Rivista20 n8

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N° 8 Marzo - Aprile 2015 www.rivista20.jimdo.com

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periodico bimestrale d’Arte e Cultura ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE

TORINO: quadri-personale di: Alfredo Billetto, Mauro Chessa Pino Mantovani Mario Surbone

ALESSIA ZOLFO

Edito dal Centro Culturale ARIELE


BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE

del Centro Culturale Ariele

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Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Ermanno Benetti Daniela Boarino Chiara Strozzieri Tommaso Evangelista Lodovico Gierut Laura Coppa Barbara Cella Irene Ramponi Letizia Caiazzo Antonietta Campilongo Vincenzo Cignarale Alessandra Primicerio Francesco Mastrorizzi Roberta Panichi Enzo Briscese Ludovico Operti Marzia Mandrini Alice Ponzio Alessia Miglioli Cinzia Memola

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Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio -----------------------------------------------------

In copertina: opera di Alessia Zolfo - Alice


PROGETTI PER IL 2015 a cura di Enzo Briscese “Cultura” rimanda all’idea di sviluppo, crescita, cura nel coltivare le ragioni e le attività essenziali del vivere sociale, è segno di dinamismo collettivo ed indispensabile. Se si fa riferimento al senso di quanto espresso, la cultura in cui noi viviamo ci appare in prevalenza distorta, asfittica, strabica. Viene meno, ci pare, gran parte della funzione che le si addice: mettere a semina gli interessi generali, senza faziosità, agevolando il confronto e la competizione fra le sue varie componenti tramite un impegno attento e responsabile. La realtà, però, è un’altra. Siamo tutti vincolati ad un sistema vizioso in cui vengono iperesaltati alcuni aspetti, ad esempio il cinema e la cultura legata strettamente alle nuove tecnologie, mentre resta in cantina qualsiasi incentivo connesso all’arte, in special modo alla pittura, salvo qualche finanziamento a pioggia, molto spesso fatto con metodi poco trasparenti , come alcuni episodi di cronaca recente insegnano. Oggi conviene promuovere in modo spettacolare e smaccato personaggi alla ricerca di notorietà grazie alla viscerale provocazione indotta sullo spettatore, puntando sulla novità fine a se stessa, in altri termini fornendo l’esaltazione del nulla. Alla creatività si sostituisce, come frutto dell’impotenza, l’emozione dello sterile disgusto. Si rimedia allo squallore della mediocrità “facendo cassetta” con interventi che usurpano a pieno titolo la ricerca artistica. Questo

Piemonte

Lombardia

Abruzzo

Marche

Liguria

Molise

Veneto

Lazio

comportamento increscioso elimina gli stimoli, abbassa la qualità dei risultati con dispendio esagerato di risorse finanziarie e immobilismo coatto di molte risorse umane. L’arte , cultura millenaria e legante collettivo, è privata di movimento, spirito di collaborazione, significatività, apertura, e rimane relegata e impoverita; mentre le gallerie chiudono i validi artisti si arrabattano senza sostegno in un’emarginazione a rischio di fuga e perdita di identità. Qualcosa si sta forse muovendo. Si tratta di riflettere, provare ad invertire la marcia e riattizzare quell’impolverato senso di scambio di esperienze e valori, rimasti silenti o isolati ai margini di strutture dequalificate. A proposito degli artisti piemontesi di talento va detto che si può constatare una superficiale considerazione nei loro confronti che li penalizza proprio nella loro terra d’origine e viene naturale, di conseguenza, chiedersi se la stessa mala sorte spetta agli artisti delle altre regioni oppure se esistano condizioni diverse nelle quali è più agevole operare. Sarebbe interessante parlarne. Qualcosa si sta forse muovendo. Si tratta di riflettere, provare ad invertire la marcia e riattizzare quell’impolverato senso di scambio di esperienze e valori, rimasti silenti o isolati ai margini di strutture dequalificate.

Toscana

Sardegna

Emilia Romagna

Basilicata

Campania

Umbria

Calabria


ALESSIA ZOLFO

AMOR OMNIBUS - 2011 - misto su tavola

Lavoro con frammenti di carte strappate, raccolte ed accumulate nel corso del tempo e dei viaggi. La carta è trattata con resine, gesso e collanti, poi sovrapposta a strati, applicata su tela, disegnata e dipinta, poi successivamente “aggredita” con i solventi e graffiata con abrasioni. Anche la pelle umana è fatta di strati sovrapposti. Le figure, soprattutto su grande formato, sono visibili nell’insieme ad una certa distanza; più ci si avvicina ad essa, più la forma scompare. Il fruitore scopre, avvicinandosi, una pittura fatta di macchie, graffi e grumi, filamenti che ricordano le cellule nervose, i rilievi come colture di batteri visti al microscopio. Le figure si disfano in qualcosa che va oltre la forma, e lascia spazio al pensiero, all’immaginazione. Credo nell’arte come ad un processo del fare, mi piace la manualità che sta alla base del lavoro, dalla ricerca di materiali alle reazioni chimiche. Poi c’è una componente di casualità, che non si può gestire, perchè la materia segue un suo divenire altro. I materiali che utilizzo sono legati a questa idea della durata. Le tele e le tavole sono preparate da me, preliminarmente con il gesso e i collanti, dati a spatola e pennello, cosicché alcune parti sono estro flesse ed altre introflesse rispetto alla superficie della tavola o al telaio. Utilizzo i pigmenti e le terre, rossi e ocre cupe, resine sintetiche, oli vegetali, il carbone e la cera.

BROTHERS 1 - 2011 - misto su tela


Dipingo aggiungendo e sottraendo colore e materia, progressivamente con solventi e abrasioni. Intendo dare forma a qualcosa che trascende la verità visibile, così i soggetti dipinti non hanno una precisa identità, non intendono ritrarre nessuno nello specifico, poiché sono solo un pretesto formale per esprimere un concetto ulteriore. Le domande riguardano l’anatomia del corpo, il tempo che viviamo, le ferite e le malattie del nostro tempo, le epidemie, la diversità, ma soprattutto quel qualcosa di noi, esseri umani, che va oltre la forma, oltre ciò che è riconoscibile, qualcosa che è uguale per tutti, una traccia di immaginazione... Molti dei miei lavori sono legati all’archetipo e al mito. Gli Infermi... le vittime non identificate, i degenti, i malati immaginari, gli schizofrenici, uomini, donne e bambini senza precisa identità, costruiti per pezzi, diversi, mutevoli. Ma fermi, al contrario, o meglio fermati e confinati in uno spazio che gli è stato attribuito, come del resto si confina la diversità. Un coro di spettatori silenziosi che sfidano l’osservatore a trovarsi dentro qualcosa che disturba. Un po’ di malattia c’è in ognuno di noi, ognuno di noi porta dentro qualcosa che si muove, l’infermo, in un modo o nell’altro. Ancora c’è l’anatomia, il decadimento, la traccia, il pensiero che mette insieme tutte queste parti separate. Il mio lavoro è aperto, volutamente interrotto e in parte incompiuto; lascio spazio alle interpretazioni. Suggerisco un nome comune, non un nome proprio. Non saprei circoscriverlo in una precisa definizione: per molti aspetti è formale, informale per altri. Tra gli opposti si muove la mia ricerca: finito-non finito, corpo-pensiero, bianco-nero, diluito-denso, razionaleemotivo... se esiste la coincidenza degli opposti. Alessia Zolfo

NEMESI 1 - 2011 - misto su tela

ORACOLI - 2009 - grafite su carta


FAI BEI SOGNI - 2012 - mista su tavola

BROTHERS 2 - 2011 - mista su tela

Una pittura che riflette il travaglio dell’uomo contemporaneo, perchè questi volti, inizialmente ben definiti e poi resi irriconoscibili da graffiature, da contrasti di materie diverse, lasciano su di essi l’inquietudine e la solitudine dei personaggi che rispecchiano. In certi ritratti la veemenza del segno è mediata da una luce tetra, diffusa, che interviene sulle persone, rendendole in una trasfigurazione che è poetica e sconvolgente nello stesso tempo. Alessia Zolfo, con luci e colori passionali, ma simultaneamente agghiaccianti, propone soggetti che ci invitano alla riflessione o al dubbio su quelle figure, carnali e dolorose, come se qualcosa stia per verificarsi. Proprio l’ambiguità tra la calma e il potenziale turbamento, dona a esse una particolare capacità di rappresentare l’individuo di oggi, sospeso tra messa in scena di sè, identità multiple e volontà di fughe. Paolo Levi Critico e storico dell’arte


Una misteriosa penetrazione dell’immaginario nella realtà, del vissuto nel non vissuto, delle memorie ancestrali nei ricordi abrasi di sé: con questi elementi, che si fondono in un filo conduttore sottile, la pur giovane ricerca di Alessia Zolfo - condotta in relazione con i suoi racconti letterari, accattivanti e a tratti surreali - presenta come fulcro l’esplorazione di un oltre, latente ma vitale, che trascende la tangibile quotidianità. Con forza evocatrice, l’autrice ne valica la soglia, provocando epifanie di corpi, luoghi e miti che annunciano, insieme alla loro ambigua consistenza, la loro ignota provenienza e identità: così le figure acefale di Eros e Genere umano, o l’inquietante grembo della Madre. Alla dimensione metamorfica del sogno e della favola afferiscono altri lavori come Icaro, il cui volo disatteso rimanda al tema del desiderio inappagato, oppure Sorgenti, animato dall’aleggiare di una farfalla che sembra incarnare il ricordo antico di Psiche, e districa, tra segni astratti e reminiscenze fotografiche, volti dall’identità ritrovata. A questi primi ma promettenti esiti Alessia è giunta avvalendosi di mezzi di lieve corporeità, carte e supporti traslucidi, sottoposti a colorazioni tendenzialmente monocrome, sempre parche di colore, ma modulate da passaggi tonali ora robusti ora delicati, a indicare l’ineffabile esistenza nel mondo. “Uno scavo interiore è rappresentato dall’opera di Alessia Zolfo che utilizzando carte e supporti traslucidi, sottoposti a colorazioni tendenzialmente monocrome, provoca l’apparizione di corpi, luoghi e miti, memorie ancestrali e ricordi abrasi di sè. Fulcro della sua ricerca è l’esplorazione di un oltre, latente ma vitale, che trascende la tangibile quotidianità, per introdurre nella dimensione metamorfica del sogno e della favola, di cui narrano figure acefale ambigue, grembi materni inquietanti, segni astratti e reminiscenze fotografiche.” Dal catalogo della mostra “PresentiAssenti” del 2006 a cura di Angela Sanna Docente di storia dell’arte e del costume

FAVOLA MINIMA- 2012 - mista su tavola


VIAGGIO NELL’UNIVERSO FEMMINILE dal 7 al 21 marzo 2015

espongono:

Lidia Acquaviva, Adriana Baldassi, Antonella Bartolone, Adriana Caffaro Rore, Paola calcatelli, Mirella Caruso, Anna Cervellera, Carla Ciafardoni, Isabella Corcelli, Fiorella Corte, Cristina Crestani, Gianna Dalla Pia Casa, Silvana D’urso, Elisa Fuksa Anselme, Erminia Gebbia, Evelina Gibaldi, Maria Halip, Angela Ippolito, Clara Luminoso, Francesca lupo, Clara Mastrangelo, Marianna Merler, Dina Montesu, Gabriella Montini, Marina Monzeglio, Anna Maria Moretto, Sarka Mrazova Cagliero, Franca Musso Binello, Sandra Naggar, Ester Pairona, Lodovica Paschetta, Gisella Penna, Carla Perona, Angela Policastro, Venere Rizzo, Anna Rota Milani, Egle Scroppo, Carla Silvi, Antida Tammaro, Carlotta Tararbra, Maria Ventura, Rosanna Vottero Viutrella, Wally Waser, Chiara Ziganto, Alessia Zolfo


VIAGGIO NELL’UNIVERSO FEMMINILE


EVENTI

PIEMONTE QUADRI-PERSONALE galleria20 a Torino dal 28 marzo al 15 aprile 2015 Alfredo Billetto, Mauro Chessa, Pino Mantovani, Mario Surbone

Perché una mostra di quattro pittori che in nessun modo possono definirsi un gruppo? Una giustificazione potrebbe essere che siamo amici, ed è insolito perciò significativo in un territorio come quello dell’arte, assai accidentato e spesso diviso in quartieri incomunicanti. Amici soprattutto nel senso che da anni confrontiamo le idee convergenti o divergenti a proposito di un comune interesse: la pittura. Che cosa sia la pittura, non è facile da dire, ma certo qualcosa di preciso, visto che qualcuno di noi ha creduto d doversene allontanare per un poco, dubitando che la pittura avesse concluso la sua funzione nel complicato presente.

Ma poi tutti siamo ritornati nel recinto di quel linguaggio, che, senza essere comprensivo di tutte le specie dell’esprimere e comunicare per figure, all’interno di questa esigenza utilizza certi strumenti e mette in opera certe abilità. Può essere che, nella storia dell’uomo, la pittura perda efficacia e sia sostituita da altri linguaggi pur sempre “visivi” o “figurativi”- nel nostro tempo basterebbe pensare alla fotografia e al cinema; ma non è l’ortodossia materiale e operativa che ci interessa difendere, invece la persistenza di un certo tipo di sensibilità che caratterizza la pittura e che forse è riconoscibile anche in altri linguaggi figurativi, i quali infatti utilizzano i


repertori depositati della pittura, come senza complessi la pittura dialoga con gli altri linguaggi attingendovi linfa nuova e riconoscendovi ulteriori occasioni. E’ un fatto che per tutti noi l’uso della pittura nel senso più comune è tornato come una necessità fisica (vista e mano protagonisti) e mentale (costruire intuitivamente e responsabilmente immagini). Anche per la convinzione, certo connessa con una conoscenza analitica della storia del passato prossimo e remoto, che la pittura è una forma di espressione e comunicazione straordinariamente ricca ed elastica, mirabilmente comprensiva di “infinite” facoltà e possibilità. Se tuttavia la nostra pittura, dico la pittura di ciascuno, mostra dei limiti non è colpa della Pittura, ma “colpa” di chi la pratica, come può e sa. Ma è anche o proprio per questo che la pittura merita d’essere coltivata, perché diventa la miglior testimonanza dei limiti, cioè della particolare natura e del carattere di ciascuno. In questo stesso luogo, l’amico Nino Aimone ha voluto mostrare che per lui la tensione della pittura è durata una vita intera; in modi diversi, anche per noi la pittura è una prova, una scommessa che continuiamo a fare, nonostante tutto. Nella pittura troviamo infatti soddisfazioni e risposte che non sapremmo cercare altrove.


ALFREDO BILLETTO

Sono nato nel 1932 a Torino, dove prevalentemente vivo e lavoro. Dopo l’Accademia Libera di Belle Arti nell’immediato dopoguerra (vi insegnavano, fra gli altri, Domenico Buratti, Carlo Terzolo, Mario Giansone, Armando Testa), la mia formazione si compie frequentando gli studi di Cesare Maggi, e Felice Casorati. Ho soggiornato per lunghi periodi all’estero , in Spagna Olanda Africa e in Francia dove tuttora mi reco spesso. In tutti i paesi toccati mi sono inserito culturalmente con il mio lavoro. In una delle ultime personali, il sottotitolo concordato con i presentatori Marco Rosci e Pino Mantovani recita:” L’ordine del sensibile, una proposta classica

nella tradizione dell’avanguardia”. In effetti, sono queste le caratteristiche del mio impegno, che si sviluppa sulle basi delle avanguardie storiche del ‘900, in particolare Cubismo ed Espressionismo, elaborate nella direzione di un costante interesse per le forme limpide e ben strutturate. Nella mia pittura, la memoria del visibile si risolve in una meditata sintesi di spazioluce-colore. Se già nel ‘65 Mario De Micheli scriveva: ”Billetto rifiuta l’ambiguità, rifiuta l’approssimazione”, è però vero che non mi isolo ma vivo intensamente l’attuale stagione, traendone occasione per riflettere, “oggi e con le forme di oggi“ sulla mia profonda, connaturata esigenza di chiarezza, di lucidità formale ed etica, riuscendo senza contraddizione così a raccontare (sul filo di un dichiarato impegno civile), come a elaborare complesse composizioni “musicali”. Parte non minore della mia attività, la grafica e la scultura: modi diversi di occupare ritmicamente lo spazio, di disegnarne infinite variazioni e vibrazioni.


MAURO CHESSA

Ho studiato all’Accademia Albertina di Torino, con Menzio e Calandri e, dopo un periodo iniziale, nel quale prediligevo la corrente astrattista della pittura, sono approdato ad un modo di dipingere figurativo e forse addirittura tradizionalista, più consono alla mia natura. Espongo volentieri con gli altri tre artisti e amici che nulla sembrano avere in comune con me e tra di loro, se non la totale mancanza di aspetti in comune. Tuttavia, di fronte all’occupazione, quasi manu militari, di ogni spazio disponibile da parte di molti che, in perfetta

buona fede, ritengono di essere gli unici legittimati a rappresentare la contemporaneità, tengo, anzi teniamo a ricordare che persiste ancora un’altra idea di Pittura il cui gioco non privo di drammaticità ha come posta il significato stesso della nostra esistenza coinvolgendo i sentimenti più profondi di ciascuno. Questo è ciò che ci unisce, al di là delle apparenze così superficialmente discordi. Qui mi fermo, convinto che i quadri non si fanno con le parole e che queste possano, al più, illustrarli. In questa mostra presento una grande tela che mi e molto cara: “Tutto avviene una volta sola”. E’ una specie di natura morta con una miriade di oggetti che stanno, almeno credo, per il “tutto”. Seguono tre o quattro quadri, parte di una piccola serie che può essere letta come cornice ideale di un grande quadro (qui non presente) il cui titolo e: “Ballo nel bosco”. Nessun significato nascosto, al massimo un po’ di sociologia spicciola: gente di Langa che balla il liscio, in occasione di una manifestazione annuale e americani giovani o no che fanno lo stesso.


PINO MANTOVANI

Sono nato nel 1943, mi sono diplomato nel 1967 all’Accademia Albertina con Paulucci e Davico. Nello stesso anno mi sono laureato in Lettere moderne e ho cominciato subito ad insegnare, per mia fortuna non materie “artistiche” - non avrei saputo che cosa insegnare - mentre alcuni colleghi, per esempio Piero Ruggeri e Gino Gorza, usavano metodi differentissimi ma assai efficaci. Essere docente di storia dell’arte mi ha permesso di allargare i repertori di riferimento e di “

“pensare” criticamente la pittura che mi interessava fare. Cerco di costruire “figure”, che possono rappresentare forme riconoscibili nella esperienza quotidiana, oppure presentare forme che sono solo se stesse, per esempio di riferimento geometrico (elementare imperfetta geometria). Ma quando sono “figurativo” non mi interessa imitare le apparenze con particolare diligenza, semmai mettermi a confronto con altri che hanno affrontato lo stesso problema risolvendolo in tanti modi: come a dire che la “realtà” è per me quella dell’immagine , della storia dell’immagine; quando sono “astratto”, le forme tendono ad assumere aspetto e attributi “organici”: come un corpo vitale, cioé capace di alludere ad aspetti della realtà sensibile, quindi destinato a prossima fine. Mi pacciono le impostazioni simmetriche, ma per dimostrare che non ci sono forme identiche; mi seducono le ripetizioni, ma per trovare differenze nell’apparentemente identico. Il massimo, per me, sarebbe rappresentare echi e ombre, labili, tanto più quando il corpo sembra robusto ed elastico, una tela di sacco destinata nel tempo a sbriciolarsi.


