N4 Anno 4 Generazione Over60

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Aprile 2022

Les demoiselles d’Avignon (1907)

Ragazzo con cavallo (1905/1906) Forse nessuno come Pablo Picasso (1881-1973) con i suoi dipinti ha espresso tanto il cambiamento

Nudo seduto (1921)

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano: n°258 del 17/10/2018 ANNO 4, n.4 -2-


Le rubriche

EDITORIALE “Amoglianimali” Bellezza Da leggere (o rileggere) Da vedere/ascoltare Di tutto e niente Il desco dei Gourmet Il personaggio Il tempo della Grande Mela Incipit Incursioni In forma In movimento Lavori in corso Primo piano Salute Scienza Sessualità Stile Over Volontariato & Associazioni

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Generazione Over 60 DIRETTORE RESPONSABILE Minnie Luongo

I NOSTRI COLLABORATORI Marco Rossi Alessandro Littara Antonino Di Pietro Mauro Cervia Andrea Tomasini Paola Emilia Cicerone Flavia Caroppo Marco Vittorio Ranzoni Giovanni Paolo Magistri Maria Teresa Ruta

DISEGNI DI Attilio Ortolani Sito web: https://generazioneover60.com/ Email: generazioneover60@gmail.com Issuu: https://issuu.com/generazioneover60 Facebook: https://www.facebook.com/generazioneover60 Youtube: https://www.youtube.com/channel/generazioneover60

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Generazione Over 60 MINNIE LUONGO DIRETTORE RESPONSABILE

Foto Chiara Svilpo

Classe 1951, laureata in Lettere moderne e giornalista scientifica, mi sono sempre occupata di medicina e salute preferibilmente coniugate col mondo del sociale. Collaboratrice ininterrotta del Corriere della Sera dal 1986 fino al 2016, ho introdotto sulle pagine del Corsera il Terzo settore, facendo conoscere le principali Associazioni di pazienti.Ho pubblicato più libri: il primo- “Pronto Help! Le pagine gialle della salute”- nel 1996 (FrancoAngeli ed.) con la prefazione di Rita Levi Montalcini e Fernando Aiuti. A questo ne sono seguiti diversi come coautrice tra cui “Vivere con il glaucoma”; “Sesso Sos, per amare informati”; “Intervista col disabile” (presentazione di Candido Cannavò e illustrazioni di Emilio Giannelli).

Autrice e conduttrice su RadioUno di un programma incentrato sul non profit a 360 gradi e titolare per 12 anni su Rtl.102.5 di “Spazio Volontariato”, sono stata Segretario generale di Unamsi (Unione Nazionale Medico-Scientifica di Informazione) e Direttore responsabile testata e sito “Buone Notizie”. Fondatore e presidente di Creeds, Comunicatori Redattori ed Esperti del Sociale, dal 2018 sono direttore del magazine online Generazioneover60. Quanto sopra dal punto di vista professionale. Personalmente, porto il nome della Fanciulla del West di Puccini (opera lirica incredibilmente a lieto fine), ma non mi spiace mi si associ alla storica fidanzata di Topolino, perché come Walt Disney penso “se puoi sognarlo puoi farlo”. Nel prossimo detesto la tirchieria in tutte le forme, la malafede e l’arroganza, mentre non potrei mai fare a meno di contornarmi di persone ironiche e autoironiche. Sono permalosa, umorale e cocciuta, ma anche leale e splendidamente composita. Da sempre e per sempre al primo posto pongo l’amicizia; amo i cani, il mare, il cinema, i libri, le serie Tv, i Beatles e tutto ciò che fa palpitare. E ridere. Anche e soprattutto a 60 anni suonati.

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Chi siamo DOTTOR MARCO ROSSI

SESSUOLOGO E PSICHIATRA è presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale e responsabile della Sezione di Sessuologia della S.I.M.P. Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e come esperto di sessuologia a numerosi programmi radiofonici. Per la carta stampata collabora a varie riviste.

DOTTOR ALESSANDRO LITTARA

ANDROLOGO E CHIRURGO è un’autorità nella chirurgia estetica genitale maschile grazie al suo lavoro pionieristico nella falloplastica, una tecnica che ha praticato fin dagli anni ‘90 e che ha continuamente modificato, migliorato e perfezionato durante la sua esperienza personale di migliaia di casi provenienti da tutto il mondo

PROFESSOR ANTONINO DI PIETRO

DERMATOLOGO PLASTICO presidente Fondatore dell’I.S.P.L.A.D. (International Society of PlasticRegenerative and Oncologic Dermatology), Fondatore e Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis, è anche direttore editoriale della rivista Journal of Plastic and Pathology Dermatology e direttore scientifico del mensile “Ok Salute e Benessere” e del sito www.ok-salute.it, nonché Professore a contratto in Dermatologia Plastica all’Università di Pavia (Facoltà di Medicina e Chirurgia).

DOTTOR MAURO CERVIA MEDICO VETERINARIO

è sicuramente il più conosciuto tra i medici veterinari italiani, autore di manuali di successo. Ha cominciato la professione sulle orme di suo padre e, diventato veterinario, ha “imparato a conoscere e ad amare gli animali e, soprattutto, ad amare di curare gli animali”. E’ fondatore e presidente della Onlus Amoglianimali, per aiutare quelli più sfortunati ospiti di canili e per sterilizzare gratis i randagi dove ce n’è più bisogno.

ANDREA TOMASINI

GIORNALISTA SCIENTIFICO giornalista scientifico, dopo aver girovagato per il mondo inseguendo storie di virus e di persone, oscilla tra Roma e Spoleto, collaborando con quelle biblioteche e quei musei che gli permettono di realizzare qualche sogno. Lettore quasi onnivoro, sommelier, ama cucinare. Colleziona corrispondenze-carteggi che nel corso del tempo realizzano un dialogo a distanza, diluendo nella Storia le storie, in quanto “è molto curioso degli altri”.

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Chi siamo PAOLA EMILIA CICERONE

GIORNALISTA SCIENTIFICA classe 1957, medico mancato per pigrizia e giornalista per curiosità, ha scoperto che adora ascoltare e raccontare storie. Nel tempo libero, quando non guarda serie mediche su una vecchia televisione a tubo catodico, pratica Tai Chi Chuan e meditazione. Per Generazione Over 60, ha scelto di collezionare ricordi e riflessioni in Stile Over.

GIOVANNI PAOLO MAGISTRI

BIOLOGO Classe 1951, biologo specializzato in patologia generale, si occupa di progettazione di sistemi per la gestione della sicurezza e dell’igiene delle produzioni alimentari. Socio Onorario dell’Associazione PianoLink vive sognando di diventare, un giorno, un bravo pianista.

FLAVIA CAROPPO

GIORNALISTA E AMBASCIATRICE DELLA CUCINA ITALIANA A NEW YORK Barese per nascita, milanese per professione e NewYorkese per adozione. Ha lavorato in TV (Studio Aperto, Italia 1), sulla carta stampata (Newton e Wired) e in radio (Numbers e Radio24). Ambasciatrice della cultura gastronomica italiana a New York, ha creato Dinner@Zia Flavia: cene gourmet, ricordi familiari, cultura e lezioni di vera cucina italiana. Tra i suoi ospiti ha avuto i cantanti Sting, Bruce Springsteen e Blondie

MARCO VITTORIO RANZONI

GIORNALISTA Milanese DOC, classe 1957, una laurea in Agraria nel cassetto. Per 35 anni nell’industria farmaceutica: vendite, marketing e infine comunicazione e ufficio stampa. Giornalista pubblicista, fumatore di Toscano e motociclista della domenica e -da quando è in pensione- anche del lunedì. Guidava una Citroen 2CV gialla molto prima di James Bond.

MONICA SANSONE

VIDEOMAKER operatrice di ripresa e montatrice video, specializzata nel settore medico scientifico e molto attiva in ambito sociale.

