Leonardo Piasere
Scenari dell’antiziganismo Tra Europa e Italia, tra antropologia e politica
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I diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le fotocopie fotostatiche) sono riservati. Prima edizione digitale 2013 Isbn 978-888-9473351
ANTROPOLOGIA Collana soggetta a peer-review
Direzione Leonardo Piasere - Università di Verona
Comitato scientifico Dionigi Albera - Institut d’Ethnologie Méditerranéenne, Européenne et Comparative, CNRS-Aix-Marseille Université, Aix-en-Provence Rita Astuti - Department of Anthropology, London School of Economics and Political Science, Londra Barbara Casciarri, Département de Sociologie, Université Paris 8 Vincennes-St Denis, Saint-Denis. Setrag Manoukian, Institute of Islamic Studies e Department of Anthropology, McGill University, Montreal Ana Maria Rabelo Gomes, UFMG - Universidade Federal de Minas Gerais, Belo Horizonte Nando Sigona, Refugee Studies Centre, University of Oxford, Oxford
Redazione Silvia Manieri – SEID Editori, Firenze
Sito http://www.seideditori.it/antropologia.html
A Pinuccia, che è tra noi
Indice
Introduzione...........................................................................................8 Parte Prima Capitolo Primo Confini ............................................................................................... 23 Capitolo Secondo Contenitori.......................................................................................... 39 Capitolo Terzo Travasi.................................................................................................. 45 Capitolo Quarto “E” .................................................................................................... 55 Parte Seconda Capitolo Quinto Nomadi................................................................................................ 63 Capitolo Sesto Che cos’è un campo nomadi?............................................................. 107 Capitolo Settimo Tra riconoscimento e redistribuzione.................................................. 129 Capitolo Ottavo Flussi di bambini................................................................................ 147 Capitolo Nono La bambina........................................................................................ 163 Capitolo Decimo Che cos’è l’antiziganismo?.................................................................. 167 Bibliografia......................................................................................... 189 Indice dei nomi.................................................................................. 200
Introduzione
I rom: una maggioranza disconosciuta Un revisore anonimo della rivista Behemoth. A Journal on Civilisation, mi chiedeva un paio d’anni fa, accettando un articolo in cui mostravo come storicamente diversi settori della cultura europea abbiano costruito gli “zingari” come dei trickster (Piasere 2011a), quale fosse la ricaduta in termini politico-sociali di tale costruzione. Non potendo parlarne in quell’occasione, il presente volume cerca di cominciare a rispondere. Questo libro parla allora di antiziganismo. Ma prima parla di Europa, di stati e di certe loro fobie, perché le due cose non sono disgiunte, e per dimostrarlo userò dei dati quasi ufficiali, quali possono essere quelli forniti dal Consiglio d’Europa. Nel sito http://www.coe.int/t/dg3/romatravellers/ Source/documents/stats.xls, la “Roma and Travellers Division” dello stesso Consiglio pubblica la Tabella 1, in cui è specificata la popolazione di tutti gli stati membri a luglio 2009 e, per ciascuno di essi, l’ammontare della popolazione rom locale, ammontare preso dai dati dei censimenti, quando esistono, e dalle stime, allora divise in stima minima e stima massima. Data la massima e la minima, viene calcolata la stima media e, a partire da questa, viene data la percentuale della popolazione rom