CUSTOMER EXPERIENCE. I vostri Clienti sono felici ?

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L’IMPRESA

N°3 MARZO 2014 € 6,90 + il prezzo del quotidiano. 3 14 www.limpresaonline.net

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Solo ed esclusivamente in abbinamento obbligatorio con Il Sole 24 Ore – I prezzi relativi ad altre combinazioni di vendita sono riportati su Il Sole 24 Ore Anno 55 o – N. 3/2014 – Marzo 2014 – Mensile Poste Italiane – Spedizione in A.P. – D.L. 353/2003 CONV.L.46/2004.ART.1.C.1. DCB Milano

AUTHENTIC LEADERSHIP

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Dall'esercizio del potere all'esercizio del benessere

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STORIE CONTROCORRENTE Anna Gatti, da Skype a Youtube, ora startupper nella Silicon Valley

EMERGENZA MANAGER Romano Ambrogi, presidente Aldai: senza industria il paese muore 24/02/14 15.55


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CUSTOMER EXPERIENCE. Come gestire in modo efficace i ricordi dei clienti

I vostri clienti sono felici? Le dinamiche di riacquisto sono basate sui ricordi di eventi passati e sull’immaginazione di eventi futuri, quindi, il comportamento dei clienti va valorizzato in modo da migliorare il ricordo dell’esperienza vissuta o l’aspettativa del momento d’acquisto di Gian Carlo Mocci e Ivan Vellucci

V Gian Carlo Mocci, Customer Experience, Qualità, Processi, Standard di Servizio presso Ntv – Nuovo Trasporto Viaggiatori. Esperto di Customer Experience, Crm, Audit e Ispezioni, Miglioramento dei Processi

i diamo subito la risposta: sì, i vostri clienti sono felici, … ma ancora per quanto? Esaminiamo alcune caratteristiche comportamentali delle persone sulle quali ogni azienda dovrebbe riflettere per migliorare la Customer Experience e aumentare ricavi e quote di mercato. Nell’articolo precedente, intitolato “Ma i clienti si ricordano di voi?” (v. pagina 41 del n. 1/2014), abbiamo spiegato che la Customer Experience consta di 3 elementi che si posizionano in 3 momenti diversi: le esperienze del passato vengono ricordate, quelle del presente vengono “vissute”, quelle del futuro vengono immaginate. Quindi perché un azienda sia competitiva è essenziale che i clienti siano felici di ricordare, vivere e immaginare le esperienze legate alle interazioni con l’azienda medesima. Approfondiamo ora creare le condizioni affinché i clienti raggiungano questo stato d’animo.

I cambiamenti di “stato” Ivan Vellucci, Head of Customer Services. Mercedes-Benz Italia. Esperto e docente di Marketing, Crm e social Crm

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La felicità, e quindi anche l’infelicità, non è data dalla situazione nella quale ci si trova, che definiremo “stato”, ma dal cambiamento di stato ossia dal passaggio da una situazione a un’altra. Ad esempio non vi è alcuna correlazione tra il clima del luogo nel quale si è nati e in cui si vive e il livello di felicità dichiarato. Per una persona che risiede da sempre in Sardegna e viaggia poco, vivere in Sardegna è lo standard, egli non ci presterà molta attenzione. Chi invece vi si fosse recentemente trasferito provenendo da una località con un clima rigido e piovoso dichiarerebbe, a parità di altre condizioni, un elevato livello di benessere. Questo ci aiuta a capire alcune dinamiche di

marketing legate alle “offerte prova”, basate sul fatto che il cliente qualora ritenesse il nuovo prodotto o servizio migliore di quello al quale è abituato, lo sceglierà anche in futuro, cambiando le sue abitudini di acquisto. Allo stesso modo una persona che risiede da sempre in Sardegna e viaggia poco, se si dovesse trasferire in una località dal clima rigido e piovoso, a parità di altre condizioni, rimpiangerebbe la Sardegna. Allo stesso modo, un cliente che riceva un livello di servizio inferiore a quello al quale è abituato, ne risentirà negativamente in maniera marcata, pur ricevendo comunque un servizio accettabile: ci si accorge di ciò che si aveva solo quando non lo si ha più.

La ricerca della “felicità” perenne L’importanza delle variazioni di stato implica che le circostanze permanenti della vita hanno poca influenza sul benessere dichiarato. Vari studi dimostrano che gli effetti degli eventi sul benessere, ad esempio il matrimonio, una vincita, l’acquisto di un’auto nuova, svaniscono rapidamente al trascorrere del tempo. Si ingenera quindi un fenomeno di “assuefazione”, che ci spinge a ricercare sempre qualcosa di più o di diverso e a cercare di essere perennemente infelici. È interessante in tal senso la frase di James Hong circa le automobili: “Non voglio vivere la vita di chi possiede una Boxster, perché quando si possiede una Boxter poi si desidera una Porsche 911, e sapete cosa vuole avere chi ha una 911? Una Ferrari!” Questa dinamica ha importanti effetti sulla relazione tra aziende e clienti. Sul fronte dell’offerta, le aziende sono di fatto “condannate” a innovare, sviluppare, offrire nuovi prodotti o servizi, cioè a generare continui cambiamenti di stato nella percezione dei clienti. Ma, analogamente,


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sul fronte della domanda le persone sono anch’esse “condannate” a ricercare le novità e i miglioramenti, in un continuo confronto con se stesse, con quello che hanno e con quello che non hanno, con quello che sarebbe potuto essere e che non è stato.

