N10 Anno 3 Generazione Over60

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Ottobre 2021

In tecnologia solo il microfono radiofonico mi è amico... Qui con Mario Furlan a Radio Lombardia; in copertina mentre conducevo un mio programma a RadioUno. (m.l.)

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano: n°258 del 17/10/2018 ANNO 3, n.10

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Le rubriche

EDITORIALE “Amoglianimali” Bellezza Da leggere (o rileggere) Da vedere/ascoltare Di tutto e niente Il desco dei Gourmet Il personaggio Il tempo della Grande Mela Incipit Incursioni In forma In movimento Lavori in corso Primo piano Salute Scienza Sessualità Stile Over Volontariato & Associazioni

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Generazione Over 60 DIRETTORE RESPONSABILE Minnie Luongo

I NOSTRI COLLABORATORI Marco Rossi Alessandro Littara Antonino Di Pietro Mauro Cervia Andrea Tomasini Paola Emilia Cicerone Flavia Caroppo Marco Vittorio Ranzoni Giovanni Paolo Magistri Maria Teresa Ruta

DISEGNI DI Attilio Ortolani Sito web: https://generazioneover60.com/ Email: generazioneover60@gmail.com Issuu: https://issuu.com/generazioneover60 Facebook: https://www.facebook.com/generazioneover60 Youtube: https://www.youtube.com/channel/generazioneover60

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Generazione Over 60 MINNIE LUONGO DIRETTORE RESPONSABILE

Foto Chiara Svilpo

Classe 1951, laureata in Lettere moderne e giornalista scientifica, mi sono sempre occupata di medicina e salute preferibilmente coniugate col mondo del sociale. Collaboratrice ininterrotta del Corriere della Sera dal 1986 fino al 2016, ho introdotto sulle pagine del Corsera il Terzo settore, facendo conoscere le principali Associazioni di pazienti.Ho pubblicato più libri: il primo- “Pronto Help! Le pagine gialle della salute”- nel 1996 (FrancoAngeli ed.) con la prefazione di Rita Levi Montalcini e Fernando Aiuti. A questo ne sono seguiti diversi come coautrice tra cui “Vivere con il glaucoma”; “Sesso Sos, per amare informati”; “Intervista col disabile” (presentazione di Candido Cannavò e illustrazioni di Emilio Giannelli).

Autrice e conduttrice su RadioUno di un programma incentrato sul non profit a 360 gradi e titolare per 12 anni su Rtl.102.5 di “Spazio Volontariato”, sono stata Segretario generale di Unamsi (Unione Nazionale Medico-Scientifica di Informazione) e Direttore responsabile testata e sito “Buone Notizie”. Fondatore e presidente di Creeds, Comunicatori Redattori ed Esperti del Sociale, dal 2018 sono direttore del magazine online Generazioneover60. Quanto sopra dal punto di vista professionale. Personalmente, porto il nome della Fanciulla del West di Puccini (opera lirica incredibilmente a lieto fine), ma non mi spiace mi si associ alla storica fidanzata di Topolino, perché come Walt Disney penso “se puoi sognarlo puoi farlo”. Nel prossimo detesto la tirchieria in tutte le forme, la malafede e l’arroganza, mentre non potrei mai fare a meno di contornarmi di persone ironiche e autoironiche. Sono permalosa, umorale e cocciuta, ma anche leale e splendidamente composita. Da sempre e per sempre al primo posto pongo l’amicizia; amo i cani, il mare, il cinema, i libri, le serie Tv, i Beatles e tutto ciò che fa palpitare. E ridere. Anche e soprattutto a 60 anni suonati.

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Chi siamo DOTTOR MARCO ROSSI

SESSUOLOGO E PSICHIATRA è presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale e responsabile della Sezione di Sessuologia della S.I.M.P. Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e come esperto di sessuologia a numerosi programmi radiofonici. Per la carta stampata collabora a varie riviste.

DOTTOR ALESSANDRO LITTARA

ANDROLOGO E CHIRURGO è un’autorità nella chirurgia estetica genitale maschile grazie al suo lavoro pionieristico nella falloplastica, una tecnica che ha praticato fin dagli anni ‘90 e che ha continuamente modificato, migliorato e perfezionato durante la sua esperienza personale di migliaia di casi provenienti da tutto il mondo

PROFESSOR ANTONINO DI PIETRO

DERMATOLOGO PLASTICO presidente Fondatore dell’I.S.P.L.A.D. (International Society of PlasticRegenerative and Oncologic Dermatology), Fondatore e Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis, è anche direttore editoriale della rivista Journal of Plastic and Pathology Dermatology e direttore scientifico del mensile “Ok Salute e Benessere” e del sito www.ok-salute.it, nonché Professore a contratto in Dermatologia Plastica all’Università di Pavia (Facoltà di Medicina e Chirurgia).

DOTTOR MAURO CERVIA MEDICO VETERINARIO

è sicuramente il più conosciuto tra i medici veterinari italiani, autore di manuali di successo. Ha cominciato la professione sulle orme di suo padre e, diventato veterinario, ha “imparato a conoscere e ad amare gli animali e, soprattutto, ad amare di curare gli animali”. E’ fondatore e presidente della Onlus Amoglianimali, per aiutare quelli più sfortunati ospiti di canili e per sterilizzare gratis i randagi dove ce n’è più bisogno.

ANDREA TOMASINI

GIORNALISTA SCIENTIFICO giornalista scientifico, dopo aver girovagato per il mondo inseguendo storie di virus e di persone, oscilla tra Roma e Spoleto, collaborando con quelle biblioteche e quei musei che gli permettono di realizzare qualche sogno. Lettore quasi onnivoro, sommelier, ama cucinare. Colleziona corrispondenze-carteggi che nel corso del tempo realizzano un dialogo a distanza, diluendo nella Storia le storie, in quanto “è molto curioso degli altri”.

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Chi siamo PAOLA EMILIA CICERONE

GIORNALISTA SCIENTIFICA classe 1957, medico mancato per pigrizia e giornalista per curiosità, ha scoperto che adora ascoltare e raccontare storie. Nel tempo libero, quando non guarda serie mediche su una vecchia televisione a tubo catodico, pratica Tai Chi Chuan e meditazione. Per Generazione Over 60, ha scelto di collezionare ricordi e riflessioni in Stile Over.

GIOVANNI PAOLO MAGISTRI

BIOLOGO Classe 1951, biologo specializzato in patologia generale, si occupa di progettazione di sistemi per la gestione della sicurezza e dell’igiene delle produzioni alimentari. Socio Onorario dell’Associazione PianoLink vive sognando di diventare, un giorno, un bravo pianista.

FLAVIA CAROPPO

GIORNALISTA E AMBASCIATRICE DELLA CUCINA ITALIANA A NEW YORK Barese per nascita, milanese per professione e NewYorkese per adozione. Ha lavorato in TV (Studio Aperto, Italia 1), sulla carta stampata (Newton e Wired) e in radio (Numbers e Radio24). Ambasciatrice della cultura gastronomica italiana a New York, ha creato Dinner@Zia Flavia: cene gourmet, ricordi familiari, cultura e lezioni di vera cucina italiana. Tra i suoi ospiti ha avuto i cantanti Sting, Bruce Springsteen e Blondie

MARCO VITTORIO RANZONI

GIORNALISTA Milanese DOC, classe 1957, una laurea in Agraria nel cassetto. Per 35 anni nell’industria farmaceutica: vendite, marketing e infine comunicazione e ufficio stampa. Giornalista pubblicista, fumatore di Toscano e motociclista della domenica e -da quando è in pensione- anche del lunedì. Guidava una Citroen 2CV gialla molto prima di James Bond.

MONICA SANSONE

VIDEOMAKER operatrice di ripresa e montatrice video, specializzata nel settore medico scientifico e molto attiva in ambito sociale.

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Sommario -10Generazione F Tecnologia? Per me… Mission Impossible Editoriale di Minnie Luongo -11Foto d’autore Generazioni: un’immagine perfetta per evocarle di Francesco Bellesia -13Stile Over Noi Over e il pc di Paola Emilia Cicerone -17Salute Libro cartaceo vs ebook? Di Rosa Mininno – psicologa -21Di tutto e niente La valvola di sicurezza Di Andrea Tomasini -24Il desco dei Gourmet Piatti pronti e delizie vegetali dalla Redazione -26Incursioni Tecnologia bestiale Di Marco Vittorio Ranzoni

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Sommario -32Scienza Breve storia dello spazio Di Giovanni Caprara -36Da tener d’occhio G.B. Magistri, pittore e grafico milanese dalla Redazione -37Bellezza Il laser contro le macchie senili Professor Antonino Di Pietro -40Salute Ma perché non ci curiamo in modo corretto? Di Minnie Luongo -49Per approfondire Asse intestino-cervello:nuova frontiera in gastroenterologia dalla Redazione -50Volontariato & Associazioni Per imparare a donare un sorriso dalla Redazione -53In movimento Qualità & cortesia a Saluzzo & Treviso Gli Erranti

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Generazione F TECNOLOGIA? PER ME… MISSION IMPOSSIBLE EDITORIALE

Con telefoni, televisori, registratori, smartphone, computer, lavatrici, ho fatto cose che voi umani…

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Foto d’autore Chiodi e chiodini

In tecnologia si parte (anche) da qui….