sulla popolazione generale di un dato stato. Non ci interessa qui sapere come siano state calcolate le stime e chi le abbia calcolate (c’è un intenso dibattito in corso sul problema dei censimenti rom), e le prendiamo per come sono offerte. Quello che ci interessa è proprio il come sono offerte. Esse sono offerte nello stesso modo in cui ho fatto io in un volume precedente (Piasere 2004: 6-7), allora partendo da stime del 1999, e presentano lo stesso difetto, ma in modo molto più approfondito. La Tabella 1, infatti, mostra in dettaglio “quanto” i rom1 siano mi1 Tendo ad usare la parola “zingaro” quando mi riferisco ad una costruzione esterna e “rom”, o “rom e sinti”, quando mi riferisco all’auto-rappresentazione. Essendo i confini tra auto- ed etero-rappresentazione spesso sfumati, mi capiterà di usare quelle espressioni come sinonimi e in modo dialettico (e a volte ironico) quando parlo in generale. Ci sono diverse campagne,
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I rom: una maggioranza disconosciuta
noranza nei paesi membri del Consiglio d’Europa, e la misurano: senza considerare gli stati in cui apparentemente non sono presenti (Andorra, Islanda, Liechtenstein, Malta, Monaco e San Marino2), la loro presenza, calcolata sulla popolazione generale, va da un minimo dello 0,06% in Lussemburgo ad un massimo del 10,33% in Bulgaria. Quest’ultimo paese sarebbe il solo in cui viene superata la soglia del 10%: una percentuale rispettabile (così come quelle un po’ più basse di Macedonia, Slovacchia, Serbia, Romania e Ungheria), ma pur sempre percentuali “da minoranza”. E la situazione di minoranza è più che confermata dai dati delle righe finali della tabella, in cui appare che i rom rappresentano l’1,37% della popolazione totale dei paesi membri del Consiglio d’Europa e l’1,18% dell’Unione europea. La situazione di minoranza sembra lampante, eppure la frase che scrissi una decina di anni fa, poi ripresa da tanti altri, mi è sempre sembrata intrigante: “nella nuova Unione europea [allora] a venticinque stati, i rom costituiscono la minoranza più numerosa” (Piasere 2004: 125). E con l’entrata di Romania e Bulgaria questa minoranza è ancor più cresciuta. “Minoranza più numerosa” è quasi un ossimoro di per sé, ma la situazione cambia di fisionomia se ci togliamo dagli occhi la fodera di prosciutto antizingaro che continua a renderci ciechi. E la causa dell’accecamento è data non dal sottostimare il numero dei rom (c’è una rincorsa assurda in questi anni ad alzarne pressoché ogni mese il numero), ma dall’organizzazione a stati dell’Europa contemporanea. Infatti, non so se gli estensori della Tabella 1 abbiano ben capito essi stessi la situazione potenzialmente esplosiva che hanno delineato.
di rom e non rom, che invitano a non usare più il termine “zingari”; ed è giusto, viste le connotazioni che si porta dietro, anche se per ora non pare che la sostituzione con “rom” stia migliorando la situazione di implicito pregiudizio. È da notare però che, come successo in certi movimenti di afroamericani negli USA e in Brasile che oggi rivendicano l’appellativo di “negri” per marcare la loro storia di segregazione e di sofferenza, per lo stesso motivo anche qualche attivista rom insiste che si parli di “zingari”, più che di “rom”, come accennerò nel capitolo decimo. Insomma, sarà da vedere se nell’”elaborazione dell’antiziganismo”, su cui perfettamente insiste Guadagnucci (2010), il cambio di nome sarà fondamentale. Comunque, quando entrerò nello specifico delle reti di famiglie (ad esempio nel capitolo quinto), userò in modo puntuale le auto-denominazioni. 2 Gli unici paesi europei non appartenenti al Consiglio d’Europa sono la Bielorussia (indicata nella Tabella 1) e lo Stato del Vaticano (non indicato). Il Kosovo non fa parte in modo autonomo del Consiglio, ma come parte della Serbia; nella Tabella i dati di Kosovo e Serbia sono invece indicati in modo distinto.
