LUCIANO IACUMIN E FLAVIO COSSAR
TRACCE DI FEDE BASILICHE E CHIESE AD AQUILEIA DAL IV AL XIX SECOLO
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LE CHIESE DI AQUILEIA A CURA DI
LUCIANO IACUMIN E FLAVIO COSSAR
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apprima compare la possente torre campanaria e subito dopo, nella sua monumentalità, l’adiacente basilica: questo è quanto si scorge arrivando ad Aquileia, una cittadina che dall’epoca protostorica non ha mai smesso di vivere trasformandosi, strato su strato, generazione dopo generazione, in una città-museo dove l’antico e il moderno convivono con equilibrio. Famosa è per la sua storia: prima Romana - era la città principe della X Regio Augusta -, poi Medioevale con il suo Patriarcato era la più vasta sede vescovile cristiana d’Europa, seconda solo a Roma: (...sanctae Aqulegensis eclesiae fore caput et metropolim super omnes Italiae eclesias... volumus sanctam Aquleiensem eclesiam... secundam esse post hanc almam Romanam sedem...) (Giovanni XIX - decreto pontificio anno 1027) La buona novella qui arrivò presto (II sec.d.C.), proveniente da Alessandria d’Egitto, al punto da far dire ai cristiani del IV secolo che: “nam etsi Alexandrinae Ecclesiae semper dispositionem ordinemque tenuerimus et iuxta morem consuetudinemque maiorum, eius comunionem indissolubili societate ad haec usque tempore servemus” (“infatti, quantunque noi abbiamo sempre mantenuto la disposizione e l’ordinamento della Chiesa di Alessandria, e secondo il costume e la consuetudine dei nostri maggiori, serbiamo con essa un’ indissolubile comunione fino a questi nostri tempi”, Rufino anno 381)1. La chiesa di Aquileia era così autorevole da aver elaborato un proprio “credo”, diverso da quello romano, in cui il Cristo impassibile, scendeva negli inferi scardinandone la porta d’ingresso per salvare tutti i credenti defunti prima dell’avvento del Battista. Un cristianesimo, quello aquileiese, sorto – come molti elementi paiono dimostrare -, anche dalle ceneri di quello gnostico la cui simbologia è in parte ancora oggi riscontrabile nei mosaici dell’aula nord nei pressi delle fondamenta del campanile2. La leggenda tardoantica parla dell’apostolo San Marco che sbarca ad Aquileia, costituisce la prima chiesa organizzata cristiana e, dopo averlo convertito, conduce il cittadino Ermacora a Roma affinché San Pietro lo nomini primo vescovo della città. Ermacora sarà poi martirizzato con il suo diacono Fortunato. Da queste vicende sono tratte le scene pittoriche che i visitatori possono ancora oggi ammirare nella cripta della basilica e che derivano da una tradizione storica che si è dif-
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fusa in tutta la diocesi aquileiese, da Como a Lubiana. Aquileia è stata una sede patriarcale e feudale alla quale la Serenissima pose fine con l’invasione della Patria del Friuli nel 1420. Nel 1751 Papa Benedetto XIV per sospendere le dispute tra la Serenissima - cui spettava dal 1420 la nomina del patriarca di Aquileia -, e l’Austria di cui il patriarcato di Aquileia faceva parte (condizione che si mantenne sino alla prima guerra mondiale), decise di abolirlo e di creare al suo posto due diocesi: quella di Udine per il territorio assoggettato a Venezia e quella di Gorizia per quello imperiale (Bolla pontificia “Iniuncta Nobis”). Non c’è da meravigliarsi quindi se, nel corso dei secoli, ad Aquileia furono innalzate numerose chiese, alcune erette già nei primi secoli del cristianesimo, altre costruite successivamente o semplicemente ristrutturate e ridedicate. Si tratta di una realtà complessa, talvolta sconosciuta persino agli studiosi a causa del lento abbandono, nel tempo, di questo patrimonio architettonico-religioso. Non è secondaria, alla dismissione di molti edifici, l’emanazione da parte di Giuseppe II d’Austria, il 30 ottobre 1782, di un Decreto aulico finalizzato a riformare tutti gli enti ecclesiastici del proprio impero. Fu in questo frangente che la Comunità di Aquileia decise che la basilica patriarcale dovesse diventare la propria parrocchiale e di smantellare la chiesa di San Giovanni per vendere i materiali di risulta e investire i relativi introiti nella manutenzione della basilica stessa. Nel 1986, infine, il vescovo di Gorizia eliminò la basilica dalla comunità di Aquileia per incorporarla tra i beni dell’Arcidiocesi di Gorizia. Qui proponiamo la storia, sia pur succinta, di tutte le chiese aquileiesi a testimonianza della grandezza e dell’importanza rivestita nel tempo da questa straordinaria e insuperata località.
