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n. 10 free magazine - Galleria civica di Modena



PER PICCINA CHE TU SIA... THERE'S NO PLACE LIKE HOME...

“Il bello di essere architetto è che puoi camminare nei tuoi sogni”, sosteneva Harold Wagoner. Proprio il desiderio di offrire al visitatore l’opportunità di camminare in mezzo ai sogni degli architetti ci ha spinto a concepire Macchine per abitare, una selezione delle opere della nostra collezione che mette in scena sulle pareti di Palazzo Santa Margherita sia i sogni tradotti in forme concrete, restituiti e interpretati dall’occhio e dal sentimento dei fotografi, sia quelli rimasti come tali sulla carta, la cui unica testimonianza è affidata a tratti rapidi e sfuggenti di matita o d’inchiostro. In buona parte, com’è naturale, anche la personale di Gabriele Basilico allestita alla Palazzina dei Giardini si lega al tema architettonico, con immagini – frutto di tre campagne sul territorio

“The great thing about being an architect is that you can walk into your dreams,” stated Harold Wagoner. And it was this desire to provide visitors with the chance to walk into architects’ dreams that led us to come up with Macchine per abitare, a selection of works from our Collections displaying dreams transformed into concrete realities, rendered and interpreted by the eye and heart of photographers, as well as those that remained on paper at the planning stage, the only testimony of which being entrusted to fleeting pencil or pen strokes, displayed here on the walls of Palazzo Santa Margherita. Naturally, also much of the Gabriele Basilico solo show featured at the Palazzina dei Giardini is linked to the architectural theme, with images – the result of three shoots on the territory in 1994, 3


del 1994, 2001 e 2011 – che rappresentano prevalentemente edifici e vedute di Modena e del suo circondario. Meno conosciuta al grande pubblico, ma di grandissimo interesse, appare la serie Dancing in Emilia, realizzata da Basilico nel 1978, oggi di ritorno alla Galleria civica di Modena che la espose per la prima volta nel 1980. Realizzate quasi per intero attingendo dal patrimonio del museo, solo in parte ricorrendo a prestiti di prestigiose istituzioni culturali – la Fondazione Fotografia di Modena, l’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna e la Biblioteca civica d'arte Luigi Poletti – le mostre presentano in totale oltre duecento opere, tra fotografie, disegni, progetti d’architettura, e propongono un’ampia selezione di materiale inedito, o comunque, mai esposto in precedenza, come è il caso dei disegni di Cesare Leonardi che la Galleria civica ha recentemente ottenuto in deposito dal celebre architetto e designer modenese. Di particolare rilievo il ricco nucleo di carte donato da Tullio Zini, uno dei protagonisti della ricerca e della pratica architettonica contemporanea, al quale siamo ulteriormente grati per le parole, illuminanti e autentiche, con le quali ci ha introdotto al suo lavoro. Un ringraziamento speciale va alla Regione Emilia-Romagna per il suo sostegno e all’Ufficio Ricerche di Storia Urbana del Comune di Modena, senza il prezioso lavoro del quale oggi mancherebbe un tassello significativo al progetto d’insieme. 4

2001 and 2011 – which mainly represent buildings and views of Modena and its surrounding areas. Although less known to the general public yet nevertheless of great interest is the series Dancing in Emilia, produced by Basilico in 1978, today back once again in the Galleria Civica di Modena, which displayed it for the first time in 1980. Put together almost entirely by exploiting the museum’s own heritage, depending only to a small degree on loans from prestigious cultural institutions, – such as the Fondazione Fotografia di Modena, and the Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna and the Biblioteca civica d'arte Luigi Poletti – the exhibitions are made up of a total of more than 200 works, including photographs, drawings and architectural plans, and also feature a broad selection of unpublished materials or at least ones never displayed before, as is the case of the drawings of Cesare Leonardi, which the Galleria Civica was recently asked to house by the well-known Modenese architect and designer himself. Of particular relevance is also the rich set of papers donated by Tullio Zini, one of the key protagonists of contemporary architectural research and practices, to whom we are especially grateful for his illuminating and authentic words with which he himself introduces us to his work. Special thanks also go to the EmiliaRomagna Regional Council, which supported the project, and to the Urban / novembre 2013


Il tema della casa e quello del costruire sottendono ad un paesaggio variamente abitato da piste da ballo e periferie urbane, scorci di architetture e aree industriali dismesse, singoli edifici e visioni urbane d’insieme, humus sul quale ha trovato le sue fondamenta La casa delle anime, il racconto ispirato alla dimora eterna di cui Ermanno Cavazzoni ha voluto farci dono. Spazio alle collaborazioni, con gli Amici della Musica di Modena e con diverse personalità del mondo della cultura, per le iniziative illustrate in agenda di cui saranno protagonisti il sassofonista David Brutti e il fotografo Giancarlo Pradelli.

Gabriele Basilico nella collezione della Galleria civica di Modena Palazzina dei Giardini corso Canalgrande Macchine per abitare Fotografie e disegni d'architettura dalla collezione della Galleria civica di Modena Palazzo Santa Margherita corso Canalgrande 103

History Research Office of Modena City Council, without whose precious collaboration we would lack today an important element of the overall project. The theme of the home and that of building both underpin a landscape which accommodates both crowded dance floors and deserted urban outskirts, glimpses of architecture and decommissioned industrial areas, single buildings and overarching urban visions, the fertile soil in which The Soul Garden, a short story on the eternal dwelling, is rooted, and which Ermanno Cavazzoni has kindly decided to donate to us. There is also space for collaboration projects, with the Amici della Musica di Modena and various other personalities from the world of culture among the initiatives featured in the calendar of upcoming events, such as those starring the saxophonist David Brutti and the photographer Giancarlo Pradelli.

23 novembre 2013-26 gennaio 2014 mer-ven 10.30-13.00; 15.00-18.00 sab, dom e i festivi 10.30-19.00 lunedĂŹ e martedĂŹ chiuso mer 25 dicembre e sab 1 gennaio 15.30-19.00 gio 26 dicembre e lunedĂŹ 6 gennaio 10.30-19.00 martedĂŹ 24 e 31 dicembre chiuso ingresso gratuito

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LA CASA DELLE ANIME Ermanno Cavazzoni

“Crematemi e spargete le ceneri al vento”, qualcuno oggi dice; anzi molti lo dicono, con l’idea di mescolarsi per sempre al panorama. E anche, io credo, per l’orrore di venire chiusi sigillati in quegli scafandri di alluminio che sono le bare, saldate con la fiamma ossidrica; la Chiesa dovrebbe protestare, perché mi risulta che fra i suoi dogmi ci sia ancora la resurrezione dei morti; ma un morto quando suoneranno le trombe del giudizio non avrà la forza di rompere il metallo saldato, e picchierà da dentro invano, “Aprite!” Tutta la gente del secolo venti non si presenterà al giudizio; il Papa se n’è reso conto? che tutti costoro staranno chiusi dentro l’alluminio a battere per l’eternità? Qualcuno pensa di farsi disidratare; siamo composti all’80 per cento di acqua; se si toglie l’acqua resta la persona, che è una sostanza legnosa; se poi gli si dà un antitarlo il corpo disidratato dura secoli, come i mobili, e in tal caso si possono tenere i parenti come arredamento. Si tengono fotografie, ritratti. Beh, sarebbe più realistico avere gli avi in persona, li si può mettere sotto una campana di vetro, in una vetrina: questo è il bisnonno, questa la nonna, si è un po’ tarlata, la porteremo dal restauratore, le è saltato via un piede… I parenti antichi valgono molto nel mercato dell’antiquariato, c’è chi li compra e li spaccia per propri. Ma c’è chi dice: “Mettetemi in terra e piantateci un albero”. “Che albero?” chiedono gli eredi. “Un albero di ciliegie”, perché uno spera che i nipoti mangino poi le ciliegie e lui torni a vivere in loro, nel senso che i nipoti mangiando una ciliegia diranno “ah com’è buono lo zio! assaggialo!” e metteranno il cesto di ciliegie in mezzo alla 7


tavola, “c’è lo zio, ragazzi! appena raccolto!” La zia invece ha voluto un albero di albicocche; ogni giardino può essere un cimiterino, una pianta per ogni defunto, le mele Renette sono lo zio Carlo, la pianta di cachi il prozio Emilio, era buono, non molto intelligente. Ci sono parenti che vogliono si pianti sulla tomba una mimosa, un lillà… “che profumo quest’anno la nonna!... innaffia la nonna! dai un po’ di concime alla nonna”. “Quel fascistaccio di nostro cugino Gaetano ha voluto una quercia… quel vanesio di mio cognato vuole l’alloro, come se bastasse! ci faremo l’arrosto con il suo alloro”. Solo che la legislazione vigente vieta questo tipo di sepolture, non si sa perché; allora bisogna dare una mancia in Comune, all’ufficio Cimiteri e Decessi, e motivarla come operazione no profit, in ottemperanza alle direttive europee in campo agricolo, come fertilizzanti eco sostenibili. “La povera mamma fa i fichi in agosto, non si dimentica mai, ci facciamo anche la marmellata, senza nessun conservante né zucchero aggiunto, la faccio appena un po’ caramellare, come le piaceva. Il papà poveretto l’abbiamo sistemato vicino alla mamma, è il rosmarino, l’ha sempre detto che voleva una vita postuma come rosmarino, se lo tocchi ti rimane l’odore del papà nelle dita”. “E la zia Ernestina?” “Eh, poveretta, l’abbiamo messa in vaso; i limoni d’inverno gelano, e così d’inverno la zia Ernestina la mettiamo sotto il cellofan, con lo zio Alfonso che è un arancio, estroverso com’era in vita, degli aranci grossi così! ci faccio anche con lui un po’ di marmellata, di arancio e di mela, la mela è Giandomenico Perazzi, amico di famiglia, e ancor più amico della zia Ernestina, ma ha sempre avuto una buona influenza anche sullo zio Alfonso, che lo accettava come suo vice (vice marito, dicono), in pratica viveva con loro, teneva unita la famiglia come un addensante, come la colla di pesce; e se ci aggiungi nostra cugina, la povera Domitilla, che è una pianta di zucche, lei si è sempre sentita affine alle zucche, era modesta, con la quinta elementare, però buona e paziente… se ci aggiungi nostra cugina, si può spalmare tutto il loro nucleo famigliare sul pane, al mattino, con un po’ di burro, e ci bevi dietro il caffè. Il vantaggio per le amministrazioni comunali è che adesso saranno i privati a rinfoltire i parchi pubblici (oltre che i giardini privati); e a poco a poco si aboliranno quei luoghi aridi e pietrosi che sono i cimiteri, come in effetti le direttive europee prevedono, abbiamo un enorme potenziale fertilizzante, perché sprecarlo? e inoltre si realizza una concreta metempsicosi, i bambini imparano ad amare le piante in quanto persone della famiglia o di famiglie amiche; e ogni forma di vita animale e vegetale si riconcilia nel tutto universale. Ecco, quindi chi ha un giardino dovrebbe farne un cimitero; chi non ce l’ha, chi vive in condominio o in centro città dovrebbe usare come cimitero il parco pubblico, 8

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o le campagne subito oltre la periferia, ad ogni decesso ci si pianta sopra cespugli, piante da fiore, piante da frutto, sotto ogni albero un trapassato, in modo che perduri il suo carattere, le sue abitudini, e su ogni albero un cartellino: Catellani Ivano, cipresso; Furio Donati, magnolia. Ad esempio da un olivo, che è mio zio, esce un olio di prima spremitura meraviglioso; dalla zia, la vigna, un vinello bianco spumeggiante, “Stai calma zia!” dico sempre quando la stappo; se non ci sto attento continua a uscire schiuma, mezza bottiglia di schiuma, come uscivano dalla zia chiacchiere a non finire, non si stancava mai di chiacchierare; e lo zio, che invece era tranquillo, calmo, placido, come un olio già in vita, le diceva: “Florinda, sarai stanca, vogliamo avviarci verso casa?” La zia si preparava ad andare: “Sì Palmizio” (lo zio si chiamava Palmizio, ma lo chiamavano Mizzi, gli amici e i parenti, lo zio Mizzi); la zia allora accelerava le chiacchiere, per farne di più in minor tempo; esattamente come la schiuma, che non smette fin che non è uscita tutta; dopo un’ora, che però equivaleva alle chiacchiere di quattro ore, lo zio ripeteva:” Florinda, sarai stanca… ecc”; calmo come alla prima chiamata, per questo l’abbiamo sistemato sotto un olivo, è la stessa linfa oleosa che circola, e poi all’olio gli dà quel gusto pulito, che era il temperamento a bassissima acidità dello zio. La zia invece era già vino spumante, vino leggero molto spumante, a berlo sembrava di sentire in bocca lei, “Ciao zia Flori, alla tua salute!”, e continuava a chiacchierare sulla porta di casa, come se avesse appena cominciato, mentre lo zio continuava a stare in attesa, senza un’increspatura, senza impazienza, come chi aspetta qualcosa di lontanissimo, che può protrarsi anche mesi. La zia Rosa invece l’hanno messa sotto a un roseto, lei era sempre innamorata di qualcuno, e veniva regolarmente a trovarci con questo qualcuno, per renderlo moroso ufficiale; dei tipi! li vedevamo una volta, due volte, poi subentrava un altro, il nuovo moroso ufficiale; dei tipi che trovava in internet, con la decappottabile ad esempio, oppure altre qualità: la moto, la casa al mare, il cabinato, una volta anche il velivolo; ma delle facce da affamati; o da maniaci dell’avventura sentimentale; erano sempre diversi, ma alla fine intercambiabili; però la zia Rosa non ne ha mai trovato uno sposabile; li prendeva in prova, finché nel grande mercato di internet non ne trovava uno meglio, per via che il precedente ad esempio risultava che la casa al mare gliel’avevano prestata, o che il velivolo diceva d’averlo ma nessuno l’aveva mai visto, o che il cabinato era in realtà un barchino con un motorino scoppiettante ridicolo, e così via; però poi il nuovo moroso risultava essere ancora peggio, anche se sembrava difficile trovarne uno peggio, però lo trovava. La zia Rosa era molto appariscente, “mi pianterete sopra un bel roseto”, era lei a dirlo, consapevole della sua natura, voleva continuare a fiorire ed essere colta, “Che male c’è?” diceva; sì, che male c’era? 9


