MAURO PANZERA
GIANNI COLOMBO retrospettiva 1959-1990 a cura di
MAURO PANZERA 1 ottobre 2010 - 21 gennaio 2011
EDIZIONI IL PONTE
GIANNI COLOMBO
GALLERIA IL PONTE FIRENZE
GALLERIA – EDITORIA – STAMPERIA D’ARTE
50121 Firenze – via di Mezzo 42/b – tel +39055240617 - fax 0555609892 website: www.galleriailponte.com – e-mail: info@galleriailponte.com orario 15.30 – 19.00 chiuso sabato e festivi – catalogo in galleria
MAURO PANZERA
GIANNI COLOMBO retrospettiva 1959-1990 a cura di
MAURO PANZERA 1 ottobre 2010 - 21 gennaio 2011
EDIZIONI IL PONTE
GIANNI COLOMBO
GALLERIA IL PONTE FIRENZE
GALLERIA – EDITORIA – STAMPERIA D’ARTE
50121 Firenze – via di Mezzo 42/b – tel +39055240617 - fax 0555609892 website: www.galleriailponte.com – e-mail: info@galleriailponte.com orario 15.30 – 19.00 chiuso sabato e festivi – catalogo in galleria
42 LE MOSTRE
GIANNI COLOMBO
retrospettiva 1959-1990 a cura di
MAURO PANZERA
GIANNI COLOMBO retrospettiva 1959-1990
1 ottobre 2010 - 21 gennaio 2011
GALLERIA IL PONTE FIRENZE redazione editoriale
Federica Del Re ufficio stampa
Susanna Fabiani
testo di
MAURO PANZERA Si ringrazia per il prestito delle opere e per la preziosa collaborazione l’Archivio Gianni Colombo, Milano, la Fondazione Marconi, Milano, Mattia Munari e Carlo Federico Von Gugghenberg
in copertina: Gianni Colombo, Spazio elastico, 1974/76 acrilici su tavola ed elastici, 40×40 cm pagina 6: Gianni Colombo, fine anni sessanta foto di Oliviero Toscani courtesy Archivio Gianni Colombo, Milano
referenze fotografiche
Torquato Perissi, Oliviero Toscani traduzione in inglese
Karen Whittle
impaginazione computerizzata
Punto Pagina, Livorno stampa
Tipografia Bandecchi & Vivaldi, Pontedera
© 2010 EDIZIONI IL PONTE FIRENZE
50121 Firenze - Via di Mezzo, 42/b tel +39055240617 - fax 0555609892 website: www.galleriailponte.com e-mail: info@galleriailponte.com
EDIZIONI IL PONTE FIRENZE
Poiché il biennio 1959/60 in arte segna una svolta talmente radicale rispetto alla produzione artistica immediatamente precedente da vagheggiare una rivoluzione – che si protrae ai nostri giorni, e non so con quanta freschezza ancora: gli artisti che quel biennio hanno segnato con la loro fantasia creatrice sono per noi padri ed insomma eroi. In questo olimpo – minuscolo per anti-retorica – siede sicuramente Gianni Colombo. La sicurezza mi viene come attributo e giudizio spontaneo in quanto Colombo nel giro di meno di un decennio transita da una critica della superficie contemplativa alla costruzione di uno spazio agìto. Va da sé che inizialmente l’opera investe la nozione di spazio e solo nella costruzione della relazione opera/fruitore Colombo scopre anche la disponibilità estetica della dimensione temporale; ma direi che, essendo così prossima alla indagine intorno alla percezione, tale aspetto della ricerca non verrà mai condotto radicalmente avanti. Resterà componente ineliminabile ma non focus poetico. Lo scorrere del tempo sarà sempre esperienza che riallaccia una relazione tra sogno artistico ed esperienza comune quotidiana; laddove la spazialità, la sua manipolazione proprio rispetto all’esperienza comune quotidiana, condurrà propriamente all’esperienza coscientemente estetica. Essendo Milano il teatro d’azione, è necessario indicare nell’avventura artistica di Lucio Fontana il motore che ha costruito il clima atto all’accoglimento di queste nuove esperienze linguistiche, tutte segnate dal loro essere anti-Informel. Va indicato inoltre quale seminatore di una attenzione scientifica, che al tempo era stata smarrita da parte degli artisti, Gillo Dorfles, se è grazie alle sue insistenze ed alla sua autorità intellettuale che l’editore Feltrinelli si accingeva a tradurre e stampare il testo fondamentale per questa vicenda, Arte e percezione visiva di Rudolf Arnheim, nel febbraio 1962 – solo due anni prima era stato tradotto il testo classico