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Sommario -10Generazione F Quanto e perché cambiamo nella nostra vita? Editoriale di Minnie Luongo -16News E’ iniziato il countdown: esce “HO VINTO UNA BIOPSIA” di Minnie Luongo -19Foto d’autore Cambiare un angolo di casa… di Francesco Bellesia -21Stile Over Cervelli che cambiano Di Paola Emilia Cicerone -24Di tutto e niente Trasloco o sgombero? (di cose e anche di ricordi) Di Andrea Tomasini -31Bellezza Il cambiamento del look inizia dalla salute del capello Professor Antonino Di Pietro

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Sommario -34Comandacolore Luminosità & colori cambiano la casa e anche il nostro umore DI Antonella Catarsini e Roberta D’Amico -38Benessere Nasce la foresta Yakult: 10.000 alberi in tre anni dalla Redazione -40Da leggere (o rileggere) MinDogness, un libro per cambiare in meglio assieme al nostro cane Di Paola Emilia Cicerone -43Da vedere/ascoltare Cambiare: il trionfo di Alex Baroni a Sanremo nel 1997 dalla Redazione -46Il desco dei Gourmet Non solo cibi prelibati, ma anche ottimi vini da Zoppi & Gallotti dalla Redazione -50.In movimento Questo mese si cambia: si va… all’estero Gli Erranti

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Generazione F QUANTO E PERCHÉ CAMBIAMO NELLA NOSTRA VITA? EDITORIALE Cambiare per la Treccani ha diversi significati. Per me, come credo la maggioranza dei mortali, riguarda due aspetti: quello fisico e quello interiore. Del primo non mi sono mai curata più di tanto, non solo perché- nonostante tutte le innegabili magagne dell’invecchiamento e l’inevitabile flaccidume della pelle - io non vedo enormi differenze fra i lineamenti del viso da neonata e quelli attuali (vedi copertina), ma forse perché dopo una considerazione di Dino Buzzati su di me sedicenne, mi ritenni più che soddisfatta... a vita. La cosa andò così: mia madre, allora solo 34enne e di una bellezza strepitosa che era conscia di possedere, un pomeriggio alla Galleria Cortina chiese al suo amico se era più bella lei o la sua “figliolina” (già, disse proprio così anche perché, tedesca, non era perfettamente padrona della lingua italiana). Una domanda da non porre mai (tipo il classico “ vuoi più bene alla mamma o al papà?”) ma lei la fece, incurante dell’effetto che la risposta, scontata per entrambe, avrebbe potuto avere sulla mia insicurezza di adolescente. Ma Buzzati, invece di dirle “tu sei inequivocabilmente bella e tua figlia é, che so… un tipo” (che già avrebbe significato tanto per me), alzò gli occhi dal libro che stava leggendo e poi emanò il suo giudizio. La parte che riguardava mia madre fu in effetti come ce l’aspettavamo, ma la seconda fu sconcertante. Disse esattamente riferendosi a me: “Lei é una persona che se la vedi una volta e la guardi negli occhi, e poi la incontri dieci anni dopo tra la folla (usò questo termine, ndr), non puoi non ricordarti di averla già vista una volta nella vita”. Quindi riabbassò’ lo sguardo e tornò alla sua lettura. Rimanemmo male tutte e due: lei per non sentirsi ripetere che era la più bella del reame; io, incredula, perché immaginavo come mia madre si sentisse e mi spiaceva per lei, nonostante i nostri pessimi rapporti. Se fino ad allora non mi ero preoccupata del mio aspetto fisico, da quel momento in poi non ci pensai praticamente più. Il “complimento” ricevuto da Buzzati (che non mi stava neppure granché simpatico) sarebbe stato sufficiente per sempre.

Io diciannovenne, tre anni dopo il “giudizio” di Dino Buzzati

E poi io ero molto più attenta al mio “io interiore”.

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Generazione F Già, “dentro” com’ero e come sono diventata? Partiamo da un presupposto che scandalizza molti: io, nonostante sia una giornalista scientifica, “credo” ai segni zodiacali. O meglio, sono convinta ci sia una base che accomuna me con tutti i Cancro. Ovvio, è fondamentale l’ascendente e soprattutto l’ambiente, l’educazione, la gente che si frequenta. Voglio dire, se avessi una gemella vissuta in Malawi (Paese che ho visitato e conosciuto, e dove ho adottato un bimbo a distanza) lei sarebbe inevitabilmente diversa da me. Ma certi elementi- l’emotività, l’umore instabile, l’attaccamento al passato, la permalosità ecc cc - quelli rimangono. Anche se ci puoi lavorare sopra.

Se a ciò aggiungi che ero una bambina depressa, poi diventata una donna bipolare (ai miei tempi non si era in grado di pensare che anche i piccoli fossero depressi), si capisce perché fossi considerata “strana”. Però avevo un asso (anzi due) nella manica: l’ironia e l’autoironia, per cui anche oggi, nei momenti peggiori, riesco a vedermi dal di fuori e farmi una risata. Non importa se amara.

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Generazione F

Soprattutto imparai, da autodidatta diciamo, che nei momenti out era meglio sottrarmi alla compagnia dei tanti amici e amiche e restare da sola: avrei avuto modo di tornare ad essere la reginetta della festa appena tornata nella fase in. Certo, l’analisi mi aiutò, ma in fondo sono ancora la stessa, anche se oggi dispongo di strumenti adatti per non arrendermi quando mi sento annaspare. Perché è così che mi sento. Per quanto riguarda le emozioni, di cui mi nutro, le ho però quasi sempre tenute per me, esercitando un autocontrollo davvero eccessivo. Puntavo l’obiettivo e lo raggiungevo, facendo finta che il resto mi scivolasse addosso. La cosa più falsa che ci fosse. Con gli anni ho cominciato a scrivere su un diario e poi, incredibile, anche i social mi hanno spinto a parlare di me.

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Generazione F

Già da bambina nei momenti no preferivo viaggiare “da sola” Forse il mistero e l’ “imprevedibilità” della persona Minnie ci hanno rimesso, ma ora sento che va bene così. Probabilmente perché il tempo passa (eccome se passa!) e come dicono i vecchi “alla mia età posso dire tutto ciò he mi pare”. Il problema per me è stato riuscire a farlo, indipendentemente dall’età.

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Generazione F

Il mistero (banale)dei miei pensieri nascosti… Oltre ai diari e a Facebook, devo dire grazie agli Editoriali di questa rivista che a mano a mano, negli ultimi quattro anni, mi hanno spronato a parlare sempre più di me, scrivendo alcune cose che mi ero tenuta sempre “dentro” o confidato, ma solo di recente, ad alcuni dei tanti amici che ho la fortuna di avere. E questo è già un grosso cambiamento. Ma torniamo alle emozioni, praticamente l’unica cosa che io credo valga la pena vivere all’ennesima potenza. Le emozioni, belle o brutte, le facevo esplodere dentro di me perché ero una bambina che non piangeva, non urlava, non faceva i capricci, anche se registravo e percepivo tutto, come fossi senza pelle. E poi anche da ragazza e da adulta sembravo impenetrabile, come custode di arcani segreti.

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Generazione F Anche adesso non riesco a piangere (fatta eccezione per la morte dei miei cani), ma rido. Rido tanto ed è per questo che uso solo mascara waterproof: quando rido di cuore qualche lacrima compare. Una delle maggiori emozioni consiste- da sempre- nel vedere la mia firma sotto un articolo. Anche la decina e oltre di libri pubblicati mi ha “emozionato”, ma, confesso, molto meno. Non so perché: forse perché mi considero più giornalista che scrittrice?

Alcune presentazioni di libri pubblicati in passato: in senso orario il mio primissimo libro ( con la prefazione di Rita Levi Montalcini e Fernando Aiuti); al Circolo della Stampa fra Silvio Garattini e Riccardo Renzi; alla Libreria dello Sport con due miti, Bruno Pieroni e Candido Cannavò Ora sta succedendo una cosa inaspettata e meravigliosa: il nuovo libro- quello che sta per uscire- (vedi pagina successiva) mi emoziona. Tanto, tantissimo. E credo di sapere il motivo: per la prima volta parlo di me, in prima persona, praticamente come sto facendo con questi editoriali di Generazione Over 60. E sono ansiosa di sapere se “piacerò”. E’ una sensazione nuova e bellissima. Conferma che si cambia sempre, vivaddio. Come diceva Buddha “l’unica costante nella vita è il cambiamento”. Umilmente sottoscrivo.