Zia Rosa! – dico davanti al roseto – ti ricordi quel tipo che diceva di avere una mongolfiera? e dovevate partire e farvi portare dal vento, ma non partivate mai, e diceva a noi bambini che saremmo partiti anche noi, per farsi accettare; e quello che diceva di essere un medico? e quello che diceva di correre in formula uno? quello che diceva di essere ricchissimo, ma che i ricchi non mostrano mai la ricchezza, come lui, che perciò non la mostrava; tutti truffatori, ti ricordi? Lei non sente, le piante non sentono, però le rose mandano un profumo carnoso e caldo, lo stesso che le sentivamo addosso. C’è davvero la sua biografia nel roseto, meglio di un’iscrizione sul marmo, che sarebbe freddo, il contrario della sua indole, povera zia. E poi sotto un’edera c’è lo zio Attilio, non l’ho mai conosciuto, sta arrampicato su un gelso, che è sua mamma, la bisnonna Brunella; lo zio Attilio non è mai uscito di casa, mai sposato, mai lavorato, sempre attaccato a sua mamma; quando è morta aveva 102 anni, lui è morto di lì a poco, un anno, poco di più; l’aveva detto: voglio continuare a star con mia mamma, mettetemi vicino al gelso, piantate un’edera che parta da me e mandatemi su, che m’attacchi a mia mamma, e che continui la stessa vita con lei. Lo zio Attilio era un po’ velenoso, come lo è l’edera, un po’ aristocratico, fondamentalmente ornamentale, non ci fosse stata sua mamma non si tirava neanche su, restava a letto disteso, o in poltrona, o sull’ottomana a dormicchiare. “Guardate lo zio Attilio! – dico sempre – imparate a non far come lui!”; l’edera è un esempio chiaro e illuminante. Quando la zia Enrichetta è seccata, l’abbiamo segata e fatta a pezzi, e l’abbiamo bruciata nel camino, era una pro-prozia, aveva visto far l’unità d’Italia, faceva ottime braci, il castagno è il meglio per il caminetto, e mandava un calore, un affetto, tutti davanti a scaldarci, la zia Enrichetta, non che fosse consapevole, però si stava beati davanti a parlare delle guerre d’indipendenza, Cavour, Mazzini… vedete ragazzi? voi siete qui, e lì nel camino c’è la zia Enrichetta che ha visto il Risorgimento… Poi l’abbiam sparsa nel prato, perché la cenere è un buon fertilizzante, naturale, come prescrive l’Unione Europea, l’abbiamo data anche allo zio Anselmo che stenta, ha preso una brutta botta quest’inverno col gelo, l’abbiamo data al nonno Marziano e alla nonna Vattessa, poveretti, che in realtà sono bis bis bis nonni, forse c’è un altro bis da aggiungere, loro c’erano al tempo di Napoleone, andavano ancora in carrozza, chissà cosa direbbero a vedere un motore, l’elettricità, i grattacieli. Per accendere il fuoco usiamo la potatura, fascine, dove c’è un po’ di tutto, cugini, parenti acquisiti, suoceri e altra sterpaglia.

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Ico Parisi, Grattacieli, 1986 (part.), Galleria civica di Modena, Fondo Ico Parisi p. 2 Paolo Portoghesi, Banca popolare del Molise a Campobasso (architetto Paolo Portoghesi), 1985 Galleria civica di Modena, Raccolta della fotografia p. 6 Luigi Ghirri, Il cimitero di Modena (architetto Aldo Rossi), 1983 Galleria civica di Modena, Raccolta della fotografia

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THE SOUL GARDEN Ermanno Cavazzoni

“Cremate me and cast my ashes to the wind,” some people say today; in fact quite a lot say that, with the idea of becoming forever blended into the landscape. And I think also because of the horror felt at the idea of being sealed off inside one of those aluminium space capsules which are passed off as coffins these days, welded shut tight with a blowtorch. The Church really should intervene, for I believe its dogmas still include the one about the resurrection of the dead. But when the trumpets of the day of judgement will sound, perhaps the dead won’t have the strength to break the welded metal, and will start beating the lid in vain, shouting, “Open up!” Nobody from the 20th century will actually turn up for eternal judgement at all at this rate. Has the Pope not realised this yet? That they’ll all be sealed off in their aluminium cases, beating their fists for all eternity? Some people think it would be best to be dehydrated. After all, we are 80% water, so if you take away the water, the person is left behind, made up of a sort of wood-like substance; and so with a bit of woodworm repellent, a dehydrated body would last for centuries, just like the furniture, and indeed in that case, relatives could be kept like items of furniture. We all keep photographs and portraits, but it would be more realistic to have our ancestors there in the flesh (well, of sorts). They could be placed in a cabinet, a vitrine: this is great-grandfather, and this is grandmother, the worms have been getting at her – we’ll have to take her down to the menders to get that foot put back on... Very old relatives also have a certain value on the antiques market: there are those who buy them up just to pass them off as their own. And then there are those who say: “put me in the ground and plant a tree on top of me.” “What tree?” the heirs enquire. “A cherry tree,” in the hope that his nieces and nephews might eat the cherries and in that way he might live once more through them, and that 12

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the nieces and nephews, when eating a cherry might say “Oh, how tasty our uncle is! Try one!” and they will place a basket of cherries right in the middle of the dining table: “There’s uncle, everyone! Fresh off the tree!” Auntie, on the other hand, wanted an apricot tree. And so every garden may be a little cemetery in its own right, a tree for every dead relative: the Renette apples are uncle Charles, the persimmon tree is great-uncle Emilio: he was a good egg, but not very bright. There are relatives who want to have a mimosa, a lilac… planted on their grave: “How lovely grandma smells this year!... Yes, but she needs watering! And cover her with a layer of compost while you’re at it.” “That bloody fascist of a cousin of ours, Gaetano, wanted an oak tree… that good-for-nothing brother-in-law of mine wanted a laurel bush. As if that were enough! I suppose all we can do is use his leaves for the Sunday roast.” Problem is that the law currently forbids this kind of burial, for some unknown reason. And so all you can do is slip a backhander to the Council, via the Cemeteries Office, and try to pass it off as a non-profit operation, in keeping with the European agricultural directives, as an eco-friendly fertiliser. “Our old mum always has her figs ripen in August, regular as clockwork; we also make a little fig jam, without preservatives or added sugar, and only slightly caramelised, just the way she used to like it. Poor old dad is there near mum: he’s the rosemary bush now. He always said he wanted a posthumous existence as rosemary; in fact, if you touch him, the smell of dad lingers on your fingers.” “And what about Aunt Ernestina?” “Ah, poor old thing, we had to put her in a pot – lemon trees freeze here in the winter, and so when it gets cold we cover Aunt Ernestina with cellophane, along with Uncle Alfonso, who’s now an orange tree, as outgoing as he was when he was alive, with oranges as big as your fist! I use him too to make a bit of compote, with oranges and apples together. The apples are in fact Giandomenico Perazzi, a friend of the family, and even more so a friend of Aunt Ernestina, but he always had a good influence on Uncle Alfonso too, who looked upon him as his right-hand man (or right-hand husband, as they would say). He basically lived with them, keeping the family together like a thickening agent, like fish glue I suppose. And if you add our cousin, Domitilla, bless her, who is now a pumpkin vine – she always felt very much at home with pumpkins: she was modest, never got past the end of primary school, but she was so good and patient... And so if you add our cousin, you could spread the entire family on a piece of bread for breakfast with a tad of butter, along with a nice cup of coffee. The advantage for councils of course is that it would then be private citizens who would replenish public parks (as well as private gardens); and little by little, those dry and stony places known as graveyards would slowly be abolished, as foreseen in fact by the 13


European directives on the matter. And of course we would have an enormous fertilising potential – why waste it? Furthermore, this is real metempsychosis: children would learn to love plants just like members or friends of the family; and every form of animal or vegetable life would be reconciled within the universal whole. And so anyone who has a garden should make it into a cemetery; those who haven’t got one, either because they live in a block of flats or in the city centre should use public parks as a cemetery or the countryside just outside the city limits. Every departed citizen should have bushes, plants and flowers or fruit trees planted on top of them, digging a little hole in which to place each plant so as to let out their character, their quirks. And of course every plant should have a commemorative notice on it: Catellani Ivano, cypress; Furio Donati, magnolia. For example, from an olive tree, which is my uncle, we get the most wonderful extravirgin; and from my aunt, the grapevine, a bubbly white wine. “Keep calm, Auntie!” I always say when I pull the cork out. If I’m not careful, the froth keeps on pouring out, until the bottle’s half empty, just like old Auntie’s ceaseless chatter. She could never chatter enough, while Uncle Mizzi, who was as calm and peaceful as oil even when he was alive, would say to her: “Florinda, you must be getting tired – isn’t it time we set off home?” And so Auntie would get ready with a “Yes, Palmizio” (Uncle’s name was actually Palmizio, but friends and relatives all called him Mizzi); and so Auntie’s chatter would then quicken to try and get more in in less time, just like the foam on the wine, which never really stops until it has all come out. And so after an hour, which was, however, the equivalent of four hours or so at a normal speed, Uncle Mizzi would repeat: “Florinda, you must be getting tired…etc,” as calmly as the first time he asked her. And that’s why we put him under an olive tree: it’s the same oily sap that rises, and in fact it gives the oil that clean taste, that very low level of acidity which was so typical of our uncle. Our aunt on the other hand was already a sparkling wine, light but bubbly, and when you drink it you can almost taste her in your mouth: “Hey, Auntie Flori, here’s to your health!” just as she would continue to chatter on the doorstep, as if she had just started, while Uncle Mizzi would continue to stand there waiting, without a furrow in his brow, without a trace of impatience, like those who wait for something from far, far away, and who are perfectly happy to bide their time. Auntie Rosa on the other hand was laid to rest under a rose bed. She was always in love with someone, and would often come to visit us with whomever she was with at the time, in order to make this person her official gentleman friend – she certainly had a way of finding the strangest of characters! We might see them once or twice, and then another would take their place, becoming the new official partner. They were men that she would fish out from the Internet: there was one with a coupé, for example, or there 14

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were other kinds, like the one with the motorbike, with a house at the seaside, a cruise boat, and once even one with a bi-plane. But their faces were always hungry, or were those of sentimental adventure freaks. They were always different, but in the end they were always very much of a muchness; be as it may, Auntie Rosa never found the one to marry. She would try them out for a while, until she would find one better on the great cyber-market when it turned out that the house at the sea had been lent to him, or that despite all the claims to owning a bi-plane, nobody had ever actually seen it, or that the cruiser was in actual fact a little fishing boat with a spluttering little outboard engine, and so on. Nevertheless, her new boyfriend always ended up being worse than the last. However hard it might seem to find one worse, she would always hunt him down. Aunt Rosa was rather a showy type. “You’ll plant a nice big rose bed on top of me,” she would say herself. Fully aware of her nature, she wanted to continue to flower and be cared for. “What harm is there?” she would say. Indeed, what harm was there? “Aunt Rosa!” I now say before the rose bed, “Do you remember that bloke who claimed to have a hot-air balloon? And you were supposed to leave and be carried away by the wind, but you never actually left, and he would tell us when we were little that we would come along with you both, in order make himself accepted? And how about the one who said he was a doctor? And the one who said he was a Formula One racing driver? Or the one who claimed to be extremely rich, but that the truly rich never put their wealth on show, just like he didn’t. They were all con artists, do you remember? She can’t hear, because plants can’t really hear, but the roses give off a warm and fleshy smell, just like the one we would always smell on her. There really was her whole life in that rose bed, far better than a cold marble inscription, quite unbecoming for a character like hers, poor old Auntie. And then beneath an ivy creeper lies Uncle Attilio, whom I never met, clinging to a mulberry tree, which is his mother, great-grandmother Brunella. Uncle Attilio never left home, never got married, and never did a day’s work: he was always attached to his mother. She died when she was 102 years old, and he followed suit shortly afterwards, little more than a year later. Just like he said he would: “I want to go back to being with my mum, so put me near the mulberry tree, plant some ivy that goes from where I am and let me climb up so that I can latch onto my mother once again, and carry on living at her side.” Uncle Attilio was a little bit poisonous, just like ivy is, a bit aristocratic, but basically ornamental: if it hadn’t been for his mother, he wouldn’t even get out of bed in the morning; he would lounge around in an armchair or snooze on the chaise-longue. “Just look at Uncle Attilio!” I always say, “Learn not to follow his lead!” In this case, the ivy offers a clear and illuminating example. When Aunt Enrichetta went dry, we sawed her up into logs and put her on the fire. 15


She was a great-great aunt, and had been alive at the times of the Italian Unification. She had lovely long-lasting embers, indeed, chestnut wood is the best there is for the fireplace, and it gave off such a warmth, such a sense of affection that we would all crowd round to warm ourselves in front of her, Aunt Enrichetta. Not that she was aware of all this, but we would all sit there, warm as toast, talking about the war of independence, Cavour and Mazzini… “You see everyone? You’re sitting here, and in the fireplace there’s Aunt Enrichetta, who saw the Risorgimento…” And then we scattered the ashes in the field, because ashes make good natural fertiliser, just like the European Union says. We also gave some to Uncle Anselmo, who’s been having a bit of a hard time – he suffered a fair bit with the frost this winter. We also gave some to Grandfather Marziano and Grandmother Vattessa, who – bless them – in actual fact are greatgreat-great grandparents, or perhaps there’s a ‘great’ missing there. They were around in Napoleon’s day. They would travel around in a horse-drawn coach. Who knows what they’d say if they saw a motorcar, electricity or skyscrapers. In order to light the fire, we use prunings, faggots, meaning a little of everyone really: cousins, in-laws, and other bits and pieces of brushwood.

Ermanno Cavazzoni è nato a Reggio Emilia e vive a Bologna, dove ha insegnato all’Università; attualmente insegna al Politecnico di Zurigo; è autore di romanzi e racconti: Il poema dei lunatici (1987), Le tentazioni di Girolamo (1991), Vite brevi di idioti (1997), Cirenaica (1999), Gli scrittori inutili (2002), Morti fortunati (2002), Storia naturale dei giganti (2007), Il limbo delle fantasticazioni (2009), Guida agli animali fantastici (2011), tutti tradotti in diverse lingue; ideatore con Gianni Celati della rivista “Il semplice” (19951997); ha scritto di Luigi Pulci, Ludovico Ariosto, Franz Kafka e altro. Nel corso degli anni ha collaborato con musicisti e per piccoli spettacoli; ha scritto testi teatrali, trasmissioni radio e film (es. sceneggiatura di La voce della luna di Federico Fellini del 1991, e del documentario La vita come viaggio aziendale del 2006; regia di Vacanze al mare, 2013).