“I chiodini” . Foto di Francesco Bellesia

No, non parliamo di funghi, ma di “semplici” chiodi. Ma ci siamo mai soffermati a riflettere su quanto sia importante averli nella cassetta degli attrezzi?

di Francesco Bellesia https://francescobellesia.it/

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Foto d’autore FRANCESCO BELLESIA Sono nato ad Asti il 19 febbraio del 1950 ma da sempre vivo e lavoro a Milano. Dopo gli studi presso il liceo Artistico Beato Angelico ho iniziato a lavorare presso lo studio di mio padre Bruno, pubblicitario e pittore. Dopo qualche anno ho cominciato ad interessarmi di fotografia, che da quel momento è diventata la professione e la passione della mia vita. Ho lavorato per la pubblicità e l’editoria ma contemporaneamente la mia attenzione si è concentrata sulla fotografia di ricerca, libera da vincoli e condizionamenti, quel genere di espressione artistica che oggi ha trovato la sua collocazione naturale nella fotografia denominata FineArt. Un percorso parallelo che mi ha consentito di crescere e di sviluppare il mio lavoro, una sorta di vasi comunicanti che si sono alimentati tra di loro. Molte sono state le mostre allestite in questi anni e molte le manifestazioni alle quali ho partecipato con premi e riconoscimenti. Continuo il mio percorso sempre con entusiasmo e determinazione… lascio comunque parlare le immagini presenti sul mio sito.

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Stile Over NOI OVER E IL PC Quando il computer è entrato nelle nostre vite. Rivoluzionandole. Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica

Io nel mio ufficio di Roma – primi anni’90- davanti ad uno dei miei primi pc Come per tutta la mia generazione, la mia esistenza si divide in un “prima” e un “dopo”: lo spartiacque è l’arrivo nella mia vita del personal computer. “Prima” avevo scritto con la Lettera 22 Olivetti di mio padre (che ancora possiedo), con macchine da scrivere ancor più vetuste trovate in casa, poi con le macchine elettriche con testina rotante che mi hanno accolta nel primo ufficio in cui ho lavorato. E poi è arrivato LUI: il mio ingresso in una vera redazione, nella seconda metà degli anni ’80, ha segnato anche il mio incontro con apparecchi mai visti prima. Inizialmente ho dovuto cimentarmi con un monitor minuscolo che permetteva di visualizzare solo poche righe di testo. Rendendo per la prima volta la mia

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Stile Over scrittura totalmente immateriale, e preannunciando la scomparsa di bianchetto, cancellini, colla e forbici: tutti strumenti indispensabili per aggiustare, allungare e modificare quanto scritto, insomma per compiere quelle operazioni che oggi realizziamo in pochi secondi con un semplice “ taglia” e “incolla”.

Mastodontici ed ingombranti: come dimenticare i nostri primi pc? In realtà, solo dopo qualche tempo sono arrivati sulle nostre scrivanie i primi veri personal computer, ingombranti e scomodi ma apparentemente non molto diversi da quelli di adesso, anche se li usavamo sostanzialmente come macchine per scrivere. Le agenzie di stampa, per dirne una, non comparivano sul monitor pronte per essere copiate e integrate con altri testi, ma si srotolavano in lunghe strisce di carta che venivano tagliate e più o meno efficacemente distribuite agli interessati. Insomma, non avevamo – ancora - Internet, ma la rivoluzione tecnologica era cominciata. E stava trasformando il nostro modo di scrivere e di lavorare, oltre a condannare all’oblio vecchie figure professionali, come i poligrafici che raccoglievano e trascrivevano i nostri articoli, e a crearne di nuove, primo fra tutti il “ tecnico dei computer”, insindacabile

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Stile Over signore della tecnologia, il cui intervento era al tempo stesso invocato e temuto. In realtà la mia redazione era in ritardo, perché la storia del Pc era cominciata da un bel po’. Uno dei tanti “compleanni ufficiali “ del Pc è fissato proprio quarant’anni, fa nell’agosto del 1981 quando fu lanciato il primo personal computer IBM, una delle prime macchine a entrare davvero in milioni di case. Ma di strada se ne era già fatta molta, anche senza considerare gli antenati come la macchina analitica di Charles Babbage, progettata nel 1833: il primo microcomputer con processore messo in commercio in un kit di montaggio: una chicca per smanettoni ( risale al 1975), e i primi modelli Apple erano in giro dalla fine degli anni ’70, senza dimenticare i computer Olivetti.

La macchina analitica è stata il primo prototipo di un computer meccanico sviluppato per eseguire compiti generici

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Stile Over Ma il 1981 resta uno spartiacque. Da allora si sono succeduti modelli sempre più potenti e dotati di funzioni sofisticate: nel 1984 nasce il Macintosh, spesso abbreviato come Mac, il primo pc con un’interfaccia grafica a icone simile a quella che abbiamo davanti ancora oggi, l’anno dopo Microsoft creò il sistema operativo Windows, e il resto è cronaca. Da questo momento il computer diventa indispensabile, e negli anni ’90 l‘arrivo di Internet - o meglio la nascita del World Wide Web che ha reso accessibile quello che fino allora era uno strumento per addetti ai lavori - ci ha cambiato la vita in un modo che forse noi “non nativi digitali” dobbiamo ancora comprendere fino in fondo. E che ci viene in mente quando troviamo oggetti che non usiamo più, come l’elenco del telefono o l’agenda con i numeri scritti a penna, le testatine per spedire un fax - che all’epoca ci era sembrato una vera rivoluzione - le enciclopedie che s’impolverano negli scaffali mentre ricorriamo sempre più spesso a Wikipedia, che ha da poco ha compiuto vent’anni. Ci sono alcune generazioni che hanno la sorte, o il privilegio, di assistere a un cambiamento epocale, e la nostra è una di queste: personalmente ricordo il momento in cui mi avventurai la prima volta sul Web, assistita da un’amica più tecnologica di me per esplorare la rete, e una sensazione insieme di smarrimento e di entusiasmo simile a quella vissuta quando bambina mi resi conto all’improvviso che sapevo leggere. Non era neanche detto che andasse proprio così: anche tra gli addetti ai lavori c’è stato chi, come il presidente dell’IBM Thomas Watson, si è guadagnato un posto nella classifica delle peggiori previsioni tecnologiche di tutti i tempi, affermando che al mondo ci sarebbe stato posto forse per cinque computer”. E invece chissà che cosa ci aspetta ancora, ma certo i computer, sempre più piccoli e dematerializzati, e soprattutto la rete sono qui per restare. Anche per questo, mi ha divertito trovare in rete - e dove sennò? - la pubblicità di un innovativo “apparecchio per scrivere senza distrazioni”, ribattezzato Freewrite traveller (https://getfreewrite.com/ products/freewrite-traveler): minuscolo, leggero, scrive e basta, e dovrebbe servire a concentrarsi sulla scrittura senza farsi distrarre dalle mail o dall’immancabile giochino: a pensarci bene, sembra proprio una macchina per scrivere…

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Salute LIBRO CARTACEO VS EBOOK? L’importante è leggere. E non è detto che l’uno debba necessariamente escludere l’altro Di Rosa Mininno – psicologa, responsabile del sito www.biblioterapia.it

Ebook e libro cartaceo possono convivere. Però bisogna saperli usare In casa e in studio ho migliaia di libri dovunque, anche in doppia e tripla fila, negli scaffali delle librerie, sui mobili, in verticale o in pile orizzontali. Molti studiati, sottolineati a matita, con postille che mi ricordano la mia grafia a diverse età, altri letti con attenzione, comunque vissuti. Lavoro anche con i libri integrando la biblioterapia, la lettura scelta e guidata, nei percorsi terapeutici, educativi e formativi delle persone che si rivolgono a me. Libro cartaceo VS e-book? Non credo che debba esserci per forza un antagonismo tra loro. La mia pre-

