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ASTRATTISTI DALLE 20 REGIONI ITALIANE 2 - 16 novembre 2019
PALAZZO OPESSO Via San Giorgio, 3 - Chieri
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GALLERIA CIVICA PALAZZO OPESSO - CHIERI 2 - 16 novembre 2019
ASTRATTISSIMA 2019 II Edizione
Presenterà la mostra il critico Giovanni Cordero
Centro Culturale ARIELE 3
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Alessandro Sicchiero, Sindaco di Chieri «L’astratto- affermava Fernando Pessoa- è sempre stato per me più impressionante che il concreto». Ed è dunque con piacere che la Città di Chieri, per la prima volta, ospita «Astrattissima», la mostra promossa dal Centro Culturale Ariele, che dal 2 al 16 novembre 2019 presenta a Palazzo Opesso una selezione di opere realizzate da artisti attivi in diverse Regioni italiane. «Astrattissima» non è solo un omaggio, da parte di artisti del nostro tempo, ad un movimento che nel primo decennio del Novecento ha rappresentato una cesura rivoluzionaria rispetto alle precedenti correnti arti-
Antonella Giordano, Assessore alla Cultura Città di Chieri stiche. Siamo, infatti, di fronte a dipinti e sculture che rappresentano il meglio del neo-astrattismo italiano, e che dimostrano la vitalità e l’attualità di quella che non è una scuola ma un modo di pensare l’arte e il suo rapporto con la realtà. Rappresenta dunque un’importante vetrina sull’arte astratta contemporanea, attraverso la quale anche Chieri diventa protagonista a pieno titolo di quello che è diventato il “mese dell’arte contemporanea internazionale”, che vede la città di Torino e il territorio al centro di numerose iniziative di grandissimo interesse.
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CHIERI
Foto di Matteo Maso
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2019
Seconda edizione Palazzo Opesso Via San Giorgio,3 CHIERI La mostra è curata da Enzo Briscese e Giovanna Arancio e presentata dal critico Giovanni Cordero. Astrattissima 2019 rappresenta un importante appuntamento che richiama selezionati artisti astrattisti da tutte le regioni italiane; in particolare, quest’anno, saremo lieti di ospitare diversi rinomati pittori piemontesi e avremo modo di offrire una ricca e articolata rassegna espositiva. Astrattissima 2019 , promossa dal Centro Culturale Ariele, è giunta alla sua seconda edizione, e ci auguriamo di ripetere il successo di critica e di pubblico riscossi durante la prima edizione del 2017 presso l’ Ecomuseo Urbano di via San Gaetano da Thiene, 6 di Torino. L’esposizione, che verrà inaugurata il 2 novembre alle ore 18,30 e sarà visitabile fino al 16 novembre prossimo, avrà luogo in via San Giorgio, 3 a Chieri. Negli anni settanta del Novecento Chieri aveva ospitato una mostra di prestigio con la partecipazione di grandi maestri piemontesi ( Billetto, Mantovani, Aimone, Surbone,..) dimostrando già fin d’allora una sensibilità peculiare verso il mondo dell’arte che ora ritroviamo nella sua accogliente disponibilità. “Le arti sono sempre state importanti per la salute di una nazione, ma non lo abbiamo ancora capito. (James Earl Jones) In questa mostra intendiamo affrontare il complesso movimento astratto nella sua pluralità a partire da un nuovo punto di vista: all’oggi è interessante soffermarsi a riflettere sui cambiamenti e sulle contaminazioni che hanno subito gli Astrattismi nel corso del tempo e definire i punti di contatto che li collegano alla loro “narrazione storica”. Con la svolta del nuovo millennio il panorama artistico in cui viviamo ha subito non poche modifiche. Nell’ultimo dopoguerra era in atto il conflitto tra astrattisti geometrici e astrattisti informali, fra sostenitori della pittura e speri-
mentatori di tecniche non tradizionali. L’universo astratto era una lucida utopia. Da allora si sono succedute diverse generazioni, ciascuna delle quali ha contribuito con il proprio tassello fino ad arrivare alla situazione attuale. Dopo l’avvento della decisa rottura con il figurativo, nel nuovo millennio sono avvenuti ulteriori cambiamenti. Si è ricucita una sorta di cerniera tra cubismo e arte astratta, la figurazione ha iniziato a virare verso una diafana evocazione e una peculiare riduzione segnica mentre deflagrava l’informale. Attualmente, però, lo scenario astratto è consolidato, fondamentale e stimolante, nel senso che guardiamo ad esso come ad un mondo ormai “classico”, la cui vena italiana è ricca di lirismo, di plasticità, di ricerca armonica, e, non ultimo, di una propria coerenza consapevole. In sintesi si fa riferimento a un’area astratta come “scuola italiana”: si può pertanto parlare di fertilità perché le generazioni del presente ne captano quel senso profondo, con cui riescono a tradurre l’indicibile, che permette loro vitali viaggi dell’animo. Quando, verso la fine del Novecento, si è data nuova accoglienza all’immagine la si è lasciata fluttuare nell’allusivo dove i significati appartengono al mondo del possibile e si rivolgono al pensiero intuitivo: era vivo il bisogno di ricollegarsi alla realtà, di apportare una testimonianza, un racconto che giungesse a un pubblico più vasto. Ciò ha cresciuto la tensione per l’impossibilità, nei tempi più recenti, di un lavoro culturale di presa diretta sul mondo. Il presente viene vissuto come un momento di sosta, non temporale, ma come un momento di riflessione per un dialogo che coinvolga l’opera creativa, gli artisti, e la realtà nella quale viviamo. E in questa atmosfera di ponderata positività anche il giovane contesto astratto “ abita”. Giovanna Arancio
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ARTISTI PARTECIPANTI seconda edizione 2019
Nino Aimone Vittoria Arena Enzo Briscese Gianni Castelli Claudio Cavalieri Anna Cervellera Carlo Febbo Giovanni Ferroglia Silvia Finetti Giuseppe Greca Angela Giuffrej Angelo Maggia Enrica Maravalle Franco Margari Santo Nania Giorgio Ramella Mariuccia Roccotelli Mario Surbone Antonio Tramontano
Salvatore Alessi Alfredo Billetto Franco Cappelli Maurizio Catellani Giuliano Censini Daniele dell’Uomo Aldo Pietro Ferrari Giuseppe Formuso Nicole Grammi Gabriele Ieronimo Miriam Levi Pino Mantovani Erica Marki Sarka Mrazovà Francesco Preverino Pino Richiusa Renzo Sbolci Michele Roccotelli Italo Zopolo 9
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NINO AIMONE
- (..) È nei disegni che si rende specialmente evidente una delle qualità più tipiche del l’invenzione di Nino, l’ironia. Che consiste nella capacità di “ interrogare “ e quindi smontare e rimontare a prova i meccanismi della realtà (segnalo, ad esempio, i disegni di animali morti e vivi che attraversano tutta la produzione) e della realtà in immagine ( segnalo l’uso anomalo del modello cubista), specialmente quando si applica al tema del teschio, o quando illustra storie di aggregazione e disgregazione ( allora mi sovviene lo scrittore Calvino, che dedicò a Nino una bella pagina, più di qualsiasi pittore), i meccanismi dell ‘immagine colta nella sua concretezza di struttura, non raramente rimescolando i diversi piani della realtà: la realtà fenomenica, la realtà concettuale, la realtà del linguaggio. È proprio nel disegno che l’esigenza di risolvere ogni parte e di capire ogni nesso raggiungono il massimo della chiarezza, della imtensità e perchè no? Del divertimento. Al di fuori dei generi, si può che Aimone, è prima di tutto un disegnatore. Non è un caso che nella gran messe di disegni - diverse centinaia- accada di incontrare di grandi dimensioni, tecnicamente e concettualmente tanto complessi da far dubitare all’artista stesso se collocarli nel catalogo dei dipinti. - Scritto dallo stesso artista Nino Aimone - (..) Quando comincio un lavoro, non
ho mai in mente un’immagine compiuta, ma parto da un’idea momentanea, una sensazione, un gesto. Questo primo segno, che spesso ha una componente di aggressività o di violenza, divide lo spazio portandolo dalla superficie piatta in profondità e segnando quindi la traccia da seguire (ironica, atmosferica, tragica, etc). A questo punto si mette in moto un processo quasi automatico, un dialogo istintivo tra sensazioni interiori ed è citazioni da parte sia dell’immagine stessa sia del tipo di supporto e di strumento che uso Fin quando la linea scorre istintivamente, la lascio andare. Nel momento in cui si interrompe il processo naturale, interviene un ripensamento su questa prima fase. Da cui scatta un secondo percorso “automatico”, che però tiene conto di quello che avviene in precedenza, (..) La difficoltà sta nel fatto che devo unire sempre di nuovo la mia componente razionale, più mentale, con l’altra più istintiva ed emozionale. Questa apparente contraddizione tra rigore e istinto porta spesso ad un movimento centrifugo dell’immagine, ccentuato dalle diagonali e dai triangoli che evocano un certo senso di disagio ello spettatore. Questi stimoli conducono l’osservatore ad una posizione più ritica e meno passiva, lasciando gli aperta la possibilità di interpretazione. (..) - Riduzioni: G. Arancio
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SALVATORE ALESSI
Salvatore Alessi, nato a Mazzarino (CL), dove anche attualmente vive e lavora, dapprima ha conseguito la Maturità Artistica presso il Liceo Artistico di Catania e quindi la laurea in Architettura presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Ciò nonostante non ha mai tralasciato di coltivare la sua grande, innata passione, quella della pittura. Artista a tutto tondo, dunque, se si considera che anche l’Architettura fa parte di diritto delle così dette “Belle Arti” ed ha, alla base della sua filosofia, la capacità di interagire con l’ambiente ricercando bellezza, armonia ed equilibrio. Interessante, e degno perciò di essere sottolineato, il suo curriculum espositivo che, nell’arco di questi anni, lo ha visto protagonista in rassegne di livello nazionale e internazionale in tutta Italia, nelle principali capitali d’Europa e perfino negli Stati Uniti d’America. Un’espressione, quella di Salvatore Alessi, che rivela solidi agganci con le più importanti Avanguardie Storiche e, in particolare, con Cubismo, Astrattismo, Futurismo e Informale. Pittura, dunque, fatta di linee e forme, di rette verticali e orizzontali che si inseguono e si incontrano in un turbinio di luci e colori, di pieni e vuoti creando visioni e suggestioni di forte impatto visivo e scenografico. I suoi soggetti sembrano a volte richiamare frammenti architettonici, sintesi di paesaggi urbani e/o industriali, mappe e visioni aeree. Sono, ancora, costruzioni geometriche fatte di piani sovrapposti, di linee e forme che, però, non seguono mai le regole precise e rigorose dell’Astrattismo Geometrico. Salvatore Alessi, infatti, seppure affascinato dalle Avanguardie Storiche, si affranca da esse proprio per la sua straordinaria capacità di essere libero e autonomo, personale ed autentico, innovativo pur nelle sua compostezza e nel suo rigore formale. Così, molto spesso, nelle
