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Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano: n° 258 del 17/10/2018
# I NOSTRI TEMI
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co m #scienza #sessualità #salute #bellezza #da leggere (o rileggere) #da vedere/ascoltare #”amo gli animali” #disabilità in pillole #in forma #intervista con ricetta #stile over #”in movimento” #volontariato & associazioni #”di tutto e niente” #lavori in corso #il personaggio #le ultime #glamour
AT THE DESK
DIRETTORE RESPONSABILE Minnie Luongo DIRETTORE ARTISTICO Francesca Fadalti LA NOSTRA PREZIOSA REDAZIONE Marco Rossi Alessandro Littara Antonino Di Pietro Mauro Cervia Andrea Tomasini Enzo Primerano Antonio Giuseppe Malafarina Paola Emilia Cicerone Maria Teresa Ruta Francesca Fadalti Michela Romano DISEGNATORI Attilio Ortolani Margherita Mottana Fotografia di copertina Liceo Ginnasio Cesare Beccaria di Milano anno ‘69/’70 Contact Us: https://generazioneover60.com/ generazioneover60@gmail.com https://issuu.com/generazioneover60 https://www.facebook.com/generazioneover60
MINNIE LUONGO
direttore responsabile e giornalista scientifica Classe 1951, laureata in Lettere moderne e giornalista scientifica, mi sono sempre occupata di medicina e salute preferibilmente coniugate col mondo del sociale. Collaboratrice ininterrotta del Corriere della Sera dal 1986 fino al 2016, ho introdotto sulle pagine del Corsera il Terzo settore, facendo conoscere le principali Associazioni di pazienti. Photo Chiara Svilpo
Ho pubblicato più libri: il primo- “Pronto Help! Le pagine gialle della salute”- nel 1996 (FrancoAngeli ed.) con la prefazione di Rita Levi Montalcini e Fernando Aiuti. A questo ne sono seguiti diversi come coautrice tra cui “Vivere con il glaucoma”; “Sesso Sos, per amare informati”; “Intervista col disabile” (presentazione di Candido Cannavò e illustrazioni di Emilio Giannelli). Autrice e conduttrice su RadioUno di un programma incentrato sul non profit a 360 gradi e titolare per 12 anni su Rtl.102.5 di “Spazio Volontariato”, sono stata Segretario generale di Unamsi (Unione Nazionale Medico-Scientifica di Informazione) e Direttore responsabile testata e sito “Buone Notizie”. Fondatore e presidente di Creeds, Comunicatori Redattori ed Esperti del Sociale, dal 2018 sono direttore del magazine online Generazioneover60. Quanto sopra dal punto di vista professionale. Personalmente, porto il nome della Fanciulla del West di Puccini (opera lirica incredibilmente a lieto fine), ma non mi spiace mi si associ alla storica fidanzata di Topolino, perché come Walt Disney penso “se puoi sognarlo puoi farlo”. Nel prossimo detesto la tirchieria in tutte le forme, la malafede e l’arroganza, mentre non potrei mai fare a meno di contornarmi di persone ironiche e autoironiche. Sono permalosa, umorale e cocciuta, ma anche leale e splendidamente composita. Da sempre e per sempre al primo posto pongo l’amicizia; amo i cani, il mare, il cinema, i libri, le serie Tv, i Beatles e tutto ciò che fa palpitare. E ridere. Anche e soprattutto a 60 anni suonati.
GENERAZIONE F
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di Minnie Luongo
Il vero Capodanno? E’ a settembre
Dalle 9.50 di ieri in Italia è ufficialmente autunno. Meteorologicamente parlando, significa che da quel preciso momento la linea d’ombra, che divide la zona della Terra illuminata dal Sole da quella in cui è notte, ha tagliato contemporaneamente i due Poli. Per ognuno di noi invece (chi più chi meno) oggi è il vero Capodanno. Tornati dalle vacanze, si fanno nuovi progetti: iscriversi in palestra, dedicarsi ad un hobby che ci intriga da tempo, anche solo mettere ordine in quel mucchio di documenti che si sono accumulati … Se ci pensiamo, più delle altre stagioni proprio l’autunno ha ispirato riflessioni, poesie, canzoni. Il motivo è forse molto semplice: ci ritroviamo nel periodo dell’anno che porta con sé una sorta di raccoglimento e di inevitabili bilanci. Anche e soprattutto per noi Over 60. Inutile barare con noi stessi: l’autunno può essere paragonato alla terza stagione della vita. Cantava genialmente il trentaduenne Francesco Guccini nel 1972 in Canzone dei 12 mesi: “Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull’età, dopo l’estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità … Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità …”.
Dicevamo che questa stagione è la protagonista di tante composizioni. A cominciare da una delle più note e brevi poesie mai scritte in tutto il mondo, Soldati del nostro immenso Giuseppe Ungaretti: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Ma l’autunno non è e non deve essere solo malinconia, ci ricorda un altro grande come Albert Camus: “L’autunno è una seconda primavera, quando ogni foglia è un fiore”. E non si può non citare l’inizio famosissimo di una composizione scritta a cavallo tra la fine Ottocento e l’inizio del Novecento: I pastori di Gabriele D’Annunzio. “Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare”. E anche i nostri pensieri sembrano migrare come non mai - verso il passato ma anche il futuro - nella malinconica era settembrina, e poi ancora nei mesi successivi, almeno fino a quando non si viene risucchiati dalla frenesia del clima natalizio. Il giornalista Romano Battaglia metteva in guardia: “L’autunno della vita arriva in anticipo, se non sappiamo conservare le forze e l’entusiasmo per gli anni che verranno”.
E proprio al collega Romano è legata la grande manifestazione culturale “La Versiliana”, che si svolge nella pineta dove visse Gabriele D’annunzio, il Vate di cui abbiamo appena scritto. Quel poeta che, assieme a tanti altri, noi della Generazione F studiavamo a memoria, e neanche malvolentieri. E’ pur vero che chi scrive, in copertina nella foto dell’ultimo anno di liceo assieme ai compagni della 3a F (a proposito, questa lettera dell’alfabeto sembra rincorrermi piacevolmente), aveva cominciato a fiutare l’aria del ’68 con il no al nozionismo (ma di quello inutile, fondato sull’accumulo indiscriminato di nozioni): prova ne è nel rifiuto di indossare il grembiule nero (ripiegato sotto il banco) da parte delle più audaci o di chi, più pavidamente come la sottoscritta, lo portava slacciato sul vestito, pronta a rindossarlo ben allacciato al primo richiamo di qualche insegnante. Ora sembrano inezie, ma in quel 1970 rappresentavano delle vere sfide, prime “conquiste” di chi come me e la casse 1951 & dintorni si apprestava, dopo qualche mese, a sostenere l’esame di maturità. E quindi a buttarsi nella vita. Era tempo di studiare e di applicarsi. Proprio come ora, in cui le scuole hanno appena riaperto i battenti. E pertanto, da tutta la redazione, ça va sans dire, auguri a tutti gli studenti!
AT THE DESK
DOTTOR MARCO ROSSI sessuologo e psichiatra
è presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale e responsabile della Sezione di Sessuologia della S.I.M.P. Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e come esperto di sessuologia a numerosi programmi radiofonici. Per la carta stampata collabora a varie riviste.
DOTTOR ALESSANDRO LITTARA andrologo e chirurgo
è un’autorità nella chirurgia estetica genitale maschile grazie al suo lavoro pionieristico nella falloplastica, una tecnica che ha praticato fin dagli anni ‘90 e che ha continuamente modificato, migliorato e perfezionato durante la sua esperienza personale di migliaia di casi provenienti da tutto il mondo.