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Introduzione Document prepared by the Council of Europe Roma and Travellers Division
(updated: 14/09/2010) Total country European Countries population (July 2009)
Official number (last census)
Minimum estimate Maximum estimate (source in footnotes) (source in footnotes)
Average estimate
% of total population (from average figure)
Turkey
71.892.807
4656 (1945)
500.000
5.000.000 2.750.000
3,83%
Romania
22.246.862
535 140
1.200.000
2.500.000 1.850.000
8,32%
Russian Federation
140.702.094
182 617 (2002)
450.000
1.200.000
825.000
0,59%
Bulgaria
7.262.675
370 908 (2001)
700.000
800.000
750.000
10,33%
46.157.822 No data available
650.000
800.000
725.000
1,57%
Hungary
9.930.915
190 046 (2001)
400.000
1.000.000
700.000
7,05%
Serbia (excl. Kosovo)
7.334.935
108.193 (2002)
400.000
800.000
600.000
8,18%
Slovak Republik
5.455.407
89.920 (2001)
400.000
600.000
500.000
9,17%
France
64.057.790 No data available
300.000
500.000
400.000
0,62%
Greece
10.722.816 No data available
180.000
350.000
265.000
2,47%
47.917 (2001)
120.000
400.000
260.000
0,57%
60.943.912 No data available
150.000
300.000
225.000
0,37%
Spain
Ukraine United Kingdom
45.994.287
Czech Republik
10.220.911
11.718 (2001)
150.000
250.000
200.000
1,96%
The former Yugoslav Republic of Macedonia
2.061.315
53.879 (2002)
135.500
260.000
197.750
9,59%
59.619.290 No data available
110.000
170.000
140.000
0,23%
Italy Albania
3.619.778
1261 (2001)
80.000
150.000
115.000
3,18%
Moldova
4.324.450
12 280 (2004)
15.000
200.000
107.500
2,49%
Germany
82.400.996 No data available
70.000
140.000
105.000
0,13%
Portugal
10.676.910 No data available
40.000
70.000
55.000
0,52%
4.590.310
8.864 (1991)
40.000
60.000
50.000
1,09%
Sweden
9.276.509 No data available
35.000
50.000
42.500
0,46%
Belarus
9.685.768 No data available
10.000
70.000
40.000
0,41%
the Netherlands
16.645.313 No data available
32.000
48.000
40.000
0.24%
Bosnia and Herzeg.
“Kosovo”
2.542.711
45.745 (1991)
25.000
50.000
37.500
1,47%
Poland
38.500.696
12.731 (2002)
15.000
60.000
37.500
0,10%
Ireland
4.156.119
22.435 (2006)
32.000
43.000
37.500
0,90%
Tabella 1– La popolazione rom nei Paesi del Consiglio d’Europa 12
I rom: una maggioranza disconosciuta Document prepared by the Council of Europe Roma and Travellers Division
Croatia
9.463 (2001)
30.000
40.000
35.000
0,78%
Switzerland
7.581.520 No data available
25.000
35.000
30.000
0,40%
Belgium
10.414.336 No data available
20.000
40.000
30.000
0,29%
Austria
8.205.533 No data available
20.000
30.000
25.000
0,30%
15.000
25.000
20.000
2,95%
Montenegro European Countries (updated : 03/08/2009)
Latvia
4.491.543
678.177 Total country population
Official number (last census)
Minimum estimate Maximum estimate (source in footnotes) (source in footnotes)
Average estimate
% of total population (from average figure)
8.205 (2000)
13.000
16.000
14.500
0,65%
Finland
5.244.749 No data available
10.000
12.000
11.000
0,21%
Norway
4.644.457 No data available
4.500
15.700
10.100
0,22%
3.246 (2002)
7.000
10.000
8.500
0,42%
Denmark
5.484.723 No data available
1.000
10.000
5.500
0,10%
Lithuania
3.565.205
2.571 (2001)
2.000
4.000
3.000
0,08%
Georgia
4.603.841
1.744 (1989)
2.000
2.500
2.250
0,05%
Azerbaijan
8.177.717 No data available
2.000
2.000
2.000
0,02%
Armenia
2.968.586 No data available
2.000
2.000
2.000
0,07%
Slovenia
2.245.423
2.806 (2003)
2.007.711
Cyprus
792.604
560 (1960)
1.000
1.500
1.250
0,16%
Estonia
1.307.605
584 (2009)
1.000
1.500
1.250
0,10%
Luxembourg
486.006 No data available
100
500
300
0,06%
Andorra
72.413 No data available
0
0
0
0,00%
Iceland
304.367 No data available
0
0
0
0,00%
Liechtenstein
34.498 No data available
0
0
0
0,00%
Malta
403.532 No data available
0
0
0
0,00%
Monaco
32.796 No data available
0
0
0
0,00%
San Marino
29.973 No data available
0
0
0
0,00%
6.395.100
16.118.700 11.256.900
1,36%
European Union area
4.359.100
7.456.500 5.907.800
1,18%
Council of Europe area
6.360.100
15.998.700 11.179.400
1,37%
Total in Europe
824.827.713
13
Introduzione