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Ermanno Cavazzoni was born in Reggio Emilia and lives in Bologna, where he previously taught at the University; he now teaches at Zurich Polytechnic. He is the author of many novels and short stories, such as Il poema dei lunatici (1987), Le tentazioni di Girolamo (1991), Vite brevi di idioti (1997), Cirenaica (1999), Gli scrittori inutili (2002), Morti fortunati (2002), Storia naturale dei giganti (2007), Il limbo delle fantasticazioni (2009), Guida agli animali fantastici (2011), all of which have been translated into various languages. Together with Gianni Celati, he founded the magazine ‘Il semplice’ (1995-1997); he has also written about Luigi Pulci, Ludovico Ariosto, Franz Kafka and other things besides. Over the years, he has collaborated with musicians on texts and small shows; as well as plays, radio and film broadcasts (e.g. the screenplay of La voce della luna by Federico Fellini, 1991, and the documentary La vita come viaggio aziendale, 2006; he also directed Vacanze al mare, 2013).

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DANCING AND THE CITY Silvia Ferrari

Nel 1978 attraversava le campagne emiliane, lontano dai centri abitati, tra piste da ballo e discoteche per fotografare il nuovo fenomeno del divertimento di massa; quasi un ventennio dopo calcava le vie del centro storico di Modena per raccontare per immagini l’identità più intima di questa città; nel 2001 percorreva le periferie urbane emiliane, descrivendo ex edifici industriali abbandonati, per tracciare la mappa delle trasformazioni urbane della nuova società post-industriale; infine nel 2011 restituiva il ritratto fotografico della città di Modena nel corso del Novecento, attraverso le architetture e gli spazi del vivere quotidiano pubblico e privato. Quel fotografo era Gabriele Basilico (Milano 1944-2013) e il suo rapporto con la regione emiliana, e con la città di Modena in particolare, era di profonda conoscenza e di continua riscoperta;

In 1978 he crossed the plains of the Emilia-Romagna region, far from major urban areas, shifting between dancehalls and discotheques to photograph a new mass entertainment phenomenon; almost 20 years later, he made his way along the streets of the old town of Modena, capturing the most intimate aspects of this city in his images; in 2001 he trekked through the outskirts of Emilian cities, describing abandoned ex-industrial buildings, to trace a map of the urban transformations of the new post-industrial society; and lastly in 2011, he presented a photographic portrait of the city of Modena in the 20th century, through its architecture and everyday living spaces, both public and private. That photographer was Gabriele Basilico (Milan 1944-2013) and his relationship with the Emilian region, and with the city of Modena in particular, was one of profound knowledge and continuous redis19


una conoscenza costruita passo dopo passo, da ‘misuratore degli spazi’, quale egli soleva definirsi, e grazie a quella prassi dell’esplorazione fisica dei luoghi, l’esperienza della città – la ricerca del punto di vista, dell’equilibrio tra le distanze, l’organizzazione dello spazio – finiva per essere esperienza di un viaggio dentro la città. Alla visione e al lavoro di Gabriele Basilico, la Galleria civica di Modena dedica oggi una mostra personale alla Palazzina dei Giardini che attraversa pressoché tutto l’arco della sua vicenda artistica e ne rinnova la memoria a pochi mesi dalla scomparsa. Un percorso espositivo di circa un centinaio di fotografie, patrimonio della collezione del museo modenese, che si snoda intorno ad alcuni nuclei principali, muovendo dai primissimi lavori realizzati dopo gli studi di architettura al Politecnico di Milano, fino ai più recenti esiti, scaturiti da un’esperienza che lo ha reso negli anni uno dei più grandi e riconosciuti fotografi documentaristi contemporanei. La mostra presenta anche un aspetto meno noto del lavoro di Basilico come la serie Dancing in Emilia, realizzata nel 1978 su incarico della rivista «Modo» per dare conto, attraverso una narrazione fotografica lungo la via Emilia, del fenomeno delle balere emiliane: un’indagine sui nuovi codici del divertimento di massa, tra architetture inconsuete, edifici evidenti più per lo scarto dalla norma che per la loro funzionalità, 20

covery; a knowledge pieced together over the years, that of the ‘measurer of spaces’ as he would often define himself, and thanks to that practice of physically exploring places, the experience of the city, the quest for the point of view, of the equilibrium between distances, the organisation of the space ended up as the experience of a journey within the city. The Galleria Civica di Modena now dedicates a solo show at the Palazzina dei Giardini to the vision and work of Gabriele Basilico, covering virtually his entire artistic career and renewing his memory only a few months after his death. The exhibition itinerary is one of around 100 images, belonging to the Modenese museum’s own Photography Collection, focusing on a number of main thematic sets, and ranging from his very earliest works (produced on completing his studies in architecture at Milan Polytechnic) right up to his last production, the fruit of an experience which over the years turned him into one of the greatest and most widely recognised contemporary documentary photographers. The exhibition also features lesser-known aspects of Basilico’s work, such as the series Dancing in Emilia, produced in 1978 when commissioned by the magazine ‘Modo’ to put together a photographic narrative along the via Emilia (the road linking all the main cities of the region), depicting the phenomenon of the Emilian dancehalls: a survey of new forms of mass entertainment, from its unusual forms of architecture, with buildings that / novembre 2013


“cupole troppo vistose per essere rifugi antiatomici, moschee senza minareto, tendoni da circo di zinco e cemento, fazendas troppo messicane, (...)”1. Ma ancora più delle architetture e degli arredi interni, limitati a pochi scatti, sono i ritratti dei giovani, le scene di ballo, le coppie danzanti, le diverse generazioni unite dallo stesso scopo a dichiarare la missione marcatamente sociale di questo lavoro che, nato nel clima delle contestazioni studentesche e delle lotte operaie, lo pone nel novero del reportage impegnato. In quegli anni l’autore guardava infatti ai miti come Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, Walker Evans e i grandi reporter dell’agenzia Magnum o, per stare sul versante italiano, a Gianni Berengo Gardin e a Ugo Mulas, personalità diverse il cui dato comune era la considerazione del mezzo fotografico quale missione di vita con un mandato sociale. La svolta nel linguaggio di Basilico è avvenuta subito dopo, una volta che, abbandonato il soggetto della figura umana, si è dedicato totalmente al paesaggio urbano. Ecco allora esposte alcune vedute di periferie, ai margini di centri abitati, e immagini tratte dalla serie Milano ritratti di fabbriche (1978-1980), dove è più chiara la presa di coscienza della relazione tra spazio architettonico e luce in assenza di persone e dove è già compiutamente realizzato il passaggio nella concezione della visione, dal ‘tempo rapido’ del reportage al ‘tempo lento’ della contemplazione.

stood out more in terms of their breaking with the norms than of any real functionality, “domes too garish to be bomb shelters, mosques without minarets, circus tops of zinc and concrete, those all too Mexican fazendas, (...).”1 Yet even more than the architecture and the interior furnishings, limited to a handful of shots, it was his portraits of young people, the dancing scenes, the couples, the various generations all brought together by their common purpose that underlined the decidedly social mission of this work which, compiled against the background of student protests and workers’ struggles, put him on a par with established reportage photographers. In fact, in that period the artist looked to the legends of photography such as Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, Walker Evans and the great reporters of the Magnum agency or, on the Italian side, to Gianni Berengo Gardin and Ugo Mulas: very different personages all brought together by the social mission underpinning their research. The great change in Basilico’s artistic language took place immediately after Dancing in Emilia, when he was to abandon the human figure for good and concentrate entirely on the urban landscape. And so here we have some of his views of outlying districts, on the edge of urban areas with images taken from the series Milano ritratti di Fabbriche (1978-1980), in which there is a clear awareness of the relationship between architectural space and light in the absence of people, and in which the shift in 21


Di questi anni sono presenti anche capolavori come Le Tréport del 1985 – parte dell’ambiziosa campagna fotografica governativa francese Mission Photographique de la D.A.T.A.R. – da considerarsi una sintesi della sua poetica artistica, dove, superata la misura quasi claustrofobica dei quartieri industriali, il paesaggio si apre a dimensioni più dilatate, a suggestioni pittoriche: “Quei luoghi del nord Europa, con il mare burrascoso, i cieli profondi, le nubi pesanti, con la pioggia insistente, il vento, il sole e la luce che cambiava continuamente, mi hanno spalancato una porta verso una nuova, grandiosa visione del paesaggio. Era il paesaggio di pittori come Canaletto e il Bellotto, o come i Fiamminghi (...)”. Considerava la città come un grande corpo fisico, un organismo vivente, talvolta in grado di svelare strutture antropomorfe di cui il fotografo poteva individuare punti sensibili, parti in trasformazione e in crescita, aree sofferenti. Tre diverse occasioni, a distanza di molti anni l’una dall’altra, hanno dato motivo a Basilico di mostrare, sotto questa luce, tre diversi volti della città di Modena. Quella del 1994 coinvolgeva il fotografo insieme a Mimmo Jodice e Olivo Barbieri in un progetto di ricognizione sul centro storico che, innestandosi sulla consistente tradizione modenese, voleva essere un vero e proprio saggio critico, “la smentita profonda del nostro sguardo liso sul panorama urbano che ci circonda, deidenti22

his concept of seeing (from the ‘quick time’ of reportage to the ‘slow time’ of contemplation) has already been fully made. These years also spawned a number of masterpieces such as Le Tréport, 1985 – part of the major photographic project commissioned by the French government, the Mission Photographique de la D.A.T.A.R. – which may even be considered a synthesis of his artistic poetics, and in which, once passed the almost claustrophobic industrial environment, the landscape opens up to embrace more dilated dimensions, and almost pictorial evocations: “Those places in Northern Europe, with their stormy seas, deep skies, heavy clouds and insistent rain, the wind, sun and light changing continually, opened my mind towards a new grandiose vision of the landscape. That was the landscape of painters such as Canaletto and Bellotto, or like the Flemish painters (...).”2 He looked upon the city as a great physical body, a living organism, capable even of revealing anthropomorphic structures of which the photographer was able to identify the soft underbelly, the parts in transformation and growth, or the suffering areas. Three different occasions, many years apart, provided Basilico with the chance to show three different faces of the city of Modena under this light. That of 1994 involved the photographer together with Mimmo Jodice and Olivo Barbieri in a reconnaissance project on the old town which, drawing on a consolidated Modenese tradition, aimed to constitute a genuine critical essay, “the profound denial of / novembre 2013


ficato per eccesso di frequentazione, per collasso d’abitudine”3. Il progetto L.R. 19/98 la riqualificazione delle aree urbane, del 2001, ancora una commissione pubblica, questa volta di interesse rivolto all’intero territorio regionale, consentiva a Basilico di esprimere al meglio la sua predilezione per le zone ai margini, i confini, gli spazi dove le edilizie si confondono per dare forma a una nuova estetica del paesaggio documentando così nella maniera più puntuale le trasformazioni urbane in atto. In linea di continuità si poneva anche la campagna documentaria del 2011, scaturita dalla convenzione tra il Comune di Modena e l’Istituto Beni Culturali

our worn-out gaze on the urban panorama that surrounds us, de-identified through an excess of frequentation, stretched to breaking point by the force of habit.”3 The project L.R. 19/98 la riqualificazione delle aree urbane, 2001, another public commission, this time with a focus on the entire regional territory, allowed Basilico to express to the full his love of the borderlines, the outer reaches, the spaces where building styles merge into one another, giving rise to a new landscape aesthetic, thus documenting the urban transformations underway in the most precise manner possible. This approach continued with the 2011 documentary campaign, arising from a convention between Modena City 23


della Regione Emilia-Romagna, ideata come ricognizione sull’architettura del Novecento a Modena: un documento visivo sulla materia pubblicato nel libro Città e architetture. Il Novecento a Modena4, curato dall’Ufficio Ricerche e Documentazione sulla Storia Urbana del Comune di Modena; questo corpus di 25 fotografie, entrate a far parte della Raccolta della fotografia della Galleria civica di Modena, è esposto per la prima volta in questa occasione. Sono parte del percorso espositivo alcune fotografie di grande formato in 24

Council and the Institute of Cultural Heritage of the Emilia-Romagna Regional Council, designed as a study of 20th-century architecture in Modena: a visual document reflecting the material published in the book CittĂ  e architetture. Il Novecento a Modena,4 edited by the Urban History Research and Documentation Office of Modena City Council. This set of 25 photographs, which then went on to become part of the Photography Collection of the Galleria Civica di Modena, is on display for the first time on this occasion. The exhibition itinerary also features a / novembre 2013


prestito dalla collezione di Fondazione Fotografia di Modena, immagini significative della vicenda artistica di Basilico, come Dieppe, del 1984 e alcune visioni di porti come Genova (1985), Bilbao (1993), luoghi dove architettura e natura si incontrano, un soggetto che Basilico considerava perfetto, su cui sarebbe stato pronto a rimettere in gioco la sua esperienza piĂš che quarantennale ancora una volta per sondare con occhi e sensibilitĂ  nuovi le infinite trasformazioni del paesaggio.

number of large format photographs on loan from the Fondazione Fotografia di Modena collection, with key images from Basilico’s artistic career such as Dieppe, 1984, and various views of other ports such as Genoa (1985), Bilbao (1993), places where architecture and nature meet: a subject which Basilico considered perfect, and for which he would be willing to put his more than 40 years of experience on the line once more, only to sound out the new and infinite transformations of the landscape both with his eyes and heart.

Paolo Carloni, Catalogo di architetture nella Nashville italiana, in ÂŤModoÂť, 10, 1978, p. 39. 2 Andrea Lissoni (a cura di), Gabriele Basilico. Architetture, cittĂ , visioni: riflessioni sulla fotografia, Bruno Mondadori, Milano 2007, p. 47. 3 Flaminio Gualdoni, Gli occhi sulla cittĂ . Il centro storico di Modena nella fotografia contemporanea, Federico Motta, Milano 1994, p. 9. 4 Vanni Bulgarelli, Catia Mazzeri (a cura di), CittĂ  e architetture. Il Novecento a Modena, Franco Cosimo Panini, Modena 2012.

