Agosto 2021
Viandante sul mare di nebbia(1818). Caspar David Friedrich
Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano: n°258 del 17/10/2018 ANNO 3, n.8
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Le rubriche
EDITORIALE “Amoglianimali” Bellezza Da leggere (o rileggere) Da vedere/ascoltare Di tutto e niente Gli Erranti Il desco dei Gourmet Il personaggio Il tempo della Grande Mela Incipit Incursioni In forma In movimento Lavori in corso Primo piano Salute Scienza Sessualità Stile Over Volontariato & Associazioni
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Generazione Over 60 DIRETTORE RESPONSABILE Minnie Luongo
I NOSTRI COLLABORATORI Marco Rossi Alessandro Littara Antonino Di Pietro Mauro Cervia Andrea Tomasini Paola Emilia Cicerone Flavia Caroppo Marco Vittorio Ranzoni Giovanni Paolo Magistri Maria Teresa Ruta
DISEGNI DI Attilio Ortolani Sito web: https://generazioneover60.com/ Email: generazioneover60@gmail.com Issuu: https://issuu.com/generazioneover60 Facebook: https://www.facebook.com/generazioneover60 Youtube: https://www.youtube.com/channel/generazioneover60
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Generazione Over 60 MINNIE LUONGO DIRETTORE RESPONSABILE
Foto Chiara Svilpo
Classe 1951, laureata in Lettere moderne e giornalista scientifica, mi sono sempre occupata di medicina e salute preferibilmente coniugate col mondo del sociale. Collaboratrice ininterrotta del Corriere della Sera dal 1986 fino al 2016, ho introdotto sulle pagine del Corsera il Terzo settore, facendo conoscere le principali Associazioni di pazienti.Ho pubblicato più libri: il primo- “Pronto Help! Le pagine gialle della salute”- nel 1996 (FrancoAngeli ed.) con la prefazione di Rita Levi Montalcini e Fernando Aiuti. A questo ne sono seguiti diversi come coautrice tra cui “Vivere con il glaucoma”; “Sesso Sos, per amare informati”; “Intervista col disabile” (presentazione di Candido Cannavò e illustrazioni di Emilio Giannelli).
Autrice e conduttrice su RadioUno di un programma incentrato sul non profit a 360 gradi e titolare per 12 anni su Rtl.102.5 di “Spazio Volontariato”, sono stata Segretario generale di Unamsi (Unione Nazionale Medico-Scientifica di Informazione) e Direttore responsabile testata e sito “Buone Notizie”. Fondatore e presidente di Creeds, Comunicatori Redattori ed Esperti del Sociale, dal 2018 sono direttore del magazine online Generazioneover60. Quanto sopra dal punto di vista professionale. Personalmente, porto il nome della Fanciulla del West di Puccini (opera lirica incredibilmente a lieto fine), ma non mi spiace mi si associ alla storica fidanzata di Topolino, perché come Walt Disney penso “se puoi sognarlo puoi farlo”. Nel prossimo detesto la tirchieria in tutte le forme, la malafede e l’arroganza, mentre non potrei mai fare a meno di contornarmi di persone ironiche e autoironiche. Sono permalosa, umorale e cocciuta, ma anche leale e splendidamente composita. Da sempre e per sempre al primo posto pongo l’amicizia; amo i cani, il mare, il cinema, i libri, le serie Tv, i Beatles e tutto ciò che fa palpitare. E ridere. Anche e soprattutto a 60 anni suonati.
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Chi siamo DOTTOR MARCO ROSSI
SESSUOLOGO E PSICHIATRA è presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale e responsabile della Sezione di Sessuologia della S.I.M.P. Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e come esperto di sessuologia a numerosi programmi radiofonici. Per la carta stampata collabora a varie riviste.
DOTTOR ALESSANDRO LITTARA
ANDROLOGO E CHIRURGO è un’autorità nella chirurgia estetica genitale maschile grazie al suo lavoro pionieristico nella falloplastica, una tecnica che ha praticato fin dagli anni ‘90 e che ha continuamente modificato, migliorato e perfezionato durante la sua esperienza personale di migliaia di casi provenienti da tutto il mondo
PROFESSOR ANTONINO DI PIETRO
DERMATOLOGO PLASTICO presidente Fondatore dell’I.S.P.L.A.D. (International Society of PlasticRegenerative and Oncologic Dermatology), Fondatore e Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis, è anche direttore editoriale della rivista Journal of Plastic and Pathology Dermatology e direttore scientifico del mensile “Ok Salute e Benessere” e del sito www.ok-salute.it, nonché Professore a contratto in Dermatologia Plastica all’Università di Pavia (Facoltà di Medicina e Chirurgia).
DOTTOR MAURO CERVIA MEDICO VETERINARIO
è sicuramente il più conosciuto tra i medici veterinari italiani, autore di manuali di successo. Ha cominciato la professione sulle orme di suo padre e, diventato veterinario, ha “imparato a conoscere e ad amare gli animali e, soprattutto, ad amare di curare gli animali”. E’ fondatore e presidente della Onlus Amoglianimali, per aiutare quelli più sfortunati ospiti di canili e per sterilizzare gratis i randagi dove ce n’è più bisogno.
ANDREA TOMASINI
GIORNALISTA SCIENTIFICO giornalista scientifico, dopo aver girovagato per il mondo inseguendo storie di virus e di persone, oscilla tra Roma e Spoleto, collaborando con quelle biblioteche e quei musei che gli permettono di realizzare qualche sogno. Lettore quasi onnivoro, sommelier, ama cucinare. Colleziona corrispondenze-carteggi che nel corso del tempo realizzano un dialogo a distanza, diluendo nella Storia le storie, in quanto “è molto curioso degli altri”.
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Chi siamo PAOLA EMILIA CICERONE
GIORNALISTA SCIENTIFICA classe 1957, medico mancato per pigrizia e giornalista per curiosità, ha scoperto che adora ascoltare e raccontare storie. Nel tempo libero, quando non guarda serie mediche su una vecchia televisione a tubo catodico, pratica Tai Chi Chuan e meditazione. Per Generazione Over 60, ha scelto di collezionare ricordi e riflessioni in Stile Over.
GIOVANNI PAOLO MAGISTRI
BIOLOGO Classe 1951, biologo specializzato in patologia generale, si occupa di progettazione di sistemi per la gestione della sicurezza e dell’igiene delle produzioni alimentari. Socio Onorario dell’Associazione PianoLink vive sognando di diventare, un giorno, un bravo pianista.