PROFESSOR ANTONINO DI PIETRO dermatologo plastico
presidente Fondatore dell’I.S.P.L.A.D. (International Society of Plastic - Regenerative and Oncologic Dermatology), Fondatore e Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis, è anche direttore editoriale della rivista Journal of Plastic and Pathology Dermatology e direttore scientifico del mensile “Ok Salute e Benessere” e del sito www.ok-salute.it, nonché Professore a contratto in Dermatologia Plastica all’Università di Pavia (Facoltà di Medicina e Chirurgia).
DOTTOR MAURO CERVIA medico veterinario
è sicuramente il più conosciuto tra i medici veterinari italiani, autore di manuali di successo. Ha cominciato la professione sulle orme di suo padre e, diventato veterinario, ha “imparato a conoscere e ad amare gli animali e, soprattutto, ad amare di curare gli animali”. E’ fondatore e presidente della Onlus Amoglianimali, per aiutare quelli più sfortunati ospiti di canili e per sterilizzare gratis i randagi dove ce n’è più bisogno.
ANDREA TOMASINI
giornalista scientifico giornalista scientifico, dopo aver girovagato per il mondo inseguendo storie di virus e di persone, oscilla tra Roma e Spoleto, collaborando con quelle biblioteche e quei musei che gli permettono di realizzare qualche sogno. Lettore quasi onnivoro, sommelier, ama cucinare. Colleziona corrispondenze- carteggi che nel corso del tempo realizzano un dialogo a distanza, diluendo nella Storia le storie, in quanto “è molto curioso degli altri”.
ENZO PRIMERANO medico rianimatore
over 60 del 1958. Rianimatore in cardiochirurgia, Anestesista e Terapista del dolore, è amministratore del portale di divulgazione www.dolorecronico. org. Si occupa di bioetica e comunicazione nelle cure intensive. Appassionato di musica, satira, costume e sport motoristici. Il suo motto è “Il cuore è il motore e la mente il suo fedele servitore”.
ANTONIO GIUSEPPE MALAFARINA giornalista
nato a Milano nel 1970,giornalista e blogger. Si occupa dei temi della disabilità, anche partecipando a differenti progetti a favore delle persone disabili. Presidente onorario della fondazione Mantovani Castorina. Coltiva l’hobby dello scrivere in versi, raccolti nella sua pubblicazione “POESIA”.
PAOLA EMILIA CICERONE giornalista scientifica
classe 1957, medico mancato per pigrizia e giornalista per curiosità, ha scoperto che adora ascoltare e raccontare storie. Nel tempo libero, quando non guarda serie mediche su una vecchia televisione a tubo catodico, pratica Tai Chi Chuan e meditazione. Per Generazione Over 60, ha scelto di collezionare ricordi e riflessioni in Stile Over.
FRANCESCA FADALTI direttore creativo
laurea in Architettura, mentre passa da cantieri e negozi a cui ha dato il suo inconfondibile stile, si evolve nell’editoria con Millionaire, la Guida Io e il mio bambino e molteplici interventi di design di pubblicazioni tra cui ultima nata Style Glamping e, finalmente, Generazione Over 60!
MICHELA ROMANO
nata a Como nel 73, una laurea in Comunicazione e poi via verso il mondo. Esteta di natura, con una grande attrazione verso il bello in tutte le forme. Ama costruire relazioni d’affetto, d’affari, di cuore e di stile. Osservatrice ossessiva ed un po’ Sibilla nel leggere le tendenze ed interpretarle. Il colore viola e’ la sua passione.
ATTILIO ORTOLANI Disegnatore
storico disegnatore di Corriere Salute/Corriere della Sera. Più precisamente Artista.
MONICA SANSONE video maker
operatrice di ripresa e montatrice video, specializzata nel settore medico scientifico e molto attiva in ambito sociale.
C O N T E N U T I
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IL FUTURO È SEMPRE PIÙ OVER 60 Enzo Primerano #Salute
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UN’OCCASIONE PER GLI OVER PER SPERIMENTARE LO SHIATSU Dalla Redazione #In forma
CAROSELLO Paola Emilia Cicerone
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#Stile Over
SCEMO SI DICE? Antonio Giuseppe Malafarina
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#Disabilità in pillole
INCONTRO CON UN ENOLOGO NOVANTENNE Michela Romano #Il Personaggio
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SALSICCIA CON UVA COME SCRIVEVA ARTUSI Francesca Fadalti #Intervista con ricetta
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IL TESTAMENTO SOLIDALE CBM #Volontariato & Associazioni
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IL SOGNO DI FRANCESCO VIVE NEL LAVORO DEL DOTTOR AMANUEL CBM #Volontariato & Associazioni
CBM ITALIA ONLUS
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#Volontariato & Associazioni
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BUONE NEWS SUL TRATTAMENTO DELLA LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA #Volontariato & Associazioni 54 Dalla Redazione VALENTINO VALENTINI #Salute PRESIDENTE AIOCC Le video interviste di Minnie FERMIAMO LA CECITÀ CBM
#Volontariato & Associazioni
ENZO PRIMERANO
Medico Rianimatore
Il futuro e’ sempre piu’ over 60
Meco, 69 anni - surfista
#salute
Ormai da più parti emerge un dato: il futuro è dei sessantenni. Le condizioni di vita di noi sessantenni stanno cambiando velocemente. Superata ormai da oltre 20 anni e più l’immagine del pensionato che legge il giornale al parco e che spende oziosamente la sua residua esistenza, da qualche tempo si sta plasmando la figura del sessantenne che può vivere una nuova fase di vita attiva e proiettata al futuro. Cofattori di questa situazione sociale sono due: il primo la longevità che deriva dalle migliori condizioni di salute e di benessere; secondo fattore la ridotta natalità che ha portato al ridimensionamento della figura dei nonni che devono accudire ai piccoli. Vuoi perché gli Over60 di oggi sono effettivamente dotati di risorse (economiche e non) che altre generazioni non hanno, vuoi perché demograficamente stiamo diventando l’esercito più numeroso e nessuna società può permettersi di non chiedere il nostro contributo, di fatto sta succedendo che le aspettative nei confronti delle sessantenni e dei sessantenni si stanno alzando. L’inizio di questa fase di vita nuova, ancora non molto tempo fa la descrivevo così: “Diminuiscono o si diluiscono gli impegni lavorativi, familiari, sociali e ti puoi godere il tempo liberato e una nuova sensazione di leggerezza”. Gli Over60 giunti alla sesta decade con un fardello di esperienza e di voglia di fare decidono con il pensionamento o con la riduzione degli impegni di lavoro di lasciar scorrere i sogni. Il nostro spirito pionieristico di apripista fa il resto attraverso intuizione e azione. Molti intraprendono una vacanza alla scoperta di nuove esperienze, altri imparano nuove arti, altri ancora si lanciano nelle cosiddette “sfide impossibili”.
