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Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano: n° 258 del 17/10/2018
# I NOSTRI TEMI
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co m #scienza #sessualità #salute #bellezza #da
leggere (o rileggere) #da vedere/ascoltare #cose dall’altro mondo #disabilità in pillole #in forma #intervista con ricetta #”in movimento” #volontariato & associazioni #”di tutto e niente” #pensionati news #il personaggio #le ultime #voi
AT THE DESK
DIRETTORE RESPONSABILE Minnie Luongo DIRETTORE ARTISTICO Francesca Fadalti LA NOSTRA PREZIOSA REDAZIONE Marco Rossi Alessandro Littara Nicola Forcignanò Andrea Tomasini Antonio Giuseppe Malafarina Cinzia Boschiero Francesca Fadalti HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Enzo Primerano DISEGNATORI Attilio Ortolani Margherita Mottana Fotografia di copertina di Paola Cancedda Contact Us: https://generazioneover60.com/ generazioneover60@gmail.com https://issuu.com/generazioneover60 https://www.facebook.com/generazioneover60
LA NOSTRA ILLUSTRAZIONE
Illustration by Margherita Mottana www.instagram.com/margherita.mottana/
GENERAZIONE F
Aria di primavera La frase, riferita indistintamente ad una persona, al governo, ad un rapporto sentimentale, è sempre quella: riuscirà ad arrivare al prossimo panettone? Ora, dato che parliamo di un dolce che ormai si trova sugli scaffali dei supermercati tutto l’anno, la domanda è da ritenersi superata. Piuttosto, visto che non c’è né ci potranno mai essere nello stesso anno due o più inverni, primavere, estati o autunni, è bene rifarsi ad un modo di dire poetico usato da chi non è proprio giovincello per indicare la propria età: avere un tot di primavere. E, saranno le quasi 68 primavere che incombono, mi ritrovo a chiedermi sempre più spesso: quante primavere mi sarà ancora concesso vedere? La cosa buffa è che fin da bambina ho dichiarato e scritto anche nei temi (con grande stupore della maestra Marini) di non amare la stagione che inizia con l’equinozio attorno al 21 marzo. Mi ha sempre dato fastidio quella sdolcinatezza legata a colori pastello e a toni tenui, solo sussurrati e mai urlati. Ebbene sì, appartengo alla schiera poco furba di chi non ama le mezze misure: so che esiste il grigio ma nella vita quotidiana no. Solo sì o no, mai “ni”. Di conseguenza (chiedo scusa all’amato Giacomo Leopardi) ho preferito vivere la domenica, non aspettarla il giorno prima. E soprattutto ho detestato la storia che “sbocciano in coro i fiorellini, come ricami nei verdi giardini”, che il cuore si apre alla vista del primo mandorlo in fiore, che le giornate si allungano … Ma vogliamo mettere la luce abbagliante di luglio e agosto? E la sabbia che brucia all’ora di pranzo in spiaggia quando, se non si è muniti di sandali o infradito, ci si ustiona le pianta dei piedi e si prende la rincorsa per saltare dall’ombra di un ombrellone a quella di un altro? D’accordo che, sempre per ricorrere a frasi fatte che tuttavia ora si stanno trasformando in tragica realtà per il nostro ambiente, le stagioni non sono più quelle di un volta, ma fino allo scorso anno ho davvero odiato la primavera. Insomma, non sono donna da cuoricini e campane a festa.
di Minnie Luongo
Nel 2019 è successo ciò che non avrei mai pensato. Mi soffermo a guardare se nuove margherite sono sbocciate nell’aiola spelacchiata dove ogni mattina porto la mia cagnolina ad espletare i primi bisogni fisiologici della giornata; guardo sul calendario quanti giorni mancano all’inizio ufficiale della stagione primaverile (per la cronaca, quest’anno è il 20 marzo alle 21,58); indosso persino camicie rosa. L’aborrito color rosa. Come spiegare tutto ciò? Forse proprio perché (incredibilmente: nessun mio coetaneo riesce a credere di avere l’età che ha finché, prima di chiamare una persona che non sente da tempo, s’informa se sia ancora fra noi, e sfido qualunque Over a non essersi trovato di fronte ad una simile circostanza) questa è la sessantottesima primavera della mia esistenza e non so quante altre la vita me ne regalerà. E allora chi se ne frega se a Pasqua si mangia la colomba che non mi piace, se i bambini fanno casino col tum tum del pallone nell’ora in cui potrei dedicarmi ad una pennica, se se… Pertanto è, banalmente, paura del poco tempo, delle poche primavere per l’appunto che mi restano? Forse no … posso continuare a non sdilinquirmi per questa stagione. Per il semplice motivo che la primavera può scoppiarci dentro in ogni momento: basta un gesto d’affetto autentico, un sorriso, una telefonata, l’amore per ciò che si fa. La primavera dell’anima è quella che in fondo ho sempre amato, e contro cui tumori e altre malattie di un fisico che si deteriora per l’usura al pari di una macchina, e cattiverie e rancori e bassezze e silenzi altrui non possono nulla. Perché noi Over sappiamo sbocciare dentro. L’abbiamo imparato senza bisogno di manuali, a vivere appieno il momento, specie quando esso si rivela felice da far quasi male. P. S. Mi dimenticavo: buona primavera a tutti!
AT THE DESK
MINNIE LUONGO direttore responsabile e giornalista scientifica
Classe 1951, laureata in Lettere moderne e giornalista scientifica, mi sono sempre occupata di medicina e salute preferibilmente coniugate col mondo del sociale. Collaboratrice ininterrotta del Corriere della Sera dal 1986 fino al 2016, ho introdotto sulle pagine del Corsera il Terzo settore, facendo conoscere le principali Associazioni di pazienti.
Photo Chiara Svilpo
Ho pubblicato più libri: il primo- “Pronto Help! Le pagine gialle della salute”- nel 1996 (FrancoAngeli ed.) con la prefazione di Rita Levi Montalcini e Fernando Aiuti. A questo ne sono seguiti diversi come coautrice tra cui “Vivere con il glaucoma”; “Sesso Sos, per amare informati”; “Intervista col disabile” (presentazione di Candido Cannavò e illustrazioni di Emilio Giannelli). Autrice e conduttrice su RadioUno di un programma incentrato sul non profit a 360 gradi e titolare per 12 anni su Rtl.102.5 di “Spazio Volontariato”, sono stata Segretario generale di Unamsi (Unione Nazionale Medico-Scientifica di Informazione) e Direttore responsabile testata e sito “Buone Notizie”. Fondatore e presidente di Creeds, Comunicatori Redattori ed Esperti del Sociale, dal 2018 sono direttore del magazine online Generazioneover60. Quanto sopra dal punto di vista professionale. Personalmente, porto il nome della Fanciulla del West di Puccini (opera lirica incredibilmente a lieto fine), ma non mi spiace mi si associ alla storica fidanzata di Topolino, perché come Walt Disney penso “se puoi sognarlo puoi farlo”. Nel prossimo detesto la tirchieria in tutte le forme, la malafede e l’arroganza, mentre non potrei mai fare a meno di contornarmi di persone ironiche e autoironiche. Sono permalosa, umorale e cocciuta, ma anche leale e splendidamente composita. Da sempre e per sempre al primo posto pongo l’amicizia; amo i cani, il mare, il cinema, i libri, le serie Tv, i Beatles e tutto ciò che fa palpitare. E ridere. Anche e soprattutto a 60 anni suonati.
DOTTOR MARCO ROSSI sessuologo e psichiatra
è presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale e responsabile della Sezione di Sessuologia della S.I.M.P. Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e come esperto di sessuologia a numerosi programmi radiofonici. Per la carta stampata collabora a varie riviste.
DOTTOR ALESSANDRO LITTARA andrologo e chirurgo
è un’autorità nella chirurgia estetica genitale maschile grazie al suo lavoro pionieristico nella falloplastica, una tecnica che ha praticato fin dagli anni ‘90 e che ha continuamente modificato, migliorato e perfezionato durante la sua esperienza personale di migliaia di casi provenienti da tutto il mondo.
NICOLA FORCIGNANÒ giornalista
nato a Milano nel 1952, è giornalista professionista. Ha trascorso la sua carriera tra il “Corriere della Sera”, un po’ di televisione e “il Giornale” dove ha ricoperto la carica di vicedirettore. É riuscito a trasformare la sua grande passione in un lavoro e ha diretto il mensile “Golf & Turismo “. Dal 20 novembre 2013 s’è trasferito a vivere (con grande gioia) a Phuket in Thailandia.
ANDREA TOMASINI
giornalista scientifico giornalista scientifico, dopo aver girovagato per il mondo inseguendo storie di virus e di persone, oscilla tra Roma e Spoleto, collaborando con quelle biblioteche e quei musei che gli permettono di realizzare qualche sogno. Lettore quasi onnivoro, sommelier, ama cucinare. Colleziona corrispondenze- carteggi che nel corso del tempo realizzano un dialogo a distanza, diluendo nella Storia le storie, in quanto “è molto curioso degli altri”.
ANTONIO GIUSEPPE MALAFARINA giornalista
nato a Milano nel 1970,giornalista e blogger. Si occupa dei temi della disabilità, anche partecipando a differenti progetti a favore delle persone disabili. Presidente onorario della fondazione Mantovani Castorina. Coltiva l’hobby dello scrivere in versi, raccolti nella sua pubblicazione “POESIA”.
CINZIA BOSCHIERO giornalista scientifica
specializzata in tematiche europee ed internazionali. Ha fondato la agenzia ECPARTNERS (www.ecpartners.it), crea format televisivi e radiofonici; ha vinto due call del Parlamento europeo e 4 premi giornalistici. Collabora a progetto come ufficio stampa di enti, fondazioni, aziende e centri di ricerca nel settore innovazione/sanità.
