità in ogni periodo dell'anno, costituendo negli anni una solida rete di produttori affidabili. Oggi l'azienda può contare su numeri importanti: 17 mila mq di magazzini tra Torino, Roma e uno stand al Centro Agroalimentare di Torino, per più di 150 mila tonnellate di prodotto movimentato ogni anno.

BATTAGLIO: fatturato degli ultimi 5 anni 170.000.000 158.000.000 146.000.000 134.000.000 122.000.000 110.000.000 98.000.000 86.000.000 74.000.000 2009

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Fatturato Battaglio Spa

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Fatturato Gruppo Battaglio

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Foto: Andrea Felice

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sassero che fine farebbero i suoi associati? Poi diciamola tutta, che vita sarebbe senza banane o ananas? O senza una spremuta di arance fresche in estate? Come potremmo bere un mojito senza il lime? Come potremmo privarci dei mirtilli e dei lamponi del Messico o delle ciliegie del Cile? O come fare senza l’esplosione di gusto della frutta esotica matura come i mango o la papaya? E gli chef, gli chef... come farebbero senza il loro amato avocado? Quindi, che sia benvenuta la frutta di importazione e meno male che ci sono aziende che credono in questa attività e, quando lavorano bene, ottengono dei grandi risultati, come il Gruppo Battaglio, che in 5 anni ha aumentato del 60 per cento il fatturato. l N.10 l GENNAIO 2015

Il nuovo magazzino. “Abbiamo valutato diverse alternative nella Capitale ma alla fine abbiamo ritenuto che il luogo migliore fosse il Centro Agroalimentare di Roma”, ci confessa Luca Battaglio, presidente del Gruppo, mentre ci mostra in anteprima il nuovo magazzino da 5 mila metri quadrati, in funzione dal mese di novembre. Ci troviamo proprio nel Centro Agroalimentare di Roma (CAR), una struttura strategica per la distribuzione dei prodotti in tutto il centro e sud Italia. A fianco del nuovo magazzino, subito riconoscibile grazie all’inconfondibile livrea gialla, si sta già preparando il terreno per un’ampliamento, così da arrivare a 10 mila metri quadrati coperti. “Sì - spiega Battaglio - se FRUITBOOKMAGAZINE


Siamo gli unici in Italia a non gestire i marchi “delle multinazionali. Quando nel 2010 siamo entrati nel business delle banane abbiamo deciso una strada coraggiosa che sta pagando: puntare tutto sulla nostra marca per garantire qualità di prodotto ed efficienza nel servizio ”, Luca Battaglio 92

ESCLUSIVO AL IL NOSTRO VIDEO

MAGAZZINO DI ROMA GUARDALO ORA!

Luca Battaglio, classe 1971, presidente del Gruppo, in un frame della nostra videointervista, visibile leggendo il codice QR qui sopra. La divisione commerciale del Gruppo fa capo al fratello Siro.

l’attività procederà nel modo giusto, nel 2016 avremo un magazzino pari a quello di Torino”. All’interno del magazzino di Roma, che si estende su un’area di 12 mila metri quadrati, di cui 5 mila coperti, ci sono quattro celle di conservazione refrigerate da 200 pallet ciascuna, otto celle di maturazione banane per 25 mila cartoni a settimana e una sala lavorazione per il confezionamento. Tutto è climatizzato così da garantire la catena del freddo. Al primo piano si trovano gli uffici. Per fare un confronto, il magazzino di Torino, sempre in posizione strategica - l’interporto S.I.TO - è di 12 mila metri quadrati coperti, ha otto celle di conservazione con capacità di 5 mila tonnellate e 14 celle di matuFRUITBOOKMAGAZINE

razione banane per una capacità di 600 tonnellate a settimana. La testa del Gruppo - che nel 2013 ha fatturato 170 milioni di euro e nel 2014 dovrebbe crescere di un altro 10 per cento - rimane chiaramente nel capoluogo piemontese. “La nuova struttura - continua Luca Battaglio - risponde a due esigenze: in primo luogo servire meglio i clienti del centro sud Italia, dove noi vediamo un grande potenziale, soprattutto per quanto riguarda le catene distributive, e in seconda battuta vogliamo dare un po’ di respiro al magazzino di Torino che, considerando l’incre-

mento dell’attività degli ultimi anni, è diventato sottodimensionato”. Tra le attività principali della nuova struttura c’è la maturazione delle banane, con una capacità di 25 mila cartoni alla settimana. “Nel 2010 abbiamo deciso di diventare indipendenti nell’importazione e distribuzione delle banane, puntando tutto sulla nostra marca. Oggi siamo gli unici distributori in Italia a non gestire, per nostra scelta, i marchi delle multinazionali. È una strategia che sta pagando, siamo riusciti a ritagliarci il nostro spazio, con 2,5 milioni di cartoni distribuiti nel 2014 e una previsione per il 2015 di 3 milioni”. Le banane rappresentano il frutto più importato e distribuito da Battaglio, con circa 41 mila tonnellate vendute nel 2013. Seguono gli ananas, con 11 mila tonnellate. In totale sono più di 150 mila le tonnellate di frutta e ortaggi movimentati ogni anno dal Gruppo.

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Tornano a febbraio i meloni fair Francescon prodotti in Senegal Eugenio Felice

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“Quella dello scorso anno è stata la peggiore campagna degli ultimi 20 anni. Prima il clima ha provocato un anticipo produttivo di quasi un mese in Sicilia che si è andato ad accavallare con la nostra produzione in Senegal, causando un eccesso di offerta sul mercato con conseguente abbassamento dei prezzi. Poi lo stesso clima ha portato piogge senza precedenti tra luglio e agosto, quando siamo in piena produzione nel Mantovano, riducendo drasticamente la produzione e compromettendo un poco anche la qualità, soprattutto in termini di durata. Un problema comune a tutta la frutta estiva. Sono scesi 420 ml di pioggia in due mesi quando in un anno intero ne scendono di solito 600”. Questo il quadro delineato da Bruno Francescon, presidente dell’omonima OP, quando siamo andati a trovarlo per avere qualche anticipazione sulla prossima campagna del Senegal. “Alla fine abbiamo raccolto 2.200 tonnellate in Senegal, meno del programmato proprio per l’accavallarsi con l’anticipo della campagna siciliana. La qualità peraltro è stata ottima, sia come gradi brix, che come consistenza della polpa, aspetto estetico e pezzatura. Quest’anno abbiamo piantato a novembre e dal 10/15 febbraio se non si verificheranno situazioni meteo anomale inizieremo a raccogliere. Sono sempre 120 gli ettari destinati al melone, cui se ne aggiungono 30 per le zucche e 10 per le mini angurie. Mi preme sottoliFRUITBOOKMAGAZINE