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sue opere la linea e la costruzione geometrica sembrano di colpo interrompersi dando luogo ad una interessante ed imprevedibile metamorfosi segnica che si trasforma in riflessione cromatica di derivazione quasi informale. Allora il suo colore diventa morbido e pastoso e sugli sfondi, spesso dominati dai rossi e dai blu, si aprono improvvisi squarci di luce, fluttuanti e morbide pennellate, spontanee ed eleganti cascate cromatiche. In questi casi le sue costruzioni si vestono di leggerezza e delicate trasparenze, si fanno raffinate invenzioni della mente, richiamano assorte e magiche atmosfere. Artista indubbiamente molto motivato, Salvatore Alessi riesce a trovare e ricevere input da tutto ciò che lo circonda, da ogni minimo dettaglio, da particolari impercettibili alla comune visione. Grande osservatore, il suo occhio funziona come il grandangolo di una macchina fotografica: avvicina cose ed oggetti, annota e registra, poi interpreta, modifica e sintetizza a piacere seguendo l’istinto, la creatività, l’estro e l’emozione del momento. Un artista interessante, da seguire con attenzione, non solo perché conduce l’osservatore all’interno delle tecniche e delle tematiche proposte dalle Avanguardie Storiche, ma anche perché presenta un percorso nella e dentro la “forma” nelle sue varie modulazioni, perché riesce a far capire l’intima e profonda connessione tra le molteplici espressioni artistiche. I suoi dipinti attraggono lo spettatore per la pulizia cromatica che li contraddistinguono e per l’intelligente scomposizione spaziale capace di evidenziare l’interno e l’esterno, l’ombra e la luce, il nascosto e il visibile. In quest’espressione morbida e piacevole, fatta di luce e delicati passaggi cromatici, si avverte tutta l’intenzione dell’artista di entrare dentro le cose per scoprirne fino in fondo verità e misteri. Luciano Carini
VITTORIA ARENA
Vittoria Arena nasce a Messina nel 1962, vive e lavora a Milano. Fin dalla giovane età manifesta interesse per il disegno e la pittura. Dopo gli studi si trasferisce a Milano, dove inizia il suo iter artistico con la frequenza a corsi specifici arricchendo la sua formazione artistica. Ha partecipato a vari concorsi ottenendo premi e riconoscimenti. E’ presente costantemente con i sui dipinti in mostre collettive e personali. In lei l’amore per la pittura è sempre vivo. Questo sentimento la porta a perimentare nuove tecniche e a creare nuove forme. Ammirando i suoi quadri facilmente si rimane coinvolti nel gioco di colori dove la sua anima artistica esprime emozioni attraverso la spontaneità dell’immaginazione. La poesia è voce immediata nelle opere recenti di Vittoria Arena, se ne ode il fragore nel segno istintivo, se ne sente il pulsare nell’afflato emotivo che il colore rende sincero nel pulsare inebriante della visione. Le sue ultime sono opere che ispirano l’animo alla dolcezza e al sentimento, che esprimono una realtà interiore fortemente emozionale, ricca di colori caldi, accesi, d’ardore sincero per la vita. Quelle utilizzate da Vittoria sono cromie che bloccano lo sguardo dell’osservatore sull’infinito, creando una catarsi emotiva di sensazioni forti ed immediate. Sono opere che si nutrono di scambio fra materiale e immateriale ove l’uno esalta l’altro. Quella di Vittoria
Arena mi appare pittura moderna, attuale, ispirata dal profondo sentimento di esplorazione interiore che è proprio di questa talentuosa autrice. Ella esprime con queste sue opere una voce lirica e raggiante, non da sentire ma da respirare a pieni polmoni per ritrovarci un sogno ché speranza, ove materia è vita nel suo fluire fra realtà e mistero. Un tuffo sentito nel colore per condurci nel solco profondo del reale valore delle cose semplici come può essere un paesaggio, una veduta radiosa, che appaga lo spirito per renderci liberi, forse migliori di un attimo prima, certamente più autenticamente vivi grazie a quel soffio di speranza che viene dal cuore, forse forte di un attimo che io credo possa essere semplicemente uno slancio d’amore. L’artista, calibrando bene il suo percorso, è giunta ad una sintesi di estrema efficacia e riconoscibilitâ: oggi afferma un’alveo figurativo essenziale. Il suo attuale procedere é finalizzato ad indurre l’osservatore una visione emozionale con l’utilizzo di tracce essenzialmente ma bastevoli. In questo incidere artistico quasi mistico, ognuno potrà trovare i propri riferimenti e cuciture culturali se non personali al di là del pensiero specifico e soggettivo dell’autore. Le opere assumono valore di principio universale, come l’amore paterni e materno, il rispetto per la natura.
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ALFREDO BILLETTO
Sono nato nel 1932 a Torino, dove prevalentemente vivo e lavoro. Dopo l’Accademia Libera di Belle Arti nell’immediato dopoguerra (vi insegnavano, fra gli altri, Domenico Buratti, Carlo Terzolo, Mario Giansone, Armando Testa), la mia formazione si compie frequentando gli studi di Cesare Maggi, e Felice Casorati. Ho soggiornato per lunghi periodi all’estero , in Spagna Olanda Africa e in Francia dove tuttora mi reco spesso. In tutti i paesi toccati mi sono inserito culturalmente con il mio lavoro. In una delle ultime personali, il sottotitolo concordato con i presentatori Marco Rosci e Pino Mantovani recita:” L’ordine del sensibile, una proposta classica nella tradizione dell’avanguardia”. In effetti, sono queste le caratteristiche del mio impegno, che si sviluppa sulle basi delle avanguardie storiche del ‘900, in particolare Cubismo ed Espressionismo, elaborate
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nella direzione di un costante interesse per le forme limpide e ben strutturate. Nella mia pittura, la memoria del visibile si risolve in una meditata sintesi di spazioluce-colore. Se già nel ‘65 Mario De Micheli scriveva: ”Billetto rifiuta l’ambiguità, rifiuta l’approssimazione”, è però vero che non mi isolo ma vivo intensamente l’attuale stagione, traendone occasione per riflettere, “oggi e con le forme di oggi“ sulla mia profonda, connaturata esigenza di chiarezza, di lucidità formale ed etica, riuscendo senza contraddizione così a raccontare (sul filo di un dichiarato impegno civile), come a elaborare complesse composizioni “musicali”. Parte non minore della mia attività, la grafica e la scultura: modi diversi di occupare ritmicamente lo spazio, di disegnarne infinite variazioni e vibrazioni.
ENZO BRISCESE
Affiorano lacerti della memoria, nella pittura di Enzo Briscese. Affiorano, innanzitutto, la figura e la storia. E, di conseguenza, affiorano i miti e la filosofia, attraverso la rappresentazione figurativa della persona. E poi emergono, anche, codici numerici: assegnati a un immaginario fantastico (di forte potenza evocatrice in senso archetipale) e a progressioni algebriche che appaiono, in alcune circostanze, del tutto casuali - tuttavia, pur sempre, armoniche - e in altre situazioni rispondono, invece, a un calcolo preciso, sembra quasi desiderato, certamente ricercato, da parte dell’artista, il quale è come se avesse tutto prefissato dentro di se, nel suo immaginario e nel suo inconscio. Insomma, è come se le sequenze geometriche dei cerchi, dei triangoli e dei rettangoli- che l’artista crea sul pianoprospettico dell’opera – rispondano a un preciso apparato geroglifico, tutto suo, che racconta: sia la complessità del pensiero razionale e sia l’insostenibile leggerezza dell’individuo, attento a voler manifestare la sua fantasia e la sua immaginazione. E poi compaiono, pure, nei dipinti
di Enzo Briscese: segni e simboli che sono descrittivi, in qualche misura, dello spazio sociale e relazionale, abitato dall’individuo contemporaneo. Da altri dipinti emerge, per di più, un urlo. È l’urlo di un individuo che pone come epicentro, ideale, della sua condanna sociale, la ruvidezza del nostro tempo. Un tempo che conosce solo l’inquieta complessità del vivere quotidiano; dentro spazi architettonici che sono chiusi, a filo di refe, in una dimensione urbana che stringe, che soffoca e che opprime. Una realtà, insomma, che è comunque da condannare e da mettere da parte, ricorrendo al sistema dell’immaginario fantastico: a tratti, ludico, giocoso e disimpegnato e a tratti, invece, serio, greve, misurato e continente. La forza visionaria di Enzo Briscese sta in tutto questo. Sta nella sua capacitàdi mettere insieme la figura e l’espressione astratta di un’idea. E poi, anche, nella sua abilità di far convergere la forma in un “tutto armonico” dove c’è spazio per il segno, per la linea e per il colore. Rino Cardone
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FRANCO CAPPELLI
Viene il dubbio, in questa ulteriore scelta di Franco Cappelli, se è l’autore dei dipinti, Cappelli stesso- magari innamorato della storia di un architetto che ha profondamente segnato l’architettura del ‘900- a voler rendere omaggio a tanto personaggio, o se è Frank Lloyd Wright che con il suo stile e con il suo “segno” ha suggestionato Franco Cappelli e da qui questo originale “omaggio”. Forse le due eventualità coincidono. Tanto per uscire dal dubbio, mi azzardo ad affermare che vedrei difficile la scelta di omaggiare altri grandi del settore come, come ad esempio, un Antoni Gaudì. Ecco allora che Cappelli trova la sua massima realizzazione nel “giocare” con i segni di Frank Lloyd Wright. Con le sue linee che delimitano spazi, con i colori che creano emozioni, come “emozioni”devono aver vissuto i primi seguaci dell’architetto, se è vero che le sue linee orizzontale e verticali, avevano disegnato nuovi spazi abitativi, delimitanti, è vero, “fughe” verso tradizionali “evasioni”, ma aperte a spazi godibili sull’abitat dove erano realizzate. Era entrato nel vissuto popolare l’Architetto dell’Arizona. Trovai strano che i miei cugini che abitano a Chicago, gente con quella cultura media americana dove tutti sanno scrivere una lettera o riempire un bollettino postale ma nulla più,
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la prima volta che li andai a trovare a South Chicago, loro che forse non erano mai stati nel centro di Chicago sotto la sky line, mi portassero a vedere la prima casa di Frank Lloyd Wright realizzata in quella città. Non brillavano di cultura i miei cugini. Forse non avevano mai camminato nella subway della città che sbuca nei vari edifici pubblici della e non avevano mai scoperto le istallazioni di arte moderna dei più grandi artisti contemporanei che punteggia la città spesso di fronte agli stessi edifici. Ma conoscevano Frank Lloiy Wright! Fu una felice sorpresa che mi è rimasta sempre in mente. Ed ora l’emozione ce la fa rivivere Franco Cappelli, che evidentemente si è ritrovato nel “segno” fondamentale, ma come sempre- era già accaduto con Carlo Scarpa- ne fa poi la sua rielaborazione ed in qualche modo lo attualizza, aggiungendone, senza stravolgere niente, le suggestioni dei nostri giorni. Un’avventura coraggiosa quella di Franco Cappelli, ma il risultato mi pare che ce ne faccia condividere a pieno la scelta fatta. testo critico Bardelli sito web mail: francocappelli@hotmail.it cell.: 349.68 49 862
GIANNI CASTELLI
L’artista Gianni Castelli esprime la propria espressione creativa attraverso un’elaborazione cromatica, accostando sapientemente il colore, per mettere in risalto l’armonia delle campiture, con la ricerca dei valori ritmici tra bilanciamento e costruzione plastica. L’intervento gestuale determina la completa realizzazione delle opere esaltando quei valori che portano alla liricità poetica. Ha da sempre collaborato con il proprio territorio orga-
nizzando eventi, proponendo attività di carattere artistico. Ha partecipato a diversi concorsi e mostre collettive e personali sul territorio italiano.
