Keep Clean and Run

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P R I M A TA P PA

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Da Aosta a Point-Saint-Martin

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osta si è svegliata. Chi va al lavoro, chi a scuola. Ho dormito poco. La prima tappa è lunga, 56 chilometri, anche se con solo due brevi salite. Ho ripercorso l’itinerario sulla mappa che ho caricato sul GPS: corre tutto sul fondovalle, in gran parte lungo la pista ciclabile a fianco della Dora. Il tempo è bello, nemmeno una nuvola. La temperatura ideale per correre, come ci avevano peraltro avvertito Luca Mercalli e il suo staff, che ci accompagnano in questa avventura in qualità di partner nelle previsioni meteo. Si erano anche premurati di avvertirci che non avrebbe spirato troppo vento. Si sa che in fondovalle spesso è l’aria a influenzare gli spostamenti, e soprattutto chi pedala in bici lo sa bene. Insomma... non ho scuse per ripensamenti! Il ritrovo è alla cittadella dei giovani. Siamo all’ingresso est di Aosta. Poco distante si innalza l’arco di Augusto, che in realtà era fuori dalla città romana, ne segnalava l’ingresso dal decumano, che iniziava dalla porta pretoria. | 17


Aosta la si pensa città di montagna, partenza per escursioni naturalistiche, ma sa sorprenderti per la sua storia. Alla partenza molte autorità aspettano di dare il via, di fronte a telecamere e giornalisti. C’è un clima di festa, da grande evento, ma l’evento ancora deve incominciare e qualche dubbio sul fatto che ci sarà davvero, o perlomeno che ci sarà fino alla fine, ce l’ho. Partiamo con qualche minuto di ritardo, rispetto alle 7:45 previste da programma. Dobbiamo quindi sbrigarci, ci avverte Marco, il responsabile della tappa, perché occorre attraversare la ferrovia Aosta-Torino prima che passi il treno, altrimenti dovremo aspettare a sbarre giù. Un gruppo di persone ci accompagna nel primo tratto, correndo insieme a noi. Anche il presidente della Regione Augusto Rollandin e la sottosegretaria all’ambiente Barbara Degani sono dei nostri, almeno per il primo tratto. Quindi i vari impegni istituzionali li costringono a lasciarci dopo 5 chilometri (la sottosegretaria) e dopo quasi una ventina (il presidente). Li ringrazio, pensando che la loro presenza ha dato ulteriore valore a KeepCleanAndRun, sottolineando la necessità di testimoniare l’impegno verso un corretto rapporto tra Uomo e Natura. È certamente importante lanciare slogan o fare conferenze stampa, ma mettersi in prima persona con le proprie gambe a correre e con la propria schiena a chinarsi a raccogliere quanto altre persone hanno gettato nell’ambente è un impegno tangibile: per questo li saluto riconoscente, nella certezza che l’esperienza abbia lasciato anche a loro qualcosa di permanente. Superiamo la ferrovia e aggiriamo le acciaierie Cogne; subito dopo il ponte Suaz sulla Dora imbocchiamo la ciclabile che corre sulla destra del fiume. Mi sorprendono la cura e la pulizia. Bello pensare che ci siano posti in Italia che, nel percorrerli, facciano pensare di essere all’estero, in quei Paesi del Nord Europa che tanto invidiamo per l’attenzione all’ambiente. A pochi passi dalla città c’è un’oasi da vivere, che ti permette di osservare il fiume e la sua vita, i suoi spazi, capirne le dinamiche e, nel 18 | Keep Clean and Run


ha corso con noi...