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News E’ INIZIATO IL COUNTDOWN: ESCE “HO VINTO UNA BIOPSIA”

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News La prima presentazione del libro “Ho vinto una biopsia” di Minnie Luongo si terrà giovedì 19 maggio ore 17, 30 presso la Sala Pieroni della Sala Stampa Nazionale (via Cordusio 4, Milano). Assieme all’autrice parteciperanno il dottor Roberto Travaglini, oncologo e senologo, e Paola Emilia Cicerone, giornalista scientifica. Coordinerà l’incontro Edoardo Rosati, medico e giornalista medico- scientifico.

Pronti a brindare con noi al termine della presentazione? Con ottimo Foss Marai offerto dagli amici Zoppi e Gallotti!

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News Questa storia comincia con due telefonate: quella che annuncia la necessità di verificare i risultati di una mammografia, e quella con cui la paziente chiede il supporto di un’amica, che l’accompagnerà in alcune tappe del suo percorso sanitario. E poi nella scrittura di un libro che porta la firma di Minnie Luongo, la paziente, e di Paola Emilia Cicerone, l’amica accompagnatrice. Quando una giornalista che ha scritto per trent’anni di medicina si trova a fare i conti con un tumore al seno, è inevitabile rendersi conto che tutte le nozioni dispensate non sono sufficienti di fronte a un sistema sanitario poco disponibile ad accompagnare le pazienti, o a medici -non tutti, per fortuna- che non spiegano, non ascoltano, e soprattutto mancano di empatia. Da questa esperienza è nato un libro che è insieme testimonianza e “manuale di volo” con le infomazioni utili per chi vive un’esperienza simile. Un libro che, come spiega nella prefazione Paolo Veronesi, direttore del Programma Senologia dell’Istituto Europeo di Oncologia e professore ordinario all’Università di Milano “non è solo il racconto di una storia personale e una mininchiesta sul mondo del tumore del seno in Italia, ma è anche un viaggio dentro uno dei grandi problemi della medicina del terzo millennio: la difficoltà di dialogo medico-paziente”. Una caratteristica, prosegue Veronesi, che ne fa “un libro che tutti i medici che si occupano di oncologia, ma non solo, dovrebbero leggere”. → Nella prima parte l’autrice racconta la propria esperienza in prima persona, in tono lieve e spesso ironico nonostante la durezza del tema, affiancata dalla voce di Paola Emilia Cicerone che analizza a partire dalla propria esperienza le difficoltà di comunicazione con i sanitari e gli altri problemi che emergono via via durante il percorso. Il racconto è arricchito poi da ‘schede’ e spiegazioni che possono aiutare le pazienti a orientarsi nelle varie tappe del percorso terapeutico, suggerendo anche gli spunti per dialogare con i sanitari. → Oggi la gestione di un tumore è sempre di più un impegno di equipe, e, infatti, la seconda parte del volume è una “guida all’esperto” dedicata alle figure professionali (senologo, radiologo, genetista, psicooncologo, chirurgo estetico ma anche infermiere, volontario e medico di famiglia) con cui deve interfacciarsi chi si sottopone a un intervento al seno, per capire cosa chiedere a chi.

Segnatelo sull’agenda, fate il classico nodo al fazzoletto, ma non dimenticatelo!!!

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→ Nella terza parte, altrettanto importante, l’autrice, esperta di non profit e di Associazioni di pazienti, ha raccolto quelle più qualificate nel sostegno alle pazienti colpite da tumori femminili, per fornire alle lettrici un elenco di realtà presenti su tutto il territorio nazionale cui chiedere sostegno e informazioni.


Foto d’autore Cambiare un angolo di casa…

Angolino in costruzione (Francesco Bellesia)

Sia che si tratti di un trasloco, sia di una ristrutturazione, un ambiente ancora vuoto ci fa sognare… immaginando come vorremmo diventasse e quali mobili, oggetti o altro ci potremo sistemare. E’ un momento quasi magico: la costruzione di qualcosa che ancora non c’è, ma già cerchiamo di vedere con l’immaginazione. A quanti non è capitato mentre siamo in procinto di cambiare un ambiente?

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Foto d’autore FRANCESCO BELLESIA Sono nato ad Asti il 19 febbraio del 1950 ma da sempre vivo e lavoro a Milano. Dopo gli studi presso il liceo Artistico Beato Angelico ho iniziato a lavorare presso lo studio di mio padre Bruno, pubblicitario e pittore. Dopo qualche anno ho cominciato ad interessarmi di fotografia, che da quel momento è diventata la professione e la passione della mia vita. Ho lavorato per la pubblicità e l’editoria ma contemporaneamente la mia attenzione si è concentrata sulla fotografia di ricerca, libera da vincoli e condizionamenti, quel genere di espressione artistica che oggi ha trovato la sua collocazione naturale nella fotografia denominata FineArt. Un percorso parallelo che mi ha consentito di crescere e di sviluppare il mio lavoro, una sorta di vasi comunicanti che si sono alimentati tra di loro. Molte sono state le mostre allestite in questi anni e molte le manifestazioni alle quali ho partecipato con premi e riconoscimenti. Continuo il mio percorso sempre con entusiasmo e determinazione… lascio comunque parlare le immagini presenti sul mio sito.

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Stile Over CERVELLI CHE CAMBIANO Grazie alla ricerca oggi sappiamo che il cervello continua a svilupparsi durante tutta la nostra vita Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica

Ho la fortuna di essere drammaticamente distratta, fin dalla più tenera età. Sarà per questo che le défaillance dell’età matura non mi spaventano più che tanto. Ho perso gli occhiali? Mi succede da quando, in seconda liceo classico, ho scoperto che la tavola periodica degli elementi appesa al muro che vedevo come una confusa macchia di colore, per le mie compagne di classe era perfettamente decifrabile. E che quindi avevo bisogno di occhiali. Che di solito, quando li perdo, stanno sulla mia fronte, mentre è probabile che il cellulare che cerco sia lo stesso con cui sto parlando. Devo ammettere però che negli ultimi tempi i vuoti di memoria aumentano, e se la mia incapacità di memorizzare un volto è nota da decenni adesso comincio ad avere seri problemi con i nomi. Ce ne sono alcuni che il mio cervello rifiuta di memorizzare, e persone che continuo a ribattezzare. Ma anche nomi che sono lì, sulla punta della lingua, quando servono, ma si rifiutano ostinatamente di emergere. Sto invecchiando? Inevitabilmente sì, ma questo non vuol dire che il mio cervello non sia in grado di apprendere. La scoperta della plasticità cerebrale, delle capacità del sistema nervoso di modificare i propri circuiti, sia dal punto

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Stile Over di vista strutturale che funzionale, in funzione dell’esperienza, è piuttosto recente, ma oggi sappiamo che il nostro cervello continua a svilupparsi durante tutta la nostra vita. E se alcune funzioni possono essere rallentate, ci sono altre situazioni in cui un cervello maturo, in grado di utilizzare qualità come esperienza ed empatia, fornisce prestazioni anche superiori rispetto a quelle di un giovane .

Il neuroscienziato Elkhonon Goldberg Ammetto, ho dovuto scavare nella memoria per ricordare il nome esotico di Elkhonon Goldberg (https:// elkhonongoldberg.com/) il neuroscienziato americano di origine lettone autore de ll paradosso della saggezza. Come la mente diventa più forte quando il cervello invecchia. (Ponte alle Grazie 2005) . Lo intervistai proprio su questo saggio che per la prima volta non parlava del decadimento cognitivo degli anziani, ma delle loro potenzialità, insomma dei vantaggi derivanti dall’esperienza che ci aiuta a sfruttare meglio le informazioni acquisite. Goldberg introduceva il concetto di fitness cognitiva: oggi ne parlano tutti, fioriscono programmi ed esercizi pensati per mantenere allenato il nostro cervello. Gli studi sulla plasticità cerebrale si sono sviluppati, grazie anche alle tecniche di imaging, e sappiamo che il cervello di un musicista - o di uno chef - si sviluppa in modo diverso da quello di chi non è concentrato in queste mansioni (segnalo per chi