Contatti: Cell: 347-3616248 e-mail: gianni.castelli@libero.it
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MAURIZIO CATELLANI
Il suo primo arnese è lo sguardo. I passi, messi in fila uno dopo l’altro lungo il letto del fiume, la sua dichiarazione d’intenti: scoprire, lasciarsi invadere dalla delicata potenza della natura nel suo lento divenire. Affida l’ispirazione al creato, Maurizio Catellani: raccoglie sottovoce i segni nascosti che la terra ha plasmato e dà loro una voce. È il suono di linee perfette che aspetta solo di essere udito, quello che lui rintraccia: il colore di forme modulate dai secoli, l’accenno di storie infinite e mai finite. “Madre natura fa la metà del lavoro” – dice con reverenziale rispetto. Lui prende in carico il compimento del progetto, mettendo insieme i legni, la pietra e il ferro, scarto dell’opera dell’uomo, e consegnando a quell’abbraccio di materia le proprie emozioni. Lo fa da oltre cinquant’anni, con la cura di chi custodisce un messaggio prezioso e si fa portavoce di una verità superiore.
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Ha dato vita a centinaia di opere, ma di ciascuna ricorda la forma primordiale e il percorso che l’ha condotto ad essa. Il senso di responsabilità e il compiacimento del distacco. Come fossero figlie, o pezzi di cuore. Noi, chiamati ad abbandonarci a quello sguardo, nell’osservare le sue sculture diamo continuità a un connubio d’incanto. Quello fra uomo e natura.
CLAUDIO CAVALIERI
Claudio Cavalieri è nato a Trento nel 1950, dove vive e lavora, consegue la maturità all’Istituto d’arte di Trento. Ha insegnato per 35 anni’ Ed Artistica . Ha iniziato a esporre dal 1970 che frequenta ancora l’Istituto d’Arte Dal 1985 la sua attività e la presenza espositiva è più attiva e si allarga spesso fuori provincia . Ha allestito 30 personali e partecipato a 320 esposizioni in Italia Trento-Torino-Bolzano-Verona-Milano-Venezia-Bologna-Roma-Pisa-Firenze-Forlì-Treviso-Trieste-Viterbo-Livorno-Udine-Pordenone-Padova-Mantova-Ferrara-ReggioEmilia-Alghero -Lecce, Avellino e in altri comuni italiani. All’estero in Germania a Berlino-Stoccarda-Wuppertal-HamburgoTemplin,Austria a Wienna,– Romania a Bucarest -Jasi – Botosani- Suceava- Ipotesti- Plotesti, – Polonia a Varsavia – Bielsko- Zamosc,- Bulgaria a Silistra , – Ungheria a Zalaegerszeg, – Svezia a Stoccolma, - Brasile a NiteroiGonzalo. Le sue opere pitto-sculture materiche hanno riferimenti alla natura. Negli anni 1988/91 le opere sfociano in una marcata tridimensionalità , nascono altorilievi , sculture e istallazioni sempre legati alla natura e al recupero di materiali lignei
con il nero come sottofondo. Negli ultimi anni dal 2000/01 le opere vengono realizzate con l’aggiunta di tecniche decorative degli anni 50/60 e prevalgono molto i colori pastello con predominante le gradazioni del blu, azzurri e il bianco come sottofondo. E’ un animatore culturale artistico, ha coordinato molte iniziative espositive avendo fatto parte di diverse associazioni artistiche trentine in particolare in Arte Europa 92 dal ‘92 fino al 2003 e nell’Expo Multimediale SconfinArt nel 2003 a Trento-Fiere dove ha fatto il Direttore artistico. Dal giugno 2009 a fine 2011 è stato il coordinatore artistico del Centro d’Arte Casa-Tani di Rovereto (Tn). Dal gennaio 2012 al novembre 2014 ha coordinato lo SpazioEventArt –Arte a 360° di Pergine Valsugana – TN . Ha coordinato le giornate del contemporaneo AMACI del 2011 a Rovereto (Tn)- 2012-2013-2014 fra Trento e a Pergine (Tn).E’ ancora il coordinatore di EventArt2 a Trento. claudiotn50@gmail.com claudiocavalieri.com tel. 3474005481
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GIULIANO CENSINI
Dal 1973 e fino al 2010 è docente di “Design e Progettazione dell’oreficeria” presso gli Istituti d’arte di Macerata, Pistoia, e per oltre trent’anni, presso l’Istituto d’arte “Piero della Francesca” di Arezzo. Dal 1975 al 1977 frequenta, sotto la guida del Maestro Remo Brindisi, i corsi di disegno presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata e, da quegli anni, inizia a partecipare attivamente alla vita artistica italiana esponendo in mostre personali, collettive e rassegne. Gli anni ‘80 e ‘90 sono caratterizzati da svariati soggiornistudio nelle principali capitali europee dove ha avuto la possibilità di studiare e approfondire le varie correnti artistiche. Grazie a queste esperienze, Censini è riuscito ad arricchire la sua tavolozza, maturando nuove espressioni artistiche, tecniche combinando e contaminando così la sua arte con nuove conoscenze. Fin dagli anni ‘90 la sua pittura è tesa ad esaltare, in un intimo percorso, i segni di quella terra Toscana ricca di umori e di luce presenti nel rincorrersi delle colline e delle stagioni in un dialogo pro-
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iettato a celebrare il ritmo del tempo dove l’uomo, con la sua storia e la sua quotidianità, idealizza il suo domani; le sue opere sono quindi lo spaccato di un momento, una finestra immaginaria che si apre sulla quotidianità della vita. Nel corso degli anni, Censini, oltre ad aver progettato varie opere pubbliche, sia di carattere pittorico che scultoreo, collocate in contesti civili e religiosi, ha esposto in numerose mostre collettive e rassegne sia in Italia che all’estero. Grazie alla partecipazione ai numerosi concorsi di pittura sia a livello nazionale che internazionale, ha conseguito inoltre molti consensi e significativi riconoscimenti. Autorevoli storici e critici d’arte hanno parlato di lui e delle sue opere, così come quotidiani e riviste specializzate si sono interessate alla sua attività artistica. Le sue opere si trovano esposte in musei, enti e amministrazioni pubbliche, in collezioni private non solo in Italia e in Europa, ma anche negli Stati Uniti d’America e in altri continenti.
ANNA CERVELLERA
La pittura di Anna Cervellera si presenta antiretorica, senza alcuna sovrastruttura mentale e dal ritmo sincopato che cattura lo sguardo nel momento spesso in cui si sofferma ad osservarla, travolgendolo ed impossessandosene fino allo smarrimento. Ciò succede perché sulla tela l’artista riversa tutta l’urgenza espressiva immagazzinata durante i periodi di apparente stasi creativa, nei quali registra con la memoria non tanto le coordinate spaziali di un paesaggio quanto lo stato d’animo che le ha generato la sua vista. Tutto ciò si sente ed emerge potentemente dai suoi dipinti, dove si succedono sciabolate di colore disfatto, spatolato, incisivo o rappreso che di volta in volta comunicano, seppure con sfumature diverse, un’ansia di creazione perenne. Un’energia positiva che deriva dal suo procedere per accumulazioni di sensazioni
le quali, raggiunto un certo grado di concentrazione esplodendo sulla tela . Questo vale certamente per quanto riguarda l’uso di colori vivaci, intensi, vitali, ma se si osservano i dipinti più recenti ci si accorge della sua forte volontà di distruggerne la figurazione a favore, invece, del puro gesto dettato dall’impeto del momento creativo che si esaurisce nell’istante stesso della realizzazione pittorica. Critica di Claudia Giraud Attualmente vive ed opera con studio in: Via Puccini 11 - 10040 Rivalta di Torino Cell.: 347-4622341 e-mail: anna.cervellera@libero.it www.annacervellera.net
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DANIELE DELL’UOMO
Daniel e Daniele - Due artisti, un architetto e un pittore. L’opera di Daniele Dell’Uomo presentata alla mostra NON è una interpretazione delle architetture decostruttiviste di Daniel Libeskind, NON è il Royal Ontario Museum di Toronto, né l’Ascent at Roebling’s Bridge, di Covington, nel Kentucky. Ciò che accomuna i due artisti è la necessità di liberarsi dalla rigide simmetrie, dalla ripetizione seriale dell’International Style e dal diluvio informale degli imitatori di Pollok. Se si potessero sovrapporre in trasparenza le tre opere si vedrebbe la perfetta continuità, come se ci fosse stata un’unica progettazione. Libeskind nella sua irrefrenabile fantasia ha rivoluzionato l’architettura contemporanea. Daniele Dell’Uomo ha riempito di folgoranti lirismi le sue tele. La pittura colta anche quando parte da pulsazioni intime, oscillanti tra l’inconscio e la stratificazione della memoria, cerca di strutturare nello spazio illusorio della tela la composizione delle forme e dei volumi illuminati dalla luce, come si fa in l’architettura. Il principiante gode dei dripping pollokiani, delle improvvisazioni gestuali dell’action painting e degli intrugli materici. L’artista professionista costruisce giorno dopo giorno il suo linguaggio con il trascorrere negli anni. Daniele Dell’Uomo si è costruito un suo stile, caratterizzato da policromie vibranti e da percorsi in fuga verso la luce accecante degli sfondi. Quando si immerge nell’astrattismo tocca vertici sublimi. Le masse scure, in primo piano, in controluce comunicano forti emozioni di mondi opposti, scaturite dal profondo dell’inconscio mettono in vista i nostri strati primordiali come i neri delle caverne, le paure delle notti ed il nascere dell’alba, contornate da tinte
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calde vibranti ed intense, sfumano gradualmente verso la luce accecante che rinvia al misticismo degli sfondi in oro delle icone bizantine. Lo spirituale che Kandinsky vedeva nell’Arte sta qui, in questo sfondo paradisiaco umanizzato dalle tinte scelte da Daniele, cosa che il prezioso metallo non poteva dare. Se si potesse allineare la sequenza che dai neri giunge alla luce, vedremmo un ordine perfetto. Dai neri affiorano dei timidi viola, poi il blu oltremare, poi i celeste in contrasto per creare altri spazi con tocchi e striature lineari che si rasserenano nel silenzioso ritmo parallelo, eco di scanalature greche. I viola diventano rossi, poi arancioni, poi giallo oro, poi gialli luminosi, infine il bianco, il divino. Ma non è la motilità di una sequenza lineare Optical chiusa nella sua programmazione matematica quella presente nell’opera di Daniele. In Daniele la ristrutturazione dinamica irregolare è simile alla decostruzione di Libeskind con un irraggiamento centrifugo delle forme. Daniele può plasmare nello spazio, senza limiti, la molteplicità delle forme. Daniel NON può farlo, le sue creazioni devono rispettare la firmitas vitruviana, l’utilitas e poi l’estetica. Le astratte acrobazie nello spazio illusorio le possono sperimentare tutti. Perciò l’Astrattismo è una conquista sociale, è un’Arte individuale, personale e universale nell’operare dove milioni di artisti possono trovare la loro caratterizzazione, .è un gioco che i ragazzi devono sperimentare nelle scuole, gli anziani andrebbero coinvolti per tirarli fuori dal loro isolamento culturale e soprattutto l’astrattismo è salutare per chi vive nel disagio sociale. Gianni De Maso
CARLO FEBBO
Carlo Febbo nasce a Torino, dopo il collegio all’età di 19 anni Inizia con il disegno a china e sanguigna, per passare successivamente durante gli anni 80, alla pittura ad olio.si trasferisce in Friuli Venezia Giulia e da qui prende il via il suo percorso artistico. La sua formazione artistica si sviluppa attraverso lo studio della storia dell’arte, la frequantazione di musei dove impara a conoscere i grandi maestri e mostre di diversi pittori. Nel corso della sua attività ha esposto in numerose Personali e Collettive in Italia e all’Estero, con consensi da parte del pubblico e della critica. Le sua opere si trovano in varie collezioni Private e Pubbliche.
