Emmanuel Bove - Una visita serale e altri racconti

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Storia di un pazzo


Ci tengo subito a dire, per mettere il lettore a suo agio, che non sono pazzo. E se fosse possibile dar prova di qualcosa attraverso le parole, il fatto di dichiararmi lucido sarebbe sufficiente a mostrare che sono in pieno possesso di tutte le mie facoltà. So bene che talvolta posso sembrare pazzo. È vero anche che basta poco perché ciò si verifichi. Ma cerchiamo di capirci. In effetti, sembro spesso pazzo, ma non agli occhi di tutti. Posso essere ritenuto pazzo da una persona e non da un’altra. E se un mio gesto o una mia domanda ridicola suscitano puntualmente tale sospetto, è pur vero che sono in grado di frenarmi non appena mi accorgo che questo sospetto interiore rischia di esternarsi. Non lo faccio per divertirmi né per prendermi gioco di coloro che assistono a questa mia commedia e neppure per nobilitarmi ai miei stessi occhi attraverso un’umiliazione. Lo faccio semplicemente senza pensarci, forse proprio perché sono pazzo. No, non sono pazzo. Ciò che ho appena scritto nasce dal bisogno di fornire una spiegazione a degli atti illogici. E quando si prova questo bisogno di chiarezza, di sicuro non si è pazzi. Ecco. Non è importante. Non c’è alcun rapporto tra ciò e la storia che sto per raccontare. La cosa più buffa è che sono privo di volontà. Ho sempre fatto ciò di cui avevo voglia. Fortunatamente, in fondo sono buono, non ho alcun lato malvagio, altrimenti sarei sicuramente finito male. Sarei andato in prigione. Avrei ucciso degli innocenti. 47


È una cosa molto buffa. È molto buffa perché chi mi leggerà vedrà con quanta volontà sono stato capace di agire. Hanno pianto, mi hanno supplicato ma io non ho ceduto. È una cosa buffissima. Sono proprio un uomo strano e amabile allo stesso tempo. Sono un uomo che avrà sicuramente successo nella vita, che farà grandi cose. Ma fermiamoci un momento. Procediamo con ordine. Chi non mette ordine nella sua testa è perduto. Senza ordine nulla è possibile. Ora vedrà il lettore quanto posso essere ragionevole io che, a quanto si dice, sono mezzo pazzo. Prima di tutto, bisogna che si sappia chi sono. Non ho mai conosciuto mia madre. Sono stato allevato da mio padre, il che mi ha reso, sin dall’infanzia, precocemente maturo. Non è facile immaginarsi fino a che punto sono buono. La mia bontà è tale che ci si è sempre presi gioco di me e ciò mi ha portato a vivere le storie più inverosimili. Non dico che sono incapace di uccidere una mosca, perché chiunque ha degli sbalzi d’umore. Quel che mi rattrista, però, è che non ho mai potuto dare prova della mia bontà. Mi sembra che la bontà data in prova non sia già più bontà. Ma questo ora non c’entra. Niente paura, non mi perdo. Racconterò la mia storia senza divagare. Voglio solo che il lettore sappia che sono davvero buono. Ci tengo a ribadirlo, glielo voglio giurare. E quanto giuro è vero. Non sono mica come quelli che giurano a casaccio sulla testa dei loro genitori. Non sopporto la vista di qualcuno che soffre, di conseguenza potrei sembrare incapace di fare del male. E invece no! Vi stupirete di quel che ho fatto. Improvvisamente, ho trovato in me delle risorse insospettate, segno di grande vitalità, e ho gettato nell’angoscia più profonda tutti coloro che mi circondano, perfino i miei cari, perfino la mia amata. È vero, l’ho fatto. E oggi che sono libero, che è tutto finito, mi chiedo se non avrò rimorsi. 48