FRANCESCA FADALTI direttore creativo
nasce architetto eclettico, mentre passa da cantieri e negozi a cui ha dato il suo inconfondibile stile, si evolve nell’editoria con Millionaire, la Guida Io e il mio bambino e molteplici interventi di design di pubblicazioni tra cui ultima nata Style Glamping e, finalmente, Generazione Over 60!
Attilio Ortolani Disegnatore
storico disegnatore di Corriere Salute/Corriere della Sera. Più precisamente Artista.
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CHI HA UN GEMELLO VIVE PIÙ A LUNGO Dalla Redazione
EL PURTAVA I SCARP DE TENNIS Andrea Tomasini
CON LA PRIMAVERA SBOCCIA IL DESIDERIO Marco Rossi
#Scienza
#”Di tutto e niente”
#Sessualità
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OVER 60 ED INVECCHIAMENTO ATTIVO Cinzia Boschiero
LA RAGAZZA DELLA SENNA Enzo Primerano
#Pensionati news
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RIFIORIRE CON IL MASSAGGIO Francesca Fadalti #Bellezza
#Salute
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LA LADRA DELLA PRIMAVERA Minnie Luongo #Da leggere (o rileggere)
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PERCHÈ SIETE ANCORA IN ITALIA Nicola Forcignanò #Cose dall’altro mondo
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DIVERSAMENTE ABILE SI DICE? Antonio Giuseppe Malafarina
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L’ESERCIZIO FISICO DÀ SPINTA CELEBRALE Dalla Redazione #In forma
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UN POSTO SICURO CONTRO LA VIOLENZA Francesca Fadalti #Volontariato & Associazioni
#Disabilità in pillole
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A NYC IL MUSEO PER NON DIMENTICARE Minnie Luongo #”In movimento”
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GOLF UNO SPORT SENZA ETÀ Cinzia Boschiero #Le ultime
OMELETTE CON FRUTTI DI BOSCO E MENTA Francesca Fadalti #Intervista con ricetta
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VALERIO CEPPETELLI CAPRINI Le video interviste di Minnie #Il personaggio
ANDREA TOMASINI
giornalista scientifico
El purtava i scarp de tennis
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#”di
tutto e niente”
E’ azzardato affermare che vi sia una morte migliore delle altre. Per quanto si possa esser stufi di vivere, un certo qual rammarico secondo me c’è sempre– se rimane un attimo per rendersi conto che sta per succedere. Poi, certo, dipende se e quanto si è credenti, da come si è e da quello che si desidera. In genere – alla fine- vivendo i desideri si sommano, s’accumulano in una sacca di vita dalla quel speriamo di poterli tirare fuori quando, nella propria esistenza, se ne avrà il tempo, l’occasione la salute. Non è da molto che la vedi così anche se non ricordi quando hai iniziato a pensare alla pensione come quell’opportunità. Da ragazzo alla pensione davvero non ci pensavi. Il futuro era uno spazio da riempire facendo cose. Accade così che ti prepari alla vita alimentando i tuoi sogni che, anche se li rimandi te li sei sempre immaginati comunque prossimi, accessibili, come se occhieggiassero da dietro l’angolo. Man mano che sei cresciuto –o forse dovrei dire maturato?- hai distribuito tempo e risorse oscillando tra quello che dovevi e quello che avresti voluto. Ciò che devi attiene alla preparazione necessaria per affrontare la vita – studio o apprendistato, poco cambia, perché è un lavoro quello che serve e se quello che fai ti piace ti fa anche star meglio. Alla fine ciò che avresti voluto lo hai collocato in conclusione di tua vita. Quante volte, tra il serio e il faceto, si rimanda a “quando sarò in pensione” il fare finalmente una cosa o un’altra. La più frequente è viaggiare: “Girerò il mondo!”. Lo sgancio dalle costrizioni del dovere –la catena del lavoro quotidiano- dall’obbligo e i vincoli della stanzialità. Poi magari da ragazzo hai letto di posti lontani, di avventure – foresti vergini e grandi spazi che ormai ti abitano e stanno dentro. Ti danno le vertigini, e sono dirompenti rispetto alla casa popolare in cui l’ascensore che ti porta al piano non sempre funziona, le voci dei vicini riempiono i pianerottoli, le chiassose riunioni di condominio sono la giungla, dai cui suoni la pensi irta di pericoli nascosti. Spazi comuni che soffocano. Il lavoro, se sei un impiegato ti sembra una prigione con tutti i giorni uguali.
Se per caso sei un meccanico o uno specializzato – un carburatorista, per dire- la capacità di mettere a punto i motori si congiunge con il desiderio di mettere in moto, sgasare e partire, andare via a conoscere il mondo – che stà sempre là, dietro l’angolo. Viaggiare lontano da tutto e da tutti, per sentirti libero fuori da qui. Se l’occasione si crea, occorre però essere pronti – informati e in forma fisicamente per coglierla, pronti ed efficienti. Forse anche per questo hai deciso di fare sport anche da anziano (che parola ingombrante: meglio dire di mezza età). Per sentirti bene con te stesso, per faticare “inutilmente” alcune volte a settimana, gareggiando con i tuoi limiti, o solo per stare all’aria aperta. Oggi si chiama “allenamento”, come se si dovesse poi accedere, preparati e competitivi, a un quotidiano agonistico che invece non esiste –e non c’è alcuna premiazione, forse. Si chiama comunque “allenamento”, fitness, running. Correre è comunque liberatorio, un’irruzione negli spazi urbani trafficati di macchine e mezzi a più ruote, adottando un ritmo differente dagli altri che camminano o stanno fermi o sostano in fila. Quasi quasi irrazionale, anomico rispetto al grigiore del resto. Riesci a riappropriarti di te steso, isolandoti acusticamente con la musica che ti sprona e dissimula la stanchezza – cadenzato da un ritmo che misuri con sensori e contapassi. Già quasi l’inizio di un viaggio, compiuto con le tue forze, tenendoti allenato, alla tua età. Pronto a viaggi più grandi. In solitudine competi con te stesso ma gli occhi li devi tenere bene aperti per non inciampare, per evitare che la distrazione ti faccia attraversare la strada con il rosso. Gli auricolari con la musica a palla rischiano di non farti sentire il rombo del bolide che s’avvicina e potrebbe travolgerti. Occorre poi esser equipaggiati bene per compiere movimenti armonici e con il minimo sforzo. Pantaloncini per non sudar troppo e aver libertà di movimento, scarpe da runner, quelle che si chiamavano le scarpe da tennis. Su quelle scarpe Jannacci ci fece una canzone tenerissima - i scarp de tennis le portava un barbon. Oggi si indossano per fare presa sul terreno quasi senza sforzo, anzi, come se per prendere l’energia dalla terra.
Sabaki è il termine giapponese giusto - transita dal Go alle arti marziali- per esprimere un particolare equilibrio. L’ideogramma sabaki –apprendo- è composto da due elementi, la mano e il verbo separare. Il verbo corrispondente all’ideogramma è connesso indica “fare ordine”. Nelle arti marziali Tai Sabaki indica che quando subiamo un attacco possiamo metterci in una posizione in cui evitiamo il pericolo e siamo in grado si colpire. Curioso che Sabaky sia anche il nome del secondo fiume più lungo del Kenia. Sfocia nell’Oceano Indiano vicino a Malindi. Malindi ha una discreta colonia pensionati italiani – c’è anche un sito locale che in italiano con due righe di conto sostanzia la convenienza di svernare in Africa. Sulle sue rive è stato trovato morto Renato Bettini. A seconda dei titoli e delle accentuazioni è stato raccontato come pensionato milanese – 65 anni, sposato, alle spalle una vita da meccanico, carburatorista, che aveva sempre detto una volta in pensione avrebbe viaggiato per il mondo. Ho sbirciato sui suoi profili Facebook – che le tracce oggi restano. Foto da luoghi lontani, spiegazioni dei siti visitati, una connessione con Avventure nel mondo, da accompagnatore esperto. Alcuni invece siccome lo hanno raccontato come il runner milanese pensionato. Morto, sul greto del fiume, in pantaloncini e scarpe da ginnastica. Si, tutti lo ricordano con affetto. Era in pensione, una parte dell’anno viveva in Kenia dove pare avesse una casetta, faceva jogging tutti i giorni sulla spiaggia davanti casa. Però quel 19 febbraio era andato a correre nei pressi del Sabaky. Lo hanno trovato a terra con vistose ferite, letali. Hanno titolato di un’aggressione, di un’improbabile lotta, di una compatibilità tra quelle lacerazioni e le zanne di un ippopotamo. Mammifero stupido e aggressivo, senza predatori che possano insidiarlo, ombroso e irascibile come chi non ha nemici, geloso del suo territorio. Se l’è presa con un pensionato milanese che dal proprio territorio era invece voluto scappare e che era là per godere della libertà, dei colori del mondo, del corpo che ancora rispondeva alle sollecitazioni e alle curiosità. Come ogni mattina stava facendo jogging. Non posso non sussurrarla: “El purtava i scarp de tennis, el parlava de per lu, rincorreva già da tempo un bel sogno d’amore. El purtava i scarp de tennis, el g’aveva du occ de bun”.
