Il lato oscuro dell'America

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Š Fuoco Edizioni - www.fuoco-edizioni.it Stampa Universal Book - Rende (CS) 1^ Edizione italiana - Aprile 2013 ISBN 9-78889736360-6 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi microfilm e copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.


«Il mondo è governato da personaggi ben diversi da quelli immaginati da coloro che non sono dietro le quinte». (Benjamin Disraeli) «Potrete ingannare tutti per un po’. Potrete ingannare qualcuno per sempre. Ma non potrete ingannare tutti per sempre». (Abramo Lincoln) «Il culmine del potere nel mondo di oggi sta nel potere di emissione del denaro. Se tale potere venisse democratizzato e focalizzato in una direzione che tenga conto dei problemi sociali ed ecologici, allora potrebbe ancora esserci la speranza di salvare il mondo». (Thomas H. Greco, Jr) «La Storia è la menzogna comunemente accettata». (Voltaire)



Presentazione

Con questo nuovo saggio la Collana Incroci si arricchisce di un ulteriore studio all’interno del filone dedicato all’analisi sui motivi dell’attuale crisi economica, crisi che attanaglia soprattutto gli Stati dell’area Euro, Germania esclusa. L’interesse per questo argomento, apparentemente slegato dal contesto geopolitico che rende caratterizzante queste pubblicazioni, nasce in realtà dalla stessa necessità di tagliare quei nodi gordiani che rendono quanto mai complicata la comprensione delle dinamiche politico-economiche a livello internazionale, le quali sempre più si riflettono, per lo più, negativamente sulla nostra vita reale. Nella fattispecie, appare evidente come le ragioni economico-finanziarie dettino de imperio ormai l’agenda politica delle varie cancellerie europee, in primis dei Paesi del sud Europa. Fin qui qualunque persona dotata di un minimo di senso critico potrebbe arrivare alla medesima conclusione, ma l’aspetto interessante è scoprire cosa e soprattutto chi si nasconda dietro questi tornaconti finanziari. Se le analisi geopolitiche così ci permettono di conoscere quali interessi economici si celino intorno a delle specifiche aree geografiche, la tipologia di approfondimento a cui fa capo questo volume intende rendere pubbliche le lobby di potere che storicamente hanno legato il proprio nome a quel determinato interesse economico o finanziario che sia. Proprio la finanza oggi ha preso il passo all’idea comune di economia, e intorno ad essa sono nate tali speculazioni azzardate, figlie della deregolamentazione americana degli Anni ’70, che l’attuale crisi non poteva che esserne la legittima conseguenza. Mutui subprime e rialzo del tasso di sconto voluto dalla FED americana sono tra le maggiori cause dell’attuale stato di recessione di Stati Uniti ed Europa, con gli effetti che oggi sono evidenti a tutti noi. Qualsiasi studio di politica internazionale non può più esimersi insomma dall’affrontare sì gli aspetti sovrastrutturali,

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ma anche e soprattutto quelli, per dirla alla marxiana, squisitamente di natura materialistica, anche se, come abbiamo visto, nel mondo contemporaneo non ha più senso disquisire soltanto di economia reale quando in realtà miliardi di euro vengono spostati in pochi secondi da un continente all’altro con un semplice clic dalla testiera di un terminale. Questo volume quindi si propone come un ulteriore strumento per il lettore di interpretazione delle dinamiche globali, perché attualmente, come forse mai nella storia dell’uomo, abbiamo la possibilità, attraverso la conoscenza, di perlomeno provare ad intaccare la dicotomia suddito/governante e far valere così la nostra volontà di cittadini. L’Editore


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Introduzione

Ho deciso di scrivere questo libro per un semplice motivo: c’è bisogno di “analizzare” in modo attento e per quanto possibile veritiero i comportamenti dei veri padroni del Pianeta, ovvero coloro che detengono le redini finanziarie e la politica internazionale e che, con i loro meccanismi “globalizzanti”, impongono de facto sempre più il loro potere alle masse. Ciò naturalmente va ben oltre i partiti che vi si avvicendano nelle varie nazioni e che, mai come oggi, sono frutto di elezioni dallo scarso, se non addirittura nullo, valore democratico. Il sistema globale, se compreso e assorbito nella sua totalità, può aiutarci a capire molto di quello che succede, perfino nel nostro Paese. Le tematiche che affronto infatti sono molteplici, e sono tutte finalizzate a questo scopo: dall’attuale crisi finanziaria alle due Guerre Mondiali, dalla Guerra Fredda fino alla nascita del neoliberismo e all’odierna “guerra” al terrorismo, tutte servono al lettore non solo per poter ricostruire una nuova e per molti versi inedita cronologia storica, nella quale inquadrare anche le attuali vicende italiane, ma anche per tentare di spiegare i tanti “perché” non considerati, di fatto, nella quotidianità mediatica, ovvero la macchina della propaganda, come molti autori ormai la descrivono, forse non a torto. Per alcuni versi, questo libro è una vera e proprio contro-storia degli Stati Uniti d’America: essi, infatti, come molti addetti ai lavori già sanno, sono stati creati a tavolino dalla massoneria, la quale, almeno in parte come si vedrà, era già incline a progetti mondializzanti di potere, progetti scaturenti proprio dalla formazione e dall’espansione dell’idea di Stato nazione. Oggi la finanza mondiale, con l’arma della globalizzazione e della moneta privata – ricordiamo che il dollaro fu privatizzato nel 1913, e da allora gli americani hanno un debito perenne nei confronti di una