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Stile Over volesse approfondire l’ottimo Expert brain. Come la passione del lavoro modella il nostro cervello di Antonio Cerasa, Franco Angeli 2017). Lo stesso vale - e a loro era dedicato il primo esperimento di questo tipo - per il cervello del taxisti, costretti a memorizzare centinaia di percorsi. Anzi, valeva, perché l’avvento dei navigatori ha fatto venire meno la necessità di questo allenamento . E qui si potrebbe aprire un acceso dibattito sui potenziali danni generati dai supporti elettronici con cui conviviamo . Il problema esiste, ed è certo che se usiamo il navigatore anche per trovare la strada di casa il nostro senso dell’orientamento ne risentirà . Ma internet è uno strumento prezioso anche per l’allenamento cognitivo che rappresenta l’arma migliore per mantenere in forma il nostro cervello, dai programmi dedicati, ai giochi - personalmente adoro i quiz e i giochi di parole come Ruzzle - alla possibilità di leggere, studiare ed esercitare lingue, imparare cose nuove. Perché è così che manteniamo giovane il nostro cervello, uscendo dalla routine e qualche volta anche dalla “ confort zone”, buttandoci - uno dei vantaggi dell’età è che possiamo fregarcene delle brutte figure - e sperimentando cose nuove. Insomma. Vivendo. in fondo è un po’ la filosofia del nostro magazine Generazione Over 60. Il titolo di una piacevolissima serie poliziesca di qualche anno fa (New Tricks - Nuove tracce per vecchie volpi) s’ispirava a un vecchio proverbio inglese il quale afferma che non si possono insegnare nuovi trucchi a un cane vecchio. Un proverbio già ampiamente smentito dai maturi e strampalati protagonisti della serie, che utilizzavano le loro capacità e la loro esperienza per venire a capo di vecchi casi. E oggi la smentita è confermata dalla scienza. Insomma, anche se non siamo più di primo pelo, come ci ricorda la sigla di New Tricks (www.youtube.com/watch?v=_w9AAL8GeXM ) va tutto bene: abbiamo ancora molto da dire.

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Di tutto e niente TRASLOCO O SGOMBERO? (DI COSE E ANCHE DI RICORDI) Comunque lo si chiami, rappresenta un distacco, che pochi come il nostro autore, annotando alcuni momenti della sua recente esperienza, sanno raccontare con parole che vanno giù in fondo Di Andrea Tomasini – giornalista scientifico Svuoto casa -e scuoto i ricordi- perché iniziano i lavori (finalmente) dopo più di 5 anni dalla scossa di terremoto che ci ha messo in ginocchio.

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Di tutto e niente 1 febbraio L’anziana genitrice che sta riprendendo peso e tono mi ha detto che scende nel vialetto del condominio a passeggiare insieme alla sua amica e vicina. Si fanno compagnia, sostegno e conforto. Non ci avevo mai pensato prima di oggi, ma ora è lei a scendere sotto casa. Io da bambino ci andavo a giocare, lei adesso ci va a camminare, per far esercizio in sicurezza.

Siamo venuti ad abitare in questo condominio all’inizio del 1971. Facevo la terza elementare. Ritornavamo a Roma dopo qualche anno in cui avevamo vissuto a Latina. Ricordo la mattina in cui andai con mia mamma a salutare la classe – credo fosse marzo. Con il fatto che io sarei andato via, in quello scorcio d’inverno mi fu dato per primo da leggere un libro della neonata biblioteca di classe – era un libro in cui si raccontava di una favilla, di un piccolo frammento di fuoco che attraversa il tempo e lo spazio dando luce e calore. Non c’entra granché, ma ho un ricordo netto del capodanno del 1970, forse sollecitato dalla storia di quella “favilla”. Abitavamo in una casa, a Latina, al nono piano. Nelle giornate più belle dalla finestra si distinguevano le sagome delle isole Pontine. La sera, mentre si accendevano le candeline scintillanti per salutare il vecchio ed accogliere il nuovo, mi domandavo cosa sarebbe successo al giro di boa della decina. Di fatto nulla, mi resi subito conto stando sul balcone con la stellina accesa in mano. A mezzanotte nulla era cambiato, sebbene fossi in curiosa attesa. Ne rimasi deluso e accendere le miccette con la cicca della sigaretta di nonno non riusciva a mitigare la delusione. Poi i fuochi che da lassù vedevamo portarono nel consueto i miei desideri e

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Di tutto e niente le mie aspettative, smettendo presto di far domande, inutili se non irritanti, al tempo. Ricordo bene il trasloco, l’arrivo qui a casa e nel condominio con le piante appena interrate e il prato che nasceva, le aiuole con le rose. Ero contento di aver uno spazio all’aperto tranquillo in cui giocare, nel vialetto del condominio. Erano case nuove, avevano richiamato molte giovani coppie e quindi in molti bambini ci si ritrovava a giocare “di sotto”. Alcuni condomini astiosi si lamentavano che noi si giocasse e si facesse rumore, con la palla e con le voci. Ma la palla rimbalza e le voci si usano per chiamarci, nessuno gioca all’aperto silenziosamente. I nostri genitori e il regolamento era dalla nostra. Occorreva solo rispettare l’orario e le aiuole. Non si poteva calpestare il prato e non si poteva giocare prima delle 4 del pomeriggio. Quelle regole e quel rispetto hanno trasformato lo spazio comune in luogo percepito come proprio, anche perché ci si innestano ricordi che sono storie. Una avvenne all’inizio… C’era, tra i vari, un pino piantato di fronte a dove sta il balcone cui si accede dalla porta- finestra del soggiorno. Era un albero giovane come le case, il giardino, la nostra vita qui. Chi l’aveva piantato s’era preoccupato di sostenerlo e indirizzarlo verso l’alto con tre pali di sostegno convergenti, le cui estremità erano legate insieme a sorreggere la pianta per avviarla al suo futuro nel migliore dei modi. Nel marzo 1971 fece tanta, tanta neve. La neve – a Roma e a marzo nessuno poteva immaginarla. A casa da me la neve è sempre stata festosa. Stavamo tutti noi dietro quella vetrata della porta-finestra a veder fioccare. Mamma, papà, i miei nonni. In silenzio perché la neve va assaporata con gli occhi ascoltandola scendere. La chioma aumentando di peso s’inclinava verso il basso e il fusto che già faticava normalmente a sostenerla iniziò ad arcuarsi facendola pendere. La chioma tondeggiante di quel pino pesava sull’esile tronco che si piegava man mano che la neve s’accumulava. In breve il pino iniziò a dare cenni di cedimento. A casa eravamo giunti da poco e non tutto era stato messo a dimora. Il lungo bastone per le tende del soggiorno era ancora appoggiato al muro. Papà lo prese, mamma gli mise una coperta sulle spalle e lui uscì per liberare l’albero dalla neve. Il tronco faticò a riprendersi, ma rami e aghi ripresero la liberà di ergersi liberi. Vegliammo la situazione incerti se l’intervento avesse mai potuto sortire effetti. La mattina dopo, quando scendemmo giù a giocare nel vialetto imbiancato, l’alberello aveva recuperato la sua postura – esile ma dritto. L’albero c’è ancora - alto e bello, il più alto e bello, sul vialetto del condominio dove io bambino giocavo, mia figlia ha imparato a camminare e ora l’anziana genitrice va a far esercizio, passeggia con il bastone, che sembra proprio non sappia usare e conversa con la sua amica Lucia. Si conoscono ormai da quasi 55 anni e si sostengono a vicenda anche mediante i ricordi – più forti del bastione, più sicuri dei passi con cui passeggiano oggi . Il tempo passa, lo spazio resta . Qui io ci giocavo da piccolo, ora lei ci passeggia da anziana . Difficile resistere alla tentazione di immaginare una circolarità esistenziale, osservando come gli estremi della vita si lambiscono . Ho sentito l’anziana genitrice quando ha aperto il portone dire a Lucia “Grazie dello stimolo” – perché è lei che l’aveva sollecitata a scendere e camminare. Dentro casa, con il berretto ancora calcato in testa, gli occhiali scuri e la mascherina a coprire, prima di andare a togliersi il piumino si avvicina e orgogliosa mi fa, soddisfatta con il sorriso nelle parole: “Tre quarti d’ora, sempre di continuo”. Poi andando in camera, ha aggiunto tra sé, come se potessi non sentirla in questa micro-casa, “ce l’ho fatta, va’, dissimulando una volta da sola un minimo d’affanno.

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Di tutto e niente 8 febbraio

Spazio… bisogno di spazio!