Dal 10/15 febbraio prenderà il via la terza campagna d’Africa di Francescon. 160 ettari investiti, come lo scorso anno, di cui 120 a meloni, 30 a zucche e 10 a mini angurie. Il potenziale per il frutto simbolo dell’azienda mantovana è di 3.500 tonnellate, con una qualità che nulla ha da invidiare a quella italiana. Prosegue anche l’impegno nel sociale, riconosciuto anche da Coop Italia che dallo scorso anno propone i meloni del Senegal nella linea Terra Equa neare che là non facciamo solo produzione di un melone che in termini qualitativi nulla ha da invidiare a quello italiano, in un periodo

ne di un presidio medico con otto posti letto al servizio dei 20 mila abitanti del villaggio. I lavori sono in corso in questo momento. Ga-

in cui manca la produzione nazionale, ma facciamo anche del bene alla comunità di Tessette. Nel 2014 abbiamo raccolto oltre 40 mila euro, in collaborazione con Coop Italia, da destinare alla costruzio-

rantiamo poi ai lavoratori paghe orarie più alte rispetto al minimo legale e diamo loro dei benefit, come un pasto gratuito nella mensa aziendale, il trasporto casa lavoro, i medicinali”. l N.10 l GENNAIO 2015



Si può uscire dalla trappola del ciliegino La segmentazione può dare grandi benefici ai retailer Eugenio Felice

Il 27 novembre, nel più grande store Eataly di Milano, si è tenuto un’evento riservato ai buyer della GDO sul tema pomodoro e sostenibilità, curato dalla nostra testata e promosso dall’azienda sementiera Syngenta. Tanti gli spunti emersi e una certezza: per uscire dalle logiche di prezzo bisogna offrire al consumatore finale un pomodoro che si differenzi dalla massa rappresentata dal “solito” ciliegino. Syngenta ha presentato dei casi concreti, come il datterino arancione

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La “fortuna” dell’ortofrutta è che costa poco rispetto alle altre categorie, è generalmente buona e fa bene alla salute. Queste cose il consumatore le sa, sono evidenti. Ciò che non sa è se quei prodotti sono anche sostenibili. Ecco quindi, ha evidenziato Pisani, l’opportunità per i retailer: aumentare la soddisfazione del consumatore e le vendite con prodotti ortofrutticoli che non siano solo al giusto prezzo, buoni e sani, ma anche sostenibili. Il progetto Sinergie risponde a tutte queste esigenze, come ha spiegato Giuseppe Concaro di Sata Srl, partner di Sinergie, dalla ricerca genetica fino al confezionamento, con l’obiettivo comune di valorizzare i pomodori. Tutto ruota attorno alla sostenibilità, che significa insetti utili, salvaguardia delle risorse, biodiversità, utilizzo equilibrato dei mezzi tecnici, riduzione al minimo indispensabile della chimica, col risultato che i residui sono molto vicini allo zero.

DI FILIERA SINERGIE

Gli italiani sono amanti del gusto e pur in tempi di crisi sono disposti a spendere qualcosa di più per prodotti che oltre ad essere buoni e sani, siano anche sostenibili. Siano cioè prodotti rispettando i lavoratori e l’ambiente. È quanto emerge da una ricerca presentata durante l’evento “Sostenibilità e pomodori, l’opportunità per i retailer”, tenutosi a Eataly Smeraldo a Milano lo scorso 27 novembre, a cura della nostra testata e promosso da Syngenta e dal progetto di filiera di cui fa parte Sinergie. Un dato, quello sulla sostenibilità, che riguarda non solo l’ortofrutta ma tutti i prodotti alimentari o di largo consumo: il 78 per cento degli italiani apprezzano i prodotti sostenibili. 10 anni fa questa percentuale era solo del 30 per cento. Il 68 per cento chiede anche che la sostenibilità sia messa bene in evidenza sui prodotti, che sia quindi un messaggio che balzi subito agli occhi. Possiamo permetterci, ha chiesto alla platea Maurizio Pisani - esperto di marketing alimentare e firma della nostra testata di non ascoltare il consumatore?

UN PROGETTO

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Segmentare è possibile. Ma torniamo al colore e al sapore. Durante la serata sono state presentate alcune delle ultime varietà Syngenta, inserite nel progetto di valorizzazione Sinergie. Tra queste ci hanno sorpreso positivamente il Bambelo, un pomodorino che assomiglia nella forma a un datterino, con un attraente colore arancione, dolce e croccante, ideale per snack o antipasti. Se la curiosità data dal colore arancione ci ha portato ad assaggiare il Bambelo, è il sapore che ci ha sorpreso nel Dulcemiel. Intendiamoci, non che passi inosservato: è un pomodorino l N.10 l GENNAIO 2015

verde tigrato molto attraente, che ti aspetteresti acidulo per via del colore e invece è dolcissimo e aromatico. Adatto quindi sia come snack o aperitivo, ma anche come fine pasto. Promossi a pieni voti entrambi. Chiediamo a un produttore siciliano, che fa parte del progetto Sinergie, se secondo lui un pomodoro arancione o giallo può funzionare. Perché noi ne vediamo da dieci anni e più alle fiere internazionali o nei campi prova in Sicilia. La sua risposta è laconica: “Non credo”. Ci rendiamo conto allora che c’è nel mondo produttivo, ma lo stesso vale per quello distriFRUITBOOKMAGAZINE


Nella foto a lato Renzo Lazzarin di Syngenta mentre spiega l’importanza dell’aroma, inteso come odore, per conferire sapore al pomodoro. Un momento dell’evento a cura della nostra testata e promosso da Syngenta, tenutosi a Eataly Smeraldo il 27 novembre. Tema della serata la sostenibilità dei pomodori come opportunità per i retailer. Hanno partecipato sia rappresentanti del mondo della produzione che della distribuzione. A condurre la serata Maurizio Pisani, esperto di marketing alimentare nonché nostra preziosa firma.

