Aprile 2021
Protagonista di questo numero è il successo. Chi meglio della nostra testimonial Maria Teresa Ruta per parlarne?
Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano: n°258 del 17/10/2018 ANNO 3, n.4
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Le rubriche
EDITORIALE “Amoglianimali” Bellezza Da leggere (o rileggere) Da vedere/ascoltare Di tutto e niente Il personaggio Il tempo della Grande Mela Incipit Incursioni In forma In movimento Lavori in corso Nostalgie Primo piano Salute Scienza Sessualità Stile Over Volontariato & Associazioni
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Generazione Over 60 DIRETTORE RESPONSABILE Minnie Luongo
I NOSTRI COLLABORATORI Marco Rossi Alessandro Littara Antonino Di Pietro Mauro Cervia Andrea Tomasini Paola Emilia Cicerone Flavia Caroppo Marco Vittorio Ranzoni Giovanni Paolo Magistri Maria Teresa Ruta
DISEGNI DI Attilio Ortolani Sito web: https://generazioneover60.com/ Email: generazioneover60@gmail.com Issuu: https://issuu.com/generazioneover60 Facebook: https://www.facebook.com/generazioneover60 Youtube: https://www.youtube.com/channel/generazioneover60
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Generazione Over 60 MINNIE LUONGO DIRETTORE RESPONSABILE
Foto Chiara Svilpo
Classe 1951, laureata in Lettere moderne e giornalista scientifica, mi sono sempre occupata di medicina e salute preferibilmente coniugate col mondo del sociale. Collaboratrice ininterrotta del Corriere della Sera dal 1986 fino al 2016, ho introdotto sulle pagine del Corsera il Terzo settore, facendo conoscere le principali Associazioni di pazienti.Ho pubblicato più libri: il primo- “Pronto Help! Le pagine gialle della salute”nel 1996 (FrancoAngeli ed.) con la prefazione di Rita Levi Montalcini e Fernando Aiuti. A questo ne sono seguiti diversi come coautrice tra cui “Vivere con il glaucoma”; “Sesso Sos, per amare informati”; “Intervista col disabile” (presentazione di Candido Cannavò e illustrazioni di Emilio Giannelli).
Autrice e conduttrice su RadioUno di un programma incentrato sul non profit a 360 gradi e titolare per 12 anni su Rtl.102.5 di “Spazio Volontariato”, sono stata Segretario generale di Unamsi (Unione Nazionale Medico-Scientifica di Informazione) e Direttore responsabile testata e sito “Buone Notizie”. Fondatore e presidente di Creeds, Comunicatori Redattori ed Esperti del Sociale, dal 2018 sono direttore del magazine online Generazioneover60. Quanto sopra dal punto di vista professionale. Personalmente, porto il nome della Fanciulla del West di Puccini (opera lirica incredibilmente a lieto fine), ma non mi spiace mi si associ alla storica fidanzata di Topolino, perché come Walt Disney penso “se puoi sognarlo puoi farlo”. Nel prossimo detesto la tirchieria in tutte le forme, la malafede e l’arroganza, mentre non potrei mai fare a meno di contornarmi di persone ironiche e autoironiche. Sono permalosa, umorale e cocciuta, ma anche leale e splendidamente composita. Da sempre e per sempre al primo posto pongo l’amicizia; amo i cani, il mare, il cinema, i libri, le serie Tv, i Beatles e tutto ciò che fa palpitare. E ridere. Anche e soprattutto a 60 anni suonati.
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Chi siamo DOTTOR MARCO ROSSI
SESSUOLOGO E PSICHIATRA è presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale e responsabile della Sezione di Sessuologia della S.I.M.P. Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e come esperto di sessuologia a numerosi programmi radiofonici. Per la carta stampata collabora a varie riviste.
DOTTOR ALESSANDRO LITTARA
ANDROLOGO E CHIRURGO è un’autorità nella chirurgia estetica genitale maschile grazie al suo lavoro pionieristico nella falloplastica, una tecnica che ha praticato fin dagli anni ‘90 e che ha continuamente modificato, migliorato e perfezionato durante la sua esperienza personale di migliaia di casi provenienti da tutto il mondo
PROFESSOR ANTONINO DI PIETRO
DERMATOLOGO PLASTICO presidente Fondatore dell’I.S.P.L.A.D. (International Society of PlasticRegenerative and Oncologic Dermatology), Fondatore e Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis, è anche direttore editoriale della rivista Journal of Plastic and Pathology Dermatology e direttore scientifico del mensile “Ok Salute e Benessere” e del sito www.ok-salute.it, nonché Professore a contratto in Dermatologia Plastica all’Università di Pavia (Facoltà di Medicina e Chirurgia).
DOTTOR MAURO CERVIA MEDICO VETERINARIO
è sicuramente il più conosciuto tra i medici veterinari italiani, autore di manuali di successo. Ha cominciato la professione sulle orme di suo padre e, diventato veterinario, ha “imparato a conoscere e ad amare gli animali e, soprattutto, ad amare di curare gli animali”. E’ fondatore e presidente della Onlus Amoglianimali, per aiutare quelli più sfortunati ospiti di canili e per sterilizzare gratis i randagi dove ce n’è più bisogno.
ANDREA TOMASINI
GIORNALISTA SCIENTIFICO giornalista scientifico, dopo aver girovagato per il mondo inseguendo storie di virus e di persone, oscilla tra Roma e Spoleto, collaborando con quelle biblioteche e quei musei che gli permettono di realizzare qualche sogno. Lettore quasi onnivoro, sommelier, ama cucinare. Colleziona corrispondenze-carteggi che nel corso del tempo realizzano un dialogo a distanza, diluendo nella Storia le storie, in quanto “è molto curioso degli altri”.
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Chi siamo PAOLA EMILIA CICERONE
GIORNALISTA SCIENTIFICA classe 1957, medico mancato per pigrizia e giornalista per curiosità, ha scoperto che adora ascoltare e raccontare storie. Nel tempo libero, quando non guarda serie mediche su una vecchia televisione a tubo catodico, pratica Tai Chi Chuan e meditazione. Per Generazione Over 60, ha scelto di collezionare ricordi e riflessioni in Stile Over.
GIOVANNI PAOLO MAGISTRI
BIOLOGO Classe 1951, biologo specializzato in patologia generale, si occupa di progettazione di sistemi per la gestione della sicurezza e dell’igiene delle produzioni alimentari. Socio Onorario dell’Associazione PianoLink vive sognando di diventare, un giorno, un bravo pianista.
FLAVIA CAROPPO
GIORNALISTA E AMBASCIATRICE DELLA CUCINA ITALIANA A NEW YORK Barese per nascita, milanese per professione e NewYorkese per adozione. Ha lavorato in TV (Studio Aperto, Italia 1), sulla carta stampata (Newton e Wired) e in radio (Numbers e Radio24). Ambasciatrice della cultura gastronomica italiana a New York, ha creato Dinner@Zia Flavia: cene gourmet, ricordi familiari, cultura e lezioni di vera cucina italiana. Tra i suoi ospiti ha avuto i cantanti Sting, Bruce Springsteen e Blondie
MARCO VITTORIO RANZONI
GIORNALISTA Milanese DOC, classe 1957, una laurea in Agraria nel cassetto. Per 35 anni nell’industria farmaceutica: vendite, marketing e infine comunicazione e ufficio stampa. Giornalista pubblicista, fumatore di Toscano e motociclista della domenica e -da quando è in pensione- anche del lunedì. Guidava una Citroen 2CV gialla molto prima di James Bond.
MONICA SANSONE
VIDEOMAKER operatrice di ripresa e montatrice video, specializzata nel settore medico scientifico e molto attiva in ambito sociale.
