CUSTOMER EXPERIENCE. I Clienti si ricordano di voi ?

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Solo ed esclusivamente in abbinamento obbligatorio con Il Sole 24 Ore – I prezzi relativi ad altre combinazioni di vendita sono riportati su Il Sole 24 Ore Anno 55 o – N. 12/2013 – Gennaio 2014 – Mensile Poste Italiane – Spedizione in A.P. – D.L. 353/2003 CONV.L.46/2004.ART.1.C.1. DCB Milano

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CUSTOMER EXPERIENCE. Come conquistare i clienti prima, durante e dopo l’interazione con l’azienda

I clienti si ricordano di voi? Dimenticatevi del prodotto o del servizio che vendete e focalizzatevi sul cliente per capire le sue leve emozionali. Ed esaminate come valuta a posteriori le esperienze vissute e quindi le sensazioni percepite di Gian Carlo Mocci e Nicole Votolato Montgomery

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er un’azienda che intenda crescere è fondamentale sapere cosa influenzi le scelte dei clienti, siano essi storici, nuovi o potenziali. A tal fine, è assolutamente necessario andare ben oltre la logica del prodotto/servizio erogati, e considerare che ogni cliente vive tre fasi sequenziali nell’interazione con un’azienda: prima che interagisca ha una sua aspettativa; durante l’interazione ha una sua percezione (sensazione); dopo che interagisce ha un suo ricordo dell’esperienza vissuta. L’aspettativa del cliente è generata sia dal ricordo di interazioni già verificatesi con l’azienda, che da informazioni ricevute quali pubblicità, passaparola di amici ecc. Le relazioni tra aspettative, fidelizzazione, soddisfazione e propensione alla raccomandazione, che variano a seconda del mercato e del business model aziendale, sono state analizzate da vari studi; in questo articolo ci concentriamo sulle percezioni e, soprattutto, sulle dinamiche del ricordo.

Le percezioni vissute Le percezioni vissute da un cliente sono principalmente dovute a sensazioni, eventi e situazioni che si verificano in un certo lasso di tempo durante l’interazione con l’azienda. L’interazione è da intendersi in senso lato, comprendendo anche forme di comunicazione come la pubblicità su vari canali. Tali percezioni possono essere raggruppate in tre macro-ambiti. Percezioni funzionali: sono il “cosa” dell’interazione; denotano l’affidabilità del prodotto/servizio del quale si è fruito e sono rappresentate da qualunque elemento che sia riconducibile alla “qualità tecnica” e alle performance. Ad esempio nel caso di un Hotel: la chiave che mi è stata consegnata al

check-in ha aperto la porta della camera? Il telecomando del televisore funziona? Percezioni meccaniche: sono il “come” dell’interazione; provengono da oggetti, spazi fisici ecc. e sono correlate ai 5 sensi (udito, olfatto, vista, tatto, gusto). Sempre nel caso di un hotel pensiamo alle dimensioni della hall, al profumo e alla temperatura in camera, alla rumorosità, ad esempio. Percezioni emotive: sono il “chi” dell’interazione e sono rappresentate frequentemente dalla relazione con le persone. Contribuiscono fortemente a rendere il ricordo dell’esperienza più “vivo” e duraturo nel tempo (linguaggio del corpo, entusiasmo, indifferenza, scortesia ecc.). Spesso proprio grazie alle percezioni emotive gradevoli i clienti sono disposti a pagare di più per vivere un’esperienza e conservarne un piacevole ricordo, e questo spiega perché si cerchi di generarle anche con iniziative pubblicitarie e di marketing. Naturalmente la distinzione nei tre ambiti non è netta: ad esempio quando una persona del front-office risponde alla richiesta di un cliente genera sia percezioni funzionali (la risposta è corretta o meno) che emotive (la persona sorride o non degna di uno sguardo il cliente), che meccaniche (la persona ha una macchia sulla giacca della divisa).

Come ricordiamo l’esperienza Non è tanto importante trascorrere il tempo in maniera piacevole, ma conservare un ricordo piacevole del tempo trascorso. Esemplificando è come se la nostra memoria non fosse “neutrale”, ma ci fornisse una ricostruzione dei fatti legata alle emozioni; questa è l’esperienza “affettiva”, la realtà filtrata dalla memoria. Diversi studiosi (es. D. Ariely, D. Kahneman e G. Loewenstein) hanno appro-

Gian Carlo Mocci, Customer Experience, Qualità, Processi, Standard di Servizio presso Ntv – Nuovo Trasporto Viaggiatori. Esperto di Customer Experience, CrmM, Audit e Ispezioni, Miglioramento dei Processi.

