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“Amoglianimali” Bellezza
Da leggere (o rileggere) Da vedere/ascoltare Di tutto e niente Il desco dei Gourmet Il personaggio Il tempo della Grande Mela Comandacolore Incursioni
In forma In movimento Lavori in corso Primo piano Salute Scienza Sessualità Stile Over Volontariato & Associazioni
I
Marco Rossi
Alessandro Littara Antonino Di Pietro Mauro Cervia Andrea Tomasini Paola Emilia Cicerone
Flavia Caroppo
Marco Vittorio Ranzoni Giovanni Paolo Magistri Maria Teresa Ruta DISEGNI DI Attilio Ortolani
Sito web: https://generazioneover60.com/ Email: generazioneover60@gmail.com Issuu: https://issuu.com/generazioneover60 Facebook: https://www.facebook.com/generazioneover60 Youtube: https://www.youtube.com/channel/generazioneover60
Classe 1951, laureata in Lettere moderne e giornalista scientifica, mi sono sempre occupata di medicina e salute preferibilmente coniugate col mondo del sociale. Collaboratrice ininterrotta del Corriere della Sera dal 1986 fino al 2016, ho introdotto sulle pagine del Corsera il Terzo settore, facendo conoscere le principali Associazioni di pazienti.Ho pubblicato più libri: il primo- “Pronto Help! Le pagine gialle della salute”- nel 1996 (FrancoAngeli ed.) con la prefazione di Rita Levi Montalcini e Fernando Aiuti. A questo ne sono seguiti diversi come coautrice tra cui “Vivere con il glaucoma”; “Sesso Sos, per amare informati”; “Intervista col disabile” (presentazione di Candido Cannavò e illustrazioni di Emilio Giannelli).
Autrice e conduttrice su RadioUno di un programma incentrato sul non profit a 360 gradi e titolare per 12 anni su Rtl.102.5 di “Spazio Volontariato”, sono stata Segretario generale di Unamsi (Unione Nazionale Medico-Scientifica di Informazione) e Direttore responsabile testata e sito “Buone Notizie”.
Fondatore e presidente di Creeds, Comunicatori Redattori ed Esperti del Sociale, dal 2018 sono direttore del magazine online Generazioneover60.
Quanto sopra dal punto di vista professionale. Personalmente, porto il nome della Fanciulla del West di Puccini (opera lirica incredibilmente a lieto fine), ma non mi spiace mi si associ alla storica fidanzata di Topolino, perché come Walt Disney penso “se puoi sognarlo puoi farlo”. Nel prossimo detesto la tirchieria in tutte le forme, la malafede e l’arroganza, mentre non potrei mai fare a meno di contornarmi di persone ironiche e autoironiche. Sono permalosa, umorale e cocciuta, ma anche leale e splendidamente composita. Da sempre e per sempre al primo posto pongo l’amicizia; amo i cani, il mare, il cinema, i libri, le serie Tv, i Beatles e tutto ciò che fa palpitare. E ridere. Anche e soprattutto a 60 anni suonati.
è presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale e responsabile della Sezione di Sessuologia della S.I.M.P. Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e come esperto di sessuologia a numerosi programmi radiofonici. Per la carta stampata collabora a varie riviste.
è un’autorità nella chirurgia estetica genitale maschile grazie al suo lavoro pionieristico nella falloplastica, una tecnica che ha praticato fin dagli anni ‘90 e che ha continuamente modificato, migliorato e perfezionato durante la sua esperienza personale di migliaia di casi provenienti da tutto il mondo
presidente Fondatore dell’I.S.P.L.A.D. (International Society of PlasticRegenerative and Oncologic Dermatology), Fondatore e Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis, è anche direttore editoriale della rivista Journal of Plastic and Pathology Dermatology e direttore scientifico del mensile “Ok Salute e Benessere” e del sito www.ok-salute.it, nonché Professore a contratto in Dermatologia Plastica all’Università di Pavia (Facoltà di Medicina e Chirurgia).
è sicuramente il più conosciuto tra i medici veterinari italiani, autore di manuali di successo. Ha cominciato la professione sulle orme di suo padre e, diventato veterinario, ha “imparato a conoscere e ad amare gli animali e, soprattutto, ad amare di curare gli animali”. E’ fondatore e presidente della Onlus Amoglianimali, per aiutare quelli più sfortunati ospiti di canili e per sterilizzare gratis i randagi dove ce n’è più bisogno.
giornalista scientifico, dopo aver girovagato per il mondo inseguendo storie di virus e di persone, oscilla tra Roma e Spoleto, collaborando con quelle biblioteche e quei musei che gli permettono di realizzare qualche sogno. Lettore quasi onnivoro, sommelier, ama cucinare. Colleziona corrispondenze-carteggi che nel corso del tempo realizzano un dialogo a distanza, diluendo nella Storia le storie, in quanto “è molto curioso degli altri”.
GIORNALISTA SCIENTIFICA
classe 1957, medico mancato per pigrizia e giornalista per curiosità, ha scoperto che adora ascoltare e raccontare storie. Nel tempo libero, quando non guarda serie mediche su una vecchia televisione a tubo catodico, pratica Tai Chi Chuan e meditazione. Per Generazione Over 60, ha scelto di collezionare ricordi e riflessioni in Stile Over.