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Sommario -10Generazione F Il successo con la testa sulle spalle Editoriale di Minnie Luongo -15Foto d’autore La piuma come lievità. E come il vento, che può far volar via il successo Di Minnie Luongo -18Incipit VIVENTI: SUCCESSO SENZA FAMA Di Giovanni Paolo Magistri - biologo -20Scienza Jurij Gagarin: un nome meritatamente famoso da 60 anni Di Minnie Luongo –giornalista scientifica -23Salute Conseguenze psicologiche del successo di Paola Esposito
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Sommario -25Stile Over Saranno famosi Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica 29Per approfondire Fama: proverbi e citazioni Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica -33Il tempo della Grande Mela Ipse dixit (il quiz che dà fama e successo!) di Flavia Caroppo -41Da tener d’occhio G.B. Magistri, pittore e grafico milanese dalla Redazione -43Incursioni La divisa di Figliuolo Di Marco Vittorio Ranzoni- giornalista -47News Il linguaggio dei batteri avvicina Arte e Scienza dalla Redazione
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Generazione F IL SUCCESSO CON LA TESTA SULLE SPALLE EDITORIALE
Non poteva che nascere di primavera, con quel sorriso… “il sorriso che non conosce confini”, come l’aveva definito Sandro Ciotti. Il 23 aprile ha compiuto 61 anni, che a ragione e con intelligenza dichiara con orgoglio. Due anni fa le avevamo dedicato la copertina, riservandole una rubrica che lei stessa aveva voluto chiamare “Lavori in corso”, perché Maria Teresa Ruta è così: mai con le mani in mano, ma sempre concentrata su qualche nuovo progetto. Parola da bandire: l’avverbio “ormai”, come ha dimostrato anche durante la recente lunga permanenza all’interno della casa del Grande Fratello VIP. Abbiamo tifato tanto per lei, ed eravamo proprio tantissimi in tutta Italia! In questo numero il fil rouge è il successo, e chi meglio di lei può rappresentarlo? Conduttrice, giornalista, attrice, autrice, inizia a 16 anni vincendo il concorso di bellezza di Miss Muretto, ad Alassio. Quindi intraprende una solida carriera di fotomodella, per poi debuttare in RAI in veste di soubrette (come si diceva fino a poco tempo fa) in “Signorine grandi firme”. Il successo, quello vero, arriva con il programma “La Domenica Sportiva”, che conduce con il grande Sandro Ciotti. Nel 2018 vince “Pechino Express”, in coppia con Patrizia Rossetti. A mio parere lei è “il successo con la testa sulle spalle: folle & concreta, impegnata & sensibile nello stesso tempo, sintetizzando così in pieno ciò che è la nostra Generazione Fortunata. Del resto, perché ha accettato di essere testimonial del nostro magazine “GenerazioneOver60” lo potete ascoltare direttamente da lei, in un breve filmato sul nostro canale Youtube. Ma il motivo è presto detto: perché ama continuare a rinnovarsi. Attenzione: non ho voluto una testimonial “basta che avesse l’età giusta”, questo mi preme molto sottolinearlo. E allora forse vale la pena riproporre qui di seguito ciò che scrissi un paio d’anni fa in proposito. Maria Teresa la conobbi quando presentava su Mediaset un programma di salute assieme al compianto prof. Fabrizio Trecca (un uomo che si amava o si odiava: io lo amavo follemente per il suo coraggio di non avere peli sulla lingua e per essere, allo stesso tempo, una persona riconoscente e sensibile come mai si sarebbe potuto supporre fermandosi alla prima impressione). A quella trasmissione venivo spesso invitata come ospite in veste di giornalista medico-scientifica; inevitabile scambiarmi il numero di telefono con la vulcanica conduttrice. Proprio in quel periodo (parliamo di una ventina d’anni fa) usciva un mio libro sul glaucoma: assieme agli altri relatori pensai di invitare anche lei. Accettò subito e il giorno della presentazione arrivò in anticipo e
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Generazione F soprattutto preparata al pari, se non di più oserei dire, degli specialisti riuniti al Circolo della Stampa di Milano. Inoltre non fuggì ad evento concluso, ma si fermò a commentare con i presenti e a sottoporsi al fuoco di fila di foto che seguirono.
Negli anni successivi capitò di incontrarci in qualche occasione e ciò che mi colpiva era la sua perenne cordialità, unita a quello che giustamente il grande Sandro Ciotti aveva definito “il sorriso che non conosce confini”. Eppure la sua vita, esattamente come quella di ognuno di noi, non poteva essere sempre, né lo era, un cammino lastricato di rose. Ma lei andava avanti, con piglio deciso e costantemente pronta a nuove avventure. Conoscendola personalmente, è naturale che seguivo la sua carriera che proseguiva in più direzioni e, nel 2004, tornata dalla prima edizione dell’Isola dei Famosi la intervistai più volte per il programma di solidarietà che conducevo su Rtl (andavamo in onda alle 7 del mattino … e anche se si trattava di rispondere al telefono e non di partecipare di persona, lei non mi disse mai di no). Passò qualche anno e ricorsi ancora a Maria Teresa per un evento benefico che avevo organizzato. Lei, nonostante si trovasse per lavoro in un posto alquanto distante e nonostante piovesse che Dio la mandava, arrivò puntualissima alla guida della sua auto e fu una testimonial eccezionale.
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Generazione F Ora, sia ben chiaro che non sto facendo il santino di questa amica; sto semplicemente tentando di sintetizzare, tramite lei, quali possono essere le qualità (per alcuni, i difetti) che la accomunano con la maggioranza di noi Over. Arriviamo così allo scorso 23 aprile, compleanno di Maria Teresa. C’è da sottolineare: la nostra ha appena compiuto soltanto 59 anni ma, come le dissi al telefono quel giorno, dato che stava entrando nel sessantesimo, avrebbe potuto diventare la nostra testimonial perfetta. In realtà gliela buttai lì perché era un’idea che mi balenò mentre le stavo facendo gli auguri; mi rispose mandami la rivista da vedere e ti faccio sapere. Dopo una decina di giorni fu lei a chiamarmi per accettare. Ci trovammo a L’Arabesque di Milano assieme all’amico fotografo di RCS Maurizio Maule, che ci regalò tempo e competenza per un’intera mattina. Lei, inutile dirlo, era arrivata con una borsa piena di capi di vestiario per gli eventuali cambi (prestando anche alla sottoscritta una giacca tutta cuoricini e stelline), di trucchi e di altro, travolgendoci con la sua simpatia, educazione, disponibilità. Se volessimo mettere degli hashtag dopo il nome e cognome della testimonial di Generazione Over 60 non avremmo dubbi: #Lavori in corso (che è anche il nome della rubrica con la quale seguiremo ogni mese Maria Teresa nel suo lavoro) #freghiamocenedeltempochepassa #sorridiamo #reinventiamoci #rinnoviamoci #ascoltiamo. E ancora: #affidabilità #amicizia #puntualità #ironia #autoironia #professionalità #sanafollia.
E torniamo all’argomento di questo mese: il successo. Difficile parlarne, perché per prima cosa bisogna distinguerlo dalla fama, e poi è necessaria un’ulteriore distinzione: quella fra successo pubblico e successo personale. Nelle nostre rubriche i collaboratori e l’hanno affrontato dalle più varie sfaccettature, e li ringrazio ancora, perché non è stato semplice. Per i più curiosi, che vogliono mettere alla prova le proprie conoscenze
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Generazione F riguardo ai personaggi famosi, c’è anche un divertente quizzone, realizzato dalla nostra corrispondente a New York, in cui è compreso l’inizio del pensiero di Maria Teresa Ruta. Eccolo nella sua interezza: Il successo è impalpabile. A volte lo confondiamo con la felicità... Ti sembra di averlo perché sei realizzato, perché il tuo impegno è riconosciuto, perché ti senti stimato… perché sei applaudito… per molti addirittura è confuso con la ricchezza… Per me il successo è la serenità della quotidianità vissuta sempre con impegno ed entusiasmo... Il successo è sentirmi dire dai miei figli : “Ti voglio bene; sei un esempio per me”.
Maria Teresa con i figli Gian Amedeo e Guenda E per la sottoscritta, che cos’è il successo? Ci ho pensato a lungo, per concludere che riguarda due ambiti: il mio lavoro (ho l’immensa fortuna di svolgere un mestiere che adoro e mi dà la possibilità di continuare a imparare e confrontarmi con le persone) e i miei amici (tante volte l’ho ripetuto ma è senz’altro così: ciò che non mi è arrivato dalla famiglia è stato compensato e ulteriormente superato dalla presenza costante e concreta- mai superficiale- di numerosi amici e amiche, di ogni età). Per questo riassumo con due semplici immagini quelli che ritengo i miei “successi”, ciò che la vita mi ha regalato, ma che ho fatto di tutto per conservare. Sempre.