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Salute ferenza è per il libro cartaceo e non per una scelta “romantica “, ma scientifica. Ciò che è veramente importante è leggere buoni libri, interessanti narrazioni, che siano capaci di stimolare e attivare le aree cerebrali deputate alla comprensione del testo, al pensiero critico, alla elaborazione delle emozioni, alla creatività. Sono buoni libri, buone letture quelli che aiutano a sviluppare la ToM, la Teoria della Mente che si riferisce ad una fondamentale abilità di comprensione degli stati mentali propri e altrui. In uno studio del Prof. Emanuele Castano leggere buoni libri, la narrativa letteraria, in particolare, aiuta a sviluppare la ToM e l’empatia, la capacità di comprendere il pensiero e le emozioni dell’altro, immedesimandosi in lui. I classici sono fondamentali per la loro complessità narrativa, per lo svolgimento della narrazione su più livelli e per la profondità psicologica dei personaggi. La scoperta dei neuroni specchio ad opera del gruppo di ricerca del Prof. Giacomo Rizzolati ha contribuito notevolmente ad approfondire lo studio della mente e del comportamento umano. Il concetto di empatia fu sviluppato dal noto studioso Daniel Goleman e divulgato attraverso un suo famoso bestseller degli anni ’90, L’intelligenza emotiva e in seguito con un altro suo interessante libro Lavorare con l’intelligenza emotiva. L’empatia è un processo fondamentale nelle relazioni sociali. Proprio la sua assenza o la sua compromissione scatena conflittualità e intolleranza nei confronti degli altri. Ma “gli altri “siamo noi e questo dovrebbe indurci a riflettere e a dialogare con noi stessi; è ormai ampiamente dimostrato da diversi studi internazionali che la lettura e la scrittura sono fondamentali per sviluppare abilità e competenze cognitive, affettive e relazionali. Leggere una storia attiva le stesse aree cerebrali che si attivano quando noi effettivamente viviamo una situazione, un ambiente, un’emozione. Leggere consapevolmente significa coltivare un dialogo interiore, in solitudine o in compagnia, come avviene nei gruppi di lettura. Leggere è un’attività altamente creativa, non passiva come erroneamente alcuni pensano. In quanto alla solitudine esiste quella che io definisco solitudine positiva, non isolamento, ma solitudine dialogante , una solitudine nella quale si può entrare senza paura e dalla quale si può uscire senza fuggire. Leggere è il respiro della mente. Questo è importante. Il libro cartaceo e l’ebook differiscono per molti aspetti, rimando in tal senso a diversi articoli che possono essere consultati sul web, che si riferiscono ad una visione romantica del libro e ad una visione tecnica e commerciale dell’ebook. Sempre più l’e-reader cerca di somigliare al libro, e negli anni c’è stata un’evoluzione: il lettore può avere l’illusione di sfogliare le pagine, si può sottolineare e scrivere. Un e-reader può contenere migliaia di ebook, ma non si vedono nel loro insieme. Noi conosciamo il mondo attraverso i nostri sensi che vengono sollecitati da stimoli percettivi, sensoriali, visivi, olfattivi. Siamo immersi in un ambiente, sia esso fisico, sociale, affettivo. Viviamo attraverso il nostro corpo, la casa con la quale abitiamo il mondo. Ciascuno di noi è una unità bio-psichica, inscin-

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Salute dibile, obbediamo a ritmi circadiani. Il nostro cervello ha una sua economia psichica e le cosiddette nuove dipendenze, quelle non da sostanza, come le dipendenze da internet, da videogiochi, da cellulare, da gioco d’azzardo, ormai acclarate nei servizi psichiatrici, hanno evidenziato la fragilità del nostro cervello e di conseguenza della nostra mente, soggetta a sovraccarico cognitivo e ad altri disturbi psichici ( tra i più noti e diffusi : ansia e depressione) . Il nostro cervello ha bisogno di tempo per decodificare stimoli, immagini, concetti, per comprenderli e per criticarli, assimilarli e memorizzarli. Ha bisogno di tempo. Il libro, il libro di carta, ci restituisce una dimensione temporale, quella della lentezza, che stiamo perdendo, indotti come siamo a fare più cose contemporaneamente e a velocizzare i tempi, come fosse un imperativo fare tutto e velocemente. Spesso a discapito della qualità. Il libro di carta, per la sua struttura, ci consente di viverlo con il nostro corpo e con la nostra mente, con i nostri tempi, scegliendo luoghi e tempi. Appunto con cui viverlo, fermandoci, chiudendolo, riaprendolo, riscoprendolo, personalizzandolo con la nostra grafia, con i nostri simboli e… non si scarica mai. Possiamo scrivere riflessioni ai margini delle pagine, note con la nostra grafia e rileggerle in un tempo futuro con nuove ideazioni. I sistemi operativi degli strumenti tecnologici cambiano a distanza di poco tempo, invecchiano velocemente, obbedendo a leggi di mercato, hanno bisogno di continui aggiornamenti, ma frequentemente scopriamo, con nostro disappunto, che i nostri strumenti tecnologici non supportano gli aggiornamenti e il loro uso diventa molto limitato. Bisogna comprarne altri, nuovi e non sempre questo è possibile, considerando le proprie disponibilità economiche. Il rischio è di perdere scritti, documenti, foto e di non poter scaricare altri ebook. Viviamo delle dicotomie: reale/irreale, materiale/immateriale. Abbiamo invece bisogno di utilizzare tutte le nostre facoltà fisiche e psichiche. Non scrivendo quasi più a mano ne stiamo perdendo i movimenti fini con conseguente perdita del coordinamento motorio della mano con le aree cerebrali deputate a questo scopo. Leggendo ci soffermiamo su alcuni passi di un romanzo o di un saggio, di una poesia, di un testo teatrale che colpiscono la nostra attenzione, che ci inducono ad una riflessione, ma noi abbiamo bisogno di vedere, di toccare, di udire, di manipolare la materia. Gli strumenti tecnologici sono utilissimi se usati con consapevolezza, e includono moltissime informazioni. L’ebook può essere letto ingrandendo i caratteri e per chi ha problemi di vista, per gli anziani- senza dubbio questo è un vantaggio rispetto al libro di carta- ma leggere su uno schermo è più faticoso per le caratteristiche dello schermo, anche se negli ultimi anni i produttori hanno fatto maggiore attenzione all’illuminazione degli schermi. I libri di carta possono colpire la nostra attenzione con un titolo, una copertina, un dorso, uno o più colori. Li vediamo anche tutti insieme in una biblioteca, in una libreria, nella nostra casa. Negli e-reader che possono contenere migliaia di ebook, mantenendo la loro leggerezza, questo non è possibile. In conclusione: è leggere che è importante, leggere libri e riviste di buona qualità contenutistica.

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Salute Ciascuno può farlo sul supporto che più predilige. Le biblioteche antiche e moderne sono avamposti della democrazia, luoghi dove chiunque può chiedere gratuitamente in prestito un libro senza dover acquistare nulla, luoghi dove chiunque può ampliare le sue conoscenze, fare ricerche e approfondire argomenti letterari, scientifici, tecnici, artistici. Io, pur avendo anche un e-reader che non legge più essendo il sistema operativo superato, preferisco da sempre i miei bellissimi libri, testimoni nel tempo di momenti di vita, mia e loro. Leggerli, rileggerli a distanza di anni, riscoprirli è sempre interessante e foriero di nuove idee .

Per approfondimenti una breve bibliografia: La teoria della mente, Caravita,Milani, Traficante, 2018 www.unipa.it Reading Literary, Fiction, Improves THEORY of Mind, Kidd D.C. , Castano E., 2013, Science I neuroni della lettura, Stanislas Dehaene, 2009 Raffaello Cortina Ed. So quel che fai, il cervello che agisce e i neuroni specchio, Rizzolati G., Sinigallia C., 2006 Raffaello Cortina Ed. L’intelligenza emotiva, Daniel Goleman, 1995 Bur Rizzoli Lavorare con l’intelligenza emotiva, Daniel Goleman, 2000 Bur Rizzoli Cosa è la Biblioterapia, Rosa Mininno, 2006 www.biblioterapia.it Nuove Dipendenze: prevenzione e trattamento, AA.VV. 2010, Edizioni Psiconline

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Di tutto e niente LA VALVOLA DI SICUREZZA Quando la tecnologia ci dà il buongiorno con il primo caffè. Di Andrea Tomasini – giornalista scientifico

Sono un po’ di mattine che fischia. In realtà̀ non tutte – nel senso che accade non ogni giorno. La cosa a ben vedere dovrebbe esser di una qualche utilità̀ , visto che ci sono alcuni dispositivi analoghi che hanno una sorta di allarme musicale – predisposti per emettere una segnalazione acustica quando è “pronto”. La nota prodotta, quasi una musica, è in questi oggetti aggraziata e comunque inscritta nell’ordine delle cose. Quando avvii la procedura lo sai che accadrà̀ , te l’attendi a conclusione. La discontinuità̀ , e ancor prima la novità̀ – non lo aveva mai fatto prima…- invece un po’ disorienta. Che vorrà̀ dire? Perché́ alcune volte sì e altre no? Si produce quel suono – che in realtà̀ è decisamente fastidioso. Sollecita più̀ domande di quanto non induca tranquillità̀ –perché́ è pur sempre la valvola di sicurezza che canta in questo modo – facendo defluire la pressione che altrove non trova sfogo, quasi che così s’impedisca un’esplosione.

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Di tutto e niente E’ il respiro del giorno che sbuffa allorché́ giunge in superficie – un grande capodoglio o una balena che affiora dalle profondità̀ buie e nell’ultimo tratto appena affiora del tutto, nel momento in cui emerge in superficie, sbuffa e poi si reimmerge. Il pennacchio d’aria che s’alza perpendicolare al dorso e poco sopra il livello dell’acqua, rende i grandi cetacei visibili anche a distanza. Necessario per vivere, è però quell’attimo che li rende vulnerabili alla caccia e all’uccisione. In taluni casi l’inaspettata sinuosità̀ del gesto si conclude con la coda che esce, affiora e si reimmerge con una grazia che incanta, quasi realizzando una circolarità̀ di cui per un attimo è percepibile visivamente un arco, che esprime potenza e grazia. Avviene quasi come un fruscio e senza alcuno spruzzo – l’ho visto dal vivo emozionandomi più̀ volte a un passo da me stando in gommone sul San Lorenzo – dopo l’affioramento l’immersione con la coda che fa una virgola nella sequenza di nuoto, espirazione, inspirazione, aria trattenuta dei polmoni e poi così di nuovo, una vita a trattenere il fiato, a dosare la respirazione secondo un ritmo naturale, a intervalli lunghi e profondi, per vivere in un elemento che impone limiti e sollecita comportamenti adattivi…

Potrebbe esser forse il respiro del giorno che inizia, quando esce dal buio e celebra la luce. Ma il suono che produce la valvola di sicurezza della moca è sgraziato, stridulo, alcuni giorni più̀ acuto, altri meno. Per sua natura s’impone sovrastando il consueto gorgogliare del caffè che sale nel bricco della moca. Connesso alla sicurezza, se l’ordine delle cose lo richiede, entra in funzione e suggerisce preoccupazione, deve allar-

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Di tutto e niente mare per evitare un danno, disinnescare sul nascere una crisi incipiente, richiamare l’attenzione qualunque cosa tu stia facendo. Gli allarmi non ti dicono cosa e perché́ – si limitano a richiamare la tua attenzione, ma su che? Gli allarmi agitano, servono a questo. Allarme – parola che evoca con urgenza la necessità di difendersi rispetto al pericolo e pertanto richiede che si faccia qualcosa, ci si difenda dall’aggressione, in armi ci si ponga pronti a difesa e contrattacco.