Paolo Carloni, Catalogo di architetture nella Nashville italiana, in ‘Modo’, 10, 1978, p. 39. 2 Andrea Lissoni (ed.), Gabriele Basilico. Architetture, città, visioni: riflessioni sulla fotografia, Bruno Mondadori, Milan 2007, p. 47. 3 Flaminio Gualdoni, Gli occhi sulla città. Il centro storico di Modena nella fotografia contemporanea, Federico Motta, Milan, 1994, p. 9. 4 Vanni Bulgarelli, Catia Mazzeri (eds.), Città e architetture. Il Novecento a Modena, Franco Cosimo Panini, Modena 2012.

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p. 17 AndrĂŠ KertĂŠsz, Puddle, New York, 1967, Galleria civica di Modena Raccolta della fotografia p. 18 Gabriele Basilico, Dancing in Emilia, 1978, courtesy Studio Gabriele Basilico p. 23 Gabriele Basilico, Via Sgarzeria, 1994, Galleria civica di Modena Raccolta della fotografia p. 24 Gabriele Basilico, Dieppe, Fondazione Fotografia, Modena pp. 26-27 Gabriele Basilico, Ex fonderie, 2001, dalla serie L.R. 19/98 La riqualificazione delle aree urbane in Emilia-Romagna, Galleria civica di Modena, Raccolta della fotografia

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LA FOTOGRAFIA COME PROGETTO URBANO PHOTOGRAPHY AS AN URBAN PROJECT

Piero Orlandi

Quando alla fine degli anni Sessanta Paolo Monti realizzò, su commissione di molte delle città principali dell’EmiliaRomagna, le sue celebri ricognizioni fotografiche sui centri storici, l’obiettivo dichiarato del suo lavoro monumentale era di fornire un rilievo accurato a supporto di un grande progetto urbanistico di conservazione. Ricordando il quale, trent’anni più tardi, nel 2001, la Regione e l’Istituto Beni Culturali pensarono di affidare a Gabriele Basilico l’incarico di raccontare per immagini lo stato delle città del nostro territorio nel momento in cui stavano per avviare, sulla spinta di una legge regionale, importanti progetti di trasformazione su aree rese libere dalle dismissioni industriali.

At the end of the ‘60s, when Paolo Monti was commissioned by many of the main cities of the Emilia-Romagna region to produce his well-known photographic studies of town centres, the aim of his monumental work was officially to provide an accurate survey of the old towns in order to support a major urban planning project. With this in mind 30 years later, in 2001, the Regional Council and the Institute for Cultural Heritage decided to entrust Gabriele Basilico with the task of depicting the state of the cities of our region at a time when – in compliance with a regional law – major transformation projects were about to be undertaken in areas freed up by industrial decommissioning. 29


Elaborando questo progetto, mi basavo sull’idea che la fotografia potesse rendere evidenti le ragioni per cui le comunità locali ritenevano che quegli ambiti urbani fossero ottime occasioni per le loro città. Sia per ciò che c’era (aree verdi, edifici industriali, spazi aperti) e che si doveva eliminare, o conservare – modificando o rifacendo, svuotando o riempiendo, insomma usando gli ingredienti del progetto urbanistico; in questo caso, la fotografia avrebbe potuto sottolineare le diverse qualità dell’esistente, addirittura evidenziarne i valori relativi, per confronto, con profondità di analisi e ricchezza di sguardo. E sia per ciò che mancava, che dunque non si vedeva, ma si sarebbe potuto intra-vedere attraverso l’occhio di un fotografo-architetto (e Basilico dunque avrebbe intra-visto molto bene): potevano ad esempio emergere le relazioni possibili con il contesto urbano, se muri e recinzioni fossero stati eliminati; si potevano valorizzare le architetture, creando nuove visuali; e uscendo dalle aree, e osservando i quartieri in cui erano inserite, si potevano vedere le loro carenze, i loro difetti, e dunque suggerire ai decisori e ai progettisti i bisogni più urgenti a cui dare risposte con il riutilizzo degli ambiti di trasformazione. Ero convinto che la fotografia – quella di Basilico, quella di un maestro riconosciuto del paesaggio urbano contemporaneo – sapesse raccontare i luoghi come potevano diventare, non soltanto come erano. Mi pareva scontato che Gabrie30

While elaborating this project, I developed the belief that photography could highlight the reasons why local communities thought those environments might provide wonderful opportunities for their cities. Both in terms of what there was (green areas, industrial buildings, open spaces) and what had to be eliminated or preserved (modified or rebuilt, emptied or filled) in some way using the ingredients of town planning, in this case I believed photography would be able to underline the various qualities of the existent, and even highlight its relative values, by comparison, with a certain depth of analysis and a richness of the gaze. And also that which was missing, and thus unseen, might also be glimpsed through the eye of an architectural photographer (and Basilico would certainly have glimpsed it splendidly). For example, the possible relationships with the urban context might emerge if certain walls and fences were eliminated; pieces of architecture could be valorised, creating new points of view; and on leaving these areas, observing the neighbourhoods in which they were to be found, their shortcomings and defects might also come to light, thus pointing out the most urgent needs that the decision-makers and planners should respond to through the reuse of these environments to be transformed. I was convinced that photography – that of Basilico in particular, of a highly regarded master of the contemporary urban landscape – might show what the / novembre 2013


le avrebbe svolto al meglio la funzione critica della fotografia, ma ero convinto che ne avrebbe anche evocato la potente carica progettuale. Gabriele produsse circa settecento scatti, e un centinaio costituirono una mostra che aveva, per sua precisa volontà, un titolo un po’ cifrato: LR19/98, quello della legge che si voleva raccontare per immagini. La mostra girò parecchio, in regione, in Italia e anche all’estero: Boston (Massachusetts Institute of Technology), Barcellona, Parigi. Come in tutto il suo lavoro, anche in questo caso le immagini di Basilico mostrano le loro radici nel profondo del Novecento italiano, nella cultura artistica e architettonica milanese, e in particolare in Mario Sironi e Giovanni Muzio. Per Basilico, antico e moderno, popolare e nobile si mescolano l’uno con l’altro, tutto è buono, e come per Benjamin, ogni città è bella. Ne deriva un sentimento di amore per il paesaggio urbano che non è diverso da quello che trasmettono le fotografie di Monti, ma si posa su spazi e oggetti architettonici diversissimi, e ha certamente avuto effetti determinanti sulla percezione collettiva delle città, avvicinando alla gente il corpo della città moderna, reso attraente, non minaccioso, a volte malinconico perché ritratto nella sua versione un po’ sfiorita, come se gli anni migliori fossero passati.

landscapes could become and not only what they were like. It seemed clear that Gabriele would have been the one bestsuited to deploying the critical role of photography, yet I was also sure that he would have had a powerful influence on the planning stage. Gabriele went on to produced around 700 shots, of which around 100 went on to form an exhibition that – as he himself requested – had a rather cryptic title: LR19/98, the name of the law to be told through images. The exhibition travelled widely, both throughout the region, Italy and even abroad: to Boston (Massachusetts Institute of Technology), Barcelona and Paris. Like in all his work, also in this case Basilico’s images show their roots in 20th-century Italy, in the artistic and architectural culture of Milan, and in particular in that of Mario Sironi and Giovanni Muzio. For Basilico, ancient and modern, popular and noble blend into one another: everything has its own worth, and like Benjamin, he sees beauty in every city. This has led to his love for the urban landscape which is not unlike that transmitted by Monti’s photographs, despite focusing on highly different spaces and objects. Furthermore, his work has certainly had a decisive effect on the collective perception of our cities, bringing people closer to the body of the modern city, shown as attractive, not menacing yet at times melancholic, thanks to the portrayal of its slightly faded side, as if its heyday had come and gone. 31



FORME NELLA LUCE SHAPES IN LIGHT

Francesca Mora

“I nostri occhi sono fatti per vedere forme nella luce: luce e ombra rivelano queste forme; cubi, coni, sfere e cilindri o piramidi sono le grandi forme primarie che la luce rivela al meglio. La loro immagine sta dentro di noi, distinta e tangibile, priva di ambiguità. È per questo che sono forme belle, le forme più belle in assoluto”1. Messe in relazione alla fotografia le parole di Le Corbusier si caricano di nuovi significati. “Forme nella luce” emergono proprio dagli oltre quaranta scatti provenienti dalla collezione della Galleria civica di Modena, raccolti nella mostra Macchine per abitare, in cui brani di città e dettagli di singoli edifici creano un ragionamento sulla fotografia d’architettura, legata, in particolare, al tema dell’abitare.

“Our eyes are made to see shapes in light: light and shade reveal these shapes: cubes, cones, spheres and cylinders or pyramids are the great primary shapes that the light reveals best of all. Their image lies within us, distinct and tangible, bereft of ambiguity. It is for this reason that they are such beautiful shapes, perhaps the most beautiful shapes of all.”1 Placed in relation to photography, the words of Le Corbusier are charged with new meaning. It is indeed ‘shapes in light’ that emerge from the more than 40 shots from the collection of the Galleria Civica di Modena, brought together in the exhibition Macchine per abitare, in which glimpses of cities and details of individual buildings constitute a study on architectural photography, linked in particular to the theme of living spaces. 33


In realtà, gli autori selezionati non sempre appartengono al novero di coloro che hanno dedicato all’architettura un’attenzione esclusiva o predominante. Insieme agli ‘specialisti’ sono quindi presenti in mostra fotografi che semplicemente si pongono di fronte all’architettura come ‘luogo del quotidiano’, e instaurano un dialogo con essa, interpretandola da nuovi punti di osservazione. Sul versante italiano, accanto a esponenti della scuola emiliana come Franco Fontana, Luigi Ghirri e Olivo Barbieri, troviamo Mimmo Jodice e i più giovani (nati intorno al 1960) Marco Zanta e il duo Andreoni_Fortugno. Non mancano, dunque, le ‘trasfigurazioni del reale’ di Fontana, dove il processo di astrazione riduce i particolari architettonici in pure campiture cromatiche, e le spiazzanti prospettive centrali di Ghirri, che eternano le architetture di Paolo Portoghesi e Aldo Rossi. Quest’ultimo, non a caso, dichiarerà: “le foto di Ghirri, della mia opera come del mio studio, sono quel qualcosa di nuovo che solo l’artista conosce. E io vedo in esse qualcosa che cercavo senza trovare”2. Tra le immagini di Olivo Barbieri una citazione dalle rielaborazioni digitali di site specific_Modena 08, i famosi notturni modenesi e le ‘illuminazioni artificiali’ di metropoli asiatiche come Tokyo, Osaka e Hong Kong degli anni Novanta. A Modena appartengono le facciate di palazzi storici ripresi da Mimmo Jodice, 34

In actual fact, not all the selected artists belong to that group of artists who have dedicated their exclusive or predominant attention to architecture. Along with the ‘specialists’, there are also photographers in the exhibition who simply look upon architecture as an ‘everyday dimension’, and then go about establishing a dialogue with it, interpreting it from new stances. On the Italian side, along with representatives of the Emilian school, like Franco Fontana, Luigi Ghirri and Olivo Barbieri, we also find Mimmo Jodice and the younger artists (born around 1960) such as Marco Zanta and the Andreoni_Fortugno duo. Hence, Fontana’s “transformations of reality” are also represented, in which the abstraction process reduces the architectural details to pure chromatic backgrounds, as well as Ghirri’s disarmingly central perspectives, which give an eternal sense to the architecture of Paolo Portoghesi and Aldo Rossi. It was not by chance that the latter declared: “Ghirri’s photos, both of my works and my studio, have that something new about them that only a true artist can capture. And I see something in them that I had searched for without luck.”2 The images by Olivo Barbieri include a citation of his digital elaborations of site specific_Modena 08, the famous nocturnal Modenese images, and the ‘artificial illumination’ of Asian metropolises like Tokyo, Osaka and Hong Kong taken in the 1990s. / novembre 2013


alle quali si affiancano due recenti acquisizioni, scatti dedicati all’Università della Calabria progettata da Vittorio Gregotti. Nel ciclo Tracce 2 (2000/2001) risuonano le parole di Luca Andreoni e Antonio Fortugno: “non sono i luoghi estremi, o diversi, o curiosi, o magici ad interessarci: sono i posti che non si vedono. I posti che tutti riconoscono, quelli nei quali ci sentiamo a casa”3. Diverso è invece il discorso di Marco Zanta, il quale considera la fotografia “un modo straordinario per fare ordine sull’architettura e sul paesaggio urbano”.

Instead, the façades of the historical palazzos shot by Mimmo Jodice are those of Modena, displayed alongside two recent acquisitions: shots of the University of Calabria, designed by Vittorio Gregotti. In the cycle Tracce 2 (2000/2001) the words of Luca Andreoni and Antonio Fortugno may be heard: “It is not the extreme, diverse, curious or magical places that interest us: it’s the places that are never seen. The places that everyone recognises, where we all feel at home.”3 These words contrast with those of Marco Zanta, on the other hand, who considers photography “...an extraordinary means by 35


Sul fronte internazionale vengono presentate icone newyorchesi come l’Empire State Building, reinterpretato dallo sguardo ‘imprevedibile’ di André Kertész e la fotografia aerea di Marilyn Bridges che mitizza in un’immagine spettacolare il Chrysler Building; dal Giappone gli effetti speciali di Naoya Hatakeyama e la più intimista ricerca di Jun Shiraoka. Il rapporto fotografia-architettura, non è una questione per soli fotografi. Il punto di vista degli architetti viene espresso dagli obiettivi di Ico Parisi e Paolo Portoghesi, laddove si possono osservare del primo un’immagine della propria residenza di Como e uno scatto proveniente dal lavoro commissionato da Giuseppe Terragni (suo maestro), per il numero 36

which to impose order onto architecture and on the urban landscape as a whole.” On the international scale, New York icons like the Empire State Building are featured here, reinterpreted by the ‘unforeseeable’ gaze of André Kertész and the aerial photography of Marilyn Bridges, whose spectacular image turns the Chrysler Building into a myth; from Japan we have the special effects of Naoya Hatakeyama and the more intimate research of Jun Shiraoka. The relationship between photography and architecture is not only a matter for photographers alone. The point of view of architects is also expressed through the lenses of Ico Parisi and Paolo Portoghesi: of the former we may admire an image / novembre 2013


unico di “Quadrante” dedicato alla Casa del Fascio (1937); del secondo le immagini delle proprie realizzazioni romane e dei progetti in forma di modellino. Proiettate all’interno della mostra compaiono come ‘classici’ della fotografia di architettura l’indagine fotografica sul centro storico di Modena realizzata da Paolo Monti nel 1973 (fondo della Biblioteca civica d’arte e architettura “Luigi Poletti” di Modena), e il documentario di Eric Bricker Visual Acoustics: The Modernism of Julius Shulman, dedicato al fotografo americano dell’architettura moderna e narrato dalla voce di Dustin Hoffman.

of his own residence in Como, and a shot from the work commissioned by Giuseppe Terragni (his master), for the single issue of ‘Quadrante’ dedicated to the Casa del Fascio (1937); of the latter we have the images of his own Roman constructions as well as a number of scale model projects. Projected inside the exhibition, the photographic study on the old town of Modena produced by Paolo Monti in 1973 (heritage of the Biblioteca civica d’arte e architettura ‘Luigi Poletti’ in Modena) now appears as a ‘classic’ of architectural photography, along with the screening of Eric Bricker’s documentary Visual Acoustics: The Modernism of Julius Shulman, dedicated to the great American photographer of modern architecture and narrated by Dustin Hoffman.