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Generazione F
Presentazione di un mio libro da parte del prof. Silvio Garattini.
Con la mia amica Chiara. E per voi, cari lettori? Scrivete alla mail della rivista - generazioneover60@gmail.com - la vostra idea di successo. Ci teniamo a conoscerla e condividerla!
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Foto d’autore FOTO D’AUTORE La piuma come lievità. E come il vento, che può far volar via il successo Di Minnie Luongo
Lievità (foto di Francesco Bellesia) https://francescobellesia.it/-10-
Abbiamo tutti presente la piuma bianca con cui inizia , e con cui anche finisce, “Forrest Gump”, pluripremiato film del 1994 con uno strepitoso Tom Hanks quale protagonista. Ma che cosa rappresenta quella piuma? Si è scomodato Milan Kundera con L’insostenibile leggerezza dell’essere (romanzo scritto 12 anni prima); si è pensato potesse rappresentare l’intelletto particolare di Gump; è stata tirata in ballo la casualità dell’esperienza ...
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Foto d’autore
Un’immagine iconica: Forrest Gump seduto sulla panchina con in mano una piuma bianca
Hanks stesso ha voluto attribuire un significato a quell’oggetto così leggero e potente allo stesso tempo: Il nostro destino è definito solo dal modo in cui trattiamo gli elementi casuali della nostra vita…questa cosa può atterrare ovunque, anche ai tuoi piedi, facendoti fermare magari e riflettere“. Insomma, il destino come viene, viene. Ma siamo solo noi, con le nostre azioni, parole e pensieri che possiamo cambiarne il corso, come succede ad una piuma quando improvvisamente soffia di nuovo il vento. Il successo, io credo, possa essere paragonato ad una piuma: leggero ed effimero, ma anche saldo e permanente. I motivi che lo determinano dipendono da una pluralità di fattori: personalità, talento, impegno, costanza... Ma anche da fatti esterni o persone che ci passano accanto in un preciso momento. E la foglia nera fotografata da Bellesia accanto alla piuma bianca(senz’altro più pesante, anche metaforicamente) potrebbe potrebbe rappresentare la fine di un successo, o l’idea di un successo neppure mai conquistato. Perché il destino, assieme al vento, l’hanno fatto volare via …
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Foto d’autore FRANCESCO BELLESIA Sono nato ad Asti il 19 febbraio del 1950 ma da sempre vivo e lavoro a Milano. Dopo gli studi presso il liceo Artistico Beato Angelico ho iniziato a lavorare presso lo studio di mio padre Bruno, pubblicitario e pittore. Dopo qualche anno ho cominciato ad interessarmi di fotografia, che da quel momento è diventata la professione e la passione della mia vita. Ho lavorato per la pubblicità e l’editoria ma contemporaneamente la mia attenzione si è concentrata sulla fotografia di ricerca, libera da vincoli e condizionamenti, quel genere di espressione artistica che oggi ha trovato la sua collocazione naturale nella fotografia denominata FineArt. Un percorso parallelo che mi ha consentito di crescere e di sviluppare il mio lavoro, una sorta di vasi comunicanti che si sono alimentati tra di loro. Molte sono state le mostre allestite in questi anni e molte le manifestazioni alle quali ho partecipato con premi e riconoscimenti. Continuo il mio percorso sempre con entusiasmo e determinazione… lascio comunque parlare le immagini presenti sul mio sito.
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Incipit VIVENTI: SUCCESSO SENZA FAMA Oggi, sempre più spesso, un abile uso del marketing mette in relazione le “caratteristiche” di un risultato con il “prezzo” Di Giovanni Paolo Magistri - biologo Si può diventare famosi per aver avuto successo, esserlo per non averlo avuto, come non essere famosi per non aver avuto successo. Frequentemente il “successo umano” è dovuto all’abile uso del marketing che esprime garanzia di qualità e non di valore; il marketing è un meccanismo di comunicazione persuasiva che mette in relazione le “caratteristiche” di un risultato con il “prezzo” per ottenerlo ed il “momento” della proposta. Jean Baptiste de Lamarck (1744-1829) fu il primo scienziato ad elaborare la prima teoria dell’evoluzione degli organismi viventi basata sull’adattamento e sulla ereditarietà dei caratteri acquisiti; ciononostante morì in povertà abbandonato dal mondo accademico del tempo che attribuì a Charles Darwin (1809-1882) il merito di aver dipanato l’intricata diatriba tra “creazionismo” ed “evoluzionismo”. Lo stesso Darwin dovette lottare non poco prima di ottenere il riconoscimento di quanto Charles Darwin (1809- 1882) in una la sua teoria evoluzionistica sostenesse; si può caricatura ironica del tempo anche diventare famosi per un successo che, precedentemente sul medesimo “argomento”, era stato un insuccesso. Pur non nascondendo ammirazione per entrambi, sono tra coloro che tendono ad attribuire a Lamarck un “valore” maggiore rispetto a Darwin; l’uno ha elaborato una teoria; l’altro ne ha relazionato i meccanismi che la sottendono.
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Incipit
La teoria dell’adattamento , Jean Baptiste de Lamarck (1744-1829) In natura la “fama” sembra non esistere, mentre il “successo” è ben presente; le mutazioni genetiche nel proporre all’ambiente soluzioni diversificate possono casualmente andare incontro a successo o all’insuccesso della proposta, come ben descritto da Jacques Monod nel suo celeberrimo libro “Il caso e la necessità”. L’attuale pandemia può essere utile per illustrare meglio questo aspetto; ora che abbiamo messo a punto una serie di vaccini tutti più o meno “tarati” per contrastare il SARS COVID-19, il virus continua la sua replicazione proponendo le cosiddette “varianti”, che altro non sono che scostamenti genetici dal ceppo originario. Ad oggi questi scostamenti sembrerebbero coperti dagli attuali vaccini, ma se una variante dovesse sfuggire alla copertura vaccinale, ahimè, saremmo costretti alla messa a punto di un nuovo vaccino e ripetere nuovamente il processo di vaccinazione di tutti gli individui. Questo, in parole contenute, è il problema; la risoluzione consiste principalmente nel procedere a una marcata accelerazione delle vaccinazioni, per limitare la possibilità dell’insorgere di varianti di successo, in aggiunta al contenimento della diffusione virale contrastabile con il forzato impedimento degli incontri interpersonali. La “fama” è una sovrastruttura culturale umana, forma di riconoscimento utile alla vita sociale mentre il “successo” è un sistema per l’avanzamento di nuove proposte di diversificazione genetica finalizzate alla sopravvivenza della specie; interessante sarebbe analizzare sociologicamente il valore della fama.
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Scienza JURIJ GAGARIN: UN NOME MERITATAMENTE FAMOSO DA 60 ANNI 12 aprile: Giornata internazionale del volo dell’uomo nello spazio Di Minnie Luongo –giornalista scientifica “La vedo! La Terra è blu! ” Questa l’esclamazione di Jurij Alekseevič Gagarin, il primo uomo nello spazio, esattamente 60 anni fa. Per onorare lo storico viaggio dell’allora 27enne astronauta russo e il suo giro ellittico attorno alla Terra, l’Unesco ha voluto indicare il 12 aprile come “Giornata internazionale del volo dell’uomo nello spazio”.