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banca privata quale è la Federal Reserve – ha consentito a un gruppo sparuto di uomini – l’1% dell’umanità – di comandare letteralmente sul restante 99%, definendone il destino e in certi casi perfino la sopravvivenza. Quando si guarda alla storia del Paese più importante del mondo, dunque – ancora in questo momento – e si analizza questa storia partendo non dalla politica ma piuttosto dalla finanza – che nei fatti domina il sistema politico proprio per via della moneta-debito – allora tutta la storia può e deve essere riscritta, e tutti i “perché” omessi possono essere spiegati, anzi rivelati, nonché compresi dalle masse una volta e per tutte. Attualmente viviamo in una situazione di emergenza democratica che è mondiale visto il potere smisurato che questo 1% ha raggiunto. È nostro dovere, dunque, non solo conoscere a fondo la situazione, ma cercare di cambiare e rovesciare questa prospettiva, proprio come hanno fatto sempre “loro” pur facendoci credere il contrario. Secondo molti scrittori, economisti, nonché fautori più o meno credibili del cosiddetto “Nuovo Ordine Mondiale – cosa che io chiamerei piuttosto “Nuovo Disordine Mondiale” visto quello che questo potentato sta creando, almeno fino a questo momento storico – siamo sul serio davanti a un’epoca di pre-insurrezione popolare: la gente cioè è talmente stufa dell’attuale sistema di potere che cerca modi pacifici in tutto il mondo – vedi gli indignados in Spagna o il movimento Occupy Wall Street proprio negli Stati Uniti – di cambiare le regole di gestione del Pianeta. Anche l’esperimento italiano della “politica dal basso” di Beppe Grillo può essere visto in questa ottica. Nulla però potrà davvero cambiare finché non si conoscerà a fondo chi è il dittatore occulto che domina silenziosamente l’apparato globale, ma ciò potrà essere fatto solo scardinando tutti i suoi meccanismi, i quali sono per la maggior parte finanziari e quindi monetari. L’attuale crisi economica, in parole povere, è frutto della moneta privata che genera il signoraggio bancario primario e secondario – per i dettagli potete vedere il mio libro “I segreti del debito pubblico”

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con sottotitolo “I veri motivi della crisi economica” – ma è anche frutto della volontà scientifica da parte di questa élite di giocare i nostri risparmi ai vari casinò internazionali della finanza, attraverso speculazioni di ogni tipo che rendono a loro immense ricchezze nell’immediato, mentre il valore del nostro denaro depositato nelle banche è prossimo allo zero a tempo indeterminato. Questa trappola finanziaria – che sta decretando la morte dell’economia reale per asfissia della collettività – è stata legiferata nel 1999, a seguito del cosiddetto Gramm Leach Bliley Act, che, di fatto, ripristina la vecchia separazione tra banche finanziarie – dunque speculative – e intermediatrici del credito, che erano state separate a loro volta dopo la crisi del ’29 dall’altrettanto famoso Glass Steagle Act.1 Questo potentato massonico-finanziario, insomma, ha pian piano conquistato tutto il potere economico del Pianeta, prima con la privatizzazione del dollaro che ha preceduto quella delle altre divise mondiali, poi attraverso la globalizzazione dei mercati e infine con le leggi di cui sopra. Ancora una volta, la soluzione chiave è riprenderci la proprietà delle nostre monete, ovvero la sovranità monetaria, impedendo a certi meccanismi degenerativi della finanza di proliferare devastando le nostre vite. L’insurrezione pacifica che DEVE nascere, in sostanza, è quella dei popoli proprio per chiedere che si ponga fine a tutto questo artifizio a esclusivo beneficio di pochi, perché solo così si riuscirà a creare sì un Nuovo Ordine Mondiale, ma di natura esclusivamente popolare.

1 Dopo la grande crisi degli anni Trenta, gli Stati Uniti approvarono una legge, il Glass-Steagall Act, che mirava a ridurre le speculazioni degli operatori finanziari e che introdusse una netta separazione tra l’attività bancaria tradizionale, svolta dalle banche commerciali, e l’attività di banca di investimento. Soltanto nel 1999 fu approvato il Gramm-Leach-Bliley Act che abolì definitivamente la separazione tra le due attività.

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CAPITOLO 1. L’ORIGINE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA

Quando si parla di America ci si dovrebbe riferire all’intero Continente americano, vale a dire a un’enorme porzione di Pianeta che si estende dalle terre fredde del Canada fino alle deserte e numerose isole del Cile e dell’Argentina. Tuttavia i cosiddetti States – gli Stati Uniti – assurgono da sempre al ruolo di unica Potenza continentale dominante, e quindi l’America viene sintetizzata, come si sa, proprio con questi cinquanta Stati, tenuti insieme da un governo ombra e del tutto segreto che ne dirige la politica sia interna che internazionale. La storia degli Stati Uniti si presta a molteplici chiavi di lettura, interpretazioni che in molti casi sono diventate dei veri e propri fatti accertati, sebbene la storiografia ufficiale si rifiuti ancora di considerarli come tali insistendo su vecchie menzogne che hanno tutto il sapore della pura propaganda. A tal proposito e per molti versi ormai, quando parliamo della contro-storia americana, il termine “complottismo” non ha più alcun senso: essa in buona sostanza è così piena di falle che i fatti che la compongono fino a darle un quadro significativo e coerente sono tutto… fuorché frutto di fervide fantasie! Ma partiamo dagli inizi. Quando ci si riferisce a Cristoforo Colombo, si narra di un marinaio genovese che visse con sua moglie Filipa Moniz Perestrello dapprima a Porto Santo – dove il padre di Filipa, Bartolomeo, era governatore locale – e poi sull’isola di Madera, isola che insieme alla prima forma un piccolo arcipelago distante circa 550 km dalla costa africana. Orbene, qui i due sposi ebbero il loro unico figlio, Diego, e qui Colombo tentò senza gran successo un’attività di commercio in proprio via mare. Egli successivamente si trasferì a Lisbona, dove suo fratello Bartolomeo, un esperto cartografo, gli parlò della via breve per le Indie. Colombo, in realtà, aveva già capito che la Terra era rotonda e questo perché, oltre ad essere un uomo intelligente e un brillante navigatore, era uno studioso

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proprio come suo fratello. Prima di intraprendere il “coraggioso” viaggio verso Occidente, lesse non solo gli scritti di Marco Polo – che suggerivano l’idea del globo terrestre – ma anche l’Imago Mundi di Pierre d’Ailly, un trattato che invece indicava che l’Oceano Atlantico non fosse così vasto come si pensava. Egli inoltre – questo pochi lo sanno – conobbe moltissimi marinai inglesi, portoghesi e spagnoli che si erano già avventurati verso Ovest, e che gli avevano parlato di nuove terre abitate da selvaggi. Il celebre navigatore, in buona sostanza, non fu sicuramente il primo uomo a mettere piede nelle Americhe: prima del suo approdo pubblico nell’isola di Hispaniola, infatti, molti altri marinai, compresi i vichinghi, erano già capitati lì “per caso”.2 Colombo, dopo il suo viaggio di ritorno dal Nuovo Mondo del 1492, fu ricevuto in Spagna come un eroe, sebbene fosse, comunque, convinto di aver raggiunto l’Estremo Oriente da Occidente. Purtroppo, morì solo e dimenticato nel 1506, con la convinzione di aver raggiunto proprio l’Oriente – vista la forma sferica del Pianeta – un po’ come avevano fatto i suoi predecessori meno famosi. Il merito di Colombo, se vogliamo dirla tutta, non fu altro che rendere finalmente “popolari” le Americhe una volta che si capì il “malinteso”.3 Tra i successori che intrapresero la stessa traversata atlantica, vi fu il celebre Amerigo Vespucci – un altro italiano al servizio degli spagnoli – che arrivò con la sua flotta in Brasile e si rese conto, invece, di essere arrivato in un continente nuovo di zecca, che prontamente battezzò “America”. Secondo molti analisti contemporanei, però, furono addirittura i cinesi a “visitare” per primi le Americhe. Il London Times riportò nel 2006 la notizia per cui in Cina nel 1418 – dunque ben prima del primo viaggio di Colombo – esistevano mappe dei due emisferi, carte che includevano le Americhe e perfino l’Australia, e che potevano 2 Proprio i vichinghi, intorno all’anno 1000, provenienti dalla Groenlandia (scoperta intorno al 980) e dall’Islanda, erano giunti a Terranova e sulle coste del Labrador, impiantando un insediamento di breve durata chiamato Vinland. 3 Gianni Granzotto, Cristoforo Colombo, Mursia, 2010.