Franco Collè* Tutto ha avuto inizio con un’email ricevuta il 17 marzo, a prima vista una delle solite email di invito a una manifestazione sportiva. Leggendo attentamente, però, mi sono subito accorto che questa manifestazione era diversa dalle altre. Innanzitutto non si trattava di una gara e, in secondo luogo, era un evento a carattere nazionale su una tematica che mi sta molto a cuore: l’abbandono dei rifiuti! Già il titolo “Pulisci e Corri” ha attirato la mia attenzione. Un’eco-maratona che unisce lo sport e la raccolta dei rifiuti, connubio perfetto che sempre di più si sta affermando anche nel mondo del trail. Ho quindi guardato se la data dell’evento fosse compatibile con tutti i miei impegni lavorativi e sportivi. Il 9 maggio la casellina del calendario era vuota! Ho subito risposto all’email confermando la mia presenza, onorato di essere stato scelto come testimonial di questa prima tappa che attraversava la Valle d’Aosta. Come da programma quella mattina mi sono presentato alla Cittadella dei Giovani di Aosta e, insieme a Roberto e Olivero, siamo partiti per una bella giornata in compagnia, attraverso un percorso che non conoscevo. Abbiamo seguito la pista ciclabile che costeggia la Dora Baltea sino a Saint Vincent, per poi imboccare la via francigena sino a Pont-Saint-Martin. Una giornata di corsa diversa dai miei consueti allenamenti: sicuramente con un ritmo un po’ più lento ma con l’occhio sempre attento a scovare dei rifiuti abbandonati. Durante la prima parte di tragitto, cui ha preso parte anche la Sottosegretario all’Ambiente, abbiamo avuto l’onore di correre al fianco del Presidente della Regione che, fattosi prendere dall’entusiasmo, ha percorso una ventina di chilometri discutendo con noi sulle varie tematiche legate all’ambiente. È stata una corsa ricca di dibattiti, attraverso la quale Roberto e Oliviero hanno saputo arricchire le mie conoscenze riguardo queste tematiche molto importanti per quanto riguarda la salvaguardia del nostro territorio. Lo stesso territorio nel quale amiamo tanto correre e trascorrere il nostro tempo libero. Tra le mille parole, questi 55 chilometri sono volati e ci siamo ritrovati ai giardini pubblici di Pont-Saint-Martin accolti da un ricco buffet organizzato dalla Comunità locale. I miei due compagni di avventura sono dovuti andare fare un massaggio in vista della tappa successiva, per continuare a diffondere il messaggio “Keep Clean and Run” anche nelle altre regioni... così a me non è rimasto che continuare il cammino per ulteriori 30 chilometri verso casa, a Gressoney, e ho continuato a seguire il loro tragitto sui social nei giorni seguenti. * Vincitore del Tor des Gèants 2014

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frattempo, tenersi in forma. Purtroppo dove la ciclabile sfiora letteralmente l’autostrada, protetta dalle reti di confine, i segni dell’uomo sono visibili: la base della rete metallica, un po’ come una rete da pesca, è piena di cadaveri. Non sono pesci pronti da cucinare, ma imballaggi di ogni tipo, tanto che ci chiediamo come possa una persona acquistare una bevanda o uno yogurt o un pacco di biscotti, consumarli in auto e poi gettare fuori dal finestrino la confezione. Ma purtroppo è così. In 5 chilometri lo zaino che porto sulle spalle si riempie di rifiuti. Ne parliamo con la sottosegretaria, con qualche foto di rito, proprio mentre arriviamo al parco della Grand Place. Siamo nel comune di Pollein, un’altra oasi di pace: oltre dieci ettari dove riposarsi nel verde o assistere agli sport popolari aostani. Barbara Degani e il capo della sua Segreteria tecnica Fabrizio Penna ci devono lasciare: l’inaugurazione degli spazi di Expo è imminente e devono raggiungere Milano. Nel comune di Quart passiamo accanto al golf Les Iles; quindi, dal Comune di Saint Marcel, proseguiamo su una strada comunale asfaltata; alla prima rotonda di Fenis, scendiamo verso il cimitero e imbocchiamo il sentiero dei pescatori: è qui, invece, che il presidente Rollandin ci saluta. Abbiamo avuto modo di parlare a lungo con lui della gestione dei rifiuti e, pur partendo da visioni diverse, abbiamo riflettuto a fondo sul fatto che si possa fare molto. Devo dire che il correre fianco a fianco ci ha aiutato a ragionare al di là di pregiudizi, schemi mentali e diffidenze reciproche. Dal sentiero dei pescatori il famoso castello di Fenis non si vede, ma respiro comunque un’aria medievale, pensando a battaglie e intrighi. Il sentiero scorre lungo la Dora, ma noi tagliamo verso il bike park, tra il canale idroelettrico e la ferrovia, per sbucare in una cava di lavorazione degli inerti. Resta con noi Franco Collé, fresco vincitore del Tor des Geants, la più dura corsa in montagna al mondo: 330 chilometri con 24 mila metri di dislivello positivo, da percorrere al massimo in 150 ore. Alcuni dei sentieri li conosco, percorrendoli d’estate, zaino in spalla, 20 | Keep Clean and Run