Il suo percorso artistico si sviluppa in diversi cataloghi e riviste artistiche, per citarne alcuni: catalogo n°49 dell’Arte Moderna edito da Mondadori e, sempre da Mondadori, catalogo Arte Oggi del 2009; per due volte nel mensile Arte Mondadori, sul catalogo Avanguardie Artistiche del 2011, su quotidiani di Veneto e Friuli Venezia Giulia; per due volte nella rivista Artantis durante il 2011 ed anche in alcune trasmissioni televisive presso gli studi di Telefriuli con la conduzione del Professor Vito Sutto.
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ALDO PIETRO FERRARI
Nasco a Torino il 28-06-1962. Fin dalla giovanissima età ho sviluppato un forte interesse per il disegno e la pittura. Ultimati gli studi artistici, mi inserisco nel 1985 in qualità di designer in Italdesign Giugiaro, oggi parte del Gruppo Volkswagen, dove tutt’oggi collaboro attivamente. All’interno di questa struttura, ho sviluppato molti progetti di Industrial, Transport e Interior Design, Architettura e Automotive. Nel 2006 la decisione di esporre i miei lavori pittorici con una mia prima personale a Torino. L’ Intenzione è quella di non lasciare decadere idee che forse non potevano essere utilizzate nel mondo del design . Esiste tuttavia la possibilità di mantenere sempre viva la teoria “ dei vasi comunicanti” tra arte e design. Il segno vissuto con la massima dinamicità e cromia costituisce la mia essenza più naturale. Ho partecipato a diverse collettive e personali, in diverse parti d’Italia , Berlino, New YorkIl linguaggio della scrittura e la poetica di Aldo Pietro Ferrari si incontrano a partire dalle stesse parole dell’artista.
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“ Mi propongo , prima di iniziare qualsiasi lavoro, di suscitare delle nuove emozioni anzitutto in me e di riuscire, ad opera conclusa, a trasmetterle agli altri coinvolgendoli nel mio percorso espressivo. Le alternanze fra sacro e profano, mitologico ed erotico, costituiscono le ambivalenze del’ animo che convivono e mi caratterizzano con eguale forza. Quanto al colore e al segno, aspetti di radicale significatività nel mio operare artistico, appaiono in bilico tra un tratto figurativo, lontano dall’ Iperrealismo che considero sterile e freddo, e un tensivo propendere verso vie sperimentali di astrazione. Il retaggio culturale di provenienza e la formazione specifica mi portano ad interpretare il segno in forma dinamica e tridimensionale ma aperta e direzionata verso una ricerca prospettica sempre nuova”. Giovanna Arancio sito web mail: aldopietroferrari1@gmail.com cell.: 393.17 16 518
GIOVANNI FERROGLIA
Piero Ferroglia (Caselle Torinese, 1946) La passione per le Arti figurative lo accompagna dalla età giovanile. Allievo di Filippo Scroppo e di Giacomo Soffiantino negli anni 70 e 80. Fino al 1988 si interessa particolarmente della pittura in relazione alla rappresentazione di situazioni ed eventi naturali che studia attentamente avvalendosi anche del mezzo fotografico. Nel 1988 inizia una attività di ricerca plastica in varie direzioni e con vari materiali che influenzano anche le originali soluzioni pittoriche rispetto alle quali la distinzione tra figurazione e astrazione perde significato. Molte le mostre personali e collettive, a cominciare dal 1972, importanti recensioni critiche e numerosi i riconoscimenti. Vive e lavora a Caselle Torinese. “...il mio lavoro consiste essenzialmente nel portare in evidenza le piccole cose che si incontrano nella natura...lo zigzagare dei sentieri delle montagne, le linee sinuose dei piccoli corsi d’acqua, i grovigli della vegetazione, le crepe delle superfici ghiacciate, le tracce che l’acqua corrente lascia sulle sabbie. Questi minimi aspetti della natura danno inizio al magma emotivo che sta alla base del lavoro che poi mi interessa razionalizzare attraverso il taglio e l’impaginazione dell’immagine …”
“...sono attratto dal coesistere degli opposti : l’istinto e la logica, la luce e l’ombra, il gesto astratto e la riconoscibilità del vero... cerco di rappresentarli usando strumenti e materiali inconsueti abbinando e integrando alla pittura il ferro, il plexiglass, il legno e piccoli calchi di gesso…” Principali partecipazioni. Torino, Circolo degli artisti 1972, Torino Premio Arbarello Promotrice 1973, Torino Personale New Generation Magimawa Gallery 1975, Biennali del disegno Torre Pellice 1975 - 1981, Torino Personale Galleria Davico 1978, Torino Personale Galleria Davico 1987, Milano Mi-art 1994, Carmagnola Palazzo Lomellini 1997, Torino Personale Studio Laboratorio 2000, S.Stefano Belbo 1 Premio di Pittura Cesare Pavese 2000, Cuneo Personale Salone della Provincia 2002, Torino Personale Galleria Arteregina 2005, Chieri Galleria il Quadrato 2007, S.Stefano Belbo 2 premio di scultura Cesare Pavese 2015. Dal 2011 espone in mostre collettive con il gruppo ArtMoleto in diverse località italiane e europee.
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SILVIA FINETTI
Silvia Finetti, nata a Torino dove vive e lavora. Maturità Artistica. Frequentato l’Accademia di Belle Arti sezione decorazione, successivamente si è iscritta alla Facoltà di Architettura in Tecniche e Arti della Stampa. Frequentato corso di acquerello con il Maestro Sandro Lobalzo e seguito corsi di illustrazione Ho partecipato al progetto per la realizzazione di spazi interni per il padiglione 5, per il BookStock Village per il Salone del Libro 2014 con il tema “Il Bene”. Frequentato corsi della Regione come: - Tecnico di Progettazione Grafica per Internet; - Tecnico dei Beni Culturali; - Tecnico Superiore Sistemi CAFM per la Gestione e Valorizzazione dei Beni Culturali Mobiliari ed Immobiliari; - Tecnico Grafico per il multimedia e web design; - Talenti Creativi (presso Castello di Rivoli, Dipartimento di educazione) – Progetti Creativi: Multidisciplinare e arti visive, presso Castello di Rivoli Dipartimento Educazione. Con svolgimento di Workshops, Masterclass, Laboratori. - Adobe Lightroom 5; - Fotografia Avanzata Insegnante di corsi di Pittura con l’acrilico presso la Facoltà Unitre di Torino.
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Insegno privatamente corsi di Pittura acrilica, acquerello, graffite, olio, matite colorate, disegno dal vivo, ecc. Ho collaboro con un Coworking, come Art Director per eventi di mostre e attività artistiche creative. Ho collaborato presso un Nidi in famiglia di Torino continuando anche a sviluppare ed elaborare il mio percorso pittorico-grafico. Ho lavorato presso studi di grafica ed ingegneria dal 2002 e ho lavorato anche in una galleria d’arte contemporanea a Torino. Sviluppo illustrazioni per il libro come “Liguria nascosta e dimenticata” di Tacchino Danilo editrice Ligurpress 2009. Il poeta Mario Parodi si è ispirato ad uno dei miei quadri “Intrigo concentrico di segni” con la poesia “Il tempo e nelle mani” per il suo libro “Quando il jazz crea parole” di Mario Parodi edito da ona 2011. Ho frequento un workshop, presso il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli è un Percorso Formativo: Multidisciplinare e Arti Visive nel 2013. Ho seguito corsi di grafica e web e attualmente frequento un corso di Illustrazione. Mostre & Concorsi svolti Partecipo ad concorsi , collettive e motre personali di pittura e concorsi di grafica ed illustrazione, sul territorio nazionale dal 1999.