FLAVIA CAROPPO
GIORNALISTA E AMBASCIATRICE DELLA CUCINA ITALIANA A NEW YORK Barese per nascita, milanese per professione e NewYorkese per adozione. Ha lavorato in TV (Studio Aperto, Italia 1), sulla carta stampata (Newton e Wired) e in radio (Numbers e Radio24). Ambasciatrice della cultura gastronomica italiana a New York, ha creato Dinner@Zia Flavia: cene gourmet, ricordi familiari, cultura e lezioni di vera cucina italiana. Tra i suoi ospiti ha avuto i cantanti Sting, Bruce Springsteen e Blondie
MARCO VITTORIO RANZONI
GIORNALISTA Milanese DOC, classe 1957, una laurea in Agraria nel cassetto. Per 35 anni nell’industria farmaceutica: vendite, marketing e infine comunicazione e ufficio stampa. Giornalista pubblicista, fumatore di Toscano e motociclista della domenica e -da quando è in pensione- anche del lunedì. Guidava una Citroen 2CV gialla molto prima di James Bond.
MONICA SANSONE
VIDEOMAKER operatrice di ripresa e montatrice video, specializzata nel settore medico scientifico e molto attiva in ambito sociale.
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Sommario -10Generazione F Con la mente a zonzo Editoriale di Minnie Luongo -14Foto d’autore Quando una cornice va in pezzi di Francesco Bellesia -16Stile Over L’”acqua pizzichina” di Paola Emilia Cicerone -20Da tener d’occhio G.B. Magistri, pittore e grafico milanese dalla Redazione -21Incursioni La macchia sul judogi Di Marco Vittorio Ranzoni
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Sommario -27In movimento Una gita sul lago di Como per gustare i deliziosi agoni Gli Erranti -29Il desco dei Gourmet Perché i prodotti di Zoppi&Gallotti sono realmente speciali dalla Redazione -33Di tutto e niente La vita è anche una biblioteca da riordinare Di Andrea Tomasini -34In forma Il cardiofrequenzimetro: uno strumento praticamente indispensabile per l’allenamento dalla Redazione -38Bellezza Che cosa fare dopo uno scontro in mare con una medusa Professor Antonino Di Pietro
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Generazione F CON LA MENTE A ZONZO EDITORIALE Per questa attività, praticata soprattutto in agosto o comunque quando ci si trova in vacanza, non occorre alcuno strumento o accessorio. E’ sufficiente una sdraio al sole, il divano di casa propria o anche il paesaggio che si ammira camminando. In un attimo ci accorgiamo di immergerci in un’occupazione che ci accomuna tutti, chi più chi meno. E’ il momento dei ricordi, dei pensieri, delle riflessioni. Spesso in arrivo all’improvviso, all’inizio come fossimo in una sorta di dormiveglia che, se solo lo desideriamo, possiamo mettere via via più a fuoco. D’accordo, a questo punto è quasi obbligatorio citare le madeleinettes di Proust: quando un odore, un sapore o un oggetto evocano in noi un ricordo del passato. Oggi il romanzo dello scrittore francese “Alla ricerca del tempo perduto” viene addirittura considerato come il grimaldello per accedere al complesso mondo delle neuroscienze. In pratica, Marcel Proust contrapporrebbe alla memoria involontaria quella volontaria, che agisce nel momento in cui recuperiamo il passato con un atto di volontà, ad esempio quando studiamo un argomento storico.
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Generazione F Ma senza addentrarci in ipotesi dotte, a chi non è capitato di visitare un luogo dove non siamo mai stati, e avere però la netta impressione che ci sia familiare? Qualcosa che pensiamo di aver dimenticato, perduto per sempre ecco ritornare, come una nuova scoperta. Memoria, perdita, ritrovamento si inseguono continuamente e, solo quando si incontrano, riescono a riconoscersi e darsi un senso. A me una frase è restata per sempre impressa leggendo uno dei libri dell’amato Hermann Hesse. Non si trova in “Siddharta” (che, a dir la verità, non è fra i miei volumi preferiti dello scrittore) ma in “Narciso e Boccadoro”. La frase che mi venne spontaneo ripetere a voce alta quando nella testa riaffiorò, più inaspettato che mai, un certo ricordo è questa: “Da profondità infinite e perdute sbocciavano i fiorellini del ricordo”. Semplice ed esemplificativa al massimo. Perfetta.
Narciso e Boccadoro (1930)
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Generazione F Dove ha casa la memoria all’interno del cervello? I ricordi sono conservati primariamente nella corteccia cerebrale, e il centro di controllo che genera il ricordo si trova all’interno del cervello. Per la precisione, la sala di comando della memoria è nell’ippocampo e nella corteccia entorinale che lo circonda. Una ricerca tedesca di qualche anno fa è riuscita addirittura ad individuare non solo il luogo esatto della nascita del ricordo, ma perfino se, generato dalla corteccia cerebrale, si è diretto verso l’ippocampo, oppure se ha compiuto il percorso opposto.
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Generazione F E perché alcune persone ricordano più di altre? Intanto, è noto che esiste la memoria selettiva, grazie alla quale scegliamo che cosa ricordare. In altre parole, la nostra mente compie un lavoro continuo per cui tende a immagazzinare solo ciò che per noi è importante e a scartare quello che non è strettamente necessario. Ecco perché non ricordiamo gli stessi dettagli che ricorda un’altra persona. C’è poi da considerare che lo spazio a disposizione è limitato. Quando da studenti ci trovavamo ad esclamare stizziti “ma non mi ci può stare tutto dentro!”, in realtà esisteva più di un fondamento di verità: la nostra mente non ricorda tutto perché deve lasciare spazio ai nuovi ricordi. Alcuni ricercatori dell’Università di Toronto hanno dimostrato come la memoria si serve di due funzioni: una che serve per immagazzinare e l’altra utile per dimenticare. I neuroni che dimenticano hanno origine nell’ippocampo e si generano quando siamo molto piccoli (ciò spiega, per esempio, perché solitamente ricordiamo molto poco dei primi tre/quattro anni di vita). La maledizione di ricordare tutto. E poi c’è la’ipertimesia o sindrome ipertimesica (conosciuta anche con l›acronimo HSAM, da Highly Superior Autobiographical Memory): una condizione che conduce la persona a possedere una memoria autobiografica superiore, tale da permettere il ricordo di gran parte degli eventi vissuti nella propria esistenza. I ricercatori che, nel 2006, hanno descritto per primi la sindrome l’hanno classificata rifacendosi ai termini in lingua greca iper (eccessivo) e thymesis (ricordare). L'individuo ipertimesico riesce a rammentare dettagliatamente quasi ogni giorno della propria esistenza, così come gli eventi pubblici che abbiano per lui un significato personale. I ricordi vengono descritti come associazioni incontrollabili e vivide rappre-sentazioni, “viste nella testa”, che emergono inconsapevolmente e senza esitazione. Vabbè, ero partita dalle innocue e rassicuranti madeleinettes proustiane e (deformazione professionale da giornalista scientifica) e sono arrivata a parlare della condanna di chi non può fare a meno di ricordare ogni particolare della propria vita, compreso il pranzo consumato un giorno qualsiasi di anni e anni prima… Certo, a tutti piace crogiolarsi nei ricordi piacevoli, anche se qui, ahimè, non esiste democrazia: molti di noi ne hanno a disposizione un numero molto maggiore rispetto ad altri. Tuttavia- questa è almeno la mia convinzione - diventiamo gli Over che siamo anche in conseguenza di quanto di “non piacevole” abbiamo dovuto, e soprattutto voluto, affrontare e superare. Insomma, per quanto mi riguarda non vorrei cancellare per sempre i brutti ricordi per aggrapparmi alle memorie gratificanti. Anche perché, com’è noto, la mente mente. Spesso a nostra insaputa. Forse allora non sbagliavo del tutto quando da ventenne - all’epoca della mia “attività poetica”- scrivevo: Nell’inaspettato disordine di un lungo minuto fingo di cercare la meravigliosa calma delle mie ore false. Il titolo di questi versi, se non ricordo male… era ”Ricordi”.
