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Le Isole Lofoten nel Grande Nord
DOG WALKING
tutti gli accessori
Anno 11 - N. 56 - Bimestrale - Fusta Editore - MEPE Distribuzione Editoriale - Via Ettore Bugatti 15 - 20142 Milano - Poste Italiane S.p.A sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (comp. in legge 27/02/04 n. 46) Art. 1 c. 1: LO/MI - I SSN 1974-5397
56 | DICEMBRE GENNAIO 2016 Euro 4,90 | Chf 9,50
NEVE In Alta Badia
ESCURSIONI La Pietra di Bismantova
LIBRI I consigli per l’inverno
È QUASI TEMPO DI CIASPOLE
Come e dove camminare d’inverno
www.camminareweb.i t
editoriale
di Roberto Mantovani direttore@camminareweb.it
Invece della neve Ci siamo fidati dell’esperienza e dell’abitudine. Su questo numero di “Camminare” abbiamo ricominciato a parlare di escursioni con le ciaspole e di camminate sulla neve. Siamo stati improvvidi? Considerando quanto sta accadendo in queste settimane, la risposta è quasi scontata... ma presto il tempo cambierà
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crivo questo editoriale in una strana “primavera” autunnale. La stagione del foliage si è appena chiusa, ma le temperature sono quelle della primavera inoltrata. A settembre, la stagione sembrava nella norma. In montagna c’era stata anche qualche nevicata fino ai 1600 metri, che aveva fatto scendere di corsa bestie e uomini dagli alpeggi. Poi l’alta pressione ha ricominciato a farla da padrona, trasformando il mese di novembre in una lunga “Estate di San Martino”, con giornate assolate e calde anche ad alta quota. Così, la neve che si era depositata su creste e pendii si è sciolta nel giro di qualche giorno, e i colori gialli dell’autunno hanno ripreso possesso delle valli, dei boschi più alti, dei pascoli. Altro che appendere pedule e scarponi in soffitta. In queste settimane si può camminare addirittura con un abbigliamento semiestivo. Nei giorni scorsi l’Agenzia regionale di protezione ambientale del Piemonte ha registrato ovunque massime estive: +24°C nel centro di Torino; +26.5°C a Pontechianale (1614 m), in Val Varaita; +21.5°C a Bardonecchia (1312 m), in alta Valle di Susa; e addirittura +0.8°C alla capanna Margherita sulla Punta Gnifetti (4554 m) del Monte Rosa. Con cieli tersi ovunque, ed escursioni termiche importanti tra il giorno e la notte. Quando eravamo bambini e ci toccava la visita al cimitero il giorno dei morti, di solito ai primi di novembre toccavamo con mano il cambio di stagione. Mi accompagna ancora il ricordo dei piedi gelati, di pioggia che quasi volgeva a neve, di terra bagnata e pozzanghere. Può essere che le mie immagini mentali, tinte con gli anni dai colori della nostalgia, siano influenzate dall’eredità del vecchio sussidiario scolastico, che un tempo rimarcava le stagioni con dovizia di aneddoti e letture. D’altra parte, la scuola degli anni ’60, nei mesi autunnali, era tutto un fiorire di poesie con pastori intenti all’aratura, greggi che transumavano, conta-
dini saggi e avveduti che si preparavano a convivere con i rigori dell’inverno. In questi giorni, però, mentre i raggi del sole più che accarezzare il volto lo schiaffeggiano con violenza, la poesia d’antan lascia il posto a un po’ di sgomento. Il nostro orologio biologico lancia segnali di attenzione. Che sta succedendo? Camminare, si continua a camminare. Spogliarsi degli indumenti superflui è diventata la prassi quotidiana. Le escursioni hanno ancora una durata estiva (o poco meno), anche se le ore di luce si sono ridotte. Persino l’abbronzatura estiva non vuol saperne di lasciare la pelle, e il colorito dei volti delle persone incontrati per strada non mostra il pallore autunnale a cui tutti pagano il tributo abituale. Ma se il bel tempo provoca euforia e combatte l’usuale depressione novembrina, l’anomalia meteorologica è accompagnata – anche nell’ambiente dei camminatori – da qualche inquietudine. Perché, a al di là del cinismo ostentato da molti, qualcosa, intorno a noi, sta davvero cambiando. Lo dicono da molto tempo i climatologi, lo spiegano le ricerche meteo, i registri di osservazioni quotidiane del tempo. E lo sappiamo perfettamente anche noi, che siamo testimoni di una profonda mutazione di temperature, precipitazioni e anomalie stagionali. E che dire di quanti – com’è pure il nostro caso – devono anticipare i tempi, cercando addirittura di divinarli, per proporre itinerari, escursioni nell’ambiente naturale e spunti per uscite fuori porta? In questo numero abbiamo cercato di rincorrere la prima neve, parlando di ciaspole. Ci siamo fidati dell’abitudine. Eppure – considerando quanto sta accadendo in queste settimane – siamo stati improvvidi. Le previsioni dicono che, nell’ultima parte del mese, la zona di alta pressione, attualmente localizzata fra le coste meridionali della Spagna e le isole Baleari, dovrebbe spostarsi verso est. Speriamo che accada. L’inverno, a queste latitudini, è necessario quanto l’estate. Anche per chi cammina.