Jurij Gagarin (Corbis via Getty Images) Di fatto, quel 12 aprile 1961 Gagarin aprì la via alle missioni umane di esplorazione del cosmo. A nemmeno quattro anni dal lancio dello Sputnik, che aveva inaugurato l’era spaziale, c’era un uomo che riusciva a superare i confini dell’atmosfera: un primato, ricordiamo, raggiunto nel pieno della corsa allo spazio che vedeva Stati Uniti e Urss acerrimi rivali. A bordo della Vostok 1, in 108 minuti completò un’intera orbita ellittica attorno alla Terra, raggiungendo un’altitudine massima di 302 km e una minima di 175 km, viaggiando a una velocità di 27.400 chilometri orari. Nessun essere umano lo aveva fatto prima. Ecco il commento di Franco Malerba, primo astronauta italiano (all’epoca dell’impresa un ragazzino di
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Scienza quasi 15 anni): “Credo che l’elemento fondamentale di quella missione sia stato il coraggio. Al tempo di Gagarin non si sapeva ancora come il corpo umano si sarebbe comportato, ammesso che fosse arrivato sano e salvo in orbita in condizioni di assenza di peso, e quali scompensi avrebbe potuto produrre questa situazione. Poteva davvero andare tutto storto, dalla partenza, al giro intorno all’orbita terrestre, fino all’atterraggio, avvenuto sotto gli occhi stupefatti di alcuni contadini, a sud della città di Ėngels”. “Gagarin è stato davvero un eroe perché ha preso su di sé una grande scommessa: forse lo ha fatto anche con disciplina di soldato, forse con l’aspirazione di passare all’immortalità. Ma resta il fatto che ha messo in gioco una gran quantità di coraggio”. Dopo la storica impresa- per la quale aveva scelto il nome Cedro- Gagarin collaborò alla preparazione di altre missioni spaziali, come quella che nel 1963 porterà in orbita Valentina Tereskova. In seguito collaborerà allo sviluppo della navicella Sojuz (ancora oggi operativa) e proseguì l’addestramento, destinato a comandare il volo della Sojuz 3, primo del programma con equipaggio umano dopo quello della Sojuz 1 che nel 1967 si concluse tragicamente con a bordo Vladimir Komarov, di cui Jurij era riserva. Continuò pertanto a effettuare voli sui caccia Mig, per mantenere il numero di ore volo e addestramento. Ma il 27 marzo 1968 (un anno prima dello storico allunaggio statunitense) mentre stava effettuando con il copilota Seregin un normale volo di addestramento su un caccia Mig-15, perse il controllo del velivolo che cadde in avvitamento. Non si lanciò con il paracadute: in questo modo si sarebbero salvati, ma il Mig si sarebbe infranto su un’area abitata: Jurij Gagarin morì a soli 34 anni.
La gigantesca statua eretta a Mosca in onore di Jurij Gagarin
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A lui, in occasione delle Olimpiadi del 1980, fu dedicata una statua a dir poco imponente. Il monumento si trova a Mosca, in piazza Gagarin, alla fermata Leninskij Prospekt. La statua (il cui piedistallo è progettato per ricordare i gas di scarico di un razzo) è realizzata in titanio, un metallo spesso usato per i velivoli spaziali, e pesa 12 tonnellate per un’altezza di 42,5 metri.
Scienza A proposito, quanti bambini sono stati chiamati da allora così, in tutto il mondo, in suo onore? Il 12 aprile, Giornata internazionale del volo dell’uomo nello spazio, è stata l’occasione per approfondire il motivo della scelta dei genitori. E anche se spesso il nome è stato trascritto in modo errato all’anagrafe (anche e forse soprattutto in Italia), pazienza… sappiano comunque che la grafia esatta del nome del primo astronauta è Jurij.
(Photo credit should read /AFP via Getty Images)
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Salute CONSEGUENZE PSICOLOGICHE DEL SUCCESSO Sapevate che esiste una vera e propria dipendenza da successo? Una patologia dalla quale, impegnandosi, si può guarire Di Paola Esposito – psicologa, psicoterapeuta
Le persone che rincorrono il successo vedono dinanzi a sé la notorietà e la possibilità di aumentare i propri guadagni. Molto spesso però, una volta che si sono raggiunti questi obiettivi, si assiste ad una perdita di interesse verso la vita e, ad aggravare questo sentimento, interviene la condizione in cui ci si ritrova a vivere, rappresentata da una totale mancanza di privacy, capace - paradossalmente- di determinare una spiacevole condizione di isolamento. Il successo può alterare il proprio sé, perché una delle conseguenze più diffuse in caso di notorietà è il vissuto del bisogno di dipendenza.
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Salute Le persone affette da “dipendenze da successo” soffrono di un disturbo comportamentale, basato sul bisogno profondo di essere viste ed elogiate affinché possano sentirsi “bene”. Le stesse che vivono questo disagio, inoltre, sono accomunate da una grande paura: quella di essere invisibili, e per questo motivo presentano caratteristiche di personalità quali ansia e depressione.
Foto Getty Images Recenti ricerche hanno evidenziato che i tratti maggiormente presenti nelle persone dipendenti dal successo possono essere così riassunti: • bisogno di convalida costante di sé da parte di familiari e amici • instabilità nell’umore • difficoltà a controllare i propri impulsi • scarsa autostima • crisi di identità • eccessivo opportunismo davanti a nuove relazioni. In pratica, le persone che vivono la condizione di successo presentano spesso un doppio sé: uno esibito, costruito e spesso falso, e l’altro rappresentato dal proprio mondo interno. Risultato finale: la popolarità finisce con l’accompagnarsi alla maschera con la quale ci si relaziona con il mondo. Un’ulteriore considerazione da fare che riguarda questo disturbo: esso risulta sempre più diffuso nella popolazione “normale” perché, specie grazie all’uso dei social, è aumentato il desiderio di essere visti. O, comunque, notati. Tuttavia, è di conforto sapere che da questa dipendenza si può guarire. Dopodiché, volendo, non solo si può utilizzare il proprio successo per aiutare chi è in difficoltà e, soprattutto, distribuire parte del guadagno determinato dalla notorietà per avere una percezione di noi e del mondo più realistica e giusta.
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Stile Over SARANNO FAMOSI Una serie televisiva che ha lasciato il segno in chi era giovane negli anni Ottanta. A partire da me Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica
“ E ora, che cosa scrivo?” Il filo conduttore di questo numero è la fama, un tema che non mi è particolarmente congeniale, ma mentre mi chiedevo come affrontarlo nella mia mente è affiorato un ritmo, e un ricordo: “I’m gonna live for ever/I’m gonna learn how to fly “(www . youtube . com/ watch?v=0 _mJwy2fFi0- ). Ma certo! Se si parla della corsa al successo, del desiderio di vedere il proprio nome stampato a lettere cubitali, come non parlare di Fame, Saranno Famosi, la serie televisiva ispirata al film del 1980 diretto da Alan Parker e andata in onda in tv tra il 1982 e il 1987 con ben 136 puntate? All’epoca la storia dei ragazzi della High School of Performing Arts di Manhattan è stata un successo indiscusso, oltre ad avere ispirato un filone televisivo basato sui talent (non a caso la prima versione di “Amici” di Maria De Filippi si chiamava proprio “Saranno Famosi”).
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Stile Over Per me, e in generale per chi è stato giovane negli anni ’80, era un appuntamento imperdibile. Impossibile resistere al mix di spettacolo e vicende personali dei protagonisti e al ritmo trascinante della sigla. E che cos’è, d’altra parte, la speranza “di vivere per sempre e di illuminare i cieli” cantata dai ragazzi se non la versione moderna dell’Exegi monumentum aere perennius, il monumento più duraturo del bronzo che sigla la conclusione dei Carmina oraziani? I tempi cambiano, i cuori degli umani molto meno, anche se personalmente l’idea della fama non mi esalta troppo. Ho sempre saputo che non mi sarebbe piaciuto diventare un personaggio pubblico... il che non mi ha impedito di amare follemente i protagonisti della serie e di seguirne con passione le vicende. E di aver voglia di vedere che fine hanno fatto, pur sapendo di rischiare qualche brutta sorpresa (potete scoprirlo qui www .youtube .com/ watch?v=0b3UF7MKrF0 Da amante delle serie tv, non avevo dubbi sul successo della grintosa insegnante di danza Lydia Grant, cui il regista assegna la battuta che fa da traccia alla serie “ Voi fate sogni ambiziosi, successo, fama... ma queste cose costano ed è proprio qui che cominciate a pagare...col sudore”. Lydia, ossia Debbie Allen, è stata ballerina e coreografa e oggi interpreta la dottoressa Catherine Fox Avery, uno dei personaggi più interessanti della serie Grey’s Anatomy di cui ha anche diretto alcuni episodi. Mentre la sua amica, l’insegnante di letteratura Elizabeth Sherwood (l’attrice Carol Majo Jenkins) si è poi dedicata soprattutto al teatro e all’insegnamento.