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confermare che i cinesi avessero già circumnavigato l’intero Globo. Ad ogni modo, dopo che Amerigo Vespucci fu tornato in patria, la notizia dell’“America” rimbalzò di bocca in bocca e soprattutto di Stato in Stato, così tutte le Potenze europee allora dominanti – in primis quelle che possedevano una forte marineria – si avventurarono alla scoperta del “Nuovo Mondo”. Con la Bolla papale Inter Caetera prima (1493), a favore della Corona iberica e il Trattato di Tordesillas (1494) poi, per un duopolio tra Spagna e Portogallo, venne stabilita una spartizione del Globo che successivamente, per tacito accordo, riguardò anche Inghilterra e Francia. In particolare, per quanto riguarda il Nuovo Mondo, le coste atlantiche del Nord America sarebbero state terreno di conquista anglo-francese, mentre Centro-Nord America e buona parte del Sud America più la Florida sarebbero spettate agli spagnoli, il restante Sud (Brasile) divenne invece area di esplorazione e conquista da parte dei portoghesi. I primi insediamenti in pianta stabile furono di matrice iberica. Furono, infatti, gli spagnoli a “vivere” per primi in colonie nel Nuovo Continente, e furono anche loro i primi a portare altri coloni per ampliare le loro zone di conquista. Fino a poco tempo fa, ai bambini statunitensi veniva raccontato che la nascita della prima colonia americana era avvenuta grazie al viaggio del Mayflower, una piccola nave che aveva portato i primi coloni sulle coste americane. La storia narra che il 16 settembre 1620 del nostro calendario gregoriano – il 6 settembre dell’allora calendario giuliano – il Mayflower partì da solo alla volta delle Americhe, in un tragitto irto di ostacoli e peripezie, e con molte persone di meno a bordo rispetto a quelle che avevano “prenotato” il viaggio. Inizialmente, le navi dovevano essere due, il Mayflower e la Speedwell, e la loro partenza era stata programmata da Southampton, in Inghilterra, tra il 5 e il 15 agosto. La Speedwell però, non appena venne messa in mare, imbarcò immediatamente acqua, e le due navi dovettero attraccare a Dartmouth, sempre sulla costa inglese, per le necessarie riparazioni, che però si rivelarono inutili e solo il

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Mayflower poté proseguire il cammino. Gli uomini che intrapresero questo viaggio erano per la gran parte alla ricerca di un territorio “libero”, una zona dove poter vivere appieno la loro religiosità, senza la presenza incombente di una Chiesa Anglicana opprimente e di una cristianità profondamente corrotta. Il Mayflower giunse il 9 novembre a Cape Cod – Massachussettes – e l’11 novembre sostò nella baia dell’odierna Princetown. Successivamente, dopo i primi contatti non facili con i “selvaggi” del posto, si stabilirono a New Plymouth, dove costruirono quello che la storiografia ufficiale nordamericana ritiene sia stato il primo insediamento europeo della storia del Nuovo Mondo. Purtroppo scorbuto e tubercolosi colpirono duramente i coloni: metà di essi perirono, e il 15 aprile dell’anno successivo la nave tornò in Inghilterra, portando le prime testimonianze di quanto era stato visto e vissuto. L’esperienza “pioneristica” del Mayflower – proprio come quella di Colombo – aprì dunque le porte a numerosissimi viaggi successivi intrapresi da altrettanti capitani coraggiosi, i quali, con i loro equipaggi, iniziarono a solcare in lungo e in largo l’intero territorio nordamericano. Molti di quelli che li seguirono erano puritani, e si insediarono principalmente nel Massachussettes e nel Connecticut, questo per far sì soprattutto che la loro Chiesa diventasse ciò cui avevano sempre auspicato, ovvero lo Stato stesso. Ma così come Colombo non fu il primo uomo europeo a mettere piede in America, altrettanto il Mayflower e l’esperienza di New Playmouth non furono in realtà i primi tentativi di insediamento inglese nel territorio americano. Nel marzo del 1602, infatti – ben diciotto anni e sei mesi prima del Mayflower e dei Padri Pellegrini – il giurista ed esploratore Bartholomew Gosnold, finanziato dal Conte Henry di Southampton – che era anche il mecenate di Shakespeare – salpò con venti coloni sulla nave Concord per stabilire una prima colonia nelle Americhe insieme anche all’apertura di nuove linee commerciali. Il viaggio fu documentato sui diari di due amici di Cambridge di Gosnold, un tale John Brereton e Gabriel Archer, e durò circa quarantanove giorni, consumandosi in diverse tappe: dapprima raggiunsero la baia e il