Inutile dirlo, ma mi sento di appartenere a quest’ultima categoria di sognatori visionari che spesso pondera quali sistemi possano essere utili a migliorare la nostra vita futura. La salute individuale dipende spesso da conflitti tra la cura, l’essere curato ed i limiti del curare. Tutto questo deve essere amalgamato bene con un equilibrio sociale e la rimozione della povertà: elementi primari dell’ erogazione di prestazioni di salute. Queste saranno le sfide della nuova primavera della Salute: Prima Sfida - La sfida più grande a cui la ricerca medica dovrà proiettarsi in un imminente futuro sarà di implementare, sviluppare e mettere in atto modelli virtuosi di Medicina Sostenibile. Tutto ciò che c’è in natura è sostenibile: c’era prima di noi e continuerà ad esserci quando noi non saremo più sul pianeta Terra. Gli ecosistemi naturali (mari, fiumi, boschi, montagne) sono la prova più tangibile che attraverso l’equilibrio e l’interazione equa tra gli attori di un sistema si realizza un biosistema duraturo nel tempo.
Seconda Sfida - Migliorare la sicurezza nella guida stradale attraverso l’uso di tecnologie sempre più moderne, che rendano le nostre automobili sempre più sicure (per chi è dentro e per chi sta fuori delle vetture). Laboratorio e banco di prova sono gli sport motoristici su strada e su pista. Terza Sfida - La grande competizione del Big Data (cioè grandi masse di dati), o megadati, indica genericamente una raccolta di dati così estesa in termini di volume, velocità e varietà da richiedere tecnologie e metodi analitici specifici per l’estrazione di valori o conoscenza. Per dare soluzioni e risposte servirà soprattutto saper costruire algoritmi e modelli matematici in grado di risolvere le grandi tematiche della salute. Tutto ciò potrà portare grandi benefici alle cure (anche se l’uso improprio o in mani sbagliate di questi dati sensibili può a sua volta generare disastri). Ma non bastano le idee e la voglia di fare. Serve soprattutto forza e grinta e, anche, qualche piccolo suggerimento. Per fare bene bisogna imparare ad ascoltare gli altri, a fare domande e saper leggere scenari ed eventi. E’ necessario mantenersi in forma, sorprendere e sorprendersi. Avere la capacità di astrarsi e di visualizzare nella mente il progetto terminato. Inoltre, non essere mai eccessivamente seriosi e non prendersi mai completamente sul serio.
PAOLA EMILIA CICERONE
giornalista scientifica
Carosello
Come mai non siamo in otto? Se rispondete istintivamente “Perché manca Lancillotto!”, non avete scampo. Siete, come chi scrive, dei reduci di Carosello; la vostra infanzia è stata segnata da una trasmissione che sarebbe riduttivo chiamare solo pubblicitaria, e che ha popolato il vostro immaginario di musiche volti e personaggi che ancora oggi riaffiorano alla memoria.
#stile
over
Eppure Carosello ci ha lasciato da più di quaranta anni. Per essere precisi, è andato in onda dal 3 febbraio 1957 al 1 gennaio 1977: nell’ultima puntata fu Raffaella Carrà a salutare gli italiani. Solo un anno prima, un’indagine pubblicata sul settimanale Epoca aveva rivelato che la trasmissione era seguita da diciannove milioni di italiani, tra cui nove milioni di bambini. Andava in onda dopo il telegiornale, alle 20,50 (o alle 20,30 dopo il 1973) salvo il 2 novembre e il venerdì santo, ma anche occasioni eccezionali come la morte di un Pontefice o di un personaggio di importanza internazionale quale il presidente Kennedy, oppure collegamenti in mondo visione. Ed è rimasta nel cuore di tanti, come dimostrano la quantità di siti dedicati (vedi per esempio carosello.tv o www.mondocarosello.com) o le frequenti iniziative, come la mostra Carosello Pubblicità e televisione 1957/1977 in corso fino all’8 dicembre presso la fondazione Magnani - Rocca a Mamiano di Traversetolo
(Parma)
www.magnanirocca.it/carosello-pubblicita-e-televisione/
Carosello nasce con l’obiettivo di rimpinguare le casse della Rai con un po’ di pubblicità, e di farlo in modo garbato offrendo uno spettacolino che nobiliti (all’epoca ci si faceva di questi scrupoli) un’iniziativa che sembrava a molti eccessivamente commerciale. Per questo fu coinvolto fin dall’inizio un regista famoso, Luciano Emmer, incaricato di creare la celebre sigla e individuare la musica che lo accompagna, un arrangiamento moderno di una ottocentesca tarantella napoletana.
Lo schema di Carosello era semplice: quattro, in seguito cinque pubblicità, scelte con cura evitando prodotti e immagini considerate poco adatti al pubblico televisivo, per una decina di minuti di spettacolo. In gran parte occupati da vere e proprie scenette chiuse da un codino pubblicitario che non poteva superare i trenta secondi. Il programma aveva un costo rilevante per le aziende, ma era anche una vetrina prestigiosa, le storie non potevano essere replicate e questo costringeva registi e sceneggiatore a uno sforzo creativo non indifferente. Per quanto fosse trasmesso in bianco e nero, Carosello proponeva un mondo colorato di rosa, quello degli anni del boom economico. Anni in cui nasce il consumismo e nuovi prodotti (elettrodomestici, cosmetici, detersivi, cibi pronti) diventavano improvvisamente accessibili a tutti. E le pubblicità li raccontavano con fantasia, rendendoli desiderabili ma al tempo stesso promuovendo uno stile di vita più moderno. Su Carosello è davvero difficile dire qualcosa di nuovo: si ama e basta. Perché ci ricorda la nostra infanzia, e un mondo diverso in cui i bambini andavano a letto alle 21, e per combattere lo stress, o meglio “il logorio della vita moderna”, era sufficiente un aperitivo a base di carciofo. Un mondo forse irreale, che subì contestazioni e critiche, come quelle di Umberto Eco che ne segnalò la debolezza comunicativa.
Eppure sarebbe ingiusto confinare Carosello nel regno dell’Amarcord: dietro a quei pochi minuti di pubblicità, a quelle scenette che oggi ci sembrano ingenue, c’erano i migliori creativi dell’epoca, come Osvaldo Cavandoli cui si deve la mitica Linea, o i fratelli Pagot, creatori di Calimero, Armando Testa col suo Caballero Misterioso (Carmencita sei già mia/chiudi il gas e vieni via) e tanti altri, di cui la mostra organizzata presso la Fondazione Magnani - Rocca permette di rivivere il percorso creativo. Senza dimenticare i protagonisti delle storie più amate, da Ubaldo Lay popolarissimo tenente Sheridan prestato alla pubblicità di un aperitivo, a Ernesto Calindri, Gino Bramieri, Tino Scotti, Paolo Ferrari. E poi registi famosi come i fratelli Taviani, Gillo Pontecorvo, Pupi Avati, o voci celebri come quelle di Mina, Frank Sinatra o Gianni Morandi. Un mondo di immagini indimenticabili, di jingle che riaffiorano alla memoria e di gadget amatissimi, pupazzi e gonfiabili che animavano i giochi infantili. Seguirne l’evoluzione ci racconta la storia di un’Italia che cambia, oltre a classificarci inevitabilmente dal punto di vista anagrafico: chi ha superato da un po’ i sessanta ricorda bene l’omino con i baffi della Bialetti (si sì sì sembra facile) o Gregorio il guardiano del Pretorio, mentre i cinquantenni hanno in mente l’amatissimo Jo Condor o il goffo fraticello Cimabue che appartengono agli anni ‘70 . In tutto le scenette andate in onda sono più di 40.000. E tutti ne ricordiamo qualcuna, anche se non sempre ci viene in mente il prodotto al quale era abbinata...
ANTONIO GIUSEPPE MALAFARINA
giornalista
Scemo si dice?