MARIO SURBONE

Sono nato nel 1932 a Treville presso Casale, luogo al quale sono tuttora profondamente legato. All’Accademia Albertina sono stato allievo di Felice Casorati. Lunghi soggiorni a Parigi sul finire dei Cinquanta e l’inizio dei Sessanta mi hanno permesso di confrontarmi con la varietà delle proposte artistiche del momento. Le mie scelte sono peraltro guidate dall’intuizione più che dalla razionalità programmatica, dall’esigenza di mettere a fuoco una immagine dove il rigore costruttivo si coniughi con un altrettando fondamentale rapporto con la realtà visibile e visionaria. Così, attraversando esperienze apparentemente o forse davvero contraddittorie, mai troppo condizionate da ragioni o modelli esterni, mi muovo tra compromessa evocazione e astrazione ”concreta”. Gli “Incisi” fra ’68 e ’78, che rappresentano il momento di più spinta semplificazione e purezza, lontano dalle tentazioni pittoricistiche e dalla gestualità espressiva che avevano alimentato il precedente lavoro, non costituiscono l’approdo ultimo e definitivo (del resto, anche negli “Incisi” tento di mettere idee, particolari esperienze, fatti per me vitali). La stagione successiva, che tuttora prosegue, rimette in circolo la totalità delle esperienze elaborate sul piano formale e specialmente i contenuti emotivi che intimamente mi appartengono.

I lavori che qui espongo esemplificano la mia ultima produzione: mi piacerebbe vi fosse riconoscibile, nella apparente elementarità dell’immagine, la complicazione dei percorsi operativi per arrivare, non senza prove e riprove empiricamente condotte, ad una “perfetta” integrazione di forme, colori, materie, mobili e, per così dire integrati nello spazio aperto.


EVENTI

LOMBARDIA

Medardo Rosso. La luce e la materia Galleria d’Arte Moderna di Milano 18 febbraio – 30 maggio 2015 a cura di Irene Ramponi

Tali caratteri si accentuano dopo il trasferimento a Parigi nel 1889, periodo in cui Medardo Rosso creerà soggetti ricorrenti con diversi materiali, come gesso, bronzo e cera, focalizzando l’attenzione sulla resa nella materia dell’impressione ottica e della sensazione lasciata da un oggetto. Le opere in mostra sono state selezionate molto accuratamente, in collaborazione con il Museo Rosso di Barzio, e mettono in evidenza l’importante valenza artistica dell’artista a livello internazionale. Il percorso tematico si snoda dagli esordi, in alcune delle opere più emblematiche dell’artista, fino ad arrivare ad una seconda sezione, che cercherà di ricostruire l’approccio differente di Medardo Rosso ad uno stesso soggetto utilizzando materiali diversi; tale sezione mette in luce la sperimentazione sulla materia ed il processo di creazione dell’artista, lungo il suo cammino di tormentate sottrazioni, fino ad arrivare al risultato voluto.

Con la mostra, prima retrospettiva di notevoli dimensioni dedicata a Medardo Rosso, precursore della scultura moderna internazionale, la GAM di Milano vuole ricostruire la carriera dello scultore, confrontando le sue opere del periodo milanese con quelle del periodo vissuto a Parigi, mettendo in evidenza la ricerca dell’artista sul significato della scultura. Medardo Rosso è indubbiamente uno dei più grandi scultori tra Otto e Novecento, capace di cambiare il linguaggio della scultura in modo radicale. Torinese, si forma a Milano a Brera, dove viene influenzato dall’ambiente scaapigliato e dalla letteratura del realismo sociale. Per questo motivo l’artista ritrae nelle sculture la semplicità e l’umiltà di personaggi comuni della Milano della fine dell’Ottocento (il Birichino, la Ruffiana, lo Scaccino ad esempio). Il realismo è espresso da volumi mossi e vibranti, che, con l’andare avanti del tempo, si deformeranno sempre più, rendendo i soggetti poco identificabili.

La terza e la quarta sezione infine documentano i principali soggetti scelti dall’artista: personaggi noti e gente comune, resi in modi diversi in base all’arco di tempo in cui sono stati rappresentati. Si creerà poi un particolare accostamento tra le fotografie, scattate dallo stesso Rosso ed esposte in mostra, e le sculture: due ambiti creativi in cui egli si poteva cimentare con la materia e con la luce, a prescindere dal dato reale.


Arts and Food. Rituali dal 1851 La Triennale di Milano 9 aprile – 1 novembre 2015 A cura di Irene Ramponi

La mostra costituisce l’unico padiglione di Expo 2015 con sede in un museo ed è una collezione di opere d’arte e design che illustrano il rapporto innato tra arte e cibo, rapporto privilegiato che viene messo in luce in base a criteri visuali, materici e ambientali. Le opere in mostra sono di artisti di tutto il mondo e sono una meditazione sulla quotidianità della convivialità; toccano svariati ambiti, dallo storico al contemporaneo, da quello espressivo a quello comunicativo e sono le creazioni di pittori, scultori, fotografi, grafici, registi, architetti e designers, a confronto con un tema quotidiano come il cibo, parte dell’immaginario di ciascuno di noi. I periodi artistici illustrati sono svariati: dall’Impressionismo alle Avanguardie, dal Divisionismo alla Pop Art, in un melange di colori e sapori. Allestita negli spazi interni ed esterni della Triennale, Arts & Food è una panoramica sulla pluralità dei

linguaggi visivi e plastici, oggettuali ed ambientali che dal 1851, anno della prima Expo a Londra, hanno avuto come oggetto il cibo, la nutrizione, la convivialità. La panoramica in questione è mondiale, e tratta i legami estetici e progettuali relativi ai rituali della nutrizione, una mostra internazionale che ricorrerà a diversi media per ricreare un panorama che va dallo storico al contemporaneo, a tutti i livelli espressivi, creativi e comunicativi in tutte le aree culturali. La mostra è declinata secondo una prospettiva multisensoriale, a cura di Germano Celant, allestita dallo Studio Italo Rota e documenta gli sviluppi e le soluzioni adottate per rapportarsi al cibo, agli utensili da cucina, alla tavola apparecchiata e al picnic, in un viaggio nel tempo che sarà una riflessione sul tema di Expo 2015 “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”; convolgerà lo spettatore in una narrazione dalla forte carica visiva e sensoriale.


Juan Munoz - Double Bind & Around Hangar Bicocca, Milano 9 aprile – 23 agosto 2015 a cura di Irene Ramponi

Evento a Milano, la mostra costituisce la prima personale dedicata a Juan Munoz, protagonista della scultura contemporanea degli ultimi decenni del Novecento; le sue sculture sono monocromatiche, grigie piombo o color cera, create in diversi materiali, dal papier maché alla resina fino al bronzo. L’osservatore è coinvolto in pieno nell’opera d’arte, dal momento che è possibile la sua identificazione e mimetizzazione nell’opera d’arte, ovvero le sculture. Munoz introduce la figura umana come punto focale dello spazio architettonico e scultoreo: gli scenari creativi dell’artista sono popolati da acrobati,

ventriloqui, nani e ballerine, insieme a figure anonime che richiamano ambigui e contradditori scenari. La sua opera più importante, un po’ la title track della mostra è Double Bind, che viene riallestita all’Hangar Bicocca dopo 14 anni, quando fu esposta alla Tate Modern di Londra, insieme ad altre importanti e significative sculture. L’esposizione costituisce una grande opportunità per entrare in contatto con Munoz, un artista che ha reinterpretato la scultura classica declinandola secondo il linguaggio delle Avanguardie del Novecento.


L’opinione Irene Ramponi presenta

Riflessioni sull’arte contemporanea Che cos’è una riflessione sull’arte contemporanea? E’ un modo di parlare dell’arte oggi e del ruolo degli artisti in epoca attuale, così come un’analisi di come cambi il pubblico di fruitori e del ruolo pedagogico e di interpretazione della realtà dato all’arte. Parlare di arte oggi vuol dire riferirsi prevalentemente alle arti figurative; l’arte è da sempre il tentativo dell’uomo, fin dalle epoche più remote, di rappresentare il bello e di esprimerlo tangibilmente. Ciò significa autogratificazione per l’artista e suscita compiacimento e serenità in chi guarda. La bellezza e la riflessione su di essa sono sicuramente fattori determinanti lungo tutto il corso della Storia dell’Arte; ciò che è cambiato è il ruolo dell’artista, dal momento che esso non è più organico, ossia funzionale ad un determinato progetto, bensì ormai in grado di parlare ad un pubblico multiforme, tramite una moltitudine di linguaggi diversificati, per esprimere la poliedricità un po’ caotica della contemporaneità. L’artista è ormai capace di rivolgersi alla società massificata, nella sua interezza, che entra prepotentemente e pienamente come soggetto artistico. La crescita degli artisti e dei fruitori di tipo quantitativo influisce sulla qualità e coinvolge sempre più i giovani. Altra novità importante: nel nuovo Millennio, pur essendoci ancora artisti che apprezzino di essere collocati in una corrente, scuola, tendenza o movimento, affiorano sempre più le figure solitarie, irregolari ed isolate, quindi non inserite in alcun contesto. Tali figure, seppur curiose relativamente alla cultura contemporanea, sono indipendenti ed autonome, dal momento che per loro l’unica forma di poetica da abbracciare è la libertà dell’ispirazione. Al giorno d’oggi è fondamentale considerare il ruolo delle nuove tecnologie rapportate agli artisti; esse sono un’arma a doppio taglio, poiché capaci di avvicinarli o 18-19 allontanarli dal pubblico.

Se l’artista impone la propria volontà tenace e determinata di affermare la propria individualità, le tecnologie di nuova generazione possono essere un valido aiuto per cogliere, diffondere e distorcere in modo critico, ironico, irrispettoso e incisivo le immagini di oggetti e persone di oggi. Ruolo importante hanno ancora le riviste specializzate in arte; esse sono uno strumento per comunicare e conoscere, per questo dovrebbero essere utilizzate intelligentemente, senza scadere nella propaganda volta a favorire solamente finalità di mercato. Ultimo ma non meno importante punto da analizzare è il rapporto dei giovani artisti con l’arte e quale sia il loro modo di avvicinarvisi; i giovani cercano prevalentemente uno spazio per comunicare, ovvero per farsi conoscere. Purtroppo è reale che non solo spazi civici ma anche gallerie private non siano destinati ad accogliere le giovani leve, le quali ormai si avvalgono di tutti gli strumenti possibili: audio, video, fotografia, elettronica, informatica e materiali differenti rispetto a quelli canonici. In sostanza c’è grande libertà di espressione, ma non sempre gli spazi sono adeguati alle esposizioni dei giovani, che avrebbero bisogno di una sede opportuna in cui organizzare una mostra con regolare catalogo, l’ideale strumento per dire: “ci sono anch’io”. La strada è ancora lunga, ma ci si augura che sia percorribile.


EVENTI

LIGURIA

Da Kirchner a Nolde Espressionismo tedesco 1905-1913 5 marzo – 12 luglio 2015

Dal 5 marzo al 12 luglio 2015 Palazzo Ducale di Genova presenta in collaborazione con il Brücke Museum di Berlino una rassegna sulla nascita dell’Espressionismo Tedesco, curata da Magdalena Moeller, direttrice del Brucke Museum di Berlino. Il termine Espressionismo Tedesco deve la sua origine principalmente alla fondazione del movimento Die Brücke (“Il Ponte”) da parte di Fritz Bleyl, Erich Heckel, Ernst Ludwig Kirchner, Karl Schmidt-Rottluff a Dresda il 7 giugno 1905. Lo scopo di questi artisti è quello di gettare un ponte tra la pittura classica neoromantica e un nuovo stile che si definirà in seguito come “espressionismo”. In mostra oltre 150 opere tra dipinti, stampe e disegni dei fondatori del gruppo, tutte provenienti dal Museo berlinese a documentare una rivoluzione artistica, nel fermento che porterà l’Europa alla Grande Guerra del 15-18 di cui quest’anno si ricordano i cento anni.

L’espressionismo tedesco nasce dal vissuto degli artisti, è la ricerca del soggettivo nella realtà che li circonda. Le metropoli, la vita di strada, il circo, stimolano riflessioni sulla solitudine dell’uomo, sull’alienazione dell’individuo, sull’immoralità. Il segno incisivo – utilizzato ad esempio da Kirchner nel suo Nudo disteso davanti allo specchio del 1909 – e la gamma cromatica acida e accentuata divengono tratti distintivi di questo movimento. Se gli impressionisti cercavano di fissare un’impressione sulle loro tele, e si dedicavano alla realtà esteriore, l’espressionismo si dedica all’emozione, alla sensualità, al raggiungimento di un’espressione efficace, capace di stimolare, impressionare, coinvolgere lo spettatore. Il movimento (costituitosi nel 1905 contemporaneamente – non casualmente – a quello dei Fauves francesi) esprime temi come il disagio esistenziale, l’angoscia, la critica all’ipocrisia della società borghese. La loro forma grafica espressiva era essenziale e alquanto semplificata. I loro modelli principali furono Van Gogh, Gauguin, Rousseau, Munch, Matisse, ma anche le figurazioni sintetiche dell’arte primitiva – conosciuta al Museo Etnografico di Dresda – nonché le deformazioni espressive e le stilizzazioni dell’antica tradizione gotica tedesca. La pittura di “Die Brücke” si caratterizza per l’alterazione dello spazio e della prospettiva, la definizione di contorni netti e taglienti, spesso evidenziati da tratti di nero e l’impiego di tinte forti e contrastanti. Nelle composizioni domina spesso la figura umana, sotto forma di nudo, e compaiono altresì paesaggi, scene cittadine, interni.


e giallo di Heckel Due donne del 1909, le Barche a vela di Pechstein, gli Abeti di Schmidt-Rotluff dove, tutto diventa segno espressivo di grandezza interiore e i piani bianchi e neri si scontrano con violenza e brutalità nella composizione austera. Dopo la guerra, l’espressionismo tedesco si trasforma, assumendo connotazioni esasperatamente realistiche che si spingono fino all’estrema durezza, alla brutalità, alla rappresentazione dell’orripilante con artisti in grande debito verso i pittori del Brucke come Otto Dix (1891-1969), Max Beckmann (1884-1950) e George Grosz (1893-1959). L’esposizione di Palazzo Ducale documenta dunque la varia creatività artistica all’interno di questo gruppo rivoluzionario che riportò l’arte tedesca sulla scena internazionale a un livello qualitativo pari a quello delle opere dei fauves, dei cubisti o ancora, dei futuristi italiani. La mostra è organizzata da Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura in collaborazione con il BrückeMuseum di Berlino e prodotta da MondoMostre Skira.

Dei nudi, tutti accomunati da un’indistinta sensazione di pietà per un’umanità piegata e affaticata dalla spossatezza dell’esistere, risalta la tela di Ernst Ludwig Kirchner Nudo femminile di schiena con specchio e figura maschile del 1912, dove si percepisce fra le figure anche lo spettro divoratore dell’uomo che è la città: la sofferenza dell’essere si insinua fra le sue vie e i suoi vicoli, toglie il fiato con la sua frenesia, lascia storditi e apatici. I tratti dei nudi, specialmente quelli di Kirchner appaiono intrappolati fra la rigorosità delle linee e le tensioni dei piani mentre la cromia intensifica la forza espressiva dell’opera in sé. Un aspetto fondamentale della loro attività fu la produzione grafica, di cui diventarono maestri, specie nella pratica della xilografia. Importantissimi a questo riguardo i lavori di Kirchner, Heckel , Pechstein e Schmidt-Rottluff. Per Kirchner è cruciale il lavoro di grafica, scriverà nel 1921: “La volontà che spinge l’artista verso l’opera grafica è forse in parte il desiderio di plasmare e fissare definitivamente la forma, originariamente libera, del disegno”. Possiamo dire che la produzione xilografica della “Brucke” può essere considerata a pieno titolo una componente essenziale dell’arte germanica del XX secolo. In mostra troviamo diverse stampe artistiche di Brucke, tra queste l’imponente xilografia a colori di Kirchner Bagnanti fra le rocce bianche del 1912, quella in nero


SARKA MRAZOVA Sàrka è vissuta in un contesto culturalmente e artisticamente vivace e ciò ha di sicuro contribuito al formarsi della sua cifra stilistica, delicatamente lirica. Le influenze della sua pittura sono di origine mitteleuropea, il suo artista preferito, non a caso, è Friedrich Hundertwasser, propugnatore di un rapporto autentico con l’ambiente e la vita. Tecnicamente predilige l’accostamento di colori complementari e di effetti “caldo-freddo”, le forme tendono alla semplificazione e la composizione è geometrizzante. La poetica rammenta i paesaggi della sua memoria, ricreati come una narrazione chagalliana che lascia emergere metafore del suo inconscio, tradotte in fresche e vivide scene dell’infanzia e della natura dei luoghi nativi. La concezione estetica di Sarka rifugge da una falsa arte provocatoria, rappresentativa in modo pedante del grigiore quotidiano, sviluppando in alternativa il suo mondo fantastico e ridando dignità all’opera d’arte. Giovanna Arancio


L’opinione Silvia Grandi presenta

La grafica a stampa del movimento Die Brucke Le opere grafiche del movimento Die Brucke (Berlino 1905-1911) , primo embrione dell’espressionismo tedesco, riassumono molto bene il significato di questa nuova rivoluzione dell’arte. E’ attraverso la tecnica dell’incisione, in particolare quella xilografica, su legno, che gli espressionisti della Brucke hanno realizzato alcuni dei loro più importanti e significativi lavori. Si può dire che si comprende a fondo il significato della loro poetica ricercandone la radice nelle opere xilografiche. La tecnica della xilografia è arcaica, artigianale, popolare, profondamente radicata nella tradizione figurativa tedesca. Più che una tecnica nel vero senso della parola, è un modo di esprimere e comunicare mediante l’immagine. E’ un orientamento ideologico: la tecnica è lavoro e l’arte non è connessa con la cultura speculativa-intellettuale delle classi dirigenti ma con quella pratico-operativa delle classi lavoratrici. Il lavoro dell’artista è però una prassi che diventa un’attitudine morale. Nella calcografia (Kalkos=rame), ma anche nella xilografia (xilo=legno) l’immagine è sempre prodotta scavando una materia tenace, che resiste all’azione della mano e del ferro ( punte e sgorbie), l’inchiostro copre poi le parti ‘rilevate’ e infine il torchio o la pressa premono la matrice sulla carta. Quella che viene fuori non è una forma che si libera dalla materia ma che si imprime in essa con un atto di forza. Rispetto alla calcografia, dove c’è qualcosa di alchimistico che pone il lavoro su di un piano di profonda e intensa interiorizzazione, nella xilografia il lavoro è più diretto. Di questo impatto le figure delle xilografie della Brucke portano le tracce nel segno essenziale, nelle linee rigide e angolose, nelle impronte della fibra del legno, e la visione espressionista viene quindi restituita dalla durezza della matrice lignea e dal forte contrasto tra il bianco e il nero che si ottiene da questa. Già prima della nascita del movimento a Berlino, Kirchner aveva visto gli elementi lignei originali di cui Albrecht Dürer si servì per le sue xilografie e, a Norimberga, aveva scoperto le dure incisioni in legno del tardo gotico, la chiarezza del loro disegno, la penetrante forza narrativa, la rigida stilizzazione. Questa durezza espressiva si ritrova in qualche modo

anche nelle sue opere xilografiche, dove il bianco e il nero si fondono armonicamente grazie alla struttura del legno e dove i segni sono frutto dell’atto dell’incidere ma anche delle screpolature e nervature del legno stesso, che diventano parte integrante dell’opera. E’ importante ricordare che Kirchner, come farà anche Kandinsky, preparava lui stesso le matrici e realizzava da sé anche il processo di stampa, evitando di affidarlo ad altri stampatori specializzati: in questo modo poteva variare gli effetti cromatici secondo le proprie intenzioni e dare vita a prove d’autore uniche. Su di esse scriveva poi “stampata a mano” o “stampata in proprio”. In qualche caso, ammorbidiva i toni duri del bianco e nero utilizzando più matrici e diversi cromatismi, come si può vedere bene nelle Bagnanti tra rocce bianche. In generale, osservando le sue opere, si comprende come l’incisore possa utilizzare la stessa tecnica grafica con procedimenti diversi e raggiungere così effetti creativi del tutto personali e risultati sempre innovativi.