DALLA REDAZIONE Fonte: Di Lei
Chi ha un gemello vive piĂš a lungo
#scienza
C’è uno studio che forse non ha avuto l’eco che meritava. Ci riferiamo ad una ricerca scientifica autorevole, conclusa meno di un anno fa, che arriva a questa conclusione: le persone che hanno un gemello vivono più a lungo. Per la precisione, due ricercatori dell’Università di Washington rivelano che chi ha un gemello ha minori probabilità di morire prima dei 60 anni. Da sempre si sa che il rapporto tra gemelli è unico e spesso, indissolubile. Si condivide ogni cosa sin dalla nascita. Non di rado anche i gusti, i comportamenti e le amicizie combaciano. Ma forse non tutti sanno che questa unione speciale, per il legame affettivo e protettivo che si viene a creare, permette anche di vivere più a lungo. Uno studio pubblicato sulla rivista “Plos One” ed effettuato da David Sharrow e James Anderson dell’Università di Washington, infatti, rivela che chi ha un gemello, specialmente se monozigote, ha minori probabilità di morire prima dei 60 anni per cattive abitudini, cause inaspettate o incidenti. I due ricercatori hanno preso in considerazione circa tremila coppie di gemelli danesi, nati tra il 1870 e il 1900, e hanno analizzato i motivi e le date di morte di tutti i soggetti, confrontandoli poi con quelli riguardanti il resto della popolazione nello stesso periodo. I risultati ottenuti hanno mostrato che i gemelli eterozigoti e, ancor di più, i monozogiti hanno maggiori possibilità di sopravvivere fino ai 60 anni. Sharrow e Anderson non credono che la longevità dipenda dai geni contenuti nel DNA dei gemelli: “È poco probabile che tutti i gemelli monozigoti possano avere una simile predisposizione genetica a vivere più a lungo”. I due ritengono più plausibile che “l’intimità e la vicinanza sociale possano incoraggiare lo sviluppo di comportamenti salutari nel corso della vita. È probabilmente una conseguenza del legame sociale tra gemelli, che li protegge dall’intraprendere attività pericolose e fornisce assistenza emotiva e materiale nei momenti di stress.
DOTTOR MARCO ROSSI sessuologo e psichiatra www.marcorossi.it
Con la primavera sboccia il desiderio d’amore
Photo by Kranich17 on Pixabay
“Non è solo un modo di dire: con l’arrivo della bella stagione, a qualsiasi età, esplode il desiderio di amare e, di conseguenza, di essere amati, anche a livello sessuale. Il risveglio della natura corrisponde a quello dei sensi umani, tra cui seduttività, sessualità e gioco amoroso. Il fenomeno ha un fondamento di verità scientifica. Per quanto riguarda le cause, in primis c’è l’incremento delle ore di luce, che si ripercuote sull’epifisi riducendo la produzione di melatonina, con il conseguente aumento d’ormoni sessuali. In particolare il progesterone, ma non solo, che influisce in senso positivo sul nostro desiderio. E questa è la causa fisiologica. Mentre, a livello psicologico, dobbiamo considerare che a primavera si esce di casa più spesso e s’infittiscono gli incontri. Inoltre, il ricorso ad un abbigliamento meno coprente stimola il desiderio sessuale. Il fenomeno cambia a seconda del sesso. Nell’uomo, infatti, prevale l’aspetto voyeristico dell’osservare le parti scoperte, mentre nella donna agisce soprattutto il senso di disponibilità filiale.
#sessualità
La percezione dell’aumento della propria fecondità, derivata dall’incremento ormonale, la spinge a cercare il rapporto sessuale in misura maggiore. Non ci dimentichiamo che l’uomo è un animale. L’unico cambiamento avvenuto nel corso dei millenni è che l’essere umano non ha l’“estro”. Mi spiego: la ricerca dell’accoppiamento non si limita al periodo di fecondità, però è un dato di fatto che aumenta in quel periodo… L’uomo, dal canto suo, percepisce questo momento (che avviene durante l’ovulazione meno durante le mestruazioni) tramite gli odori. C’è un film del 2006, “Profumo”, ambientato nella Francia del Settecento in cui il protagonista trova il modo di estrarre dal corpo femminile l’odore ammaliante scatenando reazioni animalesche. Il che fa pensare ai famosi “ferormoni”, ossia sostanze captate a livello olfattivo dagli animali che agiscono sul sesso opposto, attirandolo sessualmente. Nella letteratura scientifica, però, la presenza di tali sostanze nell’uomo è, al contrario, controversa. Per questo motivo, riguardo alla nostra specie, preferisco parlare più semplicemente di odori. Alla domanda se esistono nel processo femminile dei fattori selettivi che contribuiscano alla scelta del partner, risponderei che le capacità olfattive restano a livello incosciente, ma agiscono profondamente. La donna nel periodo di estro ricerca l’uomo più dominante o quello più compatibile a livello genetico. Come se gli odori fossero ancora una sorta di radar che la indirizzi verso il partner ipoteticamente più adatto. Nell’equilibrio generale, agiscono di più le cause fisiche o psicologiche? Difficile a dirsi, ma forse la questione ormonale ha il peso maggiore, nonostante sia inconscia. L’effetto psicologico, ad ogni modo, è in gran parte derivato da un bisogno fisico: pertanto, ha poco senso fare distinzioni. Sono due livelli diversi dello stesso fenomeno. Al di là dei meccanismi ormonali, la primavera è forse la stagione che coinvolge più sensi di tutte ed in misura maggiore: esplodono profumi, colori, sapori. Inevitabile entrare in sinergia con tutto questo. Infatti, nelle persone che lamentano una diminuzione dell’impulso sessuale, si punta a risvegliare tutti e cinque i sensi”.
ENZO PRIMERANO
Medico Rianimatore
La ragazza della Senna
#salute
Era una calda mattinata quel giorno, in una soleggiata Parigi degli anni Ottanta del XIX secolo. Un barcaiolo risaliva lentamente il fiume quando scorse qualcosa in lontananza. Si avvicinò pensando che fosse della merce caduta da qualche barca passata prima. Invece presto si accorse che si trattava di un corpo senza vita annegato da qualche ora nel fiume. Per cercare aiuto si sbracciò dalla sua barca, sperando che dei passanti scendessero ad aiutarlo. In tanti si avvicinano per portare a riva il cadavere, presso il Quai du Louvre, nel I° Arrondissement. Ma quando il corpo fu ripescato uno gelido silenzio calò sul lento fiume. Era una giovane ragazza dai lineamenti fini e di delicata bellezza e un impalpabile ed etereo sorriso. Non vi erano segni di violenza e si ritenne che ella si fosse tolta la vita per qualche delusione d’amore, o che fosse stata colta da qualche malore. Naturalmente la notizia in poco tempo fece il giro di Parigi e dintorni, e subito cominciarono a dipingersi aloni leggendari attorno al volto della giovane. Nei mesi successivi furono pubblicate molte storie romantiche ispirate a questo mistero, tanto che questa leggenda si diffuse presto in tutta la Francia e da qui in Europa. Non si riuscì a stabilirne l’identità perché nei giorni successivi nessuno si presentò a pretendere il corpo della giovane, nonostante tanta gente venisse a renderle omaggio ed ad onorare tanta serena bellezza. In genere i morti trovati in strada o annegati dopo qualche giorno, se nessuno ne pretendeva il corpo, venivano affidati alla scienza e alla ricerca. Ma la giovane ragazza era troppo bella e giovane da assegnarle cotanta punizione. Da pochi anni era morto uno dei grandi medici di Parigi, quel Claude Bernard considerato il padre della Medicina Sperimentale. Dai suoi studi si erano compresi i meccanismi fondamentali della digestione e del diabete. Qualcuno a Parigi diceva che avesse fatto sparire tutti i cani randagi della città. (alla sua morte, le figlie e la moglie, mosse da vergogna e orrore, fecero costruire i primi canili comunali a Parigi).
Ma in quella estate parigina faceva molto caldo e presto si rese necessaria una maschera mortuaria, come era consuetudine in simili casi. Chiamarono Monsieur Laerdal, il miglior fabbricante di bambole di Parigi, abile nel realizzare maschere in gesso e cera come calchi con cui costruire le sue bambole. La famiglia Laerdal viveva a Parigi e si guadagnava da vivere per l’appunto fabbricando bambole dai lineamenti così perfetti da sembrare vere. La tecnica era quella di partire da calchi fatti su persone reali per poi dare il volto a queste bambole. Laerdal, inoltre, aveva conferito maggiore realismo alle proprie bambole grazie all’utilizzo di morbido caucciù e capelli cuciti. Eravamo alla fine del secolo e gomma e caucciù stavano invadendo l’Europa. Negli anni successivi proprio la famiglia Laerdal ottenne il primato nel settore della produzione della gomma, producendo manufatti di gomma destinati alla medicina.
Nel 1954, una carenza di forniture di ossigeno negli ospedali danesi spinse il dottor Henning Ruben ad inventare il primo pallone rianimatore auto-espansibile, la Air Mask Breathing Unit (“AMBU”). La gomma della Laerdal era perfetta per quel tipo di realizzazioni. Al nipote di Monsieur Laerdal, un certo Asmund S. Laerdal norvegese di Stavanger, venne commissionato di mettere a punto un manichino di addestramento, realistico ed efficace, per insegnare la respirazione bocca a bocca. Il giovane norvegese realizzò il progetto, ma quando ci fu da dare un volto a questo manichino lui non sapeva proprio da dove cominciare. Rovistò negli scantinati dell’azienda fino a quando trovò una di quelle maschere che tanti anni prima aveva realizzato il nonno. E fu così che la ragazza trovata nella Senna fu destinata ad essere riscoperta, alcune generazioni più tardi, come per una sorta di misterioso destino. D’altra parte, egli riteneva che se si fosse realizzato per l’addestramento alla rianimazione un manichino a grandezza naturale e di aspetto estremamente realistico, gli studenti sarebbero stati maggiormente motivati ad apprendere la procedura di salvataggio. Ispirato dalla maschera della ragazzina colta dalla morte in età così precoce, egli commissionò alla nota scultrice Emma Mathiassen di modellare il viso per il nuovo manichino d’addestramento alla rianimazione, a partire da quel calco del nonno. E fu così che Resusci Anne prese vita. Lo spirito della ragazza trovata nella Senna tornava nuovamente a vivere. Resusci Anne celebra quest’anno il suo sessantatreesimo compleanno. Ispirata alla ragazza trovata nella Senna, Resusci Anne è diventato un simbolo di vita per i milioni di persone in tutto il mondo che hanno imparato le tecniche salvavita della rianimazione moderna, e per coloro le cui vite sono state salvate da una morte improvvisa. Quella ragazza morta trovata nella Senna, insomma, servì a salvare milioni di vite.