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Foto d’autore Quando una cornice va in pezzi
Perché le foto contenute facciano la stessa fine, assieme ad alcuni ricordi? Forse …
Frame (2019)
di Francesco Bellesia https://francescobellesia.it/
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Foto d’autore FRANCESCO BELLESIA Sono nato ad Asti il 19 febbraio del 1950 ma da sempre vivo e lavoro a Milano. Dopo gli studi presso il liceo Artistico Beato Angelico ho iniziato a lavorare presso lo studio di mio padre Bruno, pubblicitario e pittore. Dopo qualche anno ho cominciato ad interessarmi di fotografia, che da quel momento è diventata la professione e la passione della mia vita. Ho lavorato per la pubblicità e l’editoria ma contemporaneamente la mia attenzione si è concentrata sulla fotografia di ricerca, libera da vincoli e condizionamenti, quel genere di espressione artistica che oggi ha trovato la sua collocazione naturale nella fotografia denominata FineArt. Un percorso parallelo che mi ha consentito di crescere e di sviluppare il mio lavoro, una sorta di vasi comunicanti che si sono alimentati tra di loro. Molte sono state le mostre allestite in questi anni e molte le manifestazioni alle quali ho partecipato con premi e riconoscimenti. Continuo il mio percorso sempre con entusiasmo e determinazione… lascio comunque parlare le immagini presenti sul mio sito.
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Stile Over L’”ACQUA PIZZICHINA” La parola Idrolitina ci riporta ad estati lontane e abitudini sconosciute ai meno Over Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica
Ci sono dei momenti in cui ci si rende conto che il tempo passa, e che il mondo in cui siamo cresciuti sta scomparendo. A me è successo l’altro giorno al supermercato, quando mi sono resa conto che l’Idrolitina, acquisto abituale nei mesi estivi per avere qualcosa da bere senza caricarmi di bottiglie di minerale, era sparita dallo scaffale da un po’ di tempo: ho chiesto a uno degli addetti, e la risposta è stata “ Non la teniamo più”. COME, non la tenete? L’”acqua pizzichina” non può sparire, fa parte dell’estate, come il cocomero, i ghiaccioli e le zanzare.
Mezzo secolo fa l’Idrolitina era confezionata in due bustine, che mescolate insieme producevano la desiderata frizzantezza. L’abilità stava nel tappare la bottiglia (in genere una classica bottiglia col gommino
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Stile Over sul tappo di ceramica) prima di far traboccare acqua e bollicine sul tavolo, con grande divertimento degli astanti . Ma di che cosa si tratta esattamente? Quelle che una volta si chiamavano genericamente “acque di Viscì”, in omaggio al centro termale francese, nascono come un’alternativa economica alle acque curative che all’epoca godevano di grande successo, offrendo a poco prezzo un prodotto a metà tra bibita e medicina, di cui si vantavano le qualità digestive e diuretiche.
Idrolitina: un nome che fa riaffiorare ricordi di abitudini d’altri tempi La prima e probabilmente la più famosa tra le polveri per acqua da bere è stata proprio l’Idrolitina, che nasce a Bologna ai primi del ‘900 nello stabilimento del cavalier Arturo Gazzoni: si tratta di una miscela di bicarbonato, acido malico e acido tartarico, che sciolti nel liquido sviluppano anidride carbonica rendendo effervescente l’acqua, cui danno anche un caratteristico gusto salino. La bevanda - il nome è composto di due parole greche, “idro” (acqua) e “lito” (pietra), come a dire “la polvere che si scioglie nell’acqua”- ebbe successo grazie anche a una filastrocca stampata sulla confezione, che la mia generazione ricorda a memoria: «Diceva l’oste al vino “tu mi diventi vecchio, ti voglio maritare con l’acqua del mio secchio”; rispose il
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Stile Over vino all’oste “fai le pubblicazioni, sposo l’Idrolitina del cavalier Gazzoni!”». Segno che all’epoca, probabilmente, l’Idrolitina serviva soprattutto ad allungare il vino, una tradizione che oggi ci fa sorridere, anche se, in effetti, è la ricetta alla base del popolarissimo Spritz.
In ogni caso, la ditta Gazzoni ottenne di diventare fornitrice di Idrolitina per il Palazzo Apostolico, e poi per la Real Casa, due riconoscimenti che sono rimasti a lungo sulla confezione di sapore vecchiotto. Il successo della storica polverina è continuato fino agli anni ‘60/’70: nel frattempo erano nate diverse concorrenti, alcune con formulazioni leggermente diverse come Frizzina, la prima a proporre la bustina unica, la Cristallina Ferrero o la Idriz Carlo Erba (E qui lo slogan di Carosello recitava “ Acqua in bocca, ma che sia acqua preparata con le polveri Idriz”). Prodotti molto apprezzati in anni in cui l’acqua minerale era piuttosto costosa e venduta in pesanti bottiglie di vetro “a rendere”.