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promontorio di Providence – battezzandolo Cape Cod – poi sbarcarono su un’isola che chiamarono Martha‘s Vineyard in onore della figlia di Gosnold deceduta qualche anno prima, e infine approdarono su un’altra isola che chiamarono Elysabeth Island, in onore alla Regina Elisabetta, moglie del re inglese Giacomo I. Purtroppo i coloni terminarono presto il cibo e i nativi americani iniziarono ad attaccarli; alla fine, proprio come i Padri Pellegrini avrebbero fatto qualche anno più tardi, dovettero ritornare in Inghilterra. Ma Gosnold ci provò ancora cinque anni dopo, nel 1607, e stavolta, reduce della precedente esperienza, riuscì a creare uno dei primi insediamenti umani effettivi della storia americana, ovvero Jamestown. Questa colonia fu il primo insediamento che sopravvisse a sé stesso, tant’è vero che nel 2007 gli Stati Uniti hanno deciso di celebrare la sua nascita come 400º anniversario della loro fondazione. Gosnold morì nell’agosto di quello stesso anno – nel 1607, appunto – a causa di un’epidemia che ancora una volta colpì molti dei coloni, e che fu sostanzialmente una combinazione mortale tra fame, dissenteria e malaria. Ma il giuristaesploratore lasciò parte dell’insediamento ancora vivo, e aperti grandi potenziali affari commerciali, affari che furono messi addirittura per iscritto da due compagnie finanziarie, la Virginia Company di Londra e quella di Playmouth, le quali, sebbene ufficialmente avessero l’intento di esportare la religione cristiana tra i “selvaggi”, in realtà miravano a finalità economiche, in particolare alla produzione e allo smercio delle gran quantità di materie prime presenti nei territori di conquista. Tuttavia, dopo la morte di Bartholomew Gosnold, il comando passò ad un certo John Smith, che mantenne fino al 1609 per tornare in Inghilterra, ma lasciando in stato di degrado e abbandono l’intera colonia. Fu un certo sir Thomas Dale a rimettere in sesto Jamestown, approntando l’ormai famoso Codice Dale, un codice di condotta molto severo che prevedeva compiti precisi e punizioni esemplari per qualunque membro della comunità. Dunque, quando nel 1620 i Padri Pellegrini arrivarono con il Mayflower, Jamestown era già una colonia americana affermata, che si avviava verso un periodo di grande floridezza economica e soprattutto commerciale.

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Gli spagnoli, dal canto loro, come accennato, crearono molte piccole colonie nelle isole caraibiche, sin dalla metà del 1500. Juan Ponce de León, ad esempio, non solo accompagnò Cristoforo Colombo nel suo secondo viaggio verso le “Indie”, ma fondò anche la prima colonia americana a Caparra, sull’isola di Porto Rico, dove diventò anche il primo governatore nel 1509. León arrivò anche nell’attuale St Augustine, che egli chiamò la Florida per via della natura particolarmente lussureggiante che vi aveva trovato. I vari sbarchi spagnoli, compresi i successivi ad opera di altre spedizioni, dovettero barcamenarsi però tra le epidemie e l’ostilità dei nativi. Ma come si è passati, in pratica, da queste piccole colonie alla creazione degli attuali Stati Uniti d’America? Quali sono state le forze che hanno creato le condizioni affinché si formasse lo Stato più coeso e potente del Pianeta? Come già accennato, gli arrivi europei nel Nuovo Mondo divennero una costante a partire dal viaggio dei puritani del Mayflower. Lo scontro con i pellerossa fu inevitabile man mano che gli inglesi e gli spagnoli prendevano, in maniera massiccia, piede nel Continente. Nonostante ci fossero alcune colonie che cercavano di interagire con i locali, molti europei furono così accecati dalla sete di conquista che iniziarono una vera e propria guerra di posizione contro i nativi. I nuovi territori americani attrassero in particolare anche esponenti della massoneria inglese – le cui origini documentate risalgono alla prima metà del XVII secolo – i quali, resisi conto del business e delle potenzialità infinite che offrivano questi territori sia dal punto di vista economico che politico, richiamarono altri “fratelli” per valutare il futuro operato da tenere. In mancanza di una struttura sociale e politica unitaria nelle colonie inglesi nel Nuovo Mondo, furono proprio queste associazioni segrete nel secolo successivo – come vedremo tra breve – le vere artefici della creazione degli attuali Stati Uniti d’America.4 A questo punto, è bene spendere due parole sulla massoneria inglese, quella che ci interessa. Essa, come tutte le organizzazioni massoniche 4 Michael Baigent, Origini e storia della massoneria. Il tempio e la loggia, Newton Compton, 2009.

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del Pianeta, affonda le sue radici più profonde nei culti degli antichi egizi nel XV secolo a.C., e in particolare nei culti di Iside e Osiride e in molta della simbologia egizia come piramidi, obelischi e il culto del sole. Tradizionalmente, l’origine della massoneria – ma come vedremo più avanti questa leggenda si applica più alla frammassoneria che alla massoneria – viene fatta risalire alla costruzione del mitico Tempio di Salomone o Tempio etereo, e racconta l’opera di ingegno del suo costruttore, Hiram Abif, che venne chiamato, nel X secolo a. C., da Salomone re di Israele a Gerusalemme per costruire un’opera titanica, opera che venne iniziata dapprima costruendo due colonne – quella di destra venne battezzata Joakim quella di sinistra Boaz – per poi lavorare a tutto il resto. Proprio le due colonne rappresentano tuttora un simbolo molto importante per la massoneria: la destrorsa Joakim rappresenta gli apprendisti, mentre la mancina Boaz si rifà agli operai. La massoneria inglese – in particolare la Gran Loggia di Londra – fu fondata ufficialmente nel 1717 (con lo scopo di federare le logge che già operavano nel distretto di Londra senza collegamenti tra loro), segnando in modo definitivo lo spartiacque tra la massoneria dei “liberi muratori” che volevano costruire le loro opere architettoniche secondo canoni geometrici ben precisi e quella attuale di stampo più speculativo, che associa il termine “costruzione” non agli edifici, ma piuttosto ad un nuovo modello di società totalizzante cui anelare nel futuro. La massoneria londinese, nello specifico, come vedremo tra breve, è sempre stata infiltrata nel mondo finanziario e bancario, ed è stata la prima a intuire in tempi moderni il prestito finanziario allo Stato – tramite la Banca d’Inghilterra – espugnando, di fatto, la sovranità monetaria della nazione e regalando ai banchieri-massoni un incredibile potere di decisione sui destini del Paese. A detta di molti studiosi contemporanei e passati, la massoneria inglese sarebbe stata fondata ufficiosamente da Francis Bacon, che fu iniziato nel 1579 nella Navarra francese da un’organizzazione esoterica del posto. Molti studiosi pensano che Bacon sia entrato in