Film come arte che risaliva al 1932!!! In Italia tutto ciò si coagulò sotto l’etichetta di Arte programmata, che dominò il dibattito del Convegno di Verucchio del 1963. Non so dire se Gianni Colombo conoscesse quei testi o ne avesse informazioni di seconda mano; sta di fatto che l’artista viveva già in un clima post-informale in quanto l’universo della visione era già in stretta relazione con il mondo della progettazione architettonica e del design, per via essenzialmente di suo fratello Giò Colombo, di lui maggiore di sette anni. L’universo artistico che aveva di fronte Colombo quindi non era in relazione al sistema classico delle arti, pur essendo stato allievo di Achille Funi! Tra pittura e scultura si stava costituendo uno spazio espressivo che avrebbe finito per
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marcare il contemporaneo: Colombo inizia assumendo il feltro al posto della tela, un rettangolo in verticale che simulava lo spazio pittorico ma con la proibizione di potervi rappresentare alcunché. Infatti esibisce solo la propria natura materiale, la propria costituzione fisica: una dichiarazione minimale, una soglia oltre la quale l’artista si impegna nella costruzione di un nuovo universo espressivo, con forti implicazioni etiche. Già i Rilievi intermutabili, del 1959, recuperando la memoria dei bassorilievi di Arp, introducono la frattura radicale: bisogna agire sull’opera in quanto organismo in mutazione. Mentre si nega la contemplazione, si afferma al contempo che l’opera è un dispositivo per… una relazione ad altro da sé, cioè chi la sta guardando, esaminando, chi si accorge della sua esistenza fattuale ma ne opera anche una individuazione analitica e funzionale. Colombo insisterà intorno a questa tipologia d’esperienza, restando per così dire legato formalmente alla tipologia “quadro”, ma già lo spazio che costituisce è un volume che include il corpo dello spettatore – una variante della piramide focale inversa di Mondrian. E infatti una serie di opere più legate all’esperienza percettiva si presentano come oggetti nello spazio, per esempio le Strutturazioni acentriche oppure come pannelli angolari simili a dispositivi tecnici. È vero che si tratta della parte più caduca e meno vitale della riflessione di Colombo, ma gli deve essere servita per convincersi al grande salto della costituzione di spazi artificiali entro cui far agire lo spettatore. Un’esperienza singolare ed autonoma è costituita da una serie di opere che funzionano col medesimo principio autogenerante; si tratta delle Strutturazioni fluide, un nastro costretto a svolgersi entro una scatola di plexiglass che lo induce a disegnare figure le più varie ed apparentemente libere, senza la presenza del fruitore attivo. Non è escluso che il ciclo tardo, degli anni Novanta, relativo agli Spazi curvi trovi qui una radice immaginativa. La prima formulazione compiuta della nuova concezione spaziale per Colombo sarà il celeberrimo Spazio elastico, inaugurale dell’arte ambientale. Seguiranno altre esperienze, legate al comune senso ed esperienza del movimento umano, formulazioni sempre più autonome dalle classiche categorie pittorico-scultoree, sempre più però aderenti al senso dell’esperire spazio-temporale dell’uomo, insomma un neoumanesimo che un paio di decenni fa, in un testo dedicato all’opera di Gianni Colombo allora vivo e come sempre generoso ed attento, tradussi nella locuzione: l’uomoazione. Sono ora sempre più consapevole che una radice autentica dell’artisticità di Colombo raggiunge la variegata esperienza futurista, l’unica autentica avanguardia dell’arte in Italia. E se la temporalità sta per la vita ed è allora acquisizione confermata; linguisticamente è lo spazio che deve essere abitato da una nuova serie di oggetti la cui natura metafisica sarà il compito della critica e dell’estetica indagare.