per respirare l’aria che scende dai 4mila metri delle montagne più alte d’Europa. Franco è comprensivo: mi aspetta, e intanto racconta delle sue esperienze, delle sue gare, mentre sembra galleggiare al mio fianco. Ha una corsa leggera, pare non faticare. Probabilmente, alla mia andatura, non fatica davvero! Con Oliviero parlano di tecniche di allenamento, di alimentazione, di scarpe, di dislivelli e tempi di percorrenza. Io provo ad ascoltare. Le mie domande sono più ingenue, del tipo “da quanto tempo corri?”. «Io ho sempre fatto sci alpinismo e non ho mai corso seriamente. Poi mia sorella mi ha iscritto al Tor dicendomi che, secondo lei, avrei fatto bene. Era il 2012: sono arrivato quinto, primo degli italiani. L’anno successivo ho migliorato di 11 ore e sono arrivato terzo. L’anno scorso (2014), mentre mi allenavo, ho calcolato che rispetto al primo mi mancavano circa 5 ore. Valutando che ogni sosta mi portava via almeno un’ora, ho pensato che avrei potuto saltarne cinque delle sette che il percorso prevede. Così sono partito, avevo la febbre, ma a mia madre non l’ho detto. Non mi sono fermato alle prime tre soste, giusto il tempo per mangiare qualcosa, ma non per dormire, e alla fine non mi sono mai fermato; la febbre se n’è andata abbastanza presto. Eravamo un francese ed io; all’ultimo rifugio l’ho superato e sono arrivato al traguardo quasi quattro ore prima di lui». Racconta con semplicità, con naturalezza, come corre. Io fatico solo ad ascoltarlo, anche perché di fiato ne ho sempre meno… e non siamo nemmeno a metà della prima tappa. Nel frattempo abbiamo superato Chambave, Pontey, le stazioni di Chatillon e Saint Vincent. Siamo in località Valperiana. Dove la Val d’Aosta bruscamente piega di novanta gradi. Vista dall’alto, o da una cartina, la Dora (e di conseguenza la valle) in questo punto lascia la direzione ovest–est e si butta a sud. A dominare questo angolo è lo Zerbion, un monte di poco più di Da Aosta a Point-Saint-Martin | 21


2700 metri, non difficile da raggiungere, che evoca in me le imprese di Bruno Brunod, primatista del mondo di tutte le ascese di corsa più famose: dal Monte Rosa al Cervino passando per Kilimangiaro e Aconcagua. Ci fermiamo poco prima della svolta per il “Ponte delle Capre”, deviazione consigliabile per chi volesse fare due passi per questo tratto incastonato della Valle: si può infatti lasciare la Dora e salire verso il Comune di Ussel e il suo fantastico castello. L’ammiraglia ci aspetta per mangiare un rifornimento. È l’ora di pranzo, ma il mio stomaco è chiuso; non riesco a buttar giù niente, se non un po’ di liquidi. Attacchiamo la salita del Montjovet. La prendiamo da Champeirou per la via Francigena. Giriamo attorno al castello Chenal, ma non riesco a tenere il ritmo di Oliviero e Franco. Faccio segno loro di andare. Resta con me Gigi, che ci stava assistendo accompagnandoci in bicicletta. Sono passati 35 chilometri e ho la mia prima crisi. Mentre il mio stomaco non ne vuole sapere, la mia mente pensa che in fondo ci sta, non poteva andare tutto subito liscio. Restituisco alla terra il poco che ho mangiato, più quello che ho bevuto. Una signora mi ferma e chiede se abbiamo bisogno di qualcosa; Gigi risponde che è tutto a posto. Pensando a tutto ciò che manca, non può che essere così. Mi fermo una ventina di minuti, forse mezz’ora, su una panchina, accanto alla chiesetta di Saint Germain. Un’anziana seduta pochi metri a fianco ogni tanto volge lo sguardo, compassionevole. Non voglio tradire lo spirito del KeepCleanAndRun, non alla prima tappa. Recuperare di corsa è impossibile, ancora con due campioni davanti! Decido così di imbracciare una delle due bici di emergenza caricate sull’ammiraglia. Mi butto giù per quella che è indicata come “Strada romana delle Gallie”, la via romana che saliva dalla pianura ad Aosta (Augusta Praetoria) e poi di li si biforcava per la Svizzera attraverso il Gran San Bernardo o la Francia e Lione attraverso il Piccolo San Bernardo. In 22 | Keep Clean and Run