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NOTE METODOLOGICHE Nell’allestire, molti anni orsono, una mostra sulle antiche mappe di Aquileia, abbiamo riscontrato che quasi tutte le chiese indicate nella pianta della città del 1693, conservata all’arcivescovado di Udine, non erano specificate in quelle datate alla fine del Settecento. Abbiamo così iniziato a chiederci il perché di questa incongruenza e contemporaneamente ad analizzare tutta la documentazione riguardante i diversi edifici di culto aquileiesi. Uno dei primi atti individuati è stato il Regio Decreto aulico emesso dall’imperatore d’Austria Giuseppe II, il 30 ottobre 1782, con il quale il sovrano aveva promulgato una riforma degli enti e degli istituti ecclesiastici dell’impero che aveva provocato l’eliminazione di molte chiese e istituzioni religiose e la relativa confisca dei beni alienati. Non era questo, comunque, il primo provvedimento del genere. Il 7 settembre del 1768, in una seduta del senato, la Repubblica veneta aveva emanato una direttiva simile; il decreto veneziano destò l’interesse di Giuseppe II che l’anno successivo (1769), nel corso di una visita alla città lagunare, si informò sulle misure adottate per metterlo in pratica.1 L’applicazione di questo decreto ebbe ad Aquileia conseguenze drammatiche: numerose chiese furono sconsacrate, l’istituto ospedaliero di S. Ilario e Taziano chiuso, il convento benedettino femminile e la confraternita del SS. Rosario soppressi. E con essi andò smarrita una moltitudine di documenti storici. La nostra ricerca sulle chiese di Aquileia si fonda sulle visite apostoliche che si svolsero nel Cinquecento e nel Seicento 2, nonché sulla documentazione relativa ad Aquileia che Giuseppe Vale, direttore della biblioteca arcivescovile di Udine, con le sue scrupolose ricerche archivistiche era riuscito a rintracciare e a rendere nota. Abbiamo letto e confrontato gli scritti che diversi umanisti come Gian Domenico Bertoli, Angelo Maria Cortenovis, Girolamo Asquini e altri, hanno prodotto su Aquileia, e la vasta documentazione storica aquileiese riportata in collane come Aquileia Nostra, Aquileia Chiama, Antichità Alto Adriatiche. Ci siamo avvalsi, inoltre, di studi specifici e dei risultati di scavi archeologici, anche recenti, ad alcuni dei quali abbiamo assistito personalmente. Intenzionalmente non abbiamo considerato, per dovere di sintesi e per rispettare le finalità divulgative di questo lavoro, la maggior parte delle opere specialistiche relative agli aspetti artistici e architettonici dei diversi edifici religiosi cristiani di Aquileia; per lo stesso motivo abbiamo evitato l’analisi della documentazione storico-archeologica disponibile per le chiese più note (è il caso, soprattutto, della basilica patriarcale). Abbiamo inoltre omesso lo studio di specifici vani, di epoca tardo romana (sec. IV-V), ritenuti da alcuni studiosi oratori paleocristiani o sale di preghiera e, da altri, semplici locali abitativi, sia pur signorili 3 ; così come una sala mosaicata sul cui pavimento è stata ritrovata una mensa di altare curvilinea di stile copto 4 che farebbe pensare a un vero e proprio luogo di culto e una tricora5 (orientata a est) venuta alla luce nell’area portuale romana aquileiese: si tratta forse della chiesa di San Silvestro che sappiamo ubicata proprio in quella zona, lungo la strada che collegava Aquileia al monastero benedettino femminile.
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UBICAZIONE DELLE VARIE CHIESE AD AQUILEIA. IN CORSIVO QUELLE DI EPOCA PALEOCRISTIANA.