La giovane donna che forse trovò la morte nella Senna a causa di una delusione d’amore si ritrovò ad essere consegnata alla storia come la ragazza più baciata della storia. Quella donna che cercò la morte per una forma di espiazione della colpa venne destinata a ridare la vita agli altri. La misteriosa vicenda ispirò numerose opere di carattere narrativo come la novella “L’inconnue de la Seine” di Jules Supervielle o il dramma “Die Unbekannte aus der Seine” di Ödön von Horváth, oltre che la figura della sconosciuta nel romanzo di Rainer Maria Rilke, I quaderni di Malte Laurids Brigge. Anche nel campo delle arti figurative il volto femminile ispirò artisti come Man Ray, dando vita a lavori di un certo rilievo. Oggi l’addestramento alle manovre rianimatorie si estende a tantissimi campi della medicina e di tante altre specialità oltre la rianimazione, come la chirurgia, la pediatria, l’ostetricia, l’ortopedia, la cardiologia e la medicina di guerra ed è supportata dai migliori software di simulazione di scenari in medicina che permettono di formare giovani medici con efficace insegnamento e competenza di alta qualità. Ma tutte le ormai innumerevoli maschere dei volti dell’addestramento simulato riconducono sempre ad Anne e a quell’estate parigina. Merci Anne!
CINZIA BOSCHIERO
giornalista scientifica
Over 60 e invecchiamento attivo: occhio alla salute della vista
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L’Arte di invecchiare o di essere diversamente giovani è legata alla capacità di mantenere delle buone relazioni sociali e di saper gestire con equilibrio ed attenzione la propria salute. Tra le realtà che più si impegnano per dare delle risposte agli over 60 c’è la FEDER.S.P.e V., Federazione dei Pensionati Sanitari (medici, veterinari e farmacisti), Vedove e Superstiti. “Organizziamo il nostro Congresso nazionale a Firenze ad aprile e siamo apartitici, senza scopo di lucro,” dice il prof. Michele Poerio, Presidente di FEDER.S.P.e V (www. federspev.it) e Presidente del Forum Nazionale del Pensionati”.
#pensionati
news
Oltre a dare una serie di servizi quali consulenze su pensioni, assicurazioni, problematiche legali, assistenza sanitaria, ci siamo attivati per realizzare anche un Fondo di solidarietà e tutta una serie di convenzioni quali quella con l’università telematica Pegaso; inoltre le nostre sezioni, disseminate in tutta Italia, organizzano seminari, eventi socio-culturali, viaggi, premi letterari. Insomma, il nostro modo di vivere gli over 60 è fatto di relazioni, di progetti concreti anche a favore dei giovani, ai quali elargiamo delle borse di studio. Non a caso il nostro slogan è ‘non soli, ma solidali’. Il fondo di solidarietà per gli associati della Federazione ha messo a disposizione dei più bisognosi somme di piccola entità a loro supporto, ma di entità infinita nel suo significato morale e di sentita solidarietà; e sul territorio italiano abbiamo sviluppato anche dei progetti in cui gli over 60 offrono le loro competenze gratuitamente, come a Salerno, per progetti sociali a supporto delle famiglie. D’altro canto che la vita sia migliore se ci si relaziona con le persone (familiari, amici, comunità etc.) facendo volontariato, ascoltando, cercando di scambiarsi idee e opinioni e trascorrere tempo per creando buone relazioni sociali lo sottolineano anche studi autorevoli quali quello dell’università di HARVARD presentata a TED dal prof. Robert Waldinger che ha monitorato le vite di più individui studiandone il grado di soddisfazione e di equilibrio psicofisico in base alle loro scelte di vita (rif. Robert Waldinger - TEDxBeaconStreet). Su questi temi ovvero Salute, Solidarietà si confrontano anche al Forum Nazionale dei Pensionati che include ben 16 associazioni nazionali, ora sul piede di guerra per avere il rispetto dei propri diritti per quanto concerne le pensioni. Tra i temi trattati al Congresso Nazionale FEDER.S.P.e V c’è il presente ed il futuro del Sistema Sanitario Nazionale, una riflessione sulle scarse risorse dedicate dal Servizio Sanitario Nazionale e dalle Regioni ad esempio alle cure palliative:
il ribadire che serve un approccio etico ed egualitario nelle strategie a favore dell’invecchiamento attivo e che occorre più trasparenza e tutela della gratuità e qualità dell’assistenza medica alle famiglie. Tra le realtà che sono al fianco degli over 60 c’è la Fondazione Retina 3000 (www.fondazioneretina3000.it) con sede a Milano, non ha scopo di lucro, e si propone l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale nel settore dell’oculistica o affini all’oculistica, svolgendo la propria attività prevalentemente in assistenza sociale e socio-sanitaria, tutela dei diritti civili. In particolare ha l’obiettivo di promuovere tutte le attività possibili indirizzate alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura delle malattie oculari o comunque legate indirettamente all’occhio, soprattutto verso i bambini e gli anziani.
Una delle patologie che più inficiano la qualità di vita negli over 60 , stando ai dati, è la Degenerazione Maculare Senile (AMD: Age Macular Degeneration) che rappresenta la principale causa di cecità nei paesi industrializzati tra la popolazione al di sopra dei 65 anni di età. “La retina si può paragonare al sensore di una macchina fotografica digitale: ha l’importante compito di trasformare le immagini in impulsi nervosi che il nervo ottico trasmette poi al cervello (le aree corticali deputate alla visione si trovano principalmente nella zona occipitale), spiega il dott. Alfredo Pece, Direttore Clinica Oculistica Ospedale Melegnano–Milano e Presidente Fondazione Retina 3000 Onlus, Centro Italiano retina di Milano”. La retina è l’unica parte visibile del sistema nervoso e del sistema vascolare. Quindi permette di osservare gli effetti di molte patologie: dall’ipertensione fino al diabete. Ecco perché non va mai trascurata! Negli ultimi tempi le novità riguardanti la diagnostica e la cura delle malattie della retina sono molte. Abbiamo terapie più efficaci che ci consentono di arrestare e migliorare malattie che fino a pochi anni fa erano destinate alla cecità. Tra gli studi più recenti da segnalarne uno in particolare che confronta le terapie con laser con iniezioni intravitreali per la cura della retinopatia diabetica. Questo studio americano indipendente pubblicato sulla prestigiosa rivista Jama ha evidenziato che il laser ha un ruolo ben preciso e di grande utilità in mani esperte e negli anni non è inferiore alle iniezioni endoculari. Vi sono inoltre studi recentissimi sulla diagnostica ed in particolare sull’OCT che negli ultimi anni ha rivoluzionato la diagnosi e di conseguenza la cura della retina. L’OCT è un esame non invasivo che in pochi minuti ci consente di vedere nei dettagli più particolareggiati l’anatomia della retina. Oggigiorno le patologie retiniche si diagnosticano meglio grazie a esami quali la biomicroscopia maculare, le retinografie con filtri Interferenziali, fluoroangiografie e/o angiografia con indocianina, OCT (esame non invasivo, di facile e rapida esecuzione).
“Le terapie per l’AMD sono migliorate e differenziate in quanto questa patologia è di due tipi ovvero una tipologia ‘umida’ e una ‘secca’. Per la neovascolare (forma meno frequente della AMD secca) sono utilizzate prima di tutto le iniezioni intraoculari (terapie antiangiogeniche) ed in casi particolari e più limitati la fotocoagulazione laser e la terapia fotodinamica con verteporfina,” spiega il prof. Pece e continua:
“E’ molto importante, nei pazienti a rischio, effettuare una prevenzione (supplementazione vitaminica, protezione dai raggi solari, abolizione del fumo, controllo della pressione arteriosa e della dislipidemia) ed automonitoraggio (test di Amsler). Attualmente la terapia intravitreale permette un arresto della progressione della malattia nel 90% dei casi e un miglioramento del visus in circa il 40% dei casi. Importante è intervenire il prima possibile dall’esordio dei sintomi, come un calo della vista, vedere le immagini deformate, o avere difficoltà a leggere. Ecco che quindi il compito del medico di base è fondamentale, nell’indirizzare il prima possibile il paziente con sospetta AMD a strutture oculistiche specializzate nella diagnosi e nella terapia della malattia”. Novità su Salute e invecchiamento attivo sono oggetto non solo del Congresso FEDER.S.P.e V (27 aprile – 1 maggio), ma anche del Meeting Internazionale (9-10 maggio) previsto a Milano intitolato “Retina in progress” in cui esperti italiani ed esteri si confrontano sugli studi più recenti e di cui è chairman il prof. Pece e i dati più recenti sono emersi al Congresso nazionale degli oculisti ambulatoriali a Roma 2019 organizzato dalla Società Scientifica G.O.A.L. (Gruppo Oculisti Ambulatoriali Liberi – 29-30 marzo). “E’ fondamentale tornare all’umanizzazione del rapporto medico-paziente soprattutto per gli over 60,” sottolinea il dott. Danilo Mazzacane, oculista e segretario generale di GOAL, (www.oculistigoal.org),”Ecco perché la nostra associazione no profit è nata: per ribadire l’impegno etico professionale degli oculisti ambulatoriali, per valorizzarne il ruolo all’interno del sistema sanitario e per rafforzare la loro presenza sul territorio in favore della salute pubblica all’interno di un percorso di umanizzazione comportamentale (‘prendersi cura del paziente’, considerando il paziente come persona ammalata e non prescrivendo la semplice cura della malattia) per evitare che ci si senta un numero e che si torni ad un dialogo costante e ad una presa in carico degli over 60 che spesso sono dei malati cronici in un modo più adeguato territorialmente strutturato e collaboriamo con realtà quali ESASO per progetti europei di formazione, di aggiornamento, di qualità professionale a tutela delle Persone”.