Illustration by Margherita Mottana www.instagram.com/margherita.mottana/
#disabilità
in pillole
Capita di pensare che una persona sia stupida. E capita che noi stessi ci sentiamo stupidi. La parola scemo ricorre nel nostro linguaggio: che cosa c’è di sbagliato a usarla con tutti i suoi affini, come cretino, idiota, imbecille e via dicendo? È un discorso da affrontare con prudenza perché non tutte le parole sono uguali. Molte sono legate alla disabilità e, quindi, prima di pronunciarle qualche domanda andrebbe posta. Potrebbe essere, infatti, che alle persone disabili chiamate in causa potrebbe non fare piacere essere prese a modello di inettitudine. Partiamo da un preambolo storico. Non tutti gli individui sono dotati di medesima intelligenza, anzi non tutti siamo dotati di medesime capacità, e questo è un bene, perché il confronto è ricchezza. Le nostre disparità hanno generato situazioni per cui in un dato contesto possono esistere persone che tardano a comprendere, ovvero ad agire. Per queste persone la società ha creato un suo linguaggio, fatto di termini che connotano la mancanza, il vulnus, dell’individuo. E questo linguaggio non nasce ora, bensì con l’evoluzione della nostra specie, arrivando sino a noi attraverso la tradizione classica, greca e latina. La parola idiota, per esempio, viene dal latino e a sua volta dal greco, per indicare qualcosa di inabile, di rozzo, e si sviluppa nel Medioevo sino a raggiungere identità medica intorno al XIX secolo, quando con il termine idiota si definisce un ambito variegato che va dalla persona con crisi epilettiche a quella con disagio mentale. In questo periodo il termine entra nella cultura popolare prevalentemente con questa accezione, e tutti ricordiamo il celebre Idiota di Dostoevskij. Nel XX secolo il vocabolo muta ancora restringendosi al campo medico con contorni sempre più definiti con lo sviluppo delle scienze mediche e restando nella società sempre più alleggerito rispetto alla condizione di disabilità.
La considerazione che ne consegue è che sovente i termini nascono da precisi concetti storici atti a definire un difetto in un dato momento, a prescindere dalla disabilità. In un secondo tempo la disabilità se ne appropria, cioè la medicina, o chi per lei, perché certe persone con disabilità sembrano caratterizzate da questi difetti. Nei secoli, soprattutto negli ultimi due, si comprende che determinate caratteristiche sono legate alla disabilità, ma non esclusive, consentendo a certi termini di entrare, anzi sarebbe meglio dire di rientrare, nel lessico comune per identificare situazioni di insignificanza, insipienza, dabbenaggine e via dicendo. A prescindere dalla disabilità. Ma questo non accade per tutti i termini. La parola mongoloide, infatti, risulta strettamente legata alle persone con sindrome di Down, una volta definite in questo modo. Pertanto dare del mongoloide oggi a qualcuno è offensivo. E lo è proprio perché agganciandoci a questo termine pensiamo alle persone con sindrome di Down, anche nel nostro inconscio più profondo. La storia recente ci ha insegnato che le persone con sindrome di Down non sono incapaci, quindi il termine mongoloide non ha senso di esistere. Offende, peraltro, perché rievoca una visione della trisomia 21 in cui ancora queste persone venivano identificate come dai tratti somatici mongoli, in un periodo in cui erano trattate con alquanto disprezzo. Altra lezione: nel pronunciare un termine in qualche modo legato alla disabilità dovremmo comprendere se ha ancora senso di esistere in materia di disabilità, cioè se veramente le mancanze attribuite a quella disabilità esistono ancora.
Un’affermazione fredda, questa, ma inevitabile se si vuole approfondire la conseguenza della parola sul linguaggio. Sempre a proposito di cura della parola, suggerirei di non usare il termine cerebroleso. Ci si scherza su, ma quanti si rendono conto che la cerebrolesione comporta una menomazione fisica non necessariamente psichica? Se dobbiamo usare termini che hanno a che fare con l’insipienza cerchiamo di non essere così stupidi da trovarli sbagliati. La lingua italiana è così ricca che, anche grazie al contributo offerto dalla sua crescita nei secoli, propone oggi molte alternative ai termini dell’inettitudine: sciocco, insignificante, incapace, scemo … Alcuni sono finiti addosso alle persone disabili, ma in origine indicavano altro. Scemo, per esempio, indicava il declinare, lo scemare. E se oggi ci troviamo con termini nati per fini diversi che indicare la disabilità dobbiamo riflettere sull’importanza delle parole, non dimenticando che per un certo periodo della storia questi termini comuni hanno indicato, ed emarginato, persone disabili. Evitiamo di parlare di ciò che ancora duole, come di mongoloidi, e di ciò che è fuori contesto, come di cerebrolesi. Non citiamo l’autismo, quando ci sentiamo stanchi, incompresi e, in un certo senso, fuori dal mondo: i disturbi dello spettro autistico sono cosa gravissima di cui neppure immaginiamo quale sia la condizione in cui ci immedesimiamo. Lasciamoci trascinare con consapevolezza su termini meno aggressivi, ovvero su quei termini di cui ormai abbiamo afferrato la disabilità annessa e siamo in grado di fare le debite distinzioni fra spregio e uso. Dare dello scemo, o dello stupido, può essere inevitabile, anche se sarebbe bello ricordare che negli anni passati termini così indicavano, emarginandole, persone disabili.
Dalla Redazione
Un’occasione per gli Over per sperimentare lo Shiatsu
#in
forma
Molti conoscono lo shiatsu, o meglio credono di conoscerlo. Tanto che si sente spesso parlare di “massaggio shiatsu”, mentre in realtà non si tratta propriamente di un massaggio, ma di una tecnica che utilizza la pressione delle dita su particolari punti del corpo umano per favorire il regolare flusso energetico. Basandosi, in modo più o meno fedele a seconda dei diversi stili, sui principi della medicina tradizionale cinese, gli stessi alla base dell’agopuntura. Anche se lo Shiatsu è una tecnica giapponese (il nome deriva dalle parole shi = dito e atsu = pressione) diffusa sin dal VI secolo, infatti, la sua origine più remota nasce dalla tradizione cinese. Una bella occasione per saperne di più è la Settimana nazionale dello Shiatsu, organizzata anche quest’anno dalla FISieo (Federazione Italiana Shiatsu Insegnanti e Operatori) dal 18 al 25 settembre. https://www.fisieo.it/. In particolare, questa edizione è dedicata alla longevità e al benessere delle persone mature. Un approccio coerente con una tecnica di origine orientale, nata in una cultura in cui la medicina è basata sulla prevenzione e sul mantenimento dell’equilibrio psicofisico. Oggi sempre di più, spiegano gli organizzatori, ci stiamo rendendo conto che “una vita sana e attiva, una corretta alimentazione e la capacità di non farsi travolgere dallo stress siano ingredienti comuni a tutte le storie di longevità”. E molti strumenti per mantenersi in salute attingono da antiche tradizioni come lo Shiatsu, “che non si focalizza sulle patologie, ma si occupa della persona nel suo insieme per aiutarla a preservare e recuperare le risorse innate nel totale rispetto della diversità di ognuno”.