Propongo ora al lettore questo esperimento mentale, avvertendolo che il risultato potrebbe sconvolgerlo: Esperimento Viviamo in un momento di grave crisi economica e politica: l’Europa è in pericolo; gli stati cercano un capro espiatorio e decidono che la colpa è tutta degli zingari, di quelli che loro chiamano zingari. Nello stesso giorno, all’unisono, tutti gli stati d’Europa cacciano gli zingari che vivono entro i loro confini. Invece di cambiare continente, gli zingari decidono di radunarsi tutti in un’unica regione, facendosi a loro volta largo a spallate, cacciando i non zingari locali e costruendosi un’entità politica che per comodità chiamiamo stato. Andati a dormire il giorno della cacciata, ci svegliamo il giorno dopo in un’Europa in cui vi è uno stato in più, mostruoso, dell’ordine dell’impensabile: uno stato zingaro! A quel punto i rom come minoranza scompaiono di colpo! Non solo non sono una minoranza, ma sono una maggioranza importante: si trovano al dodicesimo posto, sui quarantasette stati del Consiglio d’Europa, per numero di abitanti! La Tabella 2 mostra la situazione di questa Europa con uno stato rom “sperimentale” ed è così costruita: nella terza colonna compare la popolazione di ogni stato come indicato nella Tabella 1; nella seconda colonna compare la popolazione di ogni stato senza la sua popolazione rom che ha cacciato (è stata considerata la stima media della Tabella 1); in questa stessa colonna appare ROM, il “nuovo stato”. Come si vede, ROM è uno degli stati più popolosi d’Europa, posizionato subito dopo la Romania e l’Olanda, ma prima di ben trentasei altri stati, più poposo di Portogallo, Grecia, Ungheria e così via!
L’esperimento mentale perturbante è finito: potremmo chiosare che solo un popolo trickster riesce a farsi vedere come minoranza quando è una indiscussa maggioranza, ma potremmo anche rovesciare la considerazione e constatare che solo un micidiale pregiudizio antizingaro continua a trattare da infima minoranza quella che è una vera maggioranza. Se per un momento pensiamo di togliere i confini degli stati (di cui parlo nel primo capitolo), subito i rom apparirebbero come uno delle maggiori “entità” d’Europa. Adesso capiamo perché è meglio continuare a pensarli come una decina di milioni di persone affetta da problemi sociali, se non psichiatrici, come vedremo nel corso del volume, che come una decina di milioni di persone politicamente destabilizzanti per l’assetto europeo. Le percentuali della Tabella 1 fotografano la prima delle caratteristiche strutturali della presenza rom nel mondo che avevo indicato una trentina di anni fa (Piasere 1985), cioè la loro dispersione 14
I rom: una maggioranza disconosciuta Stato
Popolazione generale: rom esclusi
Popolazione generale: rom inclusi
Federazione Russa Germania Turchia Francia Gran Bretagna Italia Ucraina Spagna Polonia Romania Olanda ROM Portogallo Grecia Belgio Repubblica Ceca Bielorussia Svezia Ungheria Austria Azerbaijan Svizzera Serbia Bulgaria Danimarca Finlandia Slovacchia Norvegia Georgia Bosnia Erzegovina Croazia Moldavia Irlanda Lituania Albania Armenia Kosovo Lettonia Slovenia Macedonia Estonia Cipro Montenegro Lussemburgo Malta Islanda Andorra Liechtenstein Monaco
137.952.094 82.295.996 69.142.807 63.657.790 60.718.912 59.479.290 45.734.287 45.432.822 39.463.196 20.396.862 16.605.313 / 10.621.910 10.457.816 10.384.336 10.020.911 9.645.768 9.234.009 9.230.915 8.180.533 8.175.717 7.551.520 6.734.935 6.512.675 5.479.223 5.233.749 4.955.407 4.634.357 4.628.591 4.540.310 4.456.543 4.216.950 4.118.619 3.562.205 3.504.778 2.966.586 2.505. 211 2.230.923 1.999.211 1.863.565 1.306.355 791.354 658.177 485.706 403.532 304.367 72.413 34.498 32.796
140.702.094 82.400.996 71.892.807 64.057.790 60.943.912 59.619.290 45.994.287 46.157.822 39.500.696 22.246.862 16.645.313 11.256.900 10.676.910 10.722.816 10.414.336 10.220.911 9.685.768 9.276.509 9.930.915 8.205.533 8.177.717 7.581.520 7.334.935 7.262.675 5.484.723 5.244.749 5.455.407 4.644.457 4.630.841 4.590.310 4.491.543 4.324.450 4.156.119 3.565.205 3.619.778 2.968.586 2.542.711 2.245.423 2.007.711 2.061.315 1.307.605 792.604 678.177 486.006 idem idem idem idem idem
Tabella 2 – La popolazione “deziganizzata” dei Paesi del Consiglio d’Europa e lo “sperimentale” Stato rom (Rielaborazione a partire dalla Tabella 1).