La pubblicità con cui Idrolitina evidenziava di essere fornitrice dei Palazzi Apostolici
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Stile Over Un successo progressivamente cancellato proprio dalla disponibilità di acqua minerale a buon prezzo e in più maneggevoli bottiglie di plastica oltre che, in tempi più recenti, dagli apparecchi per produrre acqua gasata in casa. Anche se nessuna acqua minerale è in grado di riprodurre il gusto caratteristico dell’“acqua pizzichina”, specialmente nelle versioni più tradizionali. Il che non significa che l’Idrolitina e le altre polveri per acqua frizzante siano scomparse: una ricerca su internet mi conferma che si possono comprare on line su Amazon, segno che i prodotti si sono adeguati ai tempi. Anche la confezione dell’Idrolitina è cambiata poco, anche se oggi non appartiene più al Cavalier Gazzoni ma alla Ristora, che produce anche Frizzina. Ma è soprattutto l’Idrolitina a restare nella memoria e nel cuore, come protagonista di storici Caroselli e di citazioni letterarie musicali autorevoli -la nomina Battiato in Zone depresse del 1983 (www.youtube.com/watch?v=QuLc-LWCylc) e ne parla Francesco Guccini nel Nuovo Dizionario delle cose perdute (Mondadori 2014), oltre ad avere una pagina Facebook dedicata. E forse oggi che si presta maggiore attenzione ai rifiuti e ai consumi energetici, sarebbe il caso di recuperare le storiche bustine…
Frizzina, concorrente di Idrolitina, fu la prima a proporre un’unica bustina
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Da tener d’occhio G.B. MAGISTRI, PITTORE E GRAFICO MILANESE
Dialogo (1970). Olio su tela; cm 160 x 120 Qui l’artista utilizza colori forti e accesi, che ben s’addicono al mese di agosto. Ricordate la fotografia in bianco e nero pubblicata in questa rubrica a luglio, con la famiglia Magistri al completo ritratta durante le vacanze del 1956 presso la pensione Petrucci di Bellaria di Rimini? Ecco, forse non è azzardato dire che questo grande olio di Giovanni Balilla Magistri rappresenta la trasposizione in dipinto della medesima immagine. Perché l’estate è luce accecante, unita spesso a memorie e ricordi ancora più vividi. Come sempre, per saperne di più sul pittore milanese di cui l’anno prossimo ricorrerà il cinquantenario della scomparsa, c’è il sito https://gbmagistri.org/
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Incursioni LA MACCHIA SUL JUDOGI Judo: uno splendido sport che mi ha insegnato moltissimo. Compreso non sottovalutare mai un avversario, sia pure un’angelica ragazzina bionda… Di Marco Vittorio Ranzoni - giornalista
Da bambino ero magro, timido e introverso. Adesso sono timido e introverso, ma allora la mia magrezza e il fatto che mangiavo pochissimo e malvolentieri sembrava un problema per la crescita e il dottore disse che dovevo fare sport. Delle turbe dell’animo dei bambini, allora, ci si preoccupava poco.
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Incursioni Così iniziai a praticare atletica leggera: nella corsa mi dissero di lasciar perdere, nel salto in alto mi plafonai ben presto a un metro e venti, così il campo Cappelli perse presto un giovane atleta. Provai con la pallacanestro (chi mi conosce a questo punto ride malignamente, ma allora non si poteva sapere che cosa ne sarebbe stato del mio corpo). Vabbè, i miei cominciavano a disperare finché un giorno pronunciai la parola magica: judo. Strano, perché non conoscevo nessuno che lo praticasse e allora non era tanto di moda; forse avevo visto qualcosa alla televisione, era da poco disciplina olimpica (giochi di Tokyo del 1964), non mi ricordo i dettagli; i miei non sapevano bene cosa fosse, ma tant’è… Un giorno presi il tram con mia nonna Claudia e discesi i gradini della palestra Universo di via Crocefisso. Non potevo saperlo, ma quello era un giorno particolare: era in corso uno stage per sole cinture nere. Figurati! Io facevo la lotta con i cuscini saltando sul letto della nonna Carla (l’altra nonna mi avrebbe fracassato col battipanni, se solo ci avessi provato) e quella mi sembrava un’alternativa decisamente pazzesca. Nota bene: in tutti gli anni di palestra non mi capitò mai più di vedere una simile dimostrazione di tecniche, quindi è ovvio che quel pomeriggio di novembre fu Jigoro Kano in persona a mandarmi un segnale.
Jigoro Kano (1860- 1938), fondatore del judo
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Incursioni Cominciò così un’avventura fantastica, sotto la paziente guida del Maestro Ubaldo Paschini, che ben presto divenne il mio faro e il mio mito. Iniziai a divertirmi. Poi si faceva un sacco di ginnastica e qualche muscoletto saltò fuori. Dopo qualche mese e il primo esame misi la cintura gialla e si cominciò a fare sul serio. Il metodo di Paschini era di far partecipare subito gli allievi alle garette organizzate tra le palestre milanesi, secondo il suo motto: “Nelle gare non si perde mai, si vince o si impara”. Ero diventato un po’ più alto, però pesavo sempre pochissimo, il che era un vantaggio, per alcune tecniche che stavo imparando. Dopo qualche gara della domenica venne organizzato un quadrangolare. Erano incontri molto amichevoli e alla buona e a volte, nella stessa categoria di peso, eravamo in pochi e poteva succedere di misurarsi con una ragazza. E infatti nel sorteggio mi capitò una ragazzina bionda, molto carina, con la cintura bianca. Timido ed educato com’ero restai lì rigido per farle fare la prima mossa. Ricordo solo di avere visto i miei piedi vicino al soffitto e poi lei che si rassettava il judogi e il mio maestro che rideva sotto i baffi . La ragazza si cinse della sua cintura marrone: aveva da poco vinto i campionati provinciali e lo scherzo della cintura era stata un’idea del mio maestro, che così ebbe l’occasione per dirmi : “Mai sottovalutare un avversario”. Mi piaceva un sacco, il judo. Col tempo superai gli esami per il grado superiore e cambiai i colori della cintura: arancione, verde, blu. Una sera di normale allenamento il maestro mi chiamò a sé per un randori: lui pesava almeno 95 chili, ma si lasciò proiettare diverse volte lasciandomi eseguire tutte le tecniche che preferivo, prima di impartirmi la lezione: pronunciava a voce alta il nome della tecnica che avrebbe applicato, per darmi modo di evitarla,
Judo: via della cedevolezza
poi partiva veloce come un cobra e mi faceva volare da tutte le parti. Gli altri si erano fermati tutti a guardare quella specie di straccio bianco che roteava senza peso per tutta la palestra e ricadeva fragorosamente. Alla fine, dopo il saluto, prese qualcosa da una borsa e me la porse senza dire nulla: era la cintura marrone. Poi, fuori dallo spogliatoio, mi chiese se mi sarebbe piaciuto entrare nella squadra agonistica. Per me era un sogno che si realizzava, ero felicissimo. “Però”, disse, “non qui, nella mia palestra di Sesto San Giovanni”. Sapevo che Paschini aveva fondato un club a Sesto, del quale si dicevano meraviglie e che mieteva medaglie. Dissi subito di sì senza pensare alle difficoltà logistiche e, avuto il permesso genitoriale, iniziai a frequentare anche là: due sere a settimana a Milano alla Universo, e due sere a Sesto. Spesso, prima delle gare della domenica, allenamento anche al sabato.