Le Corbusier, Vers une architecture, Parigi 1923 (ed. it. Verso una architettura, Longanesi, Milano 1973). 2 Aldo Rossi, “Premessa: Altre voci, altre stanze”, in Alberto Ferlenga, Aldo Rossi: Architetture 1988-1992, Electa, Milano 1992, p. 8. 3 www.lucandreoni.com

Le Corbusier, Vers une architecture, Paris 1923 (Italian ed. Verso una architettura, Longanesi, Milan 1973). 2 Aldo Rossi, ‘Premessa: Altre voci, altre stanze’, in Alberto Ferlenga, Aldo Rossi: Architetture 1988-1992, Electa, Milan 1992, p. 8. 3 www.lucandreoni.com

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p. 28 Naoya Hatakeyama, River Series N. 4, 1993-1999 p. 32 Marilyn Bridges, Chrisler Building, N.Y, 1998 p. 35 Reinhart Wolf, Fuller Building New York, 1979 p. 36 Lewis Baltz, Vasca di refrigerazione, centrale nucleare di Gravelines (Francia), 2007 p. 39 Olivo Barbieri, Viale Enrico Cialdini, Modena, 1994 tutte le opere Galleria civica di Modena, Raccolta della fotografia

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MACCHINE PER ABITARE RACCOLTA DELLA FOTOGRAFIA / PHOTOGRAPHY COLLECTION opere in mostra / works on show Andreoni_Fortugno Luca Andreoni (Sesto San Giovanni 1961) Antonio Fortugno (Novi Ligure 1963) Tracce 2, 2000 4 fotografie dalla serie [n. archivio 2844, 2845, 2846, 2847]

Luca Battaglia Parigi, La Defense, 1992 [716] Bruna Biamino (Torino 1956) Architettura del moderno. Piscina comunale, 1992 [2200]

Tracce 2, 2001 [3168]

Marilyn Bridges (New Jersey 1948) Chrisler Building, New York, 1998 [500]

Olivo Barbieri (Carpi 1954) Viale Enrico Cialdini, Modena, 1994 [1526]

Franco Fontana (Modena 1933) Los Angeles, 1990 [567]

Via Gaspare Tribaco, Modena, 1994 [1534]

Modena, 1978 (2013) [3368]

Via Emilia Ovest, Modena, 1994 [1543]

Arizona, Phoenix, 1979 [3831]

Osaka, 1992 [2045]

Luigi Ghirri (Scandiano 1943-Roncocesi 1992) Colazione sull’erba, 1972-1974 [768]

Hong Kong, 1992 [2053] Tokyo, 1992 [2055]

Case I.A.C.P. della provincia di Roma: Mazzano 1979 (architetto Paolo Portoghesi), 1985 [781]

Site-specific_Modena 08, 2008 3 fotografie dalla serie [3533, 3534, 3539]

Il cimitero di Modena (architetto Aldo Rossi), 1983 (2011) [3711-050]

Lewis Baltz (Newport Beach 1945) Vasca di refrigerazione, centrale nucleare di Gravelines (Francia), 2007 [3734]

Naoya Hatakeyama (Iwate 1958) River Series, nn. 1-9 1993-1999 9 fotografie [2752-2760]

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Julie Jensen (Stati Uniti) New York, marzo 1976 [555] Mimmo Jodice (Napoli 1934) Santa Chiara, Modena, 1994 [1555] Fondazione Collegio San Carlo, Modena, 1994 [1557] UniversitĂ  della Calabria (architetto Vittorio Gregotti), 1980-1985 2 fotografie [3790-3791]

Paolo Portoghesi (Roma 1931) Banca popolare del Molise a Campobasso (architetto Paolo Portoghesi), 1985 [3052] Reinhart Wolf (Berlino 1930-Amburgo 1988) Fuller Building, New York, 1979 [258] Jun Shiraoka (Niihama 1944) Azumabashi, Tokyo, Japan, 1966 [2604] Marco Zanta (Treviso 1962) Osaka, settembre 2000 [2874]

Eric Kees (Graz 1916) Senza titolo, 1980 [696] André Kertész (Budapest 1894-New York 1985) Puddle, New York, 1967 [531] Ico Parisi (Palermo 1916-Como 1996) Casa Ico Parisi, Como, s.d. [657/FP/F] Casa del fascio di Giuseppe Terragni per il numero unico di “Quadrante”, 1937 [661/FP/F] Senza titolo, s.d. [665/FP/F]

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IMMAGINARE E DISEGNARE LO SPAZIO IMAGINING AND DESIGNING SPACE

Gabriella Roganti

La raccolta di disegno della Galleria civica di Modena, a venticinque anni dalla sua costituzione, è giunta a contare quasi 2000 fogli, senza considerare i fondi monografici. Sono quindi ampiamente motivate le ricognizioni che, dapprima saltuariamente, da alcuni anni con maggiore organicità vengono realizzate allo scopo di presentare al pubblico un patrimonio così ampio. Questa occasione espositiva, Macchine per abitare, dà l’opportunità di esporre fogli che attraverso studi d’architettura e visioni urbane rendano testimonianza delle elaborazioni progettuali di alcuni tra i più importanti architetti italiani del secondo Novecento.

The Drawing Collection of the Galleria Civica di Modena, 25 years after it was founded, now lays claim to some 2,000 sheets, without considering the monographic sets. The acknowledgements which have been granted to the Collection increasingly over the years are thus justified by its achievements, having presented the general public with such a broad-ranging heritage. This exhibition, Macchine per abitare, provides the opportunity to display sheets which – through architectural studies and urban visions, offer testimonies of the elaboration of blueprints of some of the key Italian architects of the second half of the 20th century. Having been added to the collection largely following 41


Entrate a far parte della raccolta, in prevalenza a seguito di mostre organizzate nel decennio 1983-1993 tese a documentare alcune tra le più innovative esperienze nell’ambito dell’architettura contemporanea, sono esposte nelle sale di Palazzo Santa Margherita oltre quaranta opere. Di Aldo Rossi (Milano 1931-1997), autore di originali ed intensi disegni architettonici, in cui al rigore delle soluzioni tipologiche e costruttive viene affiancato un ritorno ad una ‘bellezza’ compositiva che in quegli anni sembrava dimenticata, sono presentati quattro disegni: uno studio del 1975 per il cimitero di Modena – una tra le architetture italiane più discusse del secondo Novecento – uno studio a china per l’area di Fiera-Catena a Mantova e uno per l’area portuale Kop van Zuid a Rotterdam del 1982, un “capriccio architettonico” dedicato a Modena, realizzato in occasione della mostra tenuta alla Palazzina dei Giardini nel 1983. Ancora una serie di quattro fogli, datati dal 1986 al 1989, documenta la presenza in collezione di Guido Canella (Bucarest 1931-Milano 2009), a seguito della mostra allestita nel 1984. Si tratta di disegni che, in un processo creativo unitario, coniugano un uso primario delle tecniche di rappresentazione geometrica con un funzionale indugio descrittivo e plastico della forma. Anche Paolo Portoghesi (Roma, 1931) a seguito della mostra tenuta nel 1985, donò quattro piccoli disegni di raffinata 42

exhibitions organised in the decade between 1983 and 1993, and documenting some of the most innovative experiences in the field of contemporary architecture, more than 40 works are on show in the rooms of Palazzo Santa Margherita. There are four drawings on show penned by Aldo Rossi (Milan 1931-1997), the creator of original and intense architectural designs, in which the rigour of his typological and constructive solutions is coupled with a return to a compositional ‘beauty’ which seemed to have been forgotten in that period. These are a 1975 study for the cemetery of Modena, one of the most controversial pieces of Italian architecture of the late 20th century, a study in ink for the Fiera-Catena area in Mantua, and one for the Kop van Zuid dockside in Rotterdam (1982), as well as an ‘architectural capriccio’ dedicated to Modena, produced on the occasion of the exhibition held at the Palazzina dei Giardini in 1983. Another series of four drawings, dating from between 1986 and 1989, documents the presence in the collection of Guido Canella (Bucharest 1931-Milan 2009), in the light of the exhibition held in 1984. These are drawings which, through a single creative process, bring together a predominant use of geometric representation techniques, complete with a functional descriptive explanation. Following the exhibition held in 1985, also Paolo Portoghesi (Rome, 1931) donated four small and highly refined draw/ novembre 2013


fattura. Si tratta di schizzi, come tratti da fogli di taccuino, dal segno rapido ed elegante, in cui le architetture moderne, abbozzate, echeggiano il passato, con richiami a sinuosità barocche. A Ico Parisi (Palermo 1916-Como 1996) a cui la galleria ha dedicato due mostre nel 1990 e 1994, si deve la donazione di un ricchissimo fondo di bozzetti, studi, progetti, fotografie e documenti (oltre 3000 pezzi) che ben testimoniano della sua fertile produzione in ambito creativo ed inventivo. Riconosciuto come uno dei personaggi di maggior spicco e originalità nel campo dell’architettura contemporanea, è stato autore di celebri

ings. These are sketches, seemingly sheets from a notepad, with a fast and elegant stroke, in which modern architecture appears to echo that of the past, with elements of baroque sinuosity. Ico Parisi (Palermo 1916-Como 1996), to whom the Gallery dedicated two shows in 1990 and 1994, donated a vast set of sketches, studies, plans, photographs and documents (more than 3,000 items) which offer a wide-ranging testimony of his fertile production in the field of creation and innovation. Recognised as one of the most prominent and original characters in the field of contemporary architecture, he was the creator of many well43


edifici, di prodotti di design, ma soprattutto di straordinarie sperimentazioni, anche utopistiche, operando ai confini delle soglie disciplinari, spesso in collaborazione con artisti e intellettuali. Per la mostra sono stati selezionati a titolo esemplificativo fogli da tre nuclei: schizzi per il progetto abitativo, mai realizzato, Operazione Arcevia (1973-1976) – a cui collaborò, tra gli altri, l’artista venezuelano Jesus Rafael Soto di cui si espone per la prima volta lo schizzo per una fontana interattiva – alcuni bozzetti per il completamento della facciata del museo Guggenheim di Venezia (1984), una decina di tavole immaginifiche dalla serie Grattacieli del 1986. Dell’architetto e designer Andrea Branzi (Firenze 1938) esponente del gruppo Archizoom, in cui all’attività pratica si intreccia una riflessione critica sul progetto e sulle relazioni tra questo e il contesto socio-tecnologico, vengono presentate alcune eliografie del 1969 e un paio di serigrafie relative al progetto di ristrutturazione della Galleria d’arte moderna di Arezzo (1988). Non poteva mancare la presenza di Carlo Aymonino (Roma 1926-2010), uno dei protagonisti indiscussi della riflessione sullo sviluppo della città moderna, cui la galleria ha dedicato una mostra nel 1991 e di cui conserva un disegno a inchiostro nero. Benché non classificabili come studi d’architettura sono presenti in mostra due disegni, uno di Marcello Jori (Me44

known buildings, design products, but most of all of extraordinary experiments, some of which utopian, stretching across the confines of various disciplines, often in collaboration with artists and intellectuals. For this exhibition, sheets from three sets have been chosen by way of example: sketches for a housing project, never built, ‘Operazione Arcevia’ (19731976), which also featured the collaboration of – among others – the Venezuelan artist Jesus Rafael Soto, by whom a project outline for an interactive fountain is also on show. Parisi’s work also includes a number of sketches for the completion of the façade of the Guggenheim Museum in Venice (1984), as well as a dozen or so highly imaginative drawings from his Grattacieli series (1986). By the architect and designer Andrea Branzi (Florence 1938), exponent of the Archizoom group, whose practical activities were always interwoven with a critical reflection on the project and its relationships with the socio-technological context, a number of heliographs from 1969 and a couple of serigraphs relating to the renovation project of the Modern Art Gallery of Arezzo (1988) are displayed. The exhibition of course could not overlook Carlo Aymonino (Rome 1926-2010), unquestionably one of the key protagonists of the reflection on the development of the modern city, to whom the gallery dedicated an exhibition in 1991 and by whom it still has a black ink drawing. Although not strictly classifiable as ar/ novembre 2013


rano 1951), l’altro di Remo Gaibazzi (Parma 1915-1994), che traducono il segno progettuale in composizioni grafiche nelle quali il paesaggio urbano si carica di tensioni emotive. A testimonianza della qualità del loro intenso lavoro svolto nell’ambito dell’architettura, dell’urbanistica e del design anche a livello internazionale, vengono infine dedicate due sale a Cesare Leonardi e Tullio Zini. Del primo si presenta una selezione di 7 tavole che l'autore concederà in deposito con termini e modalità che saranno concordati con la Soprintendenza Archivistica dell'Emilia-Romagna; del secondo sono esposte 28 carte (dal 1973 al 2011) recentemente donate.

chitectural, there are also two other drawings on show, one by Marcello Jori (Merano 1951) and the other by Remo Gaibazzi (Parma 1915-1994), translating the architectural design stroke into graphic compositions, ones in which the urban landscape is charged with emotional tension. As a testimony to the quality of their intense work in the field of architecture and town planning, two rooms are also dedicated to the works of Cesare Leonardi and Tullio Zini. The first presents a selection of 7 works that grant the author on deposit with terms and conditions to be agreed with the Soprintendenza Archivistica dell'Emilia-Romagna; the second 28 cards are exposed (1973-2011) recently donated.