GIUSEPPE FORMUSO
Ho voglia di toccare, di sagomare, dare forma e forza, la materia si contorce, occupa lo spazio e si libera nella luce; si muove, vive…mi sento toccare dentro, sono un tutt’uno con tutto ciò che ho nelle mani…” Nasco a Grottaglie, ( dove la materia si respira in svariate forme, in argilla, sotto le robuste e gentili mani dei maestri ceramisti, nelle cave di tufo, per estrarre blocchi e farne case e palazzotti, nelle campagne, che addomesticando la terra, favorisce le abbondanti messi, e tanto tanto altro ancora) il 10 dicembre 1950, a ridosso del quartiere delle ceramiche, (li camennere), dove bastava poco per avere un pugno di creta, e dopo che più volte si dava forma diventava dura e si spaccava e si sbriciolava e si ritornava nel quartiere per richiederne altra. Con la creta sentivo la voglia di creare, le mani si sporcavano, si screpolavano, sentivo parlare di arte greca, di arte faenzara, di arte grossa e d’altro ancora. I miei studi così si sono indirizzati verso l’Istituto statale d’arte, (avrei voluto fare anche la scuola media annessa presso l’I.S.A., ma i miei furono invogliati da conoscenti a farmi frequentare la scuola media Pignatelli, e per tre anni non toccai più l’argilla). nel 1969, mi trasferisco a Firenze dove frequento i corsi di scultura sotto la guida di Antonio Berti.
Nel 1975, occupo la cattedra di modellato presso il liceo artistico di Cagliari, e poi Monza, Potenza, Matera, e finalmente nella provincia di Taranto, toccando Taranto, Manduria, Martina e poi definitivamente Grottaglie, insegnando discipline plastiche ed educazione visiva. Affascinato dalla plastica di Auguste Rodin; La porta dell’Inferno, L’età del bronzo, Il Pensatore, La Pensèe, Il Bacio, La mano di Dio, ed essendo stato a Parigi al Musèe Rodin, mi colpisce e prendo un suo concetto sull’Età del bronzo; un nudo maschile, dove il maestro fa mostra delle sue conoscenze anatomiche e maestria di modellatore. Il nudo possente e nello stesso momento leggero nella fluidità dei profili, rappresenta uno dei primi abitanti della terra,” perfetto nel fisico ma primitivo nella comprensione del mondo”. Da quel momento abolisco la figura ed è il nulla…sulla tela la materia si addensa, strappo, dislavo, traumatizzo, cerco una resurrezione, un nuovo uomo che si eleva verso lo spirito…e la violenza, il tormento, le lacerazioni si riscattano con un nuovo equilibrio divenendo passaggio per un’alta vita. La bellezza dell’uomo- materia, trasfigurandosi, diventa, armonia, conferendo “all’essere” anima, emozioni. L’arte è profonda, si carica di valori ed è critica sociale.
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NICOLE GRAMMI
Nasco a Milano ed interpreto la luce, la terra e la porcellana attraverso lettere che compongono frasi, movimento e trasparenze che danno vita ad oggetti di senso compiuto. L’unione di questi elementi sono il filo conduttore del fare arte nel lessico della scultura unito ad una eccezionale conoscenza tecnica ceramica. – E’ per curiosità che ho avvicinato la ceramica… Inguaribile curiosa e sin da piccola alla ricerca del mezzo ideale per esprimermi, dopo la scuola d’arte ho lavorato in un laboratorio di scultura ceramica. E’ le che ho avuto modo di creare, sbagliare, sperimentare con il più alternativo dei materiali, la terra, da cui tutto è stato generato e in cui stanno tutte le dorme possibili, in attesa di essere rivelare. La terra è per me tabula rasa, pagina bianca, sulla quale scrivere ricordi, suggestioni, pensieri, strutture compresse e armoniose, liberando cosi ciò che la voce non riesce a dire e il pensiero ad esprimere. Le parole come gioco, stimolo, mantra ossessivo che chiarisce i pensieri, mela pa-
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per clay, porcellana a carta, traslucida e delicata, ma forte e preziosa; mi portano a stringere legarmi con persone affini a me, con le quali condivido passione, follia e ricerca. FORMAZIONE Diploma di Maturità d’Arte applicata press l’Istituto Beato Angelico di Milano REFERENZE: LUISA CAPRILE – Docente VITTORIO SACCO – Scrittore e Critico d’Arte …
E-mail: ni76st@gmail.com Telefono: 339 6934580 Sito: www.potterynicole.com Milano Via Pastrengo 12
GIUSEPPE GRECA
“ SE SAPESSI DIRLO CON LE PAROLE NON DIPINGEREI “ e autodidatta per vocazione >> L’ artista aderisce ad un virtuoso astrattismo che gli consente ,magistralmente, di rendere autonoma la sua arte eliminando del tutto il soggetto reale e la sua raffigurazione , ma non per questo perdendo il suo forte impatto visivo ed emozionale. L’ autore, spesso con titolo “ CARTAME “ “ QUASI UN PAESAGGIO “ ci dimostra l ‘ importanza profonda dei colori ; troviamo spesso il giallo che rappresenta il grano , il rosso simbolo di protesta ed infine il nero racchiuso in un triangolo , che urla al cambiamento . L’ artista coglie l’essenza delle cose mediante la felice individuazione di una realtà trasferita in simboli . Immaginate nello stesso tempo un artista innamorato pazzo di questa SICILIA , che mediante un linguaggio di nuovo conio, privando l’ esperienze visive dello spettatore di quei tessuti connettivi, gli assicura riscontri immediati e superficiali certezze , evocando inconsuete dimensioni spirituali , immagini mentali di potente efficacia descrittiva e di un commosso amore della natura . Vi chiederete guardando i dipinti che cosa li lega alla natura. Essi non sono altro che la rappresentazione di paesaggi , i quali scolpiscono l’eterno che immane alla nostra caduca realtà e di certo l’ attende.
Esordisce nel 1975 nella collettiva di via castagna in Enna, cui seguono numerosi collettive premi e personali. COLLETTIVE: 1977 “ Palazzo di Città “ Enna, 1978 “ IV Rassegna d’arte Figurativa “ Piazza Armerina, 1978 “ II Rassegna Regionale Castello Ursino “ Catania, 1985 “ Pittori Ennesi “ Enna,1985 “Galleria Ars Nova “ Enna, 1994 “ Incontri d’Arte “ Enna, 1997 “ Galleria Comunale “ Viagrande (CT), 2000 “ Materialmente “ Enna, 2010 “ Incontri d’Arte” Enna. 2015 “ Galleria 20 “ Torino PERSONALE: 1976 “ Galleria Costellazione “ Genova, 1977 “Palazzo di Città “ Enna, 1978 - 1979 “ Chiostro di Montesalvo “ Enna, 1986 “ Galleria 3/A Contemporanea “ Enna, 1988 “ Chiostro di Montesalvo “ Enna, 1997 “ Galleria Spazio Arte “ Enna CONCORSI: ( 1 premio ) Enna, 1997 “ Assoro Arte ( 2 premio ) Assoro, 2002 “ Settimana Santa Ennese “ ( 3 premio ) , 2004 “Settimana Santa Ennese “ ( 1premio) Enna, 2010 “ Elio Romano “ ( 1 premio) Assoro, 2011 “ Premio SS. Salvatore “ ( 3 premio ) Enna, 2011 “ XXI Assoro Arte “ ( 1 premio ) Assoro, 2013 “ Cairo Arte Editore “ Milano, 2013 “ X Premio CELESTE “ Napoli.
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ANGELA GIUFFREJ
Nata a Torino. Si è diplomata in Decorazione presso l’Accademia Albertina di Torino. Ha insegnato Discipline pittoriche presso il Liceo Artistico Cottini di Torino. Inizia molto tardi ad esporre ma al suo attivo ha già alcune personali: 2003- Galleria IL PLATANO-Asti, 2005 10°Mostra d’Arte Contemporanea-Saluzzo (TO). E’ vincitrice di concorsi pubblici: 2005-Opere per Nuovo Palazzo di Giustizia di Asti.- IV°Concorso Nazionale di Pittura “Città di Fondi”-Latina, -2011-Opere per Caserma della Guardia di Finanza di Torino. Diverse sono le sue partecipazioni a mostre collettive tra le quali si ricordano:-2005 Segni-Galleria Cenacolo Casorati Torino- 2006-Origo vino rum Asti- -2007- 15 artisti torinesi insieme per…-Galleria la Traccia Torino - Logico ecologico-Galleria P.A.A.Piscina (TO)- 2008- EtnicolorE.C.O. Museo Settimo Torinese(TO)- 2009-L’Arma, l’arte, i colori-Caserma Bergia Torino - 2010- Senza confini Sala Polifunzionale Comune di Sciolze(TO). Le Salon d’art Alpi Cozie Marittime-CasaFrancottoBusca(CN). Tempo di vita: Lille-Roma-Torino 18 artisti contemporanei-Consulat d’Italie-LILLE-France- . 2011Collettiva Villa Vallero: Difficoltà e fratica del positivoRivarolo Canavese-TO.. C-arte di vetro- Chiesa di Santa Croce-Avigliana (TO)- 2012-Il ritorno di Antiluna Galleria”Filippo Scroppo”-Torre Pellice (TO). Le viene assegnato il 2° premio al Premio Romano Reviglio – Cherasco – 2013. Un diverso discorso-Sala espositiva Comune di Piscina (TO) C-arte di vetro-galleria Caracol(TO).
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1°concorso nazionale di pittura”Città di Cossato” ed e’ invitata nel 2014 a Fiabe e Boschi – Rubiana(TO) mentre al XXV Premio Nazionale di Pittura Cesare Pavese –S. Stefano Belbo ottiene il 2° premio - 2015-Pensieri di carta- Forte di Fenestrelle (TO) dove propone una installazione, libri d’artista e disegni. Delle Dissonanze.Contrasto più formale che sostanziale- Palazzo Lomellini- Carmagnola(TO). 2016 SEI- Centro Congressi Piero MartinettiCastellamonte(Torino). 2017 Datemi una maschera-Laboratorio ARTE in OGNIDOVE-Torino. Un lievissimo segno- Sala delle Arti -Collegno(TO) . Di dolore il volto- Golgota- Musarmo – Mombercelli (AT) . Scultura e pittura a confronto – Palazzo Lucerna di Rorà – Bene Vagienna (CN) . La mia ricerca è essenzialmente impostata sul rapporto forma/colore, all’interno del quale si snodano momenti legati alla sperimentazione a volte con materiali non usi al fare pittorico. L’utilizzo del collage rende poi il mio lavoro tattile, quasi tridimensionale e i materiali impiegati contengono sempre un loro vissuto, una loro storia, ricami tramandati da madre in figlia che accompagnandosi a minime oscillazioni timbriche o tonali mi consentono di ottenere superfici e vibrazioni che invitano ad andare oltre il tempo e il fenomenico. L’analisi dello spazio-supporto mi permette inoltre di far dialogare la forma quadrata, per me elemento fondamentale, con la superficie che la accoglie giocando un ruolo sia estetico, sia contenutistico.