La settimana promossa da FISieo rappresenta dunque un’occasione preziosa per sperimentare lo shiatsu: grazie agli studi aperti dei professionisti iscritti al Registro dell’associazione sarà possibile richiedere, su prenotazione, un trattamento gratuito. In tutte le regioni italiane inoltre si organizzano incontri e convegni mentre le diverse scuole accreditate colgono l’occasione per presentare le proprie attività e i corsi professionali e amatoriali. E’ interessante notare, infatti, che mentre la formazione professionale richiede anni di studio, la tradizione dello shiatsu comprende anche semplici tecniche di automassaggio che può essere utile apprendere per cominciare a prendersi cura di sé. Gli incontri offerti dall’Associazione sono un’opportunità per rendersi conto che lo shiatsu non è utile solo per trattare disturbi osteoarticolari, mal di schiena e cefalee. Secondo un’indagine recente, in genere le persone si rivolgono allo shiatsu soprattutto per alleviare dolori e patologie muscolo-scheletriche (75%) ma anche disagi psicosomatici (67,3%) e malesseri poco definiti (50%).
Ma lo shiatsu, spiegano i portavoce FISieo, assume un particolare
valore nella terza età, “perché aiuta a contrastare i processi degenerativi attivando la circolazione dei liquidi, migliorando lo stato delle nostre articolazion, oltre a rinforzare ossa e muscoli e ridare elasticità ai legamenti”. Insomma serve a rimettere in movimento l’organismo, ma anche a calmare se necessario, tanto che uno degli effetti più frequenti del trattamento è quello di far dormire bene. Contrariamente a quanto alcuni pensano, il trattamento shiatsu non deve essere
doloroso: ci sono casi in cui è esercitata una pressione energica, che comunque non deve essere percepita come sgradevole. L’operatore esegue pressioni costanti e perpendicolari sul corpo del ricevente, soprattutto con i polpastrelli ma in qualche caso anche con gomiti o col palmo della mano. Non si usano oli o creme, e non c’è neanche bisogno di spogliarsi completamente, anche se alcuni sostengono che il contato diretto con la pelle agevoli il trattamento. Anche se dal punto di vista della medicina occidentale lo shiatsu non può essere considerato una terapia, oggi è sempre più frequente la collaborazione con i medici. Non è facile però trovare studi dedicati, dato che molte ricerche non riguardano lo shiatsu ma più in generale la digitopressione , che a questo può essere assimilata solo parzialmente: uno studio di questo tipo, recentemente pubblicato sul Journal of applied gerontology dai ricercatori di un’università cinese, mostra che questo genere di trattamenti può essere utile a persone in età matura per migliorare la qualità del sonno, le funzioni cognitive e più in generale la qualità della vita. Altre ricerche mostrano che le discipline manipolative hanno effetti antiinfiammatori, analgesici e di regolazione neuroendocrina, oltre a potenziare il sistema immunitario. Mentre studi mirati per quanto riguarda gli effetti dello shiatsu sulla fibromialgia - un disturbo dalle cause ancora ignote, che causa dolore e affaticamento - sembrano dare risultati positivi, specie nel controllo del dolore. E a livello empirico, è noto che chi si rivolge a uno shiatsuka, un terapista shiatsu, per risolvere un problema specifico, spesso continua poi i trattamenti poichè avverte una sensazione generale di benessere. La settimana dedicata allo shiatsu potrebbe rappresentare davvero un’utile occasione per riprendere il contatto con il proprio corpo e imparare a prendersi cura di sé.
MICHELA ROMANO
Incontro con un enologo novantenne
Cesare Valsangiacomo con Michela Romano nelle cantine Valsangiacomo Vini
#il
personaggio
Wine Shop Viale alle Cantine 6 6850 Mendrisio Svizzera Tel: +41 91 6836053
Per la rubrica “Il Personaggio” vogliamo parlare di cambiamento, di svolte, di nuovi inizi, all’interno di una storia di vita dove la passione, quella per il vino, coltivata da un giovane con gli studi di enologo nella prestigiosa scuola di Losanna, viene messa un po’ da parte e poi ripresa dopo i sessanta anni, per creare un prodotto ed un rinnovamento di un intero territorio. La storia e’ quella di Cesare Valsangiacomo, un novantenne con la mente brillante, creativa ed ancora piena di progettualità, che abbiamo incontrato andando a trovarlo nella sua cantina a Mendrisio, alle pendici del Monte Genoroso, nel cuore di un territorio collinare morenico, detto la Toscana della Svizzera. “E’ un Mezzana del Quarantasette”. Con questa risposta, data alla scuola enologica di Losanna nel lontano 1949 ha inizio la brillante carriera di enologo che si sviluppa tra gli anni Novanta e la nostra contemporaneità. E’ la carriera ed insieme la vita, un tutt’uno, di Cesare Valsangiacomo, un produttore di vini che i conoscitori e gli appassionati conoscono come il papà del Merlot del Ticino. Un vino prodotto storicamente in grandi quantità nelle vigne del territorio, utilizzato come vino da tavola, senza che gli fosse riconosciuta una particolare attenzione.
Cesare Valsangiacomo Cesare Valsangiacomo ci racconta com’ è cambiata la sua vita personale ed imprenditoriale quando con l’introduzione della libera circolazione delle merci in Europa, dopo il 1992, il business dell’azienda Valsangiacomo, basato su esportazione e distribuzione, perde la propria ragione commerciale:“In una notte è mutato tutto, e allora ho deciso di puntare alla produzione del vino con un concetto di qualità. Così è nato il nuovo vino del Ticino”. Oggi il Merlot rinnovato ha una storia di trent’anni e sentire le note degustative raccontate dall’autore del vino è stata un’esperienza emozionante. Mentre elegantemente il signor Cesare avvicina il bicchiere di Roncobello al naso inizia a raccontare che cos’è il concetto di purezza, raggiunto dopo tanto lavoro ed espresso con questo vino.
E’ con il talento, l’intuizione dell’ormai sessantenne Cesare che viene offerta una svolta alla produzione del vino in Ticino ed in primis all’azienda Valsangiacomo in quinta generazione per la vendita e la distribuzione dei vini dalla Svizzera al resto dell’Europa. Spesso la vita ed il destino delle aziende sono affidate al caso, alle esternalità, positive e negative, e poi alla capacità dell’imprenditore di trasformarle in opportunità e vantaggi. Più tardi, Ezio, presente oggi in veste di Cicerone d’eccezione, tolti i panni del direttore commerciale per qualche minuto, ci introduce al Gran Segreto, un’altra grande intuizione di Cesare che arriva dai ricordi d’infanzia, quando da piccolo andava con la famiglia in villeggiatura ad Airolo. Li’ erano soliti portare il vino, e da un anno con l’altro hanno scoperto che migliorava. Nel 2014, in visita al Forte di Airolo, la memoria del passato ritorna e si coniuga subito con i sotterranei del Forte, che vengono visti come una cantina d’affinamento con Barrique. Da allora, bianchi e rossi vengono messi a dimorare nelle viscere dell’imponente edificio per beneficiare delle proprietà dell’altitudine, in rarefazione d’ossigeno, dove parte una micro-affinazione, caratteristica per un tempo più lungo, rispetto ai canoni, che dilata di molto lo spettro aromatico del vino e fa emergere profumi nuovi. Il viaggio che abbiamo affrontato tra le colline e le montagne del Ticino, tramite le parole di un grande esperto del territorio, ha stimolato sicuramente la nostra curiosità nel voler vedere, ma anche nello scoprire il patrimonio del vino. E con il Gran Segreto - un Cin Cin e’ d’obbligo -, salutiamo il signor Cesare, lo ringraziamo per l’ospitalità e speriamo che tante altre intuizioni possano essere d’aiuto per le prossime generazioni.