Barese per nascita, milanese per professione e NewYorkese per adozione. Ha lavorato in TV (Studio Aperto, Italia 1), sulla carta stampata (Newton e Wired) e in radio (Numbers e Radio24). Ambasciatrice della cultura gastronomica italiana a New York, ha creato Dinner@Zia Flavia: cene gourmet, ricordi familiari, cultura e lezioni di vera cucina italiana. Tra i suoi ospiti ha avuto i cantanti Sting, Bruce Springsteen e Blondie
Milanese DOC, classe 1957, una laurea in Agraria nel cassetto. Per 35 anni nell’industria farmaceutica: vendite, marketing e infine comunicazione e ufficio stampa. Giornalista pubblicista, fumatore di Toscano e motociclista della domenica e -da quando è in pensione- anche del lunedì. Guidava una Citroen 2CV gialla molto prima di James Bond.
COMANDACOLORE è uno Studio di Progettazione Architettonica e Interior Design nato dalla passione per il colore e la luce ad opera delle fondatrici Antonella Catarsini e Roberta D’Amico. Il concept di COMANDACOLORE è incentrato sul tema dell’abitare contemporaneo che richiede forme e linguaggi mirati a nuove e più versatili possibilità di uso degli spazi, tenendo sempre in considerazione la caratteristica sia funzionale che emozionale degli stessi.
operatrice di ripresa e montatrice video, specializzata nel settore medico scientifico e molto attiva in ambito sociale.
-10Generazione F
I miei Natali controcorrente Editoriale di Minnie Luongo
-16Incipit
Il Natale che non c’è più Di Amelia Belloni Sonzogni -20Psicologia L’attesa Di Rosa Mininno -23Stile Over Vacanze sulla neve Di Paola Emilia Cicerone -27Food Avanzi di valore Di Michela Romano
-30Di tutto e niente Quando il Natale giunge inopportuno Di Andrea Tomasini
-32Comandacolore
A Natale nulla deve essere lasciato al caso, neanche i colori Di Antonella Catarsini e Roberta D’Amico
-35Il desco dei Gourmet Anche a questo 2022 possiamo dire addio stando comodamente a casa nostra, con un prelibato menu firmato Zoppi & Gallotti dalla Redazione
-38Scienza
Il Gruppo Yakult Europe ha scelto Milano per ospitare il 10° International Yakult Symposium dalla Redazione
Non ricordo di aver passato un solo Natale con mio padre né tantomeno con mia madre, entrambi sempre in altre faccende affaccendati . Il che mi ha regalato feste trascorse ogni anno in case diverse, con persone differenti che avevano rituali e modi propri di festeggiare: sono state esperienze preziose per me, a volte buffe e insolite, non di rado a casa di amici di amici che non avrei più rivisto. E forse proprio queste esperienze mi hanno donato la capacità di adattarmi alle situazioni più disparate e di coltivare il desiderio di conoscere “gli altri”.
Non si pensi a me come a una sorta di orfanella, tutt’altro! I nonni con i quali vivevo- decisamente non tradizionalisti- quando si avvicinava il Natale si informavano : ”Quest’anno dove vai e con chi lo passi?” Devo ringraziarli : in questo modo non ho conosciuto la noia o l’obbligo di ritrovarmi una volta l’anno con parenti insopportabili (come sentivo dire a molte mie amiche) e di dover recitare una sorta di personaggio all’interno di quella che, inspiegabilmente per un giorno, si doveva trasformare in una famiglia felice da “Mulino Bianco” .
Natale 1981: avevo 30 anni e da poco anche un fidanzato (poi diventato mio marito), ma il Natale avevo preferito restare da sola nella mia città e nella mia casa. Magnificamente sola...
Non che io non avessi parenti (tutt’altro), ma il destino ha voluto che io fossi una “bambina/adolescente viaggiante” durante il periodo natalizio. Ed è per questo, ritengo, che non soffro di solitudine se trascorro (come quest’ultimo, e così anche l’anno scorso) il giorno del 25 dicembre in compagnia del mio cane . Anzi, credo sia una cosa bellissima: spacchettare i doni che ancora non si sono aperti, guardare serie Tv ben poco natalizie (ebbene sì, amo guardare tutto ciò che è cruento e ha a che vedere col sangue), fare una passeggiata con Holly (proprio come pochi giorni fa) e sedermi a un elegante bar del centro per un aperitivo e poicosa cui pochi crederebbero- aver voglia improvvisamente di andare alla messa delle 19 vicino casa (dove in tanti anni non avevo mai messo piede) per scoprire che so a memoria ancora tutte le parole delle preghiere e rendermi conto che, invece, qualcosa è cambiato, come il gesto di pace in tempo di Covid oppure la modalità di dispensare l’ostia consacrata direttamente nelle mani e non in bocca.