p. 40 Carlo Aymonino, Un progetto per Firenze, 1977 p. 43 Aldo Rossi, Macchina Modenese, 1983 p. 46 Tullio Zini, Moderno d’autore, 1993 p. 49 Tullio Zini, Tokyo Japly, lotti 18-19, 2004 pp. 50-51 Tullio Zini, Ponte dell’Accademia, Venezia, 1985 tutte le opere Galleria civica di Modena, Raccolta del disegno

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VISITA A SAN DONATO VISIT TO SAN DONATO

Tullio Zini

Cara amica, la visita alla scuola che abbiamo realizzato mi ha dato l’occasione per cercare di spiegare cosa per me vuole dire progettare, e cosa io penso sia l’architettura. Quando affronto un nuovo progetto “apro nella mia testa una cartella dedicata”, cerco di avere sull’argomento più informazioni possibili, di tutti i tipi e di memorizzare tutto, lasciando al tempo il compito di sedimentare i dati accumulati, fino ad arrivare ad una sorta di saturazione, a quella condizione di quantità di informazioni e di sensazioni che consente di cominciare a circoscrivere il campo, definire i confini più attendibili del progetto. Quando si progetta si istituisce in una sorta di ‘transfer’ tra quanto si ha in testa, la somma delle informazioni ac-

Dear friend, our visit to the school provided me with the opportunity to try and explain what designing means for me, and what I think architecture really is. When I approach a new project, I open a ‘special folder’ in my mind; I try to gather as much information as possible on the topic, of all kinds, and to learn it all by heart, leaving time with the task of layering the accumulated data, until I come to a sort of saturation point, to that state of sensation/information overload that makes it possible to mark out the field, as well as tracing the most realistic borders of the project. When one designs, a sort of ‘transferral’ is created between what one has in one’s mind, the sum of the acquired information, the cultural, technical and 47


quisite, le richieste culturali, tecniche ed economiche che riguardano il progetto e lo spazio del foglio che, in quel momento, diventa tridimensionale. Per me occorre una condizione di grande concentrazione, di silenzio o con la presenza di suoni adatti, una luce sul foglio giusta e senza riflessi, matite morbide o penne veloci che non rallentino la repentinità di cambiamento del segno, gli spostamenti di direzione improvvisi che può prendere il disegno. In questa condizione si cerca di fermare sulla carta le intuizioni degli spazi che si intravedono e che vengono sempre percepiti come elementi tridimensionali. Gli spazi appaiono come una serie di volumi fluidi, mutevoli, simili al riverbero della luce su di un gas in una stanza in penombra. In questo spazio, che ha la consistenza ed ‘i confini di un fumo’, ci si muove cercando di valutare contemporaneamente tutti gli aspetti del progetto e dell’abitare. Si cerca di immaginare, per ogni punto di quello spazio, come può essere abitato e con quale qualità lo si può vivere, come può essere la relazione con l’ambiente esterno, come lo si può vedere e come si ritiene giusto dovrebbe essere percepito, come può essere la luce in quel dato ambiente, forte, filtrata, diffusa, radente, calda, allegra..., e in quale stato d’animo si può pensare di abitare quello spazio, se in una condizione di serenità, di curiosità, se si pensa si possa essere rilassati, come si è protetti dalle intemperie, dal freddo... 48

economic requirements of the project, and the space of the sheet which, in that moment becomes three-dimensional. I need to be able to concentrate thoroughly, in silence or in the presence of suitable sounds, the right light cast on the sheet, without reflections, as well as soft pencils or fast pens that do not slow the rapid changes of stroke, or the sudden alterations of direction that the design may take. In these conditions, one may try to capture on paper the intuitions of spaces which may only be mentally glimpsed, and yet which are always perceived as three-dimensional elements. The spaces appear as a series of fluid, shifting volumes, like the flickering of light seen through a gas in a dimly lit room. In this space, which has the consistence and edges of a cloud of smoke, one may move around in the attempt to evaluate all the aspects of the project and its future inhabitation at the same time. For every corner of that space, one tries to imagine how it may be inhabited, and at what level of quality, what the relationship with the outside environment might be like, how it may be seen and how indeed it should rightly be perceived; what the light might be like in a given environment – bright, filtered, soft, shining, warm, joyful..., and in what state of mind one might think of inhabiting that space: one of calm, curiosity, relaxation, as well as how much one might be protected from the weath/ novembre 2013


Il modo nel quale si abita un luogo dipende dalla consapevolezza che si ha di sé, dalle sensibilità che nel tempo si sono autonomamente sviluppate, sostanzialmente dalla propria cultura. Un aspetto importante nella mia idea di progettista è che lo spazio al quale mi interesso, al quale ‘metto confini’ disegnando muri, pareti, pavimenti e coperture, è uno spazio che ha lo stesso valore in tutte le direzioni, uno spazio isotropo. Ogni luogo può diventare interessante come scoperta, per le sequenze più o meno interessanti ed emozionanti dei percorsi necessari per raggiungerlo, ma altrettanto interessanti e studiati debbono essere i percorsi di ritorno, quelli che ti portano di lato, sopra o sotto.

er conditions, from the cold… The way in which one inhabits a space depends on the awareness that one has of oneself, from one’s sensitivity that has developed independently over time, substantially from one’s own culture. From my point of view as an architect, an important aspect is the space that I’m interested in, to which I ‘mark out the borders’, drawing in walls, floors and roofs. Yet the space must have the same value in every direction: it must be a isotropic space. Every place may be interesting as a discovery, thanks to the more or less interesting and emotionally involving paths to be followed in order to reach them, but also the paths back should be just as 49


Le valutazioni, le percezioni di come ci si può muovere in uno spazio mentre lo si progetta, lo si definisce, riguarda contemporaneamente una grande quantità di aspetti che sono, e debbono essere, tra di loro strettamente connessi. La valutazione riguarda le diverse attività che si possono svolgere, il loro ‘ritmo vitale’ nel tempo, il ‘pulsare della vita’, e le relazioni con gli altri spazi e con le altre persone che possono contemporaneamente viverlo. Tutti questi aspetti devono essere messi in relazione, si deve tenere conto della totalità delle condizioni al contorno. Occorre misurare la disponibilità economica, non come valore assoluto, ma in rapporto alle condizioni ambientali, cul50

interesting and carefully studied, as well as the ones that take you to the sides, on top or underneath the space. The evaluations, the perceptions of how one may move within a space while it is being planned, defined simultaneously concern a vast range of aspects that are – and indeed must be – closely interconnected. The evaluation concerns the various activities that may be carried out there, their ‘vital rhythm’ over time, the ‘pulsing of life’ and the relationships with the other spaces and the other people that may inhabit the space simultaneously. All these aspects must be placed in relationship to one another; one must bear in mind the totality of the interconnected conditions. / novembre 2013


turali e tecnologiche del luogo nel quale si opera, occorre valutare la vita dell’ambiente nel fluire del tempo, considerare l’invecchiamento dell’edificio sia sotto l’aspetto funzionale, culturale, che quello della deperibilità dei materiali. Occorre anche considerare e valutare l’impatto dell’intervento sotto l’aspetto sociale, cercando di mettersi in relazione non solamente con gli aspetti contemporanei della cultura del luogo nel quale si sta intervenendo, ma anche con i valori della sua tradizione, della sua cultura e della sua storia. In questo movimento di pensieri, di sensazioni, di percezioni spesso mutevoli, di intuizioni e talvolta di invenzioni, si valutano anche tutti quegli aspetti percet-

One needs to weigh up the economic resources available, not as an absolute value, but in relation to the environmental, cultural and technological conditions of the location in question; one needs to assess the life of the place over the course of time, considering the aging of the building in functional and social terms, as well as from the point of view of the perishability of the materials. One also needs to consider and evaluate the impact of the intervention in social terms, trying not only to relate to the contemporary aspects of the culture of the location, but also to the values of its traditions, culture and history. In these shifting sands of thoughts, sensations and perceptions, of intuitions 51


tivi che sono importanti per la qualità dell’abitare, come il caldo, il freddo, l’irraggiamento solare, la qualità della luce, l’umidità, il rumore, i profumi. Se dovessi spiegare cosa è la musica ad un alieno, oppure ad una persona sorda, la racconterei come un’onda luminescente che ha un verso, si muove in una direzione, ed in questo spostamento varia e si espande in modo tridimensionale. In queste variazioni il fluido musicale cambia di forma ed anche d’intensità luminosa, i colori che si percepiscono, pure nella persistenza di un fondo di suonicolori alternato ad esplosioni di energia. Racconterei di come si diffondono nel racconto musicale i suoni-colori con modi simili a quelli della diffrazione della luce che, in modo più o meno forte, condiziona la percezione di qualsiasi paesaggio. Questo ‘fluido tridimensionale’ che s’illumina, che si scalda, si raffredda, perde energia, nel quale volentieri si entra, ci si siede, si mangia e si studia, si dorme o si cammina, è la ‘vera materia’ dell’architettura, quella che si utilizza progettando. Tra le tante, una delle critiche al mio modo di progettare è che si avverte come una ‘mancanza di un segno forte’, come se da parte mia ci fosse una sorta di rinuncia più o meno consapevole ad inserire nei progetti elementi formali forti, riconoscibili, ma col tempo mi sto rendendo conto che forse nel mio modo di vedere e di costruire il progetto, il vero ‘segno’ importante è la ‘qualità relazio52

and sometimes even of inventions, one must also assess all those perceptive aspects that are important for the quality of the living experience, such as changes in temperature, sunlight, the quality of the light, humidity, sounds and smells. If I had to explain what music is to an alien, or to a deaf person, I would describe it as a luminous wave moving in a specific direction, and that in this process it varies and expands on a threedimensional basis. In these variations, the musical fluid changes shape and even luminous intensity, the colours perceived, even in the persistence of a background of soundcolours, alternating with explosions of energy. I would explain how these sound-colours are spread in similar ways to those of the refraction of light which, more or less intensely, conditions the perception of any landscape. This ‘tri-dimensional fluid’ which lights up, heats up, cools down and loses energy, and which one willingly enters, sits down, eats and studies, sleeps or walks, is the ‘real stuff’ that architecture is made of, the one that is used throughout the planning stage. Among the many, one of the criticisms launched at my way of planning is that of a “lack of a strong mark,” as if I were guilty of a more or less conscientious refusal to include heavy-handed, easily recognisable elements into my projects, yet over time I have come to realise that perhaps in my way of seeing and putting / novembre 2013


nale ed abitativa degli spazi’, una qualità che deve essere il più possibile totale, con edifici e spazi senza ‘fronte e retro’, spazi di alta qualità diffusa e possibilmente ‘isotropa’. Per ritornare all’occasione che mi ha spinto a raccontare fra questi pensieri, volevo dire che il rivisitare la scuola alcuni mesi dopo la sua inaugurazione mi ha dato una grande gioia, un misto di soddisfazione e di serenità. La mia gioia nasceva dal fatto che quanto vedevo, girando liberamente per la scuola, corrispondeva alla vita che avevo sperato si potesse svolgere in quell’ambiente. La condizione di grande serenità, il comportamento così naturale dei bambini, i loro sguardi così curiosi, aperti e confidenti, le insegnanti ‘concentrate a documentare’ prendendo appunti, il profumato e sorridente mondo della cucina, mi davano appunto la serenità che deriva dalla considerazione di non avere tanto caparbiamente lavorato invano. Sono uscito dalla scuola conservando negli occhi l’immagine del pranzo dei bambini grandi del nido, i loro visi sorridenti dalle gote floride, che pranzavano in un silenzio insospettabile, e questo mi ha dato molta gioia, a tratti felicità.

together a project, the real, important ‘mark’ that I leave is the “relational and residential quality of the spaces,” a quality which must be as all-enveloping as possible, with buildings and spaces without a ‘front’ and ‘back’, spaces of high quality, spread out and possibly ‘isotropic’. To return to the occasion that led me to set down these thoughts, I wanted to say that revisiting the school several months after its inauguration gave me a great sense of joy, a mixture of satisfaction and serenity. My joy arose from the fact that when wandering around the school, what I saw really did correspond to the life that I had hoped could take place within that environment. The state of great calm, the very natural behaviour of the children, their such curious gazes, open and confident, the teachers ‘intent on documenting’, taking notes, the sweet-smelling and smiley world of the kitchens all gave me that sense of serenity that derives from the realisation that one has not stubbornly worked in vain. I left the school with the image still in my eyes of the lunch of the older children in the nursery school, their smiles beaming forth from their rosy cheeks, enjoying their lunch in remarkable silence, and this gave me great joy, I might say even happiness.