FRANCESCA FADALTI
Salsiccia con uva come scriveva Artusi
#intervista
con ricetta
Rosso, arancio, giallo e marrone sono i colori che ci scaldano e rallegrano nell’autunno appena iniziato: quella parte dell’anno che saluta la calda estate e ci accompagna dolcemente nell’algido inverno. Viaggiare diventa un piacere per la vista e, se il tempo lo concede, vi consigliamo di fermarvi ad ammirare come alcune zone diventano una tavolozza di un pittore grazie alla natura e alle foglie che sembrano incendiarsi da un momento all’altro. Ora prendete un mezzo e raggiungete il centro storico di Forlimpopoli, all’interno dell’isolato della Chiesa dei Servi, in un antico convento sapientemente ristrutturato, potete scoprire il centro d’arte e cultura gastronomica dedicato alla cucina domestica italiana: Casa Artusi. Questa non è la casa di Pellegrino Artusi, ma è situata nella sua città natale. È “…il primo museo vivo della cucina, un museo visitato di notte dallo spirito di Pellegrino, e aperto di giorno a cuoche e cuochi, dilettanti, gastronomi, buongustai, bambini, a tutti coloro che, senza un titolo preciso, amano ancora cingere un grembiule, sedersi a tavola e restarci il meglio possibile. È la casa non solo della memoria e della fama, ma dell’appetito.” come definito da Alberto Capatti. Da settembre ad ottobre gli eventi che si susseguono e fanno da cornice a questo luogo sono tantissimi tra cui vogliamo segnalare la mostra “CIBO” del fotografo Steve McCurry, un racconto fotografico sul cibo come elemento universale e di valore; diverso da Paese a Paese, nel modo di produrlo, trasformarlo e consumarlo. Inoltre venerdì 27 settembre alle ore 18 in Casa Artusi Barbara Ronchi della Rocca racconta ingredienti, banchetti e buone maniere fra commensali al tempo del Rinascimento, in “compagnia” di un Leonardo da Vinci creativo anche a tavola, tra liste della spesa, ricette e scenografie culinarie. Questi due eventi sono inseriti nella decima edizione della manifestazione dedicata al Buon Vivere di Forlì con ospiti internazionali, spettacoli, workshop, convegni e concerti dal 21 al 29 settembre.
Se parliamo dei sapori della cucina che ci regala l’autunno possiamo spesso affermare che sono realizzati con pochi ingredienti ed anche economici, che sanno regalarci forti emozioni perché legati a ricordi della nostra infanzia. Qui entra in gioco Andrea Banfi, lo chef del ristorante di Casa Artusi, che ripropone le ricette della Scienza in cucina, con piatti che “raccontano” il mondo vivo, fatto di persone, storie e racconti, che Pellegrino aveva raccolto per lunghi anni ed in innumerevoli viaggi. Per voi, noi di generazione Over60, tra le 790 ricette ne abbiamo scelta e realizzata una che rispetta i principi del Decalogo della cucina artusiana grazie alla scelta di ingredienti naturali, di stagione e di realizzazione semplice: salsicce e uva in padella. Così, senza sapori aggiunti, senza niente, con solo i due ingredienti principali che si arricchiscono ciascuno del sapore dell’altro. Salutandovi vi riportiamo il quinto articolo del prezioso Decalogo perché in perfetta sintonia con quanto da noi sempre scritto nella nostra rivista e sottolineato dal nostro direttore “n.5: Mettete passione, siate attenti e precisi. Se non si ha la pretesa di diventare un cuoco di baldacchino per riuscire basta la passione, molta attenzione e l’avvezzarsi precisi”. Ingredienti: 600 gr di salsiccia 400 gr di acini di uva sgranati, lavati e privi del picciolo un bicchiere di vino bianco aceto spray di Xeres sale azzurro se necessario e salvia per decorare Preparazione Bucherellate la salsiccia e suddividetela in pezzetti, quindi adagiatela in un tegame. Coprite e fate cuocere 10 minuti a fuoco basso, rigirando spesso in modo che cuociano uniformemente e rilascino gran parte del grasso. Aggiungete gli acini di uva e fateli insaporire alzando di poco il fuoco ed aggiunegendo il vino. Fate cuocere salsicce e uva per 6-7 minuti mescolando delicatamente, in modo da non rompere gli acini. Un minuto prima di spegnere profumate con qualche vaporizzata d’aceto.
C B M Italia Onlus
Il testamento solidale
#volontariato
& associazioni
Il contesto italiano Il testamento solidale è l’atto con il quale si può donare a favore di terzi una parte dei propri beni. Secondo l’indagine Doxa1, commissionata dal Comitato Testamento Solidale di cui CBM Italia Onlus è parte, 6 italiani su 10 non hanno mai sentito parlare di testamento solidale e solo 1 su 10 afferma di sapere bene cos’è. Una conquista se si pensa che nel 2013 per 8 italiani su 10 il testamento solidale era addirittura un tabù. Quelli che ne sanno di più sono i giovanissimi (15/17 anni), ben il 66%. Dall’indagine emerge che quasi 6 italiani su 10 (il 57%) si sentono assolutamente liberi nella eventuale scelta di fare un lascito solidale. Non solo, ma questo mette tutti d’accordo: 8 su 10 hanno le idee chiare e dichiarano di voler “dare un po’ di gioia e felicità a chi ne ha più bisogno”. Perché un lascito a CBM Da anni le organizzazioni umanitarie come CBM Italia Onlus beneficiano di lasciti solidali: una scelta di generosità poco conosciuta, ma molto importante. Un gesto che, nonostante si pensi sia legato alla morte, è invece ancorato saldamente alla vita: la propria e quella degli altri. “Scegliere di destinare il proprio testamento a CBM significa vivere per sempre nel sorriso di un bambino che vede per la prima volta il mondo intorno a sé. Significa anche lasciare un segno indelebile di noi, far vivere i nostri ideali di altruismo e generosità oltre la vita, lasciare un’eredità morale oltre che concreta. Significa avere fiducia nella possibilità di costruire insieme un mondo migliore” ha dichiarato Massimo Maggio, Direttore di CBM Italia Onlus. 1 Fonte Comitato Testamento Solidale, 2016 (campione di 1000 intervistati rappresentativo della popolazione italiana over 15)
L’impatto di un lascito a CBM • Con 3.000 euro costruiamo un pozzo in un villaggio per dare acqua pulita, fondamentale per prevenire malattie infettive come il tracoma. • Con 5.000 euro allestiamo cliniche mobili oculistiche per assistere e curare anche chi vive lontano dagli ospedali. • Con 10.000 euro sosteniamo gli studi di oculisti locali che lavoreranno negli ospedali dei loro Paesi salvando dalla cecità migliaia di persone. • Con 50.000 euro possiamo costruire un reparto oculistico in un ospedale locale, per garantire cure specialistiche alla popolazione. Per qualsiasi informazione, dubbio o domanda in merito al Testamento Solidale è possibile contattare la referente in CBM Italia Onlus, Sara Pellegatta allo 02/72093670 o scrivendo a sara.pellegatta@cbmitalia.org
C B M Italia Onlus
Il sogno di Francesco vive nel lavoro del dottor Amanuel
#volontariato
& associazioni
C’è qualcosa che unisce l’Italia di Francesco all’Etiopia di Amanuel. Due uomini distanti, ma solo all’apparenza. Questa volta il destino non li ha fatti incontrare, ma trovare. È bastato scorrere le righe di un testamento per capire che il sogno di uno potesse diventare presente e futuro dell’altro. Francesco e Amanuel non si sono mai conosciuti, eppure le loro vite sono legate da un filo, quello della solidarietà, quello che dall’Italia ha raggiunto l’Etiopia grazie a CBM Italia Onlus. Francesco nasce in un piccolo paesino nel nord est Italia negli anni ’30. Assunto come inserviente nella farmacia comunale alla fine della seconda guerra mondiale, ha dedicato tutta la sua vita agli altri. A raccontarci di lui è uno dei suoi tanti nipoti. Una famiglia numerosa, ma molto unita che abbiamo il piacere di conoscere in un pomeriggio di primavera. “Lo zio è stato un esempio per tutti noi. Un uomo difficilmente replicabile se penso ad alcune delle scelte fatte in vita, ma certamente imitabile. La sua caratteristica principale era quella di aiutare il prossimo senza farsi notare. Mio zio ha dedicato la sua vita agli altri”. Fare per gli altri e con gli altri è infatti quello che Francesco ha sempre portato avanti. Una vita circondato da persone: da ragazzi, come quelli che ha accompagnato per diversi anni nelle colonie estive, o da anziani, quelli che grazie a dei corsi sull’assistenza, ha aiutato per oltre 30 anni come volontario in ospedale. Agli altri Francesco ha pensato anche dopo la sua morte: una parte del suo testamento è andata a CBM Italia Onlus ed è arrivata in Etiopia nella vita di Amanuel Desalegn Woldesenbet.