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sommario
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Editoriale
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Camminare tra le nuvole
50 Dog walking
di Roberto Mantovani
Camminare con il cane Guida ai principali accessori di Mauro Baldassarri
Parigi ultima speranza
56 Trekking someggiato
di Luca Mercalli
8
Esplorazioni
Trekking con l’asino Un ritorno al passato? Macché
Whiteout L’ebbrezza del nulla bianco
di Mattia Bianco
60 Itinerari nel mondo
di Franco Michieli
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10 Fitwalking allenamento
Come sfruttare i mesi freddi
14 Appuntamento
66 Astro trail
Solidarietà e benessere Aspettando il Fitwalking del Cuore L’Acea Maratona di Roma sposa i camminatori
18 Ci troviamo a... 19 Report
Una sfida che molti possono vincere
20 Idee&Consigli 23 Nordic Walking
Scuola Italiana Nordic Walking un esempio da seguire di Pino Dellasega
26 Itinerari per famiglie
Sulla neve in Alta Badia di Franco Voglino e Annalisa Porporato
32 Itinerari in Italia
60
di Gianfranco Bracci
di Maurizio Damilano
16 Appuntamento
50
Nordic hiking nel Grande Nord
La Pietra di Bismantova di Vito Paticchia
38 Itinerari in Italia
A piedi sulla Majella di Natalino Russo
44 Speciale ciaspole
Lo spettacolo della montagna con le ciaspole di Gianfranco Bracci
A piedi tra le montagne per fotografare il cielo di Bartolomeo Davide Bertinetto
68 Finisterre
La pietra del Purgatorio della Divina Commedia di Alberto Cavaglion
70 Libri&libri
Consigli di lettura
72 Sfaccettature
La notte più lunga Il miracolo del solstizio d’inverno di Rocco Cardamone
74 Curiosità
Le compagne più fedeli Le scarpe dei grandi camminatori di Valeria Bertalero
77 EssereDonna
In cura dal dottor Web Tra informazioni false e fuorvianti di Maura Marchiori
78 InSalute
Occuparsi della prostata Quella piccola ghiandola che...
di Samanta Rondinone
80 InSalute
I disturbi della vecchiaia In cammino per affrontarli
di Santo Alfonzo
www.camminareweb.it Dicembre Gennaio 2016 /camminare 5
esplorazioni di Franco Michieli
Whiteout L’ebbrezza del nulla bianco In italiano non esiste un termine in grado di tradurre con esattezza il sostantivo britannico. Possiamo parlare di nebbia, ma non è sufficiente. Si tratta di una dimensione a cui non siamo abituati, e che si manifesta soprattutto nelle regioni artiche. Per quanto, a volte, anche in montagna... È una condizione in cui è facilissimo perdersi. Eppure, familiarizzando con la situazione, si può imparare a tenere la rotta. Il segreto sta nell’avere coscienza di quale direzione si vuole tenere fin dall’inizio del cammino e nell’individuare un metodo per mantenerla finché c’è ancora visibilità
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uando il terreno si copre di neve e l’umidità dell’aria condensa in una densa nebbia che avvolge ogni cosa, può crearsi una condizione d’avventura fra le più temute e allo stesso tempo più affascinanti: il whiteout. Non esiste una specifica parola italiana per tradurre questo termine inglese, come non esiste la traduzione del più noto, e opposto, blackout. Se quest’ultimo indica la scomparsa di ogni fonte di luce e di ogni riflesso, per cui ci si trova in un’oscurità assoluta e l’occhio non percepisce alcuna forma, il whiteout indica invece il caso in cui la luce viene riflessa da ogni punto dell’ambiente in tutte le direzioni dello spazio, così da renderlo perfettamente bianco, privo di qualsiasi ombra, contorno o sfumatura, senza distinzione fra suolo e aria. In entrambi i casi, chi ad un tratto vi si trovi in mezzo, vive un’esperienza simile a una temporanea cecità. Se nel buio si può accendere una torcia, nel whiteout non c’è modo di “riaccendere” le forme del mondo; eppure, familiarizzando con questa impegnativa condizione, si può imparare a tenere la rotta nell’apparente nulla per ritrovarsi al di là del proprio abituale orizzonte. Prima di tutto, il whiteout occorre co-
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noscerlo. Può essere causato da un vento blizzard che solleva nell’aria una miriade di particelle di neve, oppure da infinite goccioline d’acqua condensate in nebbia; in ogni caso, questo pulviscolo presente ovunque al suolo e nell’aria diffonde uniformemente l’intero spettro della luce visibile, cioè luce bianca, senza colori né sfumature. Dove non vi sia nessuna pietra o alberello a sbucare scuri dalla