Introduzione
in mezzo ai gagé, i non rom. Da questo punto di vista, essi sono i “più europei” di tutti; presenti ovunque eccetto che nei micro-stati, hanno praticato una sorta di mobilità Erasmus molto prima che i burocrati di Bruxelles la inventassero per favorire la panmixia dei giovani europei. Essi sono i veri rappresentanti da emulare dell’integrazione europea, col loro esempio che va ben al di là dell’Europa delle nazioni, ovviamente, ma anche al di là dell’Europa delle regioni proposta da alcuni. L’incertezza delle stime mostra a sua volta la seconda caratteristica strutturale: l’immersione in mezzo ai gagé, immersione che spesso li mimetizza e li “gagizza”, tanto che, come scritto da tanti antropologi, definire sempre e dovunque i rom come “minoranza etnica” è alquanto problematico. Ma il modo in cui la tabella è costruita indica la terza caratteristica strutturale, evidenziata recentemente da Patrick Williams (2011), e cioè che la presenza rom è ovunque pensata come illegittima dagli altri abitanti di una data regione. Questo pregiudizio di illegittimità (anche quando i rom sono cittadini dello stato, anche se vi sono presenti da secoli, anche se parlano, a volte esclusivamente, la lingua del posto e praticano la religione del posto…) li fa sempre vedere o come stranieri o, dalle politiche più multiculturali, come minoranza da tutelare: mai come una delle maggioranze europee. Ed è inconcepibile che una maggioranza preferisca la dispersione alla concentrazione: un tratto che gli antropologi dei rom da tempo sottolineano (v. ad esempio Kaprow 1978). Ed ecco un altro motivo per cui è pensabile solo come minoranza. Lorenzo Guadagnucci ha scritto che “ciò che oggi condanna i rom è la mancata elaborazione storica, culturale, sociale dell’antiziganismo” (2010: 72), cogliendo una causa fondamentale di quanto sta avvenendo in Italia e in Europa, ed è questa mancata elaborazione che continua a trattare i rom come oggetti da eliminare o da tutelare invece che come soggetti politici. Quando, il 3 maggio 2012, durante un incontro seminariale tenutosi al Ministero degli Esteri e organizzato dal Comitato Interministeriale per i Diritti Umani3, Santino Spinelli illustrava l’idea, maturata in ambienti politici rom, che venissero eletti al Parlamento europeo 27 rom, uno per paese membro, ci fu un politico al tavolo che espresse le sue perplessità rispondendo di essere contrario ai “partiti 3 È in quella stessa occasione che ho illustrato per la prima volta la realtà della “maggioranza rom” in Europa.
16
I rom: una maggioranza disconosciuta
etnici”. Ma risposte di questo tipo sono ipocrite, per due motivi: 1) l’attuale suddivisione dei seggi è di fatto “etnica”, ma allora chiamata “nazionale”, visto che è calcolata sul numero di abitanti di ciascuno stato. La richiesta di Spinelli e degli altri politici rom è invece assolutamente pertinente, visto che in base agli stessi criteri oggi in vigore, se il nostro “stato ROM” si fosse costituito entro i confini dell’Unione europea, gli spetterebbero dai 22 ai 26 seggi (e comunque 13 seggi se si contasse solo la popolazione rom della Tabella 1 oggi presente entro i suoi confini). Solo una democrazia che indirizza le sue preferenze in direzione fortemente antizingara può accettare tranquillamente che tanti milioni di persone siano rappresentate da una solo deputata rom, come avviene oggi, e siano quindi pressoché non rappresentati; 2) ai “partiti etnici” si fa riferimento quando si pensa alle minoranze, non alle maggioranze, e si dà per scontato che possano rappresentare solo interessi di sparuti gruppi “etnici” concentrati regionalmente, appunto. Ma undici milioni di persone disperse non possono avere tutte gli stessi interessi socio-economici da portare avanti, e infatti anche in Italia troviamo rom e sinti che votano per partiti di tutti gli orientamenti (Lega Nord compresa, il partito che, con i neo-nazisti, è il più ferocemente antizingaro del panorama nazionale), così come rom e sinti che disertano le urne, e rom e sinti (pochissimi) che nel corso degli ultimi trent’anni si sono candidati (e qualche volta sono stati eletti) in liste di ogni orientamento politico, di Sinistra e di Destra, passando per i Verdi, per il Centro, e anche per liste di movimenti antiomofobia e