Debbie Allen, ieri e oggi ( Getty Images) Sarà un caso, ma nella storia di Fame succede spesso che carriera e aspirazioni del personaggio s’intreccino a quelle dell’interprete. Sarà perché la serie è stata per molti di loro “un sogno diventato realtà”, come ha raccontato Erica Gimpel -l’interprete di Coco Hernandez - in una recente intervista (www.youtube.com/ watch?v=d1nkpb4Wcjc) in occasione di un concerto benefico che ha visto riuniti i protagonisti della serie. La Gimpel stava frequentando la vera Scuola d’Arte di New York quando fu notata e convocata per una parte
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Stile Over nel telefilm: “Mostrare persone di culture e provenienze diverse impegnate a realizzare concretamente i propri sogni è stato di ispirazione per tanti ragazzi” ricorda ancora l’attrice che abbiamo seguito in tante serie televisive. Una carriera brillante è toccata anche a Lori Singer, che interpretava l’eterea violoncellista bionda Julie, un personaggio creato per permetterle di sfoggiare la sua reale preparazione musicale, senza dimenticare l’apparizione in alcuni episodi della quarta serie di Janet Jackson, allora non ancora famosa.
La mia preferita? Lei, Doris Schwartz, alias Valerie Landsburg (Getty Images)
Valerie Landsburg oggi
Ma la mia preferita tra le protagoniste della serie era l’ironica e sensibile Doris Schwartz, l’aspirante attrice interpretata da Valerie Landsburg, che ha tenuto fede alle ambizioni del suo personaggio e si è costruita una solida carriera come attrice, regista e scrittrice. Quanto ai due italo- americani del gruppetto, Lee Curreri, l’interprete del timido musicista Bruno Martelli, dopo qualche esperienza di recitazione, si è
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Stile Over dedicato alla musica, mentre Carlo Imperato, ossia il comico Danny Amatullo ha continuato a interpretare ruoli leggeri in tv -apparendo tra l’altro in Friends - e al cinema. Inevitabilmente, dopo quasi quarant’anni alcuni dei protagonisti della serie ci hanno lasciato. E’ il caso di Albert Hague, interprete dell’amato insegnante di musica Benjamin Shorofsky, oltre che musicista e compositore di musical di successo nella vita reale, e di Ann Nelson, la mitica segretaria signora Berg. E rattrista sapere che la stessa sorte è toccata a Gene Anthony Ray, interprete del talentuoso e indisciplinato ballerino Leroy Johnson, che è morto nel 2003 a quarantuno anni dopo una breve carriera nella danza vissuta in parte in Italia, ma compromessa dall’abuso di alcol e droghe.
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Per approfondire FAMA: PROVERBI E CITAZIONI Perché qualcuno ha paura di successo e fama? Un tema su cui si è dibattuto a lungo e che continua ad appassionare, con conclusioni spesso opposte Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica
Monumento a W. Churchill (Unsplash, credit photo by Arthur Osipyan), Londra
Il successo e la fama fanno paura? A giudicare dagli aforismi dedicati al tema, sembra che spesso sia così . E’ soprattutto la tradizione popolare che invita alla prudenza, sottolineando i rischi impliciti nella scalata al successo: chi troppo vuole nulla stringe, ammonisce un proverbio celebre invitando alla moderazione, e un altro detto popolare ricorda che buona fama presto è perduta, senza dimenticare chi si loda s’imbroda, eterno ammonimento a chi fosse tentato di trasformarsi in PR di se stesso. Fa eccezione, ma è una rarità, Fra Modesto non fu mai priore, esplicito invito a rivendicare i propri meriti per raggiungere l’obiettivo desiderato. Anche se forse la citazione più nota è Chi troppo in alto sal, cade sovente precipitevolissimevolmente, spesso citato come proverbio, anche se in realtà è un verso di «La Celidora ovvero Il governo di Malmantile”, un’opera burlesca pubblicata del 1734 da Andrea Casotti.
Il tema si è inevitabilmente dibattuto da tempi antichissimi. Nella Roma antica la Fama è una divinità dalle mille bocche destinata ad amplificare ogni voce - così per esempio nel virgiliano fama volat - e quindi anche il successo. Di cui oggi è più o meno un sinonimo, anche se a rigor di termini il successo dovrebbe
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Per approfondire implicare il raggiungimento di un qualche risultato - si tratti del premio Nobel o di un torneo sportivo di quartiere - mentre la fama è non di rado effimera. Tanto che si può avere una pessima fama - o fama di essere un pessimo soggetto - mentre al successo tendiamo comunque ad attribuire un connotato positivo. Anche i pensatori classici si sono occupati del tema, sia pur meno di quanto si potrebbe supporre. Troviamo però un’inattesa riflessione di Virgilio sugli effetti positivi dei propri trionfi, Il successo li incoraggia: essi possono poiché pensano di potere. Mentre per lo storico Tacito Il desiderio di gloria è l›ultima aspirazione di cui riescono a liberarsi anche gli uomini più saggi, e lo spirito critico di Marziale ricorda che Non mi piace l’uomo che sperpera la sua vita per la fama; datemi l’uomo la cui vita crea la sua fama. Difficile poi estrapolare una citazione dall’opera di Shakespeare, dato che molte tragedie ruotano proprio intorno alla fragilità effimera del successo, di quella gloria che è come scrive il Bardo nell’”Enrico VI” come un cerchio nell’acqua, che non cessa mai di allargarsi, finché, a furia di spandersi, si sperde nel nulla. In tempi più vicini a noi lo sguardo sulla gloria si fa più ironico e disincantato. Anche perché i mezzi di comunicazione di massa ne hanno trasformato la natura: secondo la celebre frase di Andy Warhol, In futuro tutti saranno famosi per quindici minuti.
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Per approfondire Una battuta profetica - secondo alcuni da attribuire al fotografo Nat Finkelstein, che l’avrebbe pronunciata appunto in un dialogo con Warhol - visto che risale a metà degli anni ’60, ben prima dell’esplosione della cultura di massa e dell’invenzione di internet e dei social. Ma già per Oscar Wilde Al mondo c’è una sola cosa peggiore dell’essere chiacchierati, ed è il non essere chiacchierati, mentre una che di notorietà se ne intende, la scrittrice Erica Jong, avverte che Avere fama significa che milioni di persone hanno un’idea sbagliata di chi tu sia.
Richard Burton con Liz Taylor in Cleopatra (1963), Gettyimages A volte si tratta di fare delle scelte: Devi prendere una decisione. Vuoi essere un grande attore o solo avere un nome famoso? chiese Lawrence Olivier a un giovane Richard Burton, all’epoca impegnato nelle riprese del kolossal Cleopatra. Più sobriamente Winston Churchill osservava che Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; quello che conta è il coraggio di continuare. E’ la saggezza di un uomo che definiva il suo maggior successo il fatto di aver convinto sua moglie a sposarlo. Ma forse la considerazione più valida resta quella di Henry David Thoreau: C’è un solo tipo di successo: quello di fare della propria vita ciò che si desidera.
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Per approfondire
Fuente de la Fama (Madrid)
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il tempo della Grande Mela IPSE DIXIT (IL QUIZ CHE DÀ FAMA E SUCCESSO!) Mettetevi alla prova e provate ad attribuire all’autore esatto le 50 frasi celebri che abbiamo selezionato per voi. Dalla nostra corrispondente a New York Flavia Caroppo – giornalista
La sfrontata saggezza popolare pugliese
Ai famosi viene spesso chiesto di rispondere a domande su “fama e successo” e alcune di queste risposte diventano “frasi celebri”. A conclusione di questo numero su “la fama e il successo”, abbiamo voluto tirare le somme con un “Ipse dixit”, una raccolta di frasi famose delle quali potete, se vi va, provare a indovinare l’autore. Potete sfidare voi stessi o usare questo quiz per gareggiare con amici e conoscenti (a distanza, s’intende)! Confrontate poi la vostra risposta con quella corretta cliccando sul link “Chi l’ha detto?” (o scritto). Niente paura, abbiamo aggiunto qualche foto per aiutarvi (o per confondervi ancora di più le idee) e qualche risposta arriva dritta dritta da questo articolo di Paola Emilia Cicerone)! Buon divertimento, e prima di mettere alla prova la vostra cultura cliccate sul bottone qui sotto! «Più in alto arrivi, maggiori sono gli errori che ti viene concesso di commettere. Una volta in cima, gli sbagli commessi saranno considerati parte del tuo stile». Chi l’ha detto?