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Cosa pensano gli italiani della sostenibilità? Personalmente, sarebbe disposto a spendere di più per utilizzare prodotti e servizi che garantiscano una forte riduzione dell’inquinamento e una maggiore tutela dell’ambiente? SICURAMENTE NO

PROBABILMENTE NO

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SICURAMENTE SI

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SOMMA DEI SI

78% 59 PROBABILMENTE SI Fonte: SWG per Assorel

butivo, una visione distorta e troppo tradizionalista della realtà. Perché buona parte dei consumatori, soprattutto quelli della fascia 2050 anni, sono ben felici se gli vengono proposte delle novità. E la prima cosa che può catturare la loro attenzione nel punto vendita è proprio il colore. In seconda battuta viene la forma. I pomodorini arancioni, o quelli gialli o ancora quelli verdi tigrati, li compreranno per la curiosità e li ricompreranno per il gusto. Invece produzione e distribuzione vivono nella trappola del ciliegino: offerta incontrollata con il prezzo come unico elemento differenziante. Solo il Pomodoro di Pachino IGP riesce in parte a uscire da questa trappola. Quindi la situazione oggi galleggia tra la noia del consumatore, la paraliFRUITBOOKMAGAZINE

si della distribuzione e la perenne crisi della produzione. Come uscirne? Proponendo linee di pomodoro nuove che intercettino nuove fasce di consumatori, andando anche a soddisfare nuove esigenze, come i pasti fuori casa. C’è infatti, come ha evidenziato Renzo Lazzarin nel suo intervento, una richiesta crescente di prodotti che si possano consumare come snack. Un ruolo fondamentale lo riveste in questo caso il packaging, non solo per aumenta-

re le occasioni di consumo ma anche per comunicare i valori e la storia del prodotto. Il pomodoro in questo contesto ha una grande fortuna perché è l’ortaggio snack ideale, almeno quello di piccolo formato, tipo ciliegino o datterino. “Aggiungerei - ha detto Lazzarin alcuni elementi cui è attento il consumatore oggi: l’origine, la tradizione e l’emozione. Con il progetto sinergie riusciamo a dare tutto questo. L’innovazione vera sta nel sapore, nella forma e nel colore. Non per niente il ciliegino è diventato una commodity, mentre si stanno affermando i mini plum, in grado di soddisfare nuovi trend di consumo”. “Sono i tempi che cambiano”, ha aggiunto. “Ieri c’erano tre momenti tradizionali dedicati ai pasti, oggi ci sono dai sei agli otto momenti in cui si consumano porzioni piccole o spuntini. Ieri c’erano famiglie numerose, oggi tanti single, coppie senza figli o con un solo figlio. Devono cambiare anche le porzioni quindi. Ieri si faceva una colazione a latte e bi-scotti, oppure caffè e brioche, oggi i nutrizionisti raccomandano di fa-re colazioni più abbondanti inserendo anche ortaggi. Oggi vincono i prodotti pratici e con un packaging accattivante. La formula vincente è una combinazione di caratteristiche del prodotto, posizionamento e comunicazione. Shelf life, sicurezza alimentare e qualità visiva non sono valori ma pre-requisiti, elementi essenziali per tutti i prodotti. Gradi brix e penetrometro sono concetti superati: con quell N.10 l GENNAIO 2015


ormai è una commodity. Tra l’80 e “l’85Il ciliegino per cento dei pomodori venduti oggi in Italia sono governati da logiche di prezzo. Il restante 15-20 per cento sono pomodori che si distinguono dalla massa e generano un fatturato uguale alla prima categoria ”, Renzo Lazzarin (Syngenta) li non ci si distingue e non si va purtroppo da nessuna parte. I produttori e prima ancora i distributori hanno oggi una grande occasione, perché i pomodori che possono fare la differenza sono già disponibili, si tratta solo di programmare il loro inserimento in assortimento”. Durante il suo intervento Lazzarin ha fatto notare che tra l’80 e l’85 per cento dei volumi di pomodoro venduti oggi in Italia sono

governati da logiche di prezzo. Il restante 15-20 per cento sono pomodori di fascia premium che vanno a soddisfare i consumatori attenti a quattro fattori: sostenibilità, praticità, benefici per la salute ed esperienza sensoriale. Ebbene, questa seconda categoria di pomodori ha un valore, potremmo dire un fatturato, equivalente alla prima categoria, quella delle commodity, che ha come prodotto simbolo il ciliegino. Un dato reale che

vale più di mille teorie e opinioni. La serata si è conclusa nell’unico modo possibile, con uno show cooking. Protagonisti ovviamente i pomodori, proposti in tutti i modi possibili, con grande soddisfazione per il palato, oltre che per le orecchie, dato che a pochi metri si stava esibendo un gruppo musicale. E non poteva essere altrimenti essendo a Eataly Smeraldo.

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Oggi, il brand sostenibile e sociale di Alma Seges che mette al centro la freschezza Un brand anti crisi che è molto più di un logo. È un business model Eugenio Felice

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Si chiama Oggi il primo brand sociale dell’ortofrutta. Un brand anticrisi che vuole uscire dalla logica della commodificazione. Non un brand premium ma un business model che taglia tutti i costi non necessari per portare ai consumatori frutta e ortaggi freschi di giornata, con una grande attenzione per la sostenibilità. La nostra intervista ad Aristide Valente, presidente Alma Seges, Amleto Elia e Bruno Spinazzola della start-up fiorentina Zeugma Presidente, si è parlato molto negli ultimi anni della Terra dei fuochi. Che azioni avete messo in campo per tutelare i vostri prodotti? AV: L’idea che si è fatta buona parte dell’opinione pubblica vedendo le immagini di fuochi e rifiuti tossici che riemergevano dalla terra non corrisponde alla realtà. Le terre inquinate sono solo una piccolissima parte della Campania Felix e i dati ufficiali confermano che non hanno portato danni ai prodotti agricoli. Le nostre aziende associate sono impegnate a ottenere produzioni di qualità sempre più elevata tramite il ritorno a quei prodotti tipici che appartengono alla memoria storica dei loro luoghi di produzione, ne conservano le tradizioni e ne custodiscono i segreti. Prodotti con un antico sapore, non comparabile a quello standardizzato del mercato globalizzato. È il sapore delFRUITBOOKMAGAZINE

la Campania Felix, terra di vulcani che hanno dato ai terreni campani una straordinaria fertilità - è questo il vero fuoco - e che grazie anche al clima mediterraneo e alla particolare distribuzione dei territori - pianeggianti, montuosi e collinari - hanno fatto di questa terra il simbolo della dieta mediterranea. Alma Seges, in collaborazione con Legambiente, è impegnata in progetti sui temi di ambiente, sostenibilità e biodiversità. Un esempio concreto è il progetto Vedici Chiaro, nato nel 2013, una campagna di salubrità e tracciabilità dei prodotti freschi. “Vedici Chiaro”, di cosa si tratta? Valente: Alma Seges ha attivato un programma di tracciabilità in grado di seguire ogni singolo prodotto dal campo di coltivazione alla tavola in cui viene consumato. Buyer della grande distribuzione e consumatori possono conoscere in un click la provenienza e la storia degli alimenti acquistati. Le nostre aziende agricole garantiscono così la provenienza geografica dei lotti l N.10 l GENNAIO 2015