antitransgenderismo. Quindi è fuori di dubbio che una eventuale rappresentanza rom al Parlamento europeo si dividerebbe fra i diversi gruppi parlamentari allo stesso modo di quanto avviene per le altre rappresentanze nazionali. Eppure, il pregiudizio antizingaro irriflesso è capace di convincere persone insospettabili che sia opportuno proporre leggi etniche “sui rom”, cioè che interesserebbero/colpirebbero solo i rom e tutti i rom di un dato stato, e che, con un riduzionismo amplificato, omologherebbero l’eterogenea totalità alle condizioni degli strati più in vista solo perché più miserevoli. Nel capitolo settimo porto un esempio di quello che successe in un caso simile: la scolarizzazione dei “nomadi” in Italia non fu regolata da una legge nazionale, ma gli effetti furono simili. Dal momento che i rom sono sempre stati visti solo come minoranza, a volte infima minoranza, si è sempre dato per scontato che fossero caratterizzati da una condizione, non da una molteplicità di 17
Introduzione
condizioni. E il caso del nomadismo ci capita a pennello. Nei decenni scorsi, quando la mobilità territoriale di tante famiglie era più evidente, tutti gli zingari erano pensati come nomadi, e se non lo erano geograficamente, dovevano esserlo psicologicamente, nella loro anima… Quell’ideologia, espressa dall’equivalenza diffusa nel senso comune italiano, e non solo, dello zingaro = nomade, è passata anche nei discorsi di tanti politici rom, e non è un caso che nella bandiera della Romani Union, la più nota delle organizzazioni transnazionali, vi compaia una grande ruota come simbolo del movimento. La bandiera fu proposta una quarantina di anni fa quando la stragrande maggioranza dei rom d’Europa era già ampiamente sedentaria. Quello che è più importante, però, è che quell’equivalenza è usata oggi in Italia come alibi per creare campi di segregazione, i famosi “campi nomadi”, cioè quei campi squallidi o quei campi di rieducazione super-controllati in cui vengono stipate migliaia e migliaia di persone, soprattutto neo-immigrate: sono una sorta di CIE riservati ai “nomadi”. Il “Piano Nomadi” della giunta Alemanno costituisce l’apogeo di tale alibi razzista: la descrizione della sua attuazione che ne dà Carlo Stasolla (2012), a cui rimando, è raccapricciante per chi abbia elaborato un minimo di generale antirazzismo, se non proprio e nello specifico di antiziganismo. Oggi, realizzato che i nomadi sono pochi, a volte pochissimi, e che i campi nomadi sono l’esaltazione della nostra politica di apartheid, si è avviato un meccanismo reattivo di pensiero altrettanto pericoloso, secondo il quale i rom e i sinti non sono mai nomadi e, se lo sono, lo sono solo “per forza”, cioè perché cacciati dai gagé da una parte all’altra. Questa narrativa che si sta imponendo è tanto discriminatoria quanto la precedente: è vero che tante famiglie attuano un nomadismo coatto, ma è anche vero che tante famiglie sono condannate ad una sedentarietà coatta e che, se potessero, praticherebbero una mobilità intensa. La verità storica è che, ovunque in Europa, la storia degli stati è stata una storia contro il nomadismo zingaro, spesso confuso con il vagabondaggio: come avrò modo di accennare nel capitolo quarto, uno degli obiettivi che portò nel 1814 all’istituzione della stessa arma dei Carabinieri, fu proprio la lotta al vagabondaggio, per cui si potrebbe dire che certi corpi dello stato hanno nel loro DNA la lotta al nomadismo zingaro. Ecco un altro motivo per cui un’entità politica ROM è dell’ordine dell’impensabile fra i gagé. La 18
I rom: una maggioranza disconosciuta
narrativa anti-nomadismo di oggi, particolarmente pugnace in Italia, nasconde il fatto che negli ultimi cinquant’anni nel nostro paese c’è stata una massiccia sedentarizzazione forzata di massa, che ha colpito soprattutto i sinti. E tale sedentarizzazione coatta non è stata attuata tramite leggi nazionali speciali, come è avvenuto per i rom in Italia meridionale alla fine dell’Ottocento (Pontrandolfo 2010), ma tramite dispositivi amministrativi locali attuati essenzialmente dai Comuni attraverso le politiche congiunte dei campi nomadi e degli allontanamenti, come dico altrove (Piasere 1991, 1999) e come ritorno qui nel capitolo quinto. Ho voluto pubblicare oggi il testo di tale capitolo, un