EVENTI

VALLE D’AOSTA

Una straordinaria collettiva dedicata all’Astrattismo, da Malevich a Kandinsky. Il Forte di Bard ospita dal 31 gennaio al 2 giugno 2015 oltre 80 opere, principalmente olii e disegni di straordinario valore, appartenenti a una prestigiosa collezione privata tedesca, per la prima volta esposta in Italia e solo in precedenza esposta in due occasioni in Europa.

La collezione, riunita con passione e costanza nel corso di anni, costituisce un nucleo tematico omogeneo con aspetti storico-geografici di grande interesse: le opere illustrano le tendenze artistiche dell’Europa Orientale e Centrale durante la prima metà del XX secolo, con particolare attenzione alla nascita della pittura astratta e ai movimenti di arte non figurativa che ne seguirono e che capillarmente si diffusero in tutta Europa.

Kasimir Malevic, con Kandinsky, può considerarsi il più importante pioniere dell’arte astratta. Proveniente dal contesto del Cubofuturismo russo, Malevic dipinge forme geometriche elementari come il quadrato, la sfera, la croce, dando vita al movimento del Suprematismo: un’arte non descrittiva, puramente contemplativa e spirituale.

Il movimento del Costruttivismo è rappresentato attraverso le opere di Lászlo Moholy-Nagy, importante esponente del Bauhaus tedesco. Max Bill (Abstraction-Creation) e Georges Vantongerloo (De Stijl) testimoniano la diffusione di un linguaggio astratto-geometrico rispettivamente in Svizzera e in Olanda. Info: tel. 0125 833811 Per prenotazione gruppi: tel. 0125 833817 - prenotazioni@fortedibard.it


DOMENICO LASALA

“Le opere di Domenico Lasala si evidenziano per un uso sapiente del colore, ordinato per contrasti simultanei; per una rigida idealizzazione geometrica delle forme che s’accompagna alla suggestione del racconto, con un effetto di incantata attesa, e per i temi spesso legati all’arte dei suoni. Se da una parte si può scorgere una tendenza arcaicizzante dall’altra la stilizzazione delle sagome, in un’atmosfera di fluidità musicale, rendono personale la sua maniera, che viene

sottoposta a un continuo processo di trasfigurazione, ove figure pulite e ferme stanno nella fissità di statue viventi. Questo pittore cerca la bellezza, con passione instancabile e tenta di fissarla sulle tele con immagini che, se non hanno lo scorrere caldo del sangue, il respiro stesso della vita, possiedono un senso plastico dei volumi e profondi sentimenti trascendenti.” Paolo Levi


EVENTI

VENETO

L’OTTOCENTO E IL PRIMO NOVECENTO NELLA COLLEZIONE BANCA POPOLARE DI VICENZA

Attilio Bozzato, Veduta di Chioggia, olio su tela, Vicenza, Palazzo Thiene

La Banca Popolare di Vicenza presenta la mostra “L’Ottocento e il Primo Novecento” che espone, per la prima volta al pubblico, un’estesa panoramica delle opere di proprietà dell’Istituto databili tra il diciannovesimo secolo e dei primi decenni del ventesimo secolo, dopo un intervento di riordino critico del catalogo realizzato con la supervisione dello storico dell’arte e curatore della mostra Ferndano Rigon. L’esposizione si inserisce nel progetto culturale “Capolavori che ritornano”: nato con l’idea di restituire idealmente al territorio di origine opere recuperate su mercati esteri, l’appuntamento è ormai giunto alla diciannovesima edizione e ed è allestito, come ogni anno a dicembre, nelle sale della storica sede di Palazzo Thiene a Vicenza. In tutto 50 opere: vi sono artisti celebri come Beppe Ciardi, Noè Raimondo Bordignon e Francesco Lojacono, che hanno fatto parte delle più significative correnti pittoriche che hanno contraddistinto il periodo, ma anche pittori considerati “minori” e spesso poco noti agli stessi studiosi. Alcuni dei dipinti esposti hanno abbellito uffici e filiali della Banca,

altri provengono dalle banche acquisite, altri ancora sono frutto della politica di acquisizioni che l’Istituto ha perseguito negli ultimi vent’anni. L’esposizione si articola in quattro sezioni, nelle quali i dipinti esposti sono raggruppati per generi, iconografie e linguaggi pittorici: dalle vedute di Venezia e Chioggia (Serenissima, ancora), ai ritratti di carattere familiare e allegorico (Antenati prossimi); dagli spaccati di vita quotidiana dell’Ottocento (Eravamo così), agli scorci di varie parti d’Italia, accomunati dalla luce che rende unico il nostro Paese (Luce d’Italia). Dal 06 Dicembre 2014 al 08 Febbraio 2015 VICENZA LUOGO: Palazzo Thiene COSTO DEL BIGLIETTO: ingresso libero TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 0444 339989 E-MAIL INFO: palazzothiene@popvi.it SITO UFFICIALE: http://www.palazzothiene.it


NINO AIMONE

Il costante ma differenziato impegno ideologico ed etico dal 1964/5 alle ultime opere. Il 1965 è l’anno della Quadriennale romana, alla quale Aimone partecipa su invito con tre opere di grande formato (U.S.A. 1965, Il reattore, Minaccia atomica, presenti in questa mostra), ma è anche l’anno di una esperienza bruciante, un viaggio negli Stati Uniti con un gruppo di artisti italiani, che gli serve per confermare intuizioni, chiarire percorsi avviati almeno l’anno precedente, esprimere valutazioni rispetto ad orizzonti più vasti. Da quell’opera epocale nella vicenda del pittore che è Corso Massimo d’Azeglio derivano dipinti significativi come La ragazza Standa, e si avvia una serie di incisioni nell’arco del ’65 che s’intrecciano senza soluzione di continuità con i lavori di “’iconografia americana”. Al centro di questo manipolo di potenti immagini sta una figura femminile o maschile in fuga

disperata e scomposta (figura che era comparsa circa due anni prima ma con riferimento alla seconda guerra mondiale: Il soldato tedesco, residuo di un dipinto smembrato). Ora invece – dico nelle opere del ’64’65 – la fuga è motivata non da situazioni di natura bellica, almeno di guerra guerreggiata, ma da pericoli più subdoli, che allignano nella struttura stessa del capitalismo, specialmente evidenti nelle megalopoli sconvolte come da un dissesto generalizzato: il consumismo estremo, la violenza sociale, l’aggressività politica, l’ottusità ideologica, la potenza militare sempre meno controllata e controllabile, il dilagare dell’imperialismo economico, espressi da simboli che l’immaginario popolare ha coagulato in forme totemiche quasi primitive. Pino Mantovani


EVENTI PROVINCIA

AUTONOMA DI BOLZANO

CARMEN MITROTTA

GALLERIA FOTO-FORUM, BOLZANO 11 marzo– 11aprile ...a volte esco di casa con il cielo sotto braccio. Fotografie

“Le mie immagini nascono dall’esigenza di descrivere attraverso gli oggetti le relazioni e le sensazioni che osservo e annoto. Quello che salta agli occhi e’ l’insistente ricerca del dettaglio, della precisione formale e l’attenzione cromatica. Tutto cio’ non e’ puramente volto a descrivere una forma estetica ma racconta una eterna sensazione di attesa in cui i colori e le atmosfere pacate descrivono quasi sempre spazzi ben circoscritti e auto-costruiti in cui fermarsi e osservare.” La mostra e’ accompagnata da un catalogo con fotografie dell’autrice e testi di Roberto Mutti e Giancarlo Maiocchi. Opening 10 marzo ore 19.

Inaugurazione: martedì 10 marzo 2015 alle ore 19.00 L’artista è presente. Info Galleria foto-forum Via Weggenstein 3F - 39100 Bolzano Tel. +39 0471 982159 foto-forum.it Orario di apertura Da martedì a venerdì dalle ore 15.00 alle 19.00 Sabato dalle ore 10.00 alle 12.00 Ingresso libero


EVENTI PROVINCIA

AUTONOMA DI TRENTO

MUSEO DI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI TRENTO E ROVERETO

Il MART, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto è presente nel capoluogo trentino con la sede della Galleria CIVICA

12 FEBBRAIO 2015 / 15 MARZO 2015

“Fabbrico giochi e stimolo sogni per chi non è ancora convinto dell’assurdità della vita.” Gabriel Lalatta Il Mart presenta, per la prima volta in uno spazio museale, l’opera di Gabriel (Gabriele) Lalatta Costerbosa, avvocato bolognese che, a partire dagli anni Ottanta ha dato vita a una solitaria e originale attività scultorea. Influenzato anche dall’amico Bruno Munari, Lalatta assembla molteplici e disparati materiali di recupero, autodefinendosi un creatore di giochi da offrire a sguardi innocenti e curiosi, come quelli dei bambini. Il poeta Roberto Roversi di queste sculture ha scritto: “frammenti di cose sollevati da venti sottili, disposti ad indugiare, straordinariamente armonici e leggeri”; mentre Bruno Munari parla di incisioni mobili nell’aria che si offrono a noi come “stimoli della percezione” per rieducare lo sguardo.

Nel delicato equilibrio di questi Giochi, affidato spesso a magneti e fili di ferro, il divertissement si intreccia a sapori surreali e a numerosi richiami, seppur involontari, a grandi figure dell’arte italiana del Novecento, tra cui il roveretano Melotti e lo stesso Munari. A cura di Federico Zanoner, curatore e archivista del Mart, con la collaborazione di Carlo Tamanini, responsabile dell’Area educazione, la mostra mette in luce la funzione didattica delle creazioni di Lalatta. Il visitatore è così invitato a scoprire la varietà di forme e significati della realtà, al mutare dei punti di osservazione, e a ritrovare nei frammenti di oggetti gli elementi per la creazione di personali invenzioni poetiche, latenti in ognuno di noi.


EVENTI

FRIULI VENEZIA GIULIA Mostra personale di Nina Bric dal 20 Mar 2014 al 3 Apr 2014

Spazio espositivo Artì Art Show Room Gorizia - Friuli-Venezia Giulia

Le cattive ragazze, gli animali inquietanti di Nina Bric, scivolano tra il neo pop e il surrealismo, giocando con le citazioni di famosi dipinti nell’esplorazione del lato oscuro e trasgressivo della femminilità. Nata nel 1984 a Sempeter vicino Gorizia, si è laureata nel 2012 in pedagogia dell’arte. la sua attività poliedrica va dalla pittura alla scultura, al fumetto, fino alla creazione di giocattoli e burattini. . E’ stata intervistata sui quotidiani Pendrek, Klik, Elle and Cosmopolitan. Vive e lavora a Ljubljana, in Slovenia. http://ninabric.si Per battezzare la propria attività, Artì Show Room (Via dei Cappuccini, 3) ospiterà la mostra personale della giovane artista slovena Nina Bric. Nata nel 1984 a Sempeter, (Slovenia), Bric si è laureata nel 2012 in pedagogia dell’arte. La sua attività spazia dalla pittura alla scultura, dal fumetto fino alla creazione di giocattoli e burattini. Le sue cattive ragazze e gli animali inquietanti scivolano tra il neo pop e il surrealismo, giocando con le citazioni di famosi dipinti nell’esplorazione del lato oscuro e trasgressivo della femminilità. L’artista, che è stata intervistata dalle riviste Pendrek, Klik, Elle e Cosmopolitan, vive e lavora a Ljubljana. Al vernissage, in programma alle 18.00, sarà presente la scrittrice e studiosa Tatjana Rojc.

La mostra rimarrà aperta in via dei Cappuccini fino al 3 aprile dal lunedì al venerdì con orario 9.00-12.30 e 15.30-18.30 Organizzato da: Artì Show Room Tel. +39 0481 550624 http://www.artishow


ENZO BRISCESE

Traduce in rapidi racconti i suoi vissuti e la mimesi degli inizi diventa in seguito un maturo narrare trasfigurato. All’epoca della serie sui paesaggi urbani egli delinea una struttura di astrazione dal fondo scabro, squadernato tra fogli incollati di giornale, interi o strappati, ed emergenti con le loro tracce di cronaca, con il segno raggrinzito dei caratteri e i brandelli di sagome e storie. Fatti e fantasie finiscono

con l’intrecciarsi sul supporto adibito come affabulatore visivo, in mezzo ad intensi e cupi paesaggi periferici in cui affiorano estese strisciate di bianco, simbolo del tempo che cancella ciò che è stato. Intorno al 2008 le tele vanno mutando con un conseguente trascolorare delle atmosfere e un lento spostamento tematico, sempre spalancato sul tragitto pulsante di viaggi e città. Si arricchisce il suo universo pittorico realizzando con pathos informale dipinti di solida bidimensionalità. Il bianco perde la sua funzione di simbolo temporale e accende i dipinti come luce con echi allusivi, ma del tutto contemporanei, al grande colorismo veneto. Si avvertono una dematerializzazione controllata, e sviluppa un processo di rimeditazione artistica e, in specifico, della sua poetica. Rimedita la situazione epocale dell’ arte sia quella personale, gremita di dubbi e stimoli che lo inducono ad una nuova fase di rottura nella continuità. Si va dal figurativo alla Bonnard alle esperienze neocubiste e ai rimandi costruttivisti, dal passaggio all’informale all’astrazione cui segue l’ astrattismo, ed ora, nei lavori del 2013, si ravvisa pienamente avviata la reintroduzione della figurazione, Anche il tempo, come lo spazio, ha sostituito le superate coordinate tenendo conto di questo primo quarto di millennio policentrico e frammentato.. E. B. vive il suo tempo senza subirlo pittoricamente sottraendosi alla percezione di un angoscioso appiattimento. Lo spazio pittorico, peraltro, controlla l’affastellarsi di tracce e figure mirando all’essenzialità verso cui il pensiero è proteso nel segno del divenire.


EVENTI

EMILIA-ROMAGNA

La Fondazione Cassa dei Risparmi e i Musei San Domenico di Forlì, proseguono nell’esplorazione, attraverso nuovi studi e la riscoperta di opere poco note, della cultura figurativa fra l’ottocento e il novecento, proponendo un’approfondita rivisitazione della carriera artistica di Giovanni Boldini. La mostra racconta la sua lunghissima carriera, caratterizzata da periodi diversi tra loro. Rispetto alle recenti mostre, la rassegna mette in risalto non solo i dipinti, ma anche la vasta produzione grafica, tra disegni, acquerelli e incisioni. Il percorso è arricchito con la presentazione di nuove opere, sia pittoriche che grafiche. Punto di maggior forza della mostra vuole essere la riconsiderazione della prima stagione di Giovanni Boldini negli che vanno dal 1864 al 1870, trascorsi prevalentemente a Firenze a stretto contatto con i Macchiaioli. Le prime sezioni, nelle sequenze delle sale al piano terra, sono dedicate all’immagine dell’artista rievocate attraverso autoritratti e ritratti; alla biografia per immagini (persone e luoghi frequentati); all’atelier: alla grafica. Le sezioni successive, al primo piano, dopo il ciclo della “Falconeria”, ripercorrono attraverso i ritratti di amici e collezionisti la grande stagione macchiaiola. Segue la prima fase successiva al definitivo trasferimento a Parigi, caratterizzata dalla produzione dei paesaggi e di dipinti di piccolo formato con scene di genere, legata al rapporto privilegiato con il celebre e potente mercante Goupil. Subito dopo hanno un grande rilievo, anche per la possibilità di proporre confronti con gli altri italiani attivi a Parigi, come De Nittis, Corcos, De Tivoli e Zandomenenghi, le scene di vita moderna,

esterni ed interni, dove Boldini si afferma tra gli interpreti della metropoli francese negli anni della sua inarrestabile ascesa come capitale mondiale dell’arte, della cultura e della mondanità. Seguono infine le sezioni dedicate alla grande ritrattistica che lo vedono diventare il protagonista in un genere, quello del ritratto mondano. A questo proposito è una novità la possibilità di accostare per la prima volta ai suoi dipinti le sculture di Paolo Troubetzkoy.