FRANCESCA FADALTI
Rifiorire con il massaggio
#bellezza
Arriva la primavera, la voglia d’uscire e scoprirsi. Questo è il momento giusto per rallentare, dedicarsi del tempo e chiedersi se il nostro stato di salute rispecchia armonia tra quello che facciamo, i pensieri e i sentimenti. Ascoltarsi e prendersi cura di se stessi è la base su cui si fonda la tradizione orientale dell’Ayurveda, originata in India, che attinge dal concetto olistico secondo cui corpo e mente sono tutt’uno: solo stando in equilibrio si ha una vita in piena salute. “Ayus”: vita e “Veda”: conoscenza, comprende la valutazione dell’alimentazione, dello stile di vita, delle pratiche meditative, dello yoga e, importantissimo, del massaggio. Di questo abbiamo parlato con Veronica Fusi, titolare del centro benessere Kilili di Erba in provincia di Como, e Yuri Valbonesi che da sempre ha abbracciato questa antica filosofia indiana. Insieme studiano quale percorso benessere è più adatto alla specifica costituzione della persona e sempre insieme, in sorprendente armonia, eseguono il massaggio. Così inizia Veronica: “Per noi l’inestetismo fisico, tra cui ad esempio la cellulite, il colorito spento, la secchezza della pelle...è sinonimo di squilibrio. Attraverso il massaggio possiamo riportare il corpo alla situazione precedente di benessere ed evitare l’insorgere di altri problemi o la cronicizzazione degli stessi. Chi si rivolge a noi, dopo una consulenza gratuita che ci permette di definire la sua costituzione e le sue esigenze, viene indirizzato verso il trattamento più corretto e assolutamente personalizzato. Questo nasce da un mix tra tecnologia occidentale con l’utilizzo del T-SCAPE (multisistema di radiofrequenza, Vacuum e Laser LLLT) e il massaggio ayurvedico a 4 mani, un vero e proprio trattamento di cura che attiva le endorfine (dette anche ormoni del benessere), migliora il funzionamento degli organi, nutre la pelle, rigenera cellule e tessuti, allevia i dolori articolari e muscolari, stimola la microcircolazione venosa e linfatica. Non esiste un protocollo impostato perché, per noi, rimane in primo piano la persona che è unica”.
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A Yuri abbiamo chiesto di parlarci delle costituzioni delle persone, dei trattamenti e di svelarci qualche buon consiglio per gli over 60. “Vi sono molteplici trattamenti ayurvedici che vengono praticati in base alla costituzione individuale che è, solitamente, un mix delle tre energie Vata, Pitta e Kapha che, a loro volta, sono la combinazione di due dei seguenti elementi: aria, fuoco, acqua, etere. In particolare Vata è composto da etere e aria, Pitta è composto da fuoco e acqua e Kapha da acqua e terra. Questi Dosha accompagnano l’individuo nelle diverse fasi di cambiamento ed invecchiamento, modificandosi gradualmente, hanno qualità ben precise che si riflettono sul fisico; per i vostri lettori over 60 la caratteristica che aumenterà sempre di più è quella Vata. Quando Vata non è in equilibrio vuol dire che c’è un eccesso di Aria, il fisico è snello ma con tessuto molle e pelle secca ed asciutta. Queste persone sono spesso in sovrappensiero e le parole, le azioni sono rapide e vivaci. Faticano a rilassarsi e in tutto il corpo c’è tensione. Il massaggio ideale comprenderà la schiena perché dalla colonna vertebrale partono tutti i nervi del corpo per arrivare alla testa e far “staccare” la mente; l’uso di oli caldi favorisce l’azione calmante, specialmente se accompagnata da movimenti profondi ma gentili per rilassare la muscolatura. Altre raccomandazioni sono di: evitare il freddo, bere tisane e cibi sempre caldi, fare esercizio fisico ma non eccessivo, introdurre alimenti ricchi di minerali”. L’amore è la potenza della libertà. La libertà non può essere che amore, E l’amore non può voler dire che libertà. Con questo intenso messaggio Veronica e Yuri ci salutano perché non esiste bellezza dove manca amore e libertà; con la promessa che la prossima volta ci racconteranno dei Dosha Pitta e Kapha.
MINNIE LUONGO
giornalista scientifica
La ladra della Primavera
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#da
leggere (o rileggere)
Quando si parla di primavera è inevitabile pensare a Botticelli e alla sua celeberrima Primavera, il capolavoro d’arte custodito a Firenze nella Galleria degli Uffizi. Al dipinto s’ispira il libro La ladra della Primavera, uscito nel 2010 a firma di Marina Fiorato, moglie dell’attore e regista inglese Sacha Bennett. Si tratta di un mix di generi: thriller, mystery, fiction storica, poliziesco, ed è il secondo libro della scrittrice. Siamo a Firenze nel 1482 (quest’ultima data corrisponde all’anno in cui presumibilmente Botticelli terminò la sua opera) . L’affascinante e giovane cortigiana Luciana Vetra è furiosa: fare da modella per il grande pittore Sandro Botticelli doveva essere la sua grande occasione, invece lui non soltanto si è rifiutato di pagarla, ma dopo un violento litigio l’ha addirittura cacciata dal suo studio. Per vendicarsi dell’affronto, la giovane ruba uno dei disegni preparatori del dipinto - una grande tavola che avrà come titolo la Primavera - senza immaginare che quel gesto impulsivo e dettato dall’orgoglio le sconvolgerà la vita. Ben presto, infatti, Luciana si accorge di essere diventata l’obiettivo di un gruppo di uomini potenti e senza scrupoli, disposti a tutto - anche a uccidere - pur di recuperare il prezioso disegno. Disperata, la ragazza chiede asilo presso la basilica di Santa Croce e viene accolta da Guido, un novizio che, incantato dalla sua bellezza, decide di aiutarla a fuggire. Consapevoli che soltanto svelando il mistero del quadro avranno salva la vita, i due intraprendono allora un viaggio che li porterà da Napoli a Pisa, da Roma a Venezia, tra nobili e assassini, pericoli e agguati, complotti e tradimenti. E scopriranno che, nell’allegoria della Primavera, si nasconde un messaggio in codice che potrebbe cambiare il futuro dell’Italia. I lettori sono abbastanza concordi nel considerarlo un libro intrigante, scritto con tono ironico e scanzonato (spesso quasi audace), cui si aggiunge l’interessante descrizione del periodo storico delle varie città nelle quali si svolge la trama e una bell’approfondimento dei personaggi. Il consiglio? Una visita agli Uffizi e poi la lettura di questo libro piacevole e pieno di colpi di scena.
NICOLA FORCIGNANÒ
giornalista
Perché siete ancora in Italia?
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Cari lettori che, come me, vi siete ritirati dal lavoro - o vi hanno ritirato - e, ora, a frutto dei tanti versamenti fatti, percepite la vostra meritata pensione, che ci restate a fare in Italia? Sì, è il nostro Paese, lo amiamo, ma non per questo siamo costretti a viverci. Credetemi, se ne può tranquillamente fare a meno. Sono sei anni che vivo dall’altra parte del mondo e sopravvivo benissimo.
#cose dall’altro mondo
Io ho scelto di trasferirmi a Phuket, un’isola della Thailandia dove il modo di vivere, le abitudini e le opportunità sono addirittura diverse da quelle del resto del regno. Un’isola sulla quale c’è tutto quanto - o poco meno- uno possa volere. Ma se provate a sedervi davanti a un mappamondo scoprirete che le mete possono essere davvero tante. Non spetta certo a me suggerirvele. Io non voglio dirvi dove andare, ma perché andare via dall’Italia. Cominciamo dalla soluzione più facile del problema maggiormente sentito da ogni essere umano: avere più soldi in tasca. Quanti? Semplice, la vostra pensione senza le trattenute fiscali che ogni mese fanno sensibilmente “dimagrire” quanto vi è dovuto. Come? L’Italia ha firmato con molti altri Paesi una convenzione per evitare ai cittadini residenti all’estero una doppia imposizione fiscale. In soldoni, perché di questo si tratta, pagate le tasse sulla vostra pensione unicamente dove avete la residenza. Inutile commentare: un bel vantaggio. Specialmente se scegliete una nazione che ha una bassa imposizione fiscale e un costo della vita inferiore all’Italia. In questi mesi s’è parlato molto del Portogallo e delle vantaggiose agevolazioni fiscali per i pensionati che vogliono andare a vivere là. Il Portogallo è a poche ore di volo dall’Italia, una meta che permette, a chi teme di soffrire di nostalgia, frequenti ritorni in Patria. Io ho preferito i Tropici, perché volevo l’estate tutto l’anno. Mi affascinava l’idea dell’eterna vacanza. Per dodici mesi la stessa temperatura: dai 26 ai 39 gradi. Ogni giorno la certezza di godersi mare, spiaggia e piscina. Ogni giorno da vivere con un paio di braghine e una maglietta, i pantaloni lunghi solo per le serate più formali. Credetemi, anche queste sono soddisfazioni. Importante è migliorare la propria situazione economica, ma anche la qualità della vita. Quindi la scelta della destinazione è ovviamente importante non solo per la situazione climatica che si desidera. Concluderò l’argomento nel prossimo numero.