Il primo caffè della mattina: un piacere per tutti Tutto questo, davvero tutto questo prima ancora di esser del tutto svegli e di prendere il caffè? Ma davvero? Spengo la fiamma, mitigo l’urgenza, verso il caffè nella tazza e recupero lentezza e bonomia in un attimo. E’ buono, amaro che brucia e carezza, frutta secca, cacao, aromi che rasserenano…Buongiorno!

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Il desco dei Gourmet ©GABRIELE REINA

PIATTI PRONTI E DELIZIE VEGETALI Informazione promozionale

©GABRIELE REINA

a cura della Redazione

Questo mese la nostra cucina vi suggerisce due ricette di pesce e due di carne della linea SLIM, in abbinamento a due nuove proposte di Morgan Pasqual, eclettico produttore di raffinatezze a base di verdure. Cominciamo con Il filetto di sogliola all’olio profumato: parliamo di sogliole fresche dell’Atlantico, pelate e sfilettate a mano e poi saltate in padella con olio di oliva aromatizzato con salvia, rosmarino, timo e maggiorana, cotto sottovuoto a bassa temperatura per quattro ore, in modo da ottenere un condimento ricco di profumi che arricchisce il gusto delicato della sogliola. In alternativa vi proponiamo Il bianco branzino: partiamo da branzini provenienti dal Mar Mediterraneo, oltre i 2 kg (o più, dipende dagli arrivi al mercato del pesce di Milano) cotti in forno a 90 ° con la pelle per mantenere la morbidezza della carne, puliti da tutte le lische e conditi con olio di oliva, sale e prezzemolo.

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Il desco dei Gourmet In abbinamento a questi due pesci proposti nella linea SLIM, suggeriamo la tartare di cavolfiore di Morgan: è curioso usare per una verdura un termine che indica di solito una preparazione a base di carne, ma il taglio del cavolfiore ricorda la tartare di manzo battuta al coltello, e il suo aroma arricchito dalla curcuma si sposa benissimo con i due pesci della nostra linea Slim. Un’altra specialità firmata Morgan Pasqual è La cipolla viola di Cannara (prodotto agroalimentare tradizionale della cittadina umbra poco distante da Assisi) all’aceto di more . Nei mesi freddi sarà ideale in abbinamento al nostro bollito misto o a formaggi erborinati, ma oggi vogliamo proporvela come contorno per : L’insalata di tacchino, a base di fesa di tacchino leggermente salmistrata, cotta a sottovuoto a bassa temperatura, sfilata a mano per mantenere la morbidezza e aromatizzata con un trito di capperi di Pantelleria, olive taggiasche, maggiorana e olio di oliva. Oppure per la nostra Insalata di pollo al lemongrass: petto di pollo piemontese marinato una notte con succo di limone di Sorrento, cotto sottovuoto a bassa temperatura (90°), sfilato a mano e arricchito con scorza di limone, timo, lemongrass (citronella) e olio di oliva.

Per ordini e richiesta di preventivi potete scrivere una e-mail a: info@zoppiegallotti.com Sito Internet: http://www.zoppiegallotti.com Buon appetito!

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Incursioni TECNOLOGIA BESTIALE ( dove si parla di animali e imbarazzanti metodiche biomediche) Di Marco Vittorio Ranzoni - giornalista

Si dice ai ragazzi che uno, nella vita, dovrebbe fare quello che più gli piace. Trovare un interesse, coltivarlo e farne la propria professione, magari. Non tutti ci riescono; spesso si trascorre un’esistenza intera a far mestieri capitati un po’ per caso o per necessità. A volte non si hanno troppi rimpianti per non aver seguito un’ispirazione, o la propria passione giovanile, a volte sì. E, come diceva qualcuno, è meglio avere rimorsi che rimpianti, quindi conviene almeno provarci. Io, per esempio, da piccolo volevo fare il torero. Ma abitando a Milano, città inspiegabilmente carente di plaza de toros, capii presto che non sarebbe stato facile. Con un percorso molto ondivago, frutto della mia indecisione e del notevole delta esistente tra le mie passioni e le aspirazioni paterne, alla fine approdai alla Facoltà di Agraria. Mio papà la considerava una scelta di ripiego, ma tenendo conto che non c’era mai stato un laureato nella nostra famiglia, abbozzò.

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Incursioni

La Facoltà di Agraria di Milano in un disegno del prof Emanuele Natalicchio Da qualche parte ho scritto (in uno dei numeri precedenti di questo magazine) che fui attratto da quell’ateneo per il contrasto con la seriosità del Politecnico, dove avevo frequentato per qualche mese i corsi di ingegneria. E di certo è vero che si passava dai toni del grigio ai colori dell’arcobaleno solo attraversando una strada. E’ anche verissimo che lì c’erano tante più ragazze, che dopo il forzato abbandono della tauromachia rappresentavano per me un nuovo interesse, ma presto notai che ai corsi ne vedevo sempre di meno. Forse perché il mio piano di studi era farcito di insegnamenti allora considerati ‘maschili’. A parte gli obbligatori e i primi corsi propedeutici, infatti, mi stavo spostando dalla botanica verso un’area maggiormente confortevole per un perito meccanico ex torero: l’ingegneria agraria e la zootecnia. Quindi non erano moltissime le compagne di corso e mi apparve subito evidente che spesso le poche non avevano la vita facile, con docenti anziani e a volte prevenuti circa l’opportunità per le ragazze di profanare il virile mondo dell’agricoltura. Invece loro se la cavavano benissimo, prendevano voti alti e spesso emergevano per capacità, impegno e passione. Com’è ovvio. In facoltà c’era una piccola stalla (ci sarà ancora? Da anni non faccio un giro in via Celoria: conviene che ci vada, prima che delocalizzino la facoltà), con una decina di vacche di razza frisona.

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Incursioni

Avevano spesso attorno un capannello di studenti ai quali il prof faceva lezione ‘sul vivo’: i loro grandi occhi dolci (delle vacche, dico), li guardavano con sopportazione. Un giorno il docente di zoognostica decise di mostrarci come si misura la temperatura ai bovini. Quella mattina si era palesemente svegliato male e aveva già adocchiato la sua preda: una nostra compagna bionda, minuta, con un libretto pieno di trenta e lode, che sfoggiava -era estate- un abito leggero di cotone bianco e sandali alla francescana e prendeva appunti su un quadernetto. Iniziò a spiegare. Ovviamente agli animali si misura la temperatura rettale, perché non tengono volentieri il termometro sotto l’ascella. Il professore, come molti docenti di agraria di quel tempo, era un anziano rampollo di un’antica e nobile famiglia milanese: portamento austero e modi bonari ma condiscendenti da lord inglese. Si diceva fosse caduto in disgrazia con la famiglia per la sua passione per le corse di cavalli e lo tenessero lontano dai beni di famiglia. Sta di fatto che aveva sempre lo stesso abito, sia in estate che in inverno: molto decoroso e di buon taglio, ma un po’ stazzonato.

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Incursioni Così quel giorno, dopo la spiegazione si piazzò dietro l’animale, le spostò la coda e inserì delicatamente il lungo termometro di vetro. Lo tenne saldamente in posizione, per evitare che venisse risucchiato e finisse chissà dove (l’esame di anatomia non l’avevamo ancora fatto): una manciata di minuti e lo tolse per leggere la scala graduata. Poi fu il turno di noi studenti. Da signore qual era, si offrì di far provare -per prima- la nostra compagna biancovestita, che già era un po’ in difficoltà coi sandali aperti nella paglia piena di sterco, ma prima volle rifare la dimostrazione. Così inserì di nuovo il termometro e stavolta fece dei rapidi movimenti avanti e indietro, per farci notare -disse il conte- quanto fosse forte la trazione dello sfintere della frisona, che in tutto questo tempo si era limitata a voltare la testa all’indietro, masticando, e ci fissava con curiosità.

Termometro veterinario anni Trenta

A questo punto disse alla ragazza di farsi avanti e le lasciò il posto. Lei fece due passi, prese in mano la pesante coda, la spostò di lato e inserì piano il termometro. Lo tenne con forza, con le nocche bianche per lo sforzo e infine lo ritrasse.