Detto così, sembrerebbe che non ami addobbi, abeti o presepi: al contrario, nutro per tutto ciò un’autentica passione e quando viaggiavo spesso per lavoro, mi preoccupavo sempre di tornare a casa con qualcosa da appendere al mio albero: così ho decorazioni acquistate perfino in Cina, Russia, Lettonia…
Quanto ai festeggiamenti, anche questi li amo molto, anche se non necessariamente il giorno di Natale . Per esempio, ho uno splendido ricordo di una vigilia di pochi anni fa trascorsa a Milano con Chiara: aperitivo a pochi centimetri dalle guglie del Duomo, poi cinema, poi sontuosa cena a casa mia, con tavola apparecchiata al meglio, quindi apertura di pacchi e pacchetti sotto l’albero.
Con l’“amica del cuore” (non c’è limite di età per averne una) durante la nostra cena
La tavola imbadita con cura per una vigilia indimenticabile con l’amica Chiara
Il giorno dopo? La mia amica prendeva il treno per raggiungere la famiglia e io mi abbandonavo a un sonno ristoratore durato praticamente dalla mattina alla sera. Splendido Natale, forse per molti leggermente controcorrente….
Chiara ed io per un brindisi su una terrazza a due passi dal Duomo di Milano
Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade Ho tanta stanchezza sulle spalle Lasciatemi così come una cosa posata in un angolo e dimenticata Qui non si sente altro che il caldo buono Sto con le quattro capriole di fumo del focolare. “Natale”, Giuseppe Ungaretti (scritta il 26 dicembre 1916)
Stavo per dimenticare: auguri di Buon Anno a tutti! N. B. Anche il Babbo Natale seduto al bar sotto casa è un po’ controcorrente… O no?
Tema ostico per me, che detesto la retorica. E anche il Natale fatica a piacermi…
Di Amelia Belloni Sonzogni– scrittrice
Il Natale e tutto l’apparato che lo accompagna non mi hanno mai coinvolto del tutto . Forse certi aspetti mi ammaliavano da bambina: il calendarietto dell’Avvento, con le finestrelle aperte su immagini fiabesche, ma senza dolcetto; la letterina da scrivere a Gesù Bambino e i regali ricevuti, anche se non erano mai quelli richiesti; i ricordi di qualche giornata passata con i cuginetti a giocare con un meraviglioso trenino elettrico che occupava un’intera stanza, la sensazione di sentirmi bellissima con il vestitino rosso e le calze lunghe indossate per la prima volta, per l’occasione.
Ci sono spiegazioni motivate a questo sentire: la più immediata e rivelabile è la mia insofferenza alle feste comandate con tutti i riti annessi e connessi; e poi l’inevitabile assenza di persone care che lo scandire dell’esistenza ha portato via.
Ci sono tuttavia modi, penso, per mantenere sempre viva una sintonia con chi attraversa la nostra vita , ed è questa la cosa importante; ci sono modi per dimostrarla con costanza, altrimenti il Natale diventa un’altra di quelle “giornate internazionali del/della” che ormai rimpinzano i calendari e i più rincorrono con la medesima frenesia degli acquisti, mai come quest’anno diventata uno stereotipo vuoto per cause di forza maggiore.
Credo che questi modi siano in sintesi la presenza, il dono e l’aiuto per quanto possibile . E dovrebbero essere fondamenta nella costruzione delle persone. A loro poi il compito di realizzarle, declinandole al meglio.
Non so se il Natale c’è ancora o non c’è più; per me conta il quotidiano dell’esistenza, in cui si offre e ci si spende, salvo correggere il tiro, perché “buona a tutti i costi” non mi calza
Questo il senso ultimo della scrittura breve che propongo al direttore. Si intitola Cestini : quando c’era il Natale che non c’è più, il cesto di frutta era un dono prezioso, simbolico e beneaugurante . È essa stessa un dono, ne racconta il senso, prova a spiegare lo spirito di chi dà e quello di chi riceve.
È tratta da Estemporanea. Scritture brevi con quadri d’autore , libro i cui proventi – a proposito di aiuto – in questo caso vanno tutti all’Associazione A…fido – ODV di Campobello di Mazara (TP).
Cestini«Ma cosa ve ne fate di tutto questo raccolto, lo vendete?»
«No, ci fa piacere regalare quello che non consumiamo o conserviamo» .
«E vi arriva qualcosa in cambio?»
«Quando si fa un regalo, di solito, non ci si aspetta qualcosa in cambio. Tutt’al più barattiamo». «Con cosa?»
«Uova, vino, un prodotto che noi non coltiviamo ma la persona con cui si scambia, invece, produce. L’importante è che il cibo non sia sprecato».
«Potreste anche coltivare di meno».
«L’intenzione non è certo di esagerare, però non è possibile prevedere la resa. Quest’anno, ad esempio, abbiamo raccolto il triplo dei pomodori con la stessa quantità di piante dello scorso anno».
«E li avete regalati?»
«Come lo devo spiegare?»