GABRIELE IERONIMO
Ieronimo Gabriele nasce nel 1959 in un paesino dei monti Dauni, denota fin dall’infanzia una spiccata passione per il disegno e i colori, dipingendo già dalle elementari, passione che coltiva poi negli anni. Si iscrive all’istituto d’arte Fausto Melotti e dopo qualche anno inizia a frequentare lo studio del professor Paolo Minoli, collaborando alla realizzazione delle sue opere sullo studio del colore e alla esecuzione di serigrafie d’arte di opere degli astrattisti comaschi. Dopo varie vicissitudini, inizia a lavorare nel settore Contract alberghiero che lo impegna a tempo pieno per molti anni. Nel 2000 la passione per la pittura, mai sopita, riemerge prepotentemente, Gabriele inizia la produzione di numerose opere, ripartendo da soggetti geometrici con colori vivaci, spaziando poi i vari generi ,la continua ricerca lo porta alla realizzazione di opere astratte, con una forte presenza materica, sempre caratterizzate da forme sinuose e armonie di colori. Realizza diverse mostre personali, la prima delle quali intitolata “Passione di forme e colori”, caratterizzata da quadri di diversi stili dal geometrico al figurativo e alcune opere astratte, alla ricerca della propria identità creativa . Realizza poi la mostra alla Corte San Rocco di Cantù,
“dinamismo e colori dell’anima” , con una quarantina di opere astratte che rispecchiano diverse fasi evolutive della sua crescita artistica, caratterizzate da forme dinamiche, importanti texture materichee colori corposi da cui traspaionodifferenti stati d’animo dell’artista. Partecipa a diversi eventi culturali e di beneficienza, come la festa del legno di Cantù, importate manifestazione,dove venti artisti si sono sfidati con opere pittoriche a tema“La donna è mobile “. Realizza varie mostre collettive , partecipando ad eventi organizzati dall’associazione culturale CalabroBrianzola e a serate intitolatefood art and wine alle quali Partecipa con una mostra ad hoc, dove l’arte pittorica si intreccia con l’arte culinaria. Nel 2018 realizza la mostra personale alla Pro Cantù intitolata “tu chiamale se vuoi emozioni “ con opere materiche sempre caratterizzate da armonie di colori ed evoluzioni dinamiche. La tecnica pittorica si evolve grazie alla necessità dell’inserimento gestuale, che porta a valorizzare le opere con interventi di action painting che permettono all’artista di esprimere al meglio le proprie emozioni. Prosegue con forte passione la propria ricerca artistica, esplorando tecniche, materiali e strumenti che gli permettono di esprimersi liricamente.
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MIRIAM LEVI
Miriam Levi, brava fotografa emergente, nasce a Torino nel 1998, si diploma al Liceo Classico Alfieri di Torino nel 2007. Il suo interesse per la fotografia ha la possibilità di approfondirsi nell’estate 2006 durante la quale partecipa ad un progetto di volontariato fotografico che ha luogo in Sud Africa dove ha modo di misurarsi con un contesto naturale del tutto diverso da quello fino ad allora conosciuto . All’estremo sud del continente africano si confronta, come artista, con fauna, flora, ritratti, paesaggi, che la entusiasmano, la stimolano a sperimentare e l’aiutano ad acquisire buona padronanza tecnica; inoltre la luce, i luoghi, “l’immersione” quotidiana in un mondo “altro” fanno affiorare in lei nuovi aspetti interpretativi particolarmente singolari. Il suo lavoro contribuisce alla costruzione di una banca dati fotografica per una Associazione non governativa. Decide di proseguire gli studi assecondando la sua inclinazione creativa e si reca nel Regno Unito per perfezionare la formazione artistica iscrivendosi al corso di laurea in fotografia presso Edimburg Napier University, in Scozia. Nel 2018 realizza un servizio fotografico “ Orizzonti asia-
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tici” incentrato sulla vita e costumi in Thaiandia e Cambogia, paesi visitati nell’estate di quell’anno: il servizio viene pubblicato sul Bimensile di arte e cultura “Rivista20” nel numero autunnale di settembre-ottobre, edito dal Centro Culturale Ariele di Torino. Fotografare e viaggiare sono vitali per M. Levi, la quale, appena le è possibile, va alla ricerca di nuove terre e culture da conoscere e da vivere come artista. E’a Londra, che la giovane fotografa ha deciso di partecipare quest’anno con tre opere fotografiche all’evento collettivo “UJS incubator 2019” (Unione studentesca ebraica – incubatore 2019) che indaga il rapporto tra gli studenti ebrei ed Israele. Dal 2 al 16 novembre 2019 parteciperà con una fotografia astratta ad una importante rassegna chierese “ Astrattissima 2019 – II edizione”realizzata dal Centro Culturale Ariele di Torino con la partecipazione di selezionati astrattisti provenienti da ogni parte d’Italia. Alla mostra e ai suoi partecipanti sarà dedicato uno speciale numero della Rivista20.
ANGELO MAGGIA
“Maggia è davvero un maestro nel catturare una infinita gamma di sfumature – dice di lui lo scrittore Armando D’Amaro, che è anche un grande esperto d’arte e gallerista – la sua ispirazione parte dalla luce mutevole dell’alta montagna, tersa e pulita. La stessa sensazione che si prova nell’ammirare i suoi quadri perfetti nell’esecuzione dove la protagonista è sempre la luce”. Maggia, che ha alle spalle una serie notevole di personali nelle principali gallerie italiane, ha sempre avuto due grandi passioni la pittura e la montagna. “La sua lunga carriera – aggiunge D’Amaro – ha preso il via negli anni Cinquanta a Torino, grazie alle prime mostre organizzate dal famoso critico e promotore culturale Luigi Carluccio”. Gli anni Sessanta furono per lui molto produttivi: percorse l’ Italia per esporre a Bologna (alla celebre “Roccaforte degli astratti”), a Venezia (Galleria “Il Traghetto), Firenze
(Galleria “La Scala”), Agrigento (Galleria “Il Punto”). Ma sentiamo lo stesso artista: “Ho splendidi ricordi della Sicilia, dove ad Agrigento nel 1965, conobbi Albano Rossi con il quale iniziò un serrato scambio epistolare. A Sciacca vinsi il premio “Il chiodino d’oro”, poi un turbine di personali, a Torino, Milano, Napoli, Brescia, Torre Pellice, Cuneo, Aosta”. La grandezza di Maggia venne riconosciuta dalla critica già a partire proprio dagli anni Sessanta, anche se la consacrazione avverrà solo con la Quadriennale di Roma del 1965. Ma la mostra che gli ha dato più gioia è del 1992, quasi una grande retrospettiva nella Torre dei Signori di Porta S. Orso: “E’ stata la personale – dice lo stesso Maggia – che mi ha dato più soddisfazione e lì ho capito di aver fatto breccia anche nei critici più ostici”. La mostra dal titolo “Intatto e Assoluto” fu una delle più importanti del 1992 in Italia.
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PINO MANTOVANI
Sono nato nel 1943, mi sono diplomato nel 1967 all’Accademia Albertina con Paulucci e Davico. Nello stesso anno mi sono laureato in Lettere moderne e ho cominciato subito ad insegnare, per mia fortuna non materie “artistiche” - non avrei saputo che cosa insegnare - mentre alcuni colleghi, per esempio Piero Ruggeri e Gino Gorza, usavano metodi differentissimi ma assai efficaci. Essere docente di storia dell’arte mi ha permesso di allargare i repertori di riferimento e di ““pensare” criticamente la pittura che mi interessava fare. Cerco di costruire “figure”, che possono rappresentare forme riconoscibili nella esperienza quotidiana, oppure presentare forme che sono solo se stesse, per esempio di riferimento geometrico (elementare imperfetta geometria). Ma quando sono “figurativo” non mi interessa imitare le
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apparenze con particolare diligenza, semmai mettermi a confronto con altri che hanno affrontato lo stesso problema risolvendolo in tanti modi: come a dire che la “realtà” è per me quella dell’immagine , della storia dell’immagine; quando sono “astratto”, le forme tendono ad assumere aspetto e attributi “organici”: come un corpo vitale, cioé capace di alludere ad aspetti della realtà sensibile, quindi destinato a prossima fine. Mi pacciono le impostazioni simmetriche, ma per dimostrare che non ci sono forme identiche; mi seducono le ripetizioni, ma per trovare differenze nell’apparentemente identico. Il massimo, per me, sarebbe rappresentare echi e ombre, labili, tanto più quando il corpo sembra robusto ed elastico, una tela di sacco destinata nel tempo a sbriciolarsi
ENRICA MARAVALLE
Enrica Maravalle è nata a Roma. Ha frequentato il Liceo Artistico S. Orsola. Ha poi conseguito l’abilitazione all’insegnamento del disegno nelle scuole medie e nei licei scientifici. Nello stesso periodo, ha approfondito i concetti della pittura moderna alla scuola di Arcangelo Leonardi, fondatore della “Rivista di arte cultura e attualità AL2”. Dopo successivi corsi di specializzazione ha insegnato alcuni anni a Roma e, in seguito, a Canelli, dove si è trasferita nel 1972. Il suo è stato un lungo percorso artistico con la partecipazione a mostre collettive e personali. La sua pittura inizialmente è di ispirazione cubista, con un’analisi attenta della purezza e della precisione delle linee, in una proiezione geometrica della realtà; la composizione cromatica è pura pittura tonale. Il colore è protagonista e diventa sentimento, sensazione. Con l’andare del tempo l’espressione cambia e porta ad un ammorbidimento dei toni ed alla vicinanza con soggetti di altra natura, fiori, interni, nature morte. Poi riprende il suo primo stile immergendolo in un mondo fantastico, pieno di colore: la fantasia e la creatività si incontrano in un luogo
immaginario in cui tutto può avvenire. È possibile seguire l’evoluzione pittorica di Enrica Maravalle da uno stato in cui l’elemento spazio-figura è trasferito sulla tela nella essenzialità delle forme ad un altro stato in cui il disegno, il contorno, la stesura della materia pittorica si impregnano della realtà naturale, si arricchiscono di luci e di ombre, si immergono in colori corposi. Questi concetti però si trasformano ancora, in tempi recenti, in una ricerca di pieno astrattismo. I colori, forti e brillanti, accendono nuove speranze e voglia di vivere. Le forme danzano una musica già scritta o ancora da inventare. Una pittura tutta da godere; mai tradita dall’ispirazione che, anzi, è sempre sostenuta dai toni smaglianti e solari. Alla meditata ispirazione corrisponde sempre l’impianto di composizioni e di impasto, sottolineato dalla lievitazione cromatica, quasi legame tra le opere più antiche e le espressioni più recenti della sua arte, come un continuo studio della armonia delle cose. Enrica Maravalle, negli ultimi anni, si è anche dedicata alla scrittura, con racconti e poesie. Sue opere sono presenti in collezioni private in Italia e all’estero.