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Santa Maria Assunta – Ermagora e Fortunato San Giovanni Battista San Felice e Fortunato Chiesa del “Tullio” San Martino (Beligna) San Antonio Abate Le Vergini San Giovanni Evangelista San Andrea San Siro San Ilario San Lazzaro San Alessandro Santa Maria (Monastero) Santo Stefano San Egidio San Marco San Antonio Abate (Belvedere)
Le chiese 1, 7, 9, 17 e 18 sono ancora esistenti, seppur modificate o ridedicate. I documenti storici ci forniscono l’indicazione di altre antiche chiese, oltre a queste citate, sorte nell’ambito del territorio aquileiese, di cui, però, non conosciamo quasi nulla, tranne la loro titolazione. Esse sono: • San Giusto, ubicata nella contrada medievale omonima che conduceva alla Cattedrale; • San Silvestro, situata in località Monastero; • Santa Margherita, posta probabilmente presso la foce del fiume Anfora, ad occidente di Aquileia;1 • le chiesette di San Giovanni Battista e di San Pietro edificate all’interno dell’area conventuale benedettina femminile di Monastero. • San Paolo, consacrata il 21/2/1327 ed ubicata accanto alla basilica patriarcale, nell’area cimiteriale.2
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Il solenne interno della basilica di Aquileia: in primo piano il pavimento musivo del vescovo Teodoro (inizi IV secolo), le colonne con i capitelli dell’epoca del patriarca Popone (sec. XI), le arcate gotiche ed il soffitto a carena di nave del patriarca Marquardo (sec. XIV).
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BASILICA DI
SANTA MARIA ASSUNTA E DEI SS. ERMACORA E FORTUNATO
L’
attuale basilica di Aquileia è il più grande monumento che la storia della travagliata città ci ha tramandato in tutta la sua potente bellezza: è il prodigioso risultato di un susseguirsi di edifici le cui origini risalgono al II/III sec. d.C. Infatti, è di quest’epoca la prima sala di culto documentata da uno stupendo pavimento musivo policromo-figurato, di carattere gnostico-cristiano, la cui simbologia è ricollegabile con sorprendente fedeltà al trattato gnostico di Pistis Sofia.1 L’ambiente gnostico-cristiano fu modificato nel primo decennio del IV sec., allorchè il vescovo Teodoro (308-319 c.a.) consacrò pubblicamente, un po’ più a sud, una nuova aula di culto che, attraverso vani come il fonte battesimale, l'episcopio e un
grande vestibolo o consignatorium, si collegava alla precedente (nord) anch’essa, più tardi, portata alle dimensioni della nuova. La chiesa teodoriana sud è chiaramente riconoscibile nel vasto pavimento a mosaico policromo dell’attuale basilica. Qui, il contenuto delle rappresentazioni ripropone il clima giudeo-cristiano di matrice alessandrina vetero testamentaria (vi si intuisce la matrice origeniana e i libri che in quel periodo venivano ancora letti dalla comunità cristiana aquileiese quali Il Pastore di Herma e Il Giudizio di Pietro).2 Questo complesso paleocristiano, per l’epoca unico nel suo genere (sarà l’archetipo di molti complessi denominati “basiliche doppie”), avrà in realtà solo alcuni decenni di
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vita poichè nuove esigenze di spazio ne causeranno la soppressione. Gli scavi, infatti, testimoniano la presenza dei resti di due grandi basiliche parallele disposte est-ovest e di un fonte battesimale intermedio a forma di esagono schiacciato, situati esattamente sul precedente complesso teodoriano. Parte delle strutture sono riconducibili alla seconda metà del IV sec. d.C. Ciò è confermato in una notizia sulla vita del grande vescovo di Alessandria Sant’ Atanasio (cacciato dalla città a seguito della crisi ariana e accolto ad Aquileia dal vescovo Fortunaziano), nella quale si attesta che nel 345 d.C. assistette ad Aquileia, con l’imperatore Costanzo II, alla messa pasquale in una chiesa in costruzione. I resti individuati consistono nelle murature perimetrali e nei plinti dei colonnati delle rispettive nuove basiliche, nonché di grandi parti pavimentali mosaicate. Le basiliche erano unite da un grande corridoio, o nartece, che le collegava a un grandioso episcopio (oltre duemila metri quadri di superficie) situato a nord delle stesse. Tutto il complesso subì modifiche già prima della distruzione attilana e gli scavi provano che in questo periodo si costruì un grande quadriportico dinanzi alla basilica nord dove, sul pavimento in mosaico di cotto, fu rinvenuto uno splendido lampadario di bronzo con simboli cristiani, mentre sull’asse della facciata della basilica sud sorse il monumentale fonte battesimale. Ciò che si deduce ulteriormente dagli scavi (livelli pavimentali ancora più alti) è che il complesso fu nuovamente in parte rinnovato, dopo la distruzione attilana (452 d.C.), probabilmente dal vescovo Niceta. Più tardi le vicende della città, e quindi del complesso paleocristiano, si oscurano ma rimangono elementi di plutei del VI-VII secolo al suo interno, che giustificano, un’attività di restauri di grande portata. Il grande complesso subì un drastico declino con l’invasione dei Longobardi (568) 3 e la sua condizione è ben descritta dal patriarca Paolino “il grammatico” (778802), nel noto planctus su Aquileia distrutta dove, tra l’al-
Mosaico policromo con figura di un pavone tra tralci d’uva (sec. IV -V) appartenente ad un vano absidato del corridoio delle basiche posteodoriane.