Mauro Panzera
Settembre 2010
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Since the two years between 1959 and 1960 marked such a radical turnaround from the art produced immediately beforehand as to aspire to a revolution – which is still going on today, though with what degree of freshness I do not know –, we see the artists whose creative imagination distinguished those two years as fathers, and, in short, heroes. Without doubt, this elite – an unrhetorically tiny elite – includes Gianni Colombo. I spontaneously bestow this attribute and judgement with such certainty owing to Colombo’s passage in less than ten years from a critique of the contemplative surface to his construction of an acted space. It goes without saying that at first his work deals with the notion of space and it is only upon building the relationship between the work and its beneficiary that Colombo also discovers the aesthetic edge of the temporal dimension; but I would say that, being so close to the exploration of perception, this aspect of his research would never be radically taken forward. It would remain a persistent component, but not a poetic focus. The passing of time will always be an experience that recreates a relationship between the artistic dream and common everyday experience; and this is where spatiality, and its manipulation with respect to that very everyday experience, indeed leads to a consciously aesthetic experience. Since Milan was where the action was taking place, we need to point to Lucio Fontana’s artistic adventure as the engine that fired the right conditions for welcoming these new linguistic experiences, all united by their rejection of the informel style. In addition, we need to point out Gillo Dorfles as prompting scientific attention, something which at the time had been lost in artistic circles. It is thanks to his insistence and intellectual authority that the publishers Feltrinelli undertook to translate and print the text that was fundamental for this chain of events, Art and Visual Perception by Rudolf Arnheim, in February 1962 – when the classic text Film as Art dating from 1932 had only been translated two years before!!! In Italy all this came together under the label of arte programmata, which dominated the debate at the Verucchio Conference in 1963. I cannot say if Gianni Colombo knew these texts or had second-hand information; the fact is that the artist was already living in a post-informel climate as the relationship between the universe of vision and the world of architectural planning and design was already close, fundamentally thanks to his brother Giò Colombo, seven years his senior. Therefore, the artistic universe facing Colombo did not relate to the classic system of the arts, despite having been a pupil of Achille Funi!
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A space of expression was coming into being between painting and sculpture which was to end up making its mark on the contemporary scene: Colombo started by using felt in place of canvas, an upright rectangle which simulated the pictorial space but was prohibited from representing anything. Indeed, only the nature of the material was exhibited, its physical make-up: a minimal declaration, a threshold beyond which the artist was committed to building a new universe of expression, with great ethical implications. Already with his Rilievi intermutabili, from 1959, he had revived the memory of Arp’s bas reliefs and made the radical break: a piece needs to be worked on as if it were a changing organism. While denying contemplation, at the same time it is confirmed that the work is a device for… a relationship with something other than itself, that is, the person who is looking at it, examining it, the person who notices its factual existence but also identifies it in analytical and functional terms. Colombo would carry on along this line of experience, and remain, so to speak, formally linked to the ‘picture’ genre, but already the space that it constitutes is a volume that includes the spectator’s body – a variation on Mondrian’s inverted focal pyramid. And so we get a series of works