è in difficoltà, con redditi sempre “piùL’agricoltura bassi e costi sempre più alti. Non esiste della frutta e della verdura di status: tutti la mangiamo o dovremmo mangiarla. La strategia premium nel cibo fresco finisce per alzare i costi e non aggiunge benefici reali ”, Amleto Elia (Zeugma) 101

messi sul mercato e Alma Seges verifica che ogni singola azienda assolva pienamente agli standard europei di salubrità. In pratica funziona così: tutte le aziende che rispettano i parametri imposti dai nostri protocolli ricevono il cerchio bianco e possono usarlo sulle confezioni dei loro prodotti. Tramite il sito web, introducendo nel nostro sistema di tracciabilità il numero indicato all’interno del cerchio bianco, è possibile risalire alla zona e al lotto di produzione come anche consultare le analisi e la documentazione del singolo produttore per i buyer della GDO. A Fruit Logistica Alma Seges presenta Oggi, un nuovo brand sociale e sostenibile. Lo avete definito il brand anticrisi. Cosa intendete? AE: L’Italia vive una situazione di profonda crisi economica. L’agricoltura europea è in difficoltà, con redditi sempre più bassi e costi sempre più alti. Non tutti possono permettersi prodotti premium. Non esiste una frutta e una verdura di status: tutti la mangiamo o dovremmo mangiarla. La strategia premium nel cibo fresco finisce per alzare i costi e non aggiunge benefici reali. In un mercato sempre più commodificato l’unico elemento differenziante diventa il prezzo. Oggi è un marchio con una valenza sociale perché non si sofferma sulla dimensione del bello fine a sé stesso ma sulla utilità. Per ridurre i costi togliamo tutto il superfluo, tutto ciò che non ha significato sociale, a partire dal confezionamento che sarà uno solo. I benefit per il consumatore finaNella foto della pagina a fianco Aristide Valente, presidente di Alma Seges, cooperativa e organizzazione di produttori nata nel 2001 con soci nelle aree ortofrutticole più vocate del Mezzogiorno, in particolare nella Piana del Sele (Salerno), nel Napoletano, nell’alto Casertano e in Puglia (barese e tarantino). Le produzioni più importanti della OP sono lattughe, indivie, lattughine da taglio, sedano, prezzemolo, asparagi, carciofi, spinaci, fragole, meloni ed angurie, uva da tavola e agrumi. Nell’altra foto lo stand di Alma Seges a Fruit Logistica 2014, incentrato sul tema del cerchio bianco del progetto Vedici Chiaro. Nella foto di questa pagina una mezza pedana con la grafica “total design” dove domina il pattern del brand Oggi.

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le sono un prodotto extrafresco raccolto e spedito in giornata grazie a una filiera espressa, un prezzo competitivo, una gamma ampia e la sostenibilità del processo produttivo. L’obiettivo è dare ai consumatori quello di cui hanno bisogno, senza rinunciare al gusto, e restituire valore ai produttori agricoli che sono i creatori della materia prima. Agricoltori e consumatori sono al centro dell'intervento sociale di Oggi, non la frutta e la verdura. Oggi quindi è molto più di un brand, è un business model: un brand per rispondere ai consumatori, un business model per rispondere alla commodificazione. Ho capito bene, un solo tipo di imballaggio? AE: Sì. Stiamo lavorando per adottare una soluzione “one size fits all”: tutta la frutta e verdura sono posizionate appena raccolte in una culla che le accompagna fino alla destinazione finale. Non si fa differenza tra fragole, meloni, arance e uva. Questo significa anche standardizzare la logistica, non riempirci il magazzino di tanti tipi diversi di imballaggio, snellire le operazioni di confezionamento in modo decisivo. Oggi consegna sempre iperfresco negli stessi contenitori standard in tutta l’Italia prodotto proveniente da tutta l’Italia. In questo modo possiamo garantire la consegna in giornata nel mercato interFRUITBOOKMAGAZINE


Il brand deve trasmettere subito fiducia. Nella “psicometrica insegnano che bastano 50 millisecondi a una persona per capire se ciò che vede gli ispira o meno fiducia. Se il consumatore ha fiducia nel brand può pensare di scoprirne poi le caratteristiche ”, Bruno Spinazzola (Zeugma) 102

no e il giorno successivo nei mercati esteri. Perché Oggi opera anche nell’esportazione: è un marchio europeo per gli europei. Quindi un brand che parla prima di tutto di freschezza e di taglio dei costi non necessari. Cosa intendete per brand sostenibile? AE: Senza il benefit non c’è brand. Ogni grande brand ha qualcosa che lo rende unico. Vale anche per Oggi. Abbiamo riscoperto Pompei che è il riferimento storico, il richiamo alla tradizione e al gusto. Abbiamo enfatizzato la dimensione del fresco, che è la nostra caratteristica principale. Abbiamo infine introdotto la sostenibilità. Un po’ tutte le aziende oggi si riempiono la bocca con questa parola, il problema è che non fanno sostenibilità ma Green Washing, pulizia verde, vale a dire che si puliscono la coscienza con qualcosa che sembra sostenibilità ma lo è solo di facciata. Oggi è davvero sostenibilità. Un esempio sono i materiali. Oggi è timely, cioè a tempo, extrafresco. Anche il materiale deve essere a tempo. Per questo abbiamo pensato al Mater-Bi della Novamont per i nostri imballaggi, un materiale che non deve essere smaltito e che già da fuori trasmette la freschezza del prodotto, perché è deperibile come il prodotto che contiene. Abbiamo poi stretto accordi con Legambiente e ne arriveranno altri con altre organizzazioni. E, tornando al discorso dell’extrafresco, stiamo lavorando a un modello che ci permetta di donare ciò che non viene venduto in giornata. Visto il business model, torniamo al consumatore. Quale messaggio volete fargli arrivare per catturare la sua attenzione? BS: Il brand è il camion che porta il prodotto al consumatore. Deve trasmettere subito fiducia. Nella psicometrica insegnano che bastano 50 millisecondi a una persona per capire se ciò che vede gli ispira o meno fiducia. Se il consumatore ha fiducia nel brand può pensare di scoprirne le caratteristiche: freschezza e bontà. Con Oggi abbiamo voluto fare un brand in grado di creare nel consumatore un’anticipazione di quello che lo aspetta, per conquistare la sua fiduFRUITBOOKMAGAZINE

cia. Il brand è il primo contatto, fissa il tono di voce del marchio e parla da solo prima del prodotto. Oggi è un nome distintivo, diverso da tutti gli altri usati dall’industria, quasi sempre legati al nome del produttore, al nome dell’azienda, al termine qualità o a parole dal significato non comprensibile al grande pubblico. Oggi è breve, appropriato rispetto alla value proposition, facile da pronunciare anche all’estero, facile da ricordare, familiare. È il modo per evocare il fresco senza dirlo. Non descrive il prodotto venduto ma evoca le sue qualità. Lo slogan “una storia italiana” fa capire le sue radici - prodotti della tradizione coltivati in Italia - e allo stesso tempo spiega che è una storia contemporanea, che stiamo scrivendo ora. Una storia che permette di uscire dall’anonimato, di differenziarsi e di avere una personalità. Perché ci sono quelli con una storia dietro e quelli che non hanno niente. E per rafforzare questo concetto abbiamo adottato una grafica che viene da un antico affresco di Pompei. L’affresco riporta il pattern multicolore che si ritrova sul nostro imballaggio, un total design che da solo fa “logo” e diventa immediatamente riconoscibile e allo stesso tempo è fatto dei colori della frutta e della verdura: il rosso, l’arancione, il verde e il bianco.