neve, la normale percezione dello spazio viene meno. Non esistono “metri di visibilità” come nella semplice nebbia: non ci sono distanze o dimensioni, non c’è alto e basso, non c’è forma se non il proprio corpo, e finché i sensi non si abituano è possibile avere problemi di equilibrio o “mal di mare”. Inoltre, se c’è neve fresca, o meglio se nevica fitto, anche eventuali suoni lontani, che potrebbero orien-
FIT WALK ING ALLENAMENTO di Maurizio Damilano
’arrivo dell’autunno è il momento buono per pensare alla preparazione per l’anno nuovo, ma anc e per c iarirsi le idee e per risolvere i dubbi c e anno accompagnato i fit al er nel corso dell’estate, quando contava soprattutto l’azione
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Come sfruttare i mesi freddi L
’autunno-inverno, oltre a rappresentare il periodo per riprogrammare la preparazione dei fitwalker in vista degli impegni dell’anno a venire, è un buon periodo per tirare le fila di quanto si è fatto, porsi domande e provare a ottenere risposte. Devo dire di ricevere sempre più quesiti vari. A volte si tratta di semplici curiosità, in altri casi mi vengono poste domande che ritengo di interesse allargato e certamente utili ad aiutare anche chi se le tiene dentro; in altri casi ancora si tratta di domande personali o personalizzate che sono ovviamente molto individuali. Tra le tante cose che mi vengono chieste, trovano uno spazio molto rilevante: la preparazione, come avviare programmi definiti e con obiettivi specifici, quale attività collaterale praticare unitamente al fitwalking, come poter accedere a informazioni che permettano di costruire un programma di partecipazione ad eventi coerente e molte altre cose ancora. In particolare, per quanto riguarda i temi legati alla preparazione, essi sono affrontati proprio su queste colonne, e ciò continuerà ad avvenire visto il largo interesse. Vorrei, come già fatto in passato con particolare interesse se non addirittura successo, mettere insieme alcune di queste domande e dare delle risposte dirette. Naturalmente tra le tante ho selezionato le tre che mi pare possano registrare il più ampio interesse. Selezione comunque non facile; mi sono pertanto dato un minimo d’ordine nella scelta. Ho optato per una domanda di carattere generale, una sulla preparazione (che richiede anche l’uso di una tabella, pertanto abbiate pazienza se richiederà più spazio), e un’altra sull’uso della tecnologia collegata alla pratica del fitwalking e il rapporto tra fitwalking e forme particolari di cammino.
Il fitwalking è una proposta di cammino guidata da un metodo che ho seguito con interesse e soddisfazione. Leggo e sento dire di proposte di attività che si identificano come camminata sportiva, cammino veloce, o semplicemente walking. Mi può spiegare quali sono le differenze e perché improvvisamente ci s’imbatte in tante sigle e proposte diverse? Domanda interessante e quanto mai attuale. Una risposta approfondita obbligherebbe probabilmente “Camminare” a dedicare un numero monografico a questo. Non amo inoltre molto l’autoreferenzialità, ma capisco bene il senso della sua domanda e anche l’importanza di fare chiarezza. Sarò quindi probabilmente un po’ riduttivo in alcuni passaggi, ma mi auguro comunque di essere esaustivo nel pensiero che andrò ad esporre. Partiamo dal concetto generale: quando parliamo di cammino e lo decliniamo in termini motorio-sportivi, dovremmo probabilmente dire che tutto è camminata sportiva. Da questo punto di vista, credo di non avere difficoltà a sostenere che, per proposta, ideazione e tempi il fitwalking in Italia è proprio la vera camminata sportiva. Lo è perché nasce in tempi non sospetti rispetto al boom del camminare, e soprattutto perché in effetti propone da subito il cammino in forma sportiva codificato da un metodo e inquadrando in modo scientifico il rapporto tra biomeccanica (tecnica) e qualità della camminata. Il fitwalking è pertanto termine che identifica la camminata sportiva attraverso un metodo codificato sia per quanto riguarda la pratica che la formazione, pensare che la camminata sportiva possa avere altri metodi di qualificazione è un non senso in quanto tutto il cammino che va oltre il passeggiare
La Pietra di Bismantova Emersa milioni di anni fa e frequentata da antiche tribù di cacciatori, guerrieri e agricoltori, fu incastellata dai Romani e dai Bizantini che ne fecero un presidio militare. È stata cantata da Dante, da poeti e musicisti contemporanei, ha accolto nei secoli santi, eremiti e pellegrini. Oggi è una delle tappe sulle strade matildiche che da Canossa conducono in Garfagnana, attraverso castelli, antiche pievi e borghi in arenaria e, soprattutto, una delle eccellenze del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, recentemente riconosciuto dall’UNESCO come Riserva della Biosfera Testo e foto di Vito Paticchia