«Mi sembra così strano…»
Questo è il prototipo di conversazione che si svolge – per fortuna non con tutti – quando spieghiamo la nostra attività di contadini per caso, consumo personale e puro piacere e mostriamo il raccolto, o ne raccontiamo, oppure offriamo un mazzetto di fiori di zucca, una manciata di pomodorini, un paio di peperoni. Domande legittime a fronte di una quantità di prodotti che appare esagerata anche a noi. Ma, se la terra dà, soprattutto senza forzarla né sfruttarla né avvelenarla, è un dovere raccogliere e dare a nostra volta; secondo noi.
È triste che appaia strano; ma è desolante, dopo aver lasciato un cestino sulla soglia di casa di qualcuno, sentirsi chiedere: «È arrivato il fruttivendolo?»
Allo stesso modo amareggia leggere, talvolta, nell’espressione di chi riceve e ringrazia, una domanda inespressa: «E ora? Mi tocca ricambiare?»
Ma no! Lungi da noi creare imbarazzo. Non usiamo quel tipo di bilancia che pesa dare e avere. Caso mai, con il tempo, perché siamo un po’ tonti in realtà, soppesiamo i gesti che raccontano chi li compie.
Abbiamo trovato persone, poche ma buone, che apprezzano perché hanno compreso; ce le teniamo strette e proseguiamo imperterriti, convinti del nostro agire e del nostro lavoro , pronti a rimodulare le nostre colture per consumo e baratto.
Se dovesse avanzare ancora qualcosa? Oltre la recinzione del nostro orto, passano i cinghiali: loro, di sicuro, penseranno a quanto sia più sensato non oltrepassarla e sfamarsi con ciò che trovano a disposizione. Grati, reciprocamente.
Letterine e presepi, ricordi di Natali passati riposti nei cassetti della memoria
Di Rosa Mininno – psicoterapeuta, ambasciatrice della lettura per il centro del libro MiC (Ministero della Cultura), e presidente della Scuola Italiana di Biblioterapia
Ve ringrazio de core, brava gente, pé ‘sti presepi che me preparate, ma che li fate a fa? Si poi v’odiate, si de st’amore non capite gnente… Pé st’amore sò nato e ce sò morto, da secoli lo spargo dalla croce, ma la parola mia pare ‘na voce sperduta ner deserto, senza ascolto. La gente fa er presepe e nun me sente; cerca sempre de fallo più sfarzoso, però cià er core freddo e indifferente e nun capisce che senza l’amore è cianfrusaja che nun cià valore. Trilussa – Er presepio
Presepe in piazza diSpagna , a Roma
Questa poesia di Trilussa in dialetto romanesco esprime bene il senso del Natale, della sua rappresentazione scenica nel presepe, voluto in quel di Greccio – in provincia di Rieti – da quel Santo rivoluzionario, pacifista, coraggioso che fu Francesco, stella luminosissima nel nostro firmamento religioso. Il presepe, che solo la Notte di Natale si completa con la statuina di Gesù Bambino nella greppia, se realizzato con fede e amore è fatto di attesa, l’attesa di una nascita, “quella” nascita di un Bambino speciale, che nasce, cresce e muore ogni anno. E ci parla d’amore, di gioia e stupore. Ricordi affiorano alla mente uscendo dai cassetti della memoria dove conserviamo i vissuti, le emozioni, i volti, le parole, le azioni. Non c’è bisogno di chiavi, quei cassetti sono sempre aperti anche se spesso, concentrati sul presente, non ci guardiamo dentro . A volte sono in gran disordine, altre volte ordinati, e in quel caso, con chiavi speciali, possiamo guardarci dentro più profondamente.
Quando guardiamo con gli occhi interiori liberi da ogni miopia lasciamo che i ricordi arrivino ai nostri occhi fisici per essere visti e capiti, ma possono anche essere narrati. E il Natale è anche la bellissima e misteriosa narrazione di un uomo e una donna unici, un uomo e una donna di duemila anni fa, e di “quel Bambino” che fu ed è un dono di Dio . È la narrazione astronomica di una fulgida Stella Cometa arrivata dal cosmo sulla Terra per guidare le genti e i Re Magi fino alla mangiatoia dove, trascorso il tempo dell’attesa, viene deposto “quel” Bambino.
Sappiamo con certezza che a mezzanotte nascerà. Solo” Lui “brillerà di luce propria. Quell’attesa è bella e serena, nulla di brutto ci accadrà. L’attesa del Bambino trascorre nell’inconscio mare calmo del ventre di Maria, quello stesso inconscio mare calmo che abbiamo conosciuto e vissuto nel ventre caldo di nostra madre. Ma non ne abbiamo ricordo… è l’unico che manca in quei cassetti aperti della memoria, in quelli disordinati come in quelli ordinati, eppure è quello che abbiamo certamente vissuto nel nostro corpo, sulla pelle, in quel primo battito del nostro cuore, nei protopensieri della nostra mente.
E il presepe… con il suo muschio bello, verde, vellutato, i personaggi, le casette, le luci e il laghetto e il fiume fatti con l’ovatta colorata con l’azzurro dei colori a tempera o con uno specchio, le montagne di carta e il cielo di carta stellata, i ciottolini raccolti in campagna, qualche pezzo di corteccia risparmiato dal fuoco del camino acceso per fare la capanna, un po’ di terra per i sentieri e la farina come neve per imbiancare tutto … tutto evoca ricordi infantili, e quella trepida attesa della nascita di Gesù Bambino, dei dolci e dei giocattoli di Babbo Natale e poi della Befana.