Fu un attimo. La vacca aveva leggermente inarcato la schiena, udimmo un sordo brontolio e poi l’esplosione: un fiotto semiliquido inondò la nostra compagna da capo a piedi mentre lei teneva ancora la coda nella mano. Il getto colpì di striscio anche altri studenti, ma non il professore, che si era portato fuori tiro. La ragazza restò immobile, impietrita: sembrava un resto pompeiano coperto di lapilli. Non c’erano i cellulari, altrimenti avremmo avuto un miliardo di visualizzazioni su YouTube. La aiutammo a districarsi dalla lettiera e corse verso i bagni. Il professore rimase serissimo e disse: “Eh, può succedere. Conviene sempre vestirsi male, in stalla”. Le sue parole mi tornarono alla mente qualche anno dopo. Mi ero appena laureato e in attesa che qualcuno rispondesse alle mie lettere di presentazione con Cv allegato, avevo trovato un’occupazione in una azienda zootecnica del novarese. Dato che il titolare era un amico di famiglia ci andavo gratis, come si usava una volta per imparare. Anzi, mi dovevo pagare la benzina e i panini del pranzo. Tra l’altro era il fatidico inverno del 1985, quello della nevicata record e avevo le catene sempre montate sulle quattro ruote della Panda . Partivo da casa alle cinque e tornavo la sera tardi, così assistevo alle due mungiture .

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Incursioni

Un’immagine della famosa nevicata del 1985 a Milano C’erano più di 200 vacche frisone in lattazione e cinquemila maiali, allevati fino al peso stabilito e poi inviati alla produzione di prosciutto crudo. Non avevo dimestichezza coi suini, quindi per me fu uno shock quando mi mostrarono la prima volta l’immensa porcilaia. A parte l’odore pungente, da togliere il respiro (ma a tutto ci si abitua), fu il frastuono che mi scosse. 5000 maiali che urlano tutti insieme è una cosa che non si dimentica: si erano accorti, non chiedetemi come, che era entrato un estraneo e reagivano così, spaventati. Il direttore mi disse addirittura che quel mio ingresso avrebbe comportato un calo ponderale negli animali -minimo, ma tangibile- a causa di quello stress. Per questo lì entravano sempre solo gli addetti, che giravano tra i corridoi senza suscitare alcuna reazione nei suini. I miei rapporti coi maiali si limitarono quindi al reparto di inseminazione artificiale, campo nel quale quell’azienda era all’avanguardia. Lì transitavano solo le scrofe e c’erano alcuni verri -grandi come dei pulmini Volkswagen- tenuti in gabbie dalle sbarre enormi, per la monta naturale . Tornando all’abbigliamento, il mio era più che consono: mutandoni e maglia di lana dell’esercito (avevo appena terminato il servizio militare) sotto il pesante maglione grigioverde, tuta verde mimetica e stivali di gomma. Fu così che mi venne affidato finalmente un compito di un certo prestigio: vaccinare i suinetti. Questi manigoldi erano dei salsicciotti rosa con le zampe, lunghi una quarantina di centimetri e animati da un’energia e una forza insospettabili. Istruito sul da farsi e dopo aver osservato un addetto che faceva sembrare la cosa un gioco da ragazzi, mi trovai da solo con una tozza siringa nella mano destra nascosta dietro

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Incursioni la schiena e un grosso gesso blu nella mano sinistra. Infatti, per evitare doppie iniezioni o dimenticare qualche soggetto, si doveva infilzare con gesto repentino la groppa dell’animaletto, iniettare il siero e contemporaneamente lasciargli un segno ben visibile sulla schiena. Un gesto da… torero. Ma del matador non ho mai avuto la destrezza né l’agilità. La prima iniezione andò benissimo: preso di sorpresa, il maialino squittì più sorpreso che spaventato e fuggì in mezzo ai compagni, abbellito da una lunga linea blu sul dorso. Solo che adesso gli altri avevano capito l’antifona e correvano come pazzi in tutte le direzioni per sfuggirmi. Ce n’erano una ventina e dopo un’ora ne avevo vaccinati forse cinque; ero sudato fradicio. Fu lì che i lattonzoli fecero la mossa che dovevano aver studiato da tempo a tavolino: mentre correvo dietro a uno, altri due mi corsero tra le gambe e gli altri si appiattirono lungo i bordi. Quando cadi, di solito hai l’istinto di proteggerti mettendo avanti le mani, ma se hai in mano una siringa ti vengono scrupoli incompatibili con la velocità di caduta di un grave. Quindi atterrai nella posizione dell’uomo vitruviano, di faccia. “Atterrai” lascia supporre che al suolo ci fosse della terra, ma nel recinto dei suinetti in realtà si era formato uno strato di cinque centimetri di ben altro. La mia romantica avventura agricola terminò qualche tempo dopo e la sorte mi portò ad occuparmi di tutt’altro. Ma quel periodo mi servì molto, più avanti, a ricacciare sospiri e rimpianti di una vita diversa. A Milano si dice che “la terra è bassa”, per significare la fatica del lavoro dell’agricoltore e quelle poche settimane di sveglie prima dell’alba, sabato e domenica incluse, me ne diedero la misura. Un giorno chiesi al direttore: “Guido, ma lei non va mai in ferie?” e lui (due lauree, una in veterinaria e una in scienze agrarie): “Ci sono stato qualche giorno in vacanza, un paio d’anni fa. Ma si è guastato l’impianto del mangimificio e son dovuto rientrare di corsa”. Secondo me, i toreri le fanno, le ferie.

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Scienza BREVE STORIA DELLO SPAZIO Un libro che piacerà sia ai neofiti appassionati dello spazio, sia agli esperti del settore Di Giovanni Caprara – presidente UGIS (Unione Giornalisti Scientifici Italiani) ed Editorialista Corriere della Sera

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Scienza La storia dell’esplorazione spaziale è una magnifica avventura iniziata con Galileo Galilei quando da Padova usava il primo strumento per indagare la Luna, il Sole, Giove scoprendo i satelliti Medicei. Da allora il balzo vero oltre la Terra prese l’avvio con i primi studi dei tre pionieri che misero le basi teoriche per il volo nel cosmo: Robert Goddard negli Stati Uniti, Constantin Tsiolkowski in Unione Sovietica e Hermann Oberth in Germania.

Cannocchiale galileiano presso Museo Nazionale Scienza e Tecnologia di Milano Era l’inizio del Novecento; il secolo che ci ha regalato le prime grandi imprese dei robot tra i pianeti e dell’uomo sulla Luna. La storia usciva così dalla Terra e continuava nello spazio. Nel mio libro “Breve storia dello spazio” (non illudetevi, dovete affrontare 400 pagine) edito da Salani racconto la grande epopea cosmica soffermandomi sulle idee, sulle scoperte, sulle vicende politiche che hanno permesso o escluso certe scelte, ma soprattutto sugli uomini e le donne che sono stati protagonisti con le loro intuizioni e con il loro coraggio.

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Scienza

Galileo Galilei (1564- 1642), che diede il via alla scienza moderna

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Scienza Neil Armstrong mi raccontava che il rischio affrontato nel primo sbarco lunare era del 50 per cento che andasse bene o male. Altri personaggi incontrati di questa magnifica storia sono attori delle vicende vissute. Tra questi Wernher von Braun, il costruttore del grande razzo Saturn V col quale l’America è sbarcata sulla Luna. Ma l’esplorazione spaziale è solo agli inizi.

Neil Armstrong, il primo astronauta che mise piede sulla Luna

Nel primo mezzo secolo si è messa a punto una tecnologia per vivere intorno alla Terra con sicurezza e ora si prepara una colonia sulla Luna. Qui gli astronauti impareranno a vivere in un altro corpo celeste, preparandosi al successivo atteso sbarco su Marte . E anche lì nascerà una colonia . La storia dell’Homo sapiens iniziata con l’uscita dall’Africa oltre centomila anni fa continua ora verso le stelle.

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Da tener d’occhio G.B. MAGISTRI, PITTORE E GRAFICO MILANESE

Due muratori mentre appongono la targa commemorativa “Sarà il tempo a giudicarmi, forse un giorno mi noterà” Questa la frase che si legge sulla targa commemorativa con la quale questo 23 ottobre il Comune di Milano ha voluto rendere omaggio a Giovanni Balilla Magistri, apponendola in via Garofalo 10, dove l’artista milanese visse e dipinse dal 1965 al 1972. E questa è anche la prima iniziativa di rilievo per ricordare il pittore e grafico milanese, di cui l’anno prossimo ricorrerà il cinquantenario della sua morte. Come sempre, per saperne di più, c’è il sito https://gbmagistri.org/

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Bellezza IL LASER CONTRO LE MACCHIE SENILI Per eliminare le antiestetiche “macchie scure” causate dall’avanzare del tempo si può ricorrere ad un trattamento efficace e mirato Professor Antonino Di Pietro – dermatologo plastico http://www.dermoclinico.com

Le macchie senili possono comparire già dopo i 40 anni d’età Cominciamo col dire che, anche se è brutto chiamarle “macchie senili” – per la precisione lentigo senilis o lentigo solari- purtroppo la realtà è questa: si tratta di macchie causate da una cattiva esposizione solare e, ahimè, dall’invecchiamento cutaneo. Infatti, con il passare degli anni l’attività dei melanociti può diventare più sensibile, producendo melanina in eccesso che si accumula e genera iperpigmentazione. Solitamente queste macchie scure sulla pelle compaiono sulle zone del corpo più esposte ai raggi UV come viso, mani, décolleté (spalle e schiena negli uomini). Possono comparire già dopo i 40 anni d’età, e i soggetti più a rischio di manifestare macchie lentigo solari e senili sono le donne. Come si formano le macchie senili? Le lentigo senilis sono macchie scure sulla pelle, che interessano lo strato più superficiale dell’epidermide e che solitamente sono concentrate sulle zone di viso e corpo più esposte al sole (viso, collo, décolleté e braccia, mani) . Le cellule hanno un ciclo di vita di circa quattro settimane, durante le quali si spostano dallo strato più profondo (derma) fino alla superficie . Terminato questo periodo, le cellule vecchie cadono e

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Bellezza lasciano posto a uno strato cutaneo più giovane . Con il passare degli anni però, è possibile che tale processo rallenti e la percentuale di cellule morte in superficie aumenta, formando cheratosi e macchie senili .