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Itinerari in Italia | La Pietra di Bismantova
S’innalza per poco più di mille metri, ma dalla sua sommità la vista spazia ovunque: sui campi collinari, sul letto del fiume Secchia e sui profili dei crinali appenninici che portano in Garfagnana. La Pietra di ismantova costituisce un osservatorio naturale che per secoli fu utilizzato a guardia dei confini e dei collegamenti tra l’ milia e la Toscana
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a vista della Pietra è semplicemente spettacolare: appare come un’enorme lastra di roccia calcarea lunga un chilometro, alta 300 metri e larga 240, stratificata sopra un vasto livello pianeggiante di marne tra le valli del torrente Enza e del fiume Secchia. È circondata da versanti argillosi e collocata al centro di un particolare paesaggio vegetale che, per la sua specifica configurazione, è stato identificato con il Paesaggio del Parmigiano Reggiano: estesi campi tenuti a fieno, separati da folte siepi e aree boscate che una lunga tradizione agricola e produttiva mantiene inalterati da secoli. Giungiamo ai suoi piedi provenienti da Castelnovo ne’ Monti, al seguito di una delle tante carovane di giovani escursionisti e alpinisti che ogni settimana frequentano l’area. Lasciato il gruppo alla guida degli accompagnatori, ci avviamo verso il sentiero contrassegnato dal segnavia CAI 697, in-
Fenditure e diedri sulla parete orientale
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A piedi sulla Majella La Ma ella si presta a ogni tipo di passeggiata, dall’escursione facile ai tre ing di piÚ giorni. Prima del gelo invernale (o per la prossima stagione), vi proponiamo un lungo itinerario che permette di arrivare alla cima piÚ elevata del grande massiccio calcareo. Si tratta di un percorso lungo e adatto ai buoni escursionisti, ma il sentiero è ben segnalato e privo di pericoli oggettivi
Testo e foto di Natalino Russo
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Itinerari in Italia | A piedi sulla Majella
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u, oltre il limite dei boschi, solo prati e pianori carsici. È costituito interamente di calcare il massiccio della Ma ella, tra le principali montagne italiane. La sua cima più alta, il Monte Amaro (2793 m), è la seconda dell’Appennino dopo il Corno Grande (2914 m) sul Gran Sasso. Partendo dalle fitte faggete alla base dei versanti si sale ai pianori sommitali, caratterizzati da pietraie e sfasciumi in cui gli antichi ghiacciai, e successivamente il carsismo, hanno lasciato segni evidenti. Alle pendici della Ma ella, su entrambi i versanti, si trovano centri medievali di grande suggestione, tra cui Pacentro, uno dei borghi più belli d’Italia, e poi Lettopalena, Taranta Peligna, Lama dei Peligni, Fara San Martino, allo sbocco della spettacolare vallone di Santo Spirito, dove tra l’altro si apre la forra della Val Serviera ben nota ai torrentisti. Il massiccio è frequentato nella bella stagione da centinaia di camminatori at-
tratti dai tanti percorsi possibili, e in inverno dagli sciatori che si concentrano sulle piste di Passolanciano-Maielletta sul versante chietino e, sul versante opposto, su quelle di Campo di Giove e di Passo San Leonardo. La Ma ella si presta a ogni tipo di passeggiata, dall’escursione facile ai trekking di più giorni. La cima si può raggiungere salendo dal versante nord, cioè dal rifugio Pomilio della Ma elletta (1888 m) passando per il Blockhaus (2145 m); per il Vallone di Santo Spirito partendo da Fara San Martino; per la cosiddetta direttissima, che parte da Fonte Fredda (1265 m) presso il Passo San Leonardo e rimonta il versante oc-
a cima pi alta della a ella, il onte maro 279 m , è la seconda dell’ ppennino dopo il Corno rande 2914 m sul ran Sasso
Panorami vastissimi sul fondovalle e sugli altri massicci montuosi d’ bruzzo
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cidentale; infine partendo da Fonte Romana (1236 m) presso Campo di Giove. Quest’ultimo percorso attraversa tutti gli ambienti della Ma ella, dal bosco alla pietraia, dalle valli carsiche alle creste. È un itinerario lungo e impegnativo, ma il sentiero è sempre evidente e ben segnalato. La copertura nuvolosa in quota può dare qualche problema di orientamento, per cui è utile avere con sé un Gps. Inoltre è indispensabile essere muniti di abbigliamento impermeabile e antivento. Per l’intero percorso, andata e ritorno, bisogna prevedere almeno 11 ore. Il dislivello è di circa 1600 metri.