more linked to the perceptive experience, appearing like objects in space, for example the Strutturazioni acentriche, or like angular panels similar to technical devices. It is true that this is the most fleeting and least vital part of Colombo’s reflection, but it must have been of use in his convincing himself to make the great leap to form artificial space inside which the spectator can be made to act. A singular and independent experience was embarked upon with a series of pieces which work with the same self-generating principle: the Strutturazioni fluide in which a ribbon is forced to unravel inside a Plexiglas box causing it to draw the most varied and apparently free figures without the presence of an active user. We cannot rule out that the late cycle of Spazi curvi from the 1990s began to be imagined at this point. The first time that Colombo would fully formulate the new conception of space was with his world-famous Spazio elastico, which would open the way to environmental art. Other experiences were to follow, linked to the common sense and experience of human movement. These formulations were increasingly autonomous from the classic categories of painting and sculpture, while at the same time increasingly linked to the sense of man’s experiences of space and time. In short, he created a neo-Humanism which a couple of decades ago, in a text dedicated to the work of Gianni Colombo, alive at the time and as generous and attentive as ever, I expressed using the term: actionman (uomoazione). Now I am increasingly conscious that a genuine root of Colombo’s way of doing art can be found in the varied experiences of Futurism, the only truly avant-garde movement in Italian art. And while temporality means life and is thus a confirmed acquisition, linguistically it is space that has to be inhabited by a new series of objects with a metaphysical nature that it will be the task of the critics and aesthetics to investigate. Mauro Panzera
September 2010
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½ Gianni Colombo Spazio elastico, 1967
elastici fluorescenti, motori elettrici, lampada di Wood, 400×400×400 cm Neue Gallerie am Landesmuseum Johanneum, Graz, 1967 courtesy Archivio Gianni Colombo, Milano
Due Grigio due, 1959
feltro su masonite, 97,5×85,5×3,5 cm courtesy Fondazione Marconi, Milano
Rilievo intermutabile, 1959
foglio di gomma teso su tavola, 91×91×3,5 cm courtesy Fondazione Marconi, Milano
Superficie in variazione, 1959
tessuto e meccanismo meccanico, 100×100×10 cm courtesy Fondazione Marconi, Milano
Strutturazione pulsante, 1959-60
legno e polistirolo con meccanismo elettromeccanico, 37×35×14 cm
Strutturazione pulsante, 1959-71
legno e polistirolo con meccanismo elettromeccanico, 120×120×22 cm courtesy Fondazione Marconi, Milano
Rotomatik, 1960
legno sagomato e assemblato, 24×15 cm courtesy Fondazione Marconi, Milano
In-Out, 1957-63
alluminio e animazione meccanica, 45×45×8 cm courtesy CollezioneVon Guggenberg, Milano
Strutturazione pulsante, 1959
legno e polistirolo con meccanismo elettromeccanico 76,4×67×14,7 cm
Strutturazione ritmica, 1964-70
lamiera, plexiglass e lampade 114×98×21 cm
Cromostruttura, 1961-68
plexiglas lampada con animazione elettromeccanica, 25×15×15 cm
Strutturazione acentrica, 1962-72
Cromostruttura, 1961-70
plexiglas e lampada con animazione elettromeccanica, 30×30×30 cm
ferro dipinto, plastica e meccanismo elettromeccanico, 20×21×11 cm courtesy Fondazione Marconi, Milano
Afterstructures, 1964-67
legno e lampade con meccanismo elettromeccanico, 60×120×10 cm courtesy Fondazione Marconi, Milano
Strutturazione fluida da muro, 1960-69
acciaio inox con alimentazione elettromeccanica, 60×60×7,5 cm
Spazio elastico, 4 cubi, 1968-70
acciaio e animazione elettromeccanica, 55×45×10 cm
Spazio elastico, 1974-76
acrilici su legno ed elastici, 30Ă—30 cm
Spazio elastico, 1974-76
acrilici su legno ed elastici, 40Ă—40 cm
Spazio elastico - 2 rettangoli (intermutabile),1975 acrilici su legno ed elastici, 125Ă—125 cm
Spazio Curvo, 1990
alluminio, animazione elettromeccanica, 2 elementi, 2Ă—Ă˜195 cm Galleria Il Ponte, Firenze 2010 courtesy Archivio Gianni Colombo, Milano - fotografia Torquato Perissi, Firenze