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Di tutto e niente Sveglio dalle 4 a far pacchi con i libri e le carte… sembra un po’ un’ossessione, quella dello spazio. Spazio per i libri, spazio per leggere e scrivere, e spazio per la memoria. Spazio per le parole che sto inscatolando ormai pressato dall’urgenza senza un ordine, solo segnando sullo scatolone dove stavano. In alcuni momenti son certo di farcela, in altri mi scoraggio e penso che mai e poi mai ne verrò a capo. La cosa curiosa è che a volte la passione per l’immateriale ti obbliga a esperire o a esprimere una fisicità di cui -avvertendone l’ostica consistenza ti sorprendi. Ma solo per un attimo. Si, perché costituisce un po’ il corrispettivo della parola libro - sia il testo “leggero” opera di ingegno di un autore, sia il pesante insieme di fogli di carta cuciti assieme e tenuti uniti e protetti dal tempo mediante una copertina… Sveglio da ormai due ore e solo una caffettiera in corpo. Corpo che fatica e si lamenta. La schiena e l’occhio - la carta e le parole scritte… 13 febbraio Mi vado convincendo che per fare i traslochi serva o una potente anestesia o almeno antidolorifici. In assenza di medicinali, posso affermare che un costante livello di alcol aiuta, mentre la solitudine nuoce. Mi osservo e mi rendo conto che rallento per rinviare il distacco dalle cose e dalla casa che, così come è ora, l’hanno vista persone che ho amato che non ci sono più ma che ancora vivono tra queste mura. Mi vengono in mente due bellissimi racconti di Corrado Alvaro che furono riproposti da Vie del Vento nel 2007 intitolando il volumetto “Viaggi attraverso le cose”.

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Di tutto e niente Magari esagero. Ma anche in occasione di altri traslochi -me ne rendo conto adesso ricordando dei precedenti e osservandomi stavolta- che mi attardo. A volte rallentare o esser in ritardo può nascondere il desiderio di trovare una via di fuga, un modo per dilatare il tempo, espandere l’ora, rinviare il distacco. Domani è lunedì. Non ricordo una settimana più caotica e densa di questa che per iniziare... 14 febbraio

Il caffè del trasloco

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Di tutto e niente Non so se sia corretto chiamarlo trasloco. Forse sgombero è più appropriato. In qualche modo restiamo sulla soglia. Le cose vanno via, casa si svuota, ma noi torniamo qui appena saranno finiti i lavori per ripristinare casa dai danni inflitti dal terremoto. Oggi è tante cose: il primo giorno con i trasportatori, San Valentino, la Giornata Mondiale dell’epilessia. Mi sento coinvolto su tutti i fronti. Buona giornata… 15 febbraio Ho trovato tante cose. Certo - cose di casa. Foto che non sapevo. Assemblaggi di cose che da soli raccontano di vicende. In una scatola tutti i farmaci che prendeva alla fine mia nonna. Piccole collezioni inaspettate - le monete di nonno, i francobolli a cui sembrava dovessi appassionarmi e che non divertivano nessuno qui a casa - ma ero stato associato a un circolo filatelico. Appunti: tanti, diversi, inutili. Liste della spesa. Agende iniziate ma poi lasciate sole a recare inutilmente impressi i giorni degli anni che trascorrevano -che sono trascorsi- colmi di vicende ignorando quelle pagine giornaliere vuote. Inviti a conferenze, presentazioni, seminari. Badge di congressi. Biglietti da visita. Dépliant. Ho trovato cose che sapevo di avere e che non mi spiegavo di non ritrovare - ma è ormai quasi un decennio che vivo lo strabismo del pendolare tra due città e ne patisco gli effetti. Andando e venendo, ogni di volta in volta sono spoletino fino a Orte o romano fino a Orte, a seconda del senso di marcia . Ho aperto una scatola e ho visto papà accanto a mamma. Una foto in biancoenero che feci, sviluppai e stampai io. “Chissà come verrà bella” - mi dice l’anziana genitrice, un po’ anche lei patendo il vuoto di queste stanze, vedendole un po’ come le ho viste io e ricordandole come mi ha raccontato lei averle abitate prima di me. In realtà non “verrà” più bella, perché si tratta di un ripristino com’era, dopo le pesanti offese del terremoto. Quello che la renderà davvero bella sarà rientraci, starci insieme e riannodare i fili del discorso abitandola, arredando le stanze ora vuote con i vecchi mobili, con le nostre voci e con le luci dei nostri sguardi.

Il trasloco fa affiorare un’opera. .. giovanile…

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Bellezza IL CAMBIAMENTO DEL LOOK INIZIA DALLA SALUTE DEL CAPELLO Un nuovo taglio è in grado di migliorare e trasformare la nostra fisionomia, ma non serve se prima non si pensa a curare la chioma Professor Antonino Di Pietro – dermatologo plastico http://www.dermoclinico.com

Si dice spesso che i capelli sono la cornice di un volto, ma a pensarci bene anche un nuovo taglio e un’acconciatura diversa possono non solo cambiare, se non trasformare, la nostra fisionomia. Prima però è necessario preoccuparsi della salute del capello, come spiega il nostro professor Antonino Di Pietro. Cominciamo col chiederci quando è lecito preoccuparsi di una caduta che ci pare eccessiva. “Il capello ha un suo ciclo di vita che dura da due a sei anni, per poi cadere e lasciare il posto a un nuovo che rinasce. Ogni giorno si perdono dai 40 ai 120 capelli circa, per cui un ricambio della capigliatura è un

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Bellezza processo fisiologico normale. Ma in caso di un aumento anomalo della perdita per un periodo prolungato, di diradamento in alcuni punti e di una modifica della qualità del capello, sarebbe utile rivolgersi a un dermatologo per una visita specialistica”. I fattori di crescita delle piastrine “Il Prp, acronimo che indica il plasma ricco di piastrine, identifica anche una tecnica all’avanguardia per stimolare il metabolismo follicolare e la rigenerazione cellulare, attraverso l’infiltrazione di un gel piastrinico ottenuto dal proprio sangue . Le piastrine del proprio sangue, infatti, sono ricche di fattori di crescita che hanno un’azione stimolante e rigenerante anche sui bulbi piliferi . Per questo motivo la tecnica Prp risulta utile quando i capelli cominciano a diradarsi e assottigliarsi. Buoni risultati si osservano anche nelle alopecie, cioè un tipo di perdita di capelli a chiazze. La seduta inizia con un prelievo di 5-10 ml di sangue, che poi verrà centrifugato all’interno di provette per ottenere in pochi minuti un siero gelatinoso (il plasma) ricco di piastrine. Questo siero viene, quindi, infuso con microiniezioni a pochi millimetri di profondità per rigenerare e stimolare i bulbi piliferi. Il trattamento richiede circa 30-40 minuti e i primi risultati sono visibili dopo uno-due mesi. Nel giro di sei mesi, nella maggior parte dei casi, si assiste a un miglioramento della ricrescita e a un rinfoltimento della chioma. Il trattamento prevede, in media, da una a due sedute mensili e può essere utile una seduta di richiamo una volta all’anno. Il trattamento è mini-invasivo e non presenta rischi o effetti collaterali, in quanto vengono utilizzati componenti del proprio sangue. È però importante sapere che il Prp può essere eseguito solo in strutture mediche autorizzate da un centro trasfusionale ospedaliero. Maneggiare

il

sangue

in

locali

non idonei e senza autorizzazione obbligatoria non solo è fuori legge, ma può rappresenti tare un rischio di gravi

Ma chi l’ha detto che i capelli lunghi non si possono sfoggiare dopo una certa età?

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infezioni e setticemie pericolose” .


Bellezza Il nuovo trattamento “Esiste un’altra terapia recente messa a punto dai dermatologi dell’Istituto Dermoclinico. Si chiama Biorevis e consiste in microiniezioni indolori sul cuoio capelluto a 2 millimetri di profondità di aminoacidi e peptidi che hanno un’azione rigenerante e stimolante sui bulbi piliferi. Queste sostanze sono all’interno di un filler di acido ialuronico, che libera gradualmente i principi attivi amplificandone l’azione e l’efficacia. Questa nuova terapia, priva di controindicazioni, può essere associata al trattamento Prp, potenziando i risultati e l’efficacia. Le microiniezioni vengono eseguite ogni 15 giorni per quattro o cinque sedute. Il mantenimento prevede una seduta ogni tre mesi circa”.

