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Da leggere (o rileggere)
Angela aprì il foglio di quaderno ripiegato in quattro che suo marito le aveva porto e lesse: 10 dicembre 1963
Caro Gesù Bambino, tu sai già cosa ti chiederò per Natale, ma io te lo dico lo stesso: vorrei tanto avere un cane.
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E non dirmi che c’è Lady. Non è mia, è dello zio, e la vedo solo quando vado a trovare i nonni, e neanche sempre. E anche Tom e Alì non sono miei, anche loro li vedo solo quando vado dai nonni. Non posso neanche entrare nel loro recinto a giocare, Tom sbuffa, Alì salta, vorrebbero uscire, ma non possono, ci parliamo dalla rete e faccio fatica a toccarli. Quindi vorrei tanto un cane mio, solo mio, solo quello. Non so perché finora non mi hai ascoltato, eppure ho mantenuto tutte le promesse, io.
Grazie. Marianna
Angela ripiegò il foglio e lo restituì a suo marito:
«La solita letterina di Natale» .
«Era sotto la capanna del presepe, l’altr’anno»
«Come sempre, finché ci ha creduto» .
«Infatti, mentre apriva le ultime finestrelle del calendario dell’Avvento, ho capito che lo sapeva già».
«E come?»
«Gliel’aveva detto Marina, era molto delusa dalla bugia».
«Oh, quante storie! Tutti i bambini ci credono fino a una certa età e poi basta».
«Che lo facciano tutti non è un buon motivo per adeguarsi. Avrei preferito dirle subito la verità, che è pure meglio dell’invenzione».
«Perché non l’hai fatto, allora?»
«Discutere con te è complicato e diventa impossibile decidere insieme qualcosa di diverso da quello che decidi tu».
«Figurarsi se non davi la colpa a me!»
«Non è questione di colpa, il punto è un altro».
«E sarebbe?»
«Marianna ha pensato che fossimo noi a impedire l’arrivo di un cane»
«Ha pensato bene : lavoriamo entrambi, con chi resta il cane al mattino?»
«I cani si abituano a stare da soli, ti aspettano» .