Nicole Votolato Montgomery è Docente di Marketing presso l’Università della Virginia. Esperta di Comportamenti d’acquisto, Esperienza di consumo, Analisi delle informazioni e persuasione

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L’effetto sorpresa Starbucks servì il suo primo caffè espresso a Seattle una mattina dell’aprile 1984, in occasione dell’apertura del suo sesto negozio. Venne infatti dedicato un piccolo angolo del locale al bar per la consumazione dell’espresso. Per fare in modo che ciò fosse un’esperienza memorabile, si decise volutamente di non pubblicizzare l’evento, lasciando che fossero i clienti a farne da soli la scoperta. Il resto è storia, oggi Starbucks ha circa 20.000 locali in 58 paesi e dal 21 novembre 2013 è presente anche a bordo di un treno. In Svizzera, due carrozze del treno che va da Ginevra a St. Gallen sono state convertite in un bar Starbucks, una con il servizio al tavolo e una con il servizio al banco. Fonte: www.ffs.ch

fondito su cosa si basino i clienti nel trarre una valutazione d’insieme a posteriori ed è emerso che su essi hanno molta influenza due fattori: 1. il picco delle sensazioni provate, cioè la parte più positiva o più negativa dell’esperienza: se al termine della stessa (si veda la Teoria del Picco e della Fine elaborata da D. Kahnemann); oppure se nel mezzo della stessa, purché sia inatteso e unico; 2. il trend, ossia l’evoluzione (da positiva/ favorevole a negativa/sfavorevole o viceversa), dimostrando che le persone preferiscono le situazioni che tendono a migliorare nel tempo rispetto alle situazioni che tendono a peggiorare.

1. Il picco dell’esperienza In merito all’influenza del picco al termine dell’esperienza si pensi al seguente esempio (v. M. Motterlini, Trappole Mentali). Il signor Paolo è in automobile, ma a causa del traffico è in coda e avanza molto lentamente, poi pian piano la coda si sveltisce e negli ultimi 5 minuti può proseguire a velocità normale (picco positivo finale). Paolo arriverà in ufficio con 20 minuti di ritardo. Anche il signor Luca è in automobile e, nonostante il traffico, avanza spedito, se non che la situazione peggiora progressivamente e negli ultimi 5 minuti prosegue a passo d’uomo (picco negativo finale). Anche Luca arriverà in ufficio con 20 minuti di ritardo. Gli studi dimostrano però che sarà Luca a lamentare di avere trascorso più tempo in coda, perché il giudizio finale sarà fortemente dominato dalla parte terminale (picco negativo finale): pur non essendoci razionalmente alcuno scarto tra le due esperienze, esse sono 42

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soggettivamente vissute come differenti. Il picco negativo finale. Questo ci aiuta a comprendere come un picco negativo finale sia profondamente deleterio e possa compromettere il ricordo di tutta l’esperienza. Si consideri infatti il seguente studio: vennero invitate delle persone a due sessioni successive in cui si sentivano suoni dolorosamente fastidiosi. In una sessione il suono durava 16 secondi a 78 decibel, seguiti da 8 secondi di silenzio; nell’altra il suono durava sempre 16 secondi a 78 decibel, e altri 8 secondi a “soli” 66 decibel. Ebbene chiedendo poi ai partecipanti quale delle due sessioni avrebbero voluto ripetere, la maggior parte di essi scelse la seconda; strano poiché 8 secondi di silenzio sono meglio di 8 secondi a “soli” 66 decibel, ciò perché la riduzione del fastidio è vissuto come picco positivo. Questo esempio contro intuitivo è molto utile per comprendere quanto sia delicato il concetto di picco finale, dimostrando che quando siamo chiamati a scegliere dopo aver vissuto delle esperienze la scelta è basata sul ricordo migliore anche in contro tendenza con ciò che è oggettivamente accaduto; ciò è dovuto a come noi richiamiamo alla mente, ossia ricordiamo e narriamo a noi stessi e agli altri, le esperienze vissute. Il picco negativo nel corso di un’esperienza. L’influenza del picco nel corso di un’esperienza è invece ben rappresentato da una conversazione con un call centre durante la quale il cliente potrebbe ignorare il fatto di essere messo in attesa per un breve lasso di tempo perché considera ciò una eventualità/ situazione comune in questo genere di interazioni. Se però nel riprendere la telefonata, l’operatore del contact centre offrisse un buono omaggio per scusarsi dell’attesa, questo gesto avrebbe un impatto positivo enorme nella valutazione globale, pur essendosi verificato nel mezzo dell’esperienza, e quindi lontano sia dall’inizio che dalla fine. Ciò perché gli eventi unici, ossia non ripetuti, e inattesi sono memorabili e giocano un ruolo chiave nella valutazione di una esperienza da parte dei clienti.