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il tempo della Grande Mela «È duro fallire, ma è ancor peggio non aver mai provato ad avere successo. In questo mondo non otteniamo niente senza sforzi». Chi l’ha detto? «Tutto ciò di cui hai bisogno in questa vita è ignoranza e fiducia, poi il successo è assicurato». Chi l’ha detto?
«Il successo viene spesso raggiunto da coloro che non sanno che il fallimento è inevitabile». Chi l’ha detto? «Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; quello che conta è il coraggio di continuare». Chi l’ha detto? «Non so quale possa essere il segreto del mio successo, di certo posso dire che in questi anni mi sono sempre impegnata con tenacia per fare sempre meglio e sempre di più». Chi l’ha detto?
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il tempo della Grande Mela «Devi camminare con circospezione sulle teste su cui cammini per arrivare in cima, perché saranno le stesse teste tra le quali dovrai ripassare quando ruzzolerai giù». Chi l’ha detto? «Pretendo di essere sempre il migliore, in tutto. È nel mio carattere. Non m’interessa una posizione da comprimario». Chi l’ha detto?
«Il successo non si può spiegare, semplicemente accade». Chi l’ha detto? «Più ottengo successo, più sento il bisogno di un uomo». Chi l’ha detto? «Un conto è il successo che fa un po’ di storia o che passa solo alla cassa, un altro è il successo nel fare ciò in cui credi ed avere una risposta positiva da parte del pubblico». Chi l’ha detto? «Per raggiungere un obiettivo devi essere abbastanza coraggioso da fallire». Chi l’ha detto?
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il tempo della Grande Mela «Il successo è impalpabile. A volte lo confondiamo con la felicità». Chi l’ha detto? «Se le persone sentono il bisogno di dirti quanto successo hanno, non sono affatto persone di successo». Chi l’ha detto?
«Che cos’è il successo? Una forza segreta, indescrivibile, una sagacia, una prontezza… la coscienza di poter imprimere una spinta alla vita che si muove intorno a me grazie alla mia sola presenza… La fiducia di poter piegare la vita a mio favore… fortuna e successo sono dentro di noi. Dobbiamo trattenerli con fermezza, nel profondo». Chi l’ha detto? «Devi prendere una decisione. Vuoi essere un grande attore o solo avere un nome famoso?». Chi l’ha detto? «Io distinguo due tipi di successo: quello che ho avuto nello sport e quello nel cinema. Il primo è mio e non me lo leva nessuno. Il secondo è quello che il pubblico ha deciso di darmi e che mi ha permesso di fare 120 film». Chi l’ha detto? «Chi non arrischia qualche cosa non guadagna mai nulla». Chi l’ha detto? «Il segreto del successo non sta nel possedere, ma nel controllare tutto». Chi l’ha detto? «Le donne non avranno mai successo come gli uomini perché non hanno una moglie che dà loro consigli». Chi l’ha detto? «Un uomo che non piange, non potrà mai fare grandi cose». Chi l’ha detto?
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il tempo della Grande Mela «Chi troppo in alto sal, cade sovente precipitevolissimevolmente». Chi l’ha scritto? «Il successo è trovare soddisfazione nel dare un po’ più di quello che prendi». Chi l’ha detto?
«C’è un solo tipo di successo: quello di fare della propria vita ciò che si desidera». Chi l’ha detto? «Non c’è maggior successo che l’incontro piacevole tra due fallimenti». Chi l’ha detto? «La grandezza non contempla mai la facilità». Chi l’ha detto? «Per avere successo, non è sufficiente prevedere, dobbiamo anche imparare a improvvisare». Chi l’ha detto?
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il tempo della Grande Mela «Una delle cose più importanti dell’avere successo è stata lo smettere di avere paura di morire. Ero ossessionato dalla morte, dalle cose che finiscono, dalla fine della mia carriera. Alla fine ho realizzato che forse essere una star del cinema vuol dire essere già morti e imbalsamati». Chi l’ha detto? «Il successo non ti cambia, la fama sì». Chi l’ha detto? «L’infelice che s’affanna. Non deve maledir, non deve odiare chi trionfa per lui». Chi l’ha detto? «Non mi piace l’uomo che sperpera la sua vita per la fama; datemi l’uomo la cui vita crea la sua fama». Chi l’ha detto? «Devi avere una sorta di desiderio ardente nel tuo petto per avere successo». Chi l’ha detto? «E’ il successo, non la celebrità, a dare dipendenza. Sono dipendente da un sacco di cose e, come spesso accade, il successo è una di queste». Chi l’ha detto? «Se un uomo è in grado di colmare la distanza tra la vita e la morte, se è in grado di vivere anche dopo la sua morte, allora forse è stato un grande uomo». Chi l’ha detto?
«Nel giro di pochissimo tempo si è ritrovato con il denaro per fare tutto quello che voleva, con la fama mondiale, e tutte le donne ai suoi piedi. Il successo ottenuto così rapidamente è una cosa terribile. Soprattutto per una persona estremamente vulnerabile come James Dean». Chi l’ha detto? «Il desiderio di gloria è l’ultima aspirazione di cui riescono a liberarsi anche gli uomini più saggi» Chi l’ha scritto? «Io ho sempre pensato con Erasmo da Rotterdam che le cose più grandi nella vita e nella Storia, siano sempre frutto, non della ragione, ma di una sana, lungimirante, visionaria follia». Chi l’ha detto? «L’uomo virtuoso si occupa innanzitutto della difficoltà da superare, e solo in seconda battuta del successo». Chi l’ha detto?
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il tempo della Grande Mela «La vita cerca problemi e l’offerta di problemi è significativa per il successo; una mancanza di problemi può provocare una stagnazione». Chi l’ha detto?
«Non credo che entrare ed uscire da una limousine abbia a che fare con l’essere un’icona». Chi l’ha detto? «Non conosco una via infallibile per il successo, ma una per l’insuccesso sicuro: voler accontentare tutti». Chi l’ha detto? «Per realizzare grandi cose, ci vogliono due cose; un progetto, e non molto tempo a disposizione». Chi l’ha detto?
«Non misurare mai l’altezza di una montagna fino a che non hai raggiunto la vetta. Allora ti accorgerai di quanto era bassa». Chi l’ha detto? «Per avere successo, salta rapidamente sulle opportunità così come fai sulle conclusioni». Chi l’ha detto? «L’unico posto in cui successo viene prima di sudore è il dizionario». Chi l’ha detto? «Non cercare di diventare un uomo di successo, ma piuttosto un uomo di valore». Chi l’ha detto?
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il tempo della Grande Mela «Che alcuni raggiungano un grande successo, è prova che altri possono altrettanto raggiungerlo». Chi l’ha detto?
«Perché essere un uomo quando puoi essere un successo?» Chi l’ha detto? «Gli uomini sono fatti in un modo tale che ognuno fa ciò in cui ha visto un altro aver successo, a prescindere dal fatto ch’Egli abbia attitudine oppure no». Chi l’ha detto? «Lasciate che vi dica il segreto che mi ha portato al successo. La mia forza risiede soltanto nella mia tenacia». Chi l’ha detto?
