A scuola
Tra antropologia e educazione
Leonardo Piasere
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© Copyright SEID Editori 2010 Via Antonio Giacomini, 26 – 50132 Firenze e-mail: info@seideditori.it Tutti i diritti sono riservati. È vietato riprodurre, archiviare in un sistema di riproduzione o trasmettere in qualsiasi forma o qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per fotocopia, registrazione o altro, qualsiasi parte di questa pubblicazione senza l’autorizzazione scritta dell’editore. È obbligatoria la citazione della fonte. Grafica e editing: gabrielecrobeddu.com Stampa: Tipografia Tappini - Città di Castello (PG) Prima edizione digitale 2013 Isbn 9788889473474
Collana di Antropologia
L
’antropologia è stata per tanti decenni una scienza-pattumiera, una scienza che studiava gli scarti delle altre scienze umane; l’oggetto dei suoi studi sugli scarti altrui l’ ha resa per tanti versi una scienza “ impura”, da osservare magari con interesse ma sempre da una debita distanza. A stretto contatto con i pensieri d’altri, essa ha incorporato tanti concetti e tante logiche in seno al proprio corpus teorico, divenendo così una scienza “bastarda”, che accetta suggerimenti e innovazioni dai gruppi umani più ininfluenti, dalle pratiche apparentemente più effimere. Popoli politicamente insignificanti nell’arena mondiale (i Kwatiutl, i Trobiandesi, i Nuer, i Bororo, i Balinesi…) sono entrati nei pensieri delle centinaia di migliaia di studenti che, ormai nelle Università di tutti i continenti, si sono trovati a sostenere un esame di antropologia; i filosofi dogon, guaranì, winnebago ecc. sono stati chiamati nei suoi testi a dialogare con Parmenide o Aristotele, con Russel o Wittgenstein. La sua natura “bastarda” le ha permesso fin dall’ inizio, pur nelle contraddizioni di tutti gli etnocentrismi in cui si trova immersa, di declinare una posizione critica più o meno esplicita verso l’etnocentrismo stesso che la produceva, dimostrando in continuazione con le proprie etnografie che altri mondi sono possibili, sempre. Ipersensibile ai mutamenti nei rapporti di forza internazionali, interculturali, e intraculturali (in primis quelli di genere), così come alle diverse sensibilità nei rapporti tra uomo e ambiente, l’antropologia nel corso dei decenni ha costantemente rielaborato i propri concetti, i propri approcci e i propri dibattiti. La presente collana intende contribuire in modo sistematico a divulgare questi sviluppi, offrendo lavori di studiosi, italiani o stranieri, che contribuiscano con la loro originalità ad illuminare un tema, a proporre una sintesi, a chiarire un dibattito in corso. In seguito all’entrata in vigore del nuovo ordinamento dell’Università italiana, con l’aumento degli insegnanti di materie antropologiche e con la nascita delle prime lauree in Antropologia, l’esigenza di un potenziamento editoriale della disciplina è imprescindibile. Gli studenti e i docenti devono avere accesso a sempre numerosi e aggiornati sussidi didattici. La speranza del direttore della collana e della SEID Editori è di poter contribuire a questo compito.
Leonardo Piasere
COLLANA DI ANTROPOLOGIA
Il corpo dei simboli. Nodi teorici e politici di un dibattito sulle mutilazioni genitali femminili Mila Busoni - Elena Laurenzi Antropologia. Pratica della Teoria nella Cultura e nella Società Michael Herzfeld Vivere l’Etnografia Francesca Cappelletto Comparativa/mente Pietro Clemente - Cristiano Grottanelli Alle radici dell’Europa. Mori, giudei e zingari nei paesi del Mediterraneo occidentale. Volume I: secoli XV-XVII Felice Gambin Tutto è relativo. La prospettiva in Antropologia Bruno Barba Alle radici dell’Europa. Mori, giudei e zingari nei paesi del Mediterraneo occidentale. Volume II: secoli XVII-XIX Felice Gambin “Umano, troppo umano” Riflessioni sull’opposizione natura/cultura in Antropologia Alessandro Lutri - Alberto Acerbi - Sabrina Tonutti Storie dell’Antropologia. Percorsi britannici, tedeschi, francesi e americani Fredrik Barth - Andre Gingrich - Robert Parkin - Sydel Silverman A scuola. Tra antropologia e educazione Leonardo Piasere
“Qui siamo a scuola, signor Potter, non nel mondo reale”. (J.K. Rowling)
Indice
1
Introduzione parte prima Cap. I
Scuole di un tempo che fu. Servizio fotografico di Francesca Piasere
Cap. II
Metafore a scuola
7 17
Cap. III La nuova Turii
27
Cap. IV La scuola dell’antropologo: etnografie
45
Cap. V
59
La scuola dell’antropologo: comparazioni parte seconda