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ERICA MARKI
Erika Marchi, pittrice classe ‘73, vive e lavora a Carpi (MO). La formazione artistica avviene grazie al lavoro che svolge per le grandi griffe italiane dell’abbigliamento quali Dolce & Gabbana, Extè, Ferrè, Twinset. Il lavoro di Erika Marchi è stato descritto come innovativo e gustosamente raffinato, un’ arte che diventa la rivelazione da un’altra dimensione da un’altra situazione, un qualche cosa che all’interno di uno spazio mentale si rivela agli altri e comunica agli altri. Le sue opere sono oli sviluppati su tela o su carta in cui dominano i colori del bianco e del nero interrotti da piccoli tratti generalmente rossi. I più figurativi si chiamano “Grovigli” o “Tangles” quasi fossero delle matasse di filo che formano figure di cui il punto rosso rappresenta una ipotetica ceralacca che blocca l’ultimo filo. Sono lavori eseguiti con precisione e trasmettono spesso sentimenti quali l’amore per la famiglia, per la musica e per l’arte, ma anche figure più iconiche. I più astratti si chiamano “Labirinti” perché giocando sulle ombre del nero, nascondono spazi e figure che vengono fuori mano a mano che i lavori vengono osservati. Sono lavori più istintivi, incentrati sul senso del segno che viene spesso utilizzato come mezzo di trasmissione di messaggi importanti. In Italia ha esposto in città quali Roma, Milano, Venezia, Bologna, Torino, Firenze, Bergamo; ha partecipato tra le altre cose alla IX Biennale di Firenze nel 2013, confrontandosi con artisti dello spessore di Anish Kapoor. Tra le fiere vanno menzionate Art Expo New York ed Arte Ge-
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nova. Ha fatto parte di progetti quali quali “Rotta nord Est “ presso il Museo Ugo Carà di Muggia (TS), Il labirinto dell’ Ipnotista presso il Palazzo Gallio sul lago di Como, ed è stata un’ artista di EXPO 2015 a Milano presso il Palazzo dei Giureconsulti e presso le Expo Gate; ha esposto inoltre a Roma presso la Basilica dei Santi Quattro Coronati nel progetto L’Eternità dell’ Arte ed è stata una delle protagoniste della Masterclass di Infinity, una mostra che ha avuto ben tre tappe in location di rilevante spessore (Londra, Sabbioneta, Dubrovnick).Ha partecipato al progetto Genius nel 2018 esponendo al Museo Leonardiano di Vinci, al Palazzo Pretorio di Anghiari e a Palazzo Medici Riccardi a Firenze. Nel 2019 oltre ad una personale nel Monferrato dal titolo Marchi Forti presso la Locanda dell Arte ha esposto all’ Affordable Art Fair a Milano, alla Pinacoteca di Assisi, Al Centro Multimediale dell’ Isola di Capri, ad ArtParmafair e PadovaArtFair. Ha esposto all’ estero in fiere e gallerie a New York (Manhattan), Providence (RI) USA, Dubrovnik (Croazia), Berlino, Tirana; Londra è per lei una città importante ed ha già stata ospite di diverse gallerie e manifestazioni. . E’ stata selezionata con due opere per esporre presso il Museo Nazionale Storico Albanese ed ha esposto a Berlino alla Galerie Lacke & Farben. Nel 2019 riceve a ParmaArtFair il premio BancaMediolanum. Molte delle sue opere fanno oramai parte di collezioni private; diverse sono le pubblicazioni delle sue opere su Cataloghi Mondadori, EA Editore, cataloghi e riviste di settore.
FRANCO MARGARI
Vive e lavora a Firenze: Inizia la sua esperienza artistica in campo grafico negli anni 80 e si specializza in tecniche incisorie, dai primi anni 90 si dedica contemporaneamente anche alla pittura. In questo arco di tempo ha qualificato la sua attivita’ espositiva partecipando a numerose collettive di prestigio e ha allestito molte personali, tra le più importanti quelle del 2000 alla Galleria Art Point Black con la quale ha presentato per la prima volta il suo ciclo “orizzonti”,così come in quelle al Centro d’Arte Puccini e alla Villa Medicea di Poggio Imperiale. Si ricorda inoltre la mostra del 2004 al Museo Diocesano di Firenze con 12 lavori ispirati al Vangelo di Giovanni, uno dei quali è presente nella collezione contemporanea del Museo e quella al Consiglio della Regione Toscana, dove ha esposto 20 lavori di intenso astrattismo evocativo, uno dei quali fa parte della Pinacoteca Regionale. Sempre nel 2004 ha partecipato al Concorso Internazionale Firenze e ha vinto il primo premio fiorino d’oro per la pittura. Ha fatto parte, nel 2006 del movimento “NE5” con altri 4 artisti fiorentini, coi quali ha partecipato a vari eventi fra i quali il più importante la mostra al Palagio di Parte Guelfa
a Firenze. Nel 2008 è presente al padiglione arte italiana a Pechino in occasione delle Olimpiadi, una sua opera fa parte della collezione del CONI. Nel 2010 inizia una collaborazione con la galleria americana Damoka Gallery che lo porta a fare due personali a Los Angeles e a New York. Una importante personale è stata nel 2011 nei prestigiosi spazi del Circolo degli Artisti Casa di Dante a Firenze in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia. Si ripete nel 2013 sempre negli stessi spazi presentando i suoi ultimi lavori del ciclo “ respiri degli elementi“ Le ultime presenze dei suoi lavori sono nel 2016 ad Amsterdam -Istituto di Cultura Italiana, a Berlino – Galleria The Ballery – e Londra - ART MOOR HOUSE. Numerose sono le presenze in collezioni pubbliche e private. Hanno scritto di lui: Alvaro Spagnesi, Dino Pasquali, Roberta Fiorini, Elvio Natali, Francesco Sganga, Francesca Mariotti, Angela Sanna, Roberto Gai, Giampaolo Trotta, Francesca Mariotti, Giovanna Sparapani, Aldo Maria Pero.
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SARKA MRAZOVA’
Sàrka è vissuta in un contesto culturalmente e artisticamente vivace e ciò ha di sicuro contribuito al formarsi della sua cifra stilistica, delicatamente lirica. Le influenze della sua pittura sono di origine mitteleuropea, il suo artista preferito, non a caso, è Friedrich Hundertwasser, propugnatore di un rapporto autentico con l’ambiente e la vita. Tecnicamente predilige l’accostamento di colori complementari e di effetti “caldo-freddo”, le forme tendono alla semplificazione e la composizione è geometrizzante. La poetica rammenta i paesaggi della sua memoria, ricreati come una narrazione chagalliana che lascia emergere me-
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tafore del suo inconscio, tradotte in fresche e vivide scene dell’infanzia e della natura dei luoghi nativi. La concezione estetica di Sarka rifugge da una falsa arte provocatoria, rappresentativa in modo pedante del grigiore quotidiano, sviluppando in alternativa il suo mondo fantastico e ridando dignità all’opera d’arte. Giovanna Arancio
SANTO NANIA
Santo Nania, pittore di formazione figurativa, ha frequentato il Liceo Artistico e la scuola d’Arte del Castello Sforzesco di Milano, ha sempre trattato immagini che emozionalmente sentiva di rappresentare, con l’associazione di tecniche e valori di ricerca che accompagnano la sua scelta di vita, cioè quella di vivere questo mondo misterioso che è l’Arte con lo studio e la ricerca che porta a valorizzare quei valori di interpretazione che danno all’Artista un DNA individuale. Il Pittore Santo Nania è Presidente e Insegnante di Disegno e Pittura presso l’Associazione creata da lui nel 1980 e denominata “Antonello da Messina”, in memoria del grande pittore Siciliano, con sede in via Della Vittoria, 44 a Legnano, con scopi e finalità culturali. Negli ultimi 25 anni ha scelto di percorrere la Pittura Informale, come mezzo di espressione e di interpretazione altamente individua-
le, dove la propria libertà interiore viene messa in risalto dal segno, dal gesto e dalla ricerca coloristica che ogni volta riesce a mimetizzare il tuo stato d’essere. Valorizza sapientemente gli spazi tonali, con attenta valutazione sugli equilibri e stabilità dell’opera. Ogni intervento gestuale scandisce la disposizione della formazione del dipinto, per creare quella giusta sintonia tra materia e spiritualità. Osservare un’opera informale non per capire ma per scoprire un nuovo mondo interiore capace di trasmettere emozioni. santonania574@gmail.com www.santonania.it tel. 333.39 89 131
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FRANCESCO PREVERINO
…” Questo modo di dipingere è un modo di essere, perché Preverino sente il bisogno,l’urgenza, di andare a lavorare in studio tutti i giorni, come un pianista che deve quotidianamente suonare ed esercitarsi col suo strumento, o come dello scrittore si dice“Nulla dies sine linea”. Questa sua laboriosità e costante ricerca s’esprime non solo in una produzione vastissima e ricchissima,ma trova una cifra nel fatto che lui mantiene nel corso degli anni sempre lo stesso stile e linguaggio. Astratto, nel vero senso etimologico della parola, di chi as-trae della realtà lo spunto per dipingere…”
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GIORGIO RAMELLA
Giorgio Ramella nasce a Torino il 24 febbraio 1939. Compiuti gli studi classici, frequenta l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino dove segue il corso di pittura di Enrico Paulucci e di tecniche incisorie di Mario Calandri. L’esordio sulla scena artistica torinese è negli anni Sessanta con un’esposizione alla Galleria La Bussola insieme a Ruggeri, Saroni, Soffiantino e Gastini; nella stessa galleria allestisce la prima mostra personale nel maggio del 1964. I lavori iniziali, gli Incidenti, sono caratterizzati da forme e frammenti metallici che compongono strutture drammatiche e allo stesso tempo rigorosamente calibrate. Un’opera di questa serie è acquisita nel 1962 dalla Galleria d’Arte Moderna di Roma, mentre altre vengono esposte in impor-
tanti mostre nazionali, come il Premio San Fedele a Milano nel 1961, il Premio Michetti a Francavilla al Mare, il Premio Scipione a Macerata nel 1964 e la Quadriennale Nazionale di Roma. Nel 1965 Ramella ottiene il primo premio di pittura al Premio Nazionale Villa San Giovanni e nell’anno successivo partecipa al Salone Internazionale dei giovani, mostra itinerante alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, alla Scuola Grande di San Teodoro a Venezia e alla Promotrice delle Belle Arti di Torino. Durante questa mostra, curata da Guido Ballo, Ramella incontra e frequenta artisti milanesi come Pardi, Colombo, De Filippi, Marzot, Spagnulo, Baratella e altri stranieri quali Arroyo, Aillaud, Schmidt, Ramosa.
