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2.1.5 Fabbisogni formativi e competenze
2.1.5 Fabbisogni formativi e competenze
Il sistema di istruzione e formazione regionale nel settore agroalimentare presenta un buon livello di integrazione fra gli attori della formazione terziaria e, in particolare, fra Università, Fondazioni ITS e Enti di formazione. Tale integrazione andrebbe, tuttavia, potenziata, a livello di sistema regionale, per superare alcune difficoltà che si riscontrano sia sul versante impresa sia su quello dei giovani che fruiscono delle diverse opportunità formative. Per quanto riguarda le imprese il problema principale è legato alla ridotta disponibilità delle stesse a proporsi come sede formativa per stage/tirocini, specie per percorsi ITS che hanno una durata obbligatoria di 800 ore. Un altro problema è legato alla scarsa targetizzazione, almeno in termini comunicativi verso l’esterno, dei percorsi di studio della formazione terziaria che rende difficile per l’impresa capire esattamente come si differenziano le competenze di chi ha svolto gli studi in ambito IFTS o ITS da quelle di chi ha conseguito una laurea o anche livelli superiori di istruzione universitaria. Infine, l’impossibilità di passare dal sistema di formazione terziaria non accademica a quello di istruzione accademica con un meccanismo di riconoscimento automatico dei crediti impedisce una distribuzione ottimale degli studenti lungo tutta la filiera formativa in quanto chi opta, ad esempio per un ITS, non potrà poi proseguire gli studi a livello universitario. Questa separazione fra sistemi, infatti, può spingere verso il percorso universitario persone che potrebbero, invece, scegliere percorsi più brevi se solo avessero la possibilità, anche solo teorica, di poter proseguire gli studi. Analizzando questa situazione sotto un altro profilo, quello della dispersione universitaria, una maggiore comunicazione fra i diversi ambiti di formazione terziaria permetterebbe di “ripescare” nel sistema della formazione regionale chi ha problemi di proseguimento degli studi universitari. In questo modo si migliorerebbe il supporto agli studenti che incontrano delle difficoltà nel percorso universitario, evitando che diventino drop out e, per la stessa ragione, le strutture formative ne guadagnerebbero in termini di marketing. Per affrontare questi nodi critici è necessario, in primo luogo, incrementare gli spazi di coprogettazione reale dell’offerta formativa creando, per ogni corso offerto dalla Rete Politecnica, gruppi di lavoro composti da docenti universitari, progettisti della formazione professionale e imprese fin dalle primissime fasi della progettazione. Si suggerisce, inoltre, di ripensare la relazione fra Rete Politecnica (in particolare per ciò che concerne l’ITS e l’IFTS) e sistema universitario anche facendosi portavoce come regione, a livello nazionale, di istanze innovative liberamente ispirate alle esperienze europee che presentano caratteristiche di potenziale interesse per il miglioramento dei dispositivi. Si fa riferimento, in particolare: • all’esperienza francese che prevede la possibilità di conseguire una laurea triennale (Licence Professionnelle) dopo aver conseguito un DUT (Diplôme Universitaire de Technologie) presso un Istitute Universitaire de
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Technologie o un BTS (Brevet de Technicien Supérieur), che si prepara presso un liceo, dopo il baccalauréat • all’esperienza del Regno Unito e dei Paesi Bassi del
Foundation Year, un anno ponte, solitamente rivolto a studenti internazionali, per orientarsi nell’offerta formativa universitaria, acquisire competenze linguistiche o tecniche, consolidare la propria motivazione verso un determinato percorso di studi. Alcuni corsi della Rete
Politecnica potrebbero avere, se integrati maggiormente
nella formazione accademica, anche una valenza di orientamento/testing dell’istruzione universitaria. Per quanto riguarda, invece, le tipologie corsuali che hanno dimostrato la loro efficacia nel tempo, si sottolinea l’utilità dei percorsi IFTS che si confermano come lo strumento d’elezione per costruire percorsi molto mirati alle esigenze delle imprese, snelli e di facile gestione. Interessante viene valutata anche la sperimentazione attuata a Piacenza del 6° anno per il conseguimento della specializzazione di Enotecnico dopo il diploma di istituto agrario. È una misura che permette di selezionare giovani realmente interessati a proseguire gli studi, alcuni dei quali decidono, al termine del percorso, di proseguire gli studi in ambito universitario.