ANTONIO GIUSEPPE MALAFARINA
giornalista
Diversamente abile si dice?
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Stretti nell’indecisione fra l’usare termini che ci intimidiscono, come handicappato o disabile, e il sentimento di dovere rispetto alle persone con disabilità, spesso usiamo la terminologia diversamente abile. Fra i primi a cadere nel tranello sono gli operatori della comunicazione. Il corretto dovrebbe essere semplicemente corretto e non corrotto dal politicamente corretto. Diversamente abile non si dice e lo stesso traghettatore del termine in Italia, il talentuoso giornalista e scrittore Claudio Imprudente, ne ha preso le distanze. In un’intervista che ho avuto il piacere di condurre per il Corriere della Sera on-line e per l’allegato Buone notizie, l’Imprudente afferma: «Oggi considero questa locuzione come una bottiglia vuota. E se hai una bottiglia vuota che fai? O la butti o la riempi». Claudio riempie il concetto di disabilità con il suo modo di fare, sempre d’avanguardia, come d’avanguardia era in Italia quel diversamente abile entrato nel nostro linguaggio con il nuovo millennio e di provenienza anglosassone.
#disabilità
in pillole
In principio, e parliamo degli Stati Uniti dei primi anni ’80, la locuzione serviva a enfatizzare le abilità delle persone disabili, che all’epoca iniziavano a chiamarsi così dopo anni di classificazione di handicappato. Disabili pareva poco enunciativo delle abilità e, dunque, si riteneva andasse rafforzato il concetto di abilità. Abilità che, vista la condizione di disabilità della persona, si intendeva connotare come un po’ diversa. Questo a dire che le persone disabili avevano le loro abilità come tutti, rilevanti ma lievemente diverse da quelle comunemente possedute dagli altri. Il principio era buono, e nasceva dalla volontà di superare in scioltezza il concetto di incapacità affibbiato alle persone con disabilità in quegli anni. Tuttavia, l’esito della locuzione era autolesionista. Troppo forte il richiamo alla diversità. Dopo anni di lotte per cancellare lo stigma della diversità dalle persone disabili, ecco che appariva in bella cornice l’attributo diverso in un’espressione che voleva presentarsi come preminente nel linguaggio comune. Il contrasto era innocente quanto nocivo. La terminologia andò via via sparendo, anche se ancora resiste per l’appeal di cui brilla l’enfatizzazione dell’abilità della persona disabile, e il declino è dipeso proprio dall’eccessivo peso dell’allusione alla diversità e alla mancanza di un netto riferimento alla persona, come avviene nella locuzione persona con disabilità. Quando il modo di dire arrivò in Italia all’estero era in agonia avanzata: basta dare un’occhiata al corrispettivo inglese differently-abled sul dizionario Oxford. Ma ci piaceva smisuratamente, noi un passo indietro sulla cultura della disabilità rispetto a Stati Uniti e Nord Europa. Ci lasciammo abbacinare da quella abilità enfatizzata, seppur diversa. Il dibattito si accese ma non sempre il sapere ha la meglio sul dire. E così ci troviamo oggi a sventolare un termine trapassato che solo la nostra ignoranza e la nostra fissazione con il politicamente corretto si ostinano a tenere in vita. Diversamente abile non si dice. È un insulto al buonsenso e una profanazione del sacrario dei caduti della lotta per eliminare l’etichetta della diversità dalle persone disabili.
DALLA REDAZIONE Fonte: Di Lei
L’esercizio fisico ad una certa età dà spinta cerebrale. Ma più agli uomini
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#in
forma
Finora era risaputo che l’attività fisica fa bene, a qualsiasi età, sia alle donne che agli uomini. Ciò che invece non era noto è che agli Over60 l’esercizio fisico regala una vera e propria spinta a livello cerebrale maggiormente agli uomini, senz’altro di più rispetto alle donne. Arriva a questo bizzarro risultato una ricerca della York University e della McGill University, pubblicata sull’autorevole “Journal of Applied Physiology”. Per lo studio sono stati analizzati un gruppo di uomini e uno di donne - complessivamente 49 persone - con un’età media di 67 anni. I volontari hanno riferito quale fosse il loro tipico livello di attività fisica quotidiana. Il team di studiosi ha preso nota di più fattori: l’altezza, il peso, l’età, il sesso e la frequenza cardiaca a riposo dei partecipanti per determinare la loro idoneità cardiorespiratoria. Inoltre, sono stati eseguiti anche test di imaging cerebrali per registrare la funzione dei nervi, sia all’interno di specifiche reti cerebrali (efficienza locale), sia tra tutte le reti (efficienza globale). E’ emerso che gli uomini raggiungono livelli di fitness cardiorespiratorio più alti rispetto alle donne. Queste ultime mostravano una maggiore efficienza della rete locale e una minore funzionalità della rete globale: il loro modello di connettività cerebrale, pertanto, risultava complessivamente più robusto, ma facendo riferimento ai livelli di allenamento, questi risultavano più associati a un miglioramento dell’efficienza cerebrale negli uomini. “I nostri risultati - concludono i ricercatori - sottolineano l’importanza di considerare il sesso come un fattore di cui tenere conto nello studio delle associazioni tra esercizio e salute del cervello nell’età adulta”.
FRANCESCA FADALTI
Omelette dolce con frutti di bosco e menta
#intervista
con ricetta
Trasferirsi per amore in Olanda, imparare una nuova lingua e inventarsi una professione per poi diventare la più simpatica insegnante d’italiano per olandesi over 60. A questo si aggiungono una splendida figlia, un folle cane e la passione per la cucina. Se si mescolano sapientemente tutti gli ingredienti si scopre come Federica ha conquistato il cuore dei suoi affezionati alunni e di tutti quelli che hanno potuto conoscere ed apprezzare la sua cucina. “Le passeggiate con il mio cane Matti, diminutivo di Matisse pittore che amo, sono una costante della mia giornata. Prima uscivo con mia figlia Cecilia che, ormai adolescente, preferisce gli amici e mi lascia in compagnia del peloso a quattro zampe. Uscire sempre anche in caso di bufera, pioggia torrenziale e, anche se rare, giornate con solleone è fondamentale per gli olandesi, meglio se hai una bicicletta o un animale al seguito. Da milanese non è stato facile imparare ad apprezzare tutto questo sano contatto con la natura e capire che l’uso dell’ombrello è “vietato” come l’usanza di farsi fare la piega dal parrucchiere perché totalmente inutile dato le raffiche di vento che livellano costantemente e meticolosamente ancora di più questa terra piatta. Il paesaggio, vicino alla mia casa, è scandito da laghetti, boschi e fattorie con mucche, pecore e tantissimi volatili. Con l’arrivo della primavera i prati si riempiono di fiori e colori, l’aria diventa meno pungente e più profumata e io inizio a progettare come rendere più dolci le lezioni ai miei corsisti. Non è facile imparare l’italiano ma la passione che nutrono i miei alunni per la nostra terra, la cultura e il buon cibo li sprona a superare qualsiasi difficoltà. Con loro ho organizzato anche vacanze studio in Italia tra città d’arte, shopping per scoprire la moda e il design che ci rendono famosi in tutto il mondo e tour in cui il senso del gusto veniva pienamente soddisfatto. Questa sera preparerò per loro una torta semplicissima ma altrettanto gustosa: una frittata dolce, ricordo delle merende che mi preparava mia mamma.” Noi ringraziamo Federica per averci regalato la sua ricetta e speriamo di poter organizzare al più presto un viaggio verso i Paesi Bassi per assaggiare la sua torta che, ad oggi, abbiamo potuto gustare solo con la vista.
Ricetta/ Recipe di Federica Fadalti All Photos: Š Federica Fadalti www.instagram.com/federicafadalti/
Ingredienti: per due persone 350gr di frutti di bosco misti 4 uova 1 lime 25gr di zucchero 50gr di zucchero di canna bianco zucchero a velo foglie di menta Preparazione Scaldare il forno a 200 gradi. Dividere le uova e mettere 3 tuorli in una grande terrina (il quarto non si usa). Montare a neve compatta tutti gli albumi aggiungendo lo zucchero bianco di canna. Aggiungere ai tuorli la buccia grattugiata del lime e i 25 grammi di zucchero, con un mixer amalgamare gli ingredienti. Unire delicatamente gli albumi montati usando una spatola. Imburrare una teglia e spolverare con un poยน dello zucchero a velo. Distribuire il composto in modo uniforme e spolverare con altro zucchero a velo. Infornare per 15 minuti. Decorare con i frutti di bosco e le foglie di menta fresca.
MINNIE LUONGO
giornalista scientifica
A NYC il museo per non dimenticare 11:29:13 AM “Sono a posto. Ho visto tutto. Ero sul tetto che guardavo le fiamme del primo schianto quando ho visto il secondo aeroplano entrar nella seconda torre. Incredibile, davvero... Ero dentro quando sono caduti. Ancora nel mio appartamento, nessun posto dove andare... Questa è la fine del mondo come lo conosciamo...”