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Da tener d’occhio G. B. MAGISTRI, PITTORE E GRAFICO MILANESE
Piazza San Babila, Milano . Dipinto di G. B. Magistri Impossibile per i milanesi non riconoscere in questo dipinto di Giovanni Balilla Magistri Piazza San Babila, nel pieno centro storico (corso Vittorio Emanuele II la collega a piazza del Duomo) . A lungo punto d’incontro favorito dall’alta borghesia milanese, la piazza è delineata da architetture imponenti che, per la maggioranza, risalgono agli anni Trenta . In questo dipinto, realizzato dopo il 1965, spicca il particolare del tram che avanza sui binari, poi eliminati, anche perché la linea M1 della metropolitana, inaugurata nel ’64, portò all’abolizione di molte reti tramviarie della città . Parlando di fama nell’ultimo numero di Generazione over60, anche G . B. Magistri ebbe meritatamente la sua, con la strada che nel 2004 gli fu dedicata vicino a piazzale Lodi . Chissà se, ritraendo piazza San Babila, G .B. Magistri avrebbe mai immaginato che neppure 40 anni dopo anche lui avrebbe avuto una “sua” via? Lui diceva : “Sarà il Tempo a giudicare il mio operato pittorico, forse un giorno mi noterà” . E il tempo, è il caso di dirlo, questa volta è stato galantuomo . Info e altro sul sito https://gbmagistri.org
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Da tener d’occhio Una curiosità non da poco : fu proprio Giovanni Paolo Magistri che creò il primo logo del Saggiatore, nel 1958. Eccolo :
E questi i ricordi in proposito del figlio Giovanni Paolo, allora bambino di 7 anni : Mi avvicinai alla scrivania : “Cosa stai disegnando, papà?” chiesi incuriosito . “Il logo della casa editrice Il Saggiatore; la barra centrale è la lettera iniziale I e questa doppia linea curva è la prima lettera della parola Saggiatore” mi rispose . “Ma la esse non è fatta così ! Non è chiusa alla base ! ”, obiettai con sicura convinzione da scolaretto” . “È vero, ma chiudendo la linea ho voluto rappresentare la Terra e dare un senso di diffusione globale della cultura; Il Saggiatore è un trattato scritto da Galileo Galilei sull›origine delle comete, e il titolo del trattato deriva dalla bilancia di precisione detta saggiatore, con la quale si fanno misurazioni scrupolose e oneste” .
“Non capii, ma la cosa mi divertì” .
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Incursioni LA DIVISA DI FIGLIUOLO Il secolo scorso indossare la divisa voleva dire aver successo, specie con le donne. E oggi? Di Marco Vittorio Ranzoni- giornalista
Meritato successo dei “Ragazzi del ’99”: centinaia di migliaia di giovanissimi che, neppure diciottenni, vennero precettati durante la prima guerra mondiale
La divisa di Francesco Paolo Figliuolo è divisiva, inutile negarlo. Alcuni ci vedono finalmente l’immagine dell’uomo che sa prendere decisioni nei momenti difficili, altri sono a disagio, e taluni addirittura paventano una deriva autoritaria. Tanti si chiedono se sia davvero necessario che indossi la divisa mimetica, che fa tanto generale Buttiglione, con tanto di cappello da alpino colla piuma al vento. Mi sa che non ha molta scelta: da generale di corpo d’armata in servizio permanente effettivo, quale che sia il ruolo affidatogli durante questa emergenza sanitaria, resta un militare e non può mostrarsi in giacca e cravatta. Probabilmente ha optato per la tuta mimetica perché l’alternativa sarebbe ancora più vistosa, obbligato com’è a mostrare le insegne e le decorazioni ricevute, un medagliere luccicante di almeno un chilo da tenere sul petto, che farebbe invidia a un ufficiale coreano. Però lo capisco bene, non è facile guardare all’uomo al netto della sua divisa. I maschi cinquanta-sessantenni di oggi, spesso non hanno mai vestito una divisa e le coetanee molto probabilmente non ne hanno mai subìto il fascino.
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Incursioni
Il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento dell’emergenza epidemiologica Covid -19 Io avevo vent’anni verso la fine degli anni settanta. A Milano quelli non erano anni facili, ma a vent’anni sei talmente impegnato a vivere che non te ne accorgi. Capitava spesso di uscire la sera e venire fermati dalla polizia per un controllo dei documenti, per una perquisizione personale. E noi ragazzi vedevamo solo la divisa, mai il coetaneo che ci stava di fronte, reso più vecchio dalla violenza della strada. Un aneddoto che ha dell’incredibile, tanto per rammentare il clima: il padre di un amico, una sera d’estate, alla guida della sua auto, viene fermato ad un posto di blocco della polizia nella pianura del Pavese. Mostra i documenti, lascia controllare il baule. Solita routine. Riparte. Tre chilometri più avanti, altro posto di blocco, dei Carabinieri stavolta. Stessa scena, solo che quando i militari sollevano il baule dell’auto cambia tutto in un lampo: è buttato a terra, in due lo immobilizzano e lo ammanettano, mani dietro la schiena, il viso sull’asfalto. Gridano tutti, lui non capisce nulla, prova solo dolore. Ha la canna di una pistola premuta sulla guancia. Imprecano. Passa un lunghissimo minuto, sente le sirene spiegate di altre auto, le frenate brusche. I militari parlano tra loro, lui non capisce, poi silenzio; passa un altro minuto di terrore. Viene fatto rialzare, gli tolgono le manette e gli ordinano di ripartire subito, nessuna spiegazione. Ha le gambe che tremano, ma in qualche modo riparte nella notte. Giorni dopo, grazie ad un amico nell’Arma e non senza imbarazzi, riesce a ricostruire l’accaduto: un poliziotto del primo blocco stradale, nel perquisire il baule, aveva appoggiato un attimo la mitraglietta sul fondo e l’aveva dimenticata lì.
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Incursioni Li hanno chiamati anni di piombo. L’atmosfera era tesa, nervosi e stanchi erano gli agenti che tenevano puntate le mitragliette, ne vedevi il vivo di volata e non era piacevole. Le scuole e le università erano ancora luoghi di fibrillazione, di scontro. Si studiava poco, sembrava che altre cose fossero più importanti: per lo più ci si illudeva di fare politica, di essere in qualche misura protagonisti di un mondo in fermento. Assemblee, occupazioni, manifestazioni, cariche della polizia, sgomberi, lacrimogeni, slogan che adesso, a ricordarli, fanno sorridere e un po’ vergognare. Sembrano passati cent’anni. Le divise piacevano poco, a noi ragazzi. Erano il simbolo di un potere che era ormai apertamente in discussione, del quale -quasi- si immaginava la fine senza avere ben chiaro quale potesse essere il nuovo ordine. Anche perchè Cina e Russia erano piene, di divise e carri armati. Sembrano passati mille anni. Ho fatto il militare tardi, per via dell’università. Centro addestramento ad Albenga e poi assegnato a Milano per ragioni di studio ( mi mancavano tre esami e la tesi). Quell’anno le Brigate Rosse avevano assaltato alcune armerie nelle caserme e quindi le consegne erano cambiate: si dormiva in caserma, libera uscita solo in divisa e servizio di guardia e picchetto con il colpo in canna. Ho sempre avuto culo, io… Ci furono, manco a dirlo, diversi incidenti anche gravi, che ebbero poca pubblicità sulla stampa: del resto lasciare un fucile Garand calibro 7,62 - carico e con il colpo in canna - in mano a migliaia di ragazzini che ci avevano sparato magari una sola volta, mi è sempre sembrato un atto criminale. Comunque ho fatto un po’ pace con le divise, da allora. Sarà anche che avevo molta simpatia per un lontano cugino, anche lui con una storia da raccontare. Soldato di leva durante la guerra, era stato promosso sergente. Un giorno, nella campagna d’Africa, la sua unità viene quasi accerchiata dalle truppe inglesi; il colonnello che la comanda cade quasi subito. Un maggiore prende il comando, ma è colpito anche lui. Il ruolo passa al capitano: muore. La situazione è drammatica, piovono i colpi di mortaio. Un giovane tenente, che mai avrebbe pensato di doverlo fare, sguaina la sciabola, deve prendere lui il comando, ma viene centrato in pieno petto. Sembra una tragica barzelletta, ma è tutto vero. I soldati si guardano attorno, non è rimasto nessun ufficiale. Il sergente gira lo sguardo, sgomento: è ormai il più alto in grado, tocca a lui. Riesce a compattare la truppa e a ritirarsi senza subire altre perdite e salvando buona parte dell’attrezzatura. Di ritorno in patria il comando generale gli fa una proposta: può scegliere tra una medaglia d’oro al valor militare, raramente concessa a un militare ancora vivo e sicuro lasciapassare per un buon impiego nella vita civile, oppure può mettere la firma e rimanere nell’esercito, partendo dal grado più basso dei ranghi degli ufficiali: sottotenente. Lui rimane, scala la gerarchia fino al grado di colonnello, nonostante i colleghi lo vedano come un parvenu: certi gradi dell’esercito erano riservati all’élite delle scuole ufficiali. Arriverà alla guida di un reggimento, dopo un incarico al distretto militare di Milano. Si congederà col grado di generale. Ah, a proposito: quando toccò a me andare a militare andai a trovarlo proprio al distretto, per avere una raccomandazione e provare a schivare il servizio di leva. Era ovviamente in divisa, imponente, coi suoi occhi azzurri da triestino. Mi mise una mano sulla spalla e disse: “Farò il possibile, Marco, non dubitare. Senz’altro
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Incursioni riuscirò a farti assegnare a Macomer. Vedrai, la Sardegna è bellissima e un anno là ti farà rifiorire”. No, non ho timore della divisa del generale Figliuolo e non chiedo che si metta il completo grigio. Anche Bolsonaro è un militare di carriera, ma anche senza divisa mi fa paura. Il nostro probabilmente è una brava persona che sa fare il suo mestiere, se glielo lasciano fare. Forse un giorno potremo contare su un esercito di uomini e donne così preparati solo per aiutare nelle emergenze. Magari disarmati, senza il colpo in canna.