Con una chioma sana e ben trattata si può (e si deve) osare!

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Comandacolore LUMINOSITÀ & COLORI CAMBIANO LA CASA E ANCHE IL NOSTRO UMORE Rendere l’ambiente più accogliente e armonico ha effetti decisamente positivi: ecco i suggerimenti delle esperte Di Antonella Catarsini (interior designer) e Roberta D’Amico (architetto) “Comandacolore”, studio di progettazione architettonica e cromatica http:// www.comandacolore.it

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Comandacolore La pandemia ha costretto a rivedere le nostre abitudini e il nostro modo di vivere gli spazi. Oggi la casa la immaginiamo fluida, in cui indoor e outdoor dialogano lasciando spazio al benessere personale, per ritrovare equilibrio e serenità. La casa del futuro dovrà prendersi cura di te, e non solo viceversa. La luminosità è un elemento centrale per rendere vivibili gli ambienti. Non solo perché li fa sembrare più spaziosi, ma anche perché fa bene al tuo umore. A livello pratico la luce aiuta a non affaticare gli occhi e a tenere traccia del passare del tempo, regolando i cicli vitali in modo naturale. Esistono diverse soluzioni per aumentare la luce della casa, anche in mancanza di grandi finestre. Grazie a piccoli trucchi come la presenza di specchi e mobili in materiali riflettenti si può amplificare l’effetto della – anche se poca – luce naturale. Anche i colori sono un valido e prezioso contributo. Innanzitutto prediligere per i muri delle pitture luminose e brillanti: contribuiscono a potenziare la luce naturale e a rendere gli ambienti più ampi. Assolutamente banditi i colori scuri e spenti che rendono gli ambienti cupi, come il grigio e il nero; ma anche le tinte troppo sature possono creare un’atmosfera pesante . Attenzione anche all’uso smodato dei colori. In tempi così impegnativi e psicologicamente faticosi abbiamo bisogno di ritrovare nuovi stimoli e gioia di vivere: pertanto, verrebbe spontaneo ricorrere all’uso eccessivo del colore, pensando di portare serenità e allegria nelle case.Ma dobbiamo fare attenzione a non generare caos e iperstimolazione cromatica: l’effetto sarebbe opposto a quello desiderato e aumenterebbe il nostro disagio. Rendere la nostra casa più accogliente e armonica può avere solo effetti positivi, e con l’utilizzo dei colori giusti per le pareti, arredi o accessori, fiori e piante, l’obiettivo può essere raggiunto. Le tinte neutre e le tinte terrose sono adatte agli

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Comandacolore arredi o alle pavimentazioni, poiché evocando la terra e la natura ci trasferiscono sensazioni di solidità e di stabilità. Una corretta alternanza di toni caldi e freddi, con piccoli accenti di colore creano un equilibrio perfetto: i colori caldi invitano alla convivialità, alla loquacità e alla voglia di permanenza all’interno dell’ambiente; le colorazioni fredde hanno il potere di rallentare la pressione sanguigna e la respirazione, favorendo il rilassamento . Qualche esempio pratico?

L’azzurro, da sempre associato alla meditazione, genera un effetto rilassante, un senso di pace e di serenità, perfetto per l’area dedicata alla camera da letto e al relax. Il verde, colore simbolo dell’armonia, della natura e dell’equilibrio, è il colore della spinta verso il benessere, scelta anch’essa quindi perfetta per favorire il rilassamento; il verde inoltre è anche il colore che favorisce la riflessione e la calma senza

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Comandacolore incidere negativamente sulle prestazioni mentali, risulta molto adatto per lo spazio dedicato al lavoro da remoto. Sarà poi fondamentale ritagliare un “vero” angolo verde. Restare confinati in un ambiente artificiale ci ha fatto toccare con mano l’importanza della natura . Basta anche solo un piccolo orto in terrazzo, una pianta in salotto o un giardinetto privato. Qualora non fosse realizzabile, la carta da parati corre in aiuto a ricreare questa illusione con le sue svariate fantasie.

Un’attenzione alla biofilia è ormai vitale. Il verde delle piante tranquillizza, ti rimette in contatto con una dimensione più semplice, a misura d’uomo, e dà colore anche a quei momenti in cui tutto sembra grigio.

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Benessere NASCE LA FORESTA YAKULT: 10.000 ALBERI IN TRE ANNI Informazione promozionale A cura della Redazione

Yakult Europe ha avviato una partnership triennale con Treedom, piattaforma web globale che permette di piantare alberi e foreste in tutto il mondo, al fine di rendere il pianeta più verde (https://www.treedom. net). Un’iniziativa in linea con la missione e la visione di Yakult, che punta a contribuire alla biodiversità e alla riforestazione, offrendo contemporaneamente opportunità di sviluppo sociale ed economico alle comunità locali. “La nostra missione è quella di contribuire alla salute e al benessere delle persone in tutto il mondo”, spiega Hiroyasu Matsubara, Managing Director di Yakult Europe, sede centrale e stabilimento produttivo di Yakult per il mercato europeo, affiliata a Yakult Honsha Co., Ltd. “Affinché le persone siano in salute, anche tutto ciò che le circonda deve esserlo”, prosegue Hiroyasu Matsubara. “Facendo crescere la “foresta Yakult”, contribuiamo alla biodiversità e alla riforestazione, al fine di combattere il cambiamento climatico. Il progetto a valenza sociale di Treedom inoltre garantisce l‘approvvigionamento alimentare, l’empowerment e il sostentamento delle comunità che si prendono cura degli alberi”. Dallo scorso anno Yakult Honsha, capogruppo mondiale che ha sede in Giappone, ha dato vita a “Yakult Group Environmental Vision”, un’iniziativa che ha l’obiettivo di unire “People and Planet as One”, puntando a raggiungere nel 2050 emissioni di carbonio pari a zero, mentre uno dei primi traguardi

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Benessere nell’ambito della sostenibilità da raggiungere entro il 2030, così come stabilito nell’Environmental Vision del Gruppo Yakult, è preservare la biodiversità supportando e partecipando ad attività di conservazione, oltre a promuovere l’educazione ambientale. “Questa partnership con Treedom risponde a entrambe le esigenze, per questo siamo fiduciosi del suo successo”, ha aggiunto Hiroyasu Matsubara. “L’obiettivo di Treedom è quello di unire le comunità con un unico scopo: rendere il pianeta più verde ed equo”, spiega Federico Garcea, CEO & Founder di Treedom: “Un’ambizione che prende forma grazie all’entusiasmo di persone e aziende, di diversi paesi e culture. Siamo felici di inaugurare la collaborazione con Yakult Europe. Il loro impegno per un progetto a lungo termine andrà a beneficio delle comunità rurali coinvolte e di tutti noi”. Treedom consente a chiunque di piantare un albero a distanza e seguire la storia del progetto per cui è stato piantato: ogni albero è geolocalizzato e fotografato, con aggiornamenti regolarmente pubblicati on line su un Diario degli Alberi. Ogni albero ha un codice univoco, che permette di utilizzarlo anche per essere un regalo . In questo modo gli alberi di Treedom creano un legame duraturo tra le persone, consentendo alle aziende di agire per proteggere l’ambiente e le comunità che lo abitano. Dalla sua fondazione a Firenze nel 2010, Treedom ha piantato quasi tre milioni di alberi con il supporto di oltre 100.000 agricoltori in diciassette paesi, tra cui Kenya, Colombia, Guatemala e Camerun. Gli alberi apportano benefici ambientali (compensazione delle emissioni di CO2, sostegno alla biodiversità, lotta all’erosione del suolo e alla deforestazione) ma anche sociali (formazione, sicurezza alimentare, responsabilizzazione e reddito). Grazie a questo innovativo modello di social business, Treedom ha ricevuto l’accreditamento Certified B Corporation, ed è stata così accolta nel network di aziende che si distinguono per le elevate performance ambientali e sociali. www.yakulteurope.com

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Da leggere (o rileggere) MINDOGNESS, UN LIBRO PER CAMBIARE IN MEGLIO ASSIEME AL NOSTRO CANE Come fare meditazione con gli amici pelosi? Ce lo spiega Cristina Serra in un interessante saggio Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica

Cristina Serra con la sua Luna. Foto di Demis Albertacci Cani e meditazione sembrano temi troppo lontani da loro per rientrare in un medesimo articolo. Eppure chi tra le mura domestiche pratica meditazione, o attività come yoga o Tai chi chuan, sa che se in casa ci sono animali spesso si mostrano interessati a queste attività, assistono, fanno compagnia. Insomma sono “presenti”: un termine interessante, considerato che una delle pratiche meditative più diffuse, la Mindfulness, si basa tra l’altro sull’essere presenti a ogni momento della nostra esistenza, ascoltando il nostro corpo, ma anche i pensieri e le emozioni, senza giudicarle e senza farcene travolgere . E questo è qualcosa che gli animali sanno fare molto bene.