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Scegli un partner

Alegra è l’azienda leader dell’ortofrutta italiana. Con oltre 10.000 produttori associati in cooperative, porta sul mercato una gamma completa di prodotti a filiera corta, controllati dal campo alla tavola. È partner delle grandi insegne della moderna distribuzione internazionale per la realizzazione di private label; garantisce continuità di fornitura e servizi commerciali specializzati, con una presenza in oltre 55 Paesi. Scegli Alegra: professionisti della frutta, partner del mercato. Alegra soc. coop. agricola - Via G. Galilei, 5 - 48018 Faenza (RA) Italy - Tel. +39 0546 624401 - Fax +39 0546 622513 - info@alegrait.com - www.alegrait.com


Dagli Usa la nuova moda degli snack a base di frutta apparentemente salutari Le tendenze negli Stati Uniti che potrebbero arrivare anche in Europa Irene Pasquetto

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Tè alla frutta con perle di tapioca. Smoothie alla quinoa con carote e zenzero. Fagiolini cotti al forno e salati. Frutta secca o essiccata in versione salata, dolce o piccante. Mirtilli, bacche di goji o chicchi di melograno ricoperti di cioccolato. Acqua di cocco, ricca di proprietà nutritive. Succo derivato dalle bacche tropicali di Acai. Stanno riscuotendo sempre maggiore successo negli States gli snack e le bevande a base di frutta, ortaggi e cereali, pratici e golosi I consumatori statunitensi hanno ritrovato di recente un certo interesse, e gusto, per la frutta e la verdura. Non quella fresca, che resta “cibo per ricchi”, parliamo di una serie di prodotti vegani e vegetariani, ma anche snack e dessert, a base di frutta, verdura e cereali che sono entrati nella dieta quotidiana di famiglie, studenti e professionisti. L’aspetto più interessante è che la maggior parte di questi prodotti, dalle caratteristiche a dir poco esotiche, ancora non si sono visti in Italia, se non come timidi esperimenti da parte di importatori e produttori coraggiosi. Vediamo insieme quali sono i prodotti più quotati.

dette anche perle, di tapioca. Viene preparato in combinazione con della frutta fresca, solitamente fragola, limone, kiwi, uva, frutto della passione, cocco, ma anche lavanda e mandorla. Viene venduto in centinaia di catene diverse sparse in tutti gli Stati Uniti.

Ci ricordiamo bene quando quattro anni fa, per le strade affollate di Hong Kong, in un settembre normalmente caldo e afoso, ci hanno preso il bubble tea milk per rinfrescarci in un pomeriggio di una giornata dedicata alle visite dei centri commerciali. Onestamente non sapevamo nemmeno bene cosa c’era dentro, cosa fossero quelle sfere nere gommose, ci siamo fidati di chi ci stava accompagnando. Un mangia e bevi che ci ha lasciato perplessi. (e.f.)

Quinoa: dagli smoothie agli spaghetti. Seppure la quinoa ha iniziato (da poco) ad essere consumata in Italia come contorno o in alternativa al cous cous, negli Stati Uniti la si trova ormai in tutte le salse. Particolarmente apprezzati sono gli smoothie a marca “Nuwi”,

Bubble Tea Milk (Boba). Inventato a Taiwan, precisamente a Taichung, nel 1980, questo particolarissimo tipo di tè è consumato come un dessert dopo cena, o semplicemente come bibita durante la giornata. Il suo consumo può essere paragonato a quello dei frappè e frullati. A renderlo unico e amatissimo dagli americani tra i dieci e i trent’anni sono le ciungose “bolle”, FRUITBOOKMAGAZINE

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proposti nelle varianti banane, mela, piselli, mirtilli e fragola. La quinoa, che è uno spinacio, è particolarmente apprezzata perché senza glutine, di conseguenza è consumata in alternativa al grano e ai cereali come piatto principale (pasta di diversi tipi, compresi gli spaghetti). In generale, la tendenza è sempre più quella di una dieta 100 per cento gluten-free: da alcuni mesi la rivista inglese The Economist sta ospitando un ampio dibattito sulla nuova tendenza “anti grano”. Snapea Crisps (foto qui sopra). Potrebbero essere eletti prodotto dell’anno. Sono infatti amatissimi sia dai bambini che dai genitori più golosi e sono percepiti come un’alternativa salutare alle patatine. Si tratta di fagiolini cotti al forno e salati, fragranti e saporiti. Calbee, il produttore, assicura: l N.10 l GENNAIO 2015

“Rispetto alle patatine fritte regolari, gli Snapea contengono meno grassi e sodio, più fibra, livelli più elevati di proteine e vitamina B, indice glicemico più basso e sono... 100 per cento meno rumorosi!”. Varianti sono gli Okra (Gombo) Chips, i Carrot Chips e i Beet (barbabietola) Chips prodotti da Setton Farms. Frutta secca come snack. Il vero affare, in generale, sembra quello di proporre frutta e verdura rielaborata in modo da poter essere consumata velocemente, praticamente, e ovunque come snack. Il segreto è quello di rendere lo snack particolarmente salato, dolce o piccante. Insomma, basta che sia “tasty”, gustoso. Danielle è

La bevanda energetica del momento è l’acqua di cocco. Poche calorie, senza grassi e super idratante, un bicchiere ha più potassio di quattro banane

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Il mercato d’oltreoceano propone un’infinità di alternative per il nuovo consumatore gluten-free, più o meno vegano, attento alla salute. Cibi di tendenza sono l’hummus di ceci, il sushi vegano fatto solo con frutta e verdura, gli yogurt preparati con frutta fresca sciroppata a marca “Chobani”