LA ROSA DI FUOCO La Barcellona di Picasso e Gaudì

Palazzo dei Diamanti, Ferrara - 19 aprile – 19 luglio 2015 Effervescente e ammaliante, estrosa e ribelle, Barcellona all’inizio del Novecento era “la rosa di fuoco”. Un fervore nuovo infiammava la scena artistica e culturale, dove spiccavano gli astri di Picasso e Gaudì, sullo sfondo di una rovente tensione sociale che alimentava conflitti e attentati. A siglare l’ascesa di Barcellona era stata l’Esposizione Universale del 1888, che celebrava lo sviluppo economico e urbanistico della capitale catalana e contribuiva a diffondere idee di rinnovamento e di modernità sul modello della Parigi Art Nouveau e di altre città europee. Una schiera di talenti diede allora vita a una straordinaria fioritura in campo artistico, architettonico, musicale e letterario, cambiando il volto della città. A Barcellona il giorno continuava la notte e la vita culturale esplodeva come un fuoco d’artificio nell’eccentrico clima della fin de siècle. Forti conflitti sociali accompagnavano, però, questa crescita culturale ed economica, culminando nel 1909 nella cosiddetta “settimana tragica”, segnata da violenti scontri tra esercito e popolazione, che

decretò la fine di questa stagione irrepetibile. La rosa di fuoco. La Barcellona di Picasso e Gaudì racconterà di questi anni fecondi e inquieti e della colorata, sanguigna fucina di artisti che li animò, lasciando un’impronta nella storia dell’arte del Novecento. Le invenzioni di Lluis Domènech e soprattutto di Gaudì, visionario innovatore delle forme architettoniche e del design d’interni, si avvicenderanno ai capolavori dei protagonisti della pittura e scultura catalana, come Ramon Casas, Santiago Rusinol, Hermenegildo Anglada Camarasa, Isidre Nonell, Juli Gonzalez e il giovane Picasso, che mettono in scena con stili differenti un’istantanea della vita moderna, dall’atmosfera scintillante e bohemien dei caffè e dei rltrovi notturni, alle effigi di prostitute, gitane e miserabili virate in blu, toccanti icone della solitudine che il progresso si lasciava dietro. Un caleidoscopio di dipinti, opere grafiche,gioielli, sculture, modelli architettonici e teatrali testimonierà come tutte le arti siano state percorse dal medesimo fuoco di rinnovamento. Info: +39 0532 244949


Balla, Boccioni, Boldini, Crane, Cremona, De Nittis, Fattori, Fontanesi, Lega, Palizzi, Previati, Segantini, Signorini

Il Bel Paese

L’Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra dai Macchiaioli ai Futuristi

22 febbraio - 14 giugno 2015

Sponsor ufficiale

via di Roma 13 tel. 0544 482477 mar.ra.it

Comune di Ravenna Assessorato alla Cultura

CittĂ Capitale Italiana della Cultura 2015

Filippo Palizzi, Fanciulla sulla roccia a Sorrento, 1871 Collezione privata, Fondazione Internazionale Balzan, comodato presso Teatro Sociale E.Balzan di Badia Polesine Progetto grafico Filippo Farneti


L’opinione

Vi n c e n z o C i g n a r a l e Fascino cittadino Gianluca Bosello

Spesso il pittore che è impressionato dal fascino naturalcittadino che si associa agli “esterni”, dal sentore di cielo e di aria che vibra tra simili proiezioni riesce a coglierne l’intima connessione strutturale e a farla esplodere con le sue bordate cromatiche; allargare tale inchiesta e spingerla oltre le più lontane propaggini dell’infinito è una peculiarità che appassiona pochi cultori delle arti figurative, tra questi ci sentiamo di inserire a tutte lettere Gianluca Bosello. Le sue incursioni tra le espansioni cittadine si protendono verso spazialità che recepiscono l’immenso quasi fossero affannate da una ansiosa ricerca dimensionale che è poi la risultante più genuina di un mai sopito anelito a quella pace interna, a quella beatitudine sedata. L’artista in simile attitudine inquisitoria dimostra un costrutto formale che raramente si incontra sia per la perfetta aderenza tematica, sia per il dispiego di mezzi tecnici, altro segno questo di una partecipazione totale ad una immersione nella realtà che risponde ad aspirazioni etiche e nel contempo atto di omaggio alla bellezza, la sola oasi che resta all’uomo irretito da tensioni e distratto dalle problematiche umame. Un altro appoggio di rara singolarità è avvertibile nella proprietà di scrittura che non si lascia deviare da preziosismi, il momento

descrittivo infatti è sorretto da uno snodarsi grafico che non concede spazi a intrusioni, la resa figurale ne esce pulita, netta, decisa, carica di una essenzialità che diviene pregio e sigla al tempo stesso: non si avvertono concessioni al banale e all’improvvisazione, la linea estetica si protende disinvolta e sicura anche se opera all’ombra di sollecitazioni di gioie fantastiche e dietro istigazioni di felicità remote e di impegni di memoria. Dopo tali osservazioni siamo sempre convinti che la dimestichezza artistica di Gianluca Bosello trova in qualsiasi atteggiamento quei momenti magici che rapidamente assurgono ai fasti di un lirismo sottile e suadente che si placa nel cosmo e si tramuta in un’ampia coralità a seguito del sotteso equilibrio tra segno e colore, tra forma e descrizione, il dipanarsi scenografico così allargato ed attinente accentua ancor più queste risultanze che recitano brillantemente i loro ruoli in un contesto poetico che giunge ad essere più pertinente e melodico per questa suggestiva maniera nel saper recepire le connessioni tra la realtà e l’intima essenza delle sue propensioni. Sono tutte voci che concorrono a dare il rimarco del pregio alla situazione figurale che assorbe gli interessi di Bosello. Vincenzo Cignarale


EVENTI

TOSCANA

SIGNORINI, FATTORI, LEGA E I MACCHIAIOLI DEL CAFFÈ MICHELANGIOLO. RIBELLI SI NASCE

Una lucida passione ri-evoluzionaria che ha condotto gli artisti a credere di poter mutare il futuro del proprio paese assegnando alla cultura un ruolo decisivo. I macchiaioli, da testimoni del proprio tempo, decisero di scendere in arena, rinunciando ai sogni e alle coscienti illusioni, per diventare artefici del proprio destino interpretando la vita reale e spirituale, e diventando strumento della propria vita ideologica. La mostra “Signorini, Fattori, Lega e i Macchiaioli del Caffè Michelangiolo. Ribelli si nasce”, a cura di Maurizio Vanni e Stefano Cecchetto, che sarà aperta al Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art dal 21 novembre 2014 al 6 aprile 2015, nasce proprio da questo presupposto: rivedere il movimento dei macchiaioli alla luce della loro modernità, del loro essere ribelli alle regole accademiche e a ogni convenzione. “In un momento di crisi d’identità – scrive il co-curatore Maurizio Vanni –, crediamo importante analizzare un movimento che ha cercato di cambiare il mondo, e le sorti del proprio paese, anche attraverso la cultura”. Scriverà Telemaco Signorini, una delle figure più rilevanti del gruppo, nel 1889 ne “Il Gazzettino delle Arti e del Disegno”: “Sapete, secondo noi, l’arte grande qual è? È quella che esige dall’artista non cultura storica né talento immaginativo, ma osservazione coscienziosa e esatta delle infinite forme e caratteri di questa natura che vive contemporaneamente a noi”. L’approccio verso il cambiamento e il desiderio di non rimanere indietro rispetto alle evoluzioni culturali di altri

paesi ha animato questo gruppo di pittori a partire dal 1856 quando a Firenze i giovani artisti che frequentavano il Caffè Michelangiolo di via Larga – punto di ritrovo vicino all’Accademia di Belle Arti – percepirono la necessità di confrontarsi con i colleghi europei, in particolare con i francesi. La mostra, prodotta da MVIVA con il patrocinio di Regione Toscana, Provincia di Lucca, Comune di Lucca, Opera delle Mura di Lucca, Camera di Commercio Lucca, Assindustria Lucca, Confcommercio Lucca, Confesercenti Lucca e con il supporto di Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Fondazione Banca del Monte di Lucca e Gesam Gas&Luce, ripercorre le fasi della nascita e dell’evoluzione del movimento rileggendolo con un’ottica alternativa e attuale attraverso 40 capolavori di artisti tra cui Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Giuseppe Abbati, Cristiano Banti, Giovanni Boldini, Odoardo Borrani, Vincenzo Cabianca, Vito D’Ancona, Raffaello Sernesi provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private. Lavori dipinti dal vero da cercatori di luce e di verità, di colori e di vita vera, che anteponevano la sperimentazione artistica al proprio interesse e che riscriveranno la storia del secondo Ottocento italiano. “Ribelli si nasce quindi – sottolinea il co-curatore Stefano Cecchetto –, per impeto, per passione, ma anche e soprattutto per un effetto della ragione. Questi artisti, dopo aver intuito in maniera limpida la visione della realtà, hanno saputo restituirla attraverso sottilissime reazioni che dichiarano una lungimirante modernità”.

Dal 21 Novembre 2014 al 06 Aprile 2015 - LUCCA Luogo: Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art CURATORI: Maurizio Vanni, Stefano Cecchetto COSTO DEL BIGLIETTO: intero € 9, ridotto € 7 tel. per info: +39 0583 571712 e-mail per info: info@luccamuseum.com sito ufficiale: http://www.luccamuseum.com/it


EQUILIBRIUM Museo Ferragamo

Alcune delle opere degli artisti più emblematici della cultura e dell’arte moderna e contemporanea sono state selezionate e messe a confronto per elogiare e porre in evidenza un tema di fondamentale importanza: la ricerca di se stessi e del proprio equilibrio interiore all’interno di un percorso evolutivo, perseguita con mezzi diversi e rappresentati con altrettanti mezzi - artistici - diversi, dalla pittura, alla scultura, alla fotografia, alla scrittura. Trasmettere l’esperienza dell’equilibrio Stare in equilibrio o cercare l’equilibrio fisico e interiore è una delle esperienze più vere e antiche che ci sia ancora concessa di vivere nel mondo contemporaneo, perché legata alla condizione primordiale dell’uomo, quella di alzarsi in piedi e camminare. L’elogio del camminare, danzare scalzi o sulle punte, avanzare sul filo come funamboli, scalare montagne, incedere e marciare a comando, passeggiare per ritrovare se stessi, sono solo alcuni dei temi affrontati nella mostra Equilibrium al Museo Salvatore Ferragamo di Firenze, curata da Stefania Ricci e Sergio Risaliti. La mostra si basa su un confronto tra opere d’arte di valore

e significato eccezionali e media diversi – pittura, scultura, fotografia, video, cinema, edizioni a stampa – arricchito da documentari e testimonianze storiche, immagini d’archivio e una serie di interviste a personaggi celebri della nostra epoca: Wanda Miletti Ferragamo, James Ferragamo, Jerry Ferragamo, Reinhold Messner, Eleonora Abbagnato, Will Self, Cecil Balmond e Philippe Petit. I curatori hanno selezionato opere di Antonio Canova e Edgar Degas, di Auguste Rodin e Antoine Bourdelle, di Henri Matisse e Pablo Picasso, di Paul Klee e Alexander Calder, di Bill Viola e Marina Abramović, di Vasilij Kandinskij, di Fausto Melotti.Al progetto hanno aderito importanti musei internazionali e diverse gallerie d’arte. Ingresso: Palazzo Spini Feroni Piazza Santa Trinita 5/R, 50123 Firenze. Tel. 055 3562846 / 055 3562813 Fax 055 3562475 e-mail: museoferragamo@ferragamo.com Orario: museo aperto tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.30; Proroga fino al 23 aprile 2015


FRANCO MARGARI

Franco Margari, negli ultimi cinque anni, ha veduto crescere le sue qualificate presenze a numerose gallerie e centri espositivi, nonché a fiere e concorsi. Tutto ciò non è una fortuita coincidenza, ma corrisponde ad una sua progressiva trasformazione artistica che lo ha condotto verso l’astrazione. Le sue tele, ricche di una fantasmagorica gamma di colori non approdano all’informale, ma mantengono un solido substrato ‘grafico’, proveniente dalla sua consolidata preparazione nel campo del disegno e della figura. Le sue forme astratte, (talvolta dalle lontane eco tardogotiche della pittura tedesca di Matthias Grünewald o dei ‘segni’ moderni di Georges Rouault)

disegnano linee spezzate ed elementi primari, spesso diedri elementari di cristalli, scomposti e frantumati in una sorta d’esplosioni vitali. Ma è la luce, una luce bianca e pura come quella sognata dall’Umanesimo, che interviene plasmando e modificando la materia inerte. Ecco, allora, ‘divine’ lame o croci di luce che piovono dall’alto, cosmogoniche matrici all’alba del mondo, che incendiano di vita quei diedri rutilanti, ora, dei colori primari dell’iride, in una scomposizione della lucemadre che s’irradia in quella materia stessa, rendendola ‘intelligente’ e nel contempo quasi dissolvendola o liberandola del suo ‘peso’. GIAMPAOLO TROTTA


L’opinione Lodovico Gierut Protagonisti del Novecento per i cento anni del Comune di Forte dei Marmi Non vorremmo essere presuntuosi nel dire che la mostra “Artisti x Forte 100”, da noi curata assieme a Vittorio Guidi, organizzata dal locale Museo “Ugo Guidi” assieme al Comune di Forte dei Marmi presso lo storico “Fortino” è stata definita dai più “un autentico evento” – una sorta della ‘ciliegina sulla torta’ – chiudendo le celebrazioni della cittadina versiliese per il centenario della nascita come Comune (1914-2014), ma gettando contestualmente le basi per altri notevoli capitoli della cultura. Ciò che ha colpito il gran pubblico, è stata – infatti – l’unione di una settantina di opere (sculture, dipinti ad olio, disegni, acquerelli, litografie...), eseguite nella quasi totalità proprio a Forte dei Marmi da nomi ormai consolidati come Carlo Carrà, Ardengo Soffici, Arturo Martini, Antonio Bueno, Ernesto Treccani, Carlo Boecklin, Giorgio de Chirico, Lucio Fontana, Emilio Vedova, Pietro Annigoni, Henry Moore, Marino Marini, Emilio Greco, Vinicio Berti, Anna Chromy, Ugo Guidi, Galileo Chini, Ernesto Thayaht..., alcuni dei quali residenti ma pure altri del presente e del passato che in un certo senso hanno sollecitato l’attenzione diretta e indiretta (opere concretamente esposte e altre in una video pubblicazione, e dunque virtuali, di Alberto

Bongini, Cesare Riva, Marcello Scarselli, Maria Gamundì, Virginia Tentindò, Stefano Paolicchi, Harry Marinsky, Luciano Maciotta, Ivan Theimer...) del gran pubblico per l’oculata scelta legata a quella professionalità e a quel “mestiere” senza cui, come abbiamo più volte sottolineato, un artista non può definirsi completamente tale. Se Umberto Buratti, Sindaco, ha scritto della “grande arte che, nel corso di questo secolo, ha accompagnato la storia di Forte dei Marmi: dagli autori che qui hanno soggiornato, a coloro che vi sono nati, fino a quelli contemporanei”, Simone Tonini – Presidente del Consiglio Comunale – ha sottolineato che l’esposizione “ripercorre la creazione di una mirabile produzione artistica realizzata nel Novecento, dedicata alla nostra città, che grazie ad essa è entrata di diritto nei manuali di storia dell’arte...”. Da parte nostra c’è, comunque, la soddisfazione di aver potuto abbinare un grande passato con il vento di alcuni rinnovi, proponendo anche, nel catalogo, una bibliografia molto vasta su cui altri potranno sostare addentrandosi sempre più nel paradiso della creatività di una Toscana “punto di partenza e di arrivo”.


EVENTI

UMBRIA

ASSISI ANTIQUARIATO Per informazioni turistiche Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica del Comprensorio Assisano Piazza del Comune - 06081 Assisi Tel. 075.8138680 / 8138681 - Fax 075.8138686 info@iat.assisi.pg.it

Orari d’apertura: 25-26 aprile: 10,00-20,00 continuato 27-28-29-30 aprile : 15,00-20,00 1-2-3 maggio: 10,00-20,00 continuato Per informazioni: Segreteria Mostra: Tel. 075.800.13.11

Tesori in mostra: torna “Assisi Antiquariato” dal 25 aprile al 3 maggio. Ottanta espositori italiani e stranieri, rigidamente selezionati, proporranno al grande pubblico oggetti rari e preziosi: mobili, dipinti, sculture, gioielli, maioliche, tappeti e complementi d’arredo. Appuntamento da non perdere per collezionisti, studiosi e appassionati d’arte.

Ottanta espositori, tra cui alcuni stranieri, proporranno al grande pubblico un affascinante tuffo nel passato. Migliaia di pezzi di stili diversi, tutti con la propria storia e il proprio fascino. E tutti rigorosamente selezionati da una commissione di esperti d’arte. La qualità sottolineano gli organizzatori del Centro Internazionale Manifestazioni d’Arte resta la nostra priorità.

BASTIA UMBRA - Gallerie selezionate, oggetti rari e preziosi, atmosfera d’altri tempi:dal 25 aprile al 3 maggio torna “Assisi Antiquariato”, appuntamento tradizionale per tutti gli amanti dell’arte antica. Anche la 43esima edizione della prestigiosa mostra mercato nazionale nata all’interno del Sacro Convento si svolgerà nei padiglioni del Centro Umbriafiere di Bastia Umbra, uno spazio espositivo di ottomila metri quadrati, a due passi dalla città di San Francesco.

Per nove giorni riflettori accesi su mobili, dipinti, sculture di alta epoca, gioielli, tappeti, arazzi, maioliche, stampe, libri e grandi arredi. Alto antiquariato, ma anche oggetti di pregio alla portata di tutte le tasche. Oggetti quasi sempre introvabili altrove. Ogni anno la rassegna è visitata da migliaia di appassionati che arrivano da tutta Italia. In sensibile aumento nelle ultime edizioni il numero dei giovani.