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contatto con esuli catari dei Pirenei – reduci dalla soppressione del 1244 ad opera della Chiesa Cattolica – o più facilmente con un gruppo di monaci templari che erano fuggiti anch’essi dalla Francia, quando a Parigi fu messo al rogo il loro ultimo Gran maestro dell’ordine Jacques de Molay. In qualunque modo siano andate le cose, Bacon sposò l’intero patrimonio di idee di questa organizzazione esoterica, idee che erano tutte anti-religiose, anti-spagnole e soprattutto a favore del liberalismo economico e della libertà civile e religiosa. Egli ha il merito, proprio per questo, di aver inventato i proto-servizi segreti: insieme a suoi “colleghi” come John Dee e Sir Francis Walsingham, Bacon, infatti, iniziò a lavorare ad organizzazioni occulte capaci di influenzare profondamente i futuri governi, senza che il popolo ne fosse messo a conoscenza. In quel periodo in Inghilterra, grazie a lui, nacque l’Ordine dei Cavalieri con l’Elmo, ordine che venne esportato sia in Francia che in Germania. Date le storiche persecuzioni e il clima culturale svantaggioso delle varie epoche – clima che i massoni ancora una volta attribuivano all’influenza religiosa sulle masse – questi cavalieri iniziarono a rifugiarsi nei loro templi, iniziando a sognare un mondo “nuovo” senza persecuzioni né violenze psicologiche di alcun genere.5 Con la scoperta del Nuovo Mondo, dunque, questi cavalieri iniziarono a pensare che l’America potesse fare al caso loro: in pratica, sarebbe potuta essere lei l’Atlantide di cui parlava Platone nei suoi celebri dialoghi, ovvero un Paese modello dove tutto era veramente possibile e dove la felicità e la speranza ritornavano ad essere cose concrete. Quello cui i massoni iniziarono ad auspicare, in sostanza, era una Repubblica Universale che si sarebbe potuta riflettere ed espandere in tutto il pianeta: una repubblica secolarizzata, dedita alla pace e alla tolleranza tra i popoli. Il nome di Bacon venne presto in contatto con la realtà americana, dato che fu uno dei cinquantadue membri del Consiglio di Amministrazione della Virginia, nonché azionista della Virginia 5 Francesco Bacone, Nuova Atlantide, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, 2009.

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Company nel 1609. Egli scrisse l’opera Nuova Atlantide nel 1626 (morì nel marzo dello stesso anno e l’opera venne pubblicata incompiuta nel 1627); la Nuova Atlantide narra di un viaggio utopico di 60 pellegrini verso un nuovo mondo, un luogo in cui troveranno pace e saggezza nonchè una nuova dimensione cristiana. Fu questo incredibile fervore di Bacon ad attirare verso l’America i cavalieri inglesi – seguiti da altri massoni soprattutto rosacrociani – i quali sposarono il suo trattato proprio come se fosse un testo religioso. I rosacrociani erano e sono tuttora una delle tante società segrete che influenzano i governi, il cui simbolo è una rosa con la croce, simboli che, tanto per cambiare, si rifanno alle antiche civiltà egizie, fenicie e sumeriche. In particolare, la rosa simboleggia Semiramide – divinità femminile egiziana – mentre la croce, come vedremo nel prossimo capitolo, è un vecchio simbolo esoterico che rappresenta il sole. Inizialmente, lo Stato inglese vide di buon occhio la penetrazione di questi massoni nel territorio americano: bisognava, infatti, evitare un’analoga penetrazione straniera nel nord degli Stati Uniti e, vista l’aggressività risaputa della marineria spagnola, vennero messi in atto strumenti di propaganda per costituire e cementare l’opinione pubblica contro quest’ultimi. Per raggiungere tale obiettivo, si diede ampia diffusione, con il sostegno proprio della massoneria, alla tradizione biblica così come voluto da Giacomo I (che nel 1603 divenne sovrano di Scozia, Inghilterra e Irlanda) – che avrebbe dovuto affermare il protestantesimo in America e in tutto il mondo – e si esaltarono alcune opere dal sapore “patriottico” come i drammi di Shakespeare – in particolare quelli ambientati in Europa e che volevano difendere gli inglesi dalla dominazione spagnola – nonché la già citata Nuova Atlantide di Bacon. Perfino il viaggio intorno al mondo di Francis Drake – un navigatore e politico inglese vissuto nella seconda metà del 1500 – venne usato come strumento di proselitismo al fine di giustificare lo sforzo marittimo inglese nel combattere l’imperialismo spagnolo! I massoni, in pratica, con la complicità del governo inglese, gettarono in questo modo le basi “patriottiche” per poter innescare

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tutti gli eventi storici successivi, compresa la Guerra di Indipendenza, che avrebbe portato, nel 1776, alla creazione di una federazione di ex colonie americane staccatesi dalla Gran Bretagna. La storia della Guerra di Indipendenza americana, come si sa, narra di epiche lotte tra gli Stati Uniti e l’allora Potenza dominante inglese: l’indottrinamento su questo argomento ci spinge a credere che in un passato remoto un popolo unito contro uno “straniero cattivo” abbia lottato per conquistare una volta e per tutte l’agognata libertà. Tutto questo sarebbe molto bello, se solo fosse vero: da che mondo è mondo, infatti, bisogna capire che le rivoluzioni non partono mai dai popoli, ma – piuttosto – da un gruppo dominante e agitatore che li fomenta – una élite appunto – la quale è ben più consapevole degli obiettivi reali da conseguire e guida le masse verso la direzione da loro auspicata, attraverso un abile mix di propaganda e ideologia. I popoli nella storia non hanno mai avuto né gli strumenti culturali né la necessaria visione d’insieme delle problematiche da risolvere per riconoscere e affrontare le crisi che via via si sono susseguite nel corso dei secoli; essi, dunque, sono sempre stati guidati e fomentati ad hoc per invertire l’ordine politico ed economico costituito, a beneficio quasi esclusivo di un altro settore dominante. Durante l’arco di tempo di preparazione alla Guerra di Indipendenza americana, infatti, diversi massoni approdarono nelle nuove terre libere per lavorare alla nascita delle prime logge in terra americana, e preparare il campo al nuovo ordine sociale che si voleva costituire. Uno dei primi in assoluto a sbarcare fu, nel 1762, il futuro governatore del New Jersey, John Skeene. Egli fu seguito subito dopo da Johnathan Belcher, un commerciante inglese appartenente alla Gran Loggia di Londra dal 1704, e che divenne poi governatore del Massachusetts nonchè del New Hampshire. Nella seconda metà del diciassettesimo secolo, in particolare, la Gran Loggia di Londra rilasciò numerose “autorizzazioni” per tutti i nuovi massoni stabilitisi oltre oceano: l’obiettivo segreto era quello di costituire un nuovo grande stato massonico americano, proprio sulle orme della loggia madre. Già nel 1730, Benjamin Franklin – anche lui un eminente