Cap. VI Educazione romaní: uno scarto d’enfasi
77
Cap. VII Test a scuola
85
Cap. VIII Etnografie a scuola
105
Cap. IX Dalle classi speciali alla mediazione culturale: il percorso scolastico di una comunità rom di Elena Ziviani
123
Fonti
151
Bibliografia
152
Indice dei nomi
163
VII
Introduzione
Come dice il vocabolario, col termine “scuola” ci si riferisce a tante cose. Scuola può essere l’edificio in cui vengono impartite lezioni collettive, in cui c’è qualcuno che insegna e qualcuno che impara; in questo senso, può anche essere una nave (nave-scuola), una roulotte (come esiste al seguito di qualche circo), un furgone, un camper (in Francia esistono i camions-école), ecc. La scuola è anche l’insieme di insegnamenti che vengono propinati nella scuola “in duro”, edificio o veicolo che sia, e che possono essere distinti per livello (elementari, medie, superiori, università, ecc.); per fruitori (femminili, maschili, miste, per adulti, per neri, per ricchi, per stranieri…); per caratteristica degli insegnamenti impartiti (di equitazione, navale, alberghiera, d’arte, di magia, ecc.) e allora può assumere un nome speciale (scuola militare = accademia, scuola di musica = conservatorio, per il sacerdozio = seminario, di religione = catechismo, ecc.); per finanziatori (pubblica, privata, aziendale…); per indirizzo ideologico (laica, religiosa, di partito…); per modalità d’insegnamento (a distanza, residenziale, telematica…) Si dice che in queste scuole si impartisce un’educazione formale, cioè cosciente e strutturata, ma anche l’educazione informale che si apprenderebbe “fuori” vanta a volte il nome di scuola, perché, ad esempio, anche la scuola “del mondo”, “della vita”, è fonte di molti insegnamenti. È scuola anche l’insieme di persone che svolgono il ruolo di alunni, di docenti, di personale non docente, di dirigente, di rappresentante dei genitori, è allora l’istituzione scuola che riceve ordini e disposizioni da un Ministero, da un Provveditorato, da una Direzione, ma è più ampiamente scuola tutto il “mondo della scuola”, appunto, quello istituzionale come pure il suo indotto abitato da librai, cartolai, editori, autori e rappresentanti
a scuola – Tra antropologia e educazione
di libri scolastici… È scuola il gruppo di intellettuali o di artisti che si riconosce continuatore di un insegnamento o di un maestro, che è allora il “fondatore” della scuola stessa per il suo carisma e/o le sue idee e/o i suoi intrallazzi e che forma, direttamente o indirettamente, dei discepoli, a volte degli adepti. La scuola è allora anche una tradizione, oltremodo inventata, in competizione con altre scuole, le quali tutte combattono per imporre le proprie certezze su che cos’è e com’è la realtà. In questo libro oso parlare di scuole: argomento sensibile, al contempo condiviso, santificato e contestato. “Oso”, perché non sono uno specialista di educazione. Lo faccio da antropologo, cioè sospendendo la credulità verso quegli atti di fede di cui sono infarciti i discorsi quando si parla di istituzioni fondanti la nostra civiltà; al contempo, lo faccio da persona comune che è vissuta di scuola e ne è impregnata: se si eccettuano i primi tre anni di vita (e solo perché allora non c’erano gli asili-nido…), ho passato tutta la mia vita a scuola, cioè “in scuole”, prima come scolaro-studente in varie località italiane e in Francia, poi come insegnante alle medie e infine come docente universitario. Su temi legati alla scuola ho avuto persino l’occasione di far parte di un gruppo di lavoro per un Rapporto richiesto dalla Commissione Europea, di aver co-diretto per la stessa Commissione un articolato progetto di ricerca, e di essere stato membro di una Commissione del Ministero della Pubblica Istruzione, Commissione convocata quel tanto che durò un governo, e subito dopo messa in silenzio. Ho anche partecipato a qualche convegno di antropologia dell’educazione e istituito con Ana Maria Rabelo Gomes (dell’Università del Minas Gerais a Belo Horizonte, Brasile) un programma di collaborazione in questo campo che è durato per diversi anni. Il libro, insomma, è un “resto” di mie esperienza di vita e professionali. Il significato di scuola, come appena visto, è invasivo: da un prototipo centrale di natura materiale, la scuola di mattoni, si allarga in modo politetico con metonimie e metafore a macchia d’olio, tanto che c’è chi ha scritto che la scuola cerca di imporre la sua dittatura su tutto quello che