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Da leggere (o rileggere)

Come ci spiega Cristina Serra, giornalista, biologa e istruttore mindfulness in formazione, in un curioso saggio/manuale intitolato MinDogness Meditare a sei zampe (Ultra 2021) https://www. amazon.it/Minddogness-Meditare-zampe-Cristina-Serra/dp/8892780913 . Un libro che parte dalla descrizione di somiglianze e differenze tra noi e i nostri amici animali, per arrivare a proporre veri e propri esercizi di pratica meditativa a due o, come scrive l’autrice, “a sei zampe” . Troppo facile commentare che i cani non meditano: certo, non siedono a gambe incrociate, ma se meditare significa vivere nel momento presente si potrebbe dire che meditano quasi sempre. Cristina Serra lo spiega partendo dalle sue esperienze con Luna, la vivace terrier grigia che da una decina d’anni è sua compagna di vita, cui questo libro è dedicato : i cani percepiscono anche troppo bene le nostre emozioni, e stare vicini a un umano che medita può rasserenarli, e avere un vero e proprio effetto terapeutico su animali ansiosi o traumatizzati. Mentre per noi umani

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Da leggere (o rileggere) meditare vicino a un quattrozampe, e ancora dì più assumere un atteggiamento meditativo nelle nostre interazioni con lui, significa accoglierlo con il rispetto e l’empatia dovuti a un essere senziente, diverso eppure capace di interagire con noi, e di comprenderci grazie alla sua indole dì animale sociale e soprattutto ai millenni trascorsi al nostro fianco. I ricercatori, continua Serra, non sono ancora del tutto convinti del fatto che i cani siano capaci di provare empatia, ma le ricerche che lo confermano sono sempre più numerose e “chi possiede un amico con la coda” ne è già ampiamente convinto. Personalmente, la proposta che trovo più intrigante -tra i percorsi meditativi proposti da Cristina, corredati di tracce audio per sperimentarli in prima persona - è quella della passeggiata meditativa. Una pratica che fa parte della Mindfulness, e che per molti di noi, poco avvezzi a fermarsi in contemplazione, rappresenta un’opportunità per accedere più facilmente all’universo Mindfulness: camminare è semplice, ma quanti hanno camminato ascoltando la consistenza del terreno, il modo in cui appoggiamo il piede? “Se mi metto davvero in ascolto sento che ogni passo è diverso dal precedente”, suggerisce Serra, “uno è incerto, un altro accoglie lo schiocco di un rametto, la suola sente le asperità…” . Lasciamo a chi leggerà questo libro il piacere di scoprire la descrizione completa della passeggiata . E molto altro, dalla riflessione sulle basi biologiche delle nostre emozioni alle ricerche più aggiornate sull’efficacia della Mindfulness sempre tenendo conto, come ricorda l’autrice, che non si medita per liberarsi dallo stress, ma che meditare ci aiuta a farlo. Un capitolo dedicato alle origini del buddismo - la tradizione alla base della Mindfulness - e al percorso che questo propone per liberarsi dalla sofferenza (l’Ottuplice sentiero) ci mette in contatto con una saggezza antica radicata nella Gentilezza amorevole e nel rispetto per ogni forma vivente. Di cui troviamo un’eco nel respiro quieto della piccola Luna, e dei suoi simili che, (Credit: foto Demis Albertacci) come ricorda l’autrice può aiutare a sintonizzarci al ritmo della vita.

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Da vedere/ascoltare CAMBIARE: IL TRIONFO DI ALEX BARONI A SANREMO NEL 1997 A cura della Redazione

Alex Baroni Dici “cambiare” e, almeno per quanto riguarda la musica, pensi subito all’omonimo brano di Alex Baroni, che proprio con il brano Cambiare esordisce, come solista, al Festival di Sanremo 1997, nella categoria Cantanti Giovani, ottenendo il premio di “Miglior Voce del Festival” ed il “Premio Volare”, intitolato a Domenico Modugno. Dopo il grande successo di Sanremo ’97, la carriera di Baroni subisce una grande svolta, piena di collaborazioni importantissime, nel panorama musicale sia italiano che internazionale (arriva a collaborare, infatti, con artisti quali Simon Le Bon, George Michael, Boy George etc.). Il bellissimo percorso del cantautore, però, viene stroncato da un tragico incidente stradale, avvenuto nel pomeriggio del 19 marzo del 2002 a Roma,per cui Alex muore a soli 36 anni. *Il brano “Cambiare” parla di un tema che accomuna la storia emotiva di tutti noi: il problema e la difficoltà di superare la fine di un amore, la profonda lacerazione che si crea nell’animo umano quando si capisce di dover operare un cambiamento nella propria vita ma si è, contemporaneamente, ben consapevoli di essere

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Da vedere/ascoltare ancora legati al sentimento che si prova. Nella prima sezione di strofa il protagonista è deciso a combattere il suo sentimento che è pronto a ripresentarsi persino durante il sogno. Nella seconda sezione, invece, è come se ci fosse un cambio introspettivo improvviso: si mette a pensare alla persona amata, chiedendosi come potrà essere il suo futuro (quanti amori avrai, cosa gli dirai…). Poi, il discorso introspettivo improvvisamente si interrompe: “e quanto anche di me…” è una frase che non si conclude, e che lascia spazio, subito dopo, al ritorno alla coscienza, alla razionalità con “io dovrò cambiare”. Dunque, il sentimento, evidentemente molto forte e radicato riaffiora nella mente del protagonista che risulta, evidentemente, diviso tra una razionale determinazione verso il cambiamento e un amore a cui rimane ancora, chiaramente, aggrappato. Cambiare, infatti, non è affatto semplice. Il sentimento che si ripresenta, anche in maniera molto presente, è capace di provocare e di riportare la mente a pensieri che vanno superati, che devono riuscire a non provocare più sofferenza. Amore, non mi provocare Arriverò fino alla fine di te Amore, mi dovrà passare Per restare libero Cambiare…Il guerriero diventa un prigioniero che vuole e sente di meritare di finire di scontare la sua prigionia, che vuole essere lasciato libero. * Lia Besagni Corso di canto 2° professionale 19/20 (Docente NAM: Jenny Tempesta) https://youtu.be/HkCj_YLl0iA

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Da vedere/ascoltare Ecco il testo completo, dove ci siamo permessi di evidenziare le strofe che parlano di “cambiamento”:

Ti nasconderai Dentro i sogni miei Ma io non dormirò Mi dovrà passare E quanti amori avrai Che cosa gli dirai E quanto anche di me Io dovrò cambiare Amore, non mi provocare Arriverò fino alla fine di te Amore, mi dovrà passare Per restare libero, cambiare Ti nasconderai Dentro gli occhi miei Ma io non guarderò Io dovrò cambiare Amore che non può volare Resterai qui fino alla fine di me Oh, amore, mi dovrà passare Per diventare libero, cambiare, cambiare Combatterò con le mie notti bianche, oh Combatterò, devo ricominciare a inventare me Amore, non mi provocare Arriverò fino alla fine di te Amore da dimenticare Per diventare libero, cambiare, cambiare E per non cadere più, cambiare Fonte: Musixmatch

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Il desco dei Gourmet ©GABRIELE REINA

©GABRIELE REINA

NON SOLO CIBI PRELIBATI, MA ANCHE OTTIMI VINI DA ZOPPI & GALLOTTI Informazione promozionale A cura della Redazione