Dog walking Testo e foto di Mauro Baldassarri
Camminare con il cane Guida ai principali accessori Molti la praticano tutti i giorni. Ma la passeggiata con gli amici a quattro zampe può trasformarsi in un comportamento piÚ consapevole e diventare un momento di svago e di apprendimento, oltre che un modo per muoversi con soddisfazione nella natura
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Camminare con il cane | Dog walking
uò sembrare superfluo ricordarlo, ma la prima regola cui bisogna prestare la massima attenzione prima di mettersi in cammino con il proprio amico peloso è di essere assolutamente certi della sua integrità psicofisica (oltre che della propria, naturalmente). Forma fisica e stato di salute dovranno essere perfettamente noti al conduttore per adeguare la camminata alle possibilità e, perché no, all’indole dell’animale. Secondo, ma non meno importante, è essere padroni almeno degli elementi base dell’educazione e dell’obbedienza; affronteremo infatti un’attività particolare, incontreremo altre persone, adulti e bambini, e altri animali. Alcuni potrebbero non essere altrettanto formati ed educati: non possiamo assolutamente permetterci di perdere il controllo della situazione con grave rischio per il nostro quattrozampe, per noi o, peggio, per gli altri. Ricordiamoci inoltre che almeno per le prime uscite di cammino a sei zampe strutturato sarà opportuno percorrere sentieri già noti, sia a noi che all’animale, in modo da ridurre al minimo le possibilità di incorrere in situazioni inattese.
I rudimenti Detto questo, vediamo come provvedere alla massima comodità durante il cammino, sia per noi che per il cane. Per lui, da principio, si potrà anche utilizzare il collare di tutti i giorni, a condizione di essere assolutamente certi che non dia origine a fenomeni di sfregamento fastidiosi, o peggio a impedimenti alla respirazione, e che l’animale non sia troppo incline a “tirare”. Meglio in ogni caso rivolgersi all’utilizzo della pettorina, nata proprio per evitare fenomeni di sfregamento e strangolamento, che comunque dovrà sempre essere fatta in modo da non esercitare pressione sulla trachea. La connessione fra noi e il nostro compagno avverrà per mezzo di un guinzaglio, meglio se in tessuto tecnico flessibile e resistente, non più lungo di un paio di metri e dotato di un buon moschettone a un capo e di un’asola all’altro. Se possibile meglio rivolgersi a modelli dotati di un dispositivo di sgancio rapido, utile in caso di emergenza. Un mo-
Prima regola assicurarsi c e il cane sia in buona salute. Poi occorre attrezzarsi per le lung e camminate o per le uscite di nordic al ing con il proprio animale. Se invece preferite orientarvi su qualc e breve passeggiata... L e oluzione
schettone da arrampicata, o meglio ancora un “rinvio”, servirà ad assicurare il tutto alla nostra cintura, se vogliamo avere le mani libere. Con questa semplice attrezzatura è possibile iniziare a provare a compiere qualche breve percorso, utile a determinare la risposta dell’animale a questa nuova situazione, soprattutto se affrontiamo la camminata muniti di bastoncini da trekking o da nordic walking. Servirà anche a valutare la sua attitudine al cammino in coppia e soprattutto servirà all’accompagnatore umano per impratichirsi con un nuovo modo di condurlo.
Di sicuro dopo le prime esperienze inizieremo a notare qualche “rigidità” nel nostro kit di base, soprattutto se il nostro cane si sarà dimostrato incline a camminare con noi in questa modalità strutturata. Sarà quindi opportuno guardarsi intorno alla ricerca di strumenti che migliorino il suo ed il nostro comfort. Esistono in commercio un’infinità di pettorine adatte allo scopo: l’importante è che siano confortevoli per lui, pratiche da indossare e sfilare alla bisogna ma sempre solidamente vestite, per evitare “fughe” inopportune. Attenzione quindi alla taglia della pettorina in relazione a quella del nostro amico peloso. A questo punto il guinzaglio non basterà più, e cominceremo a impadronirci di un termine nuovo: la “linea” (il vocabolo è mediato dal repertorio tecnico del Dog Trekking) ossia il principale elemento di congiunzione fra cane e conduttore. La linea è una corda di lunghezza variabile, non su-
Un p di numeri Il rapporto Eurispes 2015 afferma che in Italia continua a calare il numero di quanti hanno adottato un cane (dal 39,4% al 33 %), evidentemente per ragioni legate a una disponibilità economica che nell’ultimo anno ha stentato a dare sicurezza. Vediamo quanto si spende nle nostro Paese per gli animali domestici. Spese alimentari-igienico-sanitarie (esclusi i veterinari): se la cavano con meno di 360 euro l’anno circa la metà dei proprietari, mentre il 33% arriva a spenderne 600. Rimane circa un 17% che dichiara di spendere dai 600 ai 3600 euro in un anno. I veterinari (dati della Federazione nazionale Ordine Veterinari italiani – Fnovi, tramite Eurispes) pur rilevando un lieve aumento degli abbandoni (osservato dal 25% circa degli intervistati) confermano però una relativa stabilità della disponibilità generale ad accogliere un “pet” in casa (50% degli intervistati). L’80% dei veterinari riscontra comunque una gestione più consapevole degli animali rispetto al passato. Sempre la Fnovi misura la spesa italiana per gli animali per cure e medicinali, che si attesta intorno ai 100€ all’anno per il 70% dei proprietari, a 200€ per il 20%, mentre solo il 10% spende fra i 200 e i 300 euro l’anno.