Le mani rivelano impietosamente l’età? Si può rimediare! Prevenire le lentigo senili con il picotage Il picotage all’acido ialuronico è un trattamento antiaging ideale per prevenire le macchie senili. Questa terapia (che abbiamo descritto a fondo in un numero precedente, ndr) punta a ristrutturare la matrice cellulare e a rigenerare la pelle in modo naturale. Il trattamento è poco invasivo e indolore e si effettua attraverso delle microiniezioni superficiali di acido ialuronico che favoriscono la rivitalizzazione della pelle aumentando elasticità e idratazione. Ma non è tutto: il picotage rende la pelle più resistente all’attacco dei raggi solari, tra le principali cause delle macchie della pelle e che contribuiscono anche alla formazione delle macchie senili. Il picotage può essere effettuato su viso, décolleté, mani e collo. La scelta dell’acido ialuronico non è casuale: questa sostanza è costituente del tessuto connettivo e ne mantiene idratazione e turgore. A partire però dai 25/30 anni la produzione di acido ialuronico rallenta e per questo l’ideale è affidarsi a trattamenti e dermocosmetici che puntano sulla rigenerazione.

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il Prof. Antonino Di Pietro all’opera con un trattamento di picotage Quando scegliere il laser per eliminare le macchie senili I trattamenti laser per macchie cutanee sono l’ideale per ottenere ottimi risultati contro questo inestetismo poiché il laser - introdotto in dermatologia nel 1963, è una radiazione elettromagnetica capace di determinare a livello cutaneo una fototermolisi selettiva, cioè di colpire selettivamente uno specifico bersaglio microscopico presente nel tessuto, limitando il danno alle strutture circostanti- è in grado di colpire in maniera mirata le discromie . Già dalla prima seduta di laser per macchie senili è possibile notare dei miglioramenti. Il laser non ha controindicazioni solitamente e prevede da una a tre sedute, in base alla zona da trattare. Prima di procedere con il laser per macchie senili è sempre consigliata una visita propedeutica in cui il dermatologo è in grado di stabilire profondità ed estensione della macchia, e relativo trattamento. Al termine della seduta laser, potrebbero comparire arrossamenti o piccole crosticine, che spariscono dopo pochi giorni o, eventualmente, grazie a creme lenitive prescritte. Quando è utile il peeling? Il peeling è utile per trattare macchie senili superficiali e di piccole dimensioni. Quando le macchie senili sono comparse da poco e sono molto superficiali l’azione esfoliante del peeling dermatologico può essere utile. Che cosa fare a casa? Ricordarsi sempre di applicare la crema solare, non necessariamente tutto l’anno, ma quando si passa molto tempo al sole è più che necessaria. Nella routine antiaging quotidiana, l’ideale è non farsi mancare creme e sieri con fospidina, fosfolipidi o glucosamina, attivi antiossidanti come la vitamina E e idratanti come l’acido ialuronico in microsfere.

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Salute MA PERCHÉ NON CI CURIAMO IN MODO CORRETTO? Un paziente su due non segue le indicazioni del medico. E’ lo sconfortante scenario emerso da una sessione d Summer School di “Motore Sanità” Di Minnie Luongo – giornalista scientifica

L’aderenza alle cure è mediamente molto bassa e varia in base alla patologia: si passa da una percentuale compresa fra 52% e 55% per osteoporosi e ipertensione arteriosa, a meno del 20% per la cura dell’asma. Il dato, già sconfortante di per sé, tende a peggiorare in modo particolare fra i 6 e i 12 mesi dall’inizio della terapia. Le cause della scarsa aderenza terapeutica? Sono di varia natura e comprendono la complessità del trattamento, l’inconsapevolezza della malattia, il follow-up inadeguato, il timore di potenziali reazioni avverse, il decadimento cognitivo e la depressione, la scarsa informazione in merito alla rilevanza delle terapie, il tempo mancante all’operatore sanitario spesso oberato da pratiche burocratiche che sottraggono spazio fondamentale al confronto con il paziente. Tutti aspetti che si complicano in base all’età del paziente e alla concomitanza di poli-patologie.

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Salute È questala fotografia scattata alla SUMMER SCHOOL 2021 di Motore Sanità, nella sessione “Aderenza terapeutica: cronicità e rischi clinici correlati”. Dalle analisi contenute nel Rapporto OsMed di AIFA, si evidenzia che è aderente alle terapie solo il 55,1% dei pazienti con ipertensione, il 52-55% dei pazienti con osteoporosi, il 60% dei pazienti con artrite reumatoide, il 40-45% dei pazienti con diabete di tipo 2, il 36-40% dei pazienti con insufficienza cardiaca, il 13-18% dei pazienti con asma e BPCO, mentre il 50% dei pazienti in trattamento con antidepressivi sospende il trattamento entro tre mesi ed oltre il 70% entro sei mesi. Eppure, dopo un infarto cardiaco rispettare le indicazioni di assunzione riduce del 75% la probabilità di recidive mentre nell’ipertensione non aderire agli antipertensivi aumenta di circa il 30% il rischio di infarto o ictus; di 7-8 anni è la riduzione di aspettativa di vita nella persona con diabete non in controllo glicemico. Altre fonti esaminate confermano che solo il 13,4% dei pazienti è risultato aderente ai trattamenti con i farmaci per le sindromi ostruttive delle vie respiratorie, con trend purtroppo stabile negli anni. Nelle dislipidemie il 50% dei pazienti non è aderente (uno su due non coglie i benefici importanti della prevenzione); con ipertensione non sono aderenti il 40-45% dei pazienti. Nel diabete mellito l’adesione al trattamento orale antidiabetico (metformina e altri ipoglicemizzanti orali) è compresa tra il 36% e il 93%; l’aderenza alla terapia insulinica oscilla tra il 20 e l’80%; l’adesione alle raccomandazioni dietetiche è circa 65%; l’autocontrollo della glicemia è attuato nel 50% dei pazienti e l’attività fisica è praticata da meno del 30% dei pazienti. Durante la pandemia- tra gennaio e febbraio 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020- si è registrato un calo dei consumi interni di farmaci e dispositivi dell’11% e un calo dei consumi retail del 7%. In questo scenario la non aderenza terapeutica rappresenta un moltiplicatore di danno clinico, economico, sociale rilevante. Le paure del paziente sono una delle principali cause della scarsa aderenza e della continuità terapeutica . Le ha spiegate Alessandro Navazio, direttore della Cardiologia dell’AUSL di Reggio Emilia. “Molti pazienti rifiutano la terapia perché temono di doverla prendere per tutta la vita; c’è una diffidenza non giustificata rispetto al farmaco da prendere (penso alle statine), perché viene considerato pericoloso “per sentito dire”; spesso il rifiuto è anche legato al numero di farmaci che già assume il paziente. C’è da fare un’informazione più accurata ed efficace, e noi come specialisti dobbiamo svolgere un’opera di persuasione sul paziente quando la nostra prescrizione è veramente sostenuta da evidenze scientifiche; altrimenti non avremo mai i livelli di aderenza che auspichiamo. Vanno scardinate le credenze popolari, i tabù. È fondamentale, oltre ad andare alla ricerca dei pazienti ad alto rischio per trattarli prima che qualcosa accada (che è il principio della cosiddetta “medicina di iniziativa”), fare accettare le terapie e spiegare perché sono importanti, coinvolgendo anche il caregiver”. → Le farmacie possono dare un grande aiuto a contrastare il fenomeno della scarsa aderenza terapeutica . “L’aderenza alle cure è uno dei compiti assegnati alle farmacie dalla legge sulla Farmacia dei servizi e parte del Cronoprogramma di Regione Lombardia – ha spiegato Annarosa Racca, Presidente di Federfarma Lombardia -. Nella delibera sul tema viene esplicitato che “le farmacie rappresentano un nodo della rete di presa