rapporto inedito di quasi trent’anni fa, per ricordare quanto fosse ancora praticata la mobilità sul territorio dalle reti familiari dei sinti e dei rom dell’Italia settentrionale ancora a cavallo degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, nel momento del passaggio alla situazione attuale. Io credo, quindi, che la realtà del nomadismo non debba essere disconosciuta, ma che debba diventare un punto di discussione anche per gli attivisti rom, i quali dovrebbero mettere nell’agenda politica la salvaguardia delle loro minoranza interna: quelle famiglie che vogliono restare nomadi, e che oggi rischiano di ritrovarsi contro, oltre allo stato dei gagé, anche la disattenzione, se non il fastidio, degli stessi politici rom. Che l’antiziganismo di stato, cioè dello stato-nazione tradizionale pensato come mono-culturale, sia uno degli antiziganismi da combattere, lo dimostra il fatto che spesso negli ultimi anni gli organismi europei sovranazionali si sono schierati contro singoli stati per il loro trattamento dei rom. Le prese di posizione arrivate da più parti, Parlamento europeo compreso, contro l’Italia di Berlusconi o contro la Francia di Sarkozy sono famose. Ma non si tratta di personalismi isolati. È dei giorni in cui scrivo queste righe (maggio 2012) la notizia che la Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati ha votato a maggioranza un emendamento alla legge di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie per riconoscere lo status di minoranze linguistiche ai cittadini italiani sinti e rom. Anche in questo caso, il governo italiano (il governo Monti), attraverso il Ministero che forse più lo rappresenta nei suoi rapporti con rom e sinti, quello dell’Interno, non ha perso l’occasione di farsi notare, esprimendo il suo parere contrario! Certo che gli stati nazionali possono includere i rom con una cittadinanza piena, ma devono cominciare a dimostrarlo! 19
Introduzione
In questo volume mi preme sottolineare che esistono tante forme di antiziganismo, tanti scenari che mostrano come sia un fenomeno interculturale, intergenerazionale, interpartitico, inter…tutto; mi preme sottolineare, come asserisco nell’ultimo capitolo, che l’antiziganismo dei razzisti dichiarati è certo pericoloso e da combattere perché direttamente violento, che l’antiziganismo dei populisti è altrettanto pericoloso perché nasconde la violenza che infligge, ma che ben più subdolo può essere l’antiziganismo dei democratici che, analogamente a quanto affermava Sartre (1960) parlando di ebrei e di antisemitismo, nasconde sotto un umanitarismo universalista, sotto un amore per l’Uomo, un odio sincero verso “gli” uomini, nel nostro caso verso rom e sinti. Prima, parole Prima di averle scritte, tante parti di questo volume sono state esposte in forma orale in convegni, incontri, conferenze, lezioni. Il “Seminario avanzato di studi rom” tenutosi all’Università di Verona nel 2006 fu interamente dedicato al tema dell’antiziganismo, e intensi furono gli incontri, così come importanti furono i risultati a cui poterono raggiungere i diversi studiosi che in varia misura vi parteciparono (v. fra gli altri Rizzin 2006, Illuzzi 2008, Tosi Cambini 2008 e 2012, Sigona 2009b, Fassanelli 2011): molte mie riflessioni le devo a quel dibattito. Il capitolo primo è stato oggetto di più parole che si sono stratificate negli anni: dapprima nelle mie lezioni di Antropologia politica all’Università di Verona nel 2007, poi in una conferenza a Bussolengo (VR) nello stesso anno, quindi ad incontri organizzati presso le rispettive Facoltà di Giurisprudenza da Alessandro Simoni a Firenze e da Laura Calafà a Verona. Anche a partire da quelle riflessioni sui confini, Laura Calafà (2009) ha sviluppato in modo interessante un suo studio sul contratto di lavoro agli stranieri. L’ultima versione è stata infine presentata al ciclo di conferenze su “Europa. Radici – Confini – Prospettive” tenutosi all’Università di Verona nel 2009-10, poi pubblicate negli Atti di quel ciclo4. Il secondo capitolo è la versione inedita di un intervento tenuto nel 2002 ad una sessione dell’“Euroforum”, coordinata da Vincenzo Varano a Firenze. Il 4 Si veda P. Agostini e G. Canteri (a cura di), Europa. Radici – Confini – Prospettive, Casa Editrice Mazziana, Verona, 2010.