#”in
movimento”
I più si mettono le mani davanti alla bocca, forse per impedire di urlare davanti ad un evento inimmaginabile fino a quel momento; altri si prendono la testa fra le mani. “Oh my God”, invece, è l’espressione di incredulità assoluta maggiormente pronunciata da chi, quell’11 settembre 2001, assiste alla tragedia. Sono i particolari che mi hanno subito colpito osservando le foto e i filmati all’interno del National September 11 Memorial. Una delle frasi che poteva sembrarmi retorica fino ad oggi - Dopo l’11 settembre 2001 il mondo non è stato più lo stesso - entrando qui diventa invece dannatamente autentica, come riporta il commento di chi fu testimone della tragedia: “Questa è la fine del mondo come lo conosciamo”. Il primo posto in cui sono voluta andare, nella mia settimana a New York, è stato questo: all’inizio del 2008 mi aveva accompagnato Liset nel luogo diventato drammaticamente famoso come Ground Zero, l’area nella parte meridionale di Manhattan sulla quale sorgevano gli edifici WTC1 e WTC2, ovvero le Torri Gemelle. Undici anni fa c’era un unico steccato attraverso cui avevo sbirciato per vedere l’enorme buco all’interno. Ora è tutt’altro. A 10 anni esatti dagli attentati, l’11 settembre 2011 è stato aperto un Centro per la memoria delle vittime, mentre il Museo vicino ha aperto i battenti nel 2014. La mia amica americana ci è stata una volta sola dalla ricostruzione: dice che si avverte aria di morte, e non intende tornarci, e come lei molti cittadini di NY. La mia sensazione (ma è il punto di vista di una semplice turista) è stata l’opposto. Ho visto la rinascita, il desiderio di tornare a vivere senza per questo dimenticare. Anzi. Un’altra cosa che mi ha positivamente colpito è la sobrietà con cui il Memorial si presenta. Tutt’altro che un’americanata, vien da dire, ma una visita che si consiglia di fare in punta di piedi, con rispetto e silenzio.
Il Museo è un luogo commemorativo sotterraneo dove trovano posto alcuni dei reperti recuperati subito dopo gli attacchi, e pezzi di acciaio che formavano le Torri Gemelle, come l’ultimo pezzo di acciaio che ha lasciato Ground Zero nel maggio del 2002 . Nel luglio 2008, la cosiddetta “Scala dei sopravvissuti”, composta dalla struttura originaria che permise a molti di salvarsi dalle conseguenze dell’attentato, fu il primo manufatto a essere spostato nel museo ed alla fine dell’agosto seguente la costruzione delle fondamenta era terminata. Il 2 settembre gli operai innalzarono la prima colonna del memoriale, pesante 7700 chili, presso l’angolo destro dell’impronta della Torre Nord. In tutto, saranno 9.100 le tonnellate di acciaio installate presso il sito del monumento. Uscire all’aperto dopo la visita, complice forse il sole inaspettato di quella mattina, ha rappresentato per me la vera sorpresa. Infatti, il fulcro del 9/11 Memorial è costituito da due enormi piscine artificiali a pianta quadrata, le “Reflecting Pools”, ricavate da quelle che una volta erano le fondamenta delle Twin Towers, ed attorno alle quali sono stati piantati oltre 400 alberi di quercia che rendono questa enorme piazza una delle più ecologiche mai costruite al mondo.
I nomi delle 2.983 vittime sono iscritti su 76 placche di bronzo attaccati che formano i bordi delle piscine del Memorial. Sono compresi i nomi delle 2.977 vittime degli attacchi dell’11 settembre a New York, Arlington (Virginia) e Shanksville (Pennsylvania), così come i nomi delle sei vittime che sono state uccise nell’attentato del 1993 al World Trade Center. I nomi sono stati disposti secondo un processo e un algoritmo che è stato usato per creare una “relazione” proprio tra loro. Ad esempio, i nomi delle vittime che si trovavano nella Torre Nord (WTC 1), dei passeggeri e dell’equipaggio del volo American Airlines 11 (che ha colpito la Torre Nord) si trovano attorno al perimetro della North Pool. I nomi delle vittime che si trovavano nella Torre Sud (WTC 2), dei passeggeri e dell’equipaggio del volo United Airlines 175 (che ha colpito la Torre Sud) si trovano attorno al perimetro della South Pool. Qui si trovano anche i nomi delle vittime che si trovavano nelle immediate vicinanze delle Torri Gemelle, dei primi soccorritori che morirono durante le operazioni di salvataggio, dei passeggeri e dell’equipaggio del volo United Airlines 93 (che si schiantò vicino a Shanksville, Pennsylvania), del volo American Airlines 77 (che ha colpito il Pentagono), delle vittime che erano al Pentagono, e delle vittime dell’attentato dinamitardo del 1993 al World Trade Center. Da ultimo ma certo non per ultimo sorprende il “survivor tree”, l’albero (un pero) diventato un simbolo nel simbolo. Aveva alcune radici strappate, il suo tronco era annerito dalle fiamme, dal fumo, dalla polvere e dal cemento del World Trade Center. Era rimasto per quasi un mese senza vedere la luce del sole, respirando l’aria avvelenata che per mesi dopo l’attentato era ristagnata nella punta Sud di Manhattan. Però era vivo. Ed è sopravvissuto: allora alto poco più di 2 metri, è stato portato nel Parks Department della città di New York, curato per anni e il 23 dicembre del 2010 è tornato a Ground Zero, per essere trapiantato nella terra di New York come un simbolo e sfidare di nuovo il cielo l’11 settembre 2011. Ora è alto più di 9 metri ed è secondo me il simbolo più forte della rinascita e della vita in quest’area di Manhattan. A questo punto, sono pronta ora ad avviarmi con animo più lieve a visitare per l’ennesima volta la vicina Statua della Libertà.
FRANCESCA FADALTI
Familiarmente Noi Onlus “un posto sicuro” contro la violenza
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#volontariato
& associazioni
In Italia ci sono servizi di sportello d’informazione specializzati nei bisogni familiari sullo stile di quello che esiste, da parecchi anni, in Francia, nei paesi scandinavi, in Canada... questi sono “agenzie della famiglia”: un luogo fisico dove si possa accedere esplicitando il proprio disagio che viene indirizzato verso le figure professionali che risultano più corrette. A questo proposito abbiamo incontrato la Dott. Ilia Benedetti presidente di Familiarmente Noi Onlus, un’associazione che nasce dalla volontà di un gruppo ristretto di soci fondatori esperti del lavoro di costruzione di una cultura della mediazione familiare che opera nel Comasco con uno sportello d’ascolto, in Albavilla, chiamato il Posto Sicuro. “La nostra associazione nasce nel 2010 e considera la famiglia il capitale sociale primario che accompagna tutta la fase della vita di una persona dalla nascita alla crescita, all’educazione, all’autonomia fino alla responsabilità. Crediamo tutti fortemente nei valori che esistono nei rapporti tra le persone e nelle relazioni che stanno alla base dei legami interpersonali. Un ruolo fondamentale è dato alla figura della donna in qualità di collante, perché è quella che genera, è colei che tiene insieme le varie generazioni e la stirpe di appartenenza. Infatti all’interno di una famiglia si ha l’incontro tra stirpi, mondi di legami generativi completamente diversi da cui si può generare benessere ma, anche, profondo malessere e disagio”. Così Ilia inizia a raccontarci chi sono e i progetti che Familiarmente Noi Onlus, negli anni, ha sempre più implementato. “Il Posto Sicuro è un luogo d’accoglienza e presa in carico dei bisogni delle persone dalla nascita di un bambino alla difficoltà di situazioni disgreganti familiari. Con le nostre competenze che partono dal consulente familiare, al mediatore, all’avvocato, al counselor, al pedagogista riusciamo a dare delle risposte positive che consentono, altresì, un discorso di fidelizzazione della famiglia e favorisco quella che è la vera e propria mission dell’associazione: la trasformazione da fruitori di un servizio ad interpreti protagonisti di un cambiamento sociale delle persone che vengono a contatto con noi.
Sempre più si sente la necessità di porre l’attenzione su quello che è il sistema educativo che coinvolge non solo i figli e i rapporti con le agenzie educative primarie quali la scuola e le associazioni sportive ma anche una messa in gioco di quella che è la pedagogia famigliare, il ruolo, i compiti e le competenze che ha un genitore. Così abbiamo fatto nascere la Scuola per Genitori. Dove mettiamo a disposizione della genitorialità, dagli zero ai 18 anni, dei percorsi di arricchimento e sostegno. Solitamente sono 9 incontri condotti da un facilitatore affiancato da un esperto che prendono in carico una classe di genitori definita sull’appartenenza dell’età dei figli e dove le tematiche svolte sono legate alle fasi di sviluppo di questi. La circolarità dell’emergere delle competenze, dei bisogni e delle risorse di tutti i partecipanti è la caratteristica distintiva di come operiamo. Alla Scuola per Genitori sono assegnati compiti che noi diamo e che devono assere svolti da una lezione con l’altra; questo è un elemento molto importante perché pone in gioco fortemente le persone e il proprio ruolo di genitore, alimentando le capacità reattive e rigenerative dei singoli sulle tematiche che si affrontano. Il percorso si chiude con uno strumento che noi reputiamo utilissimo, il “Regoliamoci”: un vero e proprio lavoro fatto con la partecipazione attiva di tutti i membri della famiglia per dotarsi di regole comportamentali. La capacità di essere rispettosi di queste regole che vengono assegnate ai vari membri favorisce la sinergia, l’incontro, l’empatia e la crescita sia dei figli che dei genitori”.