MILK BUBBLE TEA

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un altro brand conosciuto dagli amanti di snack salutari, e propone Tangy (piccante) Pineapple (ananas) Chips, Roasted (arrosto) Cononut (cocco) Chips, Sweet Mango Chips, e Spicy (piccanti, speziate) Carrot Chips. Gli snack dolci. Non c’è niente di nuovo nell’idea di associare certi frutti con la cioccolata, ebbene da questa vecchia trovata c’è chi ci ha costruito un business, 100 per cento organic. È il caso del brand “Next”, che offre ciliegie, pezzi di banana, cocco e mandorle ricoperte di cioccolata in pratiche buste, oppure “Brookside”, che si è spinto fino a produrre le bacche di Goji immerse nella cioccolata, i mirtilli, l’acai e i chicchi di melograno. I drink. Non solo Coca Cola, il banco frigo offre diverse alternative con meno zuccheri, naturali e FRUITBOOKMAGAZINE

dietetiche. A tavola, in ufficio, a scuola, la bevanda energetica del momento è l’acqua di cocco. Tra i benefici si contano: poche calorie, naturale, senza grassi e senza colesterolo, più potassio in un bicchiere di acqua di cocco che in quattro banane, super idratante. Guadagna terreno anche la Kombucha, soprattutto il tè alla Kombucha a marca “Yogi”. La Kombucha è anche chiamata il “fungo del tè” e viene ricavata da una colonia simbiotica di batteri e lievito. È originaria della Cina, successivamente importata in Russia nel 1800. Invece del latte di mucca, un sostituto molto apprezzato è il latte di mandorla, meno quello derivato dalla soia, la quale sta perdendo popolarità a causa di nuove ricerche che hanno insinuato il dubbio nei consumatori che non sia poi così salutare se consumata ogni giorno.

Il vasto mercato d’oltreoceano propone un’infinità di alternative per il nuovo consumatore gluten-free, più o meno vegano, attento alla salute. Altri cibi di tendenza sono, ad esempio, l’amatissimo hummus di ceci, il sushi vegano fatto solo con frutta e verdura, gli yogurt a marca “Chobani” preparati con frutta fresca sciroppata, i gelati e i sorbetti anche questi vegani e a base di frutta, i succhi derivati dalle bacche tropicali acai. In alternativa a cous cous e quinoa, è diffuso anche il burghul, un alimento costituito da frumento integrale, grano duro germogliato, che subisce un particolare processo di lavorazione. I chicchi di frumento vengono cotti al vapore e fatti seccare, macinati e ridotti in piccoli pezzetti, viene dal Medio Oriente ma è molto diffuso negli States.

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PIACE ROSSANA, LA PATATA ROSSA DI PIZZOLI DALLA PASTA SODA E DAL GUSTO DECISO

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Grande successo a Macfrut per una delle ultime e più interessanti novità di Pizzoli, la patata Rossana, dall’aspetto inconfondibile per la forma e per il tipico colore rosso carico della buccia. Si tratta della varietà Chérie, dalla pasta soda e dal gusto deciso. Per la compattezza al taglio, anche dopo la cottura, risulta particolarmente idonea alla preparazione di insalate, piatti freddi, contorni e accompagnamenti per piatti a base di pesce e tortini ma anche per l’ottenimento di purè e patate arrosto o altri utilizzi tipici della nostra tradizione culinaria. Gli areali di coltivazione sono in particolare Emilia Romagna, Veneto, Sardegna e Puglia.

FIERE, PUGLIESE (ADM E CONAD) ASSUME LA PRESIDENZA DI FRUIT INNOVATION (MILANO) Francesco Pugliese, in qualità di presidente di ADM, l’Associazione della Distribuzione Moderna, di cui fa parte anche Federdistribuzione, ha accettato di assumere la presidenza di Fruit Innovation, la nuova fiera internazionale dell’ortofrutta e delle tecnologie collegate, organizzata da Fiera Milano e Ipack-Ima, che si svolgerà nei

DA ORTOROMI LA CIOTOLA “CUOR DI GUSTO” CON MIX DI RADICCHI IGP, GRANA E NOCI OrtoRomi è l’unica azienda in Italia che propone il Radicchio Variegato di Castelfranco IGP e il Radicchio Rosso di Treviso IGP già lavati e pronti al consumo. La linea dei Radicchi IGP di OrtoRomi comprende diverse referenze, pronte da gustare o da cucinare come la Grigliata al Radicchio Rosso FRUITBOOKMAGAZINE

padiglioni di Fiera Milano dal 20 al 22 maggio prossimi, in concomitanza con l’inizio di Expo. Pugliese, che è anche amministratore delegato di Conad e presidente di Core, la nuova alleanza strategica in cui sono presenti Colruyt (Belgio), Conad, Coop Svizzera e Rewe, ha dichiarato: “Abbiamo bisogno di razionalizzare la filiera ortofrutticola italiana, di far incontrare domanda e offerta nella maniera più appropriata e rispondente alle necessità del momento, nell’interesse di tutti, a partire dal consumatore, che chiede al punto vendita prodotti e servizi buoni al giusto prezzo. Fruit Innovation può dare un contributo in questa direzione e Milano è la piazza giusta per costruire un progetto valido, dove domanda e offerta trovino una sintesi importante per il nostro Paese, il suo sistema produttivo ortofrutticolo e noi distributori”.

di Treviso in vassoio da 250 grammi. In comode buste da 200 grammi OrtoRomi propone il colorato Mix di Radicchio Variegato di Castelfranco IGP e Radicchio Rosso di Treviso IGP e la croccante monoreferenza a base di Radicchio Variegato di Castelfranco IGP. E per finire, la sfiziosa ciotola “Cuor di Gusto” con mix di Radicchi IGP e l’aggiunta, in un inserto separato, di scaglie di grana padano e noci sgusciate. Ottimo grigliato, alla brace, in padella, marinato, dolce… il radicchio IGP è perfetto per invitanti ed originali ricette, ottima scelta per ogni tipo di portata: dai primi piatti, ai contorni o, addirittura, protagonista di una strepitosa torta dolce servita con crema al mascarpone. E se sempre più italiani sono appassionati di cucina e buongustai del food, OrtoRomi e i suoi Radicchi IGP diventano la giusta risposta. l N.10 l GENNAIO 2015


VAL VENOSTA, NUOVA SALA LAVORAZIONE IN ALTA QUOTA E TERZO MAGAZZINO AUTOMATICO

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Continua il processo di rinnovamento tecnologico per le cooperative melicole della Val Venosta, che già possono contare sulla più grande sala lavorazione d’Europa alla Mivor (Laces). È in funzione dallo scorso autunno la nuova sala lavorazione della OVEG, in alta quota, vicino al passo Resia, e sono in corso i lavori per realizzare il terzo magazzino automatico alla Geos con capacità di 17.500 bins. La zona produttiva dell’Alta Val Venosta ha visto in questi ultimi anni interessanti risultati nel settore melicolo sia in termini qualitativi che produttivi: questo dato ha portato VI.P a considerare la OVEG di Oris come la cooperativa con il maggiore potenziale di crescita.