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Trekking someggiato Mattia Bianco
Trekking con l’asino Un ritorno al passato? Macché Fino a poco tempo fa sembrava una moda eccentrica, ma in molti luoghi sta diventando un’abitudine capace di rallegrare escursioni e lunghe camminate. Se poi nel gruppo dei trekker ci sono anche dei bambini, l’esperienza si tramuta in una festa. Ma anche per gli adulti trascorrere qualche ora a passeggiare in compagnia dei piccoli equini può diventare una bella avventura Dicembre Gennaio 2016 / camminare 56
Trekking con l’asino | Trekking omeggiato
Robusto, infaticabile, modesto e molto affettuoso: sono le caratteristiche che nella storia hanno fatto dell’asino un compagno inseparabile dell’uomo nel lavoro. E che oggi ne fanno un amico sempre più richiesto con cui condividere le lunghe camminate. Se vogliamo avventurarci in un trekking someggiato dobbiamo però imparare a conoscerne meglio le moltissime qualità e il carattere dell’animale. Iniziamo dalla sua carta d’identità: l’asino è un mammifero che appartiene alla famiglia degli equini, come il cavallo, la zebra e alcuni altri animali meno conosciuti. Le sue caratteristiche hanno fatto sì che nella storia abbia fatto amicizia con l’uomo molto presto. La sua raffigurazione al fianco di uomini, donne e divinità attraversa tutte le epoche e le regioni della terra:
4500 anni fa in Egitto, nel 1900 a.C. nelle pitture tombali greche, sui vasi etruschi, nella pittura afghana del XV secolo. In Asia e Africa, l’asino veniva usato già 5000 anni fa come animale da soma e come cavalcatura. Le sue qualità ne hanno fatto un animale da lavoro affidabile e fedele, grazie al quale sono stati coltivati i campi e trasportate merci in tutto il mondo per migliaia di anni. Grazie alla sua conformazione fisica è in grado di sopportare la fatica meglio di un ca-
vallo della stessa stazza. Però lo fa al suo passo, trottando e galoppando molto poco. È un animale generoso che accetta incarichi anche gravosi e li porta a termine con dedizione. Inoltre la sua statura semplifica le operazioni di carico e scarico dei pesi dalla sua schiena. Durante la marcia, a qualsiasi andatura e anche sotto carico, il corpo dell’asino si sposta sempre mantenendo l’equilibrio: non succede mai che si trovi sbilanciato o in una posizione instabile.
Li hanno utilizzati per migliaia di anni, gli asini. Sulla loro groppa le merci hanno fatto il giro del mondo. Ma i piccoli quadrupedi si sono rivelati insostituibili soprattutto nel lavoro dei campi
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Itinerari nel mon o | Nordic hiking nel Grande Nord
rendete le cime delle Dolomiti, tagliatene le punte e poi adagiatele ai bordi di bianche spiagge dall’aspetto caraibico, contornate da verdi praterie di tipo anglosassone... Et voila, avrete il paesaggio delle Isole Lofoten. Forse l’incipt di questo articolo può sembrare una ricetta gastronomica, ma credetemi: gli ingredienti che Madre Natura ha impiegato per comporre il paradiso del Grande Nord, sono proprio quelli appena elencati e descrivono bene il gruppo di lontane isole del nord Europa di cui stiamo per parlare. Le Isole Lofoten rappresentano infatti un piccolo gioiello della natura; sebbene appartengano a un paese ricco e bene organizzato come la Norvegia, in realtà presentano le caratteristiche semplici ed essenziali dei paesaggi in cui l’azione dell’uomo è riuscita a modificare ben poco, perché la stessa morfologia dei luoghi non ha permesso né sfruttamento del territorio né pesanti modifiche ambientali. Le aguzze cime rocciose che si innalzano dal mare, gli
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Le aguzze cime rocciose che si innalzano dal mare, gli innumerevoli specchi d’acqua racchiusi e le coste frastagliate, strette e articolate in mille piccole isole e penisole, compongono un ambiente di rara bellezza innumerevoli specchi d’acqua racchiusi e le coste frastagliate, strette e articolate in mille piccole isole e penisole, compongono un ambiente di rara bellezza. Le Lofoten sono collegate tra loro da un sistema di vie terrestri e di ponti, e godono di una natura dalla bellezza indescrivibile, nella quale gli infiniti fiordi e le incantevoli spiagge di sabbia bianca si affacciano su un mare trasparente dal color smeraldo. L’arcipelago, che comprende anche le isole di V r y e R st, si caratterizza per le sue innumerevoli e ripide vette e, data la sua forma allungata, visto da lontano ha le sembianze di una muraglia di montagne. Qui l’attività principale
è ancora oggi la pesca, e vi si trovano perciò variopinti villaggi di pescatori. Ultimamente anche il turismo rappresenta un settore economico importante per questa provincia norvegese, e si connota come ecoturismo emozionale. D’altra parte sono più notevoli le emozioni che si possono provare in queste terre polari. Ad esempio, è interessante sapere che alle Lofoten si produce il miglior stoccafisso del mondo che, fra l’altro, viene venduto esclusivamente in Italia e soprattutto in Veneto. Infatti alcune cittadine locali sono gemellate con i paesini dei dintorni di Vicenza. Dall’Italia si raggiunge facilmente la città di Troms , cittadina cosmopolita e molto