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Augusto Rolladin* È stata una bella esperienza quella vissuta il 9 maggio scorso nella nostra regione con i referenti della campagna “Keep Clean and Run”. Un’iniziativa di grande valore, volta a promuovere tra i cittadini la consapevolezza dei danni causati dall’abbandono dei rifiuti e, attraverso questo messaggio, farsi portavoce di una cultura volta al rispetto e alla protezione dell’ambiente. Sono tutti temi ai quali come Valle d’Aosta guardiamo con la massima attenzione. È senza dubbio la bellezza del territorio che ci circonda, con le sue vallate, i boschi, le cime innevate, a ricordarci – ogni volta che volgiamo il nostro sguardo attorno a noi – l’importanza, ma anche la fragilità, del nostro patrimonio ambientale. Un patrimonio che va prima di tutto tutelato, difeso, conservato, con comportamenti virtuosi da vivere nella quotidianità, nei gesti di tutti i giorni. È importante tenere sempre presente che la natura è un bene che ci è stato donato, che non ci appartiene, se non nella cura che ne abbiamo, a vantaggio e tutela delle generazioni successive. È fondamentale che questo messaggio si diffonda il più possibile, in modo da farci sentire tutti, in prima persona, responsabili di un bene comune. Non come comportamento indotto, ma come normale modo di sentire, come modo di essere cittadini e comunità, come espressione della nostra cultura. Ed è proprio per la portata del messaggio che la campagna “Keep Clean and Run” si proponeva di comunicare alla più ampia fascia di popolazione, in modo attivo e partecipativo, che ho creduto opportuno offrire il mio contributo. Un sostegno che, perché fosse più efficace, ho voluto dare in prima persona, percorrendo di corsa un tratto della bella pista ciclabile lungo la Dora Baltea, con gli organizzatori del progetto e con un grande atleta, Franco Collé, che abbiamo scelto come testimonial per la Valle d’Aosta. Con questa mia partecipazione ho voluto sottolineare che, ogni obiettivo importante, come la cura e il rispetto dell’ambiente, richiede che ognuno faccia la sua parte e intervenga con gesti concreti.

*Presidente Regione Autonoma Valle d’Aosta

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questo tratto di romano non c’è più nulla, coperto dalla via Francigena nel Medioevo prima e dall’asfalto della statale 26 oggi. Supero il comune di Verres sulla destra della Dora, passando per le frazioni Fleuran e Foglias, e raggiungo Oliviero e Franco subito prima di Bard. All’ingresso dell’abitato, dove c’è la stazione ferroviaria di Hone-Bard, c’è una fontana freschissima, come solo in Val d’Aosta lo sono; non ci limitiamo a bere, ma tuffiamo letteralmente la faccia dentro.