Come gestire i confronti Ciascuno di noi confronta continuamente il proprio stato con quello delle altre persone, la nostra infelicità è determinata anche dalla contemplazione dell’altrui felicità, e viceversa, vera o presunta che sia. Studi oramai passati alla storia dimostrano che in una competizione il terzo classificato è più felice del secondo, soprattutto se il secondo non è stato primo per un soffio. L’analogia con le aziende ci porta a dire che se un cliente si reca in un negozio e chiede di un prodotto, di un servizio, di una promozione che non è più disponibile si dovrebbe evitare di dire che è “appena terminato”, o ancora peggio che “l’ultimo disponibile è stato appena comprato da un’altra persona”. Analogamente in un noto esperimento un lavoratore scopre un aumento in busta paga del 5% e ne è ben felice, ma solo finché non scopre che i suoi colleghi lo hanno avuto del 10%, nonostante nessuno tocchi il suo aumento del 5 per cento. Così, nelle attività di Crm, Customer Service, Campagne e simili, è importante gestire adeguatamente “disparità” di trattamento tra i clienti, per evitare che le percepiscano come “ingiuste”. Questo fenomeno è d’altro canto molto utile nel caso si voglia dare un senso di “esclusività” a un’iniziativa, facendo sapere ai fruitori che essi hanno qualcosa di unico e speciale.

Come funzionano le aspettative Noi tutti sappiamo che, nel caso dell’acquisto di un’auto, il momento della consegna, tanto atteso, è un momento unico e cruciale perché segna il passaggio dal sogno alla realtà, dopo il quale, finalmente, inizia il tempo del possesso. Se si verificano degli eventi imprevisti e le nostre predizioni vengono violate, il nostro cervello impiega più tempo per elaborare i dati oppure si concentra sulla violazione. Questo aiuta a spiegare perché: • gli eventi unici e inattesi si ricordano meglio, sia in positivo (Wow factor), ma anche, e soprattutto, in negativo; • quando le cose vanno come ci si aspetta, molto di ciò che accade intorno a noi finisce per sfuggirci (come, ad esempio, quan-

do guidiamo fino a casa e ci accorgiamo di non ricordare nulla di quanto è accaduto tra la porta dell’ufficio e quella del garage); • ciò che si riesce a ricordare meglio sembra più frequente. Da questi dati di fatto derivano le seguenti indicazioni per chi lavora in ambito Crm: • utilizzare sapientemente iniziative di Wow factor inserendole in maniera inaspettata in momenti nei quali il cliente sta vivendo una situazione routinaria, ad esempio durante il tempo di attesa a un call centre, mentre è in viaggio seduto a bordo di un aereo, al termine della fase di check-in hotel ecc.; • ridurre il verificarsi di situazioni indesiderate, perché non solo verranno ricordate più a lungo ma sembreranno anche più frequenti di quanto non siano state in realtà. Infatti una persona che viaggia spesso ricorda molto bene le poche volte che ci sono stati dei disservizi e sia arrivata in ritardo rispetto alle tante volte nelle quali è arrivata puntuale.

Attenzione ai falsi ricordi È dimostrato che il ricordo, ogni volta che viene usato va re-immagazzinato come nuovo ricordo per potervi accedere in seguito. Il ricordo vecchio sparisce o diventa inaccessibile, pertanto ciò che ricordiamo di un episodio ha al massimo l’accuratezza dell’ultima volta che lo abbiamo ricordato. Ogni rievocazione può introdurre nuovi errori, eliminare dettagli, ma anche crearne di sana pianta. Tutto questo fa sì che i falsi ricordi siano abbastanza comuni e,

Il disservizio è un servizio Le aziende devono “erogare” un disservizio con le stesse logiche con le quali si eroga un servizio, perché questo peserà, e non poco, sulla propensione al riacquisto. Ad esempio, nel settore auto, dal momento che la vettura è un oggetto di culto, una passione, una necessità, se si rimane a piedi, se una riparazione non è passata in garanzia, se ci si sente trattati in maniera scortese dalla concessionaria, la frustrazione generata può arrivare a livelli esponenziali e l’impatto per il brand può essere devastante. Occorre pertanto moderare, gestire e ascoltare, dando al cliente la possibilità di raccontare la sua esperienza, perché la soluzione o non soluzione di un problema lasci sempre la scia positiva di un’azienda che ci ha “messo la faccia”. Fonte: Mercedes-Benz Italia S.p.A.