ROSARIA, IL MEGLIO DELLE ARANCE ROSSE SICILIANE ORA A CASA IN UN CLICK

Una comunicazione rinnovata per Rosaria, dai messaggi radio alla televisione, dalla presenza nelle fiere alle manifestazioni sportive, per valorizzare quanto di meglio riesce a produrre la Sicilia, con l’impegno, la sapienza e la specializzazione della sua gente che in provincia di Catania vive spesso di agrumi. Le arance Rosaria sono buone, controllate, tracciate perché cercate, selezionate, curate dalla campagna al consumatore che le trova sia nei principali punti della GDO italiana ma anche on-line. Il sito web, sempre aggiornato, è infatti fornito di carrello elettronico al quale, oggi, sempre più consumatori si collegano scoprendo quanto sia semplice avere le arance rosse siciliane Rosaria a casa propria e in tempi brevi. Una grande sfida per Rosaria e una grande opportunità per gli italiani.

LA FAMIGLIA ISEPPI FESTEGGIA GLI 85 ANNI DI ATTIVITÀ. PER VILLAFRUT SONO 30 “Dietro ad una grande storia imprenditoriale ci sono sempre degli uomini e delle donne. Persone che antepongono l’essere all’apparire, persone animate da un’etica, da una passione e da uno spirito di sacrificio che oggi definiremmo d’altri tempi”. Con queste parole Renato Iseppi ha aperto la serata. Se la famiglia ha festeggiato i primi 85 anni di attività nel settore dell’ortofrutta - Adele e Dino gestivano un’azienda agricola in Valposchiavo (Svizzera) e in Valtellina - la Villafrut di Verona ha festeggiato invece i primi 30 anni. Oggi il Gruppo Iseppi commercializza 135 mila tonnellate di frutta e verdura, per un volume d’affari di circa 198 milioni di euro. l N.10 l GENNAIO 2015

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IL GIGANTE ENTRA A FAR PARTE DI SELEX I RICAVI DEI SOCI VERSO I 10 MILIARDI

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Dal primo gennaio 2015 Selex diventa più grande grazie all’ingresso de Il Gigante, uno dei protagonisti della distribuzione italiana con oltre 1 miliardo di euro di fatturato, una rete di 53 tra ipermercati e supermercati (35 in Lombardia, 15 in Piemonte e 3 in Emilia Romagna) e 5.500 dipendenti. Con il nuovo socio, Selex consolida il suo ruolo di terza forza della

ANCHE IN ITALIA IL BOLLINO COMPOSTABILE DI SINCLAIR CHE SI DISINTEGRA IN 12 SETTIMANE Ne avevamo parlato su Fm, edizione di gennaio 2014: il bollino compostabile realizzato da Sinclair e sperimentato da Zespri sulla linea biologica, sarebbe arrivato anche in Italia entro la fine dell’anno. E così è stato. Da qualche mese infatti è possibile ordinare l’EcoLabel. Significa che finalmente non ci si dovrà più preoccupare di

distribuzione italiana incrementando ulteriormente la sua attuale quota del 10,8 per cento, seconda solo a Coop e Conad. Considerando che per il 2014 si prevede che le catene legate a Selex abbiano chiuso l’esercizio con un fatturato alla vendita di 8,95 miliardi, con la quota del nuovo socio e la crescita organica prevista nel 2015 si arriverà alla doppia cifra. Per l’anno appena iniziato Selex prevede investimenti per 135 milioni di euro con 47 aperture di nuovi punti vendita e la ristrutturazione di altri 46 punti di vendita. Lo sviluppo occupazionale sarà di 800 nuovi addetti. Ad oggi, il Gruppo Selex è composto da 17 imprese associate, che contano 2.549 punti di vendita tra le varie forme di vendita (tra le quali supermercati, ipermercati, mini mercati, hard e soft discount). Presidente di Selex è Dario Brendolan, patron di Maxi Di.

togliere il bollino dal frutto prima di buttare la buccia nel bidone dell’umido. Per ora, per quanto la domanda ci sia, più che altro per le linee biologiche, bisogna dire che almeno per il medio termine continueranno ad andare per la maggiore i bollini “tradizionali”. Un bel risultato comunque per il leader mondiale dei sistemi di bollinatura e un primato, dato che non esistono altri bollini compostabili sul mercato. L’EcoLabel ha superato numerosi test di durata e si decompone al massimo in dodici settimane. Non c’è alcuna differenza visiva rispetto ai bollini “tradizionali”, così come non ci sono differenze nella performance o al tatto. Aderiscono bene a tutti i tipi di frutta e possono essere usati con le normali macchine etichettatrici della Sinclair. C’è quindi una nuova alternativa verde, a prezzi competitivi, per i confezionatori italiani.

EUROSPIN, L’ANTITRUST APRE LA SUA PRIMA ISTRUTTORIA PER VIOLAZIONE DELL’ART. 62 L’Autorità Antitrust ha avviato la sua prima istruttoria in materia di relazioni commerciali tra operatori della filiera agroalimentare, contestando alla Eurospin Italia, holding del Gruppo leader sul mercato nazionale dei discount, una violazione dell’articolo 62 del Dl 1/2012, detto Decreto liberalizzazioni, e delle disposizioni del relativo Decreto di attuazione. Queste norme, in forza delle quali è stata attribuita all’Autorità una nuova competenza, vietano, in presenza di uno squilibrio di potere commerciale tra le parti che hanno un rapporto di fornitura di prodotti agroalimentari, al contraente più forte di imporre alla controparte negoziale condizioni non eque. FRUITBOOKMAGAZINE

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PARTE IL PROGETTO CINA DI CONAD: 5 STORE, 200 VENDING MACHINE E CONSEGNE A DOMICILIO Dopo l’esperienza fatta a partire dal 2010 a Hong Kong, i prodotti italiani di qualità firmati da Conad approdano sul mercato cinese. Dal 19 febbraio 2015, giorno del Capodanno cinese, 5 punti di vendita a insegna Conad apriranno nella municipalità di Shangai e nelle province di Jiangsu e di Zhejiang. A questi si aggiungono 200 vending machine in diverse località con all’interno 250 articoli made in Italy. Contemporaneamente partirà la consegna a domicilio di quegli articoli, con consegna entro 24 ore in tutta la Cina. Conad però non ha pensato solo al commercio tradizionale. Saranno attivate infatti anche macchine distributrici con un’ampia selezione di prodotti Conad, da cui i cinesi potranno fare acquisti anche attraverso Internet con consegne a domicilio in tutto il paese. In una fase successiva ne saranno installate 200 in altrettanti punti strategici delle città e altre soluzioni potranno essere individuate nel tempo con l’esperienza diretta e le necessarie conoscenze del mercato cinese. La gestione dei 5 punti di vendita e delle vending machines intanto è stata affidata a un imprenditore locale per poter meglio cogliere le tendenze di