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Luca Bianchi* Abbiamo accettato con piacere di collaborare, come Regione Valle d’Aosta, a questa iniziativa, importante per il suo significato ambientale. Sono convinto che ogni iniziativa che in qualche modo promuove azioni finalizzate alla prevenzione dei rifiuti sia da sostenere, proprio perché può aiutare ad aumentare la consapevolezza, da parte dei cittadini e delle istituzioni, circa l’importanza di porre in essere e mantenere abitudini corrette e rispettose dell’ambiente. La pulizia e la cura del territorio sono fondamentali oltre che per esaltare la bellezza dell’ambiente che ci circonda, anche per prevenire situazioni di criticità... sappiamo quanto sia importante una costante e incisiva opera di prevenzione a salvaguardia delle nostre risorse ambientali. L’iniziativa in argomento, sportiva e ambientale, è stata un’occasione per coinvolgere le associazioni, le famiglie, le scuole, nella pulizia del territorio dai rifiuti abbandonati e il percorso della tappa, da Aosta a Pont-Saint-Martin, ha dato modo agli atleti e all’organizzazione di conoscere e apprezzare una parte interessante del nostro territorio di fondovalle, con scorci di panorama suggestivi... per esempio nei pressi della riserva naturalistica di Brissogne o del Forte di Bard. Un ringraziamento quindi agli organizzatori, al Ministero dell’ambiente e a tutti gli enti e soggetti coinvolti, l’iniziativa si è conclusa con la soddisfazione di tutti, mi auguro che anche la campagna di comunicazione prevista abbia raggiunto gli obiettivi attesi. Sappiamo che ci vuole del tempo per cogliere risultati tangibili, ad ogni modo un passo dopo l’altro... proprio come nella corsa... si arriva al traguardo finale. * Assessore al Territorio e Ambiente Regione Autonoma Valle d’Aosta

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Un autoscatto (un selfie, va di moda dire oggi), con il forte di Bard alle spalle, ci immortala di nuovo riuniti. L’attraversamento del borgo medievale, salita che questa volta riesco a fare al passo dei miei illustri compagni di viaggio, da solo vale la tappa. La gente riconosce Franco: un vero eroe locale. Lui pare contento di essere di nuovo tutti e tre insieme e a me spiace aver dovuto fermarmi, ma mi pare di capire che così loro si siano anche un po’ “sfogati”, almeno nel ritmo di corsa. Franco torna a raccontare del Tor e di come questo sia un tratto molto amato dai tifosi e dai fotografi, forse perché in piano e a fondovalle. L’asfalto della discesa che aggira il forte di Bard riporta le tre lettere inconfondibili: T-O-R. Siamo di nuovo sulla strada delle Gallie, questa volta proprio quella romana, con le pietre segnate dai solchi lasciati dall’infinito passaggio dei carri. Passiamo sotto l’arco scavato nella roccia, con accanto la pietra miliare anch’essa ricavata direttamente nella parete rocciosa, che segna l’ingresso del comune di Donnaz. Da qui è solo strada statale fino a Pont-Saint-Martin. Il nome del Comune ricorda il ponte, l’unico rimasto in piedi e transitabile dei 17 che erano stati costruiti dai romani. Ci passiamo accanto, perché l’arrivo non è in piazza, ma ai giardini della Resistenza. Gli alpini ci stanno aspettando con un gruppo di ragazzi che, nel frattempo, ha ripulito il parco comunale dai rifiuti abbandonati. Per la verità arriviamo addirittura mezz’ora prima dell’orario previsto, così che dobbiamo rifare l’arrivo per la riprese televisive ben due volte. Ma è tornata l’adrenalina, e sembra tutto più facile. L’assessore all’ambiente della Regione, Luca Bianchi, ci accoglie incuriosito da quanto abbiamo da raccontare. L’organizzazione prevede che prima di “restituire” i rifiuti e di impressioni raccolte, passiamo sotto le mani del fisioterapista. Marco, è lui di turno alle prime due tappe, ci aspetta all’ostello della via Francigena e noi siamo molto contenti di vederlo. Da Aosta a Point-Saint-Martin | 25