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esponente della frammassoneria – scriveva sul suo giornale The Pennsylvania Gazette che «in America stavano nascendo logge un po’ ovunque, e molte si trovano anche in questa provincia». Franklin fondò una loggia proprio nel suo distretto di Philadelphia. Egli era un massone rosacrociano, ma nel 1770 divenne anche un massone templare, diventando un ottimo collante per le due grandi società segrete. C’è da dire, però, che la prima Loggia massonica riconosciuta in America – vale a dire la prima autorizzata dalla Gran Loggia di Londra ovvero la Loggia Madre del mondo – fu la Saint John’s Lodge di Boston, nata esattamente il 30 luglio del 1733. Molti storici sono quindi convinti che furono queste logge di inglesi a “liberare” il popolo americano dalla madrepatria inglese: si trattò, infatti, di un’operazione occulta di passaggio di potere dal controllo manifesto del Governo britannico a quello occulto della massoneria, organizzazione in realtà che già allora controllava il governo inglese tramite la stampa della moneta e quindi la produzione di debito pubblico a scapito dei cittadini. In pratica, se da un lato si voleva dare l’impressione di essersi liberati dalle catene inglesi per via del malcontento popolare che comunque esisteva per via delle tasse, dall’altro si voleva perpetuare lo status quo delle cose al fine di poter espandere il potere su quei nuovi e immensi territori. Nella sostanza, i massoni inglesi americanizzati tradirono il governo inglese, al quale non rimase che accettare il nuovo corso. Secondo la storiografia ufficiale, fu la “Rivolta del tè” il motivo scatenante della Guerra d’Indipendenza americana, in realtà fu solo la miccia innescata “ad arte” per dare il via al nuovo corso nelle Americhe: la notte del 16 dicembre del 1773, infatti, alcuni uomini travestiti da indiani Mohawk assaltarono alcune navi della Compagnia delle Indie, gettando il carico di tè in mare come segno di protesta per le troppe tasse che versavano alla madrepatria. Imposte a parte, si trattò dell’ennesima messinscena di uomini legati alle diverse logge massoniche che volevano semplicemente creare un casus belli per portare il popolo alla rivolta, in modo da avere il consenso delle masse nel trasferimento di potere occulto che si stava programmando

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da tempo. La situazione, quindi, fu prima come al solito esasperata – nei mesi precedenti la loggia inglese aveva esercitato forti pressioni sul governo britannico affinché venissero inasprite le tasse ai coloni! – per poi passare allo “scontro”.6 Furono gli stretti contatti che il massone Benjamin Franklin aveva con le altre associazioni segrete europee a garantire che questa colossale operazione di trasferimento di potere fosse portata a termine: Franklin, infatti, si assicurò il loro appoggio in cambio sia di favori economici che di futuri ruoli-chiave nella gestione della società americana nonché – tanto per restare sul sicuro – la garanzia di sfruttamento di nuovi e strategici territori sul Continente. Franklin, tra l’altro, non solo era membro della frammassoneria inglese, ma anche di logge francesi – tipo la Loggia delle Nuove Sorelle e quella di San Juan. Inoltre, fu un iniziato della Loggia Reale dei Comandanti del Tempio a Ovest di Carcassonne, nonchè membro del famigerato Club Hellfire, creato da Sir Francis Dashwood, dedito al culto di Lucifero, divinità venerata ancora oggi in determinati contesti massonici e di cui parlerò nel prossimo capitolo. Benjamin Franklin fu, insomma, il collante di una monumentale operazione di potere, forse la più grande di sempre. Molti storici oggi si chiedono come abbiano fatto i coloni a vincere il famoso esercito inglese nella Guerra di Indipendenza: le truppe britanniche del resto erano così addestrate e preparate che i coloni, organizzati soltanto in milizie volontarie, al confronto parevano una copia sbiadita dei nativi! Molti dei proto-americani – la maggioranza erano inglesi e riconoscevano comunque come madrepatria l’Inghilterra – erano per giunta dalla parte delle truppe britanniche, in quanto vedevano come un “tradimento” ciò che stava per accadere. Sono state ignorate dalla storia ufficiale incredibili omissioni e sabotaggi da parte dei comandanti inglesi, intenti quasi a “perdere” questa “importante” guerra: i tre generali a capo delle truppe britanniche, per esempio, erano rispettivamente William Howe, Sir 6 Jones Maldwyn A., Storia degli Stati Uniti d’America. Dalle prime colonie inglesi ai giorni nostri, Bompiani, 2005.

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Henry Clinton e Lord Charles Cornwallis. Tutti e tre massoni. Alcuni episodi di inettitudine di questi generali furono talmente eclatanti da essere entrati negli annali storico-militari: nella decisiva battaglia di Yorktown, giugno 1781, per esempio, il generale britannico Lord Cornwallis si arrese inspiegabilmente ai coloni, mentre il suo esercito era in vantaggio e soprattutto era del tutto intatto. Il generale William Howe, invece, durante la battaglia di Long Island, lasciò fuggire tranquillamente i coloni dando perfino loro il tempo di riorganizzarsi. Inutile dire che tutti i massoni presenti tra i coloni sopravvissero “incredibilmente” alla guerra, e che furono ricompensati con altissimi incarichi istituzionali. Il modello politico che si scelse per gli USA fu, come già anticipato, lo stesso in uso tra le logge europee di allora: federale e nel contempo gerarchico. In particolare, si sposò il modello gerarchico e di potere della primordiale Loggia St. John di Boston. Ben prima che la guerra si concludesse col Trattato di Parigi del 1783 – che sanciva l’indipendenza delle tredici colonie americane – Benjamin Franklin nel 1754 aveva già delineato addirittura con il Piano di Unione di Albany – chiamato così perché fu approvato dal Congresso di Albany (New York) che si espresse in suo favore – un modello di gestione politica e sociale per la futura gestione delle Americhe, alias i futuri Stati Uniti d’America. L’Inghilterra però bocciò tale piano, così quando le Colonie proclamarono, il 4 luglio 1776, la loro dichiarazione di Indipendenza, ci si rifece proprio al Piano di Albany per dar vita ai 13 articoli della Confederazione una volta che la guerra era ormai iniziata. Molte di queste informazioni sono arrivate a noi grazie allo storico canadese Mainly Hall, un esponente proprio della frammassoneria. Egli scrisse (la sua più importante opera è The Secret Teachings of All Ages: An Encyclopedic Outline of Masonic, Hermetic, Qabbalistic and Rosicrucian Symbolical Philosophy, pubblicata nel 1928) che tra i 56 firmatari della Dichiarazione di Indipendenza del 1776, almeno 50 erano frammassoni, come Edmund Randolph, Thomas Jefferson e ancora George Washington, il primo Presidente degli Stati Uniti.