ALMAVERDE BIO MARKET, NUOVE APERTURE A PARMA, REGGIO EMILIA E BOLOGNA

Ad appena otto mesi dall’apertura del primo punto vendita Almaverde Bio Market a Milano, il progetto comincia a correre e i risultati sono molto positivi con una crescita del 25 per cento del fatturato dai primi mesi di attività e percentuali di crescita di oltre il 40 per cento per l’area degustazione bistrot. Risultati in linea con le tendenze attuali della distribuzione di biologico in Italia che vede la presenza di oltre 1.200 negol N.10 l GENNAIO 2015

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un mercato in continua, rapida trasformazione, ha spiegato il gruppo della grande distribuzione. La Cina ha liberalizzato il settore distributivo aprendolo agli investitori stranieri l’11 dicembre 2004. In dieci anni i supermercati sono diventati la tipologia di rivendita più diffusa tra la popolazione per l’acquisto di generi alimentari. E Conad non ha voluto perdere questa occasione, volta anche a sostenere il made in Italy.

zi specializzati e 150 supermercati con oltre 4.500 referenze alimentari in vendita a cui si vanno ad aggiungere le 450-500 referenze biologiche presenti nelle catene della GDO con incrementi degli acquisti costanti, superiori al 17 per cento annuo. In questo contesto nasce Almaverde Bio Market, un progetto industriale di Organic Food Retail Srl, società specializzata nel retail controllata dalla KI Group Spa, azienda leader nel settore del biologico con oltre 40 anni di esperienza. Organic Food Retail è socia del Consorzio Almaverde Bio Italia (nella foto a lato il presidente Renzo Piraccini durante la conferenza stampa di Bologna dello scorso novembre) ed è licenziataria del marchio per la realizzazione di negozi specializzati. Da questo incontro nasce il progetto innovativo Almaverde Bio Market, un negozio che abbina le caratteristiche funzionali del supermercato rigorosamente dedicato al biologico, alla componente “esperienziale” data dalla possibilità di scoprire i valori del bio nelle sue diverse sfaccettature merceologiche e degustarne i sapori nell’area bistrot, all’interno del punto vendita. La spesa diventa quindi un momento dove imparare i valori del benessere e della salute. Nei primi mesi del 2015 saranno aperti nuovi store a Parma, Reggio Emilia e Bologna, con la stessa impostazione di Milano. FRUITBOOKMAGAZINE


iFresh |

Irene Pasquetto

Supermercato24, l’eCommerce per tutti con consegna in 1 ora 112

Supermercato24 è una piattaforma operativa da pochi mesi che permette ai clienti di fare la spesa online in tutti i supermercati che non hanno un eCommerce, quindi da tutti, tranne Esselunga. Il servizio è diffuso a Monza, Bergamo, Brescia, Verona, Vicenza, Padova, Treviso e Venezia, ed entro la fine del prossimo febbraio sarà in 58 province italiane. Ne abbiamo parlato con Enrico Pandian, ceo del sito Come funziona Supermercato 24? Il sistema è semplice, una volta selezionato il supermercato in cui andrà a fare la spesa, l’utente riempie il suo carrello virtuale e decide dove e a che ora vuole la consegna. Noi consegniamo anche l’ora successiva. Come è nata l’idea? Quali le potenzialità? L’idea è nata da una mia particolare esigenza. Essendo per lavoro molto spesso all’estero, non riuscivo a pianificare la consegna di Esselunga, per questo ho cercato alternative ma ho dovuto farmela da solo. Il mercato è impressionante, soprattutto se pensi che c’è un solo vero competitor, Esselunga appunto, il quale è presente solo in poche province italiane. Come interagite con la GDO? Dipende, con qualcuno abbiamo accordi, ma siamo partiti il 15 settembre scorso e quindi siamo in trattativa con tantissimi. Siamo un sistema abilitante per la GDO, non un competitor, noi facciamo la spesa da loro, il cliente quando acquista da noi riceve lo scontrino del supermercato. Il lavoro che stiamo facendo con la GDO è proprio quello di aiutare ancora di più un loro cliente, che però utilizza noi per fare la spesa. Sono 250 i fattorini che attualmente lavorano per noi, puntiamo ad averne circa 1.500 per FRUITBOOKMAGAZINE

coprire tutte le province in cui saremo presenti entro la fine di febbraio. Noi non ci poniamo alternativi ai supermercati, quello che stiamo costruendo è una rete di logistica a supporto dei supermercati che vogliono andare online, diciamo un UPS per la GDO che consegna in giornata. Parlaci del team di Supermercato 24, da chi è composto? È composto da sette persone straordinarie, alcune hanno lavorato in mie precedenti aziende, qualcuno è nuovo, qualcuno proviene dalla GDO. Io sono 15 anni che faccio aziende online, alcune “di successo”, altre ovviamente no. Questa penso che sarà veramente un successo, me lo dicono i numeri e la fiducia degli investitori. Quali difficoltà avete incontrato inizialmente? Nessuna, anzi, abbiamo avuto il classico effetto “WOW” soprattutto nelle province in cui non esisteva un servizio di delivery. In alcune il successo è stato tale che ci ha messo in crisi e non siamo riusciti subito a gestire tutti gli ordini. Quali soddisfazioni? Personalmente cerco di avere un paio di ore alla settimana in cui vado a consegnare la spesa anch’io, mi serve per capire come migliorare il servizio, quando consegno a persone anziane o disabili ci sono molte soddisfazioni, soprattutto quando capisci che era un servizio che proprio mancava. Prossimi obiettivi? Entro febbraio 2015 copriremo tutte le province italiane da Roma verso nord, parliamo di 58 province. Poi entro settembre 2015 voglio essere all’estero. Sono stato a Londra anche la settimana scorsa per capire il mercato e capire come muoverci. Il modello, quando funziona, può essere replicato. l N.10 l GENNAIO 2015


Facciamo di tutto per contenere

il loro entusiasmo.

Frutta e verdura? Felici e soddisfatte solo nelle nostre cassette. Ecco perché produciamo contenitori in plastica per ortofrutta, nei formati standard, speciali e dedicati al settore della “GDO”. Tutti i nostri prodotti sono riciclabili, versatili, sicuri e personalizzabili.

Ecoplastica, il frutto dell’esperienza.

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