Per noi c’era anche l’attesa della lettura delle nostre letterine di Natale, la mia e quella dei miei fratelli, nascoste sotto il piatto di papà.
Erano belle quelle letterine, con il presepe dove c’erano gli Angeli, la Madonnina, San Giuseppe, il bue, l’asinello, i pastori, i Re Magi con i loro cammelli, la Stella Cometa e con il Bambinello che era già nella man -
giatoia. Non dovevamo aspettare la mezzanotte del 24, Gesù era già arrivato nelle nostre letterine piene di porporina e di luccichini, in cui solennemente chiedevamo ai nostri genitori di perdonare i nostri capricci e altrettanto solennemente promettevamo di essere “ubbidienti, di non farli più arrabbiare, di voler essere buoni e studiosi”, chiudendo puntualmente con un solenne “Vi voglio bene”. Alcune letterine le ho ancora.
Papà faceva finta di accorgersi solo per caso che sotto il suo piatto c’erano le nostre letterine, la mia e quelle dei miei fratelli, tutte assolutamente diverse. Compiaciuto, le leggeva una a una ad alta voce prima di mangiare mentre mamma, compiaciuta anche lei, sorrideva, nostra complice nell’acquisto e nella scelta delle letterine . Dopo la lettura, le promesse, le reciproche dichiarazioni d’amore si poteva cenare e aspettare la mezzanotte per mettere la statuina di Gesù, di terracotta dipinta, nella mangiatoia L’attesa era finita.
“Quel” Presepe di terracotta lo faccio ancora, e la mia attesa non è mai finita…
Ricordi di vacanze invernali solitarie, tuttavia amate, di me ragazzina. E subito emozioni e ricordi mi riportano al Monte Amiata, la meta scelta da mio padre
Di
PaolaEmilia Cicerone – giornalista scientifica
Ci sono immagini che hanno il potere di riportarti indietro nel tempo : per me sono quelle della pagina Facebook dell’Hotel Le Macinaie, sul monte Amiata, (le trovate qui https://www.facebook.com/MACINAIE ). Sono bastati davvero pochi istanti per tornare ai profumi e alle emozioni delle mie scorribande infantili, in quelle vacanze invernali di oltre mezzo secolo fa . Le vacanze sulla neve devono essere state l’escamotage di mio padre per rendere meno vuote le sue vacanze di vedovo con una ragazzina da gestire. La meta prescelta- all’epoca abitavamo a Roma - fu il Monte Amiata ( http://www.webamiata.it ) non troppo lontano e in qualche modo legato alla storia della mia famiglia. Stiamo parlando di una montagna atipica, in realtà un vulcano spento, collocato tra le province di Siena e Grosseto: per gli etruschi era una terra sacra, una specie di casalingo Olimpo. Certo si tratta di un luogo che sembra emanare una strana energia, che si traduce a livello fisico in emissioni di vapore geotermico, e a livello spirituale nel fiorire di esperienze mistiche, tra cui val la pena di ricordare quella di Davide Lazzaretti, il visionario “profeta dell’Amiata” scomunicato e ucciso dai carabinieri nel 1878, mentre oggi alle pendici della montagna è possibile visitare un suggestivo centro tibetano.
In realtà il progetto di mio padre aveva qualche controindicazione. Io ero una ragazzina solitaria - che si sarebbe poi trasformata, visto che quelle vacanze andarono avanti per diversi anni, in un’adolescente scontrosa - né lui era tipo da incoraggiare socialità o chiacchiere con altri villeggianti. Per le mie escursioni in montagna, dunque, non avevo particolari compagnie. E mio padre detestava la neve e la montagna, per cui ogni mattina sbarcava me e il mio slittino ai margini di un prato innevato e risaliva velocemente in macchina , motore e riscaldamento accesi, a leggere il giornale in attesa che mi stufassi di prendere freddo.
Devo aggiungere di non essere mai stata attratta dagli sport invernali (non che qualcuno mi abbia mai proposto di mettermi un paio di sci ai piedi). Lo slittino, un modello di legno vecchio stile, era la scusa per fare un po’ di movimento, qualche scivolata tranquilla… ma quello che amavo soprattutto fare era passeggiare nella faggeta che costeggia le piste, a Pian delle Macinaie o a Prato della Contessa, arrivando qualche volta fino alla croce che sovrasta la vetta, a 1700 metri di altitudine.
All’epoca non era ancora stato inventato il Forest Bathing , la pratica di benessere basata sull’immersione in un ambiente naturale di cui la ricerca conferma gli effetti benefici, ma io facevo certamente qualcosa del genere. Esploravo con cautela i dintorni, nella segreta speranza di incontrare qualche animale selvatico o almeno di intravederne le tracce. Mai successo, ma per essere contenta mi bastavano le foglie coperte di neve, un ruscello gelato e l’odore del freddo, o la meraviglia di un ghiacciolo da assaggiare. Non ricordo quanto durassero quelle passeggiate, ma non poco, perché si partiva dopo colazione e si tornava in albergo per pranzo.