Geneali nordcoreani
Soldati in trincea durante la prima guerra mondiale (Getty Images)
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News
Il linguaggio dei batteri avvicina Arte e Scienza Informazione promozionale A cura della Redazione Quella che una volta (spesso con giudizio lievemente negativo) si chiamava contaminazione, ora viene denominata sinergia. In questo caso, un bel connubio fra Arte e Scienza: una vera propria sfida portata avanti da Yakult Italia con NABA, Nuova Accademia d Belle Arti. E’ nato così il progetto “Bacteriart, from invisible to visible”, mediante il quale i batteri escono dai laboratori per diventare visibili, concreti e tangibili grazie all’arte che, da sempre, aiuta a comprendere anche ciò che i sensi non sono in grado di cogliere. Non solo “l’essenziale è invisibile agli occhi”, come insegna la letteratura, ma ciò che è invisibile aiuta anche a mantenere il corpo e la mente in buona salute. E in alcune speciali occasioni merita di diventare assoluto protagonista: come per i microorganismi che vivono all’interno del nostro corpo, e in particolare dei batteri. Il bel progetto si deve al desiderio di Yakult Italia di identificare linguaggi nuovi e alternativi per avvicinare la microbiologia al grande pubblico, facendo così scoprire il fascino di questo micro-mondo, che è anche il cuore dell’azienda da oltre 85 anni. Da parte sua NABA ha aderito con entusiasmo alla proposta nella cui caratteristica di “apparente invisibilità” ha colto una sfida creativa di grande coinvolgimento per i propri studenti. Nel corso dell’evento digitale BacteriArt Day , da parte di una giuria internazionale è stata premiata come la migliore tra le 30 proposte progettuali presentate, l’opera F06. 3 di Francesco Scalas, Giacomo Segantin e Olivier Russo (studenti del secondo anno del Biennio in Arti Visive e Studi Curatoriali di NABA): un’installazione composta da una serie di elementi eterogenei che convivono attraverso un sistema di equilibrio e interdipendenza. Elementi tecnologici come un proiettore, altoparlanti e uno schermo video si trovano in stretta relazione con una componente organica, convivendo con dei cavoli rossi, il cui interno ricorda la forma dell’intestino. Una correlazione che esprime il desiderio di ribaltare la logica antropica occidentale-moderna che definisce il “non umano” di secondaria importanza. Come spiega Scalas, la scelta dell’ortaggio è legata al fatto che ricorda visivamente la forma dell’intestino. Qui, si innesca il rimando alla credenza popolare secondo la quale “se mangi un cibo che ha le sembianze di un dato organo, questo è in grado di agire positivamente sull’organo stesso”.“F06. 3” unisce scienza e sapere popolare, con l’obiettivo di rendere accessibile il sapere scientifico, dando a questo un valore “più” umano. Rappresentando in questa maniera il sunto perfetto del messaggio di Yakult.
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Il progetto vincitore, “FO6.3”, di Francesco Scalas, Giacomo Segantin e Oliver Russo
Al progetto vincitore si affiancano due menzioni speciali. Ad aggiudicarsi il premio Dottor Shirota, per l’accurato approfondimento scientifico nella progettazione, è stata l’opera Bacterial Identities di Sofia Gasparoli. Una scultura che nasce dall’idea di unicità nella combinazione dei batteri che definiscono i singoli individui come esseri umani, ispirandosi alla scoperta scientifica portata avanti da una ricerca dell’Università dell’Oregon nel 2015, che ha dimostrato che gli esseri umani differiscono nella loro nuvola microbica personale, una sorta di “impronta digitale biologica” di cui tutte le persone dispongono e grazie a cui si possono distinguere le singole individualità.
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News
Bacterial identities, di Sofia Gasparoli
Al progetto Natura Humano s.d. / Humanum Homini s.d. di Jessie Yu è stato invece assegnato il premio Nuove Visioni per aver interpretato in modo più inaspettato il tema “from invisible to visible”. L’opera si basa su due Atlas, uno speculare all’altro, che si incontrano in una sorta di comunicazione in cui nella prima sezione la natura “scrive” all’umano, mentre nella seconda l’umano “scrive” al sé. Il progetto, il cui risultato finale è una serie di cartoline che simula un viaggio in luoghi diversi (i cui protagonisti sono i batteri), rappresenta una critica all’antropocentrismo: le persone sono così impegnate a concentrarsi sulla realizzazione dei propri desideri che si dimenticano del benessere della natura.
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News Diversità ed equilibrio tra i microorganismi, un esempio per tutta l’umanità I batteri, che ci immaginiamo come organismi a sé stanti, in realtà comunicano costantemente tra di loro e mirano a raggiungere una situazione di equilibrio per la propria crescita, un vero e proprio ecosistema che valorizza la diversità delle specie presenti, con una ricaduta positiva sull’individuo che li ospita. E in effetti, che cos’è questo incredibile impegno quotidiano, se non lo specchio di ciò che avviene anche tra esseri umani, nelle società contemporanee? Sottolinea Marco Scotini, NABA Arti Visive Department Head: “L’incontro tra la visione di un artista e la scienza può talvolta produrre inaspettati e affascinanti risultati. È proprio su questo aspetto che ‘BACTERIART, from invisible to visible’ intende porre l’accento: le arti visive sono libere da limiti e regole formali, e per questo consentono di affrontare fenomeni anche molto complessi da vari punti di vista, riunendo estetica, emozioni, elementi critici e stimolando una riflessione individuale o persino un dibattito pubblico”. “Yakult è da sempre impegnata a raccontare la scienza in modo alternativo e originale, grazie al suo forte DNA educazionale- aggunge Arianna Rolandi, Direttore Scientifico e Relazioni Esterne di Yakult Italia-. L’essere pionieri nel settore della microbiologia e dei probiotici è una responsabilità, e contemporaneamente una grande opportunità. Poter realizzare progetti che avvicinano le persone al nostro “mondo”, in maniera innovativa e, in questo caso, grazie agli studenti di NABA, creativa e artistica, è un privilegio e un motivo di orgoglio. Rendere visibile l’invisibile è il nostro personale contributo nel facilitare la comprensione della scienza”.
“Natura Humano s.d./ Humanum Homini s.d.” di Jessie Yu, che ha vinto il premio “Nuove Visioni”
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Immagini e fotografie
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ILLUSTRAZIONE DI ATTILIO ORTOLANI