ric ross p
s accettature di Rocco Cardamone
La notte più lunga Il miracolo del solstizio d’inverno
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econdo il calendario attualmente in uso, dicembre è il dodicesimo e ultimo mese dell’anno Per molti è un periodo di bilanci su quanto si è fatto o si sarebbe potuto fare; spesso è il momento per fare progetti per il nuovo che verrà. Da un punto di vista religioso, in particolare per i Cattolici ma non solo, si tratta di un mese colmo di celebrazioni e significato. La modernità e la globalizzazione hanno legato quasi indissolubilmente dicembre e le sue festività a uno dei periodi di maggior consumismo dell’anno. Riunirsi con i familiari, condividere serate con gli amici, l’inevitabile usanza di scambiarsi doni e partecipare a banchetti, degni di una domus di romana memoria, sembrano contagiare tutti senza distinzione di genere, età, classe sociale ed etnia. Tutti, o quasi, iniziano il periodo che precede le festività natalizie dicendo: «Quest’anno non faccio regali!». E inevitabilmente il proposito non viene mantenuto. Perché questa febbre? Cosa succede di così importante in questo mese? In tanti potrebbero essere tentati di rispondere che, essendo dicembre legato al Natale di Cristo celebrato dai Cattolici, ed essendo questa una delle religioni più diffuse in occidente, è naturale che questa tradizione abbia poi permeato in maniera profonda gli usi e le consuetu-
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’uomo del passato era affascinato dal contrasto tra luce e tenebre, c e tocca il culmine nel solstizio d’inverno. opo migliaia di anni continuiamo a celebrarlo inconsapevolmente dini. In realtà, a ben guardare, si può affermare che le cose sono andate in maniera diametralmente opposta. È stata la religione cattolica a fare proprie delle usanze che il genere umano ha sempre praticato fin da quando se ne ha memoria. Le radici della nostra cultura e del nostro pensiero sono indissolubilmente legate alla ciclicità delle stagioni e alle evoluzioni degli astri nella volta celeste. Per lungo tempo osservare la natura e i suoi cambiamenti è stato l’unico modo per capire in quale periodo dell’anno ci si stava addentrando. L’uomo moderno, che ha imparato molto e ha dato risposta a innumerevoli quesiti, ha in gran parte dimenticato che la sua vita continua, ancora oggi, ad essere governata da quanto avviene in cielo. I nostri antenati, pur ignorando molte cose, questo lo avevano ben presente, e dedicavano molte delle loro energie all’osservazione degli astri e ai riti propiziatori ad essi legati.
Durante il mese di dicembre le giornate continuano ad accorciarsi fino ad arrivare al solstizio d’inverno – dal latino solstitum, letteralmente sole fermo – il giorno 21. In realtà, la data del fenomeno varia tra il 21 e il 22 del mese; nel 2015 avverrà alle ore 4.48 (orario UTC; 5.48 italiane) del 22 dicembre. In quel giorno il sole raggiunge la sua massima declinazione negativa rispetto all’asse terrestre, determinando nell’emisfero nord il momento di minor luce, mentre nell’emisfero sud avviene esattamente l’opposto. È la notte più lunga dell’anno, il momento in cui il sole transita nel punto più basso rispetto all’orizzonte. Per i popoli antichi era un momento di sospensione, il buio che avanza per lasciare subito dopo il posto alla luce. Quel dualismo di morte e rinascita ha dato luogo a molti culti sin dall’antichità. Nel buio c’è il seme per la rinascita, il momento in cui sarà la luce a
Curiosità di aleria Bertalero
Le compagne più fedeli Le scarpe dei grandi camminatori
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carpe sporche di terra perché vissute. Camminare è istintivo. Un po’ meno pensare al perché camminiamo. Se è vero, come diceva Goethe, che «la cosa più difficile è vedere ciò che sta sotto il nostro naso», quel nostro quotidiano movimento dovrebbe essere il motore della nostra riflessione. Per fare ciò, servono il corpo e la mente. Il movimento e il pensiero. La prima esposizione itinerante in Italia dedicata interamente al camminare cosciente amminamente: scar e, strade, storie, ellegrini e camminatori dell’artista vicentino Antonio Gregolin, è «la scoperta del mondo dei camminatori che scelgono la strada quale esperienza di vita». Un microcosmo fatto di grandi avventure, di esperienze personali lontane dai clamori mediatici. C’è chi compie l’impresa e chi invece completa un pellegrinaggio. Chi cammina per deserti, montagne e lande ghiacciate. O chi ripercorre gli antichi passi dei pellegrini di un tempo. Oggetto simbolo è la scarpa, che per un camminatore resta il compagno più fedele di ogni cammino. «Scarpe che diventano oggetto di memoria e rappresentazione dell’esperienza vissuta» racconta Gregolin che ha «vissuto fin dall’infanzia nell’odore intenso delle scarpe che il padre, ciabattino di provincia, riparava con il grasso. Antichi mestieri di cui si sta perdendo la memoria, troppo abituati a cambiare le scarpe ad ogni stagione seguendo mode fugaci e superflue mettendo la comodità in secondo piano». Così distanti dalla cultura contadina raccontata da Ermanno Olmi con le povere scarpette di legno del protagonista del suo film albero degli occoli Le prime scarpe furono realizzate in epoca preistorica con pelli di animale o legno e i ritrovamenti archeologici attestano che il più antico paio finora ritrovato risale a circa 9000 anni a.C.,