TOMMASO ANDREINI

Nacqui in una città unica, crescendo, me ne innamorai. (Tommaso Andreini) Nascere a Siena è per certi versi un privilegio di cui forse non si è mai pienamente consapevoli. La città si offre agli occhi di tutti con la bellezza e la potenza di un glorioso passato dipinto e scolpito in ogni angolo. Per quelli che come Andreini si muovono, ormai da tempo, nel mondo dei cantieri dell’arte e del restauro pittorico, una cosa è chiara: Siena è un grande libro di pietra e colori dove leggere, apprendere e trovare ispirazione. Qui l’artista ha trovato infatti forza e passione per disegnare, dipingere e modellare la materia. Nel 2009 ha deciso di portare fuori dal laboratorio i suoi lavori artistici. Espone le sue opere in diverse gallerie italiane ed estere e nel suo atelier a

pochi passi dalla Torre del Mangia. Non ci stupiremo quindi se nei suoi lavori, i risultati della qualita’ disegnativa hanno preceduto nel tempo e nell’ intensita’ i modi dell’espressione cromatica. In gran parte dei dipinti di Andreini, i mezzi grafici risolvono con sicura certezza l’invenzione dell’artista, precisandone figure e modulazioni, modificando e corredando il suo linguaggio con l’intervento dell’apporto chiaroscurale, costruendo con luci ed ombre, una suggestione plastica resa evidente anche da patinature, velature e trattamenti di finitura alle tele. Chi vuol guardare con occhi diversi i dipinti di Tommaso Andreini, troverà silenziosamente i colori e i temi di Siena, vero cuore della sua creatività. Stefano Andrei


NOVELLO BRUSCOLI - RETROSPETTIVA Palazzo Vitelli a Sant’Egidio 14 febbraio – 15 marzo 2015

Nel decennale della morte, avvenuta a Città di Castello il 14 novembre 2014, la città rende omaggio ad un tifernate illustre, tra i più vivaci animatori della scena artistica e culturale degli anni passati è stato notevole protagonista di quel mondo artistico fervido di scambi intellettuali eppure così lirico ed enigmatico narratore di mondi interiori. Novello Bruscoli è stato un pittore, un pensatore, un performer, un gallerista, un commediografo. La retrospettiva a lui dedicata è l’evento che va a coronare una serie di iniziative promosse, come l’esposizione stessa, dalla famiglia Bruscoli, da Architetti nell’Altotevere Libera Associazione, Tela Umbra e Fabio Coltrioli, col Patrocinio della Regione Umbria, del Comune di Città di Castello, dell’Ass. Palazzo Vitelli a Sant’Egidio e della Fondazione Cassa di Risparmio di Città di Castello. Il progetto ha avuto inizio alla fine di novembre con due omaggi a due interventi performativi dissacranti ed ironici che l’artista ha realizzato a Città di Castello: sono stati riproposti “Intervento sulla città” (ovvero “L’ultima minzione”del 1980, provocatorio gesto di denuncia dello status degradato delle Logge Bufalini, e l’istallazione eversiva che ha accompagnato l’azione concettuale presso la Torre Civica nel 1994, un’ “evasione” metaforica da un luogo concreto di prigionia quale è stata la torre nel passato. Novello Bruscoli ha fondato e animato la Galleria “Il Pozzo”, luogo di transito e di mito, dove in quasi trenta anni di attività ha allestito oltre trecento mostre, fra cui le personali di Beuys, Dottori, Rosai, Turcato, Dorazio,

Schifano, Antonio Bueno, De Gregorio, Biasion, Attardi, Manzù, Michele Cascella, Giuman. Novello Bruscoli ragiona sulla pittura con la pittura, compiendo un percorso celebrativo e al contempo dissacrante, realizzando composizioni dall’apparenza semplice e di immediata leggibilità che in realtà ammiccano al formularsi di rebus mentali che autorappresentano un segreto mondo interiore e cercano libertà senza vincoli. Citando Vanni: “Novello Bruscoli ha amato la sua città e ha sempre combattuto perché divenisse un luogo libero ed accessibile rimuovendo tutte le barriere che ne delimitano lo spazio fisico e culturale. Città di Castello è una donna legata da fasce, come una mummia, ma allo stesso tempo è Castrum Felicitatis, un luogo di felicità, dono prezioso da preservare e curare con amore e divertimento, perché quella figura imprigionata e sospesa, come in una gabbia, possa mostrare le proprie forme sinuose e il proprio sguardo luminoso. INFO: Palazzo Vitelli a Sant’Egidio, Città di Castello (PG) Orari mostra: Sabato e domenica, 11,00-13,00 17,00-19,30 Chiuso lunedì Ingresso libero www.novellobruscoli.it


L’opinione Roberta Panichi QUI SI VENDONO SOLDI Giulio Giustini

Palazzo Vitelli, Piazza Matteotti 2, Città di Castello Dal 27 marzo al 26 luglio “Qui si vendono soldi” di Giulio Giustini è la risposta alle continue e-mail ricevute con annessa richiesta di soldi da parte di organizzatori di eventi d’arte o gallerie che sfruttano le speranze degli artisti di poter entrare in questo sistema così proibitivo colpendoli proprio sul loro punto debole. Accanto al sistema dell’arte ufficiale si vengono a creare esposizioni d’arte senza senso con un livello culturale basso, dove l’unica selezione è quella del portafoglio, sminuendo il lavoro creativo che c’è dietro ogni opera d’arte, e il valore dell’artista. Diversamente da quello che succedeva in passato, quando l’arte di qualità e l’artista venivano sostenuti, credendo in un’idea di collaborazione e non di sfruttamento. Giulio Giustini, nato a Sansepolcro nel 1981, lavora tra Roma e il centro Italia. Autodidatta, ha sperimentato materiali plastici e compositivi costituendo assemblages rivisitati da colate di colori pastello o fluo, impiegando le diverse tecniche artistiche come rinnovamento circolare e dinamico, in costante provocazione con il sistema sociale e artistico ne utilizza il linguaggio ed i simboli per prenderne le distanze. La mostra è una denuncia diretta della condizione dell’artista contemporaneo e dell’arte, schiavi di un business formato da un mercato dominato dal dio denaro. Una riflessione acuta sull’oggetto e sul contenuto, che obbliga lo spettatore a porsi interrogativi e a cambiare punto di vista. Info: www.giuliogiustini.it


EVENTI

MARCHE

PAOLO ANNIBALI. DIRÀ L’ARGILLA LA MANO, LA TERRA, IL SACRO

Dall’ 8 novembre 2014 al 15 febbraio 2015 (inaugurazione sabato 8 novembre ore 18) la settecentesca Mole Vanvitelliana di Ancona ospita nelle sale del Museo Omero la mostra di Paolo Annibali , con oltre 20 grandi sculture in terracotta realizzate negli ultimi tre anni, secondo un progetto unitario pensato per il Museo Omero. Le grandi sculture in terracotta, collocate come a ricostruire un antico tempio, sono inconsuete, disperatamente attuali, prive di enfasi eppure fortemente attrattive e seducenti nel loro silenzio spaziale. Una sorta di “monumento al nulla” – così Annibali – senza miti e senza eroi; dove gesti e sguardi rivelano il vuoto del presente e la distanza impenetrabile delle figure femminili del frontone. Oltre alle sculture, tutte inedite, anche 21 splendidi disegni a china e un’immensità di schizzi e bozzetti. L'allestimento degli architetti Massimo Di Matteo e

Mauro Tarsetti, si articola in modo da fondere la fatica quotidiana del lavoro della scultura con la solennità delle opere finite. Seguono poi gruppo di “acròteri” –Cariatide, Hestia, La fine delle cose, Eroe sfinito, Maschere – e tutti i 21 disegni a chinaAutoritratto, Disperdersi, Il mare lontano, Eva. Per poi arrivare al tempio impossibile con le 12 metope: singole scene teatrali incastonate con la loro profondità in moduli di terracotta, racconti intimi, ricordi, epifanie, visioni da Album di famiglia a Bambina che sogna il mare. Di forte impatto le cinque figure femminili del frontone, cinque donne colte nei loro gesti quotidiani come truccarsi o specchiarsi. Una mostra ideata per il Museo Omero, (che già ha già in collezione permanente quattro opere di Annibali), da vedere e da toccare, fruibile da parte di visitatori vedenti e non vedenti. La terracotta può esser toccata, esplorata con le mani, accarezzata ed è il materiale ideale per una mostra

Museo Tattile Statale Omero - Mole Vanvitelliana Curatori:Flaminio Gualdoni Enti Promotori: Museo Tattile Statale Omero •con il Patrocinio della Regione Marche •Associazione Per il Museo Omero Tattile Statale Omero ONLUS Tel. Info: +39 071 2811935 - Sito Ufficiale: http://www.museoomero.it


CORRADO ALDERUCCI

Corrado Alderucci, disegnatore, grafico e pittore, propone caratterizzate composizioni di volumi geometrizzanti, raggruppamenti di edifici stilizzati,evocanti le architetture essenziali di Carlo Scarpa,a volte con disposizione apparentemente decostruttivista. I dipinti includono elementi minimali e simbolici, come chiocciole, matite,barchette di carta ed improbabili finestrelle attraversate da fili senza inizio e senza fine Il colorismo è sobrio, tenuto sull’alternanza dei tre primari: rosso, giallo, e azzurro, con tonalità

tendenzialmente “ pastello “, anche quando l’artista indulge sui valori profondi dei viola, nelle diverse varianti. L’opera di Alderucci è una pittura di apparenza metafisica,ma senza lo smarrimento nostalgico, ispirato ai motivi dell’infanzia, dei trastulli, degli elementi dell’immaginario fanciullesco,come i lapis,fedeli compagni di chi nella prima età sognò di appropriarsi della realtà attraverso il disegno e la figurazione: Leonardo docet. Enzo Papa


ALICE CRISTELLI

Colpisce lo sguardo. Sguardo impietoso e a tratti ferino di donne e di uomini, sguardo vispo e naturale di animali sia domestici che selvaggi. Alice Cristelli sembra qui celebrare e ricercare un incontro, dotato di caratteristiche ben diverse rispetto a ciò che viene socialmente inteso con tale termine. E si tratta infatti di un incontro privo di condivisione, se non quella della propria incomunicabilità: dell’essere umano e di ciò che esso sente ma che non riesce ad esprimere, una profondità fin troppo corporea per essere pronunciata o scritta; e incomunicabilità dell’animale, che proprio in quanto ad esso connaturata lo solleva dal peso della parola e libera la dignità e la capacità espressiva del suo istinto. Accadono perciò apparizioni di uomini e di donne che hanno sguardi e occhi di squalo, di rapace, di rettile, e parallelamente cani, capre, ratti vengono immortalati in veri e propri ritratti a mezzobusto e

in posture tipicamente umane. Alice Cristelli esprime il divenire animale che mette in relazione uomini e animali, direbbe G.Deleuze, un divenire che in quanto tale funziona, è innescato e viene alimentato dalle loro differenze insopprimibili. Così quei volti tumefatti, stralunati oppure sinistramente normali sfidano a suon di silenzio, trovano nella disillusione dello sguardo e nell’approdo ad un mutismo animale le condizioni per affermare il proprio essere inconsolabili. Infanti, cioè letteralmente privi di parola, come bambini che riscoprono le proprie condizioni orfane e rappresentano perciò la vita al di fuori e al di là dei vincoli familiari e degli schemi sociali. Si incontrano pertanto gli sguardi vitrei, le dignità incrinate di donne e uomini e gli sguardi liberi, simpaticamente fieri, dunque le dignità affermate con ironia della vita animale. Nicola Mittempergher


BIANCO. DALLE STANZE SEGRETE AL CANDORE DELLA LUCE

Dal 20 dicembre 2014, la nuova mostra Bianco. Dalle stanze segrete al candore della luce, ai Musei Civici di Palazzo Mosca a Pesaro, apre in occasione delle feste di Natale e prosegue fino al 31 maggio 2015. Seguendo il colore bianco, simbolo di purezza e spiritualità, opere diverse per materia, tecnica, funzione e forma emergono dai depositi per dialogare tra loro e suggerire nuove interessanti proposte di lettura. E’ il bianco l’elemento che connota la prima mostra tematica di valorizzazione del patrimonio civico. Un’esposizione dove il colore candido collega tra loro più di 200 opere diverse per materia, tecnica, funzione, forma, periodo, ambito culturale e collezione; opere in gran parte provenienti dai depositi e dunque restituite alla ‘preziosa’ luce della pubblica fruizione. Promosso dal Comune di Pesaro/Assessorato alla Bellezza e da Sistema Museo, l’evento è a cura di Alessandro Marchi della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche e Benedetta Montevecchi con il contributo di Francesca Banini ed

Erika Terenzi dello staff scientifico dei Musei Civici. Un affascinante percorso espositivo che passa dal candore del marmo e dell’alabastro, all’iridiscenza della madreperla, al bianco tipico della porcellana, all’eleganza di pizzi e merletti, fino alla raffinatezza assoluta di manufatti in avorio.

Dal 20 Dicembre 2014 al 31 Maggio 2015 Musei Civici di Palazzo Mosca - Pesaro curatori: Alessandro Marchi, Benedetta Montevecchi enti promotori: Comune di Pesaro Assessorato alla Bellezza e Sistema Museo costo del biglietto intero € 9, ridotto € 7.50, possessori Card Pesaro Cult € 5, gratuito under 19 tel. per info: +39 0721 387398 / 0721 387357 e-mail per ionfo: pesaro@sistemamuseo.it sito ufficiale: http://www.pesaromusei.it


EVENTI

MOLISE GIORGIO DE CHIRICO. GIOCO E GIOIA DELLA NEOMETAFISICA in cui il grande pittore riscopre una felicissima vena creativa rielaborando e trasformando tutto l’immenso bagaglio iconografico del suo folgorante primo periodo metafisico e degli anni successivi. Una nuova ricerca immaginativa caratterizzata da una pittura libera da ogni condizionamento, un’altissima stagione finale di splendida qualità in cui il suo mondo viene smontato e rimontato in una visione di intensa lucentezza interiore che si riflette sulla superficie pittorica. Le opere neometafisiche sono frutto di una percezione ludica, ironica e lucidissima, in cui l’artista gioca con il proprio mondo di immagini e scoperte, individuando nuovi confini all’insegna di quella cifra filosofica e culturale che ha sempre segnato il suo percorso, passando da Nietzsche alla tragedia greca, da Eraclito alla mitologia con una leggerezza compositiva che, nella sua dissimulata complessità, nasconde tuttavia un universo ancora ricco di segreti da indagare.

La Fondazione Molise Cultura, diretta da Sandro Arco, apre al pubblico sabato 20 dicembre 2014 a Palazzo Ex GIL di Campobasso, una grande mostra dedicata a Giorgio de Chirico, uno dei protagonisti internazionali tra i più fecondi e poliedrici dell’arte del Novecento. Gioco e Gioia della Neometafisica è organizzata in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico di Roma ed è curata da Lorenzo Canova, professore di storia dell’arte contemporanea dell’Università del Molise e componente del board della Fondazione de Chirico. L’esposizione con settanta opere tra dipinti, disegni e grafiche, provenienti dalla collezione della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, è sicuramente la più completa mai realizzate in Italia sulla Neometafisica dell’artista. Questa significativa fase finale dell’opera di de Chirico, a partire dalla prima fondamentale mostra di San Marino del 1995, ha ottenuto grandi riconoscimenti in tutto il mondo, come dimostrano le mostre recentemente organizzate da grandi musei a Parigi, San Paolo del Brasile, Francoforte, Atene, Tokio e New York. Vuole essere dunque un momento di di riflessione sugli ultimi dieci anni di lavoro di de Chirico e sulla sua Neometafisica,

Dal 20 Dicembre 2014 al 06 Aprile 2015 Campobasso Luogo: Fondazione Molise Cultura Curatori: Lorenzo Canova Enti promotori: Fondazione Molise Cultura Fondazione Giorgio e Isa de Chirico Tel. Info.: +39 0874 314807 E-mail Info : dechiricocampobasso@gmail.com Sito Ufficiale: http://dechiricocampobasso.com


DISCEPOLO GIRARDI

Dalle sue opere emergono una sicurezza e una padronanza cromatica, che discendono dallo studio dei grandi maestri del novecento italiano come Renato Guttuso e Renzo Vespignani nonché dall’espressionismo tedesco ma con un suo modo di interpretazione e sopratutto con una forte personalità. Discepolo Girardi potrebbe anche non firmare le sue opere perché come pochi artisti ha un modo di impostare l’opera nonché una intrigata e complessalorazione che sono uniche e inderogabili. Una ricerca pittorica, dunque, a tutto tondo, capace di interpretare le varie tematiche dal paesaggio alle nature morte, dalla ritrattistica con pari efficacia,

conferitagli da una minuziosa e incontentabile ricerca e da-- una fortissima ricerca e da una fortissima autocritica............................................................. Un’opera particolarmente intrigante è rapsodia di bicicletta si tratta di un olio su tela di ispirazione informale che presenta una tavolozza di colori diversa dalle altre opere basandosi infatti su rapporti cromatici chiari quasi una sintesi di tutta la pittura di Discepolo, è informale ma con tratti figurativi molto ben costruiti, che fanno sconfinare questo quadro in una sinf.nia musicale di note affascinanti.. Alessandro Ferrara e Teresa Esposito


2 0 A R T I S T I I N C A M PA N I A


L’opinione To m m a s o E v a n g e l i s t a Sfide dell’arte contemporanea nei territori del Molise

Il Museo Nazionale del Molise in Castello Pandone a Venafro presenta l’acquisizione di nuove opere e una mostra che mirano a considerare la storia e le conseguenze della seconda guerra mondiale nella regione attraverso il lavoro di artisti internazionali. Lo scopo è di provocare la riflessione sugli eventi storici attraverso l’elaborazione del linguaggio artistico contemporaneo, prendendo come spunto il territorio dell’Alto Volturno, sulle connessioni tra il concetto antropologico dell’immagine e il fare artistico. Il Museo ha collaborato con Cultural Documents, un’attività culturale diretta da Deirdre MacKenna, che dal 2009 realizza progetti di ricerca in Molise invitando gli artisti a una riflessione sul luogo e al rapporto con storie individuali, nonché con associazioni e imprese culturali locali. L’opera ‘Diletta / Girl with Suitcase’ acquisita dal Museo consta del video di Valentina Bonizzi, artista attiva tra la Scozia e l’Italia, in cui Diletta Capaldi, un’anziana signora di Filignano, racconta dell’incontro con i militari alleati nel 1943 e

della sua rivendicazione della fotografia con la propria immagine, fissata dai soldati incuriositi dalla ragazzina che percorreva un sentiero con la tina in testa e il secchio in mano. Una immagine simile a quella immortalata dal celebre fotografo Robert Capa (19131954). ‘Winterline’ è il titolo della mostra delle opere di Elaine Shemilt, artista irlandese che utilizza spesso le mappe per disporre di un ritratto del territorio, da cui far partire una riflessione sul territorio e sulle sue trasformazioni. Attraverso la pratica calcografica e uno stratificato lavoro sulla memoria e il concetto di presenza-assenza della Storia e degli eventi nei solchi iconici del territorio, l’artista arriva a creare palinsesti complessi e personali, stranianti ma ancorati al tentativo di creare un’unità interna e ripacificare il disordine degli avvenimenti. Dopo avere lavorato sugli effetti della guerra nelle isole Falkland in lavori esposti anche nell’Imperial War Museum di Londra nel 2002, la ricerca è proseguita coerentemente in Molise.