Non so come ho potuto farlo, io che sono tanto buono, con il cuore che si scioglie in lacrime al minimo dolore altrui. È incomprensibile e perciò sto scrivendo questa storia. Forse un giorno qualcuno saprà spiegarla o biasimarmi, perché si sa che gli sconosciuti ci capiscono meglio degli amici. Ma procediamo con ordine, come ho detto poco fa, così che tutti possano comprendere quanto è successo. Ecco. In fondo, non è successo nulla. La mia povera testa mi duole. Vorrei che tutti capissero subito ciò che si agita nel mio cervello senza che io debba scriverlo. Sarebbe tanto più semplice. Che volete, amo la semplicità! Appena cerco di chiarire dei sentimenti complicati, mi confondo e mi sento smarrire. È una cosa molto buffa. Vedo chiaramente i pensieri in superficie nella mia testa, ma non appena cerco di addentrarmi più in profondità, mi ritrovo nella nebbia. Quindi, per venire a capo di questa storia, la racconterò nel modo più semplice possibile. Sarebbe ridicolo cominciare in modo molto chiaro per poi confondermi e rendere infine incomprensibile al lettore quel che volevo dire. Non sarebbe soltanto ridicolo, ma perderei per sempre ogni credibilità. È molto meglio che scriva giudiziosamente, con calma, e allora mi si potrà capire e dare ragione. Così sarà chiaro che chi ha una cattiva opinione di me si sbaglia e che, malgrado ciò che ho fatto, sono una persona ragionevole. Se ci sono dubbi, me lo si deve dire. Non mi arrabbierò. Sono abbastanza intelligente per capire che ciascuno ha le sue ragioni. No, non mi arrabbierò. Saprò allora che in me c’è qualcosa che non va. Mi farò curare. Farò delle escursioni, mi distrarrò e poi, quando mi sarò ripreso, quando non si potrà più dire male di me, potrò di nuovo raccontare questa storia. E questa volta, finalmente, tutti dovranno capire quel che volevo dire. Ora comincio il mio racconto. Attenzione. Siamo seri. Sto per cominciare. La prima cosa che devo dire è, secondo 49


me, di grande importanza: tutto ciò che state per leggere è vero. Non mi sono inventato nulla. Tutto è accaduto ieri. Ho precipitato nel dolore chiunque mi conosca. E, per la prima volta nella mia vita, non ne soffro. Ho fatto bene a comportarmi così. Se avessi fatto star male una sola persona, oggi sarei infelice. Ma poiché tutti piangono a causa mia, io sorrido. Sono solo. Non soffro. Ogni cosa è stata ben pianificata. Ora vediamo ciò che succede. Raccolgo tutte le forze per rimanere nello stato in cui sono. Sto molto bene. Tutto è andato come prevedevo. Non ho dovuto affrontare imprevisti che mi avrebbero sicuramente sviato. L’ambizione di tutta la mia vita si è infine realizzata. Non devo mettere in pericolo la mia felicità commettendo qualche sciocchezza. Che succederà domani? Non lo so. Ma, per il momento, va tutto bene. Dunque, non ne parliamo più. Procediamo con i fatti. Ieri mattina mi sono svegliato, come al solito, verso le otto. I miei occhi non sono rimasti sorpresi dalla posizione in cui si trovavano le lancette dell’orologio. La giornata cominciava quindi molto bene. Se mi aveste visto nel letto, vi sareste messi a ridere. Una volta sveglio non mi sono mosso. Non mi sono mosso per nulla. Ho guardato il soffitto. Ho richiuso gli occhi, senza motivo. Li ho aperti di nuovo. Li ho richiusi ancora. Era buffo. Tutto questo non ha alcuna importanza. C’è invece qualcosa di molto più grave. Ho fatto soffrire la mia famiglia e i miei amici. In questo momento, sto scrivendo. Il fatto che sto scrivendo apparirà chiaro a chi poi mi leggerà. Invece loro stanno soffrendo, stanno soffrendo a causa mia. Ma non devo intenerirmi, altrimenti rischio di non concludere questa storia, e sarebbe un peccato. 50