Figure professionali di riferimento
Di seguito si riportano le considerazioni relative all’impatto dei cambiamenti attesi sul sistema delle professioni, in riferimento alle diverse Value Chain.
SOSFARM
Al momento in Italia una parte molto piccola di superficie agricola utilizzabile (l’1%) viene impiegata per l’agricoltura di precisione. Le cooperative più grandi, che hanno già iniziato a parlarne con i soci per farsi promotori di una nuova visione collettiva, riferiscono le seguenti difficoltà che vengono considerate insormontabili dagli agricoltori: • la dimensione media degli appezzamenti (circa 7 ettari), che sarebbe troppo bassa e renderebbe troppo costosa l’adozione di queste tecnologie • le differenze chimiche dei terreni anche a breve distanza (eterogeneità colturale). Queste difficoltà alimentano lo stereotipo secondo cui l’agricoltura di precisione sarebbe adatta solo ai grandi appezzamenti tipici dei contesti americani. In realtà la ricerca industriale ha già dimostrato come l’agricoltura di precisione possa essere adattata anche ad appezzamenti di piccole e piccolissime dimensioni (fino a mezzo ettaro) e come sia possibile sfruttare in modo positivo la variabilità che l’azienda ha in casa propria. Questi elementi di scenario fanno ritenere utile la presenza di figure in grado di accompagnare il processo di revisione della gestione delle operazioni colturali e di adattamento delle macchine utili a raccogliere dati per intervenire, successivamente, in base alle informazioni acquisite. Una figura in grado di fornire assistenza nell’analisi dei costi che l’azienda dovrebbe sostenere, mettendola in relazione con i benefici ottenibili e il ritorno degli investimenti. Si sottolinea inoltre la necessità di formare figure professionali (tecnici) rivolte ad una maggiore e migliore interpretazione del dato, in modo da restituire al produttore una informazione più puntuale e di qualità. I tecnici devono avere conoscenze più approfondite di genetica e agricoltura di precisione per facilitare l’interpretazione dei dati a beneficio dei produttori agricoli. Questo consentirebbe una maggiore interazione tra ricerca e impresa, oltre ad una maggiore fruibilità a vantaggio dei produttori, sia in campo agricolo che zootecnico e di acquacoltura.
FoodQST
La trasformazione digitale, l’innovazione di processo e dei sistemi di controllo del sistema agroalimentare impatta su molte figure del settore in quanto si modificano le attività connesse ai diversi ruoli. Di seguito si riportano alcuni di questi cambiamenti: • l’operaio generico di produzione deve essere in grado di controllare il processo produttivo attraverso un’interfaccia uomo-macchina applicata ai processi di trasformazione alimentare (Industria 4.0) • il tecnico che interviene a livello di supply chain deve utilizzare tecnologie basate sulle radiofrequenze (RFID) per il monitoraggio della catena del freddo e, in generale, presidiare processi produttivi digitalizzati • il tecnico del controllo qualità deve essere in grado di gestire, interpretare e integrare i Big Data e le Block chain di tutta la filiera nei sistemi di gestione della qualità • il tecnico tracciabilità dei prodotti deve saper utilizzare etichette RFID e software di radiofrequenza per la tracciatura e la gestione etichette, oltre a conoscere tecniche analitiche avanzate per la tracciabilità molecolare.
Tutte le filiere presenti in ambito regionale saranno interessate da tali innovazioni, incluso il settore dell’acquacoltura caratterizzato da imprese piccole o addirittura individuali, le quali avvertono la necessità di fare sistema aggregandosi, con anche la necessità di diversificare le attività e integrare i redditi. Ai diversi operatori si richiede una maggiore capacità di gestire le tecnologie innovative relative a ICT (digitalizzazione e sensoristica) e nuove tecnologie di trasformazione, controllo dei processi e della qualità delle produzioni. Inoltre si avverte una necessità specifica relativa ad una maggiore integrazione verticale, partendo dall’attività di produzione, fino alla trasformazione del prodotto. Oltre alle trasformazioni in atto sulle figure professionali tradizionali emergono nuovi bisogni di professionalità per: • il presidio di tutti gli aspetti di trasformazione industriale dal punto di vista operativo, tecnico, gestionale, organizzativo.