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per fortuna, il più delle volte innocui. Possiamo quindi ricordare che i nostri figli abbiano camminato e parlato molto prima di quanto sia accaduto in realtà o, come ha dimostrato un famoso esperimento, di avere stretto la mano al pupazzo di Bugs Bunny a Disneyland, cosa impossibile perché è un personaggio della Warner Bros. Ecco allora che, talvolta, i clienti avanzano richieste convinti che debbano essere soddisfatte o che in passato lo siano state. Cosa che si verifica soprattutto con canali quali il front office e i contact centre. In questi casi, interagire con una persona essendo convinti di avere ragione porta a pensare che l’interlocutore non sia preparato e si stia sbagliando. Una dinamica, che è meno evidente operando tramite un canale disintermediato, quale un sito Internet: se, infatti, appare un messaggio di errore siamo meno portati a insistere convinti di aver ragione. In un front office o contact centre, invece, il personale deve essere addestrato a gestire questi casi, ad esempio, facendo in modo che il cliente esponga le sue richieste e le sue ragioni, e chiedendogli poi i dettagli delle circostanze nelle quali si sia realmente verificato ciò che lui asserisce per poi, eventualmente, confutarle in maniera puntuale, cortese ed educata, ma decisa.

Il tempo è una questione di percezione Chi ha tempo non aspetti tempo, si sintetizza così il fatto che le persone preferiscano i coupon, buoni sconto e voucher con scadenze lontane, avendo in realtà molte meno probabilità di usarli rispetto a quelli con scadenze entro 15 giorni. Pertanto, se si vuole massimizzare l’utilizzo dei voucher, pur rendendo i clienti meno felici, si deve dare una scadenza di circa 15 giorni; se, invece, si vuole rendere i clienti più felici ma con un minore utilizzo dei voucher, bisogna dare una scadenza di qualche mese. Il tempo riempito con esperienze varie e interessanti sembra breve mentre passa, ma lungo quando vi si ripensa. D’altronde, un lasso di tempo privo di esperienze sembra lungo mentre passa, ma breve in retrospettiva. Questo è un fenomeno utile per la gestione delle code, infatti tra gli interventi chiave vi sono quello di ridurre effettivamente il tempo di attesa, di renderlo più piacevole e tollerabile, di renderlo non superiore a quello dei concorrenti in situazioni analoghe e di renderlo compatibile con quanto “promesso” ad esempio con azioni di marketing e pubblicità. “L’Attesa”, 2007 (olio su tela, cm 70x95), di Giovanna Chieppa

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La cortesia è contagiosa È noto che l’ossitocina, un ormone che il nostro corpo rilascia naturalmente anche nei casi di cooperazione e riconoscimento sociale, induca una sensazione di benessere. Quando sentiamo che qualcuno ha fiducia in noi, il nostro cervello rilascia questo ormone che, a sua volta, ci induce a ricambiare la fiducia. In altre parole, ci si sente bene quando aiutiamo gli altri. A questo fenomeno si aggiunge anche l’attività dei neuroni specchio, che entrano in azione quando vediamo qualcuno che si comporta in maniera cortese inducendoci a emularne il comportamento. Pensiamo a quando qualcuno seduto in metropolitana si alza per lasciare il posto a una persona anziana o a una mamma in dolce attesa: subito dopo anche altre persone spesso fanno la stessa cosa, ossia la cortesia è contagiosa. In ambito lavorativo, quindi, gli operatori del front-office che siano messi in condizione di aiutare i clienti e di risolverne i problemi saranno motivati, entusiasti e felici. È evidente che, in maniera analoga, i clienti saranno felici del comportamento del personale aziendale, innescando quindi un circolo virtuoso. È interessante in tal senso quanto disse l’ex presidente di Starbucks, Howard Behar: “Noi non ci occupiamo di servire il caffè alle persone, ci occupiamo di persone che servono il caffè”.

Affamati di informazioni Le persone si nutrono di informazioni ed è stato dimostrato che, così come le scimmie, traiamo piacere dall’informazione in sé. In particolare, poi, adoriamo le notizie, il gossip, le dicerie e, cosa ancora più importante, ogni informazione che riguardi il nostro futuro. Questo significa che un imprevisto durante la fruizione di un servizio, o l’utilizzo di un prodotto, scatena immediatamente la domanda “e adesso cosa succederà?”. È essenziale fornire tempestivamente delle informazioni circa il fatto che si sia presa in carico la situazione, che ci si stia lavorando e che sia tutto sotto controllo. Il più presto possibile si devono poi fornire informazioni sugli scenari futuri plausibili. È inoltre utile esporre quanto accaduto sotto forma di “racconto”, con delle tecniche di story-telling. Sapere cosa è accaduto aiuta le persone a rendere più tollerabili le conseguenze, che si tratti di un ritardo, di una perdita economica o della indisponibilità del servizio o prodotto atteso e, magari, già pagato.


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