EVENTI

LAZIO POP by POP

Dal 14 marzo al 13 aprile 2015

Personale di Eugenio Rattà

Si inaugura sabato 14 marzo alle ore 17.00 presso la Caffetteria del Chiostro del Bramante, la mostra personale di Eugenio Rattà a cura di Antonietta Campilongo. via Arco della Pace 5, Roma

La mostra allestita negli spazi della caffetteria del Chiostro del Bramante a Roma, propone attraverso le opere dell’artista Eugenio Rattà, il tema della Pop Art. Se c’è una sfida intrinseca nel gusto per la citazione, questa sfida è quella di utilizzare uno schema conosciuto e formalizzato e riuscire a scovarne un nuovo sviluppo. O inserirlo in un altro ed estraneo contesto e inventarne quindi una nuova dimensione. Questa sfida, forse inconsapevole, forse disarmata, è quella che disputa, e vince, il lavoro di Eugenio Rattà. Il quale attinge a piene mani dalla PopArt e dal suo decennio d’oro (fine anni ’50 – fine ’60), ne condensa temi e tecniche, ne rincorre i modi e i generi, e alla fine adatta tutto questo bagaglio ad una sublime contraddizione, a quell’ironico, solare, festoso gioco di rilanci e tentate vicendevoli prevaricazioni fra la sfera privata delle intime malie, e quella sfacciata chiassosa e sbrigativa delle mitologie contemporanee. Pittura timbrica e tesa, inserimento di materiali, ricorso al vero e proprio collage (con connessa depredazione di immagini da riviste, riproduzioni fotografiche, figurine e pubblicità ); e poi il forte carattere bidimensionale della rappresentazione, la trasfigurazione dei soggetti in pretesto pittorico, la connotazione stereotipa dei loro atteggiamenti, l’intento decorativo di motivi ed iconografie; tutto questo crea una geometria luminosa,

una psichedelica sistemazione, che da un lato dà conto di un immaginario artistico esplosivo e ridondante, dall’altro vive la relazione problematica e critica con il mondo, con i condizionamenti collettivi, con le mille chimeriche sfaccettature che la realtà assume. Ed è proprio da questa connessione, che a ben guardare si rivela presto un raffinato attrito, che si trasmettono quell’impressione ed atmosfera di impalpabile inadeguatezza, che sono la cifra originale e significativa nelle opere di Rattà. Fra utopie fantasie memorie e stato delle cose, le molte sollecitazioni pressanti ed in cerca di armonica convivenza nello spazio vitale di ciascuno, l’artista non nasconde il progressivo e rischioso scollamento, solo lo maschera di glamourosa levità, oppone una espansiva visione, scientemente naif, contro gli attuali devastanti modelli di comunicazione di massa, si diverte a irridere e decorare il mondo con i suoi stessi ritagli, i suoi stessi surplus, le sue stesse manie. Francesco Giulio Farachi


RALUCA MISCA


SANDRA NAGGAR

“Il telaio è uno dei più antichi oggetti che l’uomo abbia sapientemente costruito con le proprie mani; è sempre stato uno strumento la cui bellezza è data dall’efficienza ed essenzialità della geometria, così come dai semplici e intelligenti meccanismi che lo compongono. Come fili che ci tengono collegati al mondo, e attraverso i quali percepiamo il dolore stesso del mondo, che è anche il nostro dolore, Sandra Naggar intesse i fili della sua trama a supporto di forme che le permettano di afferrare per intuizione gli schemi insondabili degli eventi; un’ideale intessere che sottende il tutto e attraverso il quale l’artista prova a comprendere i meccanismi profondi che muovono la nostra esistenza.

I gesti di Sandra Naggar sono tesi a riflettersi verso il mondo che ci circonda. Plasma la materia millimetro per millimetro, la tocca e la lavora passo dopo passo, e con sapiente attenzione la frammenta e la ricompone fino a che si dispieghi nel suo ordito. Come nel classico lavoro al telaio, l’artista inizia con la scelta di materiali, dimensioni, lunghezze e spessori per poi, tratto su tratto, colore su colore, far emergere le forme pensate. E mentre l’intreccio si dipana, il ritmo varia ad ogni diversa sollecitazione: la materia risponde all’azione dell’artista con partecipazione sensibile e cosciente.” Giuliana Stella


SACRO TEMPIO A cura di Antonietta Campilongo

In occasione dell’inaugurazione della rassegna Openartmarket l’Associazione NWart presenta lo special guest dedicato alle opere di Fabio Masotti dal 21 marzo al 21 aprile 2015 - Vernissage: Sabato 21 marzo, ore 18.00 (Cocktail) Orario di apertura mostra : lunedì-venerdì ore 10.00-19.00, sabato ore 10.00-16.00 Il mondo in cui viviamo è il prodotto del nostro pensiero. Solo cambiando modo di pensare potremo migliorare un mondo che non ci piace, ma un pensiero senza energia d’amore non produrrà mai cose buone. Occorre un pensiero nuovo, tanto rivoluzionario quanto antico, un pensiero che rimetta al centro delle sue attenzioni la vera essenza del nostro essere, un pensiero che liberi tutto l’amore di cui è capace per alimentare di nuova energia la nostra anima. Io credo che nel cuore sia custodita questa energia ed il mio cammino è un pellegrinaggio verso la sua conoscenza. Rimettere l’uomo al centro dell’universo ed il cuore al centro dell’uomo, restituire significato e valore a questa centralità alimenta l’impegno sociale che sento di avere come artista e dà un senso alla mia vita.

Il giorno in cui cominciai ad ascoltare il mio cuore ed a lasciarmi guidare da questa nuova energia decisi anche di cominciare a raccontare del mio pellegrinaggio verso il “sacro tempio”. Le pagine di questo racconto presero, in modo imprevisto e del tutto naturale, la forma stessa del cuore, o meglio la forma iconografica nella quale l’umanità tutta riconosce questa valenza. Una icona che, nel corso della storia, assume il carattere di simbolo universale, il logo di un “brand” che, anche se spesso calpestato e banalizzato, resta pur sempre l’unico simbolo nel quale tutti gli uomini liberi si riconoscono e si ritrovano uniti. La forma archetipo del cuore diventa così, nei miei lavori, sintesi di un messaggio universale e password di accesso ai suoi stessi contenuti.

Il cuore diviene tempio e custode del tempio, macchina pulsante di sangue e anima, possibile costruttore di un uomo nuovo. I miei cuori sono “appunti di viaggio” realizzati durante questo cammino, sono la necessità di fissare in qualche modo quei piccoli passi compiuti verso la conoscenza, sono i tanti pezzi della mia anima che cercano di ricomporsi. Io credo che la nostra anima possa essere quello spirito di cui si parla in tante religioni, quella brezza che ci rende vivi e che ci eleva alla condizione di figli di un qualunque Dio, un dono che noi abbiamo il dovere di far crescere, un corpo sacro che va alimentato e che non si nutre di carne. L’arte è la fame ed il pane della mia anima e fare l’artista è il mio modo per nutrirla. Nel vivere si muore e si rinasce tante volte, ma solo quando il cuore si ferma si muore davvero e, solo allora, sapremo se siamo stati vivi. Fabio Masotti Organizzazione: NWart Ingresso: tessera 2 euro Sede: Fonderia delle Arti Via Assisi 31, Roma Info: e-mail: anto.camp@fastwebnet.it T. 339 4394399 – 06 7842112 www.nwart.it www.openartmarket.it www.fonderiadelleart.com


EVENTI

ABRUZZO

ARTE NO CASTE di Chiara Strozzieri

Il progetto Arte no caste nasce dal bisogno di favorire la rinascita di uno spirito critico libero, che porti l’osservatore a giudicare l’opera indipendentemente dal nome dell’autore o dalla sua partecipazione alle note rassegne contemporanee. Questa la volontà dell’artista teatina Gabriella Capodiferro, che ha coinvolto non soltanto i soci del Movimento del Guardare Creativo di Chieti, un gruppo di novizi nel campo della ricerca d’arte da lei diretto da oltre vent’anni, ma anche nomi affermati del panorama artistico nazionale. Tutti i partecipanti a quella che è diventata una mostra collettiva senza etichette sono accomunati dall’assoluta libertà dai gruppi sociali chiusi, che oggi regolano il sistema culturale e decidono per noi chi debba andare avanti e chi inserirsi nel mercato dell’arte.

Questa iniziativa è stata sposata dall’Ente Castello e Museo delle Arti di Nocciano, che da sempre ospita iniziative capaci di abbracciare tutti i linguaggi espressivi e personalità artistiche di ogni tipo, nella convinzione che il pubblico possa così rafforzare la propria identità culturale e nella piena fiducia soprattutto nei giovani, nella loro curiosità e voglia di sperimentare. Fino al 12 gennaio sarà dunque possibile visitare questa collettiva di 50 artisti provenienti da tutta Italia e non identificati in mostra, se non nel catalogo e nella brochure disponibili per i visitatori. Che si tratti di soci dell’MGC, allievi o artisti professionisti, l’importante è che tutti siano mossi dall’obiettivo di costruire una conoscenza universale, attraverso opere di ogni genere. C’è chi ha manifestato il debito nei confronti dei grandi movimenti storici, quali l’Art Brut (Alfonso Camplone) e il Surrealismo (Vinicio Verzieri), trovando una chiave nuova per codificarne le regole estetiche, e chi invece ha inventato un linguaggio

originale, ricorrendo a nuovi strumenti come quelli informatici (Antonio Lori, Enrico Puglielli, Daniele Valentini). Nella scultura scopriamo l’abilità nel maneggiare materiali di pesi completamente diversi, come il cartone riciclato e ricomposto nelle difficili elaborazioni di Adamo Modesto e gli esperimenti in bronzo, rete zincata e resina epossidica di Manuelita Iannetti. E se, a mostra realizzata, ci prendiamo la libertà di fare nomi, ecco svelate anche tutte le altre interessanti partecipazioni: Sergio Bacelli, Carlo Bascelli, Lorella Belfonte, Marcello Bonforte, Brigitte Brand, Evelina Cacciagrano, Libera Carraro, Antonietta Catalano, Loredana Cipollone, Fernanda Colangeli, Isa Conti, Nicola Costanzo, Luigi D’Alimonte, Francesco D’Amario, Claudia De Berardinis, Laura De Lellis, Rossana De Luca, Concita De Palma, Dora Di Giovannantonio, Marilena Evangelista, Annalisa Faieta, Eleonora Frezzini, Marco Iannetti, Rosa Lisanti, Iva Lombardi, Leopoldo Marciani, Pasquale Martini, Maria Masciarelli, Serenella Mauro, Teresa Michetti, Linda Monte, Annamaria Natale, Silvia Orlandi, Graziella Parlione, Antonio Rucci, Paola Santilli, Deni Scarsi, Leo Strozzieri, Nicoletta Testa, Bruno Torriuolo, Antonio Tracanna, Daniela Visco.


GIUSEPPE AMOROSO DE RESPINIS

Giuseppe Amoroso De Respinis nasce a Bisaccia (AV) nel 1990; risiede ed opera a Sant’Angelo dei Lombardi (AV), ridente ed importante centro dell’Alta Irpinia. Dopo aver conseguito la maturità scientifica e la laurea triennale in Ingegneria Meccanica con ottimi risultati, tuttora frequenta la Magistrale in Ingegneria Meccanica presso l’Università di Salerno. Senza tralasciare il suo percorso di studi, sin da piccolo, trova interesse nell’incant-ato mondo dell’arte: a tal fine da diversi anni è allievo del noto artista avellinese Augusto Ambrosone frequentando il “Laboratorio di Pittura e Ceramica”. Nonostante la giovanissima età, l’artista altirpino vanta

un curriculum di rilievo: sin dall’inizio della sua attività artistica è presente in varie ed importanti mostre e rassegne nazionali ed estere, ricevendo riconoscimenti critici e premi, come la Medaglia del Presidente della Repubblica Italiana. Le sue opere e le rassegne a cui partecipa sono documentate da cataloghi, riviste d’arte e diversi organi d’informazione. Venezia, Genova, Torino, Napoli, Caserta, Salerno, Avellino, Savona, Parma, Ferrara, Ascoli Piceno, Terni, Pescara, Chieti, Catanzaro, Lecce, Taranto, Brindisi, Corato (BA), Rodi Garganico (FG), Palinuro (SA): sono alcune delle più importanti località che hanno ospitato le sue opere.


ALFREDO DI BACCO

La tendenza dell’arte contemporanea a convincerci di nuovi parametri efficaci alla lettura dell’opera, sempre meno rapportata all’estetica e sempre più giustificata dalla sua contestualizzazione, fa sì che ormai identifichiamo il figurativo come l’unico approdo sicuro per il nostro sguardo. Parlo di una rappacificazione con la pittura, dopo lo shock dovuto alle installazioni improbabili, alle performance più ermetiche, a certe tipologie di fotografia d’autore. Ma è sbagliato pensare che l’iconografia debba essere fatta di realtà quotidiane riportate tout court sulla tela o di una tranquilla paesaggistica: Alfredo Di Bacco è la dimostrazione che ancora l’arte figurativa può interrogare con atmosfere tra il surreale e il metafisico, senza fare il verso ai grandi movimenti del passato. La legge che domina su tutto è quella della luce, rubata un po’ dai capolavori di Caravaggio e un po’ dalle piazze di

De Chirico, in quanto strumento di guida all’interno della rappresentazione e anche potente mezzo di concretizzazione di un’atmosfera. Quelle dei dipinti di questo abilissimo autore abruzzese sono sempre cupe, suggestive, talvolta melanconiche, adatte comunque al racconto mitologico o fantastico, che viene costruito grazie a personaggi fuori dal tempo, eppure molto vicini alla nostra stessa sensibilità. Non si tratta esattamente di un’invenzione, infatti Di Bacco aderisce all’inizio degli anni ’80 alla Pittura Colta, teorizzata dal critico Italo Mussa, che intende riportare l’arte al giusto rigore formale, dopo le indagini della Pop Art, dell’Informale e della così detta Arte Sociale. Ma quanti hanno aderito allo stesso manifesto, si sono lasciati andare a un manierismo direi michelangiolesco, piuttosto che cercare riferimenti difficili al passato glorioso dall’arte italiana, come ha fatto e continua a fare il nostro artista. Chiara Strozzieri


L’opinione Chiara Strozzieri

L’arte rinnovata di Daniela Breccia

John Coltrane suona A Love Supreme chiuso in una cassa di vetro, negandoci il disco che lui stesso considerava ispirato direttamente da Dio e che rappresenta da sempre la più alta delle dichiarazioni di fede. Inizia da qui la rinascita di Daniele Breccia, artista proveniente da un esordio tradizionale nella pittura figurativa, che ha avuto il solo merito di far conoscere le sue abilità di autodidatta. Una rinascita che inevitabilmente si afferma a distanza di anni dal terremoto dell’Aquila, città dove vive e opera, segnando una linea di demarcazione lungo il suo percorso di ricerca. L’installazione che sovverte le fasi dell’amore supremo ammette lo spaesamento di fronte a una barriera tra cielo e terra, che si stenta a riconoscere, elude ogni domanda di risoluzione o prosecuzione del viaggio e spezza il salmo con uno schianto fragoroso, cristallizzato nel tempo come testimonianza tangibile dell’incapacità umana di elevarsi a Dio. Breccia ha tratto le sue conclusioni e trovato la maniera di

sintetizzarle attraverso opere d’arte concettuali, travestite da espliciti omaggi agli artisti di riferimento: Maurizio Cattelan, Damien Hirst, Donald Judd, solo per citarne alcuni. In ogni modo egli esplora il concetto di solitudine, abbinandolo al tema esistenziale e spaziando dal dramma alla beffa con grande disinvoltura. Così i blocchi di ferro minimalisti moltiplicano la sensazione di freddo e morte, legandosi alla storia americana e ai suoi simboli, mentre Mickey Mouse, grazie all’alta riconoscibilità e familiarità del personaggio, è solo un pretesto per inquadrare un angolo di mondo squallido e desolato. Quasi mai l’uomo è rappresentato, se non attraverso collage di immagini inserzionistiche, mentre l’unico e solo deus ex machina è Daniele Breccia, convinto di dare un senso alla tragedia, scendendo sulla scena artistica aggrappato a quei brani che fanno da colonna sonora alla sua impresa (e titolano alcune opere): Love Devotion Surrender di Carlos Santana, Lullaby di George Gershwin. Ardua l’impresa, ma estremamente


EVENTI

PUGLIA

CORRADO GIAQUINTO Pinacoteca di Bari

Visitabile fino al 31 marzo 2015

Inaugurata lo scorso 13 dicembre, la mostra dal titolo Persone. Ritratti di uomini, donne, bambini (18501950) da collezioni pubbliche e private pugliesi è ancora visitabile presso la Pinacoteca di Bari. La mostra presenta un’ampia rassegna di ritratti, oltre un centinaio, tra dipinti, disegni e sculture di personaggi più e meno famosi realizzati tra il 1850 e il 1950. Le opere provengono dai più importanti musei pugliesi e da alcune collezioni private. Tra gli artisti principali: De Napoli, Netti, De Nittis, Cifariello, Martinez, Speranza, Martinelli, Cavalli, Levi. L’evento si apre ad accogliere interessanti opere provenienti da fuori regione, come ad esempio Cammarano, Fiore, De Sanctis, Costa ma anche opere

di respiro più internazionale come il cileno, naturalizzato francese, Santiago Arcos y Megalde e dell’artista statunitense John Singer Sargent. Molte opere sono inedite. Non un déjà vu, quindi ma una mostra ricca di inediti di pregio. L’esposizione sarà, inoltre, accompagnata da un catalogo curato dalla responsabile della mostra dott.ssa Clara Gelao. Memola Cinzia Pinacoteca di Bari “Corrado Giaquinto” Via Spalato - Lungomare Nazario Sauro, 19 Bari Tel 0805412422 www.pinacotecabari.it


Dulce Lignum Museo Diocesano di Molfetta Via Entica della chiesa Visitabile dal 7 marzo al 10 maggio 2015 A cura di Cinzia Memola

Gli artisti Patrizia Ricco e Giovanni Morgese espongono le proprie opere sul tema della passione e della croce di Cristo all’interno del Museo Diocesano di Molfetta. La mostra di arte sacra Dulce Lignum si inserisce nel programma delle iniziative organizzate dal Comune di Molfetta durante il periodo delle celebrazioni della Settimana Santa e della Pasqua. L’evento è stato curato dal critico d’arte Gaetano Mongelli, professore di storia dell’arte presso l’Università degli studi di Bari, con il coordinamento della Società Cooperativa FeArt. L’artista e fotografa Patrizia Ricco focalizza la propria attenzione sui particolari delle sculture che attraversano

in processione la città durante i riti della settimana santa. Analizza, inoltre, nel suo lavoro di fotografa-artista il pregiato Crocifisso ligneo -un’antica testimonianza seicentesca della cattedrale di Andria- fino a portare in superficie il dramma della passione di Cristo. Giovanni Morgese si esprime attraverso l’utilizzo del ferro, per rimarcare in modo inequivocabile la violenza e la sofferenza di Cristo. Nelle opere dell’artista Morgese è viva e profonda la forza drammatica e la carica espressiva del mistero legato alla passione di Cristo.



L’opinione Cinzia Memola

“Madre Italy” artisti italiani a Londra Numerosi artisti italiani provenienti da tutte le regioni -eterogenei per formazione, tematiche ed ispirazionipresentano la propria interpretazione del concetto di italianità a Londra. Le loro opere cariche di idee, passione ed espressività, sono ospitate all’interno del più famoso community center di Notting Hill: Art Gallery “The Tabernacle”. La mostra “Madre Italy” è a cura dell’associazione Artisolide di Novara in collaborazione con Le Dame Art Gallery di Londra e Adsum arte contemporanea di Terlizzi ed è stata inaugurata il 3 febbraio, grazie soprattutto al contributo degli artisti Massimo Romani e Fabrizio Molinario.