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Incursioni
Il mio maestro Ubaldo Paschini con un allievo
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Incursioni La prima volta allo Sport Club Sesto me la ricorderò per sempre. A Milano tutti fighetti: palestra del centro, con le mamme che accompagnavano i bambini “a fare judo” nella tenuta sempre immacolata, candida e stirata e restavano a guardarli nascondendo i fremiti quando cadevano. A Sesto non era così. Mai vista una mamma: a Sesto, secondo me se le erano mangiate. Appena entrato mi sembrò una specie di girone dell’inferno: si stava allenando la squadra agonistica e mi sembravano tutti teppisti scappati di galera, la materassina beige con macchioline di sangue e i judogi che non vedevano la lavatrice da anni. Mi guardarono con aria di compatimento; io ero talmente leccato che mia nonna mi aveva pure fatto la riga sui pantaloni candidi del judogi, che vergogna… Il maestro mi presentò i compagni e subito iniziai l’allenamento con quelli più o meno del mio peso. Un altro pianeta e un altro livello. Brutti, sporchi e cattivi. Quello sì che era judo vero. Ben presto capii che pur nel suo rigore di arte marziale il judo può avere due anime, quella classica e quella moderna, sportiva. Infatti lì a Sesto il motto del maestro Paschini - che nel frattempo si era inventato dal niente il trofeo Abramo Oldrini per cinture nere, diventato ben presto uno dei tornei più prestigiosi a livello mondiale - era declinato in un più prosaico “L’importante non è partecipare, ma vincere”. Diavolo d’un uomo.
Uchi Mata, una delle tecniche più usate a livello agonistico
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Incursioni La faccio breve per non fare il sentimentale: da lì in poco tempo mi feci degli amici veri, scoprii ben presto che i judogi erano sporchi perché quasi tutti, figli di operai, ne avevano uno solo (io ne avevo tre) e imparai che sudandoci dentro una settimana diventavano molto più morbidi e confortevoli. Di lì a breve mi uniformai allo stile, imparai tantissimo e mi divertii un mondo. Prendevo il tram e la metro fino al capolinea di Marelli e tornavo a casa alle undici di sera; quando andavo alla palestra di via Crocefisso (col judogi macchiato di coreografiche macchioline di sangue) mi guardavano come se fossi un teppista scappato di galera. Specie le mamme. Così passarono gli anni, io ero nella categoria fino a 57 chilogrammi anche se facevo un po’ fatica a restarci e prima del rito della pesatura facevo parecchi giri di corsa con addosso felpe e maglioni per arrivare alla bilancia trattenendo il fiato. Disputai tante gare, non ero un fuoriclasse ma me la cavavo e portai qualche coppa agli scaffali dello Sport Club Sesto. Ma era un impegno gravoso e ben presto mi trovai intrappolato tra i primi esami all’Università, la fidanzata e gli allenamenti, e così smisi del tutto. Gli esami da cintura nera si facevano a Roma, allora, ma bisognava dedicarci parecchio tempo per studiare bene i kata, e quindi mi tenni la vecchia marrone, ormai scolorita e sfilacciata L’ultima volta che sono salito su una materassina però l’ho fatto alla grande: per una riunione aziendale invitammo come testimonial dei valori dello sport Pino Maddaloni, allora freschissimo oro alle Olimpiadi di Sydney, e i tre fratelli Vismara, vere icone della storia del judo italiano. Così, su un tatami approntato per l’occasione, mi sono fatto strapazzare per qualche minuto da brivido dopo aver rimesso il vecchio judogi. Pulito e stirato per l’occasione, ci mancherebbe.
1. Jigoro Kano (1860–1938): fondatore del judo 2. Judogi: abbigliamento del judoka 3. Randori: esercizio libero di messa in pratica delle tecniche 4. Kata: schemi prestabiliti di attacco e difesa 5. Tatami: materassina sulla quale si pratica il judo
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In movimento UNA GITA SUL LAGO DI COMO PER GUSTARE I DELIZIOSI AGONI Attenzione però a non confonderli con le sarde, come continuano a fare molte persone, anche lombarde… Gli Erranti
La pesca degli agoni sul lago di Como La maggior parte dei lombardi ha gustato, almeno una volta, i missoltini -misultin in dialetto- deliziosa specialità ittica della zona dei laghi . Non tutti però conoscono la storia che c’è dietro a questo piatto e al pesce da cui trae origine . Per saperne di più possiamo fare una gita sul lago di Como, dove soprattutto nel mese di giugno si pratica- tradizionalmente su lunghe e sottili passerelle protese sulle acque - la pesca degli agoni (Alosa fallax lacustris) i pesci della famiglia dei Clupeidi alla base di questa specialità . La preparazione dei missoltini è una tradizione antichissima, menzionata anche da Plinio il Giovane che in queste terre era nato, e che racconta nelle sue epistole come gli agoni fossero puliti ed essiccati al sole per essere poi consumati nei mesi invernali, arricchendo di proteine la dieta delle popolazioni locali.