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Tutto ciò venne reso noto anche grazie ad un altro libro uscito nel 1826 e che godette di un grandissimo successo editoriale; il volume si intitolava Illustration of Masonery, e il suo autore – William Morgan, un ex massone pentito – sparì improvvisamente il 12 settembre dello stesso anno. Il suo manoscritto arrivò però nelle mani del direttore del giornale Republican Advocate, un certo David Miller, che ebbe il coraggio di pubblicarlo raccogliendo il consenso di larghi strati della popolazione. Il volume parlava chiaramente del complotto delle logge massoniche per creare la Nuova Atlantide, e fece così scalpore che in più Stati americani si intentarono processi contro le varie logge che iniziarono così a battere in ritirata. In alcuni Stati – come il Vermont ed il Michigan – la massoneria sembrò sparire definitivamente. Sembrò, perché in realtà essa non fece altro che tornare nelle proprie logge aspettando tempi migliori come ha sempre fatto. La storia ufficiale degli Stati Uniti, dunque, ha oscurato del tutto questi scandali e queste informazioni alternative. La massoneria, in sostanza, fu la vera e unica vincitrice della Rivoluzione americana: essa andò dritta al potere… senza che nessuno potesse neanche accorgersene! La Costituzione federale del 1787 fu scritta e approvata per permettere proprio a quel potere occulto di dominare l’agenda politica del Paese, proprio come accade oggi. L’architettura costituzionale americana odierna, del resto, prevede che un decreto legge torni alle camere qualora ci sia il veto del Presidente, ma in questo caso il provvedimento deve essere approvato – pena l’annullamento – dai due terzi di ciascuna camera. Ora, se consideriamo che per essere eletto Presidente degli Stati Uniti ci vogliono sempre molti finanziamenti – e questi provengono prevalentemente dai poteri forti, in primis banche e corporation – basta finanziare le campagne presidenziali e controllare più di un terzo di ciascuna camera… per poter impedire che certe leggi vengano approvate! Inoltre, attualmente, la Costituzione americana non sancisce in modo inequivocabile chi debba emettere il denaro – vale a dire da sempre il vero strumento di potere dei banchieri-massoni. Essa, infatti, all’articolo primo, sezione

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otto, stabilisce che «il Congresso avrà il potere di coniare la moneta e di regolarne il valore», ma naturalmente i banchieri hanno giocato sul fatto che manca l’aggettivo “solo” e si sono arrogati questo diritto privatizzando il denaro sin dal 1913, ovvero dal giorno del cosiddetto Federal Reserve Act, una legge fatta dagli stessi banchieri e approvata in tutta fretta nel periodo natalizio quando molti deputati e senatori erano in vacanza. Alla sezione dieci del documento costituzionale poi si legge che «nessuno Stato» federale «conierà denaro, e che le monete d’oro e di argento devono essere l’unica forma di pagamento». Dunque si potrebbe pensare – per paradosso – che il denaro cartaceo – a differenza di quello metallico – non sia riconosciuto dallo Stato, ma il punto nodale qui è un altro e cioè che la banca privata d’America – la Federal Reserve Bank (FED) – è in mano a poche famiglie di banchieri, e si trova in un territorio “franco” dal punto di vista costituzionale, vale a dire in un distretto – non in uno Stato – che si chiama Distretto di Columbia, dove hanno sede la capitale Washington e le principali istituzioni politiche e finanziarie della nazione, e dove molte regole semplicemente non si applicano. Ad ogni modo, i padri fondatori non potevano non sapere ciò che si andava profilando: anche con le migliori intenzioni circa la Nuova Atlantide, infatti, loro compresero benissimo che i banchieri-massoni prima o poi avrebbero espugnato lo Stato rubando anche in America la sovranità monetaria popolare – cosa che in quel periodo c’era e aveva portato molto benessere in quanto la quantità di moneta era stampata dal Governo in ragione della domanda dell’industria e del commercio. George Washington – il Primo Presidente degli USA – venne eletto il 30 aprile del 1789, ovvero il giorno prima del calendimaggio, la festività annuale che commemora la nascita della Confraternita Babilonese, cui si ispira da sempre la Gran Loggia di Londra. Il primo maggio, insomma, è la festa mondiale della massoneria. Quando Abraham Lincoln divenne Presidente degli Unionisti nordisti il 4 marzo 1861 – durante la Guerra di Secessione contro gli Stati del Sud – gli furono offerti dal potere bancario – massonico

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maggiori finanziamenti rispetto a questi ultimi, a patto di istituire proprio una banca centrale privata una volta e per tutte. La Guerra di Secessione, come quella di Indipendenza, fu anch’essa fomentata da questi poteri occulti, dato che si voleva accelerare proprio il processo di privatizzazione finanziario a beneficio della lobby dei banchierimassoni. In sostanza, fomentando una guerra intestina che avrebbe mandato in bancarotta o quasi l’intera nazione americana attraverso i prestiti ai rispettivi governi per il mantenimento degli eserciti e l’acquisto delle armi, si sarebbe avuto più potere contrattuale per suggerire poi la creazione di una banca centrale valida per tutti gli Stati Uniti. Tra questi massoni vi erano i Rothschild, una delle famiglie più ricche e potenti del Pianeta ancora oggi. Anche in questo caso, i massoni lavorarono per creare due fronti opposti – proprio come era successo per la Guerra di Indipendenza – e in particolare uno anti-schiavista nel Nord e uno pro-schiavismo nel Sud. E pure in questo caso si servirono di molta propaganda per creare i due poli. Lincoln, però, rifiutò l’offerta dei Rothschild, e raccolse direttamente denaro dal popolo – esattamente 450 milioni di dollari – vendendo obbligazioni – le cosiddette Greenbacks – che venero emesse nel 1862 e nel 1863, e che sarebbero state esigibili a partire dal 1865. Proprio nel 1862 egli ebbe a dichiarare: «Il privilegio di creare ed emettere moneta non è solo la suprema prerogativa dello Stato, ma anche la sua massima risorsa creativa. Mediante l’adozione di questi principi, al contribuente verranno risparmiati immensi importi di interessi». Questa mossa ovviamente allertò i massoni dediti alla finanza di tutta l’Europa, i quali, dato che ormai già controllavano l’emissione di moneta nei governi di Francia, Spagna e Gran Bretagna, fecero in modo che truppe straniere fossero inviate ai confini degli Stati Uniti per fare pressioni su Washington. La Gran Bretagna in particolare spedì 8.000 soldati alla frontiera col Canada, mentre Francia e Spagna ne inviarono poche migliaia a Veracruz, in Messico, ufficialmente «per riscuotere i crediti del Paese». Abraham Lincoln, però, si dimostrò uomo di polso e non si fece spaventare: chiese aiuto allo zar di Russia Alessandro II, il quale inviò una grossa flotta di navi a New