2. Il trend dell’esperienza Per capire l’influenza del trend, prendiamo ad esempio un viaggio aereo. Si considerino due casi: l’aereo A parte con 40 minuti di ritardo, ma durante il percorso viene progressivamente ridotto e all’arrivo si registrano


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soli 15 minuti di ritardo. L’aereo B parte puntuale, ma durante il percorso accumula progressivamente 15 minuti di ritardo che conserverà sino all’arrivo. Ebbene a parità di ritardo in arrivo, i passeggeri dell’aereo A, pur essendo partiti in ritardo, esprimeranno una valutazione globalmente migliore rispetto a quelli dell’aereo B. Il ricordo cambia in base al momento Sapere come un’interazione venga valutata da un cliente, e quali saranno le sue scelte conseguenti, è il sogno di ogni azienda; e la cosa migliore da fare per saperlo è chiederlo. Entra così in gioco un altro parametro essenziale, il momento nel quale un cliente ricorda e valuta una esperienza vissuta. Dagli studi da noi svolti (N. Votolato Montgomery, H. Rao Unnava) si evince che: • immediatamente dopo l’esperienza, influiscono molto gli episodi finali (picco finale), che si rivelano essere più facili da ricordare. Questo contribuisce a spiegare perché nell’immediato le persone conservino un buon ricordo di situazioni che, seppur iniziate male, sono via via migliorate nel corso dell’esperienza; • a distanza di tempo dal termine dell’esperienza, influiscono molto gli episodi iniziali, perché gli eventi finali si rivelano più difficili da ricordare e quindi assume un ruolo importante la prima impressione. Questo contribuisce a spiegare perché, a distanza di tempo, le persone conservino un buon ricordo di situazioni iniziate bene, nonostante siano via via peggiorate nel corso dell’esperienza. Pertanto svolgendo una indagine sui clienti di un hotel alla partenza (ad esempio nella fase di check-out), è prevedibile avere globalmente valutazioni più favorevoli se ci sono state interazioni positive al termine della permanenza. Viceversa, svolgendo un’analoga indagine a distanza di tempo (ad esempio, telefonando ai clienti qualche mese dopo), è prevedibile avere valutazioni più favorevoli se vi è stata una positiva prima impressione, quindi interazioni positive all’arrivo.

Cosa fare per migliorare la Customer Experience I clienti, sempre più esigenti, non sono interessati tanto a cosa facciamo quanto a cosa possiamo fare per loro; pertanto per crescere è fondamentale fare due cose: “dimenticarsi” del prodotto/servizio e focalizzarsi sul cliente

e sulle sue aspettative per capire le sue leve emozionali; comprendere come un cliente valuti a posteriori le esperienze vissute, e quindi le sensazioni percepite. Ciò perché sensazioni, struttura, e sequenza temporale delle interazioni con un prodotto o servizio possono influenzare pesantemente la valutazione del cliente e la sua propensione al riacquisto e alla raccomandazione. Con qualche approssimazione possiamo dire che la Customer Experience è il ricordo che il cliente conserva dopo aver interagito con un’azienda e che creare una Customer Experience superiore, cioè un ricordo positivo e duraturo nel tempo, aiuta le aziende a crescere, anche quando il mercato non cresce. Sicuramente ulteriori studi e ricerche saranno di notevole aiuto per la comprensione delle dinamiche esposte, ma in estrema sintesi possiamo già affermare che, per favorire una relazione di lungo termine, sono da curare con attenzione le fasi iniziali di un’esperienza e gli eventi unici e inattesi, valorizzando quelli positivi (best practices) e riducendo quelli negativi (worst cases) e, soprattutto, evitare che questi ultimi si verifichino al termine dell’interazione. Fine della prima puntata. I prossimi, dai titoli I vostri clienti sono felici? e Voi vi ricordate dei vostri clienti? saranno pubblicati rispettivamente su “L’Impresa” n. 3/2014 e 5/2014.

Ti ricordi di quando eri ragazzo? Sappiamo come i ricordi dei clienti vengano influenzati dall’interazione con le aziende, ma c’è anche un altro elemento che influenza i ricordi dei clienti, la loro età. Gli psicologi hanno scoperto che la gran parte dei ricordi che si hanno in età adulta sono legati al periodo di quando si avevano 1525 anni, il fenomeno è chiamato “picco di reminescenza” (reminescence bump). Il picco si può suddividere poiché i fatti “di cronaca” che ricordiamo meglio tendono a essere accaduti all’inizio del picco, mentre le nostre “esperienze personali” più memorabili sono relative alla seconda metà del picco e quindi alla fascia 20-25 anni. Uno dei motivi per i quali ricordiamo così bene la giovinezza è che si tratta di un periodo in cui viviamo più esperienze nuove che non dopo i 40 anni, è infatti “il periodo delle prime volte”, sia vissute in prima persona che per sentito dire. A questo punto è facile capire come le aziende debbano prestare molta attenzione al target di Clienti nella fascia 20-25 anni, che talvolta vengono poco valorizzati anche in funzione della loro limitata capacità di spesa. Pur se in linea generale, si può quindi affermare che in quella fascia di età non solo è più semplice “sorprendere” i clienti, ma è più probabile che conservino per lungo tempo il positivo ricordo dell’azienda, diventando poi clienti fidelizzati e con buona capacità di spesa. L’impresa n°1/2014

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