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PINO RICHIUSA
Giuseppe Richiusa, un artista con un grande passato di ricerca pittorica. Coinvolto inizialmente in una espressione impressionista, si è impadronito poi, con libera interpretazione, della rappresentazione realista. La sua esigenza di cambiamento è maturata nel tempo attraverso il filtro emozionale, traducendo la forma con la gestualità segnica. Questo tipo di espressione è stata la giusta intuizione che ha saputo stimolare e far crescere nell’artista una crescente sicurezza nelle scelte che ne riflettono oggi la sua personalità. Con la sua pittura valorizza i contrasti della stessa corrente “espressionismo astratto” ed utilizza materiali pittorici classici. Questo gli permette di esprimere con naturalezza e umiltà le proprie emozioni che determinano, nell’ esecuzione delle proprie opere, una libertà d’interpre-
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tazione che pur utilizzando lo studio dei complementari, evidenzia attraverso gli accostamenti un forte valore emozionale. Il segno di Pino Richiusa è dato in uno spazio ben definito e dona all’opera una tensione emotiva in grado di accelerare l’associazione tra l’effetto dinamico e l’armonia degli accostamenti. L’artista vive attualmente a Olgiate Olona (VA) e lavora a Legnano (MI).
Cell: 335-8153381 e-mail: pinorichi@libero.it
MARIUCCIA ROCCOTELLI
“Nei lavori di Mariuccia Roccotelli il tratto si fa energico, vivo. Assurge a movimento che dal gesto - sia esso scrittura o traccia - si dipana sulla tela traghettando l’occhio dell’osservatore all’interno di vortici, di movimenti che, quasi come una scrittura automatica, partono da un’ispirazione inizialmente non mediata dalla ragione, e arrivavo a strutturarsi in gesti sempre più meditati in cui compare una dinamica di pensiero, una figurazione primaria che prende consapevolezza, sino a divenire opera… …Una traccia costante nella Roccotelli è l’utilizzo di differenti materiali all’interno delle opere che creano una consistenza, una matericità vigorosa:sia essa data dall’uso della carta e attraverso l’inserimento di elementi in rame, l’uso di sabbia mescolata a colla eacrilici, l’oggetto-opera
non è più definibile solamente attraverso la singola parola “pittura” perché oltrepassa i confini della bidimensionalità, inserendo a volte anche manufatti all’interno della tela… …Artista poliedrica, Mariuccia Roccotelli negli anni si è misurata con differenti linguaggi dell’arte:è stata scenografa, ha creato allestimenti per eventi teatrali e musicali per essere poi attrice e decoratrice di ceramica guardando sempre, attraverso il segno maturo dell’artista, alla trasversalità come ad una risorsa.”
Da “La tempra dell’arte” di Alessia Locatelli
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MICHELE ROCCOTELLI
Roccotelli è nato a Minervino Murge, Ha seguito gli studi artistici a Bari e si è perfezionato a Roma. Si è rivolto ben presto alla pittura e all’insegnamento, cominciando ad esporre nel 1968. Da allora ha allestito numerosissime personali in prestigiose gallerie, rassegne nazionali e fiere d’arte contemporanea. Le esposizioni all’estero sono numerosissime. Sì dedica anche alla ceramica e alle illustrazioni di libri. Hanno scritto di lui numerosi critici, giornalisti e scrittori.
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sito web mail: micheleroccotelli@libero.it cell.: 347.58 23 812
RENZO SBOLCI
“Se Ingres ha posto ordine alla quiete, io vorrei, al di là del pathos, porre ordine al movimento”. Ernst Paul Klee, grande interprete dell’astrattismo, intendeva l’arte come un preciso discorso sulla realtà, e non solo come “riproduzione” della realtà. Questo pensiero nitido e complesso, assolutamente sincero, è la via che Sbolci percorre da sempre. Abbandonate le tele e gli oli, ha trasportato il suo mondo, o meglio, la sua visione del mondo e della realtà coniugata attraverso l’astratto, sulla tavola lignea, sagomata e lavorata come fosse materiale plastico. Forandola come fece Fontana con le tele, muovendone bordi e superfici interne alla ricerca della plasticità, non stando nella volumetria di un Mastroianni ma cercando quel connubio tra pittura e scultura e rapporti dimensionali che fanno divenire le sue opere e i suoi Totem una “terza via” espressiva. L’olio ha lasciato il posto al pastello e alla matita acquerellabile, utilizzati con maestria e leggerezza, con intensità o delicatezza, e con un risultato astratto e di profondità di segno molto interessante. La matericità ha lasciato posto a campiture di stratificazioni cromatiche leggere che senza spessori arrivano a eviden-
ze coloristiche anche intense quando non urlate, oppure al contrario molto tenui, e in ogni caso sempre elaborate in modo astratto. Le definizioni e le separazioni delle campiture cromatiche nette, effettuate con tratti neri o molto scuri sia abbozzati che marcati, i volumi ascritti a piani di composizione e di lettura, l’iterazione di segni e segmenti, la successione di linee curve e spigolosità, le alternanze di gamme estese di cromie: tutto contribuisce a restituire profondità e dinamismo alle tavole senza mai perdere di vista ricerca e riproposizione della personale interpretazione dell’astratto che Sbolci persegue. Al fruitore le opere di Sbolci offrono così uno straordinario risultato di lettura, che vede sviscerato ed esaltato tutto il senso della ricerca di quel “movimento ordinato del caos” e il dialogo che l’artista compie nell’incontro-scontro tra pieni e vuoti, tra assenza e essenza, tra interno ed intorno. Un dialogo sentito e profondamente vissuto e sofferto, ma esposto in maniera gioiosa, “danzando” sulla tavola lignea come a volteggiare sul palcoscenico della realtà. Michele Franco
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MARIO SURBONE
Sono nato nel 1932 a Treville presso Casale, luogo al quale sono tuttora profondamente legato. All’Accademia Albertina sono stato allievo di Felice Casorati. Lunghi soggiorni a Parigi sul finire dei Cinquanta e l’inizio dei Sessanta mi hanno permesso di confrontarmi con la varietà delle proposte artistiche del momento. Le mie scelte sono peraltro guidate dall’intuizione più che dalla razionalità programmatica, dall’esigenza di mettere a fuoco una immagine dove il rigore costruttivo si coniughi con un altrettando fondamentale rapporto con la realtà visibile e visionaria. Così, attraversando esperienze apparentemente o forse davvero contraddittorie, mai troppo condizionate da ragioni o modelli esterni, mi muovo tra compromessa evocazione e astrazione ”concreta”. Gli “Incisi” fra ’68 e ’78, che rappresentano il momento di più spinta
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semplificazione e purezza, lontano dalle tentazioni pittoricistiche e dalla gestualità espressiva che avevano alimentato il precedente lavoro, non costituiscono l’approdo ultimo e definitivo (del resto, anche negli “Incisi” tento di mettere idee, particolari esperienze, fatti per me vitali). La stagione successiva, che tuttora prosegue, rimette in circolo la totalità delle esperienze elaborate sul piano formale e specialmente i contenuti emotivi che intimamente mi appartengono. I lavori che qui espongo esemplificano la mia ultima produzione: mi piacerebbe vi fosse riconoscibile, nella apparente elementarità dell’immagine, la complicazione dei percorsi operativi per arrivare, non senza prove e riprove empiricamente condotte, ad una “perfetta” integrazione di forme, colori, materie, mobili e, per così dire integrati nello spazio aperto
ANTONIO TRAMONTANO
Dopo aver conseguito il Diploma di Maturità d’Arte Applicata presso l’Istituto Statale d’Arte di Isernia, si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli nel corso di Pittura del Prof. Raffaele Canoro. Docente di Arte e Immagine, svolge attività artistica presso il suo studio a Pesche (Is) in via Giovanni XXIII. In qualità di direttore artistico ha curato e cura diversi eventi nella provincia di residenza, mentre nel 2008 ha curato le attività espositive per il I centenario ISA, Istituto Statale d’Arte di Isernia. MOSTRE PERSONALI 2008 - Archetyp’Art Gallery, Termoli (curatore A. Picariello) 2016 - Galleria Cent8anta Isernia Il colore è una liberazione del tempo. Riflessione sulla svolta cromatica di Antonio Tramontano (curatore Tommaso Evangelista) Ultime…mostre collettive / GROUP EXHIBITIONS Nuova Composizione Sperimentale, Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Termoli (curatore A. Picariello) 2007 - L’immaginazione al potere. Mostra intergenerazio-
nale di artisti abruzzesi e molisani, Galleria Angelus Novus, L’Aquila (curatore A. Gasbarrini, A. Picariello) 2008 - Artisti per il Ciad, Termoli (curatore G. Siano) 2009 - Cibart, Ex Gil Campobasso (a cura di Nino Barone) 2015 - Biennale Arte Contemporanea Città di Perugia a cura di Marinella Ambrogi e Patrizia Mari Centro Espositivo Rocca Paolina Fondazione Culturale Luciano Boccardini 2016 - Sottobraccio Collettiva d’Arte Contemporanea a cura di Rossana Bucci e Oronzo Liuzzi Corato (Ba) Museo della Città Territorio 2016 - Spoleto Art Festival Arth in the City 2017 - (S)confini- Impressioni dal margine. Aratro-Galleria Gino Marotta-Università Degli Studi del Molise a cura di Lorenzo Canova, Tommaso Evangelista, Piernicola Maria Di IorioGiudici) sito web mail: antonio_tramontano@yahoo.it cell.: 338.33 12 459
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ITALO ZOPOLO
L’urlo, incontenibile, disperato, irrefrenabile valvola di sfogo per il caotico, ribollente calderone di eccitazioni, emozioni del nostro inconscio mondo psichico è il prototipo di ogni forma di comunicazione, la rottura di ogni imbrigliamento convenzionale. Noi l’abbiamo udito in alcune opere di Zopolo. La sua eco riverberante è fisicamente percepibile in quelle tele dove tra i corrugamenti e le asperità materiche s’intravvedono ferite ancora beanti che a fatica stentano a rimarginarsi. Sussurri e grida emergono tra le pietre riarse, tra le croste dissecate, tra le terre calcinate. La tellurica magmatica vampa infuocata con ignee deflagrazioni ha liberato energetiche tensioni che per una sorta di germinazione di panica naturalità lascia le sue tracce pietrificando
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la luce in un dialogo cosmico e plastico. In altre opere, pennellate decise, vigorose senza ripensamenti, annullano vaste campiture di colore e si caricano di valenze arcane che si situano e si espandono nelle regioni profonde e oscure dell’inconscio, negli insondabili meandri della mente. Il gesto lapidario dell’artista subisce in questo modo, un processo di cristallizzazione e testimonia in modo imperituro l’attività fisica di Zopolo nel contatto con il materiale pittorico che rimanda per le sue suggestioni alle intenzioni della poetica del movimento concettuale. Le immagini acquistano l’efficacia di segnali: talvolta dotati di un carattere simbolico, spesso di una forza corrosiva e sediziosa. Giovanni Cordero
Centro Culturale ARIELE