Felice all’idea di togliermi pantaloni e calzamaglia che mi irritavano la pelle, di un pasto caldo e di un po’ di relax. Prima che la giornata proseguisse con una passeggiata in paese (ossia a Castel del Piano, dove si trovava il nostro albergo), con la neve che scricchiolava sotto i piedi e il profumo dei camini accesi. E a volte con la gradita compagnia di Pelé, il meraviglioso setter irlandese dell’albergo, che mi permetteva per qualche giorno di cullarmi nell’illusione di avere un cane. Una routine tranquilla interrotta solo da qualche gita nei paesi vicini, e dai preparativi per un cenone di San Silvestro inutilmente pomposo che mi costringeva a indossare una parvenza di abito elegante. Erano vacanze molto tranquille, un po’ noiose, punteggiate da letture e forse da un vecchio film proiettato nella sgangherata sala di paese, eppure per anni sono state per me “la montagna” , la gioia di incontrare la neve e di respirare l’inverno. Le montagne vere, le Dolomiti, le ho poi incontrate un’estate molti anni dopo. E le amo molto, anche se il Monte Amiata occuperà sempre un posto speciale nel mio cuore.
Qualche consiglio per rielaborare con creatività i famosi “avanzi delle feste”
Di Michela RomanoFiniti i festeggiamenti? No, siamo ancora tutti nel mezzo dei giorni più pieni di leccornie dell’anno vecchio e di quello nuovo e le occasioni per stare insieme corrispondono a grandi abbuffate, dopo spese in cui spesso ci siamo fatti prendere un po’troppo la mano, vuoi dall’edonismo del palato che dal bisogno di accontentare i gusti più disparati degli ospiti. Sacchetti enormi, dispense e frigoriferi traboccanti, in pochi giorni si trasformano in una parola, spesso usata al plurale: avanzi . E’ così triste vedere grandi piatti - i cui momenti di gloria sono nelle tavole imbandite della Vigilia, Natale, Santo Stefano, San Silvestro, il primo dell’anno – appoggiati in miseri contenitori, massacrati al microonde e serviti frettolosamente a bocche annoiate.
Per chi non accetta questa fine ingloriosa del cibo che è una grande risorsa e lo è in uno stato di materia prima, ma molto di più lo diventa quando si sono spese ore ed energie per elaborarlo, cucinarlo, trasformarlo in un piatto di tradizione o di grande impatto per una ricca tavola, c’è una via per dare valore a tanto sforzo: rielaborare con creatività, creando nuove consistenze ed abbinamenti.
Ad esempio, come vi immaginereste di accostare il cappone (rivisitato)?
Nel più atteso dei giorni di festa, il Natale, non mancano mai dei secondi di carne, siano carni bianche o rosse, farcite e a lunghe cotture, che trattengono in cucina tutti - gli appassionati, gli esperti e quelli meno inclini-. I provetti cuochi restano un po’ imprigionati nelle cucine, forse oltre il tempo programmato, con una piacevole sensazione di perdersi per sottrarsi in modo giustificato da qualche frenetica e ingiustificata corsa all’inutile e futile.
Dopo tante amorevoli pratiche di cucina, quando il piatto passa alla tavola, qualcosa avanza sempre, poco o tanto.
E perciò che fare? E’ prezioso, ed è peccato sprecare. Inizia così un’altra piacevole fase, quella di ripensare a che cosa diventerà dopo un po’ di frigorifero: lasciate passare giusto quelle quarantotto ore dove regnano i buoni propositi post abbuffata. Non importa se l’avanzo è poco o tanto, va sempre bene .
Con un buon frullatore, si deve solo tritare tutto finemente ed emulsionare con burro o ghee, qualche ombra di Porto, Brandy o Cognac ed ecco un pregiatissimo paté, pronto da spalmare su fette speciali, ricavate da un avanzo tipico della tavola di Natale. Quale? Udite, udite! Il panettone. Sì, proprio quello. Tagliato con fette piatte e messo a tostare in pentola antiaderente (attenzione a non bruciarlo); utilizzato in modo inconsueto, tolto dalla lista dei dolci, è un modo per apprezzare ancora di più la parte aromatica dei canditi e la pastosa dolcezza delle uvette.
In pochi minuti sono pronti dei crostini speciali per un aperitivo a base di Vermouth e di nuovi cin cin : ai preziosi avanzi e che cappone e panettone si esprimano insieme!
Mentre provo fastidio per gli addobbi, refrattario al clima della festa che si avvicina, basta un gesto d’empatia per farmi cambiare umore Di Andrea Tomasini – giornalista scientifico
Fatico a riconoscere il senso di questo Avvento . Ci sono sfasamenti che mi colpiscono al punto che pensare che tra meno di un mese sarà “25” mi dà la sensazione che il Natale di questo anno mi giunge inopportuno . Stare accanto a malattia e vecchiaia suggerisce senza sosta che esistono limiti di fronte ai quali il mistero non si penetra nemmeno con l’amore - e il tempo non è sufficiente per colmare le distanze, anzi sembrano s’accrescano a mano a mano che le ore, i giorni, i mesi trascorrono.