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In movimento Le tecniche di conservazione più antiche si ispiravano alla pratica di mettere sotto sale il pesce di mare, introdotta sulle rive del Lago di Como dalla colonia greca cui i Romani affidarono la custodia della storica Via Regina (www.viaregina.eu/), un antico percorso di scambi commerciali verso il Nord. E in effetti gli agoni hanno origini marine, tanto che spesso vengono confusi con le sarde che ricordano anche come sapore (entrambi, in effetti, appartengono alla famiglia dei Clupeidi, come le aringhe) . Solo che gli Non confondiamo gli agoni con le sarde! agoni, anticamente, sono rimasti intrappolati nelle acque dei grandi laghi prealpini italiani come il Lago Maggiore, il Lago d’Iseo e soprattutto il Lago di Como dove si sono sviluppati nutrendosi prevalentemente di zooplancton. Con il tempo anche le tecniche di conservazione si sono modernizzate, ispirandosi a quelle scandinave importate dal turismo proveniente dall’Europa settentrionale, ritenute adatte per un pesce che ha qualche similitudine con le aringhe. Oggi i pesci puliti vengono messi sotto sale per due o tre giorni e poi asciugati al sole, prima di essere schiacciati e adagiati a strati in contenitori metallici intervallati da foglie di alloro. Il pesce così preparato è poi messo sotto torchio per far affiorare verso l’alto i grassi che formano uno strato di olio (usato un tempo anche per alimentare le lampade), che li isola dall’aria esterna permettendone la conservazione. In genere i missoltini vengono scaldati sulla piastra spruzzati con poco aceto bianco, e serviti con accompagnamento di polenta, ma è possibile anche farli rinvenire e cucinare in altro modo: sembra che proprio gli agoni del lago di Como, particolarmente piccoli e delicati, siano tra i più pregiati e ricchi di grassi salutari come gli omega 3. Resta da capire da dove venga il nome “missoltini”: l’ipotesi più probabile è che derivi dai contenitori di legno originariamente utilizzati per l’essiccazione, detti missolte, ma c’è anche chi considera il termine una contrazione di “messi sotto sale” o “ messi nei tini” (“miss in dul tin”). In ogni caso, l’antico legame tra questa preparazione e il Lago di Como ne ha decretato l’inserimento nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della regione Lombardia, oltre a farne un presidio Slow food. (www.fondazioneslowfood. com/it/presidi-slow-food/missoltino-del-lago-di-como-essiccato-al-sole/ )
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Il desco dei Gourmet ©GABRIELE REINA
©GABRIELE REINA
PERCHÉ I PRODOTTI DI ZOPPI&GALLOTTI SONO REALMENTE SPECIALI Informazione promozionale a cura della Redazione
Milano, via Cesare Battisti (dove dal 1984 ha sede il negozio di Zoppi&Gallotti) negli anni Quaranta Il mese scorso abbiamo inaugurato la rubrica “Il desco dei Gourmet”: un titolo scelto con cura, perchécome già accennato- se da una parte i due soci e titolari del negozio sono autentici Gourmet, altrettanto si deve dire dei clienti, fini estimatori ed intenditori del cibo e del vino di qualità. A luglio siamo partiti illustrando la Linea Slim, ottima in tutto l’anno ma provvidenziale in estate, quando si parte per un fine settimana e si desidera arrivare nella seconda casa (al mare, montagna o lago che
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Il desco dei Gourmet sia) con piatti ottimi che saranno pronti in soli cinque minuti. O, anche, non si vuole giungere a mani vuote dagli ospiti che ci hanno invitato, né s’intende ma portare una qualsiasi bottiglia di vino acquistata all’ultimo minuto al supermercato più vicino. Mentre, al contrario, per fare una memorabile figura basteranno alcuni piatti della ditta Zoppi & Gallotti, che si trasformeranno in un’aspettata e squisita cena da consumare con gli amici. Questa volta, approfittando del sonnacchioso mese di agosto, ci piace ricordare come e quando è nato il negozio di via Cesare Battisti. In realtà, già nel lontano 1940, in questa via in pieno centro di Milano, esisteva un negozio di alimentari gestito dalla famiglia Sormani; nel 1947 venne rilevato dalla famiglia Marchesi, che lo diresse fino all’agosto 1984, quando subentrò la società Zoppi & Gallotti, ovvero da Giuseppe Zoppi e Carlo Gallotti. Zoppi, che gestiva un’analoga attività nel capoluogo lombardo, in quell’anno decise infatti di trasferirsi in centro e di associarsi al suo collaboratore Carlo Gallotti, rinnovando assieme i locali e dando una decisa nuova, rivoluzionaria, impronta all’azienda. “Personalmente sono convinto che per avere successo nel proprio lavoro, qualunque esso sia, bisogna crederci e svolgerlo al meglio – sottolinea Gallotti-. Solo per fare un esempio: per garantire la cosiddetta catena del freddo, è necessario preoccuparsi di disporre di mezzi seriamente attrezzati”. Concorda e rafforza il concetto Zoppi: “Soprattutto, non bisogna mai tralasciare di specializzarsi con propri menù. Il che aiuta, anche (“dettaglio” non da poco) a non alzare troppo i costi”. Il negozio, che una visita “dal vivo” la merita senza se e ma, è composto da importanti Reparti: Gastronomia/Salumeria/Rosticceria/Macelleria.
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Il desco dei Gourmet →GASTRONOMIA. Ogni giorno, nel vasto laboratorio cucina, vengono preparate appetitose specialità della tradizione gastronomica italiana e internazionale. Si preparano menù con ingredienti genuini, selezionati secondo il criterio della massima qualità, con arrivi giornalieri dei mercati generali. Trattando con abile maestria le carni, i pesci, i sughi e quant’altro viene proposto dalla stagionalità degli alimenti, premiando sempre le ricette che si avvalgono di prodotti giunti a naturale maturazione Pertanto, è possibile trovare menù estivi, invernali ed esotici. →SALUMERIA E FORMAGGI. Formaggi e salumi rari, prodotti in zone tipiche, nel massimo rispetto del ciclo produttivo , secondo le antiche ricette originali. Salumi: con una particolare attenzione alla stagionatura e alla provenienza dalle zone tipiche di produzione, quotidianamente vengono affettati prosciutti e salami tipici, ancora con macchine a volano, oppure a coltello, così da garantire il massimo del sapore dei salumi. Allo stesso tempo, forme sceltissime di formaggi stagionati come il Parmigiano Reggiano, il Grana delle Vacche Rosse e il Grana padano D.O.P., e formaggi rari prodotti in zone tipiche come il “Bettelmatt”, il Testun di grotta, il “formaggio ubriaco gran riserva”, il Castelmagn, i pecorini del Centro –Sud Italia, i formaggi degli alpeggi delle Alpi italiane francesi, svizzere. Inoltre, gli arrivi giornalieri garantiscono la freschezza di formaggi quali la mozzarella di bufala campana, la mozzarella di Andria, le crescenze, i tomini, le ricotte …
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Il desco dei Gourmet →MACELLERIA. Questo è forse il fiore all’occhiello del negozio per qualità, sicurezza, tracciabilità delle carni. La maestria nella preparazione delle tantissime specialità ne determina, anche, un notevole apprezzamento da parte della clientela. Le diverse carni vengono lavorate e preparate secondo le richieste di chi compra, che deve preoccuparsi solo della cottura.
Insomma: l’esperienza al servizio della genuinità! Per ora ci fermiamo qui, preannunciando che nei prossimi numeri parleremo della CANTINA, dell’inappuntabile servizio a domicilio, del catering, delle fantastiche confezioni regalo… e di tanto e tanto altro ancora! Tel. 02/5512898. Per ordini e richiesta di preventivi potete scrivere una e-mail a: info@zoppiegallotti.com Sito Internet: http://www.zoppiegallotti.com Buon appetito!
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Di tutto e niente LA VITA È ANCHE UNA BIBLIOTECA DA RIORDINARE Perché non approfittare di questo agosto per ritrovare e catalogare i volumi del tempo trascorso? Di Andrea Tomasini – giornalista scientifico
Una frase semplice del libro affatto banale di Chimamanda Ngozi Adichie “Dovremmo essere tutti femministi” mi suggerisce una riflessione che mi stava sotto pelle e che però non avevo fatto affiorare: “Faccio spesso l’errore di credere che, se una cosa è ovvia per me, lo è per chiunque altro”. Questi otto mesi vissuti di ritorno a Roma, le tante vicende che hanno contenuto senza riuscire ad arginarle, credo abbiano avviato una serie di ripensamenti necessari. Le poche questioni attorno a cui la mia quotidianità ha ruotato -dettandone le priorità e fungendo da forbice per tutto il resto- le giornate vissute appartato, la stagione della mia vita: tutto questo mi sta presentando le mie cose come una biblioteca da riordinare. Non mi lamento, anzi la vivo come una preziosa opportunità. Fare la lista degli errori e delle occasioni è un modo interessante di viaggiare tra gli scaffali con il sorriso e la curiosità, immaginando differenti catalogazioni e collocazioni per provare a ritrovare i volumi del tempo trascorso. Questo agosto caldo e disabitato è una possibilità da non lasciar trascorrere invano.