Amanuel ha 31 anni e quando lo incontriamo è a lavoro, nel Centro di Ipovisione che CBM Italia sostiene a Butajira, nel Sud dell’Etiopia, insieme al partner locale GTM – Grarbet Tehadiso Mahber. Il Centro, aperto a ottobre 2017, è il primo in tutta l’Etiopia, pioniere nel campo dell’ipovisione e della riabilitazione visiva per adulti e bambini che soffrono di questo problema visivo. È felice Amanuel, lo si capisce dal suo sguardo e dal racconto che ci fa. Amanuel, ci racconti un po’ di te? Sono nato ad Addis Abeba, la capitale di questa bellissima terra che è l’Etiopia, ma da anni vivo a Butajira. Sono il primo di quattro figli, due maschi e due femmine. La mia è stata una famiglia umile: mia madre, casalinga, si è sempre occupata di me e dei miei fratelli, mio padre faceva l’autista in un’azienda privata. Siamo cresciuti in un ambiente sano e di valori, a volte troppo rigido: non dimenticherò mai quando mio padre mi puniva perché preferivo saltare la scuola per giocare a calcio.
Amanuel è stato uno dei primi optometristi laureatosi nel 2008 all’Università di Gondar, in Etiopia. Perché hai deciso di diventare medico? Devo tutto a un mio amico fraterno, il mio mentore. Quando avevo solo 11 anni, lui iniziò a studiare medicina all’università. Spesso mi raccontava delle opportunità che la carriera da medico avrebbe potuto offrirmi e della gioia e del privilegio che si provavano nell’aiutare gli altri. Seguii il suo consiglio senza alcuna esitazione e ancora oggi credo che sia stato il destino a scegliere per me: non saprei immaginarmi in un altro lavoro. E CBM come ti ha aiutato? Grazie a CBM Italia e a GTM, ho conseguito una specializzazione nel campo dell’ipovisione presso l’Università Tedesca in Giordania, dove ho trascorso quattro mesi insieme a studenti provenienti da diversi Paesi. Il training in ipovisione è stato molto interessante, gli insegnanti erano gentili, disponibili e molto preparati. Se non mi fossi specializzato in ipovisione non avrei potuto continuare a lavorare come optometrista. È immensa la gratitudine nei confronti di CBM Italia: per me sarebbe stato difficile, se non impossibile, poter conseguire la specializzazione da solo, affrontando tutte le spese. Quando gli chiediamo del futuro, Amanuel non ha alcuna esitazione: continuerà a lavorare come optometrista in ipovisione con lo stesso entusiasmo, orgoglio e impegno che da sempre lo accompagnano. Di questo, crediamo, sarebbe stato felice anche Francesco.
C B M Italia Onlus
C B M Italia Onlus
Chi siamo CBM è la più grande organizzazione umanitaria internazionale impegnata nella cura e prevenzione della cecità e disabilità evitabile nei Paesi del Sud del mondo. CBM Italia Onlus fa parte di CBM, organizzazione attiva dal 1908 composta da 10 associazioni nazionali (Australia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Kenya, Nuova Zelanda, USA, Sud Africa e Svizzera) e che insieme sostengono progetti e interventi di tipo medico-sanitario, di sviluppo ed educativo. Dal 1989 CBM è partner dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nella lotta contro la cecità prevenibile e la sordità. CBM opera nei Paesi nel Sud del mondo in sinergia con i partner locali in un’ottica di crescita e sviluppo locale. Lo scorso anno CBM ha raggiunto oltre 60 milioni di persone attraverso 525 progetti in 55 Paesi di tutto il mondo. CBM Italia ha sostenuto 64 progetti in 24 Paesi, raggiungendo oltre 2.6 milioni di beneficiari dei 35 milioni dell’intera federazione CBM.
#volontariato
& associazioni
Gli ambiti di intervento nei Paesi del Sud del mondo ► Salute della vista e formazione di medici (prevenzione della cecità, cura della vista, chirurgia, sostegno ed equipaggiamento di ospedali e centri oculistici, distribuzione di occhiali, cliniche mobili, formazione di medici e operatori, riabilitazione su base comunitaria). ► Salute fisica, mentale e uditiva (prevenzione, cure e chirurgie, sostegno ed equipaggiamento di ospedali e centri ortopedici, distribuzione di ausili, formazione di medici e operatori, riabilitazione su base comunitaria). ► Educazione (sostegno a scuole per allievi con e senza disabilità, programmi di educazione inclusiva e di avviamento al lavoro, formazione di insegnanti e operatori sull’educazione inclusiva). ► Emergenza (programmi di risposta alle emergenze umanitarie e ambientali inclusivi delle persone con disabilità, formazione degli operatori sul campo). ► Sviluppo inclusivo nelle comunità (promozione dei diritti e inclusione delle persone con disabilità, inserimento lavorativo, programmi di sicurezza alimentare per persone con disabilità, microcredito, attività generatrici di reddito). Le attività in Italia In Italia, CBM Italia Onlus è impegnata in numerose attività per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sul proprio lavoro e sulle condizioni di vita delle persone con disabilità che vivono nei Paesi del Sud del mondo. Negli ultimi anni, CBM Italia Onlus ha rafforzato e ampliato il proprio impegno verso i bambini italiani e le loro famiglie attraverso il progetto didattico “Apriamo gli occhi!”, i laboratori sensoriali, il cartone animato “Le avventure di Cibì” e la collana editoriale CBM #logosedizioni, con cui sono stati pubblicati tre libri: “BLIND” di Lorenzo Mattotti, “Lucia” di Roger Olmos e “Anna dei Miracoli” di Ana Juan. A questi progetti si aggiunge la tournée del “Blind Date”, il concerto al buio ideato nel 2009 dal maestro Cesare Picco. Un evento unico al mondo, un viaggio sensoriale nel buio più assoluto che ben interpreta quello che CBM fa ogni giorno grazie all’aiuto di tanti sostenitori: ridare la luce della vista a milioni di persone cieche che vivono nei Paesi del Sud del mondo.