Sì, se mi aveste visto a letto, avreste riso di cuore. Se aveste visto con che aria seria mi sono svegliato! Sembrava il risveglio di un grande saggio. Ma non voglio insistere su questo punto. È una questione secondaria. Il seguito è molto più grave. Ora bisogna che io scriva seriamente. È chiaro che se sto scrivendo, con il mal di testa che ho in questo momento, è perché ho qualcosa di importante da dire, altrimenti me ne andrei a fare una passeggiata. Dunque, erano le otto. Ho aspettato qualche minuto prima di alzarmi. È normale. Tutti fanno come me. Non c’è niente da nascondere. Poi mi sono vestito. Sì, mi sono vestito. Guarda un po’. Se fosse vero ciò che alcuni pensano di me, sarei uscito nudo. Invece mi sono vestito, lentamente, ma mi sono vestito. Non avevo fretta. Avevo tutta la giornata davanti. Ho fatto colazione, come sempre. Ho indossato il cappello e sono uscito. E ora attenzione! Ci avviciniamo alla cosa grave, molto grave. Bisogna smettere completamente di sorridere. Non crediate che mi imbarazzino i sorrisi quando parlo seriamente. Non mi fanno né caldo né freddo. Ma in questo caso vi chiedo umilmente di non sorridere. È troppo grave. Attenzione, lettore! Queste righe vanno lette per conto proprio. Senza nessuno attorno. Anche io sono solo. Siamo entrambi soli. Faccia attenzione. Chiuda a chiave la porta. La mia è già chiusa. Vedrà quel che è accaduto. Ah, ah! Shhh! Ascolti bene. Non si alzi, non si muova. Ecco. Sono stato da mio padre. Mi è stato permesso di entrare nella sua camera da letto perché sono suo figlio. Shhh! Attenzione! Vedrà. Sono entrato nella camera. Allora, ho visto mio padre in maniche di camicia. Non lo posso vedere così. Sta molto male. Mio padre deve restare vestito, altrimenti mi mette in imbarazzo. – Padre! Si è voltato. Ha una grande barba nera ed è quasi calvo. 51


Era stupito. Non sapeva perché gli stessi facendo visita. Non sospettava nulla... Eh, eh, non sapeva cosa stavo per dirgli. Io sì, invece. Nella mia testa tutto era già preparato. Nulla avrebbe potuto distogliermi, neppure il suo stupore. Nulla. Ero determinato. Eh, eh, presto l’avrebbe saputo, ma non lo sapeva ancora, mio povero padre. – Padre! – Ma cosa vuoi? Non creda che mi sia messo a ridere. No, non sono così. Ero lì per una cosa seria. Quindi bisognava che tenessi un contegno di fronte a lui. – Padre, devo dirti una cosa. – Di’ pure. Attenzione! Attenzione! Adesso sentirà ciò che ho detto. Eh, eh, non sembra, ma è vero. L’ho proprio detto. L’ho detto con voce ferma. Avrei potuto avere una debolezza dell’ultimo momento. E invece no! Basta con le debolezze. Ne ho abbastanza di cambiare sempre idea davanti agli altri. Voglio essere me stesso. Dopotutto, sono un uomo. Sono stato in guerra. Ho visto dei morti. Ora basta. Ah sì! Va bene obbedire quando si è bambini. Ma ora tutto è diverso. Ho tutta una vita davanti. Ora vedrà che non mento, che sono capace anch’io di gesti eclatanti. Eh, non si potrà più dire che sono privo di volontà. – Allora, dimmi ciò che mi devi dire! – Non voglio vederti mai più, padre. – Non vuoi più vedermi? – Sì, ho deciso così. – Sei pazzo. – No, non sono pazzo. Se fossi pazzo, lo saprei e non avrei preso questa decisione. – Che hai, figlio mio? Stai male... – No... Non voglio più vederti. 52


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