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Salute in carico con particolare riferimento alla promozione dell’aderenza terapeutica e altre attività per le quali rappresenta un valore aggiunto la prossimità territoriale con i pazienti. Sono convinta che l’attività delle farmacie, in sinergia con quella dei medici di famiglia, possa contribuire a portare dei risultati importanti nella cura dei cittadini, così come in termini di risparmio per il Sistema sanitario nazionale”. → Altro focus: l’ipercolesterolemia. Nonostante siano a disposizione terapie ipolipidemizzanti che permettono il calo della colesterolemia di oltre l’80%, secondo i dati del recente studio Da Vinci, solo il 18% dei pazienti in prevenzione cardiovascolare secondaria (rischio cardiovascolare molto elevato) raggiunge il target raccomandato di colesterolo LDL, anche detto “cattivo” (< 55 mg/dl). Da quanto rilevato da una recente analisi svolta in Gran Bretagna, poco più del 20% di oltre 10 milapazienti sottoposti ad una angioplastica coronarica aveva livelli di colesterolo a target. “Le cause di questo poco incoraggiante scenario sono differenti – ha spiegato Claudio Bilato, direttore UO di Cardiologia dell’Ospedale Cazzavillan dell’Azienda ULSS 8 Berica -. Tra queste, la strategia di utilizzo dei vari farmaci ipolipidemizzanti secondo una modalità graduale, “stepwise”, consigliata dalle linee guida correnti, ma soprattutto la scarsa aderenza alla terapia che costituisce un vero e proprio fattore di rischio cardiovascolare aggiuntivo ed è responsabile dell’aumento degli eventi coronarici e delle ricorrenze di infarto del miocardio. I fattori predittivi di mancata aderenza sono molteplici come l’elevato numero di farmaci da assumere e la comparsa di effetti collaterali. Un possibile soluzione a tali problematiche è il ricorso di terapie di combinazione (possibilmente precostituite), che potrebbero, anticipando la strategia a step e utilizzando dosi di farmaci in associazione più basse rispetto alla monoterapia, migliorare il grado di aderenza terapeutica, garantendo il raggiungimento dei target”. → “Il problema vero è che abbiamo un sistema molto frammentato – sottolinea Pierluigi Bartoletti, Vice Segretario Nazionale Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) -. Per la colesterolemia abbiamo apparecchi oggettivi, ad esempio per la misurazione della pressione: sul colesterolo però il problema è che non c’è solo da gestire il parametro colesterolo, ma anche lo stile di vita, le buone abitudini e l’alimentazione. Altrimenti la sola pasticca non basta. Intanto, l’aderenza è un valore aggiunto, ma che cosa succede se non si è aderenti? Di chi è la responsabilità? Questo problema si risolve in diversi modi: l’aderenza sul colesterolo è consapevolezza del fatto che il colesterolo alto in certe condizioni mette a rischio la vita del paziente. Spesso però il paziente ha diversi interlocutori e c’è anche da dire che l’efficacia dei farmaci, se non viene ben gestita dal rapporto medicopaziente, è un problema. La criticità numero uno, quindi, è il passaggio della presa in carico. Il rapporto medico-paziente-specialista è molto importante, se uno di questi fattori equivale a zero e gli altri danno il massimo, il risultato sarà comunque zero, perché non ci possiamo permettere che ci sia un buco nella filiera”. “L’impatto sulla salute del paziente e sul sistema sanitario è decisamente importante quando non si raggiungono il target raccomandato di colesterolo “cattivo” e, in generale, i livelli di aderenza e continuità terapeutica – ha concluso il Professor Alessandro Navazio -. Evidenze scientifiche dicono che se questi tar-

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Salute get non vengono raggiunti si incorre in recidive cardio-cerebrovascolari e in eventi più drammatici come il decesso. A questo si aggiungono gli altissimi costi in termini di salute che paga il paziente , e quindi la società e il sistema sanitario tutto”.

Motore Sanità si propone di contribuire al progresso della ricerca scientifica e delle conoscenze scientifiche sia in Italia che all’estero nel campo sanitario e sociale attraverso: 1. informazione, formazione e sensibilizzazione; 2. organizzazione di convegni, congressi, workshop e seminari; 3. attività di aggiornamento, educazione e pubblicazioni. La Mission Motore Sanità progetta e realizza eventi che abbinano contenuti di alto livello a format innovativi in grado di rivolgersi contemporaneamente agli addetti ai lavori e al grande pubblico ed è partner di istituzioni pubbliche, garantendo il supporto scientifico, divulgativo e di comunicazione per la realizzazione di iniziative sociali ed eventi. Inoltre, Motore Sanità affianca imprese e organizzazioni no profit nello sviluppo di strumenti di comunicazione come convegni, seminari, tavoli di confronto ed eventi formativi. I Professionisti Gli operatori che collaborano con Motore Sanità sono rappresentanti del mondo sanitario (clinici e rappresentanti delle istituzioni sanitarie nazionali e regionali), professionisti della comunicazione, esperti giuridici ed economisti parte attiva dell’associazionismo e del volontariato, nonché del micro e macro sistema economico locale e nazionale. Recentemente si è sviluppato un nuovo brand – “Motore Sanità Tech” – che tratta i temi dell’innovazione tecnologica e del digitale applicati al mondo della sanità, con particolare attenzione alla sostenibilità economica del loro utilizzo. Tali professionisti rendono disponibile competenza e conoscenza alle istituzioni pubbliche e ai privati per un miglioramento dei servizi sanitari e socio assistenziali anche in relazione ai bisogni sempre diversi e crescenti dei cittadini.

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Salute Le attività Motore Sanità gestisce progetti, eventi ed iniziative per porre all’attenzione delle istituzioni soluzioni, analisi e approfondimenti sui temi portanti del sistema sanitario: da un sistema sanitario sostenibile alla sanità digitale, dalla prevenzione e diagnosi precoce, alla gestione integrata ospedale-territorio nella cura del paziente, fino a toccare il tema critico dell’equilibrio tra costi e qualità. L’organizzazione Dietro ad ogni evento ed iniziativa (congressi, seminari, tavoli di confronto, campagne di sensibilizzazione e di informazione) c’è un grande lavoro di cooperazione e una efficace organizzazione tra le diverse aree: account, planning, media e marketing; che interagiscono tra loro in un processo snello e trasparente. Il decalogo della rivoluzione in sanità

SSN REVOLUTION: Dal mondo globale alla realtà locale. E’ stato il tema dell’ottava edizione di questo evento annuale che riscuote sempre maggior successo L’ottava edizione della SUMMER SCHOOL 2021 di Asiago-Gallio, organizzata da Motore Sanità, si è conclusa portando a casa straordinari risultati. La tre giorni di discussioni e tavole rotonde, infatti, ha visto i massimi esperti della sanità italiana – 237 relatori coinvolti, sia in presenza sia collegati da remoto - impegnati a proporre il nuovo volto del Servizio Sanitario nazionale.

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Salute Come sempre sono state affrontate tematiche dal grande impatto: durante circa 30 sessioni, si è parlato di Oncologia, medicina territoriale, innovazione e riorganizzazione delle reti ospedaliere, malattie croniche, malattie rare e responsabilità sociale dell’impresa farmaceutica, di ricerca in antibioticoterapia, aderenza terapeutica, tutela della salute mentale, il valore sociale del farmaco equivalente, di big data e intelligenza artificiale, fino alle sfide future in sanità che riguardano prima di tutto il diritto alla salute da garantire a tutti i cittadini e poi la lotta all’antimicrobico resistenza, al dolore cronico, fino alla digitalizzazione, la sanità green e la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Summer School presenta in dieci punti il senso della rivoluzione sanitaria di cui si è discusso durante uno degli appuntamenti più importanti a livello nazionale, e a cui tutti, a cominciare dai cittadini fino agli stakeholder, sono tenuti a partecipare, per poter garantire da ora e soprattutto alle generazioni future una sanità migliore ed efficiente. Una sanità per tutti.

Claudio Zanon, Direttore scientifico Motore Sanità

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Salute “È stata una Summer School intensa e ringrazio tutti i relatori che hanno partecipato e lo staff di Motore Sanità che hanno permesso tutto questo – commenta Claudio Zanon, Direttore Scientifico di Motore Sanità –. Come Motore Sanità siamo cresciuti molto. Quando siamo nati il nostro obiettivo era quello di mettere tutti gli attori del sistema salute nelle condizioni di partecipare ai tavoli di discussione per innovare idee, fare proposte e fare sì che si parlassero. È quello che sta succedendo da un po’ di anni e la Summer School 2021 l’ha dimostrato ancora di più. Credo anche che la formula della presenza degli esperti e contemporaneamente del collegamento da remoto, permette di mandare messaggi a centinaia di persone che diversamente non sarebbe possibile fare. Vogliamo continuare in questa direzione”.

Giulia Gioda, presidente Motore Sanità e direttore Mondosanità

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Salute I DIECI PUNTI DELLA SUMMER SCHOOL 2021: Come detto sopra, peculiarità della Summer School di Motore Sanità è stilare, al termine delle giornate di riunioni, un decalogo, centrato su ciò che urge fare in concreto. Anche questa ottava edizione ha tenuto fede a questa importante iniziativa. Ecco i punti principali: 1) SSN REVOLUTION: la distruzione creativa necessaria per il rilancio Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) cambia lo scenario all’interno della Next Generation UE, per cui si richiedono programmazione, coordinamento nazionale integrato con le Regioni e rinascita per la ripresa e resilienza, per evitare drammi sociali e assicurare alle future generazioni (che devono essere coinvolte) un Servizio sanitario nazionale che sia all’altezza. 2) “ONCONNECTION”: la Rete delle reti oncologiche, come omogeneizzazione dei processi assistenziali a livello nazionale Il progetto ONCOnnection è partito nel 2020 con una serie di eventi organizzati in tutte le Regioni italiane con lo scopo di creare una Rete nazionale delle Reti oncologiche regionali e con le Associazioni dei medici e dei pazienti. L’obiettivo è discutere come ripartire dopo la pandemia Covid, implementando il rapporto tra specialisti e pazienti anche in vista del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). 3) RILANCIO DELLA MEDICINA DEL TERRITORIO: dai silos di spesa alla trasversalità della presa in carico del paziente La trasversalità della presa in carico dei pazienti verrà garantita dalla riforma della medicina territoriale prevista dal PNRR se verranno delineati percorsi, linee guida e competenze 4) RISORSE UMANE: implementazione e capacità di lavoro di gruppo e interdisciplinarietà 5) DISTRETTO SOCIO-SANITARIO: modelli di governance per un coordinamento reale delle strutture del territorio Il distretto socio-sanitario, come previsto dalla legge 833, torna al centro del governo del territorio secondo il PNRR, ma ciò comporta una rivisitazione della sua governance a partire dal futuro ruolo dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta con revisione della convenzione finendo alla formazione della dirigenza del distretto negletta negli ultimi anni a differenza di quella ospedaliera. 6) INNOVAZIONE E RIORGANIZZAZIONE DELLA RETE OSPEDALIERA: rinnovamento tecnologico (Digital health) e organizzativo dopo gli insegnamenti della pandemia Il PNRR stanzia 10 miliardi per sostituire la tecnologia obsoleta, ammodernare i pronto soccorso/Dea anche in seguito agli insegnamenti della pandemia COVID, senza depauperare ulteriormente gli ospedali che vedono uno delle più basse percentuali di posti letto in rapporto agli abitant, con offerte disomogenee a livello delle varie regioni.