GIANNI COLOMBO
Modello per ambiente (Spazio Curvo), 1990
legno, cartone, pittura acrilica 7×22×9,5 cm courtesy Archivio Gianni Colombo, Milano
Topoestesia, progetto, 1977
legno dipinto, 18,5×36×13,5 cm courtesy Fondazione Marconi, Milano
Modello per Architettura Cacogoniometrica (Furkapass), 1982 legno, pittura, 6×20×20 cm courtesy Archivio Gianni Colombo, Milano
Nasce a Milano nel 1937. Frequenta i corsi di pittura tenuti da Achille Funi all’Accademia di Belle Arti di Brera. Degli anni Cinquanta gli esordi, a cominciare dai lavori in ceramica per il Concorso Nazionale di Faenza e la Mostra Nazionale di Gubbio (presentati dal 1955 al 1961). Sensibile al lavoro dei nuclearisti, alla ricerca di Lucio Fontana e degli spazialisti, nel 1959 fonda il Gruppo T – con Giovanni Anceschi, Gabriele De Vecchi e successivamente Grazia Varisco – che progetta un’arte cinetica, programmata, ottica, dove il nuovo protagonista dell’opera è lo spettatore. Nel 1959 espone lavori polimaterici e rilievi monocromi in feltro alla Galleria Azimut di Milano – al centro di un fervore artistico di livello europeo. Le sue prime opere cinetiche animate elettromeccanicamente: Superfici in variazione, Rilievi intermutabili, Strutturazioni pulsanti, sono esposte nella personale Miriorama 4 del ’60 alla Galleria Pater. L’idea dell’opera “aperta” con la quale lo spettatore entra direttamente in contatto diventa il suo tema costante. Ambienti praticabili e opere che vanno ad interferire sullo stato psico-fisico del fruitore sono i protagonisti di importanti esposizioni pubbliche, tra cui Strutturazione cinevisuale abitabile al Musée des Arts Décoratifs del Louvre, Parigi (1964) e Strutturazione cinevisuale ambientale per Nova tendencija a Zagabria (1965). Degli stessi anni, After-Structures, Roto-Optic, After-Points sono sperimentazioni attraverso giochi di luce di strutture a movimento rapido e immagini create da flash ritmici. Tra gli innovativi ambienti Spazio elastico del 1967, presentato in occasione di Trigon 67 a Graz, dove una rete volumetrica mobile i cui fili elastici, azionati da motori e fosforescenti per le lampade di Wood, determina una percezione dello spazio per ognuno diversa. Biennali (San Paolo, Brasile; Venezia, XXXIV, 1968 – col premio per la pittura) e mostre internazionali (Documenta 4, Kassel) lo vedono protagonista durante gli anni Sessanta, cui si legano un continuo susseguirsi di personali e collettive in Italia all’estero. Nei nuovi ambienti praticabili si dialoga tra lo spazio, l’equilibrio e il movimento: Campo praticabile, viene presentato con Vincenzo Agnetti allo Studio Marconi di Milano nel 1970. Dalle metà degli anni Settanta, la ricerca di Colombo si incentra sempre più sull’analisi del linguaggio architettonico con la creazione di ambienti dove il transitante è sempre più parte essenziale: archi, colonne, piani inclinati vengono modificati e manipolati (Topoestesie; Bariestesie, mostrate in primis da Marconi nel ’75). Artista e progettista, Colombo assume la cattedra di Strutturazione dello spazio alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano con direzione della stessa dal 1985. Dagli anni Ottanta lavora alle Architetture cacogoniometriche ponendo attenzione alle note strutturali dello spazio espositivo e agli elementi architettonici primari. Del 1984 Architettura cacogoniometrica-Colonne al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano e alla Biennale di Venezia. Alla fine del decennio e in quello successivo sviluppa ambienti impostati sul concetto di “spazio curvo”: Spazio diagoniometrico (1992, Galerie Hoffmann, Friedberg). L’artista scompare prematuramente l’anno seguente, ma l’attenzione per la sua opera si è sempre più ampliata, attraverso mostre in spazi pubblici e privati all’estero e in Italia: Studio Dabbeni, Lugano e A Arte Studio Invernizzi, Milano (1993); Studio Marconi, Milano (1994); Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo (1995); Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum, Graz (2007); Haus Konstruktiv, Zurigo e Castello di Rivoli, Torino (2009); Galleria Il Ponte, Firenze (2010).