Tullio San Donato Milanese, 3 marzo 2011

Tullio San Donato Milanese, 3rd March 2011 53



STRUTTURE STRUCTURES

Archivio Leonardi

Nell’aprile del 1956 Cesare Leonardi accompagna lo zio materno alla Fiera campionaria che si tiene a Milano. L’attività e la fama di architetto sono ancora lontane: è un giovane di 21 anni pieno di curiosità, non è ancora iscritto all’università e visita per la prima volta una fiera di quelle dimensioni. Osserva con interesse le altissime gru e ponteggi in tubi innocenti che affollano il piazzale principale. Alcune strutture hanno un’articolazione più complessa (coperture ondulate, volte, cupole) e sono utilizzate dai produttori per mostrare la libertà formale consentita dalla rotazione dei giunti di collegamento. Di ritorno prende carta e penna e rielabora ciò che lo ha maggiormente colpito. Disegna gru che svettano l’una a fianco dell’altra sovrapponendosi in fitte trame strutturali, raffigurandole sia parallele tra loro, come gli erano apparse in lontananza, sia scorciate. Rappresenta anche telai simili a “nuvole” che

In April 1956 when he was 21, Cesare Leonardi accompanied his uncle to the trade fair held in Milan, his work and fame as an architect were still a long way off: he was a young man of 21, full of curiosity, not yet enrolled at university, and visiting a fair of that size for the first time in his life. He observed the towering cranes and scaffolding which occupied much of the main forecourt with great interest. Certain structures had a more complex articulation to them (undulated coverings, vaults and even cupolas) and were used by their producers to demonstrate the formal flexibility afforded by the rotation of the joints. Once home, he took pen and paper and re-elaborated what he had been struck by the most. He drew cranes standing out one next to the other, interweaving in dense structural patterns, depicting them both parallel to each other (as they had seemed to him from a distance) and close up (as he had seen them on approach55


si infittiscono e si diradano, forme scaturite dall’osservazione delle coperture in tubi. Alla luce della ricerca progettuale da lui condotta negli anni seguenti questo episodio appare significativo ed emblematico. La struttura, nelle diverse accezioni, è sempre al centro del suo lavoro: la struttura degli alberi, per esempio, intesa come portamento di ogni singola specie (ricerca che lo impegna per oltre vent’anni fino alla pubblicazione, nel 1982, del volume L’Architettura degli Alberi1); le strutture verdi, come Leonardi chiama i parchi che progetta tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta con Franca Stagi; le strutture provvisorie che contraddistinguono i suoi progetti per le Feste de l’Unità (totem, padiglioni, percorsi). Impossibile infine non richiamare l’affinità dei disegni del 1956 con una delle sue sperimentazioni più mature, quella sulla Struttura Reticolare Acentrata (S.R.A.). La S.R.A. è un metodo per la progettazione di parchi e del territorio2 basato sull’elaborazione grafica di una “maglia” di poligoni irregolari accostati tra loro. Aste e nodi di collegamento definiscono il confine di ogni poligono, cioè di ogni porzione di superficie in cui viene suddiviso il territorio: così facendo è possibile associare ad ogni poligono funzioni e caratteristiche specifiche (un prato, oppure un frutteto, un lago, ecc.), affidare alle aste che lo delimitano i compiti di collegamento tra le par56

ing). He also drew frameworks similar to ‘clouds’, in their growing denser or thinner, with shapes taken from his observation of the scaffolding bars. In the wake of the planning research he was to carry out over the years to come, this episode appears both meaningful and emblematic. The structure, in its various meanings, is always at the heart of his work: the structure of the trees, for example, focused on the behaviour of every single species (a research project which was to last more than 20 years, right up to the publication in 1982 of the volume entitled L’Architettura degli Alberi1); his green structures, as Leonardi calls the parks he planned between the end of the ‘60s and the early ‘80s together with Franca Stagi; the provisional structures that were to stand out among his projects for the Communist Party celebrations known as the Feste de l’Unità (billboards, pavilions and footpaths). Lastly, it is impossible not to evoke the affinity of the 1956 drawings with one of his later experimentations: that of the Struttura Reticolare Accentrata (S.R.A.) or Centralised Reticular Structure. The S.R.A. is a method for the planning of parks and the territory at large2 based on the graphic elaboration of a ‘network’ of irregular polygons placed side by side. Lines and connecting nodes define the border of each polygon, i.e. of every portion of surface that the territory in split up into: in this way, it is possible to attribute specific functions and characteristics to every polygon (a meadow, an or/ novembre 2013


ti (strade, ciclabili, ecc.), collocare nei nodi elementi puntuali da distribuire sul territorio (per esempio alberi, o spazi di aggregazione). Per Leonardi la necessità di dare struttura al territorio coincide con la volontà di dare struttura al proprio modus operandi, definire cioè regole progettuali e limiti entro cui muoversi. Non si tratta di un sistema rigido e ripetitivo, quanto piuttosto di uno strumento “guida” della progettazione che rifiuta l’arbitrarietà e la casualità. La maglia della S.R.A, come hanno dimostrato i progetti di concorso in cui è stata applicata, consente una sorprendente libertà grazie alle infinite possibili destinazioni d’uso dei singoli elementi e dalla flessibilità e trasformabilità del sistema asta-nodo. L’unica applicazione concreta è il parco di Bosco Albergati a Castelfranco Emilia, nella pianura tra Modena e Bologna. Il progetto, del 1988, ha definito l’espansione del bosco storico adiacente l’antica Villa Albergati attraverso un nuovo parco di 40 ettari, nel quale circa seimila piante sono state messe a dimora nei nodi del tracciamento reticolare.

chard or a lake, etc.), entrusting the task of linking the parts together to the lines that mark each of them out (roads, cycle paths, etc.), and exploiting the nodes to place key elements to be distributed across the territory (for example, trees or meeting spaces). For Leonardi, the need to give structure to the territory coincides with the desire to give structure to his own modus operandi, i.e. to define planning rules and limits to operate within. However, far from being a rigid or a repetitive system, this was rather a ‘guiding’ tool for planning, a world which shuns the arbitrary and the casual. The S.R.A. network, as demonstrated by the competition projects in which it was applied, allows for a surprising level of freedom, thanks to the infinite potential of the single elements and the flexibility/ transformability of the line/node system. The only concrete application is the park of Bosco Albergati in Castelfranco Emilia, on the plain between Modena and Bologna. The project, dating back to 1988, defined the expansion of the historical wood alongside the ancient Villa Albergati, through a new park of 40 hectares, in which around 6,000 plants were planted along the lines of the various reticula.

Cesare Leonardi, Franca Stagi, L’Architettura degli alberi, Mazzotta, Milano 1982. 2 Vedi Giancarlo Martinelli (a cura di) Cesare Leonardi-Struttura Reticolare Acentrata ovvero la frantumazione del centro, su “L’arredo della città”, gennaio-marzo 1988.

Cesare Leonardi, Franca Stagi, L’Architettura degli alberi, published by Mazzotta, Milan 1982. 2 Vedi Giancarlo Martinelli, (ed.), Cesare Leonardi-Struttura Reticolare Accentrata ovvero la frantumazione del centro, in ‘L’arredo della città’, January-March 1988.

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MACCHINE PER ABITARE RACCOLTA DEL DISEGNO / DRAWING COLLECTION opere in mostra / works on show Carlo Aymonino (Roma 1926-2010) Un progetto per Firenze, 1977 inchiostro su carta [n. archivio 1086] Andrea Branzi (Firenze 1938) Studio per la Galleria d’Arte Moderna di Arezzo, 1988 2 serigrafie [413-414] Teatro d’incontro androgino, 1969 Teatro segreto in ambiente domestico, 1969 Teatro privato del potere, 1969 Teatro della forma premeditata, 1969 4 eliografie [415-418] Guido Canella (Bucarest 1931-Milano 2009) Seconda soluzione per un complesso di edifici a Fidenza, 1986 Dodecagono, 1986 Chiusa a Peschiera Borromeo, 1985 Belvedere della Forma Urbis, 1989 4 disegni china, matita e matite colorate su carta [419-422] Remo Gaibazzi (Stagno di Roccabianca 1915-Parma 1994) Case di Parma, 1962 grafite su cartoncino [1197] Marcello Jori (Merano 1951) Senza titolo, s.d. matita su carta quadrettata [468] Cesare Leonardi (Modena 1935) Strutture, 1956 7 disegni inchiostro su carta in deposito presso la Galleria civica di Modena

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Ico Parisi (Palermo 1916-Como 1996) Operazione Arcevia, 1972-1975 4 disegni pennarelli e matita su carta [882/FP, 847/FP, 889/ FP, 905/FP] Progetto per il completamento del Museo Guggenheim, Venezia, 1984 3 disegni pennarelli su carta [1426/FP, 1430/FP, 1434/FP] 3 disegni matita e pennarelli su carta [1424/FP, 1432/FP, 1451/FP] pennarelli su eliocopia [1452/FP] inchiostro su cartoncino [1453/FP] Grattacieli, 1986 11 disegni matita e inchiostri colorati su cartoncino [1518/ FP-1519/FP, 1521/FP-1523/FP, 1525/FP-1527/FP, 1527a/ FP, 1529/FP-1530/FP] Paolo Portoghesi (Roma 1931) Ludoteca di Villa Borghese, 1983 Studio, ante 1989 Municipio di Ascea, 1983 Casa a Vienna, 1980 4 disegni inchiostro su carta [423-426] Aldo Rossi (Milano 1931-1997) Studio per l’area portuale Kop van Zuid a Rotterdam, 1982 matita e pastelli su carta da schizzo [217] Varianti per Modena, 1975 matita, china, pastelli su carta [218] Macchina modenese, 1983 pastello su disegno fotocopiato [220]

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Studio per Mantova. La morte di Virgilio, 1981 china, pennarello acquerellato su carta [221] Jesus Rafael Soto (Ciudad Bolívar, Venezuela 1923) Proyecto para una torre de agua y un reloj para la ciudad de Palazzo di Arcevia, 1975 pennarelli su cartoncino [815/FP] Tullio Zini (Reggio Emilia 1942) Banca popolare di Modena, 1984 pennarelli su eliocopia [1738] Serra 2000, particolare ringhiera, 1985 matita su carta da spolvero [1740] Moderno d’autore, 1993 matita su carta da lucido leggera [1745] Palo fotovoltaico, studio 2011 Anello, 1996 2 disegni matita su carta [1763-1764] progetto di T. Zini con A. Pomodoro, C. Trevisi, L. Cremonini Nuovo Cimitero di Urbino, 1973 pastelli su stampa su intermedia del disegno di base a pastelli [1737] progetto di T. Zini, A. Branzi, F. Doveil, M. Susani, A. Torricella, M. Trimarchi Ponte dell’Accademia, Venezia, 1985 pastelli su stampa intermedia del disegno di base a pennarello [1739] progetto di T. Zini, A. Branzi, R. Alexander, D. Donegani, G Ferrando, C. Gianferrari, G. Levanti, E. Spicciolato, M. Zini, C. Zoboli New York waterfront, studio preliminare, 1989 pennarello su carta da spolvero [1741] New York waterfront, planimetria e copertura, 1989 New York waterfront, particolare, 1989 2 disegni pastelli su fotocopie assemblate dei disegni di base a china e pastelli [1742, 1743]

progetto di T. Zini, A. Branzi, M. Zini, C. Zoboli Cimitero di Carpi, prospettiva, 1988 matita su carta da lucido leggera [1746] progetto di T. Zini, A. Branzi, I. Hosoe, C. Castelli, M. Zini, C. Zoboli Tokyo City X, sezione,1989 matita su carta da lucido [1747] Tokyo City X, studio di planimetria, 1989 Tokyo City X, studi dell’immagine della baia, 1989 Centro Internazionale Loris Malaguzzi, sezione, 2000 3 disegni pennarello su carta [1748, 1752, 1759] Tokyo City X, studio di prospetto notturno, 1989 Tokyo City X, prospettiva, 1989 Tokyo City X, schizzi della copertura e delle torri, 1989 Tokyo City X, studio di prospetto, 1989 4 disegni matita su carta [1749-1751, 1753] Tokyo City X, studio di inserimento nella baia, 1989 disegno a matita su fotocopia [1754] Scuola verde, vista zenitale, 1996 matita su carta da lucido leggera [1755] progetto di T. Zini, M. Parmiggiani, M. Zini, C. Zoboli, con DARC Tokyo Japly, Torre del silenzio, 2004 Tokyo Japly, edifici 18 e 19, prospetti e piazza, 2004 Tokyo Japly, edificio 19, studio di prospetto, 2004 3 disegni pennarello su carta da spolvero [1756-1758] progetto di T. Zini, M. Zini, C. Zoboli Piazze in quota, 2011 pennarello su carta [1760] progetto di T. Zini, P. Burgos, P. Cuoghi, M. Zini, C. Zoboli Cortile ingresso Manodori, 2008 Cortile posteriore Manodori, 2008 2 disegni pennarello su carta [1761-1762]

progetto di T. Zini, G. Lottici Villaggio Stranieri, sezione, 1989 pennarello su carta da spolvero [1744]

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IN AGENDA UPCOMING EVENTS

GABRIELE BASILICO FOTOGRAFIE DALLE COLLEZIONI DEL MAXXI Inaugura a Roma il 27 novembre la mostra Gabriele Basilico. Fotografie dalle Collezioni del MAXXI. Curata da Giovanna Calvenzi e Francesca Fabiani, allestita fino al prossimo 30 marzo, l’esposizione presenta oltre 70 fotografie provenienti dalle collezioni del MAXXI Arte e del MAXXI Architettura, dalle immagini dello stretto di Messina realizzate per il progetto Atlante Italiano (2003), alle foto del cantiere del MAXXI per Cantiere d’Autore (2009), fino agli splendidi scatti dedicati alla mostra di Luigi Moretti che ha inaugurato il museo nel maggio 2010. È inoltre esposta anche una selezione di fotografie dei lavori più significativi del percorso artistico di Basilico, come le celebri immagini di Beirut dopo la guerra e una serie di ritratti di città italiane (Roma, Genova, Palermo, Napoli, Milano) che testimoniano la sua straordinaria capacità di leggere il paesaggio urbano. Completa il percorso espositivo anche un

GABRIELE BASILICO FOTOGRAFIE DALLE COLLEZIONI DEL MAXXI In Rome on 27th November, the exhibition Gabriele Basilico. Fotografie dalle Collezioni del MAXXI will be opened. Curated by Giovanna Calvenzi and Francesca Fabiani, on show until the next 30th March, the exhibition will present more than 70 photographs from the collections of MAXXI Arte and MAXXI Architettura, from his images of the Strait of Messina produced for the Atlante Italiano project (2003), to his photos of the building site of the MAXXI itself for Cantiere d’Autore (2009), right up to the splendid shots dedicated to the Luigi Moretti exhibition with which the museum itself was inaugurated in May 2010. There will also be a display of a selection of the most significant works from throughout Basilico’s artistic career, such as his renowned images of post-war Beirut, and a series of portraits of Italian cities (Rome, Genoa, Palermo, Naples and Milan) which demonstrate his extraordinary ability to interpret the urban landscape. 61


film-documentario inedito di Amos Gitai dedicato al fotografo, una lunga intervista presentata in anteprima in occasione della mostra in cui Basilico racconta il suo lavoro. Info: MAXXI-Museo nazionale delle arti del XXI secolo www.fondazionemaxxi.it

The show also presents a previously unseen documentary film by Amos Gitai featuring a long interview with the photographer, and previewing here on the occasion of the exhibition, in which Basilico himself tells the story of his own work.