Lampadario in bronzo di epoca paleocristiana rinvenuto sul pavimento del quadriportico della basilica posteodoriana nord.
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tro dice: Sanctorum aedes solitae nobilium / turmis impleri, nunc repluntur vepribus (I sacri templi già colmi di tante nobili genti, sono ora invasi dagli sterpi). Sarà il patriarca Massenzio (811-833) a ridare nuovo impulso ad Aquileia e a questo antico complesso religioso: la basilica sud fu completamente restaurata conferendole, con l'aggiunta dei transetti laterali, la caratteristica forma di croce latina che tuttora mantiene. Gli altri edifici sacri limitrofi (aula nord, quadriportico, episcopio) non furono più utilizzati. Massenzio, inoltre, unì alla basilica il grande battistero che si trovava a occidente, anch'esso ristrutturato completamente su due piani, i cui resti sono tutt'oggi visibili presso la cosiddetta “Chiesa dei Pagani”. All'interno di quest'ultimo edificio fu sistemata la cappella, o chiesa di San Pietro, che svolse, per un paio di secoli, le funzioni di parrocchiale per la comunità soggetta al Capitolo. Le devastanti incursioni degli Ungari, nonché il forte terremoto del 998, danneggiarono significativamente la basilica che il patriarca Giovanni tentò poi di restaurare con l’aiuto di Ottone III. Ma sarà il patriarca Poppo (1019-1042), della nobile famiglia degli Ottocari, a portare a termine i lavori di restauro e, a quanto sembra, edificare con le pietre dell’anfiteatro la possente torre campanaria. Il nuovo complesso fu solennemente consacrato il 13 luglio del 1031 e dedicato alla Vergine Maria Assunta e ai SS.Ermacora e Fortunato, come si può leggere nella scritta dedicatoria sotto il grande affresco absidale in cui è rappresentato lo stesso patriarca, l’imperatore Corrado e la moglie Gisella con il figlio Enrico III. La basilica subì un nuovo grande intervento di restauro, dopo il rovinoso terremoto del 1348, da parte del patriarca Marquardo di Randeck (1365-1381). Furono sostituiti gli archi romanici, sopra i capitelli popponiani, con arcate gotiche a sesto acuto a sostegno delle nuove murature della navata centrale, e tutto il soffitto ligneo assunse la forma caratteristica di "carena di nave rovesciata". Nel transetto settentrionale fu collocata la cappella dedi-
cata ai santi Ilario e Taziano (come si evince dalle pitture parietali del sec. XI); in quello meridionale invece c'era l'altare di San Pietro delimitato da una transenna di plutei massenziani finemente decorati con nell’abside un affresco del XIII-XIV secolo raffigurante il Cristo vestito di una lunga tunica con un piede scalzo; una iconografia simile si trova nel duomo di Lucca, conosciuta come il “Volto Santo”. A partire dal XIV secolo furono edificate alcune cappelle lungo la muratura perimetrale della basilica. Esse sono speculari: a sud quella dei "Torriani" (o di "Sant’ Ambrogio") con i sarcofagi di alcuni personaggi di questa insigne famiglia di origini milanesi e alcune pitture con i santi Ambrogio, Ermacora, Marco, e la “cappella di San Girolamo"; a nord invece si trova la "cappella del Rosario" con un altare barocco in marmo proveniente dalla demolita chiesa di San Giovanni e la “cappella del Crocefisso", dove è situato un Cristo in croce ligneo del XV secolo.4 La basilica subì, durante il Rinascimento, diversi interventi minori, non di carattere strutturale ma rilevanti dal punto di vista architettonico e religioso, quali l’altare maggiore nell’abside sormontato dal tritti-
Veduta del complesso basilicale.