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York e a San Francisco mettendola a disposizione del Presidente. La cosa funzionò, e i massoni dovettero arrendersi e ritirare le truppe. Quando la guerra finì, la Russia di Alessandro II presentò il conto per le flotte date “in prestito”, e l’America propose come contropartita l’acquisto dell’Alaska, ovvero un territorio senza valore almeno per quell’epoca. I russi accettarono, e incassarono dagli Stati Uniti il 30 marzo del 1867 la bellezza di 7,2 milioni di dollari! Nel 1863 il Congresso statunitense approvò il cosiddetto National Bank Act, permettendo sì ad una banca di prestare soldi al Governo con tanto di interesse, ma il tutto fu messo sotto un rigido controllo federale, quindi statale e soprattutto politico. Questo atto restò un vero affronto per i massoni inglesi, i quali pensarono così di togliere di mezzo il Presidente. Lincoln fu assassinato al Ford’s Theatre il 14 aprile 1865, ufficialmente per mezzo di un anarchico mentre si apprestava a vedere una commedia musicale, e la sera stessa del suo assassinio si tentò di uccidere anche il Segretario di Stato Wiliam H. Seward. Nel 1866, venne tentato l’omicidio anche dello zar Alessandro II, ma stavolta ai banchieri-massoni andò male. Lo zar, infatti, resterà ucciso da un ordigno solo quindici anni dopo, nel 1881, in una strada di San Pietroburgo, e anche in questo caso si parlerà del solito gruppo di anarchici “isolati” denominati “la volontà del popolo”. Nel frattempo, nel processo di Indianapolis per la morte del Presidente Lincoln, dal 2 al 28 giugno del 1865, il gruppo massonico dei Cavalieri dal Cerchio d’Oro fu smascherato, dato che fu provato che c’erano loro dietro il gruppo anarchico. La messa alla berlina del gruppo fu tale che i Cavalieri si sciolsero istituendo un’ala militare segreta: il Ku Klux Klan. Il neo Presidente Andrew Johnson, comunque, per fortuna, oltre ad abolire tutte le leggi di secessione e ogni residua traccia di schiavitù, annunciò che il Sud non avrebbe dovuto pagare i debiti di guerra, e ciò fece perdere ai Rothschild milioni e milioni di dollari. Ma la cosa più incredibile circa la nascita degli Stati Uniti – e la prova che essi sono solo un’estensione dei poteri occulti londinesi – resta il fatto che quando nel 1604 politici, affaristi, produttori e

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banchieri londinesi si incontrarono a Greenwich, nei pressi di Londra, per dare vita alla corporazione che prese il nome poi di Virginia Company, la quale avrebbe dovuto “gestire” le prime colonie nordamericane, si stabilì che la essa avrebbe direttamente posseduto tutte le terre comprese in un raggio di 900 miglia dalla costa. Questa società aveva diritto al 50% di tutto l’oro e l’argento estratto in quei territori, nonché il 5% di tutti i profitti realizzati sull’intero Continente. La cosa sorprendente è che dopo i primi ventuno anni, secondo contratto, questi profitti sarebbero andati alla Corona Britannica, la quale all’epoca riscuoteva già le tasse dai coloni! Tutte queste terre, in sostanza, appartenevano alla Compagnia di affari inglese e furono solo concesse in uso ai futuri cittadini americani. Oggi le proprietà della Virginia Company sono ancora contraddistinte dalla sigla “usA” – sigla pressoché “sconosciuta” all’americano medio – che si contrappone invece alla sigla USA: la prima si riferisce ai territori proprio della Virginia Company, mentre la seconda si riferisce ai territori prettamente americani, e cioè le terre oltre le 900 miglia costiere nonché il territorio “franco” del distretto di Columbia.7 La Corona britannica – vale a dire probabilmente uno dei punti nevralgici del potere massonico inglese e del Pianeta – possiede quindi, ancora ai nostri giorni, non solo le terre, ma anche il servizio riscossione tributi americano, nonché parte della FED, ciò tramite partecipazioni più o meno occulte in diversi istituti che la possiedono. La FED, ribadiamolo, è una banca privata che stampa denaro dal nulla e lo presta al popolo statunitense, caricandolo di interessi, i quali, tra le altre cose, non potranno mai essere restituiti in quanto non esistono nella struttura societaria e monetaria.8 7 Secondo lo scrittore David Icke in realtà la Virginia Company non sarebbe stata sciolta nel 1624, come vuole la storiografia ufficiale, ma da quella data in poi avrebbe cambiato semplicemente la sua denominazione in usA e apparterrebbe ancora alla Corona britannica. David Icke, Il segreto più nascosto, Macro Edizioni, 2001. 8 Sono pochissime le fonti attraverso le quali poter dedurre una stima del patrimonio finanziario della Corona britannica. In un articolo del Corriere della Sera dal titolo “Quel tesoro della Corona che nessuno può calcolare”,

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Secondo lo scrittore inglese David Icke, inoltre, il proprietario “formale” dell’immenso patrimonio già della Virginia Company non sarebbe neanche più la Corona inglese, ma piuttosto il Vaticano, in quanto tra la Corona inglese e il Papa vige un antichissimo accordo – risalente a Re Giovanni e siglato nell’ottobre nel 1213 – che stabiliva che i territori inglesi (comprese le future colonie d’oltremare) sarebbero state affidate al Papa in quanto “vicario di Cristo” e futuro “dominatore del mondo”. Comunque stiano le cose, il punto più inquietante di tutta la storia degli Stati Uniti è che la mitica “Nuova Atlantide” di Bacon deve ancora essere attuata, almeno compiutamente, e qualcuno non ha rinunciato a raggiungere questo obbiettivo, costi quel che costi.

uscito il 22 novembre 1992, a firma del giornalista Riccardo Orizio, si affermava che secondo la rivista americana Fortune il Trono anglosassone poteva vantare allora il possesso di una ricchezza attualizzata ad oggi pari a circa 8 miliardi di Euro, ma si affermava anche che gli investimenti dei reali inglesi erano segreti per legge e che solo alcuni fidatissimi funzionari della Banca d’Inghilterra erano autorizzati ad addentrarsi nel groviglio degli interessi finanziari dei Windsor.

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