Si tratta di una figura di tecnico esperto di gestione del processo e di fasi specifiche del processo produttivo. • la raccolta, il trattamento e la riallocazione di sottoprodotti e rifiuti (anche marini per acquacoltura e piscicoltura) • la gestione delle risorse idriche. Emerge, inoltre, la necessità, di figure trasversali applicate al sistema agrifood come: • esperto web marketing /social media manager • app developer • interaction designer per la progettazione e gestione di tecnologie IoT Infine, viene ritenuta necessaria una figura specifica aziendale per la tutela della sostenibilità. Sul piano socio-economico, l’aumento delle competenze potranno portare a incremento del benessere nei cittadini, l’incremento dei servizi associati ai prodotti e il consolidamento di un processo finalizzato alla diversificazione e all’ integrazione dei redditi.
SPES
Il riutilizzo degli scarti richiede una professionalità completamente nuova e con competenze multidisciplinari che consentano di conoscere: • l’intera tipologia degli scarti dal punto di vista della
caratterizzazione del prodotto: dallo scarto della coltura a quello della lavorazione • la tipologia di aziende che possono utilizzarli (dall’uso come precursore di un polimero plastico a quello come nuovo ingrediente alimentare) • la normativa del settore. Questa figura che può essere definita tecnico di gestione dello scarto viene richiesta sempre più frequentemente dalle aziende che, non trovandola nel mercato del lavoro, si rivolgono agli esperti del mondo accademico e della ricerca. Tale figura diventa anche, automaticamente, un tecnico di supply chain, in quanto lo scarto diventa un nuovo sottoprodotto.
Macro aree di competenze e ruolo della formazione
Alcune macro-aree di competenze interessano trasversalmente l’intero Clust-ER e vanno potenziate in tutti i percorsi formativi di livello terziario e nella formazione continua. In primo luogo si evidenza uno skill gap in materia di competenze digitali applicate all’agricoltura: robotica, domotica, reti, elettronica di base, gestione dati, realtà aumentata, realtà virtuale, IoT. Seguono poi altri ambiti su cui è necessario intervenire in termini formativi: • e-commerce • sviluppo di servizi turistico-ambientali (per la diversificazione del reddito) • tracciabilità molecolare dei prodotti agro-alimentari • microbiologia predittiva • competenze sulle reali proprietà funzionali di alimenti
“tailor made” destinate a specifiche categorie di consumatori • disegni igienico di impianti e ambienti di trasformazione e confezionamento • competenze normative per favorire il riciclo, una maggiore tutela ambientale, una gestione idrica efficiente e per ridurre materiale plastico ed emissione CO2 .
Per quanto riguarda il tema delle Soft Skills le aziende manifestano l’esigenza che i giovani in uscita dai percorsi formativi di livello terziario arrivino al loro primo lavoro con la consapevolezza dell’importanza di gestire un progetto dall’inizio alla fine, con risorse date (di solito scarse) e tempo limitato. A questo fine si suggerisce che tutte le work experience (sia che si parli di alternanza scuola/lavoro per le scuole secondarie che di tirocinio curriculare accademico o di stage) siano accomunate dalla possibilità di costruire percorsi di “gestione di un progetto”, di complessità diversa in funzione del ciclo di studi ma accomunati dall’obiettivo di dare all’allievo la responsabilità di chiudere le attività nel tempo definito, toccando con mano i “compromessi” che occorre fare per portare a termine le attività. Infine, un’ultima considerazione va fatta in merito al tessuto produttivo. Le aziende presenti in regione sono quasi esclusivamente PMI, spesso familiari. Questo implica che i temi salienti per chi si occupa di ricerca industriale siano, spesso, solo una parte residuale delle loro attività. Per questa ragione è necessaria una formazione flessibile e adattabile a contesti diversi, orientata verso competenze “larghe e meno profonde” piuttosto che di specializzazione verticale. Per le stesse ragioni anche una formazione esclusivamente focalizzata sui temi di frontiera potrebbe essere rischiosa per gli studenti in quanto non troverebbero un tessuto