Ogni artista ha individuato l’essenza del “Made in Italy” in varie categorie, ad esempi: nel paesaggio naturalistico, nei ritratti, negli scorci delle più belle cittadine, nella Ferrari, nella Vespa, nella moka della Bialetti, nonché nella salutare tradizione enogastronomica italiana. La curatrice della mostra, Mirella Bertinotti, si esprime così: «sono orgogliosa di poter presentare questa delegazione artistica italiana nel Regno Unito, convinta della qualità e originalità degli elaborati tutti realizzati per “Madre Italy”, un’iniziativa fortemente voluta da Massimo Romani, presidente nonché artista dell’associazione “Artisolide” di Novara ».

Art Gallery “The Tabernacle” 34-35 Powis Square, London Visitabile dal 3 febbraio 2015


EVENTI

BASILICATA Vincenzo Marinelli (1819-1892) e gli artisti lucani dell’Ottocento

Vincenzo Busciolano, Una povera Saffo, 1876

Donna dipinge

Cesare Colasuonno, Paesaggio irisnese, 1938

Vincenzo Marinelli, Paesaggio orientale

Angelo Brando, Coro di fanciulle, 1938


con il patrocinio

SOTTO L’ALTO PATRONATO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

Vincenzo Marinelli (1819-1892) e gli artisti lucani dell’Ottocento Convegni e seminari: Potenza, Matera, San Martino d’Agri Napoli, Iraklion, dicembre 2014-dicembre 2015 Mostra: Potenza, 14 marzo-2 giugno 2015

organizzazione: Centro Annali per una storia sociale della Basilicata in collaborazione con Regione Basilicata e Provincia di Potenza


Shamal. 9 Paesi, 16 Artisti, 32 Opere dal Medio Oriente Porta Coeli International Art Gallery - Palazzo Rapolla, Venosa (PZ) - Fino al 15 marzo 2015 Presentata a Venosa (PZ) la nuova sede di Porta Coeli International Art Gallery – Centro Studi della Cultura Mediterranea, presso il seicentesco “Palazzo Rapolla”. Nel cuore del centro storico della cittadina oraziana, prende vita un nuovo e sorprendente allestimento, che vede una preziosa sezione di arte sacra ed una di arte contemporanea che ospiterà di volta in volta esposizioni di importanti artisti di pittura e di scultura della scena nazionale ed internazionale. Nata come galleria d’arte nel 2011, oggi Porta Coeli si presenta come realtà museale privata con un’offerta artistica e culturale di ampio respiro e di altissima qualità. Al suo interno il Centro Studi della Cultura Mediterranea promuove

la conoscenza della cultura antica e contemporanea dei paesi mediterranei, di quelli nel “Sud” del mondo e riconosce una particolare attenzione alle realtà mediorientali. Un’esperienza ricca ed eterogenea quella che Porta Coeli International Art Gallery offre ai suoi visitatori. Sono stati sottoscritti dei protocolli internazionali per garantire attività laboratoriali e a scopo terapeutico. Confermate anche le esclusive mondiali con il monastero di Lepanto per l’esposizione delle icone bizantine. Ad inaugurare la sezione di arte contemporanea la mostra dal titolo “Shamal. 9 Paesi, 16 Artisti, 32 Opere dal Medio Oriente”, che sarà visitabile fino al 15 marzo. Artisti provenienti da Arabia Saudita, Qatar, Egitto, Libano, Giordania, Palestina, Iraq, Kuwait, Bahrain, protagonisti tutti insieme di questa interessante collettiva. «L’apertura, nel 2010, del Mathaf, il primo museo di Arte Araba Moderna, a Doha, capitale del Qatar, ha catalizzato l’attenzione del mondo dell’arte verso i Paesi mediorientali che, insieme a Russia e Cina, sono i new players del mercato. Ma non si tratta solo di dinamiche finanziarie: questa è una dimensione ancora completamente in divenire pronta, quindi, a sperimentare, fare ricerca, costruire, con alle spalle il bagaglio di una storia millenaria. Le immagini aniconiche concentrano in sè il raffinato estetismo proprio della millenaria tradizione calligrafica, calandolo nella contemporaneità: come nel caso del giordano Rasmi Jarrah, del kuwaitiano Fadhel Alrays, di Yusuf Ibraheem e Ahmed Hussain, entrambi artisti dell’Arabia Saudita. L’arte, ancora una volta, diviene uno strumento di dialogo, che sfida gli estremismi e favorisce la contaminazione dei linguaggi, per forme artistiche nuove ed innovative. Per questo Shamal è un’occasione di crescita e confronto anche per la scena culturale locale, per favorire la nascita di un pensiero che, come l’arte contemporanea sa essere, si riveli libertario, consapevole e in grado di fornire spunti critici per riflettere sull’identità propria e di chi ci circonda.»


L’opinione Francesco Mastrorizzi Francesca Asquino: in bianco e nero Traspaiono grazia ed eleganza dai dipinti di Francesca Asquino (Melfi, 1987), rispecchiando l’essenza e la sensibilità di questa giovane artista dal tocco preciso, che con discrezione e dedizione si sta affacciando sul panorama artistico nazionale, dopo anni di attento studio accademico, costantemente accompagnato dalla volontà di misurarsi con se stessa e con il pubblico in occasione delle innumerevoli mostre a cui ha preso parte già dal 2008. Assecondando la propria naturale e intima inclinazione, Francesca ha fissato la propria cifra stilistica nell’uso quasi esclusivo del bianco e del nero, vero e proprio segno di riconoscimento personale. Tale contrapposizione cromatica è per lei strumento per raffigurare l’ancestrale dicotomia tra luce e ombra, felicità e sofferenza, speranza e disillusione, verità e mistero. Dualismo che all’occhio dell’osservatore viene risolto sempre con il prevalere della sua componente positiva, rappresentata da un candore diafano e delicato che illumina la superficie pittorica e cattura l’attenzione con velata disinvoltura. Su un fondo materico bianco a volte rugoso a volte crepato, si stagliano in nero dettagli di volti o di corpi, colti con precisione e realismo, in un gioco di vuoti e pieni che dà

forma alle immagini. E il pennello diventa come uno scalpello, che incide il marmo per estrarre la figura celata all’interno del blocco (la metafora risulta ancora più appropriata se si considera che Francesca è anche un’abile scultrice). L’imprimitura in gesso applicata al supporto pittorico, sia esso tela o tavola, serve a creare movimento sotto il soggetto e a dare dinamismo al quadro, fungendo anche da contrasto alla semplicità e alla essenzialità delle linee, volutamente ricercate dall’autrice allo scopo di non affollare il quadro. L’effetto ottenuto ha un che di magico, come se il dipinto d’improvviso potesse prendere vita in migliaia di farfalle bianche sul punto di spiccare il volo o di piccoli petali neri che il vento soffierà via. La scelta dei soggetti testimonia la volontà di cogliere le emozioni più semplici dell’animo umano – le speranze, i desideri, i ricordi, le apprensioni –, che possono essere racchiuse in uno sguardo, in un sorriso, in una linea del viso. Il valore aggiunto va ricercato nella capacità di Francesca Asquino di trasmettere queste emozioni a chi osserva, sempre ammantandole di una raffinata dolcezza simile al chiarore di luna,


EVENTI

CAMPANIA

Il più importante degli autori viventi della Nona Arte italiana Milo Manara A cura di Letizia Caiazzo

“Il camionista non si attacca sul camion un quadro di Rauschenberg o di Jasper Johns, si attacca una bella pinup. Devo alle mie pin-up il fatto di poter ancora divertire, di essere vicino alla gente: militari, camionisti, carcerati…” (Milo Manara) Una personale dedicata a Milo Manara si è inaugurata il 3 febbraio per concludersi il 1° marzo nello storico Palazzo Fruscione a Salerno. Durante la conferenza stampa è stata presentata un’opera esclusiva che Milo Manara ha dedicato alla città, ispirandosi ad una donna rappresentante la cultura salernitana. Manara creatore di tantissimi fumetti e figure femminili di riferimento, tra i più famosi all’estero, compirà 70 anni nel 2015. Tutto l’universo di Manara, è racchiuso in un unico elemento: le donne, le “Mulieres”. I disegni di Manara esprimono il tentativo di svelare il mistero dell’universo femminile e dei desideri di quello maschile. Le sue mulieres sono le classiche donne dei sogni e come tali hanno un notevole potere d’attrazione Dopo numerosi premi e riconoscimenti in Italia e all’estero, il 20 febbraio 2009 l’Accademia di Belle Arti di Macerata lo ha insignito del titolo di Accademico Honoris Causa. Dopo Salerno il grande maestro del fumetto sarà presente anche al COMINON : il Salone Internazionale del Fumetto e del Gioco fiera sempre molto amata dai napoletani e da tante persone che la visitano da tutta Italia.

Un appuntamento da non perdere . Il Napoli Comicon 2015 si terrà ancora una volta alla Mostra d’Oltremare, grazie all’accordo pluriennale fino al 2017, e si terrà dal 30 aprile al 3 maggio per quella che sarà la XVII edizione. Il COMICON lancia un nuovo triennio tematico ponendo il Fumetto in relazione al sistema dei Media. Si comincia quindi nel 2015 con il rapporto con la carta stampata; una relazione che passa subito dalla presenza su giornali, quotidiani e settimanali, passando per la grande stagione internazionale (e italiana) delle Riviste, e che può poi essere individuata in maniera larga anche nel successo dell’attuale “graphic journalism”, con il linguaggio del fumetto che si fa anche racconto di realtà per immagini.


“Ars Harmonia Mundi”: l’arte per Letizia Caiazzo

E’ senza dubbio l’arte l’elemento centrale del programma dell’Associazione “Ars Harmonia Mundi”. Centrale nonché ispiratore. Del resto, come si suol dire e come spesso ripete la Presidente Letizia Caiazzo, ispirandosi a Cvetan Todorov, “la bellezza salverà il mondo”. Arte, ovviamente, intesa nella totalità della sua essenza che non dimentica il sociale come testimoniato dai vari eventi promossi dall’Associazione, finalizzati alla promozione e valorizzazione del territorio e dei suoi abitanti. L’aver preso parte all’evento “Diversamento leggo, vedo, ascolto, comprendo!”, promosso dal Ministero dei Beni Culturali, tenutosi lo scorso novembre presso l’Università Federico II di Napoli, ne è una dimostrazione. Ma gli appuntamenti targati “Ars Harmonia Mundi” non si esauriscono qui. A breve, infatti, avremo l’edizione 2015 della Selezione per la Biennale Internazionale d’arte di Roma 2016 che, facendo tappa dapprima a Piano di Sorrento e poi Castellammare di Stabia, ha contribuito non poco alla valorizzazione di talenti indigeni e non. La manifestazione, infatti, si è fatta portatrice di tecnica, cultura ed emozioni, compendiandole al meglio.

Lo stesso dicasi per “Emozioni a confronto”, rassegna letteraria giunta alla sua quinta edizione che propone spunti letterari inframmezzati con interventi teatrali e musicali, addentrandosi a pieno nella sfera artistica. Insomma, un fermento di idee che passano attraverso il disegno, la pittura, la poesia, la letteratura, la musica ed il teatro, stimolando saperi e passioni grazie alla polivalente figura artistica di letizia Caiazzo. Articolo e foto di Francesca Martire


“UOMINI ECCELLENTI” Mostra permanente a Benevento

Nella sezione storica presso la Rocca dei Rettori è allestita una mostra permanente sugli “Uomini eccellenti” del periodo risorgimentale. La mostra prende l’avvio con l’entrata a Benevento (primo possedimento papale a cadere in mani “italiane”) delle truppe garibaldine, il 3 settembre del 1860. L’avvenimento è documentato dal pittore Achille Vianelli, che in un suo disegno registra, il 2 settembre, la presenza in contrada Torrepalazzo delle truppe che il giorno successivo avrebbero preso Benevento. La mostra espone, in ingrandimento alle pareti, anche le vedute d’epoca dei luoghi della città. Per ragioni conservative si è preferito non esporre le opere in originale, ma in copia, nonostante siano state restaurate insieme ad altri manufatti prevalentemente ottocenteschi, di proprietà del Museo del Sannio: sculture, dipinti, disegni, incisioni e documenti con i personaggi chiave del Risorgimento nazionale (da Vittorio Emanuele II a Mazzini, allo stesso Garibaldi) e di quello beneventano come Federico e Carlo Torre, nonché costumi della provincia beneventana. L’esposizione, arricchita e riorganizzata da Vega

De Martini e Ferdinando Creta in occasione del 150° Anniversario della istituzione della Provincia di Benevento, si apre con un omaggio a Diomede, il leggendario eroe omerico fondatore della città di Benevento, e si sofferma sul periodo risorgimentale con una importante finestra sulla dominazione francese in città. Il museo è nato nel 1873, istituito dal Consiglio Provinciale di Benevento. La sua sede è l’ex Abbazia di Santa Sofia con l’annessa Chiesa di età longobarda e il Chiostro Romanico, parti integranti della struttura museale. L’impianto museografico è perlopiù a carattere tematico e si articola in quattro dipartimenti Archeologia, Medievalistica, Storia, Arte e due Centri di Ricerca uno bliografico e l’altro iconografico. L.Caiazzo Piazza Santa Sofia snc Comune: Benevento Telefono: 0824 774763; 0824 21818 Fax: 0824 326238 e-mail: museodelsannio@provinciabenevento.it


L’opinione Letizia Caiazzo L’ARTE DEL TERZO MILLENNIO E’ difficile oggi definire con chiarezza ed onestà intellettuale cosa sia l’arte contemporanea, con tutte le sue sfere e applicazioni, e che cosa non lo sia, cosa ne faccia parte e cosa no. Con l’avvento di internet l’arte è dappertutto: milioni di artisti e altrettanti personaggi che ruotano intorno all’arte con manifestazioni, concorsi, eventi, mostre a non finire, nascono come i funghi. Ogni occasione sembra buona per poter fare “arte”, ma con il pericolo che se tutto è arte nulla è arte. Mi chiedo dunque se è possibile che l’arte abbia esaurito la sua linfa vitale, se non sia più in grado di svolgere il suo ruolo: quello di essere fonte di creatività, di stimoli innovativi e non soltanto banale produzione di opere ripetitive e insulse. Spesso si ha la sensazione che non ci sia alcuna voglia di smuovere l’animo e la mente del fruitore, che non ci sia alcuna preoccupazione dei problemi sociali, che in nessun modo si dia voce ed espressione alla bellezza e alla bellezza del Creato, in grado di smuovere la percezione e il sentire dell’umanità intera. L’arte dovrebbe rispecchiare il bello e portare tutti a migliorarsi attraverso la riflessione e la contemplazione in un silenzio che purtroppo è sempre più raro. C’è un legame tra ciò che bello, ciò che è buono e ciò che è vero, e se l’umanità tendesse al bello-buono-vero sarebbe un’umanità sicuramente migliore. Non dovrebbero essere proprio l’arte e gli artisti a favorire questa ricerca, ad aiutare una formazione del gusto? Certo l’arte è frutto di un tempo e ogni tempo produce la sua arte, ma il problema del nostro tempo è che se anche per fortuna ci sono ancora validi artisti di spessore che danno lustro e messaggi positivi, per una stragrande maggioranza di presunti “artisti” conta soltanto il Dio denaro, l’avere al posto dell’essere, l’ambizione di diventare qualcuno senza preoccuparsi della ricerca, del sacrificio,della passione che l’artista deve avere per percorrere la sua strada. Tutto ciò, è inutile dirlo, penalizza gli artisti umili, portatori di un talento, attenti alla realtà, e senza smania di protagonismo, i quali si ritrovano in difficoltà a rapportarsi con il contesto

artistico di oggi dove tanti senza spessore sia tecnico che intellettuale si arrogano una specie di diritto di onnipotenza e vogliono imporsi a tutti i costi impegnando soldi e potere pur di emergere. Soggetti di questo tipo ci sono sempre stati, basti pensare che Baudelaire condannava aspramente l’artista che “vendeva “la sua arte, ma oggi il fatto nuovo è che siamo letteralmente invasi nel nostro quotidiano da questa pseudo arte intrisa di superficialità e qualunquismo. Invito tutti, dunque, a riflettere sulla figura dell’artista che ha ed ha sempre avuto un ruolo sociale determinante, poiché con le sue opere può davvero contribuire a cambiare il mondo e a farlo diventare migliore. Agli artisti tutti, me compresa, dico dunque: “non lasciamoci influenzare dall’ambizione, dai facili riconoscimenti, dal potere del denaro, e da i tanti falsi miti, ma interroghiamoci e siamo sinceri nel risponderci. ” A ciascuno chiedo di domandarsi: “Sono un artista che con volontà, studio,passione, attenzione, cura, ricerca e con il suo operare , vuole contribuire ai cambiamenti socio-culturali?

galleria20 - Corso Casale, 85 Torino


EVENTI

CALABRIA

DANIEL BUREN - al parco della scultura di Catanzaro Alessandra Primicerio

L’artista francese Daniel Buren all’inizio del suo percorso artistico conduce molteplici sperimentazioni al limite tra pittura, scultura e cinema. Una stoffa da tende rigata diventa la base del suo vocabolario artistico. Negli anni ’80 comincia a costruire delle opere permanenti e gli viene conferito il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia per il miglior padiglione. Molto presto il lavoro di Buren diventa più tridimensionale e concepisce l’opera come modulazione dello spazio. La prima Cabane Eclatée del 1975 sottolinea l’interdipendenza tra l’opera e il luogo che la ospita attraverso giochi di costruzione e decostruzione. Dopo l’inizio degli anni ’90 il colore non è più solamente applicato ai muri, ma “installato nello spazio” sotto

forma di filtri, lastre di vetro o plexiglas colorati. L’utilizzo di specchi, stimola il pubblico ad uno spostamento non solo dello sguardo ma del corpo intero. Daniel Buren ha realizzato nel mondo migliaia di installazioni in situ. La maggior parte di queste opere sono andate distrutte dopo la loro presentazione, ma esiste un nutrito “corpus” di opere permanenti nelle collezioni dei più grandi musei del mondo. Buren è stato il protagonista della VII edizione di Intersezioni 2012. Originale il progetto del maestro francese che ha ideato all’interno del Parco di Scolacium (Catanzaro) cinque imponenti installazioni.