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gni cammino, grande o piccolo, materiale o spirituale, a un debito di riconoscenza verso le scarpe. loro è dedicata una mostra itinerante c e sta girando l’Italia rinvenuto negli Stati Uniti in materiale vegetale. I grandi camminatori, oltre ai ricordi, conservano le scarpe. Ciò che emerge soffermandosi ad osservare queste scarpe non è l’estetica, ma la metafora che racchiudono. Scarpe che “parlano” e raccontano una storia, il rapporto stretto che gli uomini instaurano con la terra, scarpe che hanno visto la sofferenza dei deportati dei campi di concentramento, la tristezza della prima e seconda guerra mondiale, il futuro incerto dei migranti, la sfida di grandi scalatori come Nives Meroi, tra le poche al mondo ad aver quasi raggiunto le 14 vette più alte del pianeta, il silenzio delle giornate di monaci degli anni ’40, ’50 e ’60. Le scarpe come unico alleato per la sopravvivenza, da
cui in taluni casi dipende la vita stessa. Ma al tempo stesso un oggetto non sempre scontato, non ancora posseduto da alcune tribù primordiali dell’Africa, per le quali resta un miraggio, insieme all’istruzione. Le trenta scarpe esposte nella mostra itinerante erra nelle scar e, a febbraio 2016 lungo la Via Francigena, giungono da tutto il mondo, sporche di terra e consumate, talvolta ridotte a brandelli, con i segni tangibili del movimento e della strada. «In un momento come il nostro, dove sempre più persone tornano a camminare» spiega Antonio Gregolin, che da anni raccoglie scarpe, «bisogna alimentare la coscienza su ciò che facciamo. Attraverso il cammino, piccolo o grande che sia, scopriamo noi stessi.
InSALUTE di Samanta Rondinone Dietista
Occuparsi della prostata Quella piccola ghiandola che…
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rande come una castagna, la prostata è un organo maschile fibromuscolare e ghiandolare posizionato al di sotto della vescica, davanti al retto. Attraverso la prostata decorre l’uretra, che è il canale che porta all’esterno le urine e il liquido seminale. La funzione principale della prostata è di produrre il liquido prostatico che viene secreto durante l’eiaculazione; il liquido prostatico garantisce una maggiore sopravvivenza e migliora la motilità degli spermatozoi. Per la posizione anatomica e per le funzioni che svolge, la prostata influenza la minzione, l’erezione e l’eiaculazione. Le malattie prostatiche sono estremamente comuni, soprattutto con l’avanzare dell’età. Le problematiche principali possono essere: l’ipertrofia prostatica, che consiste in un aumento delle dimensioni della ghiandola; la prostatite, che è l’infiammazione della ghiandola; i tumori benigni o maligni. Esiste una correlazione tra stile di vita e malattie della prostata, soprattutto per ciò che riguarda il tumore e l’infiammazione della ghiandola. Mantenere la regolarità intestinale è importante, poiché la stipsi può favorire l’infiammazione attraverso il tra-
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Mai sottovalutarne le patologie. Dopo i quarant’anni è bene effettuare controlli periodici per evitare, o tenere sotto controllo, le malattie prostatiche, cui è soggetta una larga parte degli uomini. Non esiste il rimedio magico per ridurre il rischio di ammalarsi di cancro alla prostata, ma un insieme di accorgimenti per mantenere uno stile di vita sano riescono a garantire il mantenimento del benessere psicofisico e a ridurre il rischio delle patologie sferimento dei batteri dall’intestino alla prostata, i quali possono generare infezioni batteriche nell’organo. Anche un’alimentazione irregolare e non equilibrata, l’assunzione eccessiva e continua di superalcolici o di alcolici, rappresentano un elemento importante di intossicazione che favorisce l’infiammazione o che riduce le capacità riparative dell’organo per carenza di alcuni nutrienti. Il fumo agisce a livello tossico diretto e altera i flussi vascolari riducendo le capacità di ri-
parazione e di difesa. Infine vi è la sedentarietà, che riduce la movimentazione dei fluidi corporei favorendo il generarsi dell’infiammazione. Alcuni studi evidenziano dati molto interessanti sulla correlazione tra alcuni alimenti e lo sviluppo del cancro alla prostata. Il tumore prostatico è il secondo tipo di tumore più comune nell’uomo (e il sesto più comune rispetto ad ogni tipo di tumore); questo tumore è divenuto, nell’ultimo decennio, il più frequente