Ieri che per lavoro sono uscito e più a lungo son restato fuori ho provato fastidio per gli addobbi, per la frettolosità con cui s’evoca lo scambio dei regali, mentre mi interroga e m’ustiona il senso del Dono di quella mezzanotte di luce e di nascita . Ieri ero doppiamente infastidito, scoprendomi così refrattario al clima. Una coccola me la son voluta fare - un gran caffè a Sant’Eustachio. Turisti in fila, persone che erano in pausa sedute ai tavolini o in attesa del loro turno al banco. Mi son posizionato in seconda fila al bancone con lo scontrino in mano in attesa che fosse il mio turno, aspettando che chi era prima di me sorbisse il caffè e con il cucchiaino godesse della sensazione di velluto che la schiumetta raccolta e portata alla bocca completasse la gioiosità dell’attimo.
Dietro al bancone, ben celato, il timoniere della macchina che sapientemente la usa per dispensare soddisfazioni momentanee e il Nostromo che cadenza gli ordini, elencando cosa e quanto resta da fare per servire i clienti . Beh, il Nostromo di ieri si vede che ha notato il mio muso lungo, o forse voleva soltanto staccarsi da tutti - fatto sta che ha accennato qualche movimento coerente con la musica natalizia che faceva da sottofondo al chiacchiericcio e al rumore di caffè in preparazione Non l’avevo percepita e se non fosse stato per lui me ne sarei andato via senza aver avuto la possibilità d’affacciarmi nella piega che s’era in un attimo creata nel mio umore e nei mie cupi pensieri. Là per un attimo, e non so dire perché, ho avvertito che tra poco sarà Natale senza esserne infastidito, la nostalgia di un ricongiungimento che non so meglio descrivere e un senso di vuoto che non mi dispiacerebbe poi riuscire a colmare ...
Il gran caffè era ottimo, amaro come piace a me. Tre volte ho tuffato il cucchiaino nella tazza per raccogliere tutta la schiuma, la cui meravigliosa consistenza mi ha rallegrato allo sguardo e poi al gusto. In vespa verso casa ho canticchiato per un po’.
NEANCHE
Conosciamo il significato di ogni colore che tradizionalmente usiamo per festeggiare queste feste? Le nostre due esperte ci aiutano a ricordarlo
Di Antonella Catarsini (interior designer) e Roberta D’Amico (architetto)
“Comandacolore”, studio di progettazione architettonica e cromatica http:// www.comandacolore.it
Il Natale è una festa magica, un’atmosfera contagiosa che pervade ogni cosa : le vetrine si illuminano, le strade pullulano di sfavillanti addobbi natalizi, anche gli abiti si tingono di colore ed è proprio attraverso i colori del Natale che si esprimono la gioia e l’emozione che coinvolgono emotivamente tutti, dagli adulti ai bambini
Ed ecco che ci vestiamo di rosso, siamo attratti dalle decorazioni oro, argento e scegliamo il bianco o il verde per il nostro albero, apparecchiamo la tavola con colori scintillanti e confezioniamo i regali con colori oro, argento o rosso.
Il Natale e i suoi colori hanno un forte impatto sulla nostra emotività, ma hanno un significato che va molto oltre la psicologia umana e che affonda le sue radici nella tradizione sacra, comunque religiosa. Rosso, oro, verde e bianco sono i colori iconici che dipingono questo periodo dell’anno, sono l’accostamento natalizio classico per eccellenza.
Il rosso è il colore dell’amore, della passione; dal suo significato religioso deriva anche il suo valore nella tradizione e cultura moderna. Il rosso richiama la regalità e il sacerdozio, la veste rossa da cui discende quella di Babbo Natale . Il rosso esprime anche il calore degli affetti, evoca la famiglia, la tradizione : è il colore del Natale per eccellenza perché ne interpreta lo spirito . L’oro è legato all’opulenza e ai doni dei Re Magi . È un colore regale, è il colore degli scettri, dei sovrani, della regalità, è il colore che ha accompagnato la nascita di Gesù insieme al rosso.
Il bianco e l’ argento esprimono candore e purezza, e richiamano l’immagine dell’agnello . Lo splendore del bianco e il bagliore dell’ argento richiamano anche la stella cometa che condusse i Re Magi nel loro cammino .
Il verde è il colore della speranza anche nella tradizione religiosa : esistono immagini di Babbo Natale risalenti alla seconda metà dell’Ottocento che lo ritraggono con vesti verdi per portare speranza nelle case con i suoi doni. Il verde è anche il colore del vischio, che simboleggia fin dall’epoca antica prosperità e buon auspicio
Oggi i colori del Natale evocano non solo felicità e amore, ma anche creatività. Dalla moda all’arredamento le tendenze cambiano di anno in anno, proponendo gradazioni più originali di tinte, in genere con toni considerati più glamour.