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GIANNI COLOMBO
Was born in Milan in 1937. He attended the painting courses given by Achille Funi at the Academy of Fine Arts in Brera. His début dates from the 1950s, starting with his works of pottery for the Faenza National Competition and the Gubbio National Exhibition (presented from 1955 to 1961). Receptive to the work of the arte nucleare movement, to the research of Lucio Fontana and the Spatialist movement, in 1959 he founded Gruppo T – with Giovanni Anceschi, Gabriele De Vecchi and later Grazia Varisco – which designed a kinetic, programmed, optical art form, where the spectator becomes the work’s new protagonist. In 1959 he exhibited multi-material works and monochrome felt reliefs at Galleria Azimut in Milan – at the core of a Europe-wide spate of artistic fervour. His first electromechanically operated kinetic works: Superfici in variazione, Rilievi intermutabili and Strutturazioni pulsanti, were exhibited in 1960 in his solo show Miriorama 4 at Galleria Pater. The idea of ‘open’ works that the spectator comes into direct contact with was to become his constant theme. Practicable environments and works which interfere with the user’s psycho-physical state were the protagonists of important public displays, amongst which Strutturazione cinevisuale abitabile at the Musée des Arts Décoratifs del Louvre, Paris (1964) and Strutturazione cinevisuale ambientale for Nova tendencija in Zagreb (1965). From the same period, After-Structures, Roto-Optic and After-Points experiment with games of light from rapidly moving structures and images created by rhythmic flashes. Among his innovative environments is Spazio elastico from 1967, presented on occasion of Trigon 67 in Graz, with a moving volumetric net and elastic cords operated by motors and made phosphorescent by Wood’s lamps, which gives each spectator a different perception of the space. During the 1960s he was a leading light with appearances at biennials (São Paulo, Brazil; Venice, XXXIV, 1968 – where he won the painting prize) and international exhibitions (Documenta 4, Kassel), which joined together to form a constant string of solo and group exhibitions in Italy and abroad. In his new practicable environments, he created a dialogue between space, balance and movement: Campo praticabile was presented with Vincenzo Agnetti at Studio Marconi in Milan in 1970. Starting in the mid-1970s, Colombo’s research was to concentrate increasingly on analysis of architectural language as he created environments in which the transitional would play a more and more essential part, modifying and manipulating arches, pillars and sloping surfaces (Topoestesie; Bariestesie, first displayed by Marconi in ’75). Artist and designer, Colombo took the Structuring Space chair at the New Academy of Fine Art in Milan, a role which he covered until 1985. Starting in the 1980s he worked on his Architetture cacogoniometriche in which he placed attention on the structural notes of the exhibition space and the primary architectural elements. Dating from 1984 is the Architettura cacogoniometrica-Colonne at the Padiglione d’Arte Contemporanea in Milan and the Venice Biennial. At the end of the decade and during the next he developed settings focussing on the concept of ‘curved space’: Spazio diagoniometrico (1992, Galerie Hoffmann, Friedberg). The artist passed away prematurely the following year, but attention to his work has continued to grow through exhibitions in public and private spaces in Italy and abroad: Studio Dabbeni, Lugano and A Arte Studio Invernizzi, Milan (1993); Studio Marconi, Milan (1994); Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo (1995); Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum, Graz (2007); Haus Konstruktiv, Zurich and Castello di Rivoli, Turin (2009); Galleria Il Ponte, Florence (2010).
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Questo volume a cura di Andrea Alibrandi è stato stampato dalla Tipografia Bandecchi & Vivaldi di Pontedera per i tipi delle Edizioni Il Ponte Firenze Finito di stampare a Firenze nel settembre 2010