DAVID BRUTTI IN CONCERTO David Brutti, uno dei più importanti saxofonisti italiani, si esibirà domenica 8 dicembre alle 17.30 alla Galleria civica di Modena (Palazzo Santa Margherita, corso Canalgrande 103) per il primo dei Concerti d’Inverno organizzati dagli Amici della Musica di Modena cui seguiranno quelli programmati alla Chiesa di Gesù Redentore, al Teatro Comunale “Luciano Pavarotti”, al Teatro delle Passioni e al Teatro San Carlo di Modena. In programma musiche di Riley, Lang, Reich, Aperghis, Dolden, Momi, Agostini. Per l’occasione sono state organizzate due visite guidate alle mostre Gabriele Basilico nella collezione della Galleria civica di Modena (Palazzina dei Giardini), e Macchine per abitare. Fotografie e disegni d’architettura dalla collezione della Galleria civica di Modena (Palazzo Santa Margherita). Per chi desidera partecipare appuntamento alle 15.00 davanti alla Palazzina dei Giardini. Sia il concerto che le visite sono ad ingresso gratuito. www.amicidellamusicamodena.it info@amicidellamusicamodena.it 329 6336877

DAVID BRUTTI IN CONCERT David Brutti, one of the most important Italian saxophonists, will perform on Sunday 8th December at 5.30pm at the Galleria civica di Modena (Palazzo Santa Margherita, corso Canalgrande 103) for the first of the Winter Concerts organised by the Modena branch of the Amici della Musica, followed by those due to be held at the Gesù Redentore Church, at the Luciano Pavarotti Communal Theatre, at the Teatro delle Passioni and at the Teatro San Carlo in Modena. The programme includes music by Riley, Lang, Reich, Aperghis, Dolden, Momi, Agostini. Two guided tours of the exhibitions Gabriele Basilico nella collezione della Galleria civica di Modena (at the Palazzina dei Giardini), and Macchine per abitare. Fotografie e disegni d’architettura dalla collezione della Galleria civica di Modena (at Palazzo Santa Margherita) have been organised especially for the occasion. Those who wish to take part should meet on Sunday 8th December at 3pm in front of the Palazzina dei Giardini. Entrance to both the concert and the guided tours is free of charge.

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PRESENTAZIONE DEL LIBRO HOME DI GIANCARLO PRADELLI Giovedì 12 dicembre alle 17.30 nella sala grande di Palazzo Santa Margherita sarà presentato il libro fotografico di Giancarlo Pradelli Home, (Five Continents Editions, 2012). Oltre all’autore interverranno Matteo Agnoletto, ricercatore presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna e coordinatore del Laboratorio “Ricerca Emilia”, Monica Bietti, direttrice del Museo delle Cappelle Medicee di Firenze, Stefano Casciu, Soprintendente ai Beni Artistici Storici ed Etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia, Andrea Emiliani, sto-

PRESENTAZIONE DEL LIBRO HOME DI GIANCARLO PRADELLI On Thursday 12th December at 5.30pm in the Main Hall of Palazzo Santa Margherita, the photo book by Giancarlo Pradelli, Home, (Five Continents Editions, 2012) will be presented. As well as the author, other speakers will include Matteo Agnoletto, researcher at the Architecture Department of Bologna University, and coordinator of the workshop entitled ‘Ricerca Emilia’; Monica Bietti, director of the Museo delle Cappelle Medicee in Florence; Stefano Casciu, Head of Artistic, Historical and Ethno-Anthropological Heritage of Modena and Reggio 63


rico dell’arte e socio dell’Accademia dei Lincei, già Soprintendente per i Beni Artistici e Storici di Bologna e direttore della Pinacoteca bolognese e Marco Pierini, direttore della Galleria civica di Modena. In primo piano le architetture rurali abbandonate nel paesaggio emiliano, che, apparentemente prive di attrattiva spettacolare, attendono di essere riscoperte. Protagonisti secondo Andrea Emiliani “della letteratura della pianura” “le case sparse, i grandi fienili di Pradelli sono fermi nelle campagne, come se fossero congelati nel tempo”. L’autore fotografa in bianco e nero proponendo giochi di luce ed equilibri compositivi non casuali, è un osservatore capace di cogliere la dignità nelle cose create dall’uomo e di rivelare soluzioni architettoniche trasformate dalla situazione di abbandono. Edito in tre lingue, francese, inglese e italiano, il volume (pp.72, 30 illustrazioni in tricromia) sarà in vendita al bookshop di Palazzo Santa Margherita al prezzo di € 30.00.

Emilia; Andrea Emiliani, art historian and member of the Accademia dei Lincei, previously head of Artistic and Historical Heritage of Bologna and now director of the Bolognese Picture Gallery, and Marco Pierini, director of the Galleria Civica di Modena. The theme of the images is the abandoned rural architecture of the Emilian landscape, which while apparently bereft of any spectacular attraction, await rediscovery. According to Andrea Emiliani the protagonists of these “tales of the plains” are: “the isolated houses, the great hay barns of Pradelli stand motionless in the middle of the countryside, as if time there stood still.” The artist uses black & white film, highlighting the light quality and striking the desired compositional balance, for he is an observer capable of grasping the dignity of things created by man, and of highlighting architectural elements transformed by their state of abandonment. Published in three languages, French, English and Italian, the volume (72 pp., 30 illustrations in tricolour) will be on sale from the bookshop in Palazzo Santa Margherita at the price of €30.

TALK | SHOW A cura di LaRete Art Projects Il programma espositivo della Galleria civica di Modena per la stagione 20132014 mette a fuoco realtà artistiche trasversali legate tra loro da una particolare prospettiva d’analisi sullo spazio inteso sia come luogo sia come comunità.

TALK | SHOW Curated by LaRete Art Projects The exhibition programme of the Galleria Civica di Modena for the 2013-2014 season focuses on transversal artistic scenes, all linked by an original analytical perspective on space, meant both as a place and a community.

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Per accompagnare questa riflessione, a partire da gennaio del prossimo anno, il collettivo di curatori di LaRete Art Projects propone al pubblico della Galleria occasioni di lettura e confronto, dando forma a un ciclo di incontri arricchito da proiezioni e presentazioni di casi di studio. Le opere esposte e gli esempi forniti in ciascuno degli appuntamenti di TALK | SHOW indicheranno una traccia per sviluppare una diversa consapevolezza rispetto a tematiche (come partecipazione, resistenza, resilienza, spazio pubblico o comunitĂ ), che animano il dibattito estetico internazionale.

Accompanying this reflection, from January next year, the curators’ collective ‘LaRete Art Projects’ will provide frequenters of the Gallery with opportunities for comparison and interpretation, giving shape to a cycle of meetings enriched by screenings and the presentation of case studies. The works on display and the examples provided in each of the TALK | SHOW appointments will mark out a path along which to develop an alternative awareness of themes such as participation, resistance, resilience, public spaces or communities, thus breathing new life into the international aesthetic debate.

p. 54 Cesare Leonardi, Strutture, 1956, Archivio Leonardi p. 60 Luigi Moretti, Casa della cooperativa Astrea, via Jenner, Roma foto Gabriele Basilico, 2010 p. 63 Giancarlo Pradelli, Home, 2012

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DÉJÀ-VU OTTOBRE / OCTOBER 2013



DEDICATED TO JOHN LENNON #SHOOTYOURLOVE Il 5 ottobre in occasione della IX Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI Marco Pierini ha condotto Dedicated to John Lennon, una visita guidata alla mostra All you need is love. John Lennon artista, attore, performer, visitata da oltre 10.000 persone, seguita da una conferenza sul talento multiforme della celebre rockstar arricchita dalla proiezione di immagini e filmati ancora poco conosciuti. L’evento è stato accolto con successo dal pubblico, che si è prestato all’iniziativa parallela Shoot your Love. Coppie di innamorati, famiglie o semplici amici si sono fatti fotografare vicino alla locandina in mostra Love is all you need, rendendo “pubblico” il proprio amore attraverso i social network. Abbiamo raccolto gli scatti in un album dedicato sulla pagina Facebook della Galleria civica, contaddistinti dall’hashtag #shootyourlove.

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On 5th October, on the occasion of the Ninth Contemporary Arts Day promoted by AMACI, Marco Pierini led “Dedicated to John Lennon”, a guided tour of the exhibition “All you need is love. John Lennon artista, attore, performer”, visited by over 10.000 people, followed by a conference on the multi-faceted talent of the renowned rock star, also including the screening of little-known images and film footage. The event was very much appreciated by the audience, who also took part in the parallel initiative “Shoot your Love”. Couples of lovers, families or just friends had their photographs taken beside the poster featuring the words “Love is all you need”, making their love ‘public’ through the social network walls. We brought the shots together in a specially compiled album on the Galleria Civica Facebook page, marked with the hashtag #shootyourlove.

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10 VOLTE BAU / 10X BAU Domenica 20 ottobre negli spazi di Palazzo Santa Margherita Vittore Baroni e Luca Brocchini hanno presentano il numero Dieci della rivista “BAU Contenitore di Cultura Contemporanea”, una tra le più originali pubblicazioni d’artista italiane, assemblata annualmente sotto forma di cofanetto in tiratura limitata e contenente opere originali numerate e firmate di autori storici e giovani emergenti. Sono intervenuti nel corso della serata Philip Corner e Phoebe Neville con un’azione acustica, LeRane con la performance RGB - dal Bianco nascono tutti i colori (nella foto a fianco), il Gruppo Open (Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani) con l’azione Amore senza confini e Fulgor Silvi con la performance Elogio dell’Assenza. L’ultimo numero della rivista, inoltre, è entrato a far parte della collezione della Galleria civica a seguito della donazione da parte dei redattori.

On Sunday 20th October, in the spaces of Palazzo Santa Margherita, Vittore Baroni and Luca Brocchini presented issue No. 10 of the magazine “BAU Contenitore di Cultura Contemporanea”, one of the most original art publications in Italy, put together annually in the form of a limited edition box set, containing original works, numbered and signed by both established names and up-and-coming young artists. During the evening, the stage was occupied by Philip Corner and Phoebe Neville with an acoustic action, LeRane with a performance entitled RGB – dal Bianco nascono tutti i colori (next page), the Gruppo Open (Adolfina De Stefani and Antonello Mantovani) with the action Amore senza confine, and Fulgor Silvi with a performance that goes by the name of Elogio dell’Assenza. Furthermore, the very last numbered issue of the magazine was donated to the Collection of the Galleria Civica by the editors.

BAU associazione culturale www.bauprogetto.net info@bauprogetto.net

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GASP! LE STRIP DI CIVICO 103 A CURA DI / CURATED BY STEFANO ASCARI E / AND COMICOM.IT

La cosa che sente piÚ stupidaggini al mondo è molto probabilmente un quadro in un museo (Edmond de Goncourt)

The thing that has to listen to the most nonsense in the world in very probably a picture in a museum (Edmond de Goncourt)

IN QUESTO NUMERO

IN THIS ISSUE

Matteo Cuccato lavora come illustratore e character designer per il primo parco a tema cinematografico d’Italia e per alcuni dei più importanti parchi acquatici nazionali. Collabora con numerose altre realtà del settore entertainment italiano e internazionale e con progetti indipendenti come “Monipodio!” e “Passenger Press”. È membro fondatore del collettivo Dr.Ink e collabora con “Il Mangiadischi”, format gastromusicale curato da Aromi Creativi per “Rolling Stone Magazine”. Nell’ultimo anno ha lavorato con l’agenzia londinese MYSTERY BOX e Foot Locker Europe.

Matteo Cuccato works as an illustrator and character designer for the first cinematographic theme park in Italy, and for some of the most important aqua parks in the country. He collaborates with a great number of other companies in the Italian and international entertainment sector, as well as contributing to independent projects such as “Monipodio!” and Passenger Press. He is a founding member of the collective Dr.Ink, and also collaborates with “Il Mangiadischi”, a gastromusical format edited by Aromi Creativi for “Rolling Stone Magazine. Over the last year he has worked with the London-based agency ‘Mystery Box’ as well as with Foot Locker Europe.

www.matteocuccato.com

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numero / number 10 anno / Year III novembre / November 2013 free magazine della Galleria civica di Modena registrazione del Tribunale di Modena n. 2017 del 24.11.2010 direttore responsabile / editor in chief Marco Pierini progetto grafico / graphic design Greco Fieni traduzioni / translations Bennett Bazalgette-Staples ufficio stampa esterno / off-site press office CLP Relazioni Pubbliche, Milano hanno collaborato a questo numero / in collaboration with Archivio Leonardi, Ermanno Cavazzoni, Matteo Cuccato, Silvia Ferrari, Cristiana Minelli, Francesca Mora, Piero Orlandi, Marco Pierini, Gabriella Roganti, Tullio Zini crediti fotografici / photo credits Francesca Mora (pp. 66-67, 69, 71), Paolo Terzi (pp. 46, 49,50-51) Strip a cura di pre-press e stampa / printed by Amilcare Pizzi, Milano si ringraziano / thanks to Giovanna Calvenzi; Saverio Cantoni; Andrea Cavani, Archivio Cesare Leonardi; Studio Basilico; Meris Bellei, Biblioteca civica d'arte Luigi Poletti; Ermanno Cavazzoni; Fondazione Fotografia, Modena; Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna; Francesca Fabiani e Beatrice Fabbretti, MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo (Roma); Mirco Marmiroli; Catia Mazzeri, Ufficio Ricerche e Documentazione sulla Storia Urbana del Comune di Modena; IBC, Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna; Michele Zini, Tullio Zini, Giart TV.

© 2013 Galleria civica di Modena e Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (MI) © gli autori per i testi © gli artisti e i fotografi per le immagini L’editore è a disposizione degli eventuali detentori di diritti che non sia stato possibile rintracciare in copertina e retro copertina / cover and back cover Dancing in Emilia, 1978, Gabriele Basilico © Gabriele Basilico / Studio Gabriele Basilico

Galleria civica di Modena direttore / director Marco Pierini coordinamento generale / executive manager Gabriella Roganti curatrici / curators Silvia Ferrari Serena Goldoni responsabile allestimenti / exhibition design manager Fausto Ferri amministrazione / administration Isabel Sandri ufficio stampa / press office Cristiana Minelli segreteria generale / general secretary Daniela Rinaldi segreteria / secretary Paola Carrubba allestimenti / exhibition design Giuseppe De Bartolo Daniele Diracca Matteo Orlandi archivio fotografico e documentazione / photo archive and records Francesca Mora stage / interns Cristina Bigliatti, Maria Vittoria Silvestri Galleria civica di Modena corso Canalgrande 103 41121 Modena ITALIA tel. +39 059 2032911 fax +39 059 2032932 www.galleriacivicadimodena.it galcivmo@comune.modena.it museo associato AMACI www.amaci.org


civico 103 è una rivista pubblicata dalla Galleria civica di Modena e da SilvanaEditoriale

in collaborazione con

Intersezione


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