Un’altra domanda che vogliamo rivolgere è legata alla centralità della donna e al fenomeno della violenza di genere e quali nuovi progetti ha l’associazione. “Qui la mamma gioca, come già detto, un ruolo fondamentale perché un bambino che assorbe violenza comportamentale e verbale da parte dei genitori sarà, più facilmente, una persona adulta che metterà sempre più frequentemente in atto dei comportamenti violenti. Alla donna spetta un ruolo molto difficile tra cui quello di essere vittima inconsapevole di un sistema di violenza da parte del proprio partner o essere portatrice di un’educazione violenta che si trasmette alle nuove generazioni. Per far fronte a ciò abbiamo pensato d’intervenire con uno strumento tecnologico e creare una applicazione APP totalmente gratuita che si chiama V.I.T.A. acronimo di Violenza, Informazione, Tutela ed Aiuto. Perché questo? Negli anni abbiamo sperimentato un grande bisogno d’aiuto, una scarsa conoscenza dei passaggi e degli aspetti del subire una violenza, la non informazione della disposizione di legge (testi legislativi) e dell’assistenza legale che viene gratuitamente messa a disposizione a favore di chi impatta in una situazione di violenza. È un’applicazione molto completa dove da una parte abbiamo l’informazione dove vengono raccolti dati statistici, elenchi di cognizione di quelli che sono i centri contro la violenza, numeri telefonici d’emergenza. Dove troviamo il Test, strumento estremamente importante, per conoscere se siamo o no oggetto di violenza.
Questo identifica che la nostra App V.I.T.A. va nella direzione dell’informazione per la prevenzione della violenza perché è fondamentale costruire una comunità cosciente del benessere e dei propri diritti all’interno della quale tutti possano essere tutelati. Se si lavora solo sull’emergenza non si arriva mai a risultati ottimali, ci sono costi sociali elevatissimi e troppe azioni dispersive in cui non si riesce ad essere in sintonia con i vari passaggi del bisogno. Come amo dire noi vogliamo lavorare applicando una multidisciplinarietà che non lasci buchi neri nelle maglie della collaborazione”. Dall’altra parte una delle caratteristiche che abbiamo voluto inserire nell’App è, anche, la geo-localizzazione della persona e la costruzione di un gruppo di Amici che possono venire allertati e che ti “seguono” quanto tu hai veramente un’emergenza per un intervento che sia esterno alla tua diretta competenza fisica e psicologica nell’affrontare il problema. A questo si aggiunge la costruzione di un proprio Diario personale che ti consente di raccogliere tutte le situazioni particolari e fare una cronistoria di tutti quegli eventi, apparentemente irrilevanti, ma che poi possono diventare utilissimi in un prosieguo di denuncia in ambito penale o di ricostruzione di un percorso giudiziale. Noi possiamo fare i nostri migliori auguri alla Dott.sa Ilia Benedetti e alla sua associazione per la riuscita di questo nuovo progetto App V.I.T.A. che si pone come strumento di supporto per debellare e sconfiggere la patologia della violenza. Ulteriori informazioni e la possibilità di sostenere economicamente questa iniziativa sono rintracciabili qui: familiarmentenoi.it INFO: familiarmentenoi@gmail.com https://www.facebook.com/Insiemesipuoerba/
LE VIDEO INTERVISTE DI MINNIE
giornalista scientifica
Valerio Ceppetelli Caprini Avvocato fino al 2010 quando, a 80 anni, torna alla sua grande passione l’arte - e ne fa la sua attuale professione. Da allora sono passati 9 anni e Valerio Ceppetelli Caprini, ormai indiscusso maestro dell’astratto geometrico, ci presenta la sua prossima mostra. Noi ci saremo e vi invitiamo a visitarla dall’ 1 al 15 aprile Milano in Via Canonica 38 presso Art Studio38
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personaggio
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CINZIA BOSCHIERO
giornalista scientifica
Golf : uno sport senza eta’
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ultime
Nuove regole per il Golf che è uno sport per tutte le età. E’ utile per il cuore e per l’apparato cardiovascolare in generale. Mantiene allenate le articolazioni e le ossa, agisce positivamente sul cervello e assicura il benessere della mente. Previene la depressione e la demenza ed inoltre migliora l’equilibrio, la coordinazione, la resistenza, la mobilità delle articolazioni ed il tono muscolare. Aiuta a dimagrire ed è un ottimo modo per mantenersi in forma. Il golf è consigliato a tutti, dai bambini agli anziani, addirittura può fungere da vera e propria “terapia di recupero” per chi è reduce da infarto o da altre patologie cardiache e per chi ha subito interventi chirurgici cardiovascolari. Per prevenire gli infortuni, oltre a padroneggiare la giusta tecnica, è consigliabile eseguire un corretto stretching prima di ogni gara o sessione di allenamento. Sull’etimologia della parola Golf non ci sono certezze; alcuni dicono che derivi dalla parola scozzese goulf che significa “colpire o schiaffeggiare”, altri dall’olandese kolf, che significa “mazza”. Altri ancora con ironia ipotizzano che derivi dall’acronimo “Gentlemen Only Ladies Forbidden”, ovvero “Solo per Gentiluomini, Vietato alle Donne”; falsa etimologia che però fa riferimento al fatto che davvero la pratica golfistica è stata per molti anni una attività preclusa al sesso femminile, ad esempio solo nel 2014 lo storico Royal and Ancient Club di Saint Andrews ha aperto le porte della membership alle giocatrici, che da allora possono diventare socie a tutti gli effetti, precluso al sesso femminile per oltre 260 anni. E nel 1893 sono nate la Ladies Golf Union, tra giocatrici dilettanti provenienti da Irlanda e Gran Bretagna, sia il primo Ladies’ British Amateur Championship disputato presso il Royal Lytham & St. Anne’s. Le nuove regole ribadiscono l’etica di questo sport ad esempio reg. 1 “Ci si aspetta da tutti i giocatori che giochino nello spirito del golf ovvero agendo con integrità, dimostrando considerazione per gli altri, avendo bona cura del campo”.
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Si tratta di uno sport conosciuto a livello internazionale sulla cui nascita e storia vi sono diverse ipotesi ancora aperte quali il fatto che ai tempi dell’impero romano ci fosse un simile gioco della paganica, nel quale si utilizzavano bastone e palla di cuoio imbottita di piume. Un’attività ludica che i legionari, secondo alcune ipotesi, avrebbero trasmesso nei primi anni d.C. ai celti delle Highlands, fino a contribuire allo sviluppo del golf moderno in Scozia. Simile alla paganica il jeu de mail era praticato in Francia con mazza e palla di legno. Altri studi della Lanzhou University affermano che un gioco simile al golf fosse già presente anche in Cina, fin dalla Dinastia Tang Meridionale. La verità è che fa bene, a tutte le età se praticato con equilibrio ed adeguata preparazione fisica. Consente di camminare nel verde, aiuta lo sviluppo della capacità di concentrazione. Ora dal 2019 ci sono delle nuove regole e per saperne di più si possono consultare al link www.federgolf.it/settore-tecnico/regole-del-golf. E’ in continua evoluzione grazie anche alle novità dei materiali e delle tecnologie e proprio per questo sono state aggiornate non solo le regole, ma anche le decisioni sulle regole del golf, le decisioni sulle regole per lo status del dilettante, le regole per golfisti disabili, la guida sulle regole per i bastoni e le palle. Altra regola n.4 recita “Non si possono utilizzare dispositivi che misurano variazioni di altura o che diano la linea di gioco o aiutino nella scelta del bastone”. Reg. 4.a “Non si possono utilizzare dispositivi che misurino la velocità del vento sul campo”. Il vento è cambiato anche per le donne nel Golf, basti pensare che nel 1950 si è costituita la Ladies Pga of America, formata dalle giocatrici professioniste statunitensi ed emblema dell’affermazione femminile nel panorama sportivo golfistico. In Europa il golf femminile professionistico si è affermato invece solo verso la fine degli anni ’70 ed è in Gran Bretagna che si è formata la prima organizzazione di giocatrici “pro” per arrivare solo nel 2000 alla versione europea di un vero e proprio circuito di gare chiamato “Ladies European Tour”. C’è ancora un notevole divario tra il golf maschile e quello femminile anche per i montepremi. Tuttavia si stanno facendo passi avanti: la campionessa Lydia Ko,neozelandese di origine coreana, diventata la numero uno al mondo all’età di soli 17 anni e nove mesi già nel 2015 aveva guadagnato oltre 2.8 milioni di dollari, rispetto ai 350mila dollari della miglior giocatrice europea. C’è ancora molto da fare comunque anche nel Golf perché diventi “Gioco Open utile alla Leadership al Femminile” ovvero veramente paritetico.
Tiflosystem E’ arrivato il 2019 e abbiamo due DATE IMPORTANTI dove trovarci!
Per saperne di più, ci trovate sul sito www.tiflosystem.it al numero 049/9366933 via mail all’indirizzo: tiflosystem@tiflosystem.it
Dal 1987 per la qualità della Vita e l’Autonomia delle Persone disabili
Sabato 23 marzo - CORMONS (UD ) presso Osteria della Subida di Cormons Gorizia, presentazione delle tecnologie innovative per le persone cieche e ipovedenti dopo i Saloni della Florida e della California. Tiflosystem vi invita in una location unica per non perdere un’occasione di conoscenza e per passare qualche momento a tavola coccolati da una delle migliori cucine d’Italia. Per il pranzo al prezzo strepitoso di euro 20,00, grazie al contributo di Tiflosystem, è richiesta la prenotazione entro mercoledì 20 marzo. Per iscriversi all’evento: chiamare il numero 049.9366933 o inviare email a: tiflosystem@tiflosystem.it
Sabato 13 aprile - BAGNOLI (NA)
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