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In forma IL CARDIOFREQUENZIMETRO: UNO STRUMENTO PRATICAMENTE INDISPENSABILE PER L’ALLENAMENTO Informazione promozionale A cura della Redazione Finora abbiamo trattato argomenti (almeno all’apparenza) “semplici”: rapporto salute/attività fisica, differenziazione dell’allenamento da persona a persona, importanza dell’idratazione prima/durante/dopo lo sport e, in modo particolare, in allenamento. Questo mese, sempre a cura del nostro coach Paolo Barbera, parliamo di un dispositivo particolare ma essenziale, purtroppo non da tutti conosciuto né utilizzato come meriterebbe: il cardiofrequenzimetro.
Chi è Paolo Barbera
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In forma Coordinatore Federale di Triathlon, Ironman Certified Coach. Fondatore di Active Kids, un centro medico specializzato nell’educazione alimentare e nella programmazione e gestione dell’allenamento sportivo. Direttore Tecnico di TRI60, un training center dedicato a ciclismo, triathlon, corsa e nuoto. Maratoneta e Multi Ironman finisher, collabora con le più prestigiose riviste di settore su temi di allenamento, educazione alimentare e preparazione fisica. Nel corso degli ultimi anni ha accompagnato tante persone in un percorso che li ha portati dall’essere sedentari e con problemi di peso e salute a persone sane, attive e in forma. Tri60 Advanced Training; tel. 02-83906360 https: //www.tri60.it “Uno dei sistemi più utilizzati per il controllo e la gestione dell’allenamento è il cardiofrequenzimetro. I primi utilizzi risalgono agli anni Ottanta quando erano disponibili sul mercato strumenti costosi e poco pratici. I modelli attuali funzionano tramite l’utilizzo combinato di una fascia elastica e di un dispositivo rilevatore, che può essere un orologio da polso o un computer da inserire sul manubrio della bici. La fascia allacciata attorno al torace è dotata di un sensore che ha la funzione di rilevare e trasmettere le pulsazioni al dispositivo, il quale le visualizza istantaneamente.
Il coach Paolo Barbera mostra un cardiofrequenzimetro a fascia tradizionale
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In forma Anche se in commercio si trovano alcuni modelli in grado di leggere le pulsazioni direttamente dal polso indossando un orologio, c’è da dire che questi sistemi, tuttavia, non offrono ancora le stesse prestazioni a livello di precisione rispetto alla fascia tradizionale. Fin qui abbiamo parlato del il funzionamento semplice di un cardiofrequenzimetro, generalmente noto alla maggioranza degli sportivi. Quello che invece non è sempre scontato è la capacità da parte di ognuno di interpretare e utilizzare i dati che questo prezioso strumento ci trasmette. Per quanto sia spesso più interessante e utile strutturare un allenamento in base alla potenza per il ciclismo e al passo per la corsa, è la frequenza cardiaca che offre informazioni importantissime. → La frequenza cardiaca è una misura del carico interno, pertanto del livello di fatica che si sta sostenendo a fronte di un determinato sforzo fisico. E’ un parametro soggettivo e variabile. Quindi, non ha senso che confrontare la propria frequenza cardiaca con quella dei compagni di allenamento, poiché il sistema cardiocircolatorio di ciascuno di noi funziona in modo diverso. Ciò significa che una persona a 150 battiti al minuto (bpm) potrebbe essere ad un livello di sforzo notevolmente superiore ad un’altra che è a 170 bpm ma con una frequenza cardiaca massima molto più alta del primo. → Inoltre, la frequenza cardiaca è variabile. Significa che è influenzata da fattori interni come il livello di stanchezza, di stress, di idratazione, di alimentazione, di malattia etc., oltre che da fattori esterni quali la temperatura, l’umidità e altri fattori climatici come il vento o l’altitudine a cui si sta facendo attività fisica. La variabilità è un vantaggio perché offre la prima misura approssimativa di come ti senti nel momento in cui ti alleni. Il mio consiglio è di osservare bene la frequenza cardiaca già prima di iniziare l’attività. A riposo, anche da seduto, misura le tue pulsazioni. Fallo ogni volta che ti alleni, così imparerai a conoscerti sempre di più. Capirai quali sono le tue pulsazioni a riposo quando stai bene, o quando, invece, ti trovi in uno stato di alterazione da stanchezza stress o malattia. → Se un giorno prima ancora di iniziare hai le pulsazioni molto più alte del solito, devi molto probabilmente rinunciare al tuo allenamento per ascoltare un allarme che ti arriva dall’organismo. Se decidi di allenarti comunque, soprattutto se hai in programma un lavoro impegnativo, rischi di compromettere ulteriormente il tuo equilibrio e aggravare la situazione di stanchezza, stress o malattia cui sei anche inconsapevolmente sottoposto. Ricorda, infatti, che un allenamento è uno stress per l’organismo che deve produrre, se ben dosato, una crescita di prestazione e di efficienza nel lungo periodo. Ma nell’immediato ti stanca e genera un abbassamento delle difese immunitarie proporzionale al livello dello sforzo sostenuto. Da evitare senza dubbio quando non stai già bene in partenza. → Una volta iniziato l’allenamento hai a disposizione uno strumento molto importante per valutare il tipo di lavoro che stai effettuando. Alcuni allenamenti possono avere come target la frequenza cardiaca. Questo significa che non devi preoccuparti di nessun altro parametro come velocità, potenza e puoi concentrarti sui battiti al minuto. Al contrario, sarà interessante capire quale risultato ottieni all’interno di ciascuna zona di intensità. Come avevo già spiegato in una “lezione” precedente, sarebbe sempre utile effettuare un test in un Centro specializzato per il calcolo dei tuoi parametri fisici e delle tue corrette Training Zones.