incontra (D’Angelis, 1999), come se il suo alone di significato sempre in espansione volesse fagocitare e riportare nel suo centro l’universo intero delle comunità su cui impatta. Diciamo allora che si comporterebbe come il mercato e lo stato, normalmente presentati come le due grandi forze integratrici del pianeta (Kilani, 1992). La scuola ne sarebbe una terza. In questo libro oso riportare delle riflessioni su alcune solamente delle scuole sopracitate, ma oso parlare anche di un caso molto dibattuto di questo movimento cosmico di dilatazione della “ragione scolastica”, un argomento che mi ha impegnato nella ricerca e nella direzione di ricerche negli ultimi anni: la scolarizzazione dei bambini rom. I rom vedono la scuola dal loro punto di vista: una ragione di più per parlare di “scuole”, più che della “scuola”, per marcare quell’approccio prospettico che trasforma sempre in un plurale un fenomeno che siamo abituati pensare al singolare, come dice bene Herzfeld (2007). La divisione in due parti del volume rispecchia questi interessi. Nella prima compaiono riflessioni sui modi metaforici in cui le scienze sociali hanno pensato
Introduzione
la scuola, e su un tema oggi molto dibattuto, quello del relativismo culturale, il quale, se ripensato in termini di prospettivismo può diventare uno strumento importante nell’ambito del dibattito sul pluralismo pedagogico. Le riflessioni sulla “scuola degli antropologi”, cioè su quei momenti esperienziali, come le etnografie, e teorici, come le comparazioni, che costituiscono il sugo e il sale della formazione dell’antropologo e della costruzione del sapere etnoantropologico, si articolano in modo da proporne delle riletture critiche, anche tenendo conto della riflessione pedagogica contemporanea. La seconda parte si concentra invece su studi che riguardano il mondo rom, o meglio i rapporti tra rom e scuola. Dopo una breve descrizione sulle modalità di apprendimento informale vigenti all’interno delle comunità (la scuola della vita), vengono presentati i risultati di due diverse modalità di indagini svolte in Italia in classi con bambini rom: quella psicologica a base di test (soprattutto proiettivi), in voga tra gli anni Settanta e Ottanta, e quella etnografica svolta nell’ambito del progetto europeo “The education of the Gypsy childhood in Europe”. La critica alle modalità e ai risultati di quelle particolari indagini psicologiche riveste l’aspetto più generale che riguarda l’applicabilità di test proiettivi, molto etnocentrati, in modo acriticamente transculturale. Uno studio storico-etnografico, che sfrutta quei preziosi dati così poco valorizzati che si possono ricavare dagli archivi scolastici, delinea infine la storia del percorso scolastico di una precisa comunità rom, che nel corso degli ultimi decenni ha conosciuto diversi tipi di “inserimento”. L’accento posto da Elena Ziviani sul gioco di assenze/presenze scolastiche degli alunni rom, che modula tutta la storia scolastica della comunità, ne mostra contemporaneamente i meccanismi di resistenza culturale e di parziale accettazione. Il volume si apre con pagine e fotografie su edifici scolastici in disuso, abbandonati o riciclati: lascio al lettore l’eventuale desiderio di vedervi un’allegoria sullo stato della scuola, perennemente pensata come in crisi, ma sempre capace di risorgere come un’araba fenice. Io mi limito a vedervi le tracce di luoghi che hanno segnato la storia delle nostre vite. Tre capitoli del presente volume sono inediti, mentre la maggioranza (qui in parte riscritta) è apparsa negli ultimi dieci anni; solo uno risale agli anni Ottanta. Oltre a ringraziare mia figlia Francesca, che ha contribuito con le sue foto, ed Elena Ziviani, che ha accettato di rielaborare una parte della sua tesi di laurea specialistica per pubblicarla nel presente volume, il mio ringraziamento va ad Ana Maria R. Gomes, con cui negli anni ho discusso a lungo di “scuole”, ai membri del Seminario avanzato di studi rom, con i quali per un periodo non si parlava che di “scuole”, a Cristiana Franco per le sue gentili indicazioni bibliografiche su Protagora, ad Annamaria Meneghini e Valentina Moro, le colleghe psicologhe che in un mio vecchio articolo di critica all’applicazione dei test agli alunni sinti e rom hanno visto riflessioni ancora interessanti, e se quello studio qui viene ripubblicato è perché mi dicono non aver perso la sua attualità: devo alla loro competenza correzioni e suggerimenti.