Dati cecità Ad agosto 2017, la rivista scientifica anglosassone Lancet ha pubblicato i risultati di un’analisi realizzata dal gruppo di esperti internazionali Vision Loss Expert Group (VLEG) condotta dal 1990 al 2015. Questi i risultati principali: ► 253 milioni le persone con disabilità visive, di cui:
► 36 milioni le persone cieche
► 217 milioni le persone con disturbi visivi gravi o moderati
► l’89% delle persone con disabilità visive vive nei Paesi del Sud del mondo ► Il 55% delle persone con problemi visivi sono donne. Delle 36 milioni di persone cieche nel mondo le cause principali sono: ► Cataratta (12.6 milioni) ► Errori refrattivi non corretti (7.4 milioni) ► Glaucoma (2.9 milioni). Tra le 217 milioni di persone i disturbi visivi gravi o moderati sono: ► Errori refrattivi non corretti (116.3 milioni) ► Cataratta (52.6 milioni) ► Degenerazione maculare (8.4 milioni) ► Glaucoma (4 milioni) ► Retinopatia diabetica (2.6 milioni) Gli errori refrattivi non corretti e la cataratta si confermano come cause prevenibili di cecità/ipovisione nel 77% dei casi.
#volontariato
& associazioni
Inoltre: ► Circa l’80% di tutti i deficit visivi potrebbero essere evitati o curati. ► 19 milioni di bambini con età inferiore ai 5 anni sono ipovedenti. Di questi 12 milioni sono ipovedenti a causa di errori refrattivi (miopia, astigmatismo, ipermetropia), una condizione che può essere facilmente diagnosticata e corretta. ► La principale causa di cecità rimane la cataratta, che si può risolvere con un intervento chirurgico efficace. ► 1 miliardo e 100 milioni di persone hanno presbiopia (non vedono bene da vicino): eppure bastano semplici occhiali da vista per correggerla. IL FUTURO – Anche se gli ultimi dati dicono che cecità e ipovisione sono globalmente diminuite, il numero delle persone cieche è destinato a triplicare entro il 2050 passando a 115 milioni per 3 motivi:
1. Crescita e invecchiamento della popolazione
2. Aumento della miopia
3. Picco della retinopatia diabetica
LE PREVISIONI ENTRO IL 2020 ► Il numero di persone cieche passerebbe da 36 milioni a 38.5 milioni. ► Il numero di persone con disturbi visivi gravi o moderati passerebbe da 217 a 237 milioni.
C B M Italia Onlus
“Fermiamo la cecità. Insieme è possibile”
www.cbmitalia.org
#volontariato
& associazioni
LA CAMPAGNA DI CBM ITALIA ONLUS Nei Paesi del Sud del mondo essere ciechi significa rischiare di morire, ogni giorno. “Fermiamo la cecità. Insieme è possibile” è la campagna annuale di raccolta fondi 2018/19 di CBM Italia Onlus che ha l’obiettivo di salvare dalla cecità 2.6 milioni di bambini, donne e uomini che vivono in 21 paesi di Africa, Asia e America Latina (Etiopia, Kenya, Madagascar, Repubblica Democratica del Congo, Rwanda, Sud Sudan, Tanzania, Uganda, Zambia, Filippine, India, Nepal, Pakistan, Territori Palestinesi, Vietnam, Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Honduras, Paraguay) attraverso 46 progetti di prevenzione e cura. Screening visivi nelle scuole e nei villaggi, visite oculistiche, operazioni chirurgiche, percorsi di riabilitazione, allestimento di cliniche mobili oftalmiche, distribuzione di antibiotici, costruzione di pozzi, attività di formazione professionale di medici e operatori e sensibilizzazione le attività previste dai progetti.
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Dalla Redazione
Buone news sul trattamento della leucemia mieloide acuta
Chi fortunatamente non ha mai avuto a che fare con questa malattia troverà piuttosto ostico comprendere la maggioranza dei termini riportati, ma senz’altro la bella notizia è tale da essere conosciuta da tutte le persone con leucemia mieloide acuta ad alto rischio e dalle loro famiglie. In sostanza, abbiamo a disposizione la prima nuova chemioterapia per Leucemia Mieloide Acuta ad alto rischio in oltre 40 anni. Pochi giorni fa Jazz Pharmaceuticals plc (Nasdaq: JAZZ) ha annunciato che Vyxeos® (daunorubicina e citarabina) 44 mg / 100 mg polvere concentrata per soluzione per infusione è ora disponibile in Italia come trattamento per adulti con diagnosi di leucemia mieloide acuta correlata alla terapia (t-AML) o AML con cambiamenti correlati a mielodisplasia (AML-MRC).
#salute
Ciò a seguito della raccomandazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), che ha attribuito a Vyxeos il requisito dell’innovazione terapeutica. “La raccomandazione di Vyxeos dell’AIFA è una pietra miliare importante per i pazienti italiani a cui è stata diagnosticata la t-AML o la AML-MRC. Vyxeos è un trattamento innovativo e rappresenta la prima nuova chemioterapia in quattro decenni per questi tipi di leucemia mieloide acuta ad alto rischio, che ha dimostrato un miglioramento complessivo della sopravvivenza rispetto agli attuali standard di cura - ha affermato il professor Felicetto Ferrara, direttore del dipartimento di Oncoematologia presso l’Ospedale Cardarelli di Napoli -. Vi è una reale necessità di nuovi ed efficaci trattamenti, poiché i tassi di risposta alle attuali terapie t-AML o AML-MRC sono sostanzialmente inferiori rispetto a quelli per altri tipi di AML.” Vyxeos è una formulazione liposomiale innovativa composta da due molecole, daunorubicina e citarabina, che vengono rilasciati con un rapporto molare fisso e sinergico. È la prima chemioterapia che ha dimostrato un significativo vantaggio di sopravvivenza globale rispetto all’attuale standard di trattamento, la chemioterapia 7 + 3, in uno studio di Fase III di pazienti adulti con t-AML o AML-MRC7 di nuova diagnosi. In Italia si registrano circa 800 nuovi casi di t-AML e AML-MRC ogni anno ed i pazienti con diagnosi di t-AML o AML-MRC hanno una prognosi molto scarsa e le più basse possibilità di sopravvivenza rispetto a tutti i sottogruppi con diagnosi di AML.
LE VIDEO INTERVISTE DI MINNIE giornalista scientifica
“Nell’ambito della campagna di quest’anno, grazie a messaggi diretti di incoraggiamento accompagnati da una grafica originale – spiega il professor Valentino Valentini, presidente AIOCC, Associazione Italiana di Oncologia Cervico- Cefalica –, abbiamo invitato la popolazione a partecipare alle numerose iniziative che si sono appena svolte in 30 Centri specialistici su tutto il territorio nazionale, per informarsi e sottoporsi ad una visita gratuita, dove previsto. Ma l’impegno di AIOCC va oltre: il nostro obiettivo principale è, infatti, quello di curare sempre meglio i pazienti, limitando al massimo non solo le sofferenze ma anche le difficoltà legate a percorsi quotidiani complessi che aggiungono disagio ai problemi legati alla malattia”. Purtroppo la maggior parte dei tumori della testa e del collo è diagnosticata in fase avanzata e più di 4 pazienti su 10, colpiti questa neoplasia, iniziano il trattamento post-chirurgico con ritardo rispetto a quanto previsto dalle linee guida.
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Foto di Umberto Cofini da Unsplash
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DISEGNO DI ATTILIO ORTOLANI