L’artista ha fatto del Parco il luogo di un progetto unico: antico e moderno dialogano all’interno della città di Minervia Scolacium. La città antica diventa parte integrante della sua opera. L’artista è intervenuto sulla Basilica, il Foro, il teatro romano e l’uliveto . Nella Basilica ha creato delle finestre che rievocano le antiche vetrate medievali. All’interno del Foro ha reinventato un colonnato utilizzando le sue classiche bande verticali bianche e rosse; nel Teatro romano ha inserito una struttura specchiante di 30 metri che ha la capacità di riflettere, di moltiplicare e re-immaginare il teatro. L’uliveto è considerato da Buren parte integrante di questo luogo: ha costruito degli anelli che consentono di guardare la natura con altri occhi. Il 6 ottobre 2014 il Parco internazionale della scultura di Catanzaro si è arricchito della nuova opera permanente dell’artista francese . È una «Cabane éclatée aux 4 couleurs», un organismo plastico-architettonico che ha la proprietà di trasformare e di essere trasformato dal luogo creando un rapporto di reciproca interdipendenza. L’opera è formata da un cubo di 4 metri di lato (blu, giallo, nero e rosso) percorribile e visitabile fisicamente, trasformando dunque l’installazione in un corpo vivo in grado di dialogare con l’osservatore e l’ambiente in cui è inserito. Fondato nel 2005, il parco internazionale della città calabrese, ospita le opere di undici artisti dell’arte plastica contemporanea: oltre a Buren , Stephan Balkenhol, Tony Cragg, Wim Delvoye, Jan Fabre, Antony Gormley, Dennis Oppenheim, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto, Marc Quinn, Mauro Staccioli.


HERETICAL - DESIGN3

Giovedì 10 luglio 2014, ore 18, a Cosenza, Palazzo Arnone, la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria inaugura la Collezione Umberto Boccioni, a cura di Fabio De Chirico. La presentazione al pubblico della nuova ala espositiva della Galleria Nazionale di Cosenza dedicata all’opera grafica del maestro futurista vedrà la partecipazione di Francesco Prosperetti, direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria; Fabio De Chirico, soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici dell’Umbria; Luciano Garella, soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici

delle province di Cosenza, Catanzaro e Crotone; Nella Mari, storico dell’arte Soprintendenza BSAE della Calabria; Mario Caligiuri, assessore regionale alla Cultura e Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza. Modera GemmaAnais Principe. Nell’occasione sarà presentata la scultura Forme uniche della continuità nello spazio, donazione di Roberto Bilotti alla Galleria Nazionale di Cosenza. La collezione grafica di Umberto Boccioni (Reggio Calabria 1882 – Sorte 1916) si compone di un nutrito gruppo di disegni e di incisioni e documenta l’intera evoluzione artistica di Boccioni, dalla fase prefuturista alla maturità.


L’opinione Alessandra Primicerio Grazia Calabrò e il colore delle emozioni Reggina ma di adozione cosentina, Grazia Calabrò ha realizzato la sua prima mostra a 18 anni. Talento innato per la pittura e il disegno fin da bambina ha continuato a coltivarlo pur avendo fatto studi ingegneristici. Riservata e timida si esprime attraverso la pittura che rivela un animo sensibile. Nei paesaggi rappresenta la meraviglia che l’uomo prova quando si trova davanti la natura. Utilizza il colore e la luce per creare le sue opere e nei suoi quadri si avverte la sensazione del profumo del mare o la fragranza della neve. Scorci , nature morte tutto quello che rappresenta anche la cosa più comune attraverso il suo pennello acquista nuova luce.

Misteriose e di una bellezza ideale sono le donne rappresentate da Grazia. Spesso l’artista raffigura il gatto, animale criptico e indipendente dipinto nella sua eleganza. Attraverso i ritratti poi riesce ad approfondire le emozioni del soggetto. Intenso il ritratto di Alda Merini grande poetessa e scrittrice italiana , scelto come logo per il “Premio di Poesia Alda Merini”. Particolari infine sono i suoi versi dipinti: “Non stare lì, al muro posa, vinci lo spazio, infrangi il tempo, vola senza fermarti libera al pari del mio cuor e della mente”(“La bicicletta”). “Ut pictura poesis” scriveva Orazio, cioè “la poesia è come un quadro” o “un quadro è come una poesia”.


EVENTI

SICILIA

“PALERMO panorama”

foto della città tra storia e bellezza

Bellezza, luci e colori della città: la storia e le contraddizioni di Palermo arrivano ai Cantieri culturali alla Zisa fino al 13 aprile con le suggestive foto di Mauro D’Agati

Dal 1995 al 2014, dalle spiagge di Termini Imerese al mercato storico di Palermo della Vucciria, Mauro D’Agati (palermitano, classe 1968) ha raccolto circa 400 foto per raccontare questa città di disarmante bellezza che allo stesso tempo subisce le inquietudini della criminalità e del degrado nella mostra “Palermo panorama”, visitabile fino al 13 aprile nella galleria Zac ai Cantieri culturali alla Zisa di Palermo. Curata dall’editore Gerhard Steidl, che da anni sostiene il lavoro del fotografo D’Agati, e realizzata in collaborazione con il Comune di Palermo, la mostra è stata inaugurata nell’ambito del convegno “Il futuro di arte e cultura: analogico contro digitale”, ed è uno sguardo malinconico per i colori, le sfumature e le

contraddizioni di Palermo, di cui il fotografo riesce catturare quei preziosi frammenti di umanità che ancora emergono dall’incuria e dall’abbandono. Un viaggio nel grottesco dove si annida una bellezza dirompente nascosta tra le mura scrostate della città e una narrazione più pop tramite le immagini che ritraggono di cantanti siciliani neomelodici o che raccontano storie come quella di Massimo e Gino, icone del movimento gay siciliano, visitabile ad ingresso gratuito dal martedì alla domenica dalle ore 9.30 alle ore 18.30.


SALVATORE ALESSI

Partendo dall’espressionismo astratto e dall’informale, Salvatore Alessi crea opere di forte impatto visivo, amalgamando segno e colore come un sapiente alchimista, costruendo coreografie di crescente intensità in cui cromatismi accesi si affiancano a tonalità con connotazione cupa fino a fondersi nel sovrapporsi delle trasparenze. Con tratto deciso l’artista stende il colore in campiture ampie, che si intrecciano con i segni grafici per disegnare architetture complesse eppure dotate di impatto espressivo immediato. Grazie all’utilizzo della tecnica mista, crea contrasti chiaroscurali e materici che scandiscono il ritmo della composizione. Questi lavori aprono una finestra sull’inconscio per metterlo in comunicazione con la realtà esterna, liberano emozioni che riescono a oltrepassare la superficie dell’anima fino a dialogare con l’osservatore in una reciproca ricerca di autoconsapevolezza.Paolo Levi


ENZO CUCCHI E IL LABORATORIO SACCARDI

La Galleria d’Arte Moderna di Palermo è lieta di presentare la prima mostra in uno spazio pubblico in Sicilia di Enzo Cucci ed il Laboratorio Saccardi con installazioni, video, quadri e sculture, che ripercorrono una ipotetica passeggiata per l’amata odiata Palermo. Quello che unisce Enzo Cucchi al Laboratorio Saccardi, è un amicizia di lunga data, un legame di stima reciproca oltre che di parentela “anti-stilistica”, un collegamento sapientemente coltivato negli anni, fatto di incontri e scambi di opinioni, idee e concetti comuni, di sperimentazione intorno l’oggetto pittorico e l’amore per la materia in genere. Negli anni il rapporto del Laboratorio Saccardi con Enzo Cucchi si è consolidato, mentre il rapporto con l’amataodiata Palermo di oggi si è deteriorato, così i lavori hanno finito per raccontare questa Sicilia ancestrale e selvatica di cui rimangono perennemente innamorati. Questa mostra è la registrazione di tutto questo, un ultimo omaggio alla città che non è quella che si vede oggi, ma è una Palermo immaginaria ed immaginata passata ma mai trapassata del tutto, sognata, quasi appartenente ad un'altra dimensione ad un'altra isola del mediterraneo, più incontaminata, più pura forse, più identitaria e definita, ammirevolmente più ignorante ma non certo più bella, ugualmente mistica, una Palermo tutta mentale, disegnata

dal segno laser di Enzo Cucchi, dipinta a forza di colori ionizzati dal Laboratorio Saccardi nel nero dell’universo, una Palermo che si chiama Cagliari. Impegnati nella costruzione di una cosmologia nuova e sperimentale ma attenta alla tradizione, Enzo Cucchi e Laboratorio Saccardi insieme costituiscono uno schiaffo all’arte contemporanea che poverina si limita ad essere solo contemporanea e stupidamente se ne frega dell’infinito e dello spirito della tradizione, vista invece come la più grande innovazione del nostro tempo ed è proprio d’infinito che si impregnano i quadri e le opere di Enzo Cucchi e del Laboratorio Saccardi. L’ arte dei tempietti pagani mischiata ai sogni contadini e spaziali quella di Enzo Cucchi, delle icone sacre, dei tempietti pagani e rupestri quella del Laboratorio Saccardi. Dal 15 Novembre 2014 al 15 Gennaio 2015 Luogo: Galleria d’Arte Moderna Tel. Info.: +39 091 8431605 E-mai lnfo: servizimuseali@ galleriadartemodernapalermo.it Sito Ufficiale: http://www. galleriadartemodernapalermo.it


FRANCESCO DI MARTINO

LE FIGURE GEOMETRICHE SONORE Le figure geometriche piane e solide sono le forme più semplici e facilmente leggibili da tutti, piccoli e grandi. L’autore ha utilizzato queswte forme per realizzare delle immagini altrettanto comprensibili: il toro, il cavallo, l’elefante, etc.

Ciò è stato possibile mediante una particolare ricerca e approfondito studio di “manipolazione intellettiva” delle forme geometriche con lo scopo finale di ricavare delle sculture sonore. Infatti tutti gli elaborati sono oggetti in ceramica con un denominatore comune: soffiando in una parte ben definita emettono un suono.


EVENTI

SARDEGNA

A UN PASSO DAL TEMPO. GIACOMETTI E L'ARCAICO

: Il Museo MAN di Nuoro annuncia l’imminente apertura

della mostra «A un passo dal tempo. Giacometti e l'arcaico». Curata da Pietro Bellasi e Chiara Gatti, la mostra, ricca di una settantina di pezzi, svelerà al pubblico il grande fascino che la statuaria antica (egizia, etrusca, greca, celtica o africana), esercitò agli occhi del maestro del Novecento celebre per le sue figure in cammino, le donne immote e silenziose come idoli del passato. I prestiti delle opere di Giacometti, concessi da importanti collezioni svizzere oltre che dalla Kuntshaus di Zurigo e dalla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, saranno accostati per la prima volta alle opere arcaiche del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, del Museo Civico Archeologico di Bologna, del Museo Civico di Palazzo Farnese a Piacenza e del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. I lavori di Giacometti e quelli dei suoi antenati animeranno un percorso avvincente, sviluppato per temi e iconografie, basato su un gioco di rimandi, di sguardi incrociati fra

capolavori, sottratti alla dimensione del tempo e ricollocati nello spazio della contemporaneità. Un viaggio affascinante nel tempo (e nello spazio), dimostrerà allora come la sua Femme qui marche, eseguita fra il 1932 e il 1936, riproponga gli stessi canoni di stilizzazione del corpo, la frontalità, la ieraticità, il passo breve avanzato della gamba sinistra, concetto puro di movimento, ispirato all'iconografia egizia. Le celebri figure di origine etrusca, come gli Aruspici dai corpi “a lama” del Museo di Villa Giulia a Roma, scoperti dall'artista durante il primo viaggio in Italia fra 1920 e 1921, sembrano tornare idealmente nelle forme immote dello scultore con le quali condividono linearismo, compostezza e armonia. Allo stesso modo il dialogo con i bronzetti nuragici può essere spiegato attraverso le parole dello storico dell'arte Giuseppe Marchiori dedicate proprio al sapore antropologico della ricerca di Giacometti e alle forme dei suoi corpi «esili come guerrieri nuragici, senza lance e scudi, oppure simili all'idolo volterrano, agli uomini della notte».

MAN - Museo d'Arte Provincia di Nuoro Curatori: Pietro Bellasi, Chiara Gatti Info: Tel. +39 0784 252110-E-mail: nuoro.museoman@gmai.com Sito Ufficiale: http://www.museoman.it


L’opinione Paola Corrias

Pixel/Noise/Contrasto tonale caratterizzano la videoart di Matteo Campulla. Con Matteo Campulla scambio mail sino a tarda notte, in un vortice (o vertice?) che sembra una partita a tennis tra Bjorn Borg e JohmMcEnroe nel 1978. Matteo nasce a Iglesias, nel 1982, ed è subito proiettato in Germania. Dopo sei anni torna definitivamente in Sardegna, dove consegue gli studi al Liceo Artistico di Cagliari. La sua ricerca pittorica si condensa nel 2009, con la fondazione del Movimento Oscurantista assieme agli amici e colleghi Davide Ligas e Diego Dall’Ara. Il collettivo si oppone in maniera frontale a un certo tipo di arte contemporanea, “al sistema (dell’arte) e alla strategia (commerciale nell’arte)”.

Dal background pittorico, la sua ricerca si evolve, interessando sempre diversi medium, uno studio che segue il percorso dei moti convettivi e si esprime con linguaggi multi banda a tripla bobina. Tra il 2011 e il 2012 vira il suo linguaggio verso la video art che lo porta tutt’ora nei maggiori centri culturali e museali della Sardegna.

L’artista ha fatto proprie due forme espressive che di primo acchito possono sembrare diametralmente opposte, ma che in realtà non sono distinte da una linea di demarcazione netta. Dispone di molteplici risorse, cosa che secondo il suo pensiero è “uno dei presupposti fondamentali per chiunque si voglia muovere in un discorso realmente contemporaneo, qualsiasi sia il suo tipo di ricerca”.

Matteo Campulla esterna una riflessione introspettiva sulla vita reale appoggiandosi a immagini scandite da pixel, scomposte, rallentate. Affronta uno studio socioantropologico sul rifiuto del prodotto e dell’individuo, sulla frammentazione dell’Io, sull’interazione uomo - paesaggio antropico, sulla trasposizione di se nel mondo esterno. Nei suoi lavori ricorrono colori innaturali e distorti (cieli rosa), insetti (larve), animali e abitazioni tipici dello scenario urbano (gabbiani, palazzi), edifici moderni abbandonati (ex Colonia Marina Dux), sfondi fissi su cui si muovono esseri viventi e panni stesi. Scorrono le nuvole sullo skyline di Cagliari, le formiche si muovono veloci mangiando intonaco impulsivamente (o compulsivamente?), in un sovraffolamento quasi da visioni post-allucinogeni e antidepressivi. (THEY KNOW IT e LIMITI) Tre parole, tre immagini: Lisciviazione. Traliccio. Brownout. Il suono è perturbazione sonora, a volte ripetitiva,


meccanica, metallica. Ricorda un treno, una stampante in funzione, la fase di raffreddamento di un hard disk spento nel 1995 e riacceso vent’anni dopo. Come in “Scars (Video Project) - landscape #3”, in cui il complesso audiovisivo fa rivivere l’esperienza di un viaggio rumoroso, scomodo, distaccato rispetto al paesaggio, separato da una barriera di suoni ovattati. Sono gli occhi dell’artista che guarda il vetro, diagonalmente, anche se in realtà sfugge, un po’ come il discorso della mosca che vola nel treno e dei sistemi di riferimento relativi e assoluti. Una continua soggettiva, come nel film “Enter the Void” (2009, GasparNoé).

Nella serie “THEY KNOW IT”, vincitrice del Premio Babel 2013/Sezione video, in particolare in “Second Parasitosis”, la componente sonora sembra un tuono continuo e rallentato, intervallato da suoni acidi metallici. Le immagini non vengono rotte, ma una

coscenza LD/lo-fi ci riporta indietro nel tempo. Ci proietta nel 1997, con la produzione di “Nirvana” (Gabriele Salvatores), o nei primissimi anni 2000, quando si diffonde un largo uso di telefonini ed handycamprosumer (“INLAND EMPIRE”, 2006, David Lynch; “Benny’s Video”, 1992, Haneke). Come un corno che cresce sotto il cilindro, la Glitch Art sta affiorando dagli ultimi lavori dell’artista. Il progetto 29 AV, The Factory of Addiction, MineAllMine e tanto altro datamoshing disseminato per il web più o meno profondo. La ricerca non solo estetica della non perfezione si oppone all’elevata risoluzione delle immagini e all’alta definizione dell’audio garantiti dalle ultime tecnologie, sempre più in grado di fornire prestazioni avanzate, tanto da rendere la realtà più realistica del reale. Si scatena una volontà di distruzione. Uno studio sistematico del glitch (leggete “CartenNicolai - lo scienziato dell’errore”, di Luca De Siena). Diversamente dall’approccio scientifico, in cui l’errore è individuato e “messo da parte”, qui è ricercato e replicato ai fini estetici. La religione dell’errore, il rifiuto del momento attuale, o la sua ridefinizione? L’opposizione alla consuetudine. La nostalgia per i vecchi dispositivi, o la ricerca di un rinnovato ruolo? Per Matteo Campulla la glitch art non è una fase nostalgica per gli anni ‘80 e ‘90, ma è (una fase) totalmente contemporanea, di sperimentazione e manipolazione dell’immagine. Nelle sue ultime video opere, le immagini in movimento


“(...) la forza della ricerca in questo campo sta proprio nel sapere condiviso e spesso anonimo. Molte mie opere le trovi in rete sotto pseudonimo ed è giusto che sia così. Dico, è giusto il fatto che non le trovi”. Chiedo a Matteo: Con quale linguaggio, tra i tanti sperimentati nel tuo percorso, ritieni essere più comunicativo? Matteo risponde: Penso che la videoarte sia al momento il medium che, più di altri, si avvicini al mio modo di intendere il contemporaneo. Non vorrei precludere la grafica o qualsiasi altra disciplina (...) ma credo che il video sia forse la tecnologia che più, al momento, si presta a certe rivoluzioni. si intersecano tra loro, i colori si alterano (datamosh). L’intreccio e la sovrapposizione tra parti statiche e non si ottengono con la manomissione del logaritmo del file.Esistono altri sistemi per provocare questa “rottura” (per i curiosi non esperti il web offre delle applicazioni che rielaborano automaticamente le immagini, divertente! Ma è un’altra cosa…) L’immagine “pixelosa”, con soluzione di continuità, poi si ricompone, si sposta dando un effetto “colata lavica”. CPU e RAM sovraccaricate, schede video poco performanti. Proiettati nel passato,eppure sulla linea di guardia del 2015. La tecnologia si fa d’un tratto imprevedibile. Sindrome di Asperger. Non più fredda, ma calda, come lava. Una commistione tra programmazione e caso, quasi una mosca su un treno, o un cammello su una grondaia, o un ombrello e una macchina da cucire. Una sfida alla perfezione, un’immersione nel nichilismo, uno sfogo del desiderio di distruzione, una distruzioneimmateriale, perché tange solo immagine e suono, e temporanea, perché sfocia in una ricostruzione. Ecco che le macchine (da cucire e gli orologi) si piegano al nuovo volere dell’uomo, e di Matteo.

Di Paola Corrias Direttrice Museo Geopunto (Iglesias) Coordinatore rassegna d’arte contemporanea Post Organico: The DayAfter, a cura di Erica Olmetto Arch. Paola Corrias Cell.: 3472704673 Mail.: paola1corrias@gmail.com paola.corrias@yahoo.it



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