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Il mosaico gnostico cristiano (III sec.), interrotto dalle fondamenta del campanile, con alcune costellazioni.
Paliotto di altare rappresentante Cristo tra San Pietro e San Tommaso Beket (sec. XII.).
co di Pellegrino da San Daniele, il coro ligneo con le pitture della passio dei Santi Patroni, il rivestimento marmoreo esterno alla "cripta degli affreschi", la gradinata e la tribuna “magna” decorata da Benardino da Bissone. Tra le due gradinate, ai piedi dell’abside, esisteva l’altare dedicato al famoso vescovo di Canterbury San Tommaso Beket, costruito subito dopo la sua canonizzazione del 1173, chiaro sintomo della tensione tra papato e impero. Nella parte occidentale del complesso basilicale, che termina con l’antico battistero di forma ottagonale con vasca esagonale per immersione, si trova la cosiddetta “Chiesa dei Pagani”, la cui denominazione è relativamente recente. Essa è costituita da un lungo vano rettangolare, diviso in due settori da tre gradini, arricchito da una serie di nicchie su entrambi le pareti interne. Alcuni affreschi del sec. XIV, con figure di santi, abbelliscono l’ingresso. Recenti indagini archeologiche hanno stabilito che questo complesso religioso, collegato al grande edificio ottagonale (di forma esterna quadrata) riservato al rito del battesimo per immersione, fu costruito sopra strutture abitative risalenti al III sec. d.C. Ai lati nord e sud di questo battistero del IV secolo, c’erano due grandi
aule mosaicate, forse utilizzate per la preparazione dei catecumeni. Nella Chiesa dei Pagani, probabilmente, si svolgevano gli “scrutini”, una sorta di valutazione della fede dei candidati, che si tenevano nelle domeniche antecedenti la Pasqua. Questa peculiare antica cerimonia del battesimo era parte integrante della liturgia patriarchina aquileiese abolita nel 1596. Un’originalità, quella della liturgia aquileiese, già evidente nel IV secolo, che si esprimeva con forme proprie rituali, musicali, corali e, nel medioevo, con i famosi “drammi liturgici”. 5 Nella parte superiore della Chiesa dei Pagani, non più esistente, si trovava, in epoca medievale, la “Chiesa di San Pietro”: la parrocchiale di quella parte della città di Aquileia soggetta al Capitolo e chiamata, fino a tutto l’Ottocento, “Pala Crucis”. Il documento più antico che attesta la presenza di questa chiesa e il suo titolo, è datato 14 marzo 1278, ed è presumibile che sia stata dismessa dalla prima metà del sec. XVI, allorchè si decise di abbandonare l’antico battistero per immersione per utilizzare quello nuovo, per aspersione, collocato nella navata meridionale della basilica. 6 Negli anni antecedenti la Prima Guerra mondiale furono
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Pianta delle principali fasi costruttive: in ocra il complesso basilicale odierno (a est il battistero in asse con la chiesa, a nord il campanile); in tonalitĂ verde le aule teodoriane; in grigio la perimetrazione delle altre costruzioni di culto postteodoriane. A nord, non inserito in pianta, si estendeva un vasto episcopio.
L'interno dell'attuale basilica (prima della costruzione delle passerelle) con il pavimento mosaicato dell'aula sud teodoriana, il doppio filare di colonne di epoca medievale; in fondo l'abside popponiana.
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Aula teodoriana sud, presbiterio. Giona viene ingoiato dal pistrice marino.
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Aula teodoriana sud, presbiterio. Parte della grande scena di pesca in cui Giona, dopo essere stato rigurgitato sulla spiaggia, dorme sotto una pianta di zucchine. Sotto angeli intenti alla pesca.
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Finito di stampare nel mese di aprile 2011 presso Le Poligrafiche San Marco Cormons - Gorizia