I clienti della rinomata ditta Zoppi & Gallotti già lo sanno, ma è meglio ricordarlo: in via Cesare Battisti a Milano non si vendono solo prelibatezze culinarie, ma anche ottimi vini per accompagnarle. Il prossimo mese daremo la parola a Carlo Gallotti per illustrarci un prodotto particolare, ma per i vini l’esperto è Giuseppe Zoppi: “In effetti li abbiamo sempre venduti; quando nel lontano 1984 abbiamo rilevato il locale da Marchesi ne abbiamo trovati alcuni, ma abbiamo arricchito l’assortimento con bianchi, rossi, spumanti… “

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Il desco dei Gourmet E con la passione che lo contraddistingue ci conduce nell’ampio spazio dedicato al nettare degli dei, dove le bottiglie sono disposte sugli scaffali in ordine meticoloso, anche a seconda del luogo di provenienza: “La vita va affrontata con passione, in tutto ciò che facciamo- rimarca infatti Zoppi- ed è naturale che anche per vendere una bottiglia di vino ci si debba impegnare. Ecco perché quando acquisto un prodotto voglio sempre prima visitare l’azienda, specie quando si tratta di piccole aziende o aziende non abbastanza conosciute”. “Già, perché è facile vendere un Dom Pérignon o un Cristal (che pure teniamo), ma è possibile bere champagne ottimi senza spendere cifre per molti proibitive. Per esempio, noi importiamo direttamente due champagne- “Deutz” e Boizel”- da aziende che prima, come mia abitudine, ho voluto visitare”.

Boizel e Deutz, due ottimi champagne importati direttamente da Zoppi e Gallotti

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Il desco dei Gourmet Ancor prima dell’azienda Giuseppe Zoppi ci rivela di voler conoscere personalmente il titolare. A questo proposito ci racconta di quando incontrò Alvaro Pecorari, il titolare di “Lis Neris”, una cantina importante e dalla lunga storia della terra friulana che produce un eccezionale vino bianco (e non solo) . Ormai, a livello internazionale, i vini Lis Neris sono considerati eccellenti espressioni della terra di confine nei pressi di Gorizia, nelle valli dell’Isonzo ma anni fa quando Zoppi ebbe visitato l’azienda e dopo aver parlato per un paio d’ore con il titolare, al momento in cui questi lo invitò ad assaggiare il prodotto, lui rispose semplicemente che non ce n’era bisogno: aveva visto e saputo tutto ciò che gli occorreva per essere sicuro di ciò che Zoppi & Gallotti andavano ad acquistare.

E se volete un consiglio, non esitate a domandare. “ In questo caso- sottolinea Giuseppe Zoppi- la prima domanda che pongo al cliente è Questo cibo a che cosa vuole abbinarlo? Faccio un esempio: un arrosto richiede un vino rosso ma leggero, poco alcolico, a differenza delle carni rosse che vanno d’accordo con un vino più corposo e con una gradazione alcolica maggiore”. E oggi che si abbina il rosso anche con il pesce, come comportarsi? “Non sono assolutamente contrario : per esempio, vini rossi freschi (mai gelati ! ) si sposano bene con alcuni pesci, il guazzetto in primis . Mentre per i

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Il desco dei Gourmet formaggi consiglierei, al posto dei tradizionali rossi, un Ménard, vino bianco francese- Cotes de Gascogneche, molto morbido e profumato, ti seduce e ti cattura… quasi come può fare una donna”. La raccomandazione principale resta sempre una: bere poco ma bene!

Zoppi e Gallotti Via privata Cesare Battisti 2, Milano Tel. 02/5512898. Per ordini e richiesta di preventivi potete scrivere una e-mail a: info@zoppiegallotti.com Sito Internet: http://www.zoppiegallotti.com

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In movimento QUESTO MESE SI CAMBIA: SI VA… ALL’ESTERO Un’escursione in Svizzera, intorno alla Via Mala. Alla ricerca di percorsi diversi da quelli del turismo di massa Gli Erranti

La chiesa di San Martino (Zillis- Reischen)

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In movimento La partenza è in autostrada, direzione Como/Lugano/Bellinzona//Passo del San Bernardino/Splugen. Siamo diretti alla Via Mala, una stretta gola lungo il corso del Reno Posteriore, nel Cantone dei Grigioni, antica via di collegamento tra la Lombardia e il sud della Germania. La nostra prima tappa, nel paesino di Zillis-Reischen, è la chiesa di San Martino, che ospita uno dei quattro soffitti medievali in legno dipinto rimasti in Europa. Un capolavoro dipinto tra il 1109 e il 1114, che copre una superficie di 17 metri per 9 articolati in 153 pannelli, numero che corrisponde a quello dei pesci pescati dagli apostoli nel mare di Tiberiade. Il biglietto d’ingresso dà diritto a uno specchio, che offre l’opportunità di vedere il soffitto stando comodamente seduti: in questo modo si possono ammirare le ricchissime raffigurazioni, dai pannelli esterni che raffigurano sirene, nereidi e altre creature fantastiche che popolano l’oceano, a quelli interni che ripercorrono la vita di Cristo, mentre le ultime tavole raccontano la storia di San Martino, il santo da cui prende il nome la chiesa. Secondo lo storico Erwin Pöschel, il maestro che operò a Zillis fu un certo Lopicino, di cui si registra la morte nella chiesa di Coira. Si ritiene che quest’opera sia paragonabile solo ad altri tre soffitti medievali lignei dipinti conservati in Europa, e precisamente in Germania nella Chiesa di San Michele di Hildesheim, in Gran Bretagna nella cattedrale di Peterborough e a Södra Rada nel sud della Svezia. La seconda tappa del nostro viaggio è Coira, capitale del cantone dei Grigioni. Abitata dal terzo millennio avanti Cristo, “la città più vecchia in Svizzera”, come spesso è definita, offre piacevoli opportunità di sosta con i suoi monumenti musei e chiese. Ma noi siamo come sempre alla ricerca del particolare e ci fermiamo solo una notte. La nostra prossima meta è la cappella di San Benedetto nel villaggio di Sumvitgs. Siamo sulla strada che ci porterà verso casa, attraverso il passo del Lucomagno, Bellinzona e Lugano, per visitare quest’opera d’arte in legno che spunta dal nulla al limite del bosco, dopo un tornante con un panorama da togliere il fiato. Realizzata negli anni ’80 del secolo scorso da Peter Zumthor e Annalisa Zumthor-Cuorad, la cappella di San Benedetg o San Benedetto è stata progettata nel rispetto dello spirito del luogo e dei suoi materiali più caratteristici: la semplice struttura in legno si innalza come una scultura da un prato inclinato, ma la vera protagonista del progetto è la luce naturale che inonda lo spazio interno. Una caratteristica che si ritrova in molte opere di Zumthor, nato a Basilea nel 1943, figlio di un ebanista dal quale ha ricevuto la prima formazione artistica. Le semplici scandole del tetto, assi di legno lavorate e disposte secondo una tecnica antichissima, sono un evidente richiamo alle tradizioni della regione, ma le linee rigidamente austere e insieme raccolte dello spazio sono assolutamente contemporanee. Poco distante da San Benedetto si trovano anche i resti della precedente cappella barocca, distrutta anni prima da una valanga .

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In movimento E’ il momento di tornare verso casa, con negli occhi la bellezza di due monumenti molto diversi tra loro, ma uniti dal fatto di essere al di fuori dei percorsi tradizionali del turismo di massa.

La cappella di San Benedetto

Dopo una valanga…

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Immagini e fotografie

Copyright Dove non espressamente indicato le foto o le immagini presenti attualmente nella rivista sono situate su internet e costituite da materiale largamente diffuso e ritenuto di pubblico dominio. Su tali foto ed immagini la rivista non detiene, quindi, alcun diritto d’autore e non è intenzione dell’autore della rivista di appropriarsi indebitamente di immagini di proprietà altrui, pertanto, se detenete il copyright di qualsiasi foto, immagine o oggetto presente, oggi ed in futuro, su questa rivista, o per qualsiasi problema riguardante il diritto d’autore, inviate subito una mail all’indirizzo generazioneover60@gmail.com indicando i vostri dati e le immagini in oggetto.

Tramite l’inserimento permanente del nome dell’autore delle fotografie, la rimozione delle stesse o altra soluzione, siamo certi di risolvere il problema ed iniziare una fruttuosa collaborazione.

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ILLUSTRAZIONE DI ATTILIO ORTOLANI


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