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Salute 7) ADERENZA TERAPEUTICA: cronicità e rischi clinici correlati, il PNRR come strumento di implementazione L’aderenza e la continuità terapeutica sono la base del successo delle cure ma purtroppo, seppur con differenze tra varie patologie croniche, solo il 50% in media dei pazienti è aderente. L’aderenza può essere implementata se tutti gli attori del sistema agiscono in maniera coordinata con strumenti comuni. 8) MALATTIE RARE: responsabilità sociale delle imprese con ricerca e assistenza in rete Due milioni di pazienti (di cui il 70% pediatrici) sono curati per malattie rare in Italia con una attenzione particolare delle imprese per i farmaci orfani, con progetti che aiutano la presa in carico di questi pazienti. 9) MALATTIE PSICHIATRICHE: rimettere al centro dell’agenda di governo la tutela della salute mentale. Quest’ultima ha rappresentato una guida di trasformazione del sistema per molti anni, ma ultimamente sottofinanziata e marginalizzata, necessita di un recupero di interesse da parte di tutti, considerati anche i dati epidemiologici aggravati dalla pandemia Covid 19. 10) DECRETO MINISTERIALE 71: norme, indicatori e obiettivi di salute della medicina extra-ospedaliera

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Per approfondire ASSE INTESTINO-CERVELLO:NUOVA FRONTIERA IN GASTROENTEROLOGIA Informazione promozionale A cura della Redazione

L’asse intestino-cervello è la nuova frontiera della gastroenterologia. Ne parla il Professor Fabio Pace – Direttore UOC Gastroenterologia, Seriate (BG) – in questa intervista realizzata da microbioma.it e con il supporto non condizionante di Yakult Italia, durante l’undicesima edizione del congresso internazionale “Probiotics, Prebiotics & New Foods, Nutraceuticals and Botanicals for Nutrition & Human and Microbiota Health”, tenutosi lo scorso settembre a Roma. Il prof. Fabio Pace, Direttore UOC Seriate (BG),nell’intervista rilasciata lo scorso settembre a Roma

Ancora una volta, pertanto, viene confermato come i due organi(intestino e cervello) siano due organi strettamente sinergici. Inoltre, nel filmato qui sopra possiamo ascoltare il Prof. Pace che cita uno studio condotto su un campione di studenti universitari giapponesi, con il probiotico testato che è L. casei Shirota: Kato-Kataoka A, et al. Fermented Milk Containing Lactobacillus casei Strain Shirota Preserves the Diversity of the Gut Microbiota and Relieves Abdominal Dysfunction in Healthy Medical Students Exposed to Academic Stress. Appl Environ Microbiol. 2016 May 31;82(12):3649-58. https://yakult.it/

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Volontariato & Associazioni PER IMPARARE A DONARE UN SORRISO Avo propone un nuovo corso di formazione per volontari ospedalieri A cura della Redazione

Non è facile donare sorrisi e ascolto autentici, come sanno fare i volontari AVO. Qui alcuni di loro, con Francesco Colombo, presidente AVO Milano e Lombardia, assieme a Minnie Luongo e Paola Cicerone di Generazione Over60. Un bell’incontro quando serietà & simpatia vanno a braccetto!

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Volontariato & Associazioni

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Volontariato & Associazioni

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In movimento QUALITÀ & CORTESIA A SALUZZO & TREVISO Appunti di viaggio nell’Italia che ci piace Gli Erranti

Nel nostro errare estivo abbiamo visitato due piccoli centri in due regioni diverse fra loro, in cui abbiamo avuto il piacere di incontrare le migliori doti di noi italiani: qualità e cortesia. Troppo spesso, ahimè, ce ne dimentichiamo, e per questo ci sembra giusto rendervene partecipi. Il nostro viaggio parte da Saluzzo, in provincia di Cuneo, uno dei borghi medievali meglio conservati del Piemonte: il piccolo centro collinare è stato per oltre quattro secoli - dal 1142 al 1548 - capitale del marchesato cui ha imposto il nome. Ha raggiunto il suo massimo splendore nel XV secolo con la guida di Ludovico I e Ludovico II, poi la città ha perso d’importanza, fino a essere annessa brevemente alla Francia e poi, dal 1601, ai domini di casa Savoia. Oggi Saluzzo fa parte del Parco del Monviso, un sistema di aree protette collegato alla Francia che costituisce la prima riserva transfrontaliera del nostro Paese. L’ampio centro storico conserva l’impronta tre-

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In movimento centesca, fatta di piccole vie acciottolate, chiese ed eleganti palazzi nobiliari con i loro giardini. Ed è qui che sorge l’antico convento di San Giovanni, convertito in hotel (www.sangiovanniresort.it ) dopo un valido recupero che ha permesso di ricavare confortevoli camere nelle celle dei frati cistercensi . Ci piace citarlo perché qui abbiamo trovato la qualità nel confort delle camere affrescate, negli arredi, nelle golosità offerte dalla cucina e da una notevole cantina. Ma soprattutto un’impagabile cortesia che ci ha permesso di sentirci coccolati da tutti quanti lavorano nella struttura, dall’addetto all’accoglienza al personale del ristorante, con un ringraziamento particolar al signor Alberto per la gradevolissima prima colazione allestita nel chiostro.

Spostiamoci di qualche centinaio di chilometri per trovare un’atmosfera diversa, ma affine per garbo ed eleganza, nella città veneta di Treviso, o Trevixo come la chiamano i suoi abitanti. Un piccolo gioiello che tutto il mondo ha conosciuto e ammirato grazie al film di Pietro Germi Signore e Signori. La fioritura di Treviso comincia in epoca longobarda, e prosegue quando la città diventa il primo possedimento sulla terraferma della Serenissima, cui tra vicende alterne rimarrà legata fino all’annessione al Regno d’Italia. Treviso oggi è capoluogo di provincia, ricorda in piccolo Venezia con i suoi canali e i palazzi patrizi, ed è abbastanza vicina alla città lagunare da giustificare una deviazione per gustarne l’atmosfera e i ritmi meno convulsi che in qualche modo rievocano la Venezia di qualche decennio fa, prima dell’invasione turistica. Ma sarebbe

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In movimento ingiusto non riconoscere un suo valore autonomo a questo piccolo gioiello immerso nei vigneti della bassa pianura veneta - non dimentichiamo che Treviso è la capitale del prosecco - e contornato da fontanassi, caratteristiche polle sorgive tipiche della zona, oggi in gran parte incluse nel Parco Naturale del fiume Sile. Proprio per la bellezza dei suoi palazzi dalle caratteristiche facciate affrescate Treviso fu ribattezzata urbis picta, e lo stile di vita trevigiano diventò sinonimo di vita gaudente portando con sé l’attitudine al bello e alla cortesia. Una cortesia che abbiamo avuto il piacere di ritrovare presso il ristorantino Sant‘Agostino (https://www.facebook.com/pizzeriaristorantinoSantAgostino/). E’ quello che succede quando arrivi fuori tempo massimo, e invece di trovarti un muso duro che ti allontana con un brusco “stiamo chiudendo!” si è accolti con un ”accomodatevi”, per poi soffermarsi con noi alla fine del pasto indicando i luoghi da visitare, le vie, le piazze, le caratteristiche della citta meglio di una guida turistica.

La statua della Sirenetta a Treviso, sull’isola di Pescheria

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In movimento Così, dopo aver vagabondato in citta, essere passati sopra l’Isola della Pescheria (l’isolotto fluviale dove da metà ‘800 si tiene il mercato del pesce e dove si trova la statua della sirenetta che emerge dalle acque del Sile) e sorseggiato un ottimo spritz come aperitivo al tavolino di uno dei caffè che animano le piazze cittadine, non resta che ritornare sui propri passi e accomodarsi al ristorantino per gustare un buon fritto di pesce e una bottiglia di prosecco. Sono queste le cose che piacciono a noi Erranti, vagabondi alla ricerca delle cose belle dell’Italia.

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Immagini e fotografie

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Tramite l’inserimento permanente del nome dell’autore delle fotografie, la rimozione delle stesse o altra soluzione, siamo certi di risolvere il problema ed iniziare una fruttuosa collaborazione.

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ILLUSTRAZIONE DI ATTILIO ORTOLANI


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