Ecco allora che le nostre case si colorano di nuovi addobbi, ogni dettaglio si tinge delle tonalità che più ci piace e che ci aiuta ad esprimere i nostri sentimenti e le nostre emozioni… Insomma, a Natale ogni addobbo vale!
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A cura della Redazione
Come è ormai tradizione, anche quest’anno possiamo fare un gran figurone con gli amici ordinando tutte le prelibatezze possibili della migliore qualità con un semplice ordine al la salumeria Zoppi e Gallotti. Segnate la data entro la quale è possibile prenotare il cenone per salutare l’anno nuovo: giovedì 29 dicembre.
Si comincia dagli antipasti, per tutti i gusti. Come sempre, pesci e crostacei la fanno da padroni, si tratti di affumicati ( tonno, spada, salmone) , mignon con code di scampi, aragoste e gamberi in salsa tartara canapé al caviale, cocktail di crostacei, insalata di polpo, capitone, paté di tonno e altro ancora . Non può mancare l’aragosta, al naturale o in bellavista, e i paté di selvaggina e vitello oppure il fegato d’oca per chi preferisce la carne.
Dopo tante delizie, si può completare un ricco buffet festivo con un saporito panettone gastronomico, disponibile nelle varianti al pesce affumicato o ai salumi. Per chi desidera un primo piatto ci sono le crespelle con patate bianche, zucchine e fiorone della Valsassina, oltre ai carciofi o gli gnocchi alla parigina,
e non mancano raffinati secondi a base di carne o pesce : si può scegliere tra carré di vitello al tartufo nero, oppure filetto di rombo al tegame o bianco branzino Non mancano le vivande tradizionali e benauguranti, come cotechini, zamponi e lenticchie, oltre naturalmente a panettoni e veneziane per concludere in bellezza. Il tutto, naturalmente, accompagnato da vini e spumanti che Zoppi e Gallotti sapranno consigliarvi, per brindar e al nuovo anno.
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Buon appetito e buon 2023!!!
IL GRUPPO YAKULT EUROPE HA SCELTO MILANO PER OSPITARE IL 10° INTERNATIONAL YAKULT SYMPOSIUM Informazione promozionale
A cura della Redazione
E’ stata scelta una sede prestigiosa per la decima edizione dell’International Yakult Symposium che si è svolta quest’anno in Italia : l’incontro, dedicato al tema “Microbiota and Probiotics: Chances and Challenges!” si è tenuto a metà ottobre presso il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.
Da anni la comunità scientifica di Yakult organizza incontri in diverse città europee con l’obiettivo di condividere con operatori della salute, studenti e ricercatori le più recenti scoperte scientifiche sul tema dei probiotici e del microbiota intestinale, ribadendo la loro importanza per la salute. Il Simposio ha rappresentato dunque un’eccellente opportunità per acquisire informazioni e condividere esperienze, confrontandosi con una comunità scientifica di livello internazionale. “Con il 10° anniversario del nostro International Yakult Symposium, in questa splendida sede di Milano, onoriamo e facciamo tesoro della scienza del passato per proiettarci verso la scienza del futuro per migliorare la qualità di vita delle persone”, ha dichiarato Hiroyasu Matsubara, Managing Director di Yakult Europe. “Prendersi cura delle persone e della loro salute è sempre stato l’obiettivo principale di Yakult. Sin dalla sua fondazione nel 1955, con il prezioso lavoro del suo fondatore Dr. Shirota, e fino a oggi l’azienda si è completamente dedicata alla scienza del microbiota e al suo impatto sulla salute e la felicità delle persone ”. Proprio nel 1955 infatti il Dr. Shirota, pioniere nell’ambito della microbiologia e dei probiotici, ha fondato a Tokyo lo Yakult Central Institute, oggi una realtà di fama mondiale all’interno della quale gli scienziati proseguono il lavoro del fondatore, per sviluppare bevande a base di latte fermentato, cosmetici e prodotti farmaceutici, che contribuiscono a rendere la vita delle persone più sana e felice.
“La ricerca nel campo del microbiota intestinale”, spiegano i responsabili comunicazione di Yakult, “progredisce rapidamente, fornendo risultati che avvalorano il potenziale benefico dell’uso di prebiotici e probiotici”. E grazie a conoscenze sempre più approfondite, si stanno aprendo nuovi ambiti di ricerca e nuove sfide per la comunità scientifica, come conferma il titolo scelto per il Simposio di quest’anno. Nei giorni del convegno Yakult ha trasformato le sale del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano in un luogo dedicato alla conoscenza e al dibattito sui temi relativi all’importanza del microbiota per la nostra salute e dei probiotici per mantenerlo in condizioni ottimali. Facendo leva sulle esperienze maturate, lo sguardo è stato rivolto alla scienza del futuro e a come le nuove scoperte sul microbiota ci consentiranno di continuare a sperimentarne l’impatto positivo sulla nostra salute. Tra i diversi temi approfonditi nel corso degli incontri ricordiamo la salute dell’intestino, la correlazione tra intestino e cervello, la rilevanza del microbiota per la salute degli anziani, fino all’impatto del microbiota sul sistema immunitario, lo stress e la depressione . www.yakulteurope.com
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