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terzo capitolo riporta il contenuto di una conferenza organizzata dal “Gruppo per il pluralismo e il dialogo” di Verona nel gennaio 2009; l’incontro avrebbe dovuto tenersi in una sala della parrocchia di San Nicolò all’Arena della città scaligera ma, risultando la sala troppo piccola per il numero di persone convenute, fummo dirottati nella chiesa stessa di S. Nicolò: dal pulpito tenni così la mia prima predica… Essa fu registrata e poi sbobinata da Fiorenza Lonardi, che ancora ringrazio per il coraggio e la pazienza; il testo che qui presento è una versione modificata e completata del testo a stampa poi apparso nel volume che raccolse quel ciclo di conferenze5. I capitoli sesto, settimo e decimo furono dapprima delle relazioni presentate in convegni internazionali tenutisi a Parigi e a Pau nel 2005 e nel 20116, poi pubblicate con modifiche varie in riviste varie7. Solo i rimanenti capitoli furono progettati direttamente per essere scritti. Mi fa piacere che il breve testo del capitolo quarto, apparso in uno dei primi libri che riflettevano criticamente sulla situazione di sinti e rom nelle città italiane8, sia ancora preso come il punto di partenza per riflessioni sulle condizioni di “non cittadini” che essi continuano a vivere nel nostro paese (v. ad esempio Mantovan 2012). Le Presentazioni fatte a due libri di cui avevo diretto la ricerca9 costituiscono la base su cui è stato redatto il capitolo ottavo, il quale è stato in alcuni punti aggiornato e ampliato, mentre il capitolo nono è dapprima apparso come recensione a due volumi di Mariella Mehr10. Il capitolo quinto, come dicevo e come spiegherò meglio a suo tempo, è il testo di un rapporto inedito chiestomi nel 1984 da Jean-Pierre Liégeois, direttore dell’oggi scomparso Centre de recherches tsiganes dell’Université de Paris V, il quale già più di quarant’anni fa aveva denunciato la deriva che stava prendendo il rapporto tra zingari e poteri pubblici in Europa occidentale (Liégeois 1980). Prima riflessione Si veda M. dal Corso (a cura di), Quando il “diverso” genera paura e rifiuto. Lettura antropologica, politica e biblica, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini), 2010. 6 Organizzati rispettivamente da Caterina Pasqualino e Paloma Gay y Blasco presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, da Catherine Coquio e Jean-Luc Poueyto presso l’Université Paris 8 Vincennes-St. Denis e presso l’Université de Pau et des Pays de l’Adour. Ritornerò nel capitolo sesto sulle vicende posteriori di quel testo. 7 Si vedano le riviste Achab, n. 8, 2006; Antropologia e teatro, n. 3, 2012; Diversité, vol. 168, 2012. 8 Si veda P. Brunello (a cura di), L’urbanistica del disprezzo. Campi rom e società italiana, Manifestolibri, Roma, 1996. 9 Si vedano Tosi Cambini (2008) e Saletti Salza (2010b). 10 Si veda L’Indice dei libri del mese, vol. XXIV, n. 3, 2007. 5
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Introduzione
critica sui campi che si era cominciato a costruire in Italia, quel testo mostra come fin dagli anni settanta la democrazia antizingara si era incamminata verso politiche segregazioniste di cui i “Piani Nomadi” e le “Emergenze Nomadi” dei nostri anni rappresentano solo il lato populista del suo sviluppo. Un ringraziamento, allora, a tutti coloro che hanno contribuito, spinto, invogliato alle stesure orali-scritte delle riflessioni presenti in queste pagine.
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