scheda tecnica

La preparazione atletica Credo sia importante specificare che questo testo è pensato da chi nella vita non fa il corridore professionista ma che, comunque, è una persona che ama correre e prova a dimostrare che con un po’ di volontà anche cose che sembrano impossibili non lo sono (e, anzi, possono essere molto divertenti ed entusiasmanti!). Prima che per la corsa in montagna e su lunghissime distanze questo vale per la distanza “regina” nella corsa, la maratona. Chi ha corso almeno una volta nella vita una maratona conosce l’emozione unica di arrivare al traguardo e sa bene che, quando si inizia a prepararla, pare del tutto impossibile poterla terminare. La preparazione atletica di un viaggio, come mi piace definire questa nostra esperienza, è difficile da definire e raccontare. Scrivo che il nostro è stato un viaggio, perché il gesto atletico è poco importante: non avevamo cancelli orari (come in gergo vengono definiti gli orari entro cui arrivare in un determinato punto), avevamo un gruppo di persone che ci seguivano, un percorso ogni giorno molto lungo ma con punti di appoggio dove rifocillarci, dormire e mangiare. Solitamente le gare su distanze di questo tipo si svolgono tutte di seguito, senza la possibilità di fermarsi, e con l’ansia di arrivare in determinati tempi. Il viaggiatore è invece colui che vive il territorio,

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lo conosce, lo assapora, ne gusta i suoi intimi sapori. Durante i nostri chilometri, corsi e camminati, avevamo la possibilità di fermarci tra i paesi, salutare le rare persone incontrate sulla strada. Sicuramente per un esperienza come questa devono essere preparati tanto il fisico quanto la testa. Alzarsi la mattina e sapere che entro sera bisogna correre o camminare sessanta chilometri e qualche migliaia di metri di dislivello può abbatterti, e non solo quando ci si incammina, ma anche quando ci si ferma per riposarsi qualche minuto; quando arriva l’inevitabile crisi; quando obbligati ad assumere qualche caloria viene voglia di vomitare; quando il caldo ti toglie la sete ma sai che devi bere per andare avanti e stare bene; quando devi affrontare l’ennesima salita e temi che le gambe non ti tengano più. In quei momenti, sapere di potercela fare perché durante l’allenamento ce l’avevi fatta, è indispensabile. Spesso l’allenamento alla corsa è più utile per raggiungere questa consapevolezza, che per la preparazione fisica in sé. Per una corsa così lunga, dunque, non ci si prepara mai abbastanza, ma è indispensabile aver fatto tutto il necessario per essere pronti. Personalmente le corse lunghe le ho sempre preparate così, andando a correre tutti i giorni ma rispettando l’indispensabile giorno di riposo alla settimana. Inserire


la corsa nella vita frenetica quotidiana può sembrare difficile, e a tratti impossibile: come riuscire a conciliare lavoro, famiglia e mille impegni? Ma il bello della corsa è proprio questo: basta poco tempo per allenarsi, che si può ritagliare in tutti i momenti della giornata. Si tenta quindi di inserire sessioni di allenamento al mattino molto presto, partendo magari alle 5 di mattina da casa tornando alle 7:30 pronti per affrontare la giornata di lavoro; si approfitta del percorso dall’ufficio a casa la sera per tornare di corsa invece che in macchina, ad esempio. Nei due mesi nei quali si aumentano i chilometri corsi, ritengo molto utile ai fini di stare bene e divertirsi, inserire un massaggio da un fisioterapista una volta alla settimana. Poter prevenire i traumi prima che essi arrivino vale molti allenamenti e giornate passate a sognare la partenza. Nei 45 giorni precedenti la partenza almeno una volta alla settimana è importante inserire degli allenamenti in montagna di almeno 6/7 ore, dimenticando completamente l’orologio, le prestazioni e l’ansia; lasciando spazio al bisogno di macinare chilometri e chilometri. Durante le sessioni in cui si corrono tante ore di seguito, è importante eseguire le stesse attenzioni che si useranno durante il viaggio. Personalmente ritengo fondamentali abbigliamento e cibo. Nutrirsi durante le

corse lunghe è indispensabile, ma nulla può essere provato per la prima volta durante la settimana del viaggio, dai vestiti all’alimentazione. In montagna, come in maratona, gli imprevisti sono tantissimi e sempre in agguato: diventa dunque importantissimo provare almeno tutto quello che, al contrario, è prevedibile. Quando si è in forma fisica adeguata, credo infine sia utile prevedere due allenamenti in un giorno, a distanza di dieci giorni. Durante la preparazione è altresì importante pensare al tempo trascorso e non alla velocità: se i chilometri da percorrere sono molti, infatti, è inutile concentrarsi su quanto tempo ci si mette, a meno di non essere professionisti e agonisti.

Oliviero Alotto

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