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In forma Quando avrai a diposizione il prospetto con le tue zone di intensità, allora saprai davvero qual è l’intensità più corretta a cui fare il riscaldamento, a cui fare un allenamento lungo o a cui fare una ripetuta impegnativa. Insomma, è indispensabile che tra i diversi parametri tu sappia quale è il livello di frequenza cardiaca che non devi assolutamente raggiungere e superare. Tutto ciò al fine di non mettere a rischio la tua salute che ha- e avrà sempre- la priorità rispetto all’attività sportiva e ai suoi risultati. Tutti questi parametri devi poi inserirli all’interno del tuo cardiofrequenzimetro. Assieme ai valori delle zone puoi anche impostare degli allarmi, in modo tale che quando superi certe zone di intensità il tuo cardio si attivi con degli avvisi sonori. Nell’utilizzo pratico ricorda che il cuore durante uno sforzo ha un periodo di latenza e adattamento nel rispondere. Significa che è molto affidabile per sforzi continui di media e lunga durata, ma non è utilizzabile per sforzi di brevissima durata effettuati con riposo da fermo. Per esempio, posso indicare ad un atleta di fare 10 km a 150 bpm, ma non potrei mai dire di correre per 100m dopo aver riposato seguendo un target di frequenza cardiaca. Partendo da una situazione di riposo, difatti, la frequenza cardiaca salirà in modo progressivo senza raggiungere valori elevati a fronte di uno sforzo anche massimale se la durata è breve. Anzi, molto spesso il picco di frequenza cardiaca si raggiunge nei primi secondi della fase di recupero. Nel grafico puoi vedere il comportamento della frequenza cardiaca durante le diverse fasi di un allenamento. Durante gli sprint brevi aumenta con un certo ritardo rispetto allo sforzo e quindi non è utilizzabile come parametro. Nella seconda parte, invece, è maggiormente correlata allo sforzo e quindi affidabile per la misura dell’intensità sostenuta. → L’analisi dei dati di ogni allenamento ti permetterà di capire bene se il lavoro che hai svolto ha generato il livello di affaticamento che desideravi raggiungere. Il mio consiglio resta quello di utilizzare sempre la fascia cardio in ogni allenamento, e sfruttare fino in fondo tutte le informazioni che questo prezioso strumento è capace di offrire”.
La posizione esatta dove allacciare la fascia: attorno al torace
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Bellezza CHE COSA FARE DOPO UNO SCONTRO IN MARE CON UNA MEDUSA I più diffusi “rimedi della nonna” contro il dolore provocato da una medusa purtroppo si sono rivelati delle “fake”. Ecco le indicazioni del nostro esperto Professor Antonino Di Pietro – dermatologo plastico
http://www.dermoclinico.com Non è solo una nostra impressione: nei nostri mari le meduse sono diventate di più. Recenti dati del CNR, infatti, confermano che gli avvistamenti di meduse nel Mediterraneo sono decuplicati negli ultimi dieci anni. È un fenomeno che riguarda solo alcune zone del pianeta, tra cui, per l’appunto, i nostri mari: “L’analisi di metadati, su scala globale, ha permesso di stabilire che in altre zone del mondo le popolazioni di meduse sono stabili o sono addirittura diminuite. Nel Mediterraneo, invece, alcune specie hanno aumentato la propria densità”, spiega Mar Bosch-Belmar, biologa marina dell’Università del Salento”. La maggior parte degli
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Bellezza studiosi concorda nell’attribuire l’aumento (almeno di alcune specie) a due principali fattori: il riscaldamento degli oceani derivante dal cambiamento climatico e il numero crescente di attività antropiche svolte in mare. Perché la medusa provoca dolore? Se ci si scontra con una medusa che cosa succede? La sostanza gelatinosa a contato con la pelle libera un potente veleno, causando in pochi minuti forte bruciore, infiammazione e bolle. Le bolle poi si rompono creando erosioni e croste (a volte purulente), lente a guarire. Purtroppo in alcuni casi, se non si blocca subito l’infiammazione causata dal veleno, possono restare macchie e cicatrici permanenti. Per chi ha scelto il mese di settembre per le vacanze al mare, più che mai preziosi i consigli del nostro professor Antonino Di Pietro, per evitare di “rovinarsi” i giorni in spiaggia (magari pochi) a causa di un incontro ravvicinato - meglio, scontro- con una medusa.
Prima però di passare ai suggerimenti dell’esperto, riassumiamo le molte leggende attorno ai “rimedi della nonna” per far passare velocemente il dolore, che questa volta- contrariamente a quanto succede con la maggioranza delle indicazioni dei nostri vecchi- si sono, in realtà, rivelate “bufale” o, come si dice oggi, fake news.
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Bellezza Ecco le principali: Si consiglia quindi di: NON usare farmaci a base di cortisone(anche in crema) oppure antistaminici, non adatti alla rimozione delle tossine e che agiscono in genere dopo i trenta minuti, ossia quando ormai il bruciore e l’irritazione comin-ciano ad affievolirsi da soli; NON toccare la sostanza urticante con le mani, che poi potrebbero essere portate a occhi e bocca scatenando reazioni più gravi; NON grattarsi e strofinare la zona colpita con la sabbia; NON fare impacchi di ghiaccio sull’ustione; NON fare pipì sulla ferita come spesso si sente consigliare, perché contiene al suo interno ammoniaca. In realtà però secondo alcuni studiosi, affinché possa essere efficace l’urina deve avere una temperatura non inferiore ai quaranta gradi, ben superiore a quella corporea; NON applicare ammoniaca, perché deve essere applicata ad alte temperature per combattere in maniera effettiva il veleno immesso nel corpo dalla medusa; NON fare impacchi di aceto bianco; NON esporsi al sole sia il ggiorno stesso in cui si viene punti sia durante i due o tre giorni successivi. Che cosa fare invece secondo il nostro esperto: Immediatamente dopo lo scontro con la medusa deve subito essere eliminata la sostanza gelatinosa urticante. Non bisogna fare l’errore di sciacquarsi con acqua dolce, perché la gelatina si gonfierebbe liberando ancora di più il suo veleno. Per questo motivo occorre restare immersi nell’acqua salata e, utilizzando la parte non tagliente di un coltello o la carta fedeltà di plastica del supermercato, bisogna cercare di staccare delicatamente tutta la gelatina dalla pelle colpita. Subito dopo bisogna applicare uno spesso strato di crema al cortisone e avvolgere la parte con una pellicola trasparente. La pellicola trasparente (ma, all’occorrenza, va bene anche un pezzo di borsa di plastica pulita) serve per far penetrare più velocemente ed in profondità la crema, così da bloccare più efficacemente l’infiammazione. Sopra la medicazione può essere applicata la borsa del ghiaccio. Se nelle ore successive il bruciore tende ad aumentare, se si avverte debolezza, nausea e malessere è opportuno rivolgersi ad un pronto soccorso o ad un medico, per le opportune cure del caso. Nei giorni successivi la zona potrebbe infettarsi e ricoprirsi di pus: in questi casi il medico consiglierà l’uso di antibiotici locali e per bocca. Naturalmente, anche se sembra superfluo sottolinearlo, dopo questo problema bisogna evitare di esporre al sole